204 infortunio in un cantiere e responsabilità in caso di appalto di lavori
1. Cassazione Civile, Sez. 3, 28 gennaio 2013, n. 1873 - Infortunio in
un cantiere e responsabilità in caso di appalto di lavori
Cassazione Civile, Sez. 3, 28 gennaio 2013, n. 1873 - Infortunio in un cantiere e responsabilità
in caso di appalto di lavori
Appalto e Contratto d’opera
Committente
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente -
Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4380-2010 proposto da:
M. IMPIANTISTICA DI M. SERGIO E SILVANO S.N.C. (Omissis) in persona del legale rappresentante
Sig. M. S., elettivamente domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall'avvocato DORNA DIEGO con studio in 38122 TRENTO, VIA INAMA 8
giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro ME.MO. (Omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio
dell'avvocato COSSU BRUNO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CARTA ATTILIO
giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 315/2009 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il 21/12/2009, R.G.N.
324/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/2012 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l'Avvocato ATTILIO CARTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Fatto
Martedì 30 Aprile 2013 14:00
2. Con sentenza del 21/12/2009 la Corte d'Appello di Trento, in riforma della pronunzia Trib. Trento n.
712/06, accoglieva la domanda originariamente proposta dal sig. Me.Mo. di nei confronti - per
quanto ancora d'interesse in questa sede - della società M. Impiantistica s.n.c. di risarcimento dei
danni sofferti in conseguenza delle lesioni riportate all'esito di caduta avvenuta il (Omissis), all'interno
del cantiere appartenente alla società C. Costruzioni mentre espletava la propria attività lavorativa in
favore della suindicata società M. Impiantistica s.n.c., allorquando inciampava lungo la rampa di scala
sprovvista di parapetti, di tavole fermapiede di sicurezza e di illuminazione.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società M. Impiantistica s.n.c. propone ora
ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso il Me..
Diritto
Va preliminarmente rigettata l'eccezione, sollevata all'udienza dal difensore del controricorrente,
d'inammissibilità della memoria ex art. 378 c.p.c. prodotta dal ricorrente, essendo la medesima
tempestiva, in quanto pervenuta presso questa Corte il 9/11/2012, giusta attestazione della
Cancelleria di questa Corte - Ufficio Protocollo prot. n. 17135.
Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente fondato la sua pronunzia sul D.Lgs. n. 626 del
1994, art. 7, comma 3 bis, che non era vigente al momento della decisione.
Lamenta essersi erroneamente ritenuta ricorrere nel caso un'ipotesi di responsabilità solidale,
laddove il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 all'epoca vigente rafforza e specifica il disposto dell'art. 2087
c.c., secondo il quale il datore di lavoro, indipendentemente dal dovere di altri soggetti, deve sempre
attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, accertandosi che i
dipendenti adottino misure tese a ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa specifica; e
nel caso di affidamento in appalto di lavori, il committente (che nel caso di specie deve intendersi il
primo committente, anche titolare del cantiere, ossia l'impresa edile C. Costruzioni spa) ha l'obbligo
di porre in essere tutte le misure di prevenzione di ordine generale, volte a garantire l'incolumità non
solo dei dipendenti del committente stesso, ma anche di quelli dell'appaltatore, mentre, per
l'attuazione di quelle specificamente connesse all'esecuzione delle singole opere appaltate, risultano
onerati i soli appaltatori - assuntori, come emerge dalle dichiarazioni dei testi T., Ma., F., C. e R. rese
alle udienze 7 aprile e 21 maggio 2003 avanti al Tribunale.
Il motivo è sotto plurimi profili inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il ricorso per cassazione richiede, per ogni
motivo di cui si compone, la redazione di una rubrica, con la puntuale indicazione delle ragioni per
cui il motivo medesimo - tra quelli espressamente previsti dall'art. 360 c.p.c. - è proposto.
E' altresì necessaria l'illustrazione del singolo motivo, con esposizione degli argomenti invocati a
3. sostegno delle censure mosse alla sentenza impugnata e l'analitica precisazione delle considerazioni
che, in relazione al motivo quale espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della
sentenza (v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421).
Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza di legittimità che i motivi posti a
fondamento dell'invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della
specificità, della completezza, e della riferibilità alla medesima, con - fra l'altro - l'esposizione di
argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi
di diritto, essendo inammissibile il motivo ove non venga precisato in qual modo e sotto quale
profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l'interpretazione della stessa fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione in cui si
assume essere incorsa la pronunzia di merito.
Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dall'odierna ricorrente.
In violazione del disposto di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non vengono dalla medesima
nemmeno indicate le norme di diritto asseritamente violate (cfr. Cass., 30/1/2012, n. 1305; Cass.,
2/2/2010, n. 2338; Cass., 6/10/2010, n. 20747), inammissibilmente tardiva, risultando al riguardo
l'indicazione contenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c..
A tale stregua il motivo risulta genericamente formulato ed articolato, nell'indistinzione delle
questioni di fatto e di diritto, secondo un modello difforme da quello normativamente delineato e
invero sostanziantesi in meramente generiche ed apodittiche asserzioni (cfr. Cass., 13/7/2005, n.
14741), inammissibilmente rimettendosene l'individuazione all'attività esegetica di questa Corte, a
fortiori non consentita in presenza di formulazione altresì violativa dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6,
laddove la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito ( es., al ricorso 15.1.1999
ex art. 414 c.p.c., alla sua comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado, alla
chiamata dei terzi, alla declaratoria di incompetenza del giudice del lavoro adito e alla successiva
ripresa della trattazione della causa avanti l'A.G.O., alla documentazione e assunzione di prove
testimoniali, alla ctu medico-legale, all'interruzione del processo, poi riassunto nei confronti del
Fallimento C. Costruzioni s.p.a., alla sentenza del giudice di prime cure, all'atto di appello, alla
costituzione i grado di appello della società Milano Assicurazioni s.p.a., rimasta contumace in primo
grado) senza invero debitamente - per la parte d'interesse in questa sede - riprodurli nel ricorso
ovvero, laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al
reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n. 20535;
Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali
indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n.
20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279 e, da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726;
Cass., 6/11/2012, n. 19157).
A tale stregua non pone invero questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito
istituzionale di verificare il fondamento della doglianza (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006,
n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass.,
28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777), non essendo sufficienti affermazioni come nella
specie apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, inidonee a porre questa Corte in grado di
orientarsi tra le argomentazioni in cui si sostanziano le censure mosse alla pronunzia impugnata (v.
Cass., 21/8/1997, n. 7851).
4. Senza sottacersi che, dopo aver lamentato che sul D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3 bis, non
fosse vigente al momento della decisione, la ricorrente ha poi mosso censura di relativa violazione e
falsa applicazione. Dolendosi altresì (sembra) dell'erronea valutazione della prova testimoniale, senza
invero nemmeno denunziare violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5.
Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre
ad accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2013