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Approvvigionamento idrico ed energia
Come ci hanno da sempre insegnato l’acqua
 ha una sua genesi e trasformazione ciclica.
Quello che noi andremo a studiare sono i
                                 metodi di
                                 estrazione e
                                 di
                                 salvaguardia
                                 della qualità
                                 dell’acqua
                                 destinata al
                                 consumo
                                 umano.
Acquifero è il nome dato a quello spazio del
 sottosuolo che contiene ed è in grado di
 rilasciare acqua. In figura abbiamo un
 acquifero in zona pianeggiante.

                         i vantaggi sono quelli
                       di una distribuzione
                       lineare della falda.
                       Gli svantaggi sono che
                       bisogna salvaguardare
                       l’intera area
L’acquifero collinare (a parità di permeabilità
dell’ammasso solido) avrà un andamento
simile a quello del rilievo, tanto più ribassato
quanto maggiore sarà la permeabilità.
 In prossimità del mare vi sarà da tenere
                                     presente
                                     anche la
                                     quota a cui
                                     sarà
                                     presente
                                     l’acqua
                                     salmastra.
Uno strato permeabile, interposto fra due strati
 impermeabili, da luogo ad un acquifero
 confinato. Se gli strati sono concavi e il pozzo
 viene scavato nella parte di maggiore concavità
 si ha un pozzo artesiano.
                              Ovvero si assiste ad
                                una risalita in
                                pressione
                                dell’acqua. Le
                                aree da preservare
                                risultano essere
                                solo quelle di
                                ricarica.
Quando lo strato impermeabile
                        si trova ad una certa quota
                        rispetto alla falda freatica di
                        base, si genera una falda
                        sospesa.
                        Il rischio in questo caso è di
perforare con il pozzo lo strato impermeabile e
perdere quella energia potenziale naturale
dell’acquifero sospeso con costi maggiori per il
sollevamento. Se immaginiamo la linea grossa come
il profilo di una collina abbiamo la situazione che si
riscontra nel basso ionio catanzarese. È evidente il
danno che si verifica se si perfora la base della falda
sospesa
Sono da distinguere i pozzi da
   accumulo (praticamente tutti i pozzi
   di raccolta delle acque piovane) dai
   pozzi di perforazione, generalmente
   molto più profondi.
I pozzi di perforazione o trivellazione
   utilizzano mezzi meccanici e
   necessitano di specifiche
   autorizzazioni e progetti per evitare
   di perforare strati impermeabili o di
   rimanere troppo superficiali ed
   emungere acque inquinate.
Le opere di Captazione
  orizzontali sono note da
  secoli e sono utilizzate
  appunto per recuperare
  l’acqua da falde
  sospese, senza perforare
  lo strato impermeabile.
In passato si scavavano
  veri e propri canali
  percorribili
  dall’uono, ora si
  utilizzano le stesse
  macchine della
  perforazione verticale
  solamente debitamente
  inclinate.
Per ottenere una distribuzione
   efficace è necessario che gli
   accumuli per la distribuzione siano
   messi ad altezza sufficientemente
   elevata per garantire la pressione
   da impiegare.
L’accumulo in serbatoi è comunque
   indispensabile sia per i
   trattamenti antibatterici
   (clorazione o trattamento ad
   ultravioletti) sia per ottimizzare il
   consumo dell’acqua.
   Dall’acquedotto infatti l’acqua
   arriva in continuo mentre dai
   consumi domestici viene prelevata
   in modo discontinuo. Se così non
   fosse, la portata dell’acquedotto
   dovrebbe essere elevatissima.
Gli antichi acquedotti
  utilizzavano
  prevalentemente la
  gravità come metodo di
  trasporto e distribuzione
  ed è per questo che
  vediamo ancora oggi i
  resti di lunghissimi
  acquedotti fuori terra
  lasciati dai romani. Ora
  invece gli acquedotti
  sono per la maggior
  parte interrati ed
  utilizzano il principio dei
  vasi comunicanti e, dove
  non è sufficiente, si
  usano delle pompe di
  sollevamento.
Alla luce di quanto detto ci resta una
  considerazione da fare.
L’acqua potabile per giungere sulle nostre tavole
  deve subire un certo numero di
  trasformazioni, trasporti, analisi etc.
Indipendentemente da chi la va a cercare ed
  estrarre (stato o privati), si deve sostenere un
  costo.
L’unica acqua “bene libero” può essere
  considerata quella dei fiumi e delle sorgenti, se
  raccolte nei luoghi in cui scorrono naturalmente.
Vi fidereste a bere l’acqua dei fiumi?
Da sempre chi detiene
 l’energia detiene la
 ricchezza!
Nell’antichità l’energia
 più diffusa era quella
 muscolare e quindi le
 economie che potevano
 contare su un maggior
 numero di schiavi od
 animali da soma erano
 anche le più ricche e
 sviluppate.
La prima forma di energia non
  “muscolare” imbrigliata
  dall’uomo è quella dei mulini
  ad acqua. Essi fornivano sia
  l’energia per la macinazione
  di granaglie che l’energia per
  i magli utilizzati in siderurgia.
  L’unico problema era
  garantirsi la costanza
  dell’approvvigionamento
  dell’acqua. In alcuni casi si
  usavano anche per il
  sollevamento dell’acqua da
  mandare nei canali irrigui.
L’evoluzione dei mulini è
  rappresentata dalle
  turbine idrauliche che
  producono energia dai
  laghi artificiali. Le cose
  principali da considerare
  sono:
 Il salto d’acqua
 La costanza
  dell’approvvigionamento
 L’impermeabilizzazione
  dell’invaso
Oggi esistono diversi progetti di sfruttamento delle maree, che comportano metodi diversi di
    sfruttamento dell’energia:
   sollevamento di un peso in contrapposizione alla forza di gravità;
   compressione dell’aria in opportuni cassoni e movimentazione di turbine in seguito alla sua
    espansione;
   movimento di ruote a pale;
   riempimento di bacini e successivo svuotamento con passaggio in turbine.
Quest’ultimo sembra dare i migliori risultati, nell'effettivo impiego. Il problema più importante allo
    sviluppo di tale tecnologia resta comunque lo sfasamento tra massima ampiezza di marea
    disponibile (la cui cadenza è prevedibile sulla base delle fasi lunari e solari) e domanda di energia
    nelle ore di punta. Infatti nei giorni di insufficienza nell'afflusso d’acqua la produzione di
    elettricità cesserebbe. In Francia nei pressi di Saint-Malo esiste un grosso impianto di questo
    genere.
In una tipica centrale ad energia mareomotrice l'acqua affluisce e defluisce in un vasto
    bacino, passando attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocità, fa girare delle
    turbine collegate a generatori.
Durante la bassa marea l'acqua del bacino defluisce verso il mare aperto, mettendo nuovamente in
    rotazione la turbina.
Quando il livello del mare ricomincia a salire e l'onda di marea è sufficientemente alta, si fa fluire
    l'acqua del mare nel bacino e la turbina si mette nuovamente in rotazione.
Per ottenere la produzione di energia sia con marea crescente che calante, si utilizzano particolari
    turbine reversibili, che funzionano cioè con entrambe le direzioni del flusso.
limiti principali di queste centrali sono:
Il costo di installazione elevato
La difficoltà di collocazione (indicativamente, i siti
   idonei devono avere ampiezze di marea
   superiore ai 3 metri e topografia favorevole
   all’installazione)
La discontinuità nella produzione
L'erosione delle coste creata dalle centrali che
   modificano i flussi di marea
La tendenza alla sedimentazione all'interno del
   bacino (soprattutto se collocate alla foce dei
   fiumi)
Il disturbo per l'ecosistema, in particolare per la
   fauna ittica.
I giacimenti di carbone sono molto
    accentrati in zone continentali con
    sedimenti antichi e indisturbati.
I giacimenti più importanti sono nel
    bacino della Rhur in Alsazia e nella
    Lorena ed in Scozia. Questo fece la
    fortuna di Francia Germania e
    Inghilterra nel XIX secolo.
In Italia il carbone si trova quasi
    esclusivamente in Sardegna, ma
    altamente esplosivo.
Il carbone può essere generato anche
    dalla combustine controllata del
    legno.
Per la sua genesi il carbone contiene
    numerose impurità (silicio, etc)
    che, non partecipando alla
    combustione, si disperdono nell’aria e
    possono avere effetto cancerogeno.
Gli altoforni usano come fonte energetica la polvere di
  koche che riesce ad avere una combustione ad alta
  efficienza energetica e quini consente di raggiungere
  alte temperature.
                                 Non è possibile
                                 spegnere gli altoforni
                                 perché l’energia di
                                 attivazione è
                                 elevatissima, di
                                 conseguenza anche gli
                                 altoforni dovrebbero
                                 essere localizzati nelle
                                 vicinanze degli
                                 impianti di estrazione.
Utilizzando il potere
 calorifero del carbone e
 l’acqua si genera vapore
 che, aumentando di
 volume, trasferisce
 energia a degli appositi
 dispositivi che possono
 essere pistoni, nel caso
 di locomotive, o
 turbine, in caso di
 centrali elettriche.
In un gassificatore il materiale carbonioso subisce diversi differenti processi:
Il processo di pirolisi avviene riscaldando in assenza di ossigeno e vengono
liberati composti gassosi quali idrogeno e metano e viene ottenuta una
carbonizzazione, con il risultato di una perdita in peso superiore al 70% per il
carbone. Viene prodotto anche catrame. Il processo dipende dalle
caratteristiche del materiale carbonioso e determina la struttura e
composizione del carbone, che subirà successivamente le reazioni di
gassificazione.
Il processo di combustione avviene quando i prodotti volatili e parte del
carbone reagiscono con l'ossigeno formando diossido e monossido di carbonio
(ossidazione parziale), liberando calore necessario per le successive reazioni
di gassificazione.
Il processo di gassificazione avviene quando il carbone reagisce col diossido
di carbonio e col vapor d'acqua producendo monossido di carbonio e idrogeno:
C + CO2 → 2 COC + H2O → CO + H2Inoltre, il monossido di carbonio prodotto
reagisce col vapore acqueo producendo una reazione
d'equilibrio detta reazione di spostamento del gas d'acqua:
CO + H2O ⇄ CO2 + H2 In pratica, dopo l'iniziale pirolisi una quantità limitata di
ossigeno viene introdotta nel reattore in modo che parte del materiale
organico bruci producendo monossido di carbonio ed energia, utile per la
reazione successiva che converte ulteriore materiale organico in idrogeno ed
altro monossido di carbonio.

Il gas così prodotto può essere utilizzato in un qualsiasi motore a combustione
interna e viene chiamato “carbone pulito” perché non contiene impurità e
scorie tipiche del carbone usato direttamente
 Questo è uno
 schema tipo
 di
 giacimento.
 Non sempre
 però i
 giacimenti
 sono così
 benevoli da
 essere già in
 pressione.
Il principale componente del gas naturale è
   il metano (CH4), la più piccola e leggera fra
   le molecole degli idrocarburi. Normalmente contiene
   anche idrocarburi gassosi più pesanti
   come etano (CH3CH3), propano (CH3CH2CH3)
   e butano (CH3CH2CH2CH3), nonché, in piccole
   quantità, pentano.
Sono sempre presenti modeste percentuali di gas
   diversi dagli idrocarburi, ad esempio anidride
   carbonica (CO2), azoto, ossigeno (in tracce), gas
   nobili e solfuro di idrogeno (H2S).
Il solfuro d'idrogeno e il mercurio (Hg) sono considerati i
   contaminanti più nocivi, che devono essere rimossi
   prima di qualsiasi utilizzo.
Il Metano è il gas che può raggiungere più facilmente la
   combustione perfetta.
La composizione del GPL non è definita esattamente, infatti
  le specifiche di fornitura danno delle tolleranze su
  composizione e densità, per il propano commerciale la
  densità è compresa tra 505 e 530 kg/m3 con un potere
  calorifico che non deve essere inferiore a 10.950 kcal/kg
  (o 45,8 MJ/kg), con un contenuto di zolfo massimo di
  50 ppm.
  I componenti sono compresi tra C3 e C4, con una limitata
  presenza di pentano (solo nei GPL provenienti da
  raffineria). I componenti sono quindi scelti
  tra butano, propano e pentano, essendo il propano il
  componente principale.
Data l'elevatissima purezza degli alcani impiegati, che
  derivano normalmente da processi di cracking catalitico e
  successive distillazioni, il GPL brucia integralmente
  producendo (se l'ossigenazione è sufficiente) CO2, H2O
  e NOx, lasciando pochissime scorie, analogamente
  agli alcani più leggeri, quali il metano.
 La benzina è un prodotto distillato
 dal petrolio greggio a una temperatura che si
 aggira fra i 30 e i 210 °C. Da un litro di
 petrolio, solo il 10% diventa benzina dopo la
 prima semplice distillazione. Utilizzando le
 frazioni più pesanti (gasolio pesante e residui
 di distillazione) si possono ottenere molecole
 più piccole adatte a essere usate come
 benzina, grazie a un trattamento
 detto cracking attraverso il quale
 gli idrocarburi di maggior peso
 molecolare vengono frammentati in presenza
 di un catalizzatore
 Ilgasolio ottenuto da fonti non rinnovabili è
  detto semplicemente gasolio, o in
  inglese, petrodiesel. La qualità del gasolio
  ottenuto in questo modo è fortemente legata
  a quella del greggio di origine e alla modalità
  di distillazione. È un prodotto della
  distillazione frazionata del petrolio
  greggio, oppure dal cracking (operazione
  attraverso la quale gli idrocarburi di
  maggior peso molecolare sono frammentati
  in presenza di un catalizzatore). La
  temperatura media d'uscita del gasolio
  dalla torre di frazionamento è di circa
  350 °C.
 Oltreai limiti tecnologici ed
 ambientali, nell’improntare la politica
 energetica sul petrolio si deve tener conto
 dell’elevato concentrazione geografica dei
 giacimenti.
Anche il vento, come
   l’acqua, fu utilizzato
   in passato come forza
   motrice, soprattutto in
   quei luoghi dove
   l’acqua non era
   abbondante (Spagna) o
   dove il terreno
   pianeggiante non dava
   all’acqua una elevata
   forza motrice.
Il difetto principale era
   l’incostanza del vento
L’evoluzione moderna dei
  mulini a vento sono le
  pale eoliche che hanno
  però il difetto di un
  grande impatto visivo in
  grado di stravolgere
  totalmente il
  paesaggio. Ultimamente
  però si stanno
  diffondendo delle
  minipale eoliche della
  potenza dai 3 ai 6 KW.
La Geotermia sfrutta il salto di calore che si genera
  tra sottosuolo e superficie per generare energia.
  Il primo esempio di sfruttamento della geotermia
  in Italia è quello di Larderello.
                           La presenza di un ammasso
                           caldo sotterraneo nelle
                           vicinanze della falda
                           acquifera genera vapore
                           che resta parzialmente
                           intrappolato da uno strato
                           impermeabile. La
                           perforazione libera questo
                           vapore che aziona una
                           turbina.
   Un impianto geotermico è formato da 3
    parti principali:
    -sonde geotermiche (speciali tubature
    introdotte nella terra per poter scambiare
    calore),
    -pompa di calore (generatore che
    produce calore preso dalle sonde
    inviandolo al sistema di distribuzione)
     -impianto di distribuzione del calore con
    sistemi a bassa temperatura.
    Il calore diffuso dai vapori viene immesso
    in un impianto di tubature adoperato per
    riscaldare locali di attività, serre e
    impianti termali. Sta crescendo anche
    la minigeotermia nei condomini
    per riscaldamento e condizionamento.
    Per il raffrescamento delle abitazioni si
    può utilizzare il pavimento radiante dove
    l’acqua è rinfrescata tra i 18° e 20° C
    grazie alla pompa di calore che inverte il
    suo ciclo.
I pannelli termici sono come
una centrale di produzione di
energia termica, e si
differenziano dai sistemi
fotovoltaico utilizzati per
produrre energia elettrica.
Il principio che governa questo
sistema è quello della
termodinamica, in base al quale
avviene la trasmissione del calore
da un corpo caldo ad uno freddo.
In questo caso il corpo caldo è il
sole, che con i propri raggi
sprigiona energia negli spazi
circostanti, e il corpo freddo è il
fluido che scorre all’interno del
pannello termico. I pannelli
colpiti dai raggi del sole così si
riscaldano. Il sistema funziona
quindi senza alcun uso di
combustibile.
   L’acqua viene riscaldata ad una
temperatura di 45 – 50°
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente l'energia
della radiazione solare in energia elettrica, con un'efficienza tra il 16% e il
18% per una singola cella fotovoltaica monocristallina.
Questa tecnologia sfrutta l'effetto fotovoltaico basato sulle proprietà di
alcuni semiconduttori, in grado di convertire l'energia della radiazione
solare in energia elettrica, senza parti meccaniche in movimento e senza
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  • 2. Come ci hanno da sempre insegnato l’acqua ha una sua genesi e trasformazione ciclica. Quello che noi andremo a studiare sono i metodi di estrazione e di salvaguardia della qualità dell’acqua destinata al consumo umano.
  • 3. Acquifero è il nome dato a quello spazio del sottosuolo che contiene ed è in grado di rilasciare acqua. In figura abbiamo un acquifero in zona pianeggiante. i vantaggi sono quelli di una distribuzione lineare della falda. Gli svantaggi sono che bisogna salvaguardare l’intera area
  • 4. L’acquifero collinare (a parità di permeabilità dell’ammasso solido) avrà un andamento simile a quello del rilievo, tanto più ribassato quanto maggiore sarà la permeabilità. In prossimità del mare vi sarà da tenere presente anche la quota a cui sarà presente l’acqua salmastra.
  • 5. Uno strato permeabile, interposto fra due strati impermeabili, da luogo ad un acquifero confinato. Se gli strati sono concavi e il pozzo viene scavato nella parte di maggiore concavità si ha un pozzo artesiano. Ovvero si assiste ad una risalita in pressione dell’acqua. Le aree da preservare risultano essere solo quelle di ricarica.
  • 6. Quando lo strato impermeabile si trova ad una certa quota rispetto alla falda freatica di base, si genera una falda sospesa. Il rischio in questo caso è di perforare con il pozzo lo strato impermeabile e perdere quella energia potenziale naturale dell’acquifero sospeso con costi maggiori per il sollevamento. Se immaginiamo la linea grossa come il profilo di una collina abbiamo la situazione che si riscontra nel basso ionio catanzarese. È evidente il danno che si verifica se si perfora la base della falda sospesa
  • 7. Sono da distinguere i pozzi da accumulo (praticamente tutti i pozzi di raccolta delle acque piovane) dai pozzi di perforazione, generalmente molto più profondi. I pozzi di perforazione o trivellazione utilizzano mezzi meccanici e necessitano di specifiche autorizzazioni e progetti per evitare di perforare strati impermeabili o di rimanere troppo superficiali ed emungere acque inquinate.
  • 8. Le opere di Captazione orizzontali sono note da secoli e sono utilizzate appunto per recuperare l’acqua da falde sospese, senza perforare lo strato impermeabile. In passato si scavavano veri e propri canali percorribili dall’uono, ora si utilizzano le stesse macchine della perforazione verticale solamente debitamente inclinate.
  • 9. Per ottenere una distribuzione efficace è necessario che gli accumuli per la distribuzione siano messi ad altezza sufficientemente elevata per garantire la pressione da impiegare. L’accumulo in serbatoi è comunque indispensabile sia per i trattamenti antibatterici (clorazione o trattamento ad ultravioletti) sia per ottimizzare il consumo dell’acqua. Dall’acquedotto infatti l’acqua arriva in continuo mentre dai consumi domestici viene prelevata in modo discontinuo. Se così non fosse, la portata dell’acquedotto dovrebbe essere elevatissima.
  • 10. Gli antichi acquedotti utilizzavano prevalentemente la gravità come metodo di trasporto e distribuzione ed è per questo che vediamo ancora oggi i resti di lunghissimi acquedotti fuori terra lasciati dai romani. Ora invece gli acquedotti sono per la maggior parte interrati ed utilizzano il principio dei vasi comunicanti e, dove non è sufficiente, si usano delle pompe di sollevamento.
  • 11. Alla luce di quanto detto ci resta una considerazione da fare. L’acqua potabile per giungere sulle nostre tavole deve subire un certo numero di trasformazioni, trasporti, analisi etc. Indipendentemente da chi la va a cercare ed estrarre (stato o privati), si deve sostenere un costo. L’unica acqua “bene libero” può essere considerata quella dei fiumi e delle sorgenti, se raccolte nei luoghi in cui scorrono naturalmente. Vi fidereste a bere l’acqua dei fiumi?
  • 12. Da sempre chi detiene l’energia detiene la ricchezza! Nell’antichità l’energia più diffusa era quella muscolare e quindi le economie che potevano contare su un maggior numero di schiavi od animali da soma erano anche le più ricche e sviluppate.
  • 13. La prima forma di energia non “muscolare” imbrigliata dall’uomo è quella dei mulini ad acqua. Essi fornivano sia l’energia per la macinazione di granaglie che l’energia per i magli utilizzati in siderurgia. L’unico problema era garantirsi la costanza dell’approvvigionamento dell’acqua. In alcuni casi si usavano anche per il sollevamento dell’acqua da mandare nei canali irrigui.
  • 14. L’evoluzione dei mulini è rappresentata dalle turbine idrauliche che producono energia dai laghi artificiali. Le cose principali da considerare sono:  Il salto d’acqua  La costanza dell’approvvigionamento  L’impermeabilizzazione dell’invaso
  • 15. Oggi esistono diversi progetti di sfruttamento delle maree, che comportano metodi diversi di sfruttamento dell’energia:  sollevamento di un peso in contrapposizione alla forza di gravità;  compressione dell’aria in opportuni cassoni e movimentazione di turbine in seguito alla sua espansione;  movimento di ruote a pale;  riempimento di bacini e successivo svuotamento con passaggio in turbine. Quest’ultimo sembra dare i migliori risultati, nell'effettivo impiego. Il problema più importante allo sviluppo di tale tecnologia resta comunque lo sfasamento tra massima ampiezza di marea disponibile (la cui cadenza è prevedibile sulla base delle fasi lunari e solari) e domanda di energia nelle ore di punta. Infatti nei giorni di insufficienza nell'afflusso d’acqua la produzione di elettricità cesserebbe. In Francia nei pressi di Saint-Malo esiste un grosso impianto di questo genere. In una tipica centrale ad energia mareomotrice l'acqua affluisce e defluisce in un vasto bacino, passando attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocità, fa girare delle turbine collegate a generatori. Durante la bassa marea l'acqua del bacino defluisce verso il mare aperto, mettendo nuovamente in rotazione la turbina. Quando il livello del mare ricomincia a salire e l'onda di marea è sufficientemente alta, si fa fluire l'acqua del mare nel bacino e la turbina si mette nuovamente in rotazione. Per ottenere la produzione di energia sia con marea crescente che calante, si utilizzano particolari turbine reversibili, che funzionano cioè con entrambe le direzioni del flusso.
  • 16. limiti principali di queste centrali sono: Il costo di installazione elevato La difficoltà di collocazione (indicativamente, i siti idonei devono avere ampiezze di marea superiore ai 3 metri e topografia favorevole all’installazione) La discontinuità nella produzione L'erosione delle coste creata dalle centrali che modificano i flussi di marea La tendenza alla sedimentazione all'interno del bacino (soprattutto se collocate alla foce dei fiumi) Il disturbo per l'ecosistema, in particolare per la fauna ittica.
  • 17. I giacimenti di carbone sono molto accentrati in zone continentali con sedimenti antichi e indisturbati. I giacimenti più importanti sono nel bacino della Rhur in Alsazia e nella Lorena ed in Scozia. Questo fece la fortuna di Francia Germania e Inghilterra nel XIX secolo. In Italia il carbone si trova quasi esclusivamente in Sardegna, ma altamente esplosivo. Il carbone può essere generato anche dalla combustine controllata del legno. Per la sua genesi il carbone contiene numerose impurità (silicio, etc) che, non partecipando alla combustione, si disperdono nell’aria e possono avere effetto cancerogeno.
  • 18. Gli altoforni usano come fonte energetica la polvere di koche che riesce ad avere una combustione ad alta efficienza energetica e quini consente di raggiungere alte temperature. Non è possibile spegnere gli altoforni perché l’energia di attivazione è elevatissima, di conseguenza anche gli altoforni dovrebbero essere localizzati nelle vicinanze degli impianti di estrazione.
  • 19. Utilizzando il potere calorifero del carbone e l’acqua si genera vapore che, aumentando di volume, trasferisce energia a degli appositi dispositivi che possono essere pistoni, nel caso di locomotive, o turbine, in caso di centrali elettriche.
  • 20. In un gassificatore il materiale carbonioso subisce diversi differenti processi: Il processo di pirolisi avviene riscaldando in assenza di ossigeno e vengono liberati composti gassosi quali idrogeno e metano e viene ottenuta una carbonizzazione, con il risultato di una perdita in peso superiore al 70% per il carbone. Viene prodotto anche catrame. Il processo dipende dalle caratteristiche del materiale carbonioso e determina la struttura e composizione del carbone, che subirà successivamente le reazioni di gassificazione. Il processo di combustione avviene quando i prodotti volatili e parte del carbone reagiscono con l'ossigeno formando diossido e monossido di carbonio (ossidazione parziale), liberando calore necessario per le successive reazioni di gassificazione. Il processo di gassificazione avviene quando il carbone reagisce col diossido di carbonio e col vapor d'acqua producendo monossido di carbonio e idrogeno: C + CO2 → 2 COC + H2O → CO + H2Inoltre, il monossido di carbonio prodotto reagisce col vapore acqueo producendo una reazione d'equilibrio detta reazione di spostamento del gas d'acqua: CO + H2O ⇄ CO2 + H2 In pratica, dopo l'iniziale pirolisi una quantità limitata di ossigeno viene introdotta nel reattore in modo che parte del materiale organico bruci producendo monossido di carbonio ed energia, utile per la reazione successiva che converte ulteriore materiale organico in idrogeno ed altro monossido di carbonio. Il gas così prodotto può essere utilizzato in un qualsiasi motore a combustione interna e viene chiamato “carbone pulito” perché non contiene impurità e scorie tipiche del carbone usato direttamente
  • 21.  Questo è uno schema tipo di giacimento. Non sempre però i giacimenti sono così benevoli da essere già in pressione.
  • 22. Il principale componente del gas naturale è il metano (CH4), la più piccola e leggera fra le molecole degli idrocarburi. Normalmente contiene anche idrocarburi gassosi più pesanti come etano (CH3CH3), propano (CH3CH2CH3) e butano (CH3CH2CH2CH3), nonché, in piccole quantità, pentano. Sono sempre presenti modeste percentuali di gas diversi dagli idrocarburi, ad esempio anidride carbonica (CO2), azoto, ossigeno (in tracce), gas nobili e solfuro di idrogeno (H2S). Il solfuro d'idrogeno e il mercurio (Hg) sono considerati i contaminanti più nocivi, che devono essere rimossi prima di qualsiasi utilizzo. Il Metano è il gas che può raggiungere più facilmente la combustione perfetta.
  • 23. La composizione del GPL non è definita esattamente, infatti le specifiche di fornitura danno delle tolleranze su composizione e densità, per il propano commerciale la densità è compresa tra 505 e 530 kg/m3 con un potere calorifico che non deve essere inferiore a 10.950 kcal/kg (o 45,8 MJ/kg), con un contenuto di zolfo massimo di 50 ppm. I componenti sono compresi tra C3 e C4, con una limitata presenza di pentano (solo nei GPL provenienti da raffineria). I componenti sono quindi scelti tra butano, propano e pentano, essendo il propano il componente principale. Data l'elevatissima purezza degli alcani impiegati, che derivano normalmente da processi di cracking catalitico e successive distillazioni, il GPL brucia integralmente producendo (se l'ossigenazione è sufficiente) CO2, H2O e NOx, lasciando pochissime scorie, analogamente agli alcani più leggeri, quali il metano.
  • 24.  La benzina è un prodotto distillato dal petrolio greggio a una temperatura che si aggira fra i 30 e i 210 °C. Da un litro di petrolio, solo il 10% diventa benzina dopo la prima semplice distillazione. Utilizzando le frazioni più pesanti (gasolio pesante e residui di distillazione) si possono ottenere molecole più piccole adatte a essere usate come benzina, grazie a un trattamento detto cracking attraverso il quale gli idrocarburi di maggior peso molecolare vengono frammentati in presenza di un catalizzatore
  • 25.  Ilgasolio ottenuto da fonti non rinnovabili è detto semplicemente gasolio, o in inglese, petrodiesel. La qualità del gasolio ottenuto in questo modo è fortemente legata a quella del greggio di origine e alla modalità di distillazione. È un prodotto della distillazione frazionata del petrolio greggio, oppure dal cracking (operazione attraverso la quale gli idrocarburi di maggior peso molecolare sono frammentati in presenza di un catalizzatore). La temperatura media d'uscita del gasolio dalla torre di frazionamento è di circa 350 °C.
  • 26.  Oltreai limiti tecnologici ed ambientali, nell’improntare la politica energetica sul petrolio si deve tener conto dell’elevato concentrazione geografica dei giacimenti.
  • 27. Anche il vento, come l’acqua, fu utilizzato in passato come forza motrice, soprattutto in quei luoghi dove l’acqua non era abbondante (Spagna) o dove il terreno pianeggiante non dava all’acqua una elevata forza motrice. Il difetto principale era l’incostanza del vento
  • 28. L’evoluzione moderna dei mulini a vento sono le pale eoliche che hanno però il difetto di un grande impatto visivo in grado di stravolgere totalmente il paesaggio. Ultimamente però si stanno diffondendo delle minipale eoliche della potenza dai 3 ai 6 KW.
  • 29. La Geotermia sfrutta il salto di calore che si genera tra sottosuolo e superficie per generare energia. Il primo esempio di sfruttamento della geotermia in Italia è quello di Larderello. La presenza di un ammasso caldo sotterraneo nelle vicinanze della falda acquifera genera vapore che resta parzialmente intrappolato da uno strato impermeabile. La perforazione libera questo vapore che aziona una turbina.
  • 30. Un impianto geotermico è formato da 3 parti principali: -sonde geotermiche (speciali tubature introdotte nella terra per poter scambiare calore), -pompa di calore (generatore che produce calore preso dalle sonde inviandolo al sistema di distribuzione) -impianto di distribuzione del calore con sistemi a bassa temperatura. Il calore diffuso dai vapori viene immesso in un impianto di tubature adoperato per riscaldare locali di attività, serre e impianti termali. Sta crescendo anche la minigeotermia nei condomini per riscaldamento e condizionamento. Per il raffrescamento delle abitazioni si può utilizzare il pavimento radiante dove l’acqua è rinfrescata tra i 18° e 20° C grazie alla pompa di calore che inverte il suo ciclo.
  • 31. I pannelli termici sono come una centrale di produzione di energia termica, e si differenziano dai sistemi fotovoltaico utilizzati per produrre energia elettrica. Il principio che governa questo sistema è quello della termodinamica, in base al quale avviene la trasmissione del calore da un corpo caldo ad uno freddo. In questo caso il corpo caldo è il sole, che con i propri raggi sprigiona energia negli spazi circostanti, e il corpo freddo è il fluido che scorre all’interno del pannello termico. I pannelli colpiti dai raggi del sole così si riscaldano. Il sistema funziona quindi senza alcun uso di combustibile. L’acqua viene riscaldata ad una temperatura di 45 – 50°
  • 32. La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente l'energia della radiazione solare in energia elettrica, con un'efficienza tra il 16% e il 18% per una singola cella fotovoltaica monocristallina. Questa tecnologia sfrutta l'effetto fotovoltaico basato sulle proprietà di alcuni semiconduttori, in grado di convertire l'energia della radiazione solare in energia elettrica, senza parti meccaniche in movimento e senza l'uso di alcun combustibile.