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Il patrimonio edilizio
degli Ospedali di Lombardia
dal secolo XV ad oggi                                           di Maria Antonietta Crippa


il volume che ora si presenta vuol essere un contribu-          dell’architettura ospedaliera, italiana e lombarda in
to alla riflessione sull’ospedale tra passato e futuro in       primo luogo ma con echi rilevanti in tutto l’occiden-
lombardia, regione il cui territorio è stato sottoposto         te, sia stata profondamente segnata dall’eccezionale
lungo tutto il XX secolo a un consumo spesso scriteria-         esperienza della Ca’ Granda, l’ospedale maggiore di
to, dove ormai ogni nuovo intervento edilizio non può           milano di matrice filaretiana. l’edificio, che ha assunto
che essere concepito come “costruito nel costruito”,            nel XX secolo destinazione funzionale radicalmente di-
come modifica ambientale in cui le preesistenze han-            versa dall’originaria ma non a essa indifferente, merita-
no grande importanza, non solo in ragione di intrinseca         va l’esemplare percorso di conservazione, modifica e
ed eccezionale qualità, ma anche in quanto stratifica-          nuovo progetto che lo ha investito, in cui di volta in vol-
zione insediativa complessa. per risultare efficace, il pri-    ta le motivazioni della scelta di campo sono state rese
mato all’architettura nella progettazione ospedaliera           esplicite e condivise dalle istituzioni preposte a guidare
non può prescindere, infatti, da riflessioni a tutto cam-       il processo. un percorso analogo – articolato tra con-
po sullo stato di fatto del territorio lombardo, dalle quali    servazione, modifica e innovazione – dovrebbe essere
soltanto può discendere una correlazione corretta tra           attivato anche nelle valutazioni del più ampio e artico-
nuovo modello o nuovi modelli di ospedali rispondenti           lato patrimonio ospedaliero oggi a disposizione in tutto
a esigenze sanitarie attuali e loro adattamento alle si-        il territorio lombardo. “oggi – ha scritto recentemente
tuazioni di contesto.Già si è segnalato quanto la storia        Cesare Catananti – con le aziende ospedaliere dota-




                                                               71
te di propria autonomia giuridica, organizzativa e finan-             della sua consistenza, qualità, ricchezza di compo-
ziaria, l’ospedale riacquista gli spazi di potere perduto             nenti. non solo nel Quattrocento, ma anche in diversi
e ancora una volta risale sul trono dell’assistenza. ma               momenti successivi della loro storia, infatti, gli ospedali
è un trono fragile; se non si rafforza il territorio entro cui        italiani e lombardi hanno vissuto stagioni di carità ed
deve governare e se si pensa solo al “palazzo” del re,                efficienza gestionale, testimoniate concretamente
questo potrà essere immaginato, progettato, realizza-                 in documenti e patrimoni edilizi e artistici a nostra di-
to e abbellito dai migliori professionisti e artisti, ma sarà         sposizione, tuttavia ancora troppo poco noti, troppo
un altro imperdonabile errore. è la rete assistenziale nel            poco tutelati e valorizzati. per le ragioni sinteticamente
suo complesso che va pensata, una rete fatta di ospe-                 esposte, la schedatura di ospedali lombardi proposta
dali e di strutture territoriali: una rete che tenga con-             in questo libro risponde a una logica di sintetica ma
to delle caratteristiche geomorfologiche del territorio,              puntuale ricognizione della loro lunga storia, a partire
delle sue peculiari esigenze demografiche e sanitarie,                dall’edificazione degli ospedali maggiori tra Xv e Xvi
della sua storia sociale, delle sue particolari tradizioni,           secolo fino alla situazione attuale. si è tenuto conto
delle sue variabili umane” . lo specialista delle struttu-
                              1
                                                                      anche della distribuzione geografica di tali organismi
re ospedaliere si incontra dunque, si coglie dalle sue                edilizi sul territorio regionale nella sua attuale delimita-
parole, con le esigenze di chi, nel campo del progetto                zione e nella articolazione per capoluoghi. si sono inol-
paesaggistico, urbano e architettonico, si misura con                 tre presi in esame gli ospedali tuttora attivi, lasciando
la tensione tra conservazione e innovazione, dramma-                  ai saggi più articolati sul piano storiografico dei diversi
ticamente avvertita in italia là dove il patrimonio edi-              studiosi, l’eventuale trattazione dei complessi ospeda-
lizio, artistico e di cultura nelle più diverse forme, non è          lieri che hanno ormai del tutto perso la destinazione
concepito come fenomeno astratto, valido in se stesso                 originaria. Gli ospedali esaminati possono essere suddi-
a prescindere dalla sua incidenza storica particolare,                visi in due grandi gruppi. il primo è quello dei complessi
unica e irripetibile sempre, ma come effettiva tradizio-              che hanno avuto il loro avvio a partire dal tipo a cro-
ne di concreti gruppi umani. il tema ha grande rilievo in             ciera di matrice quattrocentesca2. essi sono:
rapporto al destino del patrimonio edilizio ospedaliero               - l’Ospedale Maggiore di Lodi (posa della prima pietra
attualmente a disposizione, all’attenta considerazione                nel 1459); venne ampliato nel corso del novecento,


 1 C. Catananti, Esiste un modello ideale?, “Salute e territorio”, n. 131, 2002.
 2 Per una più completa ricognizione sul tema degli ospedali a crociera si veda: L. Franchini (a cura di), Ospedali lombardi del Quat-
 trocento. Fondazione, trasformazioni, restauri, New Press, Como 1995. Interessante, per i problemi di ristrutturazione degli antichi
 ospedali in Italia: Nelli-E. Vanzan Marchini, La ristrutturazione degli antichi Istituti, “Salute e territorio”, n. 147 2004.




                                                                  72
dapprima con un complesso di padiglioni specializzati        attraverso un complicato percorso gestionale negli
e negli anni sessanta con un monoblocco verticale;           anni Cinquanta e sessanta del novecento. ampliato
- l’Hospitale Grande di San Marco a Bergamo (posa            a più riprese tra settecento e ottocento, fu sottoposto
della prima pietra nel 1474), esterno nel Quattrocen-        a tutela per settori a partire dal 1910 e trasformato in
to al dominio sforzesco, ma sotto l’influsso cultura-        caserma nel 1933. in area periferica rispetto al centro,
le milanese anche per il probabile coinvolgimento            a nord della città, è stato realizzato il nuovo ospedale
dell’architetto antonio averulino detto Filerete nella       nel XX secolo, su progetto degli ingegneri a. Gardella,
sua progettazione. nel 1927 l’ing. Giulio marcovigi rice-    l. martini, G. mariani e l. sala, con edifici satellitari: l’isti-
vette l’incarico di progettare in area diversa il nuovo      tuto Carlo Forlanini, su progetto di a. bellani, e l’istituto
ospedale, inaugurato nel 1930. il complesso si presen-       Casimiro mondino dell’ing. a. savoldi. nuovi progetti
ta come un poliblocco composto da padiglioni orto-           sono stati realizzati tra 2003 e 2007. interessante la siste-
gonali attestati su corte attrezzata rettangolare, con       mazione a parco del contesto circostante;
padiglioni minori isolati. l’ingresso venne concepito in     - l’Ospedale Maggiore di Brescia di fondazione quattro-
monumentale linguaggio neoclassico. attualmente è            centesca è attualmente anch’esso università. tra 1927
in corso la realizzazione di un nuovo ospedale, per il       e 1934 l’ing. angelo bordone, specialista di vaglia in ar-
quale è prevista la costruzione di una chiesa che svol-      chitettura ospedaliera, progettò e realizzò un innovati-
gerà funzioni anche di parrocchia;                           vo complesso ospedaliero, con interessante impianto
- il quattrocentesco Ospedale Maggiore di Pavia, sot-        di padiglioni raccolti attorno a una corte. modificato
to il titolo di San Matteo, è divenuto sede di università    e ampliato continuamente fino al 2000, il complesso


Ospedali Riuniti di Bergamo - Padiglione                     Policlinico San Matteo di Pavia - Facciata




                                                            73
costituisce oggi una grande “cittadella della sanità” di         ettore rossi progettò un monoblocco a torre di nove
notevole interesse sia come centro di assistenza e di            piani fuori terra, con planimetria a t; è attualmente in
ricerca medica che di architettura. notevole la chiesa           corso la costruzione di un nuovo ospedale;
dedicata a san luca, aperta al culto nel 1954, per la            - l’Ospedale Maggiore di Cremona (fondato nel 1451)
tessitura architettonica in mattoni e pietra, caratteristi-      venne presto dotato di patrimonio fondiario molto im-
ca anche di molti edifici ospedalieri, per le pale d’alta-       portante. Dal 1972 in area diversa esiste in Cremona
re, i mosaici e le sculture che la ornano;                       un ospedale monoblocco con edifici bassi aggregati,
- l’Ospedale di S. Anna a Como (fondato nel 1468) è              progettato dall’ing. arturo braga, con enrico ronzani,
stato completamente dismesso; conservato solo in                 nel 1965. Ha planimetria ad H, sviluppo in altezza per
parte, è stato sottoposto a un restauro tipologico nel           nove piani fuori terra. è immerso in un parco di grande
1978 sotto la direzione dell’arch. luigia martinelli dell’uf-    interesse. la chiesa è anche sede parrocchiale. attual-
ficio tecnico del Comune di Como. l’ing. luigi marco-            mente è in costruzione una nuova piastra operatoria;
vigi, con enrico ronzani e luigi Castelli, è autore di un        - l’Ospedale Grande di San Leonardo in Mantova
progetto in forma di cittadella di padiglioni ospedalieri        (fondato nel 1449), divenuto ergastolo e poi casa di
disposti a raggiera in una nuova area; un edificio am-           reclusione a fine ottocento, è attualmente sede di uf-
ministrativo di nobili forme è stato disposto lungo la via       fici della polstrada e di abitazioni di famiglie di militari
napoleona, che porta al centro città. nel 1965 l’arch.           dell’arma dei Carabinieri. un nuovo ospedale venne


Spedali Civili di Brescia. Corpo di ingresso, particolare del    Ospedale vecchio di Lodi - Facciata
paramento




                                                                74
realizzato, in un edificio che era stato convento, nel             da questi dipendenti, come le denominazioni attua-
1811, presto divenuto insufficiente. tra 1919 e 1925 ven-          li spesso segnalano, esclusi per ragione di spazio da
ne realizzata una nuova struttura, composta da dodici              questo volume. Debbono essere, infine, almeno ricor-
padiglioni, su progetto dell’ing. Giulio marcovigi, am-            dati alcuni ospedali quattrocenteschi siti in aree non
pliato e ammodernato negli anni sessanta e nel 1994.               più appartenenti attualmente al territorio della lom-
sono stati esclusi dalla schedatura:                               bardia: l’Ospedale Grande della Beata Vergine della
- l’Ospedale Maggiore di Milano o Ca’ Granda, di cui               Misericordia o Pammatone di Genova (posa della pri-
già si è detto, dal cui istituto, ancora attivo, dipendono         ma pietra nel 1474), città dal 1464 sotto il dominio de-
tre altri importanti ospedali milanesi: il policlinico, non        gli sforza; l’Ospedale Maggiore della Carità di Novara
esaminato qui in apposita scheda, istituito in conco-              (fondato nel 1482), l’Ospedale Maggiore di Sant’An-
mitanza con l’università statale degli studi; il nuovo             drea di Vercelli, già dal 1427 sotto il dominio dei savoia,
ospedale maggiore a niguarda e l’ospedale san                      ma con forti vincoli culturali con milano. Caso a sé, in
Carlo borromeo, gli ultimi due descritti qui in apposita           lombardia, è la storia dell’Ospedale Maggiore di Cre-
scheda;                                                            ma3, dove nel 1351 sorse un raggruppamento ospe-
- l’Ospedale Maggiore della Misericordia a parma                   daliero chiamato Domus Dei, gestito da un gruppo di
(inizio lavori 1477), dedicato a sant’antonio e a tutti i          laici con autonomia finanziaria garantita da norme
santi. negli anni venti del novecento venne realizzato             statutarie. Cambiò sede più volte nel corso dei secoli,
un complesso ospedaliero composto da diciotto pa-                  fu costantemente sostenuto da importanti donazioni,
diglioni, denominato ospedale civile, sostituito dall’at-          prese denominazione di ospedale maggiore. nel 1959
tuale ospedale maggiore tuttora in fase di amplia-                 l’amministrazione dell’ospedale decise di realizzarne
mento.                                                             uno nuovo, diede l’incarico del progetto all’ing. arturo
il quadro sintetico qui tracciato degli attuali ospedali           braga con il medico enrico ronzani. nel 1961 il nuovo
lombardi, provenienti da istituzioni quattrocentesche,             ospedale era concluso in forma di monoblocco a t, cui
rende ragione di una estrema varietà di sviluppi sto-              vennero aggiunti altri edifici dal 1978 al 1998. il secon-
rici, varietà che potrebbe essere ulteriormente carat-             do gruppo di ospedali lombardi esaminati con appo-
terizzata esaminando l’articolazione e le specificità              site schedature in questo volume riguarda complessi
dei presidi, in varie città non capoluogo di provincia,            realizzati tra fine ottocento e inizio novecento.


3 S. Lini, Dalla “Domus Dei” all’Azienda Ospedaliera. Le vicende dell’Ospedale maggiore di Crema dal 1351 al 1998, Leva Artigra-
fiche, Crema 1998.




                                                               75
essi sono:
- l’Ospedale di San Gerardo dei Tintori a Monza, il cui
progetto, in forma di monoblocco di 15 piani ad an-
damento planimetrico ondulato, con aggiunta di un
corpo di quattro piani, risale al 1962;
- l’Ospedale di Circolo a Varese, costruito in zona pe-
riferica nel 1903, ampliato in continuazione con l’ag-
giunta di padiglioni fino ai 33 attuali, molto diversi tra
loro, in cittadella della salute;
- l’Ospedale di Lecco, che ha cambiato più volte sede,
dal 1840 ad oggi;
- il Sanatorio di Sondalo (sondrio) in alta valtellina, del
1927, oggi complesso monumentale vincolato, avreb-
be dovuto essere, nelle aspettative di mussolini, il più
grande sanatorio europeo;
- il Nuovo Ospedale Maggiore di Milano a Niguarda,
costruito tra 1932 e 1939, tipologia che attesta il pas-
saggio dall’ospedale a padiglione a quello a più bloc-
chi in italia; attualmente è in corso la realizzazione di
una grande piastra di ampliamento;
- l’Ospedale San Carlo Borromeo a Milano, inaugurato
nel 1967, su progetto dell’ing. arturo braga e consulen-
za artistica dello studio ponti-Fornaroli-rosselli. Di Gio
ponti è la chiesa, di grande interesse la sua architettura




Azienda Ospedaliera di Circolo Fondazione Macchi di Varese




                                                              76
Villaggio sanatoriale di
 Sondalo - Vista dalla
 galleria di accesso

 e le opere d’arte che essa custodisce4.
 anche per questo secondo gruppo sarebbero molte
 le omissioni da segnalare in relazione alla strutturazione
 territoriale per aziende ospedaliere, con diversi presidi.
 tra tutti non può essere dimenticata l’evoluzione del mi-
 lanese ospedale sacco, sorto come sanatorio di vial-
 ba nel 1927, uno dei primi edificati in pianura in italia. in-
 titolato al medico luigi sacco nel 1974, divenne anche
 polo universitario dell’università degli studi di milano; nel
 1975 gli vennero accorpati l’ospedale agostino bassi
 e l’ospedale enea; è divenuto infine azienda ospe-
 daliera nel 1992. il quadro che le schede presentano,
 integrato dai saggi dei diversi autori, suggerisce alcune
 riflessioni sia rispetto a tutela e conoscenza storica che
 in relazione alle prospettive future. l’abbandono degli
 antichi ospedali e la costruzione dei nuovi in lombar-
 dia si è articolato in modi molto vari, caso per caso, nel
 corso dei secoli. non per tutti è stata elaborata fino ad
 ora una ricostruzione storica adeguatamente appro-
 fondita. più in generale, inoltre, la storiografia relativa a
 tipi ospedalieri succedutisi nel corso del tempo non è
 molto vasta e articolata. Quella relativa ai monumenti
 quattrocenteschi, sviluppatasi solo a partire dagli anni



     4 M.A. Crippa, C. Capponi (a cura di), Gio Ponti e l’architet-
     tura sacra. Finestre aperte sulla natura, sul mistero, su Dio,
     Credito Valtellinese, Pizzi, Cinisello Balsamo (Milano) 2005;
     M.A. Crippa, Una cappella d’ospedale: continuità di moderno
     umanesimo in architettura, in: AA. VV., Gio Ponti. Meraviglio-
     sa ventura costruire chiese. La chiesa della Santa Maria An-
     nunciata per l’Ospedale San Carlo Borromeo, Ospedale San
     Carlo, Milano 2006.




77
trenta del novecento, è attualmente la più solida; quel-                ne del benessere, l’importanza della programmazione
la degli ospedali a padiglione, scarna per non dire pra-                pubblica e del rapporto pubblico-privato nel contesto
ticamente inesistente, risale agli anni settanta-ottanta.               della sanità, sono questioni che attraggono le attenzio-
all’interesse storiografico per i complessi monumentali                 ni maggiori, a discapito di una coscienza storica gene-
quattrocenteschi non conseguirono rapidamente né                        rale, tuttavia indispensabile. il volume che si presenta
una tutela adeguata né coerenti interventi di restauro,                 intende offrire un contributo in questa direzione, senza
ad esclusione del caso esemplare dell’ospedale mag-                     la pretesa tuttavia di esaurire l’argomento. molto re-
giore di milano, seguito più tardi dai restauri del com-                sta da fare per mettere in luce la lunga storia, ricca di
plessi antichi di Como e Cremona. recentissimo, degli                   molta umanità e scienza, delle istituzioni ospedaliere
ultimi anni, è il dibattito sui limiti della tutela del nuovo           lombarde; per far conoscere il vasto patrimonio d’ar-
ospedale maggiore di niguarda. la chiesa dell’ospe-                     te accumulato in essi in vari modi, in raccolte o musei,
dale di san Carlo borromeo, opera di Gio ponti, è stata                 nei decori - pittorici scultorei e vetrari delle architetture,
interessata da un importante studio dello stato di de-                  degli edifici religiosi in particolare ma non solo in quelli -,
grado del paramento ceramico, a seguito del recente                     nella qualità artistica e monumentale di quanto giunge
restauro del grattacielo pirelli .
                                 5
                                                                        fino a noi di molti complessi. il futuro, più che il passato
mentre è viva da tempo l’attenzione per i rapporti tra                  o il presente, contrassegnato da grande fervore edilizio
cura e cultura ospedaliera di area lombarda nel corso                   in questo ambito, implicherà, inoltre, necessariamente
della storia grazie a studiosi come Giorgio Cosmacini,                  un più stretto rapporto concreto - non utopico, come
edoardo bressan, vittorio sironi, è ancora in fase di ge-               fu ipotizzato, nel celebre progetto rimasto sulla carta
stazione l’interesse storico per l’edilizia ospedaliera del             per l’ospedale di venezia6, da le Corbusier e tentato,
novecento, per la sua evoluzione, per la connessione                    nell’ospedale di sarzana da Giovanni michelucci, nel
con i problemi delle città in cui i nuovi complessi sono                1967 - tra città ormai aperta, senza precisi confini, e cit-
stati insediati, per il mutare dei sistemi tecnologici che li           tadelle ospedaliere in una integrazione che comporte-
qualificano. l’estrema specializzazione delle tematiche                 rà una rinnovata attenzione per la centralità dell’uomo
ospedaliere, i progressi scientifici e tecnologici della me-            in un sistema sempre più parcellizzato.
dicina, i radicali mutamenti nella concezione della cura
                                                                                                          NELLA PAGINA ACCANTO:
delle malattie che arriva oggi a investire anche la nozio-                                               Ospedale A. Manzoni di Lecco -
                                                                                               La corte centrale dell’edificio ospedaliero

 5 M. A. Crippa (a cura di), Il restauro del grattacielo Pirelli, Skira, Milano 2007.
 6 A. Petrilli, Il testamento di Le Corbusier. Il progetto per l’Ospedale di Venezia, Marsilio, Venezia 1999.




                                                                    78
SCheda                    1
Gli Ospedali Riuniti di Bergamo                                       di Fernidando Zanzottera                   Veduta interna del complesso ospedaliero




l’attuale complesso architettonico degli ospedali                      nuovo ospedale da erigere in una località esterna
riuniti di bergamo, pur appartenendo al plurisecolare                  al centro abitato. Qualche anno dopo il presidente
sistema della cura del malato urbano formalmente                       dell’ospedale, Callisto Giavazzi, ribadiva il giudizio
codificatosi nel 1457 per intervento del vescovo                       espresso in precedenza dalla commissione citata,
Giovanni baronzio e dei rettori della città , è una   1
                                                                       asserendo che erano molteplici i motivi per i quali i
costruzione risalente al secondo quarto del XX secolo.                 vecchi fabbricati non erano più idonei ad ospitare
la necessità della sua edificazione era tuttavia                       l’ospedale e che rendevano impossibile il “riattamento
avvertita da alcuni decenni, tanto che nel 1907 la                     ed ampliamento” dei luoghi di cura ospedaliera siti
Commissione nominata dal Consiglio ospedaliero                         in città. tra le molte ragioni elencate egli insisteva
per definire le necessità architettoniche e strutturali                sull’esiguità e l’insufficienza della superficie dei
dell’ente sanitario terminarono i loro lavori dichiarando              fabbricati, giudicata metà dell’area richiesta come
che l’unica soluzione possibile era quella di creare un                minimum dalla moderna tecnica medico-ospedaliera


 1 Le prime notizie di un sistema ospedaliero compiuto di Bergamo risalgono, infatti, al 5 novembre del 1457, quando il Vescovo
 Giovanni Barozzi approva i Capitula hospitalis novi et magni structi in civitate Bergami. Insieme ai Rettori della città aveva infatti
 ottenuto l’autorizzazione di fondare un Ospedale Grande che riunisse in sè tutte le strutture di assistenza al malato e tutti i luo-
 ghi pii dediti alla cura sanitaria e all’assistenza paramedica. In quell’occasione, dunque, il Vescovo riunì sotto un’unica direzione
 l’ospedale di Sant’Erasmo fuori dalla porta di Borgo Canale, l’Ospedale di Santa Grata inter vites in Borgo Canale, l’Ospedale di
 San Lorenzo dell’omonimo borgo, l’Ospedale di San Bernardo presso il ponte della Morla, l’Ospedale di San Tommaso dentro porta
 di Santa Caterina, l’Ospedale di Sant’Antonio fuori borgo, l’Ospedale del monastero di Santo Spirito, l’Ospedale di San Lazzaro in
 Borgo San Leonardo, l’Ospedale di San Vincenzo in contrada di San Cassiano, l’Ospedale di Santa Maria Maggiore in Contrada
 Ante Scolis e l’Ospedale di Santa Caterina del borgo omonimo.




                                                                   80
e   sull’errore   di   orientamento     dei       fabbricati   e    già nel 1878, vi si era insediato l’attuale istituto sanitario
sull’insufficienza delle distanze tra i differenti padiglioni,      matteo rota, mentre negli anni seguenti si edificarono
che impediva un adeguato irraggiamento solare e                     la Clinica Castelli e la Clinica san Francesco.
un conveniente ricambio d’aria. altre ragioni erano la              l’incarico di studiare il progetto per edificare il nuovo
grande ampiezza dei cameroni per i malati che, nel                  ospedale fu affidato negli anni venti all’ing. Giulio
caso del padiglione della medicina femminile, arrivava              marcovigi, che riuscì ad iniziare i lavori nel mese di
a contare 100 letti; l’esiguità dei locali di isolamento            maggio del 1927. per la progettazione egli si ispirò
limitati a 4 posti letto ogni 400 malati; l’insufficienza e         ai moderni principi dell’architettura ospedaliera che,
la poca salubrità del riscaldamento affidato ancora a               tuttavia, si espressero con una forma fortemente
singole stufe; la mancanza di adeguati locali destinati             influenzata dalle strutture architettoniche francesi e
ad accogliere i refettori, le latrine, le sale da bagno e           inglesi di fine seicento e dei primi decenni del Xviii
i depositi per il vitto degli ammalati, della biancheria            secolo. egli progettò una struttura vagamente ispirata
e dei medicinali; l’assenza di pavimenti facilmente                 al concetto di poliblocco sanitario, evoluzione e
lavabili e disinfettabili perché molti erano ancora                 reinterpretazione italiana dell’idea del monoblocco
realizzati in mattone; la completa inadeguatezza dei                ospedaliero di matrice americana, con forti influenze
locali per i dormitori e il soggiorno del personale di              della cultura europea dei decenni precedenti. Questo
assistenza ai malati.                                               progetto, a sua volta, fu probabile ispirazione allo studio
raccolto anche il parere favorevole del Consiglio                   per l’ospedale Clinico di modena con il quale gli
dell’ordine dei medici della provincia, si diede inizio             ingegneri Giorgio rossi e Carlo tornelli parteciparono
al progetto di costruire un nuovo grande ospedale                   al concorso del 1933. il complesso architettonico degli
cittadino. per la sua edificazione fu scelta “una delle             ospedali riuniti mostra una disposizione planimetrica
posizioni più ridenti della città, in quel grandioso                centrale,    con     i   differenti   padiglioni   ortogonali
anfiteatro formato dalla linea continua di colline,                 organizzati attorno ad una ampia corte attrezzata
che iniziano con l’antica bergamo alta, culminano al                che accoglie un grande giardino verde con fontana
centro con il colle di s. vigilio e vanno degradando                circolare. su questo spazio insistono gli ingressi principali
verso la selvosa punta di s. matteo” . si trattava di
                                              2
                                                                    dei differenti padiglioni, raccordati tra loro attraverso
un luogo particolarmente adatto alla cura medica                    corpi di fabbrica di inferiore dimensione e di minor
riparato anche dai venti freddi di tramontana, dove,                pregio architettonico. nella parte centrale dei due


2 Cfr. Luigi Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa, vol. VI (Il Borgo Canale), Bergamo, 1967, pp. 52-53.




                                                                   81
fianchi sono presenti ingressi monumentali colonnati               disinfestazione. ancora più discosto, sul limitare del
con accessi facilitati per le ambulanze che immettono              perimetro del complesso architettonico, fu collocato
nei padiglioni, che originariamente ospitavano la                  il padiglione per le malattie infettive e per i pazienti da
medicina e la Chirurgia. i modelli di riferimento di               porre in isolamento. nell’estremità sud-occidentale
Giulio marcovigi furono certamente gli ospedali                    fu invece edificato il padiglione per la cura dei
a padiglioni inglesi di fine seicento, che all’epoca               tubercolotici, che oggi è stato trasformato e ospita un
avevano significativamente influenzato la coscienza                asilo aperto anche alla cittadinanza.
tecnologica sanitaria europea. il modello di maggior               il   modello      sanitario    perseguito    nella    fase   di
ispirazione fu il progetto di J. b. le roy per la ricostruzione    progettazione si basava, dunque, sulla costruzione di
dell’Hotel-Dieu di parigi, distrutto da un incendio che            un sistema misto che prevedeva quantitativamente
cancellò l’intera struttura medievale. il modello, a scala         l’emergere di padiglioni riuniti e la presenza di specifici
inferiore, fu ripreso con alcune piccole varianti inerenti         edifici distanziati a vocazione specifica. tra questi, sul
agli accessi alla struttura e alla collocazione della              fianco occidentale vi era anche il convitto delle suore
chiesa: prospiciente alla corte centrale nell’ospedale             e la piccola cappella eclettica.
parigino e in posizione sopraelevata ma discosta dalle             l’elemento più significativo dell’ospedale, dunque,
architetture ospedaliere nel complesso bergamasco.                 non sono le singole architetture, gradevoli ma non
Dal progetto di J. b. le roy, marcovigi desume anche               capolavori dell’architettura della prima metà del
il tema della conclusione della corte con un edificio              XX secolo, ma l’impianto planimetrico, che mostra
destinato ad accogliere i servizi Generali e le cucine,            anche alcune affinità distributive con il progetto
correlate anche con la Farmacia, la pediatria e il                 dell’ospedale di livorno ideato da Cambray Digny
padiglione per gli studi oftalmici, che si raccorda con            nel 1836.
la corte verde attraverso due colonnati semicircolari.             le scelte del progettista furono esemplarmente
alle spalle del complesso centrale il progettista inserì           raccolte    nei     discorsi   pronunciati    in     occasione
dei padiglioni autonomi destinati ad accogliere                    dell’inaugurazione dell’ospedale, nei quali si affermò:
i malati affetti da patologie della cute, gli studi di             “è stato abbandonato intieramente il tipo a padiglioni
anatomopatologia e alcuni volumi tecnici, quali                    staccati o, per meglio dire, a decentramento
la cisterna dell’acqua, le caldaie, la ciminiera di                assoluto, che si deve ritenere sorpassato dappoicché,
smaltimento dei fumi, la lavanderia e i locali per la              odiernamente, l’igiene degli spedali deve ricercarsi




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soltanto nei metodi di cura e di profilassi, nell’antisepsi,        piccolo ma necessario prefabbricato che funge
e meglio nell’asepsi che oggidì hanno raggiunto la                  da ufficio informazioni per il pubblico. l’affaccio
massima perfezione; si è cioè costruito un nosocomio,               dell’ospedale sul vialone d’ingresso, inoltre, fu pensato
di tipo intermedio, dove, pur conservando il padiglione             per rispondere ad alcune istanze funzionali e come
come elemento base, si sono avvicinate, entro termini               elemento di raccordo tra la cittadella sanitaria
convenienti, non solo le fabbriche fra loro, ma le sale             degli ammalati e la grande città dei sani che svetta
dei malati ai servizi, al precipuo scopo di contemperare            preminente in lontananza. Come ha giustamente
l’interesse dell’igiene con quello tuttavia importante              osservato pizzigoni, infatti, la facciata dell’ospedale
dell’economia” . tra le architetture si differenzia
                  3
                                                                    non funge da fondale scenografico ma costituisce
qualitativamente la palazzina di ingresso all’intero                un elemento arretrato rispetto al filo stradale, perché
complesso ospedaliero, il cui disegno parrebbe                      il vero prospetto ideale doveva rimanere la città alta,
recuperare il progetto dell’architetto bianconi studiato            il borgo Canale e il contesto orografico naturale dei
per l’ampliamento del 1846 dell’antico ospedale                     monti bergamaschi4.
cittadino di san marco. si tratta di un edificio dalle              la costruzione del nuovo ospedale, inaugurato dai
vaghe reminescenze neoclassiche caratterizzato da                   principi umberto e maria Josè di savoia il 20 settembre
tre grandi arcate e un imponente atrio colonnato                    1930, costituisce anche uno degli elementi salienti dello
nel quale, senza troppa grazia, oggi è collocato un                 sviluppo urbano della città moderna. essa rappresentò,
Veduta dei padiglioni che affacciano sull’antica corte interna      Particolare del nuovo padiglione
dell’ospedale

 3 AA.VV., Gli Ospedali Riuniti di Bergamo un’istituzione della comunità, Ospedali Riuniti di Bergamo, Tipografia-litografia Nove-
cento Grafico, Bergamo, 1999, p.11
4 Per questo tema si rimanda al convegno “Il verde e la città” svoltosi il 14 marzo del 2007 presso l’Auditorium dell’Accademia
della Guardia di Finanza di Bergamo organizzato dall’Ateneo di Scienza Lettere Arti di Bergamo e, in particolare, all’intervento
di Graziella Colmuto Zanella. Dei singoli interventi dei relatori, che si spera possano essere raggruppati in un volume di prossima
pubblicazione, esistono alcune trascrizioni dattiloscritte non corrette dagli autori.




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infatti,una delle principali istanze innovatrici della fascia     pediatrico (1983), dell’unità operativa di nefrologia
nord-occidentale della periferia di bergamo, capace               e Dialisi (1991) e di un nuovo blocco per le sale
di mettere in moto un meccanismo di rapido sviluppo               operatorie (1995).
urbano gestito da privati e dall’amministrazione                  il processo di integrazione e di sviluppo non è facile
pubblica. il trasferimento in questa area della                   ma fino ad oggi ha saputo ben armonizzarsi con
struttura ospedaliera e la conseguente dismissione e              la struttura architettonica esistente, perseguendo
rapido abbattimento degli edifici costituenti l’antica            logiche di riempimento degli spazi non occupati
cittadella sanitaria, lasciarono inoltre la possibilità di        dagli edifici di marcovigi e conservando al suo
ripensare alla configurazione urbana di bergamo,                  interno numerosi beni mobili meritevoli di attenzione
offrendo, di fatto, la possibilità concreta di poter              e di valorizzazione. sebbene nel 1993 l’azienda
elaborare il Concorso del 1926, senza sviluppi positivi, e        ospedaliera sia stata riconosciuta “di rilievo nazionale
di migliorare il successivo piano regolatore della città,         e di alta specializzazione” dal ministero, la relazione
così importante per la definizione del volto moderno              programmatica dell’agosto del 1996 sottolineava
di bergamo. la grandiosità dell’ospedale, inoltre,                l’obsolescenza      di   alcuni   elementi      strutturali   e
rispose pienamente al desiderio dell’amministrazione              impiantistici, con la conseguente impossibilità di
locale e del regime centrale di rispondere in maniera             fronteggiare pienamente le nuove frontiere della
monumentale alle istanze innovatrici espresse dalla               scienza medica, sempre in continua evoluzione e
città e alla richiesta di dotare bergamo di una serie di          sempre più bisognosa di ospitare laboratori altamente
architetture sociali pubbliche.                                   tecnologici e complessi servizi sanitari specialistici.
nel corso dei decenni il complesso ospedaliero                    per questa ragione negli scorsi anni si è indetto un
ha     subito    numerose        trasformazioni     dovute        concorso internazionale per la costruzione di un
all’accorpamento di altre strutture sanitarie quali,              nuovo ospedale di bergamo che ha visto vincitore
ad esempio, l’ospedale provinciale pediatrico ugo                 il raggruppamento d’imprese che fa capo a sCau
Frizzoni (1972) e l’istituto ortopedico matteo rotta              s.a. di parigi, rinnovando idealmente quel legame
(1975). nel 1983 l’ospedale accolse e creò numerose               storico che intercorre tra la sanità bergamasca e la
altre realtà sanitarie finalizzate a migliorare la cura dei       cultura ospedaliera d’oltralpe5.
pazienti secondo logiche di eccellenza, e, per questa                                               NELLA PAGINA ACCANTO:
ragione, si è dotata del Dipartimento ostetrico-                                   Veduta dell’ingresso dell’ospedale in relazione
                                                                                               al contesto urbano della città alta

 5 Cfr. AA.VV., Nuovo Ospedale di Bergamo. Concorso Internazionale, Bolis Edizioni, Bergamo, 2002




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SCheda                     2
Gli Spedali Civili di Brescia                                           di Irene Giustina, Elisa Sala*                             Veduta del corpo di ingresso
                                                                                                                               (concluso al rustico nel 1941-42)



I.“in una zona posta al centro dell’anfiteatro di colline,               dell’istituto bresciano lo impegnò per tutta la vita,
tra Costalunga e mompiano, zona fra le più fresche                       consentendogli di maturare una riconosciuta
e riposanti della città, sta per completarsi il nuovo                    specializzazione nell’edilizia sanitaria. il compimento
ospedale Civile di brescia”. esordiva così, nel 1953,                    dell’ospedale di brescia fu rallentato, fin dal principio,
angelo bordoni (1891-1957), illustrando il progetto                      dalla scelta della sua ubicazione, condizionata da
del nuovo nosocomio cittadino. si stava allora                           esigenze di economia e accompagnata da un
concludendo una lunga vicenda iniziata intorno                           acceso dibattito politico; erano contemplate tanto
al 1927, quando bordoni, incaricato di riformare                         l’area di via moretto, dove insisteva l’antico spedale,
l’antico ospedale di s. Domenico, ormai inadeguato,                      quanto le più ampie e periferiche zone di s. eufemia
constatava l’impossibilità di un riadattamento della                     e di s. rocchino. bordoni, pur producendo numerose
vecchia struttura ed evidenziava la necessità di                         varianti, lavorò su un’idea progettuale di fondo che
erigere un edificio innovativo nella concezione                          riproponeva la tradizionale tipologia ospedaliera
distributiva e nell’organizzazione funzionale. il                        a padiglioni, attualizzata però dalla connessione
giovane ingegnere bresciano in quegli anni svolgeva                      reciproca dei corpi di fabbrica. intendendo superare
una vivace attività professionale, distinguendosi,                       anche la casualità della distribuzione che aveva
tra l’altro, per la partecipazione a milano, con luigi                   caratterizzato i complessi a padiglione del secolo
m. Caneva e antonio Carminati, al concorso per                           precedente, bordoni si ispirò al rigore geometrico
il progetto del palazzo di giustizia, all’ideazione                      presentato dagli istituti del tardo settecento, in
del palazzo dei sindacati fascisti dell’industria, allo                  cui i fabbricati erano rigidamente ordinati. pure se
studio di un nuovo piano regolatore; la realizzazione                    con un progetto in continua evoluzione, l’impianto
* Il contributo è stato curato dalla prof.ssa Irene Giustina; la stesura è da attribuirsi per la parte I all’ing. Elisa Sala, e per la parte
II a Irene Giustina.




                                                                     86
dell’ospedale di brescia – con evidenti rimandi alla         la prima pietra. l’ospedale bresciano rappresentò
crociera rinascimentale, incardinata sulla chiesa al         una vera novità tra le strutture sanitarie internazionali:
centro della composizione – fu informato su figure           la suddivisione dell’edificio in padiglioni interconnessi
geometriche regolari, proponendo uno “schema                 corrispose a una loro classificazione in relazione alle
base [che] non è più la forma aperta della dama ma           diverse patologie e quindi dei vari reparti di cura;
quella conclusa, funzionale e quasi meccanica della          ognuno di questi fu realizzato su un unico piano.
ruota dentata” e adottando “il sistema detto stellare        ne sortì un fabbricato di sette piani fuori terra, di
ed anche radiale per i raggi o ali che fuoriescono,          cui i cinque superiori destinati al ricovero ammalati
simmetricamente, rispetto al centro della figura”.           e i due inferiori ai servizi generali; i padiglioni furono
la matrice geometrica alla base di quella idea si            orientati in modo tale da ottenere infermerie tutte a
scontrò con le contingenze, venendo modificata               doppia esposizione. i percorsi interni furono studiati
più volte, fino a giungere – nel terzo progetto,             in relazione ai flussi di utenze, disegnando passaggi
elaborato nel 1934 per l’area, poi prescelta, di s.          distinti per gli operatori medici e i visitatori, mentre
rocchino – a un impianto costituito da due esagoni           quelli esterni furono risolti come passerelle aeree, per
regolari concentrici dai cui vertici si proiettavano         consentire il trasporto veicolare al livello terreno del
padiglioni con germinazione a forcella e al cui              complesso; i collegamenti verticali furono progettati
centro era collocata la chiesa. tale disegno, definito       soddisfacendo esigenze antisismiche e antincendio.
a “fiocco di neve”, subì numerose modifiche fino a           particolare cura fu diretta alla definizione formale
che nel 1937-38 fu apprestato il progetto definitivo:        dell’edificio, risolto con paramenti di mattoni posati
l’esagono fu ridotto nelle dimensioni, mentre i bracci       in rilievo a disegnare – interpretando la tradizione
radiali acquistarono una particolare emergenza; la           costruttiva lombarda secondo gli orientamenti
biforcazione fu mantenuta solo per il corpo a sud-est        neoclassici prevalenti negli anni venti e trenta – rigorose
e per il suo simmetrico a nord-ovest, scomparendo            trame geometriche e nitidi contrasti chiaroscurali, con
invece negli altri padiglioni. Di fatto, però, con corpi     innesti di stucco di cemento bianco, calce e polvere
di fabbrica di dimensioni pressoché uguali, furono           di marmo. tale ricerca estetica raggiunse accenti
eseguiti solo tre padiglioni (a, b e C), lasciando uno       monumentali soprattutto nella quinta di ingresso e
spazio libero al vertice settentrionale dell’esagono.        grande ricercatezza nelle decorazioni e nei dettagli,
nel centro geometrico ideale del complesso, che              suscitando l’apprezzamento, tra gli altri, di Franco
corrispondeva anche a quello dell’area destinata a           moretti, che annoverò l’istituto bresciano fra le più
contenere l’intera struttura, circolare con raggio di 500    rilevanti architetture ospedaliere del ‘900.
metri, fu costruita la cappella, collegata ai padiglioni     la costruzione al rustico fu conclusa entro il 1942, ma
da corridoi sopraelevati. il 22 ottobre 1938 fu posata       solo nel 1951 poterono entrare i primi malati e nel 1953




                                                            87
Veduta della         fu definitivamente chiusa la vecchia sede ospedaliera          satellite, in grado di garantire nuovi posti letto e          Veduta della
cappella al centro                                                                                                                                cappella e del
                     di via moretto. nel 1958 il nosocomio cittadino, ormai         assicurare la differenzazione dei reparti in specialità
del complesso                                                                                                                                     passaggio coperto
progettato da        in piena attività, era in grado di accogliere più di           sempre più numerose. il progetto fu commissionato             di collegamento
Angelo Bordoni       1.600 degenti.                                                 allo “studio di edilizia ospedaliera a. bordoni”,             con i padiglioni.
negli anni Trenta
                     Gli anni Cinquanta aprirono un periodo di grande               fondato dallo scomparso ingegnere bresciano, e
del Novecento.
Sulla sinistra,      fermento per l’ospedale bresciano e portarono a                fu elaborato dall’architetto Gianni Griletto, mentre
il prospetto         numerose nuove realizzazioni, tra cui l’istituto del           l’ingegnere Dario perugini eseguì i calcoli per le
del recente
ampliamento          radio “olindo alberti” e il Centro di alte energie,            strutture in cemento armato. l’impianto del ‘satellite’,
del padiglione       sollecitati dall’eccellenza mostrata dagli spedali civili      discostandosi da quello dei padiglioni bordoniani,
bordoniano (2005);   nel campo della radioterapia cancerologica sin dal             presenta “uno svolgimento a nastro, con una
sulla destra,
si intravede         1929. il boom economico e lo sviluppo demografico              fronte centrale curva ed ali rettilinee raccordantesi
il Policlinico       ebbero però notevoli ricadute sulla nuova struttura            in parallelo agli edifici preesistenti”. l’edificio è
Satellite (1966-     ospedaliera; già tra il 1960 e il 1961, la carenza di posti    organizzato secondo una tipologia a monoblocco,
1973)
                     letto si attestava intorno alle 700 unità.                     in un corpo centrale di dieci piani fuori terra e due
                     II. si procedette dunque a realizzare l’ultimo settore         ali laterali di sette piani ciascuna, e impiegata l’unità
                     del complesso, per altro già progettato da bordoni nel         compositiva cellulare, riconducibile all’unione di due
                     1955 quale nuova sede per l’ospedale degli infettivi           camere a tre letti e servizi comuni, che comporta un
                     ma lasciato in sospeso nel 1957. il nuovo padiglione,          reparto costituito da multipli di sei letti unicellulari.
                     isolato rispetto agli altri in ragione della sua funzione      la struttura, con la contestuale costruzione di una
                     d’uso, sarebbe andato a completare la struttura,               nuova accettazione, fu intrapresa nel 1966 e divenne
                     collocandosi all’estremità nord-ovest; i problemi              interamente funzionante nel 1973, attrezzando ben
                     determinati dalla carenza di spazi portarono però a            870 nuovi letti.
                     una revisione dei programmi e alla costruzione di un           tre anni dopo fu inaugurato anche il nuovo padiglione
                     padiglione più aggiornato, denominato policlinico              infettivi, a conclusione di un dibattito intrapreso fin dal




                                                                                   88
1953 per risolvere il problema dei malati contagiosi,
     collocati nell’angusto ospedale di s. antonino.
     la nuova struttura, avviata nel 1973 su progetto
     dell’architetto paolo Dabbeni, e dell’ingegner Franco
     Dotti, fu situata in un’area compresa fra il padiglione
     C e il “satellite”, modificando e aggiornando
     radicalmente il piano dello studio bordoni, più volte
     variato nel tempo.
     la costruzione e le potenzialità del “satellite”
     evidenziarono la necessità di istituire a brescia una
     Facoltà di medicina e chirurgia, seguendo una
     vocazione didattica palesatasi nell’ospedale già
     nel 1952, quando era stata aperta una scuola di
     ostetricia, da affiancare a quelle già esistenti per
     infermiere professionali e per assistenti visitatrici. la
     nuova Facoltà, istituita nel 1970, comportò, insieme
     con la costruzione, nell’anno successivo, di una
     sede autonoma a nord della cinta ospedaliera, un
     capillare processo di adattamento del nosocomio,
     teso a conciliare nei diversi reparti le esigenze
     ospedaliere con quelle universitarie e di ricerca.
     la convenzione con l’università permise così di
     qualificare ulteriormente le attività assistenziali
     dell’ospedale, consentendo di conseguire posizioni di
     eccellenza nell’ambito della diagnosi e della cura di
     numerose patologie. tali avanzamenti hanno richiesto
     nel tempo un costante rinnovamento della dotazione
     tecnologica e continui interventi, tesi ad ampliare e
     adeguare le strutture sanitarie.
     nel 1989, secondo un articolato e pluriennale piano
     progettuale, è stato completato il trasferimento nella
     struttura bordoniana dell’ospedale dei bambini,

     Particolare del paramento murario
     (anni Trenta del Novecento)




89
istituito nel 1900 e ospitato a lungo in sedi inadeguate         Ferrari ha poi provveduto al sopralzo di due piani
e provvisorie; nuovi reparti dell’istituto pediatrico sono       della sede della medicina del lavoro per ricavare
entrati in funzione anche nel 1998, nel 2004, fino all’ultimo    la nuova sede dell’immunologia Clinica (2003-2004).
trasferimento avvenuto nei primi mesi del 2008.                  nel 2004-2005 è stato completato il raddoppio di due
tra il 1998 e il 2001, a seguito di un concorso di idee          corpi di fabbrica dell’ospedale con un importante
vinto dal gruppo di progettazione avente come                    intervento, il primo realizzato in italia in project-
capogruppo l’architetto antonio montanari e                      financing, secondo il progetto preliminare dell’ufficio
come componenti gli architetti bauerova in sestak e              tecnico dell’ospedale e il progetto definitivo della
Kaderabek, è stato realizzato il nuovo edificio ovest per        società Catalyst brescia s.r.l., riprendendo all’esterno
blocchi operatori, inserito fra tre corpi dell’ospedale          il disegno del paramento bordoniano. infine, nel 2006
esistente con una rilevante soluzione high-tech: il              è stato attivato, in complesse strutture interrate, il
braccio si sviluppa come una passerella aerea con                Centro pet/taC con Ciclotrone e radiofarmacia.
struttura a vista, costituita da una trave reticolare            Considerando anche i presidi ospedalieri di Gardone
gigante appoggiata alle estremità a due torri in
muratura, ove sono posti i collegamenti ai padiglioni
bordoniani e le uscite di sicurezza. nel dicembre 2000 è
stato ultimato l’avancorpo del “satellite”, su progetto
dell’architetto paolo Dabbeni e degli ingegneri Franco
Dotti e Carlo piemonte, offrendo un considerevole
aumento di spazi per alcuni servizi ospedalieri e per
il pronto soccorso, insieme con il nuovo ingresso del
“satellite” e la nuova elisuperficie. ancora Dabbeni e
Dotti, hanno compiuto l’ampliamento del padiglione
infettivi (1998–2003),sovralzando di un piano la struttura
esistente e aggiungendo nuovi corpi di fabbrica, tra
cui il collegamento con l’attiguo“satellite”; nello stesso
periodo, hanno progettato anche la nuova sede della
medicina del lavoro, un fabbricato che riprende
le forme curvilinee di un padiglione bordoniano di                                                                          Paramento murario
servizio, collocato in posizione speculare nell’area                                                                        dei padiglioni
                                                                                                                            bordoniani
dell’ospedale. il raggruppamento temporaneo studio                                                                          (anni Trenta del
nightingale associates e studio tecnico ing. roberto                                                                        Novecento)




                                                                90
val trompia e di montichiari e l’ospedale dei bambini,
     entrati nel 1998 a far parte dell’azienda ospedaliera
     – in cui gli spedali Civili sono stati trasformati nel 1997 –
     si è giunti oggi a un’offerta complessiva di 2.500 posti
     letto, con 71.000 ricoveri ordinari annuali sommati a
     25.000 ricoveri in day-hospital.
     la superficie decentrata e vuota destinata
     inizialmente alla costruzione del nuovo ospedale è
     dunque divenuta, col tempo, una “cittadella della
     sanità”, un esteso centro di assistenza e di ricerca
     medica che ha assunto un ruolo di crescente rilievo
     anche nell’orientamento dei processi di crescita
     urbana e territoriale. l’ampiezza di tale area, fissata
     con grande intuizione previsionale, ha consentito
     di accrescere notevolmente il nucleo ospedaliero
     originario con l’aggiunta di numerosi nuovi volumi,
     lasciando tuttavia ancora oggi larghi spazi al verde
     e ai giardini che hanno costituito un altro elemento
     fondativo e di merito, del progetto bordoniano.
     la validità delle scelte progettuali adottate nella
     prima struttura ospedaliera, infine, rimane tuttora
     manifesta, sia per la versatilità della sua articolazione,
     che ha consentito l’adeguamento progressivo e
     l’ampliamento di diversi padiglioni senza intaccare
     il primitivo impianto “a fiocco di neve”, sia per la
     coerenza espressiva e la raffinatezza del suo disegno
     che, impreziosite da una eccezionale cura per il
     dettaglio e per i materiali costruttivi, ancora oggi la
     rendono riconoscibile e le permettono di spiccare
     rispetto agli interventi più recenti.




     Dettaglio decorativo nel giardino




91
SCheda                   3
L’Ospedale Sant’Anna di Como                                         di Daniele Garnerone                                       Il palazzo dell’ingresso
                                                                                                                               e degli uffici direzionali



Como, città di fondazione romana, accoglie i viaggiatori                 Cinque secoli di alterne vicende, luoghi e tempi diversi
alla porta di Camerlata con due monumenti della                          che si sono aggiunti all’antica vocazione ospitaliera della
storia antica e moderna: la torre del baradello, residua                 città. al 1468 risale il primo documento che si possa riferire
testimonianza della fortificazione del colle, e la fontana               all’ospedale; si tratta della bolla pontificia redatta da
realizzata a metà degli anni trenta su disegno di Cesare                 papa paolo ii per conferire l’atto di fondazione dell’istituto
Cattaneo e mario radice.                                                 sant’anna, su richiesta del vescovo di Como. sorto come
Qui si trova l’ospedale sant’anna, a capo dell’omonima                   luogo di ospitalità per pellegrini, di assistenza a poveri e
azienda ospedaliera, costituita con i presidi di menaggio                di ricovero per deboli e indifesi, viandanti o bambini, ha
(ospedale erba-renaldi), Cantù (ospedale s. antonio                      una storia lunghissima nella quale l’istituzione è divenuta
abate) e mariano Comense (ospedale Felice villa).                        una   potenza     economica      e   fondiaria, espressione
il sito particolarmente favorevole, ben vicino alla stazione             della municipalità e, con i luoghi pii collegati, punto di
delle ferrovie nord milano e all’autostrada che collega la               riferimento del mondo cattolico, non mancando fra i suoi
città al capoluogo lombardo, è un caposaldo del territorio               amministratori alcuni illustri rappresentanti della curia.
comasco, rappresentativo del legame che unisce la città                  la prima sede dell’ospedale era in via Cadorna,
all’ospedale in un rapporto costruito in oltre cinque secoli             all’interno della Città murata, sul luogo di un precedente
di storia, con relazioni dirette sull’intera regione e sul vicino        ospedaletto, che faceva parte della chiesetta dedicata
Canton ticino.                                                           a sant’anna, unito all’ospedale di san vitale sin dal




                                                                    92
1353. Già alla fine del XiX secolo si erano manifestati i
limiti di spazio e attrezzature della struttura cittadina.
all’inizio del novecento la città contava 40.000 abitanti,
e l’incremento della popolazione, con la conseguente
domanda di nuove abitazioni, costituiva un elemento
di stimolo per l’espansione urbana e la progettazione di
nuovi edifici. in quegli anni non fu tanto l’amministrazione
pubblica del Comune a determinare la scelta della
costruzione di un nuovo ospedale, quanto piuttosto una
“modesta e pia signora”, teresa rimoldi. alla sua morte,
avvenuta nel 1924, la benefattrice lasciò una cospicua
donazione all’ospedale sant’anna, comprendente circa
cinque milioni di lire in denaro e il patrimonio fondiario
del quale era parte un ampio terreno pianeggiante ai
piedi del rilievo del baradello, tra la frazione di Camerlata
e la chiesa di san Carpoforo. nel 1925, la commissione
tecnica costituita allo scopo di studiare la riorganizzazione
dell’ospedale aveva scartato l’ipotesi di ristrutturare
la vecchia sede cittadina, valutando favorevolmente
l’area ricevuta in donazione. il presidente dell’istituto luigi
negretti affidò all’ingegnere bolognese Giulio marcovigi,
che firmava in quegli anni il nuovo ospedale di mantova,
il compito di elaborare il progetto per il nuovo ospedale,
studiando la soluzione più idonea con la consulenza
dell’ingegner luigi Castelli e del professor enrico ronzoni,
direttore dell’ospedale maggiore di milano, per gli aspetti
propriamente sanitari. Dal vecchio al nuovo ospedale, il
processo di modernizzazione passava attraverso corsie e

Dettaglio di una bifora sulla facciata del palazzo direzionale




                                                                  93
laboratori, padiglioni e camere di degenza, secondo un                  saile, entrambe milanesi. Con la nuova “cittadella” della
modello di concreta razionalizzazione e miglioramento                   medicina, basata sulla perfetta organizzazione degli spazi
delle condizioni di assistenza e cura, di igiene e salubrità,           e dotata di centinaia di ambienti e servizi d’avanguardia,
con particolare attenzione all’esposizione solare. la scelta            sono garantiti con largo anticipo quei requisiti e quelle
è quella di un complesso a padiglioni elevati su due e                  condizioni    di   prima    categoria      poi     previste   dalle
tre piani, oltre al sotterraneo, con uno spazio centrale                prescrizioni tecniche sull’edilizia ospedaliera emanate
per i servizi sanitari comuni, e un numero di posti letto per           nel 1939. il nuovo ospedale progettato da marcovigi
ciascun edificio compreso tra 30 e 100.                                 ha impianto planimetrico a raggiera, impostato su
il progetto prevedeva che ogni padiglione avesse ad ogni                un fulcro centrale attorno al quale sono distribuiti i
piano un locale ampio destinato a soggiorno e refettorio,               padiglioni che costituiscono il sistema, 12 edifici collegati
con ampie superfici vetrate comunicanti direttamente                    mediante percorsi in parte coperti da una pensilina
coi giardini al piano terra e con terrazze ai livelli superiori.        su pilastri. attestato alla via napoleona è il palazzo
il 25 marzo 1928 è avviata la costruzione con le imprese                dell’amministrazione,      caratterizzato        da   architettura
più importanti del settore, la Croci e buongiorno e la                  consona al ruolo di rappresentatività, con l’ingresso
                                                                        principale preceduto da un colonnato con terrazza
                                                                        superiore e gli uffici amministrativi, le sale di presidenza e
                                                                        di consiglio al primo piano, dove sono oggi conservati la
                                                                        notevole quadreria e arredi d’epoca. ai lati, due edifici
                                                                        bassi attrezzati in origine con i servizi di accettazione e
                                                                        pronto soccorso, ambulatori di medicina e chirurgia.
                                                                        sull’asse principale di orientamento dell’impianto, da nord
                                                                        a sud, era in origine innestata una grande fontana in forma
                                                                        di esedra, sorta di balconata attorno alla quale salivano
                                                                        in leggera pendenza i percorsi diretti ai due blocchi
                                                                        edilizi principali di chirurgia e medicina, ad u. Centrale al
                                                                        sistema la chiesa dedicata alla santa, con l’abside rivolta
                                                                        a sud e la facciata a monte, verso il rilievo del baradello.
                                                                        attestato all’edificio sacro, il sistema di collegamento


                                                                        Il monoblocco con la piastra del pronto soccorso




                                                                   94
coperto sviluppato su tre bracci, il più lungo dei quali
diretto a monte, verso il padiglione dei servizi ospedalieri.
Da questo, un percorso chiuso da vetrate portava da un
lato al sanatorio, per la prima volta inserito nel perimetro
dell’ospedale, dall’altro all’ospedaletto per i fanciulli.
isolati dal nucleo principale, sono variamente dislocati
altri edifici tra i quali la centrale termica e la lavanderia, e
di notevole rilievo architettonico, il palazzo degli infettivi,
al margine nord del complesso.
alla metà del novecento si afferma un nuovo modello di
organizzazione degli spazi ospedalieri; progressivamente
abbandonato il modello a padiglioni, è introdotto
il tipo edilizio a monoblocco a sviluppo verticale. in
quegli anni l’ufficio tecnico dell’ospedale, presieduto
dall’ingegner Giovanni todeschini, elabora una soluzione
per sopraelevare di un piano i padiglioni.
Già allora si parlava di un nuovo nosocomio per far
fronte alle necessità. nasce da quel confronto il progetto
del monoblocco, dovuto all’architetto milanese ettore
rossi, un edificio a t con facciata principale curvilinea,
elevato su nove piani fuori terra, collocato al centro del
sistema a collegamento tra i reparti e i servizi generali. la
realizzazione dell’edificio, avviato a costruzione nel 1965
dall’impresa comasca nessi e majocchi, ha non poco
alterato l’impianto di marcovigi,del quale si è persa la spina
centrale costituita dalla sequenza della fontana esedra,
della chiesa, sostituita dalla nuova cappella interna, e dei
percorsi coperti tra i padiglioni. all’inizio degli anni ottanta


La testata del padiglione Giovanni Battista Grassi




                                                                   95
si torna a pensare a un nuovo ospedale. il dibattito si è
 svolto intenso sull’opportunità di realizzare altrove una
 moderna struttura o, piuttosto, ristrutturare e ampliare
 l’esistente. il confronto sul tema ha interessato ampia
 parte della comunità, coinvolgendo parti sociali, politiche
 e gli stessi operatori sanitari di fronte alla realizzazione del
 nuovo ospedale, la cui costruzione è iniziata nel novembre
 2006 e, secondo le previsioni, dovrebbe essere conclusa
 nel 2009. la società infrastrutture lombarde presiede la
 costruzione che copre una superficie di oltre 76.000 mq
 su un’area molto vasta, compresa fra i comuni di Como,
 san Fermo della battaglia e montano lucino. il nuovo
 complesso è impostato su due corpi di fabbrica allungati
 e quattro edifici disposti a raggiera attestati al corpo lungo
 mediano, a pianta leggermente curvilinea. sviluppato su
 cinque piani, due dei quali interrati, sarà dotato di quasi
 600 posti letto, 22 sale chirurgiche, negozi, servizi di bar e
 ristorazione e spazi per la cultura e socializzazione. nelle
 previsioni il nuovo ospedale della città lariana avrà requisiti
 di elevato livello, con una spiccata caratterizzazione
 di tipo alberghiero. l’importanza del sito è testimoniata
 anche dai reperti archeologici portati alla luce nel corso
 degli scavi sull’area, tra cui una necropoli di età romana,
 con una ventina di tombe, e una struttura preistorica ad
 impianto circolare del diametro di circa 70 metri, risalente
 all’età del Ferro (iX sec. a. C.), o forse al neolitico.




 La Cappella dedicata a Sant’Anna all’interno dell’edificio
 monoblocco




96
Vista generale del complesso ospedaliero al piede del rilievo del Baradello




                                                                              97
SCheda                 4
Gli Istituti Ospitalieri di Cremona                              di Daniele Garnerone                          Veduta dell’ospedale dal parco



Cremona, città che ha ereditato un monumentale               ve funzioni. attorno al centro abitato e al territorio del
nucleo storico costituito in età comunale, è anche un        contado si è dunque costruita la plurisecolare storia
centro di primaria importanza per l’attività agricola        dell’istituto ospitaliero, una vicenda lunga oltre cin-
del suo territorio. lo è stato tanto più in passato quan-    quecento anni.
do la struttura del contado era improntata da forti          la sua fondazione risale al 1450, quando il consiglio
caratterizzazioni di forma e qualità.                        generale della città ne ordinò l’erezione, auspicata
alle porte della città moderna, in direzione sud-est,        da nobili, mercanti e dalle gerarchie ecclesiastiche.
percorrendo la strada provinciale 87 (la via Giuseppi-       la realizzazione trovò sostegno nelle autorità del Du-
na a memoria del governo austriaco), il tessuto rurale       cato di milano, dal duca Francesco sforza alla con-
ripropone solo in parte le forme storiche del paesag-        sorte bianca maria visconti, che assicurarono al nuo-
gio agrario.                                                 vo istituto la necessaria protezione, esentandolo da
in questo settore è localizzato l’ospedale maggiore,         ogni tributo e obbligazione. in tal modo si sarebbero
moderno complesso realizzato alla fine degli anni            riuniti sotto una sola giurisdizione tutti i luoghi deputati
sessanta, attestato su viale della Concordia, oggi a         al sostentamento e al ricovero dei bisognosi, luoghi
capo dell’azienda ospedaliera istituti ospitalieri di        pii, confraternite e ospitali minori sparsi sul territorio.
Cremona; di questa fa parte anche l’ospedale di              Con la bolla pontificia del 6 maggio 1451, papa ni-
oglio po, recentemente ampliato e attrezzato di nuo-         colò v riconobbe ai cittadini cremonesi l’erezione




                                                            98
del nuovo ospedale, ai bordi della città storica, verso          secondo solo all’ospedale maggiore di milano per
nord, acconsentendo all’accorpamento in perpetuo                 dimensioni e importanza, poteva così disporre di
del vasto patrimonio che faceva capo ai vecchi rico-             estesissime possessioni terriere, corrispondenti quasi al
veri gestiti dalla chiesa nel nuovo istituto, intitolato alla    territorio dell’attuale provincia, con talune proprietà
beata vergine maria della pietà.                                 estese anche al basso milanese.
accanto ai numerosi siti aggregati figuravano i pos-             per secoli il ricco patrimonio fondiario dell’ospedale è
sedimenti terrieri incorporati fra i beni del nuovo              stato gestito in regime di affittanza, prevalentemente
ente. Fra le maggiori dotazioni, vi era quella derivata          a conduzione diretta stante la dimensione media dei
dall’ospedale di santo spirito, detentore dei poderi             fondi. la progressiva alienazione delle terre, sostanzial-
di spinadesco, borgo rurale a ovest della città, estesi          mente votata a finanziare la gestione dell’ospedale,
su oltre 400 ettari.                                             quando non a risanarne i bilanci, ha eroso dramma-
si trattava già per quel tempo di fertile campagna sul-          ticamente il complesso dei beni posseduti, giunto ad
la quale le incessanti attività di bonifica e irrigazione,       annoverare, con le aggregazioni e le donazioni, 80 di-
con lo scavo dei navigli cremonesi e milanesi, del Ca-           more nella città e 8.500 ettari di campagna e ridotto
nale della muzza e della fittissima rete di rogge e fossi,       agli inizi del novecento a circa 3.150 ettari.
avrebbero poi condotto a elevata produttività le terre,          in quegli anni le condizioni igieniche e la dotazione di
con l’affermazione dell’azienda capitalista che face-            spazi rispetto alle esigenze risultavano alquanto pre-
va capo alla cascina della bassa pianura irrigua.                carie. prese avvio in quel periodo l’intenso dibattito
alla prima costituzione quattrocentesca del patrimo-             tra gli esponenti di governo locali circa la necessità
nio del nuovo istituto fece poi seguito l’aggregazione           di erigere un nuovo ospedale, dotato dei requisiti ne-
dell’ospedale di san lazzaro, nel 1594. nella seconda            cessari a soddisfare le necessità di una moderna città
metà del settecento, in occasione della soppressio-              e nel quale concentrare i servizi ospedalieri sparsi in
ne degli ordini monastici, furono aggregati anche i              numerosi piccoli centri di assistenza e cura del ca-
Conventi di san Francesco e di san luca (1777) e del             poluogo. nel confronto, che durò trent’anni, si profi-
Convento di san pietro po (1782), quest’ultimo con la            lò anche la possibilità di riunire sotto la giurisdizione
consistente dote di oltre 700 ettari di campagna, oltre          dell’ospedale maggiore anche il secondo nosoco-
a un elevato numero di livelli, capitali e fitti d’acque.        mio esistente in città, l’ospedale ugolani Dati, fonda-
al volgere dell’ottocento l’ospedale di Cremona,                 to nel 1603 e insediato nel cinquecentesco palazzo




                                                                99
affaitati. la riunificazione tardò molti anni prima di
concretizzarsi e, nel frattempo, nel 1910, fu reso pub-
blico il progetto del cremonese Jotta per un nuovo
ospedale, sviluppato con soluzioni architettoniche e
tecnologiche derivate dalla visita ai migliori ospedali
europei del tempo.
nel 1935, col raggruppamento in un’unica ammini-
strazione degli ospedali maggiore e ugolani Dati, e di
altre minori strutture cittadine, fu costituito l’ente degli
istituti ospitalieri.
alla metà del secolo alla vecchia sede di piazza
dell’ospedale, oggi piazza Giovanni XXiii, si erano ag-
giunti in fasi successive altri corpi e fabbricati; pur se
organizzato in sedi diverse, con le conseguenti dise-
conomie di esercizio, gli istituti ospitalieri di Cremona
raggiungevano il livello di prima Categoria, garanten-
do il massimo dell’assistenza con tutte le prestazioni
specialistiche e una capienza complessiva di quasi
1500 posti letto.
solo nella seconda metà del novecento si concre-
tizzò la costruzione dell’odierno ospedale, inaugurato
nel 1972. il nosocomio è inserito in un’area pressoché
quadrangolare, in buona parte sistemata a parco e
giardino alberato, entro la quale una trama di percor-
si e di viabilità conduce all’imponente nucleo cen-
trale, cosiddetto monoblocco, e da questo si allunga
alla serie di edifici bassi distribuiti a corona, da ovest           Il blocco
                                                                     dell’ospedale,
a est. il progetto è dovuto ad arturo braga, capo in-                dal parco




                                                                 0
                                                               10
gegnere dell’ospedale maggiore di milano, che ha                       tori, dagli spazi di distribuzione e dai servizi ospedalieri.
lavorato in collaborazione con lo specialista igienista                sul fronte opposto all’ingresso principale si trova an-
professor enrico ronzani (entrambi impegnati anche                     che la chiesa, elevata a sede parrocchiale, dedicata
nella progettazione dell’ospedale di Crema).                           alla beata vergine maria della pietà. pressoché uni-
alla realizzazione dell’opera, iniziata nel 1965 e porta-              co nel complesso, presenta prospetti rivestiti in lastre
ta a completamento nel 1970 dalla senese impresa                       lapidee, alle quali si aggiunge un’ampia soluzione in
di costruzioni pa-bar, hanno contribuito gli ingegneri                 mattone sulla facciata principale.
romano sora e evandro sacchi.                                          i fabbricati distribuiti all’intorno, limitati a due e tre
Fulcro del sistema è il palazzo elevato su nove piani                  piani, assolvono alle diverse funzioni di supporto; fra
fuori terra, con pianta ad H, o doppia t, modello rico-                questi, la palazzina direzionale, attestata su viale del-
noscibile anche nell’ospedale san paolo alla barona                    la Concordia, il vicino polo universitario e al margine
di milano (Carlo Casati, 1964-1984).                                   opposto, l’edificio adibito alla cura delle malattie
il nucleo centrale è delimitato da due corpi lunghi e                  infettive e la palazzina dei servizi tecnici. la chiara
curvilinei dove sono organizzati gli ambienti di degen-                immagine architettonica che li accomuna è caratte-
za e gli studi medici; di superficie pressoché identica,               rizzata dalle regolari aperture secondo un disegno a
sono opportunamente distanziati per esser raccorda-                    griglia e dalla prevalente finitura in mattonelle di gres
ti al centro dagli spazi di pronto soccorso, dai labora-               ceramico di colore azzurro. in fase di completamento,

Dettagli della facciata della palazzina direzionale e del monoblocco




                                                                       1
                                                                10
la nuova piastra operatoria introduce interessanti ele-
menti di discontinuità architettonica, su progetto di
alberto stasi, ingegnere a capo del servizio tecnico
patrimoniale dell’ospedale.
Grande attenzione è posta anche agli spazi del par-
co, con alberature rigogliose tipiche della pianura irri-
gua: aceri, acacie, tigli, ippocastani, pioppi e platani
oltre a conifere, distribuite prevalentemente nel set-
tore a sud-est, secondo un disegno a macchia che
genera scorci continui e visuali sugli edifici, delimita e
asseconda i percorsi di distribuzione, anche attraver-
so contenute ondulazioni del suolo.
Col tempo, l’istituto ospitaliero è divenuto un com-
plesso centro di ricerca scientifica che ha saputo far
tesoro della incessante attività di tanti illustri medici,
protagonisti della vita civile e della cultura del capo-
luogo, primi fra tutti Gaspare aselli (1581-1625), me-
dico chirurgo e anatomista, docente all’università di
pavia, e Francesco robolotti, medico, storico e patrio-
ta mazziniano.
l’alto valore storico ed artistico del patrimonio pro-
dotto e accumulato nei secoli è ben rappresentata
della notevole documentazione conservata all’ar-
chivio di stato di Cremona, e dalla collezione d’arte.




Ingresso della palazzina direzionale




                                                               2
                                                             10
Corsia del reparto ostetricia
SCheda                 5
L’Ospedale A. Manzoni di Lecco                              di Daniele Garnerone                        L’edificio ospedaliero, collegato al polo
                                                                                                                      amministrativo-didattico


lecco, e “Quel ramo del lago di Como che volge a                dell’istituto. il primo momento relativo alla costituzio-
mezzogiorno...”, sono centrali nella storia della lette-        ne di un luogo per il soccorso dei bisognosi, il ricovero
ratura e del risorgimento d’italia. ad alessandro man-          e la cura dei malati a lecco ha origini religiose. risale
zoni è intitolato il nuovo ospedale alle porte della            al 1741, quando il sacerdote della città manzoniana
città, a est del nucleo antico, nella residua zona pia-         Don Giovanni battista pagani, parroco del borgo di
neggiante ai piedi dei rilievi montuosi che si innalzano        acquate, dispose nel testamento che gran parte del-
verso le frazioni Germanedo e acquate, in posizione             le proprie risorse patrimoniali fossero impegnate nella
particolarmente favorevole rispetto al sistema di via-          fondazione di un ospedale.
bilità che collega la città con i capoluoghi delle vici-        alla morte dell’illustre reverendo, avvenuta nel 1768, il
ne province.                                                    testamento venne aperto fra le rimostranze degli ere-
si tratta di una struttura modello – a guida dell’omo-          di. D’altro canto, la stessa amministrazione austriaca,
nima azienda ospedaliera costituita nel 1995 e com-             contraria con la propria politica alla concentrazione
prendente il presidio di merate, dov’è attivo l’ospe-           dei patrimoni di provenienza ecclesiastica, pose il veto
dale san leopoldo mandic, e l’ospedale umberto i                all’operazione limitando a un quinto dell’ammontare
di bellano – caratterizzata da elevati contenuti tec-           il lascito a favore dell’ente in via di costituzione.
nologici e improntata a una immagine di grande mo-              tale provvedimento impedì di fatto la realizzazione
dernità che rende onore agli oltre 250 anni di storia           del nuovo istituto e, con il capitale a disposizione, fu




                                                             4
                                                           10
Collegamento
verticale al piano 2°


                        costituito un servizio sanitario attivo sul territorio lec-        a compimento nel 1840. Di fronte alla mancanza di
                        chese, garantendo altresì un sussidio mensile agli indi-           residue risorse per affrontare le spese di gestione, la
                        genti, agli infermi e alle puerpere.                               chiesa sollecitò l’intervento dei fedeli per consentire
                        Fu per iniziativa privata e per il tramite di benefatto-           l’entrata in funzione del nuovo ospedale. Fra i promo-
                        ri che l’ospedale potè alfine costituirsi. tra il 1830 e il        tori dell’iniziativa anche il sacerdote vittorio Cremo-
                        1835, il ricco commerciante lecchese antonio muzzo                 na, primo amministratore dell’ente, che nel 1843 pre-
                        elargì la somma di 40.000 lire milanesi allo scopo di              stò giuramento per ricoprire la carica. nell’agosto di
                        erigere un ospedale “di ampiezza sufficiente a col-                quell’anno l’attività ospedaliera prese avvio dando
                        locarvi i poveri di un comune che conta oltre 4.000                ospitalità ai primi pazienti.
                        abitanti”.                                                         Già verso la fine del secolo si erano manifestate le
                        il proposito fu raccolto anche da pompeo redaelli                  ristrettezze e le limitazioni della struttura, di fronte alle
                        che mise generosamente a disposizione il terreno su                quali gli operatori più illustri della città promossero la
                        cui erigere la costruzione, corrispondente all’attuale             costruzione di un nuovo edificio.
                        sede del municipio, e dall’architetto Giuseppe bova-               Gli ingegneri mella e ongania, incaricati dall’ammi-
                        ra che prestò gratuitamente la propria opera per re-               nistrazione di elaborare il progetto, proposero una
                        digere il progetto dell’edificio.                                  soluzione mirata a ottenere il massimo di modernità,
                        l’opera ebbe inizio e, non senza difficoltà, fu portata            “escludendo il tipo (dei) vecchi ospedali caserme”;




                                                                                        5
                                                                                      10
l’area individuata, affacciata alla via Ghislanzoni, tra          le prime iniziative concrete per il nuovo complesso
il lago e la ferrovia, avrebbe consentito ampliamen-              ospedaliero. alla fine degli anni ottanta è approva-
ti futuri. i lavori avviati sono portati a compimento             to il progetto preliminare e, con gara d’appalto, nei
nell’arco di diciotto mesi. nel 1900, trasferiti i degenti        primi anni novanta sono aggiudicati i lavori di costru-
nel nuovo nosocomio dotato di 80 posti letto, il vec-             zione, condotti da un consorzio di imprese costituito
chio fabbricato è venduto al Comune per la somma                  attorno alla impregilo.
di 100.000 lire. le vicende storiche e politiche dei pri-         il progetto, elaborato dall’architetto aurelio Gorgeri-
mi decenni del secolo vedono affermarsi il ruolo degli            no, con la consulenza architettonica di marco zanu-
ospedali minori distribuiti sul territorio; per l’ospedale        so e di bohdan paczowski, è portato a compimento
di Circolo di lecco è disposta la funzione a servizio di          nell’arco di un decennio, con solenne inaugurazione
61 comuni della provincia di Como. attorno agli anni              il 5 febbraio 2000.
trenta, con i contributi erogati anche della Cassa di             principi ordinatori sono l’immagine architettonica, net-
risparmio, sono messi a cantiere i lavori di ampliamen-           ta e definita, e il rapporto con il contesto. ne deriva un
to dell’edificio, realizzati su progetto dell’architetto e        giusto inserimento nel paesaggio, sia rispetto ai valori
ingegnere mario ruggeri.                                          naturali, primariamente determinati dai rilievi che domi-
alla metà del novecento si creano i presupposti                   nano il territorio lecchese, sia rispetto agli elementi dello
per quello che diverrà, molto più tardi nel tempo, il             spazio urbano, qui caratterizzato dai consueti tipi edilizi
nuovo e attuale ospedale. è del 1954 la disponibilità             non definiti unitariamente della periferia.
dell’area circostante villa eremo su iniziativa del sin-          l’organizzazione planimetrica del complesso, un si-
daco ugo bartesaghi. l’antica dimora, edificata alla              stema costituito da tre corpi principali – l’edificio
fine del seicento dai marchesi serponti, viene ven-               ospedaliero, il palazzo direzionale e amministrativo, il
duta al Comune che, all’indomani dell’acquisizione,               blocco degli impianti tecnologici e dei servizi – col-
destina la grande proprietà terriera adiacente alla               legati da percorsi e strutturato da spazi verdi a prato
costruzione di un nuovo ospedale. è ancora lo stesso              e alberature a filare ne fanno un modello particolar-
ruggeri a studiare una soluzione sull’area, ma il pro-            mente riuscito. all’albero, del resto, è fatto esplicito
getto non ha seguito.                                             riferimento nella definizione dell’impianto nel quale
Frattanto, ai successivi ampliamenti e adeguamenti                l’edificio che ospita i servizi e le attrezzature tecnolo-
funzionali dell’ospedale cittadino si accompagnano                giche corrisponde alle radici, la palazzina direzionale




                                                               6
                                                             10
assolve alla funzione del tronco e l’ospedale vero e
proprio rappresenta la chioma.
un modello che alla natura fa esplicito riferimento,
dunque, e con le sue componenti di forma, materia,
colore e luce l’architettura si confronta, generando
paralleli particolarmente efficaci: cosicché le scabre
rocce che si ergono monumentali a corona della
città si ritrovano nei materiali, nel cromatismo, nell’al-
ternarsi di vuoti e pieni, nel contrapporsi di luci e om-
bre generate dai volumi dell’ospedale, nettamente
emergenti dai prati circostanti, anche in pronuncia-
to declivio. se la componente naturale ha ispirato
il progetto, è alla vita umana che è riconosciuta la
centralità delle funzioni e degli spazi dell’ambiente
ospedaliero. nel palazzo delle degenze, le camere
sono a uno o due letti, con ampie superfici vetrate
che consentono di allargare la vista sul paesaggio
del lago e dei monti lecchesi. non di meno gli aspetti
tecnologici e costruttivi restituiscono l’immagine della
modernità e dell’efficienza. accanto alla netta distin-
zione dei volumi edificati per specificità di funzione, vi
è una pressoché perfetta organizzazione delle attivi-
tà propriamente ospedaliere, con la netta divisione
dei percorsi, l’automazione mediante carrelli robot
dei trasporti in galleria – lungo l’asse di collegamen-
to dei tre edifici – dei materiali sanitari e dei servizi
di cucina, una spiccata attenzione all’umanizzazione
degli ambienti con particolare dotazione di requisiti

L’edificio ospedaliero e la palazzina del polo amministrativo-
didattico




                                                                   7
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accessori e complementari. le imponenti dimensio-
     ni del complesso, oltre 500.000 mc di volume e circa
     140.000 mq di superficie coperta, sono peraltro miti-
     gate dall’altezza massima di quattro piani fuori terra
     dell’ospedale vero e proprio. il volume dell’edificio, a
     pianta rettangolare, risulta peraltro notevolmente “al-
     leggerito” da sei corti originate dalla doppia crociera
     interna – impianto che rievoca la milanese Ca’ Gran-
     da – e dall’apertura centrale, attestata lungo l’asse
     longitudinale, dove lo spazio di accesso pubblico di-
     venta una piazza, raccogliendone gli elementi costi-
     tutivi di forma e funzione. su di essa si apre l’ingresso al
     palazzo delle degenze, con un vasto salone di acco-
     glimento e attesa sul quale affacciano le vetrine dei
     negozi a perimetro. i collegamenti verticali, mediante
     ascensori e scale mobili, consentono di raggiungere
     anche i due piani sotterranei a livello dei quali sono
     distribuiti l’ampia autorimessa per 1.250 posti, il polo
     didattico con aule di studio e un’aula magna per riu-
     nioni e conferenze, dov’è esposta la quadreria con i
     ritratti delle illustri personalità legate alla storia dell’isti-
     tuto, l’archivio generale, laboratori e sale operatorie.




     La piazzetta all’ingresso dell’ospedale con il collegamento coperto




  8
10
L’edificio ospedaliero, dalla scalinata di accesso
SCheda                    6
L’Ospedale Maggiore di Lodi                                             di Adele Simioli                       Ospedale vecchio di Lodi, fronte principale




l’ospedale maggiore di lodi, che occupa l’intero iso-                   che dichiarano l’indubbia rilevanza del complesso
lato compreso tra piazza ospitale e le vie bassi, Go-                   dal punto di vista storico-artistico, in merito allo svi-
rini, pallavicino e serravalle, è attualmente adibito a                 luppo urbanistico-architettonico della città di lodi e
sede asl e indicato anche come ospedale vecchio                         come specchio del mutare delle concezioni ospe-
per distinguerlo da quello nuovo costruito negli anni                   daliere dal medioevo ai nostri giorni. l’aspetto attua-
sessanta nella non lontana area adiacente viale sa-                     le del vecchio ospedale è il risultato di una serie di
voia. nel nuovo ospedale è stata concentrata l’attivi-                  ampliamenti e edificazioni succedutesi intorno a un
tà sanitaria organizzata in reparti e laboratori, mentre                primitivo edificio a crociera quattrocentesco, in un
nella sede storica trovano posto uffici amministrativi e                continuo sforzo di adeguamento funzionale. l’ente
attività ambulatoriali.                                                 nacque nel 1457 come aggregazione di diciassette
la calda facciata gialla dell’ospedale vecchio, di                      diversi antichi nosocomi esistenti nella diocesi di lodi
marcata orizzontalità, insieme alla mole duecente-                      grazie alla committenza di Carlo pallavicino, vescovo
sca della chiesa di s. Francesco racchiude e ripara                     della città dal 1456 al 1497. tra gli istituti preesistenti
l’accogliente piazza ospedale; penetrando all’inter-                    quello di maggior rilevanza era la casa di carità in-
no dell’edificio ci si imbatte in spazi interni ed esterni              titolata al santo spirito, fin dagli inizi del Xiii secolo1



1 La lapide oggi posta sull’entrata della chiesa dell’ospedale, proveniente da una delle demolite chiese dell’area e datata 1246,
testimonia l’esistenza dell’ospedale già in quella data. L’iscrizione in volgare (santo e salutevole pensiero è l’orare per gli defunti - 2
mag 1246), che risale a venti anni prima della nascita di Dante, ha inoltre un elevato valore archeografico.




                                                                      0
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dedicata al soccorso dei bisognosi. Gli storici lodigiani              re. la soluzione a crociera rappresentava una solu-
rilevano che il luogo fu trasformato dal frate fondato-                zione artisticamente soddisfacente per la regolarità
re Facio in vero e proprio ospizio gestito da un ordine                della pianta e un grande avanzamento della tecnica
d’infermieri obbedienti alla regola di s. agostino e                   ospedaliera: dalla sala centrale era infatti possibile
costituito da un’infermeria e da una chiesa con sa-                    vedere tutti gli ammalati i cui letti erano disposti lun-
crestia. l’ospedale vecchio è sorto sullo stesso luogo                 go le pareti perimetrali delle quattro corsie, allo stesso
del primitivo istituto di carità ereditandone il ruolo, il             modo l’altare era nel campo visivo di tutti i degenti.
primo personale e lo stemma, in cui è rappresenta-                     la fabbrica è stata interessata da continui amplia-
ta una colomba che reca un ramoscello d’ulivo nel                      menti dal Xvi alla fine del Xviii secolo fino a giunge-
becco. l’istituto fu eretto a partire dal 1459 secondo                 re all’impianto il cui scheletro è visibile ancora oggi
un impianto a crociera apertamente ispirato alla fila-                 nonostante le superfettazioni. tra i vari progetti di
retiana Ca’ Granda di milano (la cui costruzione era                   ampliamento rinvenuti in archivio, un disegno data-
stata avviata nel 1456) tanto da suggerire in passato                  to 1537 ed oggi disperso, è stato attribuito al celebre
l’ipotesi di un intervento diretto di Filarete stesso nel              architetto pellegrino tibaldi. il progetto non realizzato
progetto . la paternità dell’opera, tradizionalmente
         2
                                                                       immediatamente per difficoltà economiche, potreb-
attribuita a Giovanni battista da Comazzo e beltramo                   be rappresentare la base degli interventi successivi
da pandino, non può essere stabilita con certezza: il                  dilazionati nel tempo. la figura che ne è derivata è
ruolo dei due architetti è stato infatti ridimensionato                una doppia croce costituita da due lunghe infermerie
di recente da serena pesenti a favore di antonio da                    parallele attraversate da un braccio più corto (69 m)
zurlengo mentre raffaela Gorini propende per il bre-
         3
                                                                       esteso tra via bassi e via pallavicino. la doppia croce
sciano tonino da lumezzane . l’impianto originario a
                                  4
                                                                       permetteva di separare le corsie femminili da quelle
croce semplice è oggi solo immaginabile: esso era                      maschili e in un secondo momento i malati cronici o
costituito da due corsie di uguale lunghezza che si                    incurabili da quelli convalescenti dando inizio ad un
incrociavano in un vasta sala dove era posto l’alta-                   certo grado di separazione degli ammalati, che rima-




2 Agnelli G., Ospedale di Lodi – Monografia storica, Il Pomerio, Lodi 1964, p. 47.
3 Pesenti S., L’Ospedale Maggiore di Lodi, in Franchini L. (a cura di), Ospedali lombardi del 400. Fondazioni, trasformazioni, re-
stauri, Newpress, Como, 1995, pp. 179-200.
4 Gorini R., L’ospedale di Santo Spirito della Carità a Lodi: storia della fabbrica in «Artes - periodico annuale di storia delle arti»,
vol. IV, Università di Pavia, Pavia 1996, pp. 44-53.




                                                                      1
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nevano comunque non distinti per patologia. Quan-
do la richiesta di posti letto superava le capacità
dell’ospedale, essi venivano aumentati aggiungendo
campate ai bracci della crociera, motivo dell’irrego-
larità della figura le cui estremità si allungano fino ai
limiti del lotto. le altissime infermerie erano illuminate
da grandi finestre e attraversate da piccoli ballatoi
con ringhiera (ancora visibili e ben conservati) che
correvano in alto lungo i muri perimetrali e da cui era
possibile sorvegliare i degenti. lo spazio interno della
crociera viene utilizzato ancora oggi: in anni recenti
esso è stato suddiviso in altezza tramite l’edificazio-
ne di un solaio intermedio, così da ottenere ambienti
più piccoli da adibire ad uffici. Dalle testate terminali
della crociera, specie dall’ingresso dell’ospedale, è
ancora possibile percepire la volumetria originaria.
negli spazi adiacenti la crociera erano inseriti servizi
e luoghi di riunione e riposo per gli ammalati: rimane
memoria di sedici cortili, di cui il più bello e armonioso
è il piccolo chiostro quattrocentesco della farmacia.
si tratta di un cortile quadrato, con piccolo pozzo al
centro, circondato da un portico a due ordini. al li-
vello inferiore si succedono 16 archi a tutto sesto, 4
per lato, sostenuti da colonne con capitelli a foglie
lobate; a ogni arco ne corrispondono due più piccoli
nel secondo ordine, soluzione adottata di frequente
nella tradizione architettonica lombarda. Gli archivolti
del portico terreno sono arricchiti da fregi variamente

Chiostro della farmacia, particolare decorativo




                                                               2
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  • 1. Il patrimonio edilizio degli Ospedali di Lombardia dal secolo XV ad oggi di Maria Antonietta Crippa il volume che ora si presenta vuol essere un contribu- dell’architettura ospedaliera, italiana e lombarda in to alla riflessione sull’ospedale tra passato e futuro in primo luogo ma con echi rilevanti in tutto l’occiden- lombardia, regione il cui territorio è stato sottoposto te, sia stata profondamente segnata dall’eccezionale lungo tutto il XX secolo a un consumo spesso scriteria- esperienza della Ca’ Granda, l’ospedale maggiore di to, dove ormai ogni nuovo intervento edilizio non può milano di matrice filaretiana. l’edificio, che ha assunto che essere concepito come “costruito nel costruito”, nel XX secolo destinazione funzionale radicalmente di- come modifica ambientale in cui le preesistenze han- versa dall’originaria ma non a essa indifferente, merita- no grande importanza, non solo in ragione di intrinseca va l’esemplare percorso di conservazione, modifica e ed eccezionale qualità, ma anche in quanto stratifica- nuovo progetto che lo ha investito, in cui di volta in vol- zione insediativa complessa. per risultare efficace, il pri- ta le motivazioni della scelta di campo sono state rese mato all’architettura nella progettazione ospedaliera esplicite e condivise dalle istituzioni preposte a guidare non può prescindere, infatti, da riflessioni a tutto cam- il processo. un percorso analogo – articolato tra con- po sullo stato di fatto del territorio lombardo, dalle quali servazione, modifica e innovazione – dovrebbe essere soltanto può discendere una correlazione corretta tra attivato anche nelle valutazioni del più ampio e artico- nuovo modello o nuovi modelli di ospedali rispondenti lato patrimonio ospedaliero oggi a disposizione in tutto a esigenze sanitarie attuali e loro adattamento alle si- il territorio lombardo. “oggi – ha scritto recentemente tuazioni di contesto.Già si è segnalato quanto la storia Cesare Catananti – con le aziende ospedaliere dota- 71
  • 2. te di propria autonomia giuridica, organizzativa e finan- della sua consistenza, qualità, ricchezza di compo- ziaria, l’ospedale riacquista gli spazi di potere perduto nenti. non solo nel Quattrocento, ma anche in diversi e ancora una volta risale sul trono dell’assistenza. ma momenti successivi della loro storia, infatti, gli ospedali è un trono fragile; se non si rafforza il territorio entro cui italiani e lombardi hanno vissuto stagioni di carità ed deve governare e se si pensa solo al “palazzo” del re, efficienza gestionale, testimoniate concretamente questo potrà essere immaginato, progettato, realizza- in documenti e patrimoni edilizi e artistici a nostra di- to e abbellito dai migliori professionisti e artisti, ma sarà sposizione, tuttavia ancora troppo poco noti, troppo un altro imperdonabile errore. è la rete assistenziale nel poco tutelati e valorizzati. per le ragioni sinteticamente suo complesso che va pensata, una rete fatta di ospe- esposte, la schedatura di ospedali lombardi proposta dali e di strutture territoriali: una rete che tenga con- in questo libro risponde a una logica di sintetica ma to delle caratteristiche geomorfologiche del territorio, puntuale ricognizione della loro lunga storia, a partire delle sue peculiari esigenze demografiche e sanitarie, dall’edificazione degli ospedali maggiori tra Xv e Xvi della sua storia sociale, delle sue particolari tradizioni, secolo fino alla situazione attuale. si è tenuto conto delle sue variabili umane” . lo specialista delle struttu- 1 anche della distribuzione geografica di tali organismi re ospedaliere si incontra dunque, si coglie dalle sue edilizi sul territorio regionale nella sua attuale delimita- parole, con le esigenze di chi, nel campo del progetto zione e nella articolazione per capoluoghi. si sono inol- paesaggistico, urbano e architettonico, si misura con tre presi in esame gli ospedali tuttora attivi, lasciando la tensione tra conservazione e innovazione, dramma- ai saggi più articolati sul piano storiografico dei diversi ticamente avvertita in italia là dove il patrimonio edi- studiosi, l’eventuale trattazione dei complessi ospeda- lizio, artistico e di cultura nelle più diverse forme, non è lieri che hanno ormai del tutto perso la destinazione concepito come fenomeno astratto, valido in se stesso originaria. Gli ospedali esaminati possono essere suddi- a prescindere dalla sua incidenza storica particolare, visi in due grandi gruppi. il primo è quello dei complessi unica e irripetibile sempre, ma come effettiva tradizio- che hanno avuto il loro avvio a partire dal tipo a cro- ne di concreti gruppi umani. il tema ha grande rilievo in ciera di matrice quattrocentesca2. essi sono: rapporto al destino del patrimonio edilizio ospedaliero - l’Ospedale Maggiore di Lodi (posa della prima pietra attualmente a disposizione, all’attenta considerazione nel 1459); venne ampliato nel corso del novecento, 1 C. Catananti, Esiste un modello ideale?, “Salute e territorio”, n. 131, 2002. 2 Per una più completa ricognizione sul tema degli ospedali a crociera si veda: L. Franchini (a cura di), Ospedali lombardi del Quat- trocento. Fondazione, trasformazioni, restauri, New Press, Como 1995. Interessante, per i problemi di ristrutturazione degli antichi ospedali in Italia: Nelli-E. Vanzan Marchini, La ristrutturazione degli antichi Istituti, “Salute e territorio”, n. 147 2004. 72
  • 3. dapprima con un complesso di padiglioni specializzati attraverso un complicato percorso gestionale negli e negli anni sessanta con un monoblocco verticale; anni Cinquanta e sessanta del novecento. ampliato - l’Hospitale Grande di San Marco a Bergamo (posa a più riprese tra settecento e ottocento, fu sottoposto della prima pietra nel 1474), esterno nel Quattrocen- a tutela per settori a partire dal 1910 e trasformato in to al dominio sforzesco, ma sotto l’influsso cultura- caserma nel 1933. in area periferica rispetto al centro, le milanese anche per il probabile coinvolgimento a nord della città, è stato realizzato il nuovo ospedale dell’architetto antonio averulino detto Filerete nella nel XX secolo, su progetto degli ingegneri a. Gardella, sua progettazione. nel 1927 l’ing. Giulio marcovigi rice- l. martini, G. mariani e l. sala, con edifici satellitari: l’isti- vette l’incarico di progettare in area diversa il nuovo tuto Carlo Forlanini, su progetto di a. bellani, e l’istituto ospedale, inaugurato nel 1930. il complesso si presen- Casimiro mondino dell’ing. a. savoldi. nuovi progetti ta come un poliblocco composto da padiglioni orto- sono stati realizzati tra 2003 e 2007. interessante la siste- gonali attestati su corte attrezzata rettangolare, con mazione a parco del contesto circostante; padiglioni minori isolati. l’ingresso venne concepito in - l’Ospedale Maggiore di Brescia di fondazione quattro- monumentale linguaggio neoclassico. attualmente è centesca è attualmente anch’esso università. tra 1927 in corso la realizzazione di un nuovo ospedale, per il e 1934 l’ing. angelo bordone, specialista di vaglia in ar- quale è prevista la costruzione di una chiesa che svol- chitettura ospedaliera, progettò e realizzò un innovati- gerà funzioni anche di parrocchia; vo complesso ospedaliero, con interessante impianto - il quattrocentesco Ospedale Maggiore di Pavia, sot- di padiglioni raccolti attorno a una corte. modificato to il titolo di San Matteo, è divenuto sede di università e ampliato continuamente fino al 2000, il complesso Ospedali Riuniti di Bergamo - Padiglione Policlinico San Matteo di Pavia - Facciata 73
  • 4. costituisce oggi una grande “cittadella della sanità” di ettore rossi progettò un monoblocco a torre di nove notevole interesse sia come centro di assistenza e di piani fuori terra, con planimetria a t; è attualmente in ricerca medica che di architettura. notevole la chiesa corso la costruzione di un nuovo ospedale; dedicata a san luca, aperta al culto nel 1954, per la - l’Ospedale Maggiore di Cremona (fondato nel 1451) tessitura architettonica in mattoni e pietra, caratteristi- venne presto dotato di patrimonio fondiario molto im- ca anche di molti edifici ospedalieri, per le pale d’alta- portante. Dal 1972 in area diversa esiste in Cremona re, i mosaici e le sculture che la ornano; un ospedale monoblocco con edifici bassi aggregati, - l’Ospedale di S. Anna a Como (fondato nel 1468) è progettato dall’ing. arturo braga, con enrico ronzani, stato completamente dismesso; conservato solo in nel 1965. Ha planimetria ad H, sviluppo in altezza per parte, è stato sottoposto a un restauro tipologico nel nove piani fuori terra. è immerso in un parco di grande 1978 sotto la direzione dell’arch. luigia martinelli dell’uf- interesse. la chiesa è anche sede parrocchiale. attual- ficio tecnico del Comune di Como. l’ing. luigi marco- mente è in costruzione una nuova piastra operatoria; vigi, con enrico ronzani e luigi Castelli, è autore di un - l’Ospedale Grande di San Leonardo in Mantova progetto in forma di cittadella di padiglioni ospedalieri (fondato nel 1449), divenuto ergastolo e poi casa di disposti a raggiera in una nuova area; un edificio am- reclusione a fine ottocento, è attualmente sede di uf- ministrativo di nobili forme è stato disposto lungo la via fici della polstrada e di abitazioni di famiglie di militari napoleona, che porta al centro città. nel 1965 l’arch. dell’arma dei Carabinieri. un nuovo ospedale venne Spedali Civili di Brescia. Corpo di ingresso, particolare del Ospedale vecchio di Lodi - Facciata paramento 74
  • 5. realizzato, in un edificio che era stato convento, nel da questi dipendenti, come le denominazioni attua- 1811, presto divenuto insufficiente. tra 1919 e 1925 ven- li spesso segnalano, esclusi per ragione di spazio da ne realizzata una nuova struttura, composta da dodici questo volume. Debbono essere, infine, almeno ricor- padiglioni, su progetto dell’ing. Giulio marcovigi, am- dati alcuni ospedali quattrocenteschi siti in aree non pliato e ammodernato negli anni sessanta e nel 1994. più appartenenti attualmente al territorio della lom- sono stati esclusi dalla schedatura: bardia: l’Ospedale Grande della Beata Vergine della - l’Ospedale Maggiore di Milano o Ca’ Granda, di cui Misericordia o Pammatone di Genova (posa della pri- già si è detto, dal cui istituto, ancora attivo, dipendono ma pietra nel 1474), città dal 1464 sotto il dominio de- tre altri importanti ospedali milanesi: il policlinico, non gli sforza; l’Ospedale Maggiore della Carità di Novara esaminato qui in apposita scheda, istituito in conco- (fondato nel 1482), l’Ospedale Maggiore di Sant’An- mitanza con l’università statale degli studi; il nuovo drea di Vercelli, già dal 1427 sotto il dominio dei savoia, ospedale maggiore a niguarda e l’ospedale san ma con forti vincoli culturali con milano. Caso a sé, in Carlo borromeo, gli ultimi due descritti qui in apposita lombardia, è la storia dell’Ospedale Maggiore di Cre- scheda; ma3, dove nel 1351 sorse un raggruppamento ospe- - l’Ospedale Maggiore della Misericordia a parma daliero chiamato Domus Dei, gestito da un gruppo di (inizio lavori 1477), dedicato a sant’antonio e a tutti i laici con autonomia finanziaria garantita da norme santi. negli anni venti del novecento venne realizzato statutarie. Cambiò sede più volte nel corso dei secoli, un complesso ospedaliero composto da diciotto pa- fu costantemente sostenuto da importanti donazioni, diglioni, denominato ospedale civile, sostituito dall’at- prese denominazione di ospedale maggiore. nel 1959 tuale ospedale maggiore tuttora in fase di amplia- l’amministrazione dell’ospedale decise di realizzarne mento. uno nuovo, diede l’incarico del progetto all’ing. arturo il quadro sintetico qui tracciato degli attuali ospedali braga con il medico enrico ronzani. nel 1961 il nuovo lombardi, provenienti da istituzioni quattrocentesche, ospedale era concluso in forma di monoblocco a t, cui rende ragione di una estrema varietà di sviluppi sto- vennero aggiunti altri edifici dal 1978 al 1998. il secon- rici, varietà che potrebbe essere ulteriormente carat- do gruppo di ospedali lombardi esaminati con appo- terizzata esaminando l’articolazione e le specificità site schedature in questo volume riguarda complessi dei presidi, in varie città non capoluogo di provincia, realizzati tra fine ottocento e inizio novecento. 3 S. Lini, Dalla “Domus Dei” all’Azienda Ospedaliera. Le vicende dell’Ospedale maggiore di Crema dal 1351 al 1998, Leva Artigra- fiche, Crema 1998. 75
  • 6. essi sono: - l’Ospedale di San Gerardo dei Tintori a Monza, il cui progetto, in forma di monoblocco di 15 piani ad an- damento planimetrico ondulato, con aggiunta di un corpo di quattro piani, risale al 1962; - l’Ospedale di Circolo a Varese, costruito in zona pe- riferica nel 1903, ampliato in continuazione con l’ag- giunta di padiglioni fino ai 33 attuali, molto diversi tra loro, in cittadella della salute; - l’Ospedale di Lecco, che ha cambiato più volte sede, dal 1840 ad oggi; - il Sanatorio di Sondalo (sondrio) in alta valtellina, del 1927, oggi complesso monumentale vincolato, avreb- be dovuto essere, nelle aspettative di mussolini, il più grande sanatorio europeo; - il Nuovo Ospedale Maggiore di Milano a Niguarda, costruito tra 1932 e 1939, tipologia che attesta il pas- saggio dall’ospedale a padiglione a quello a più bloc- chi in italia; attualmente è in corso la realizzazione di una grande piastra di ampliamento; - l’Ospedale San Carlo Borromeo a Milano, inaugurato nel 1967, su progetto dell’ing. arturo braga e consulen- za artistica dello studio ponti-Fornaroli-rosselli. Di Gio ponti è la chiesa, di grande interesse la sua architettura Azienda Ospedaliera di Circolo Fondazione Macchi di Varese 76
  • 7. Villaggio sanatoriale di Sondalo - Vista dalla galleria di accesso e le opere d’arte che essa custodisce4. anche per questo secondo gruppo sarebbero molte le omissioni da segnalare in relazione alla strutturazione territoriale per aziende ospedaliere, con diversi presidi. tra tutti non può essere dimenticata l’evoluzione del mi- lanese ospedale sacco, sorto come sanatorio di vial- ba nel 1927, uno dei primi edificati in pianura in italia. in- titolato al medico luigi sacco nel 1974, divenne anche polo universitario dell’università degli studi di milano; nel 1975 gli vennero accorpati l’ospedale agostino bassi e l’ospedale enea; è divenuto infine azienda ospe- daliera nel 1992. il quadro che le schede presentano, integrato dai saggi dei diversi autori, suggerisce alcune riflessioni sia rispetto a tutela e conoscenza storica che in relazione alle prospettive future. l’abbandono degli antichi ospedali e la costruzione dei nuovi in lombar- dia si è articolato in modi molto vari, caso per caso, nel corso dei secoli. non per tutti è stata elaborata fino ad ora una ricostruzione storica adeguatamente appro- fondita. più in generale, inoltre, la storiografia relativa a tipi ospedalieri succedutisi nel corso del tempo non è molto vasta e articolata. Quella relativa ai monumenti quattrocenteschi, sviluppatasi solo a partire dagli anni 4 M.A. Crippa, C. Capponi (a cura di), Gio Ponti e l’architet- tura sacra. Finestre aperte sulla natura, sul mistero, su Dio, Credito Valtellinese, Pizzi, Cinisello Balsamo (Milano) 2005; M.A. Crippa, Una cappella d’ospedale: continuità di moderno umanesimo in architettura, in: AA. VV., Gio Ponti. Meraviglio- sa ventura costruire chiese. La chiesa della Santa Maria An- nunciata per l’Ospedale San Carlo Borromeo, Ospedale San Carlo, Milano 2006. 77
  • 8. trenta del novecento, è attualmente la più solida; quel- ne del benessere, l’importanza della programmazione la degli ospedali a padiglione, scarna per non dire pra- pubblica e del rapporto pubblico-privato nel contesto ticamente inesistente, risale agli anni settanta-ottanta. della sanità, sono questioni che attraggono le attenzio- all’interesse storiografico per i complessi monumentali ni maggiori, a discapito di una coscienza storica gene- quattrocenteschi non conseguirono rapidamente né rale, tuttavia indispensabile. il volume che si presenta una tutela adeguata né coerenti interventi di restauro, intende offrire un contributo in questa direzione, senza ad esclusione del caso esemplare dell’ospedale mag- la pretesa tuttavia di esaurire l’argomento. molto re- giore di milano, seguito più tardi dai restauri del com- sta da fare per mettere in luce la lunga storia, ricca di plessi antichi di Como e Cremona. recentissimo, degli molta umanità e scienza, delle istituzioni ospedaliere ultimi anni, è il dibattito sui limiti della tutela del nuovo lombarde; per far conoscere il vasto patrimonio d’ar- ospedale maggiore di niguarda. la chiesa dell’ospe- te accumulato in essi in vari modi, in raccolte o musei, dale di san Carlo borromeo, opera di Gio ponti, è stata nei decori - pittorici scultorei e vetrari delle architetture, interessata da un importante studio dello stato di de- degli edifici religiosi in particolare ma non solo in quelli -, grado del paramento ceramico, a seguito del recente nella qualità artistica e monumentale di quanto giunge restauro del grattacielo pirelli . 5 fino a noi di molti complessi. il futuro, più che il passato mentre è viva da tempo l’attenzione per i rapporti tra o il presente, contrassegnato da grande fervore edilizio cura e cultura ospedaliera di area lombarda nel corso in questo ambito, implicherà, inoltre, necessariamente della storia grazie a studiosi come Giorgio Cosmacini, un più stretto rapporto concreto - non utopico, come edoardo bressan, vittorio sironi, è ancora in fase di ge- fu ipotizzato, nel celebre progetto rimasto sulla carta stazione l’interesse storico per l’edilizia ospedaliera del per l’ospedale di venezia6, da le Corbusier e tentato, novecento, per la sua evoluzione, per la connessione nell’ospedale di sarzana da Giovanni michelucci, nel con i problemi delle città in cui i nuovi complessi sono 1967 - tra città ormai aperta, senza precisi confini, e cit- stati insediati, per il mutare dei sistemi tecnologici che li tadelle ospedaliere in una integrazione che comporte- qualificano. l’estrema specializzazione delle tematiche rà una rinnovata attenzione per la centralità dell’uomo ospedaliere, i progressi scientifici e tecnologici della me- in un sistema sempre più parcellizzato. dicina, i radicali mutamenti nella concezione della cura NELLA PAGINA ACCANTO: delle malattie che arriva oggi a investire anche la nozio- Ospedale A. Manzoni di Lecco - La corte centrale dell’edificio ospedaliero 5 M. A. Crippa (a cura di), Il restauro del grattacielo Pirelli, Skira, Milano 2007. 6 A. Petrilli, Il testamento di Le Corbusier. Il progetto per l’Ospedale di Venezia, Marsilio, Venezia 1999. 78
  • 9.
  • 10. SCheda 1 Gli Ospedali Riuniti di Bergamo di Fernidando Zanzottera Veduta interna del complesso ospedaliero l’attuale complesso architettonico degli ospedali nuovo ospedale da erigere in una località esterna riuniti di bergamo, pur appartenendo al plurisecolare al centro abitato. Qualche anno dopo il presidente sistema della cura del malato urbano formalmente dell’ospedale, Callisto Giavazzi, ribadiva il giudizio codificatosi nel 1457 per intervento del vescovo espresso in precedenza dalla commissione citata, Giovanni baronzio e dei rettori della città , è una 1 asserendo che erano molteplici i motivi per i quali i costruzione risalente al secondo quarto del XX secolo. vecchi fabbricati non erano più idonei ad ospitare la necessità della sua edificazione era tuttavia l’ospedale e che rendevano impossibile il “riattamento avvertita da alcuni decenni, tanto che nel 1907 la ed ampliamento” dei luoghi di cura ospedaliera siti Commissione nominata dal Consiglio ospedaliero in città. tra le molte ragioni elencate egli insisteva per definire le necessità architettoniche e strutturali sull’esiguità e l’insufficienza della superficie dei dell’ente sanitario terminarono i loro lavori dichiarando fabbricati, giudicata metà dell’area richiesta come che l’unica soluzione possibile era quella di creare un minimum dalla moderna tecnica medico-ospedaliera 1 Le prime notizie di un sistema ospedaliero compiuto di Bergamo risalgono, infatti, al 5 novembre del 1457, quando il Vescovo Giovanni Barozzi approva i Capitula hospitalis novi et magni structi in civitate Bergami. Insieme ai Rettori della città aveva infatti ottenuto l’autorizzazione di fondare un Ospedale Grande che riunisse in sè tutte le strutture di assistenza al malato e tutti i luo- ghi pii dediti alla cura sanitaria e all’assistenza paramedica. In quell’occasione, dunque, il Vescovo riunì sotto un’unica direzione l’ospedale di Sant’Erasmo fuori dalla porta di Borgo Canale, l’Ospedale di Santa Grata inter vites in Borgo Canale, l’Ospedale di San Lorenzo dell’omonimo borgo, l’Ospedale di San Bernardo presso il ponte della Morla, l’Ospedale di San Tommaso dentro porta di Santa Caterina, l’Ospedale di Sant’Antonio fuori borgo, l’Ospedale del monastero di Santo Spirito, l’Ospedale di San Lazzaro in Borgo San Leonardo, l’Ospedale di San Vincenzo in contrada di San Cassiano, l’Ospedale di Santa Maria Maggiore in Contrada Ante Scolis e l’Ospedale di Santa Caterina del borgo omonimo. 80
  • 11. e sull’errore di orientamento dei fabbricati e già nel 1878, vi si era insediato l’attuale istituto sanitario sull’insufficienza delle distanze tra i differenti padiglioni, matteo rota, mentre negli anni seguenti si edificarono che impediva un adeguato irraggiamento solare e la Clinica Castelli e la Clinica san Francesco. un conveniente ricambio d’aria. altre ragioni erano la l’incarico di studiare il progetto per edificare il nuovo grande ampiezza dei cameroni per i malati che, nel ospedale fu affidato negli anni venti all’ing. Giulio caso del padiglione della medicina femminile, arrivava marcovigi, che riuscì ad iniziare i lavori nel mese di a contare 100 letti; l’esiguità dei locali di isolamento maggio del 1927. per la progettazione egli si ispirò limitati a 4 posti letto ogni 400 malati; l’insufficienza e ai moderni principi dell’architettura ospedaliera che, la poca salubrità del riscaldamento affidato ancora a tuttavia, si espressero con una forma fortemente singole stufe; la mancanza di adeguati locali destinati influenzata dalle strutture architettoniche francesi e ad accogliere i refettori, le latrine, le sale da bagno e inglesi di fine seicento e dei primi decenni del Xviii i depositi per il vitto degli ammalati, della biancheria secolo. egli progettò una struttura vagamente ispirata e dei medicinali; l’assenza di pavimenti facilmente al concetto di poliblocco sanitario, evoluzione e lavabili e disinfettabili perché molti erano ancora reinterpretazione italiana dell’idea del monoblocco realizzati in mattone; la completa inadeguatezza dei ospedaliero di matrice americana, con forti influenze locali per i dormitori e il soggiorno del personale di della cultura europea dei decenni precedenti. Questo assistenza ai malati. progetto, a sua volta, fu probabile ispirazione allo studio raccolto anche il parere favorevole del Consiglio per l’ospedale Clinico di modena con il quale gli dell’ordine dei medici della provincia, si diede inizio ingegneri Giorgio rossi e Carlo tornelli parteciparono al progetto di costruire un nuovo grande ospedale al concorso del 1933. il complesso architettonico degli cittadino. per la sua edificazione fu scelta “una delle ospedali riuniti mostra una disposizione planimetrica posizioni più ridenti della città, in quel grandioso centrale, con i differenti padiglioni ortogonali anfiteatro formato dalla linea continua di colline, organizzati attorno ad una ampia corte attrezzata che iniziano con l’antica bergamo alta, culminano al che accoglie un grande giardino verde con fontana centro con il colle di s. vigilio e vanno degradando circolare. su questo spazio insistono gli ingressi principali verso la selvosa punta di s. matteo” . si trattava di 2 dei differenti padiglioni, raccordati tra loro attraverso un luogo particolarmente adatto alla cura medica corpi di fabbrica di inferiore dimensione e di minor riparato anche dai venti freddi di tramontana, dove, pregio architettonico. nella parte centrale dei due 2 Cfr. Luigi Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa, vol. VI (Il Borgo Canale), Bergamo, 1967, pp. 52-53. 81
  • 12. fianchi sono presenti ingressi monumentali colonnati disinfestazione. ancora più discosto, sul limitare del con accessi facilitati per le ambulanze che immettono perimetro del complesso architettonico, fu collocato nei padiglioni, che originariamente ospitavano la il padiglione per le malattie infettive e per i pazienti da medicina e la Chirurgia. i modelli di riferimento di porre in isolamento. nell’estremità sud-occidentale Giulio marcovigi furono certamente gli ospedali fu invece edificato il padiglione per la cura dei a padiglioni inglesi di fine seicento, che all’epoca tubercolotici, che oggi è stato trasformato e ospita un avevano significativamente influenzato la coscienza asilo aperto anche alla cittadinanza. tecnologica sanitaria europea. il modello di maggior il modello sanitario perseguito nella fase di ispirazione fu il progetto di J. b. le roy per la ricostruzione progettazione si basava, dunque, sulla costruzione di dell’Hotel-Dieu di parigi, distrutto da un incendio che un sistema misto che prevedeva quantitativamente cancellò l’intera struttura medievale. il modello, a scala l’emergere di padiglioni riuniti e la presenza di specifici inferiore, fu ripreso con alcune piccole varianti inerenti edifici distanziati a vocazione specifica. tra questi, sul agli accessi alla struttura e alla collocazione della fianco occidentale vi era anche il convitto delle suore chiesa: prospiciente alla corte centrale nell’ospedale e la piccola cappella eclettica. parigino e in posizione sopraelevata ma discosta dalle l’elemento più significativo dell’ospedale, dunque, architetture ospedaliere nel complesso bergamasco. non sono le singole architetture, gradevoli ma non Dal progetto di J. b. le roy, marcovigi desume anche capolavori dell’architettura della prima metà del il tema della conclusione della corte con un edificio XX secolo, ma l’impianto planimetrico, che mostra destinato ad accogliere i servizi Generali e le cucine, anche alcune affinità distributive con il progetto correlate anche con la Farmacia, la pediatria e il dell’ospedale di livorno ideato da Cambray Digny padiglione per gli studi oftalmici, che si raccorda con nel 1836. la corte verde attraverso due colonnati semicircolari. le scelte del progettista furono esemplarmente alle spalle del complesso centrale il progettista inserì raccolte nei discorsi pronunciati in occasione dei padiglioni autonomi destinati ad accogliere dell’inaugurazione dell’ospedale, nei quali si affermò: i malati affetti da patologie della cute, gli studi di “è stato abbandonato intieramente il tipo a padiglioni anatomopatologia e alcuni volumi tecnici, quali staccati o, per meglio dire, a decentramento la cisterna dell’acqua, le caldaie, la ciminiera di assoluto, che si deve ritenere sorpassato dappoicché, smaltimento dei fumi, la lavanderia e i locali per la odiernamente, l’igiene degli spedali deve ricercarsi 82
  • 13. soltanto nei metodi di cura e di profilassi, nell’antisepsi, piccolo ma necessario prefabbricato che funge e meglio nell’asepsi che oggidì hanno raggiunto la da ufficio informazioni per il pubblico. l’affaccio massima perfezione; si è cioè costruito un nosocomio, dell’ospedale sul vialone d’ingresso, inoltre, fu pensato di tipo intermedio, dove, pur conservando il padiglione per rispondere ad alcune istanze funzionali e come come elemento base, si sono avvicinate, entro termini elemento di raccordo tra la cittadella sanitaria convenienti, non solo le fabbriche fra loro, ma le sale degli ammalati e la grande città dei sani che svetta dei malati ai servizi, al precipuo scopo di contemperare preminente in lontananza. Come ha giustamente l’interesse dell’igiene con quello tuttavia importante osservato pizzigoni, infatti, la facciata dell’ospedale dell’economia” . tra le architetture si differenzia 3 non funge da fondale scenografico ma costituisce qualitativamente la palazzina di ingresso all’intero un elemento arretrato rispetto al filo stradale, perché complesso ospedaliero, il cui disegno parrebbe il vero prospetto ideale doveva rimanere la città alta, recuperare il progetto dell’architetto bianconi studiato il borgo Canale e il contesto orografico naturale dei per l’ampliamento del 1846 dell’antico ospedale monti bergamaschi4. cittadino di san marco. si tratta di un edificio dalle la costruzione del nuovo ospedale, inaugurato dai vaghe reminescenze neoclassiche caratterizzato da principi umberto e maria Josè di savoia il 20 settembre tre grandi arcate e un imponente atrio colonnato 1930, costituisce anche uno degli elementi salienti dello nel quale, senza troppa grazia, oggi è collocato un sviluppo urbano della città moderna. essa rappresentò, Veduta dei padiglioni che affacciano sull’antica corte interna Particolare del nuovo padiglione dell’ospedale 3 AA.VV., Gli Ospedali Riuniti di Bergamo un’istituzione della comunità, Ospedali Riuniti di Bergamo, Tipografia-litografia Nove- cento Grafico, Bergamo, 1999, p.11 4 Per questo tema si rimanda al convegno “Il verde e la città” svoltosi il 14 marzo del 2007 presso l’Auditorium dell’Accademia della Guardia di Finanza di Bergamo organizzato dall’Ateneo di Scienza Lettere Arti di Bergamo e, in particolare, all’intervento di Graziella Colmuto Zanella. Dei singoli interventi dei relatori, che si spera possano essere raggruppati in un volume di prossima pubblicazione, esistono alcune trascrizioni dattiloscritte non corrette dagli autori. 83
  • 14. infatti,una delle principali istanze innovatrici della fascia pediatrico (1983), dell’unità operativa di nefrologia nord-occidentale della periferia di bergamo, capace e Dialisi (1991) e di un nuovo blocco per le sale di mettere in moto un meccanismo di rapido sviluppo operatorie (1995). urbano gestito da privati e dall’amministrazione il processo di integrazione e di sviluppo non è facile pubblica. il trasferimento in questa area della ma fino ad oggi ha saputo ben armonizzarsi con struttura ospedaliera e la conseguente dismissione e la struttura architettonica esistente, perseguendo rapido abbattimento degli edifici costituenti l’antica logiche di riempimento degli spazi non occupati cittadella sanitaria, lasciarono inoltre la possibilità di dagli edifici di marcovigi e conservando al suo ripensare alla configurazione urbana di bergamo, interno numerosi beni mobili meritevoli di attenzione offrendo, di fatto, la possibilità concreta di poter e di valorizzazione. sebbene nel 1993 l’azienda elaborare il Concorso del 1926, senza sviluppi positivi, e ospedaliera sia stata riconosciuta “di rilievo nazionale di migliorare il successivo piano regolatore della città, e di alta specializzazione” dal ministero, la relazione così importante per la definizione del volto moderno programmatica dell’agosto del 1996 sottolineava di bergamo. la grandiosità dell’ospedale, inoltre, l’obsolescenza di alcuni elementi strutturali e rispose pienamente al desiderio dell’amministrazione impiantistici, con la conseguente impossibilità di locale e del regime centrale di rispondere in maniera fronteggiare pienamente le nuove frontiere della monumentale alle istanze innovatrici espresse dalla scienza medica, sempre in continua evoluzione e città e alla richiesta di dotare bergamo di una serie di sempre più bisognosa di ospitare laboratori altamente architetture sociali pubbliche. tecnologici e complessi servizi sanitari specialistici. nel corso dei decenni il complesso ospedaliero per questa ragione negli scorsi anni si è indetto un ha subito numerose trasformazioni dovute concorso internazionale per la costruzione di un all’accorpamento di altre strutture sanitarie quali, nuovo ospedale di bergamo che ha visto vincitore ad esempio, l’ospedale provinciale pediatrico ugo il raggruppamento d’imprese che fa capo a sCau Frizzoni (1972) e l’istituto ortopedico matteo rotta s.a. di parigi, rinnovando idealmente quel legame (1975). nel 1983 l’ospedale accolse e creò numerose storico che intercorre tra la sanità bergamasca e la altre realtà sanitarie finalizzate a migliorare la cura dei cultura ospedaliera d’oltralpe5. pazienti secondo logiche di eccellenza, e, per questa NELLA PAGINA ACCANTO: ragione, si è dotata del Dipartimento ostetrico- Veduta dell’ingresso dell’ospedale in relazione al contesto urbano della città alta 5 Cfr. AA.VV., Nuovo Ospedale di Bergamo. Concorso Internazionale, Bolis Edizioni, Bergamo, 2002 84
  • 15.
  • 16. SCheda 2 Gli Spedali Civili di Brescia di Irene Giustina, Elisa Sala* Veduta del corpo di ingresso (concluso al rustico nel 1941-42) I.“in una zona posta al centro dell’anfiteatro di colline, dell’istituto bresciano lo impegnò per tutta la vita, tra Costalunga e mompiano, zona fra le più fresche consentendogli di maturare una riconosciuta e riposanti della città, sta per completarsi il nuovo specializzazione nell’edilizia sanitaria. il compimento ospedale Civile di brescia”. esordiva così, nel 1953, dell’ospedale di brescia fu rallentato, fin dal principio, angelo bordoni (1891-1957), illustrando il progetto dalla scelta della sua ubicazione, condizionata da del nuovo nosocomio cittadino. si stava allora esigenze di economia e accompagnata da un concludendo una lunga vicenda iniziata intorno acceso dibattito politico; erano contemplate tanto al 1927, quando bordoni, incaricato di riformare l’area di via moretto, dove insisteva l’antico spedale, l’antico ospedale di s. Domenico, ormai inadeguato, quanto le più ampie e periferiche zone di s. eufemia constatava l’impossibilità di un riadattamento della e di s. rocchino. bordoni, pur producendo numerose vecchia struttura ed evidenziava la necessità di varianti, lavorò su un’idea progettuale di fondo che erigere un edificio innovativo nella concezione riproponeva la tradizionale tipologia ospedaliera distributiva e nell’organizzazione funzionale. il a padiglioni, attualizzata però dalla connessione giovane ingegnere bresciano in quegli anni svolgeva reciproca dei corpi di fabbrica. intendendo superare una vivace attività professionale, distinguendosi, anche la casualità della distribuzione che aveva tra l’altro, per la partecipazione a milano, con luigi caratterizzato i complessi a padiglione del secolo m. Caneva e antonio Carminati, al concorso per precedente, bordoni si ispirò al rigore geometrico il progetto del palazzo di giustizia, all’ideazione presentato dagli istituti del tardo settecento, in del palazzo dei sindacati fascisti dell’industria, allo cui i fabbricati erano rigidamente ordinati. pure se studio di un nuovo piano regolatore; la realizzazione con un progetto in continua evoluzione, l’impianto * Il contributo è stato curato dalla prof.ssa Irene Giustina; la stesura è da attribuirsi per la parte I all’ing. Elisa Sala, e per la parte II a Irene Giustina. 86
  • 17. dell’ospedale di brescia – con evidenti rimandi alla la prima pietra. l’ospedale bresciano rappresentò crociera rinascimentale, incardinata sulla chiesa al una vera novità tra le strutture sanitarie internazionali: centro della composizione – fu informato su figure la suddivisione dell’edificio in padiglioni interconnessi geometriche regolari, proponendo uno “schema corrispose a una loro classificazione in relazione alle base [che] non è più la forma aperta della dama ma diverse patologie e quindi dei vari reparti di cura; quella conclusa, funzionale e quasi meccanica della ognuno di questi fu realizzato su un unico piano. ruota dentata” e adottando “il sistema detto stellare ne sortì un fabbricato di sette piani fuori terra, di ed anche radiale per i raggi o ali che fuoriescono, cui i cinque superiori destinati al ricovero ammalati simmetricamente, rispetto al centro della figura”. e i due inferiori ai servizi generali; i padiglioni furono la matrice geometrica alla base di quella idea si orientati in modo tale da ottenere infermerie tutte a scontrò con le contingenze, venendo modificata doppia esposizione. i percorsi interni furono studiati più volte, fino a giungere – nel terzo progetto, in relazione ai flussi di utenze, disegnando passaggi elaborato nel 1934 per l’area, poi prescelta, di s. distinti per gli operatori medici e i visitatori, mentre rocchino – a un impianto costituito da due esagoni quelli esterni furono risolti come passerelle aeree, per regolari concentrici dai cui vertici si proiettavano consentire il trasporto veicolare al livello terreno del padiglioni con germinazione a forcella e al cui complesso; i collegamenti verticali furono progettati centro era collocata la chiesa. tale disegno, definito soddisfacendo esigenze antisismiche e antincendio. a “fiocco di neve”, subì numerose modifiche fino a particolare cura fu diretta alla definizione formale che nel 1937-38 fu apprestato il progetto definitivo: dell’edificio, risolto con paramenti di mattoni posati l’esagono fu ridotto nelle dimensioni, mentre i bracci in rilievo a disegnare – interpretando la tradizione radiali acquistarono una particolare emergenza; la costruttiva lombarda secondo gli orientamenti biforcazione fu mantenuta solo per il corpo a sud-est neoclassici prevalenti negli anni venti e trenta – rigorose e per il suo simmetrico a nord-ovest, scomparendo trame geometriche e nitidi contrasti chiaroscurali, con invece negli altri padiglioni. Di fatto, però, con corpi innesti di stucco di cemento bianco, calce e polvere di fabbrica di dimensioni pressoché uguali, furono di marmo. tale ricerca estetica raggiunse accenti eseguiti solo tre padiglioni (a, b e C), lasciando uno monumentali soprattutto nella quinta di ingresso e spazio libero al vertice settentrionale dell’esagono. grande ricercatezza nelle decorazioni e nei dettagli, nel centro geometrico ideale del complesso, che suscitando l’apprezzamento, tra gli altri, di Franco corrispondeva anche a quello dell’area destinata a moretti, che annoverò l’istituto bresciano fra le più contenere l’intera struttura, circolare con raggio di 500 rilevanti architetture ospedaliere del ‘900. metri, fu costruita la cappella, collegata ai padiglioni la costruzione al rustico fu conclusa entro il 1942, ma da corridoi sopraelevati. il 22 ottobre 1938 fu posata solo nel 1951 poterono entrare i primi malati e nel 1953 87
  • 18. Veduta della fu definitivamente chiusa la vecchia sede ospedaliera satellite, in grado di garantire nuovi posti letto e Veduta della cappella al centro cappella e del di via moretto. nel 1958 il nosocomio cittadino, ormai assicurare la differenzazione dei reparti in specialità del complesso passaggio coperto progettato da in piena attività, era in grado di accogliere più di sempre più numerose. il progetto fu commissionato di collegamento Angelo Bordoni 1.600 degenti. allo “studio di edilizia ospedaliera a. bordoni”, con i padiglioni. negli anni Trenta Gli anni Cinquanta aprirono un periodo di grande fondato dallo scomparso ingegnere bresciano, e del Novecento. Sulla sinistra, fermento per l’ospedale bresciano e portarono a fu elaborato dall’architetto Gianni Griletto, mentre il prospetto numerose nuove realizzazioni, tra cui l’istituto del l’ingegnere Dario perugini eseguì i calcoli per le del recente ampliamento radio “olindo alberti” e il Centro di alte energie, strutture in cemento armato. l’impianto del ‘satellite’, del padiglione sollecitati dall’eccellenza mostrata dagli spedali civili discostandosi da quello dei padiglioni bordoniani, bordoniano (2005); nel campo della radioterapia cancerologica sin dal presenta “uno svolgimento a nastro, con una sulla destra, si intravede 1929. il boom economico e lo sviluppo demografico fronte centrale curva ed ali rettilinee raccordantesi il Policlinico ebbero però notevoli ricadute sulla nuova struttura in parallelo agli edifici preesistenti”. l’edificio è Satellite (1966- ospedaliera; già tra il 1960 e il 1961, la carenza di posti organizzato secondo una tipologia a monoblocco, 1973) letto si attestava intorno alle 700 unità. in un corpo centrale di dieci piani fuori terra e due II. si procedette dunque a realizzare l’ultimo settore ali laterali di sette piani ciascuna, e impiegata l’unità del complesso, per altro già progettato da bordoni nel compositiva cellulare, riconducibile all’unione di due 1955 quale nuova sede per l’ospedale degli infettivi camere a tre letti e servizi comuni, che comporta un ma lasciato in sospeso nel 1957. il nuovo padiglione, reparto costituito da multipli di sei letti unicellulari. isolato rispetto agli altri in ragione della sua funzione la struttura, con la contestuale costruzione di una d’uso, sarebbe andato a completare la struttura, nuova accettazione, fu intrapresa nel 1966 e divenne collocandosi all’estremità nord-ovest; i problemi interamente funzionante nel 1973, attrezzando ben determinati dalla carenza di spazi portarono però a 870 nuovi letti. una revisione dei programmi e alla costruzione di un tre anni dopo fu inaugurato anche il nuovo padiglione padiglione più aggiornato, denominato policlinico infettivi, a conclusione di un dibattito intrapreso fin dal 88
  • 19. 1953 per risolvere il problema dei malati contagiosi, collocati nell’angusto ospedale di s. antonino. la nuova struttura, avviata nel 1973 su progetto dell’architetto paolo Dabbeni, e dell’ingegner Franco Dotti, fu situata in un’area compresa fra il padiglione C e il “satellite”, modificando e aggiornando radicalmente il piano dello studio bordoni, più volte variato nel tempo. la costruzione e le potenzialità del “satellite” evidenziarono la necessità di istituire a brescia una Facoltà di medicina e chirurgia, seguendo una vocazione didattica palesatasi nell’ospedale già nel 1952, quando era stata aperta una scuola di ostetricia, da affiancare a quelle già esistenti per infermiere professionali e per assistenti visitatrici. la nuova Facoltà, istituita nel 1970, comportò, insieme con la costruzione, nell’anno successivo, di una sede autonoma a nord della cinta ospedaliera, un capillare processo di adattamento del nosocomio, teso a conciliare nei diversi reparti le esigenze ospedaliere con quelle universitarie e di ricerca. la convenzione con l’università permise così di qualificare ulteriormente le attività assistenziali dell’ospedale, consentendo di conseguire posizioni di eccellenza nell’ambito della diagnosi e della cura di numerose patologie. tali avanzamenti hanno richiesto nel tempo un costante rinnovamento della dotazione tecnologica e continui interventi, tesi ad ampliare e adeguare le strutture sanitarie. nel 1989, secondo un articolato e pluriennale piano progettuale, è stato completato il trasferimento nella struttura bordoniana dell’ospedale dei bambini, Particolare del paramento murario (anni Trenta del Novecento) 89
  • 20. istituito nel 1900 e ospitato a lungo in sedi inadeguate Ferrari ha poi provveduto al sopralzo di due piani e provvisorie; nuovi reparti dell’istituto pediatrico sono della sede della medicina del lavoro per ricavare entrati in funzione anche nel 1998, nel 2004, fino all’ultimo la nuova sede dell’immunologia Clinica (2003-2004). trasferimento avvenuto nei primi mesi del 2008. nel 2004-2005 è stato completato il raddoppio di due tra il 1998 e il 2001, a seguito di un concorso di idee corpi di fabbrica dell’ospedale con un importante vinto dal gruppo di progettazione avente come intervento, il primo realizzato in italia in project- capogruppo l’architetto antonio montanari e financing, secondo il progetto preliminare dell’ufficio come componenti gli architetti bauerova in sestak e tecnico dell’ospedale e il progetto definitivo della Kaderabek, è stato realizzato il nuovo edificio ovest per società Catalyst brescia s.r.l., riprendendo all’esterno blocchi operatori, inserito fra tre corpi dell’ospedale il disegno del paramento bordoniano. infine, nel 2006 esistente con una rilevante soluzione high-tech: il è stato attivato, in complesse strutture interrate, il braccio si sviluppa come una passerella aerea con Centro pet/taC con Ciclotrone e radiofarmacia. struttura a vista, costituita da una trave reticolare Considerando anche i presidi ospedalieri di Gardone gigante appoggiata alle estremità a due torri in muratura, ove sono posti i collegamenti ai padiglioni bordoniani e le uscite di sicurezza. nel dicembre 2000 è stato ultimato l’avancorpo del “satellite”, su progetto dell’architetto paolo Dabbeni e degli ingegneri Franco Dotti e Carlo piemonte, offrendo un considerevole aumento di spazi per alcuni servizi ospedalieri e per il pronto soccorso, insieme con il nuovo ingresso del “satellite” e la nuova elisuperficie. ancora Dabbeni e Dotti, hanno compiuto l’ampliamento del padiglione infettivi (1998–2003),sovralzando di un piano la struttura esistente e aggiungendo nuovi corpi di fabbrica, tra cui il collegamento con l’attiguo“satellite”; nello stesso periodo, hanno progettato anche la nuova sede della medicina del lavoro, un fabbricato che riprende le forme curvilinee di un padiglione bordoniano di Paramento murario servizio, collocato in posizione speculare nell’area dei padiglioni bordoniani dell’ospedale. il raggruppamento temporaneo studio (anni Trenta del nightingale associates e studio tecnico ing. roberto Novecento) 90
  • 21. val trompia e di montichiari e l’ospedale dei bambini, entrati nel 1998 a far parte dell’azienda ospedaliera – in cui gli spedali Civili sono stati trasformati nel 1997 – si è giunti oggi a un’offerta complessiva di 2.500 posti letto, con 71.000 ricoveri ordinari annuali sommati a 25.000 ricoveri in day-hospital. la superficie decentrata e vuota destinata inizialmente alla costruzione del nuovo ospedale è dunque divenuta, col tempo, una “cittadella della sanità”, un esteso centro di assistenza e di ricerca medica che ha assunto un ruolo di crescente rilievo anche nell’orientamento dei processi di crescita urbana e territoriale. l’ampiezza di tale area, fissata con grande intuizione previsionale, ha consentito di accrescere notevolmente il nucleo ospedaliero originario con l’aggiunta di numerosi nuovi volumi, lasciando tuttavia ancora oggi larghi spazi al verde e ai giardini che hanno costituito un altro elemento fondativo e di merito, del progetto bordoniano. la validità delle scelte progettuali adottate nella prima struttura ospedaliera, infine, rimane tuttora manifesta, sia per la versatilità della sua articolazione, che ha consentito l’adeguamento progressivo e l’ampliamento di diversi padiglioni senza intaccare il primitivo impianto “a fiocco di neve”, sia per la coerenza espressiva e la raffinatezza del suo disegno che, impreziosite da una eccezionale cura per il dettaglio e per i materiali costruttivi, ancora oggi la rendono riconoscibile e le permettono di spiccare rispetto agli interventi più recenti. Dettaglio decorativo nel giardino 91
  • 22. SCheda 3 L’Ospedale Sant’Anna di Como di Daniele Garnerone Il palazzo dell’ingresso e degli uffici direzionali Como, città di fondazione romana, accoglie i viaggiatori Cinque secoli di alterne vicende, luoghi e tempi diversi alla porta di Camerlata con due monumenti della che si sono aggiunti all’antica vocazione ospitaliera della storia antica e moderna: la torre del baradello, residua città. al 1468 risale il primo documento che si possa riferire testimonianza della fortificazione del colle, e la fontana all’ospedale; si tratta della bolla pontificia redatta da realizzata a metà degli anni trenta su disegno di Cesare papa paolo ii per conferire l’atto di fondazione dell’istituto Cattaneo e mario radice. sant’anna, su richiesta del vescovo di Como. sorto come Qui si trova l’ospedale sant’anna, a capo dell’omonima luogo di ospitalità per pellegrini, di assistenza a poveri e azienda ospedaliera, costituita con i presidi di menaggio di ricovero per deboli e indifesi, viandanti o bambini, ha (ospedale erba-renaldi), Cantù (ospedale s. antonio una storia lunghissima nella quale l’istituzione è divenuta abate) e mariano Comense (ospedale Felice villa). una potenza economica e fondiaria, espressione il sito particolarmente favorevole, ben vicino alla stazione della municipalità e, con i luoghi pii collegati, punto di delle ferrovie nord milano e all’autostrada che collega la riferimento del mondo cattolico, non mancando fra i suoi città al capoluogo lombardo, è un caposaldo del territorio amministratori alcuni illustri rappresentanti della curia. comasco, rappresentativo del legame che unisce la città la prima sede dell’ospedale era in via Cadorna, all’ospedale in un rapporto costruito in oltre cinque secoli all’interno della Città murata, sul luogo di un precedente di storia, con relazioni dirette sull’intera regione e sul vicino ospedaletto, che faceva parte della chiesetta dedicata Canton ticino. a sant’anna, unito all’ospedale di san vitale sin dal 92
  • 23. 1353. Già alla fine del XiX secolo si erano manifestati i limiti di spazio e attrezzature della struttura cittadina. all’inizio del novecento la città contava 40.000 abitanti, e l’incremento della popolazione, con la conseguente domanda di nuove abitazioni, costituiva un elemento di stimolo per l’espansione urbana e la progettazione di nuovi edifici. in quegli anni non fu tanto l’amministrazione pubblica del Comune a determinare la scelta della costruzione di un nuovo ospedale, quanto piuttosto una “modesta e pia signora”, teresa rimoldi. alla sua morte, avvenuta nel 1924, la benefattrice lasciò una cospicua donazione all’ospedale sant’anna, comprendente circa cinque milioni di lire in denaro e il patrimonio fondiario del quale era parte un ampio terreno pianeggiante ai piedi del rilievo del baradello, tra la frazione di Camerlata e la chiesa di san Carpoforo. nel 1925, la commissione tecnica costituita allo scopo di studiare la riorganizzazione dell’ospedale aveva scartato l’ipotesi di ristrutturare la vecchia sede cittadina, valutando favorevolmente l’area ricevuta in donazione. il presidente dell’istituto luigi negretti affidò all’ingegnere bolognese Giulio marcovigi, che firmava in quegli anni il nuovo ospedale di mantova, il compito di elaborare il progetto per il nuovo ospedale, studiando la soluzione più idonea con la consulenza dell’ingegner luigi Castelli e del professor enrico ronzoni, direttore dell’ospedale maggiore di milano, per gli aspetti propriamente sanitari. Dal vecchio al nuovo ospedale, il processo di modernizzazione passava attraverso corsie e Dettaglio di una bifora sulla facciata del palazzo direzionale 93
  • 24. laboratori, padiglioni e camere di degenza, secondo un saile, entrambe milanesi. Con la nuova “cittadella” della modello di concreta razionalizzazione e miglioramento medicina, basata sulla perfetta organizzazione degli spazi delle condizioni di assistenza e cura, di igiene e salubrità, e dotata di centinaia di ambienti e servizi d’avanguardia, con particolare attenzione all’esposizione solare. la scelta sono garantiti con largo anticipo quei requisiti e quelle è quella di un complesso a padiglioni elevati su due e condizioni di prima categoria poi previste dalle tre piani, oltre al sotterraneo, con uno spazio centrale prescrizioni tecniche sull’edilizia ospedaliera emanate per i servizi sanitari comuni, e un numero di posti letto per nel 1939. il nuovo ospedale progettato da marcovigi ciascun edificio compreso tra 30 e 100. ha impianto planimetrico a raggiera, impostato su il progetto prevedeva che ogni padiglione avesse ad ogni un fulcro centrale attorno al quale sono distribuiti i piano un locale ampio destinato a soggiorno e refettorio, padiglioni che costituiscono il sistema, 12 edifici collegati con ampie superfici vetrate comunicanti direttamente mediante percorsi in parte coperti da una pensilina coi giardini al piano terra e con terrazze ai livelli superiori. su pilastri. attestato alla via napoleona è il palazzo il 25 marzo 1928 è avviata la costruzione con le imprese dell’amministrazione, caratterizzato da architettura più importanti del settore, la Croci e buongiorno e la consona al ruolo di rappresentatività, con l’ingresso principale preceduto da un colonnato con terrazza superiore e gli uffici amministrativi, le sale di presidenza e di consiglio al primo piano, dove sono oggi conservati la notevole quadreria e arredi d’epoca. ai lati, due edifici bassi attrezzati in origine con i servizi di accettazione e pronto soccorso, ambulatori di medicina e chirurgia. sull’asse principale di orientamento dell’impianto, da nord a sud, era in origine innestata una grande fontana in forma di esedra, sorta di balconata attorno alla quale salivano in leggera pendenza i percorsi diretti ai due blocchi edilizi principali di chirurgia e medicina, ad u. Centrale al sistema la chiesa dedicata alla santa, con l’abside rivolta a sud e la facciata a monte, verso il rilievo del baradello. attestato all’edificio sacro, il sistema di collegamento Il monoblocco con la piastra del pronto soccorso 94
  • 25. coperto sviluppato su tre bracci, il più lungo dei quali diretto a monte, verso il padiglione dei servizi ospedalieri. Da questo, un percorso chiuso da vetrate portava da un lato al sanatorio, per la prima volta inserito nel perimetro dell’ospedale, dall’altro all’ospedaletto per i fanciulli. isolati dal nucleo principale, sono variamente dislocati altri edifici tra i quali la centrale termica e la lavanderia, e di notevole rilievo architettonico, il palazzo degli infettivi, al margine nord del complesso. alla metà del novecento si afferma un nuovo modello di organizzazione degli spazi ospedalieri; progressivamente abbandonato il modello a padiglioni, è introdotto il tipo edilizio a monoblocco a sviluppo verticale. in quegli anni l’ufficio tecnico dell’ospedale, presieduto dall’ingegner Giovanni todeschini, elabora una soluzione per sopraelevare di un piano i padiglioni. Già allora si parlava di un nuovo nosocomio per far fronte alle necessità. nasce da quel confronto il progetto del monoblocco, dovuto all’architetto milanese ettore rossi, un edificio a t con facciata principale curvilinea, elevato su nove piani fuori terra, collocato al centro del sistema a collegamento tra i reparti e i servizi generali. la realizzazione dell’edificio, avviato a costruzione nel 1965 dall’impresa comasca nessi e majocchi, ha non poco alterato l’impianto di marcovigi,del quale si è persa la spina centrale costituita dalla sequenza della fontana esedra, della chiesa, sostituita dalla nuova cappella interna, e dei percorsi coperti tra i padiglioni. all’inizio degli anni ottanta La testata del padiglione Giovanni Battista Grassi 95
  • 26. si torna a pensare a un nuovo ospedale. il dibattito si è svolto intenso sull’opportunità di realizzare altrove una moderna struttura o, piuttosto, ristrutturare e ampliare l’esistente. il confronto sul tema ha interessato ampia parte della comunità, coinvolgendo parti sociali, politiche e gli stessi operatori sanitari di fronte alla realizzazione del nuovo ospedale, la cui costruzione è iniziata nel novembre 2006 e, secondo le previsioni, dovrebbe essere conclusa nel 2009. la società infrastrutture lombarde presiede la costruzione che copre una superficie di oltre 76.000 mq su un’area molto vasta, compresa fra i comuni di Como, san Fermo della battaglia e montano lucino. il nuovo complesso è impostato su due corpi di fabbrica allungati e quattro edifici disposti a raggiera attestati al corpo lungo mediano, a pianta leggermente curvilinea. sviluppato su cinque piani, due dei quali interrati, sarà dotato di quasi 600 posti letto, 22 sale chirurgiche, negozi, servizi di bar e ristorazione e spazi per la cultura e socializzazione. nelle previsioni il nuovo ospedale della città lariana avrà requisiti di elevato livello, con una spiccata caratterizzazione di tipo alberghiero. l’importanza del sito è testimoniata anche dai reperti archeologici portati alla luce nel corso degli scavi sull’area, tra cui una necropoli di età romana, con una ventina di tombe, e una struttura preistorica ad impianto circolare del diametro di circa 70 metri, risalente all’età del Ferro (iX sec. a. C.), o forse al neolitico. La Cappella dedicata a Sant’Anna all’interno dell’edificio monoblocco 96
  • 27. Vista generale del complesso ospedaliero al piede del rilievo del Baradello 97
  • 28. SCheda 4 Gli Istituti Ospitalieri di Cremona di Daniele Garnerone Veduta dell’ospedale dal parco Cremona, città che ha ereditato un monumentale ve funzioni. attorno al centro abitato e al territorio del nucleo storico costituito in età comunale, è anche un contado si è dunque costruita la plurisecolare storia centro di primaria importanza per l’attività agricola dell’istituto ospitaliero, una vicenda lunga oltre cin- del suo territorio. lo è stato tanto più in passato quan- quecento anni. do la struttura del contado era improntata da forti la sua fondazione risale al 1450, quando il consiglio caratterizzazioni di forma e qualità. generale della città ne ordinò l’erezione, auspicata alle porte della città moderna, in direzione sud-est, da nobili, mercanti e dalle gerarchie ecclesiastiche. percorrendo la strada provinciale 87 (la via Giuseppi- la realizzazione trovò sostegno nelle autorità del Du- na a memoria del governo austriaco), il tessuto rurale cato di milano, dal duca Francesco sforza alla con- ripropone solo in parte le forme storiche del paesag- sorte bianca maria visconti, che assicurarono al nuo- gio agrario. vo istituto la necessaria protezione, esentandolo da in questo settore è localizzato l’ospedale maggiore, ogni tributo e obbligazione. in tal modo si sarebbero moderno complesso realizzato alla fine degli anni riuniti sotto una sola giurisdizione tutti i luoghi deputati sessanta, attestato su viale della Concordia, oggi a al sostentamento e al ricovero dei bisognosi, luoghi capo dell’azienda ospedaliera istituti ospitalieri di pii, confraternite e ospitali minori sparsi sul territorio. Cremona; di questa fa parte anche l’ospedale di Con la bolla pontificia del 6 maggio 1451, papa ni- oglio po, recentemente ampliato e attrezzato di nuo- colò v riconobbe ai cittadini cremonesi l’erezione 98
  • 29. del nuovo ospedale, ai bordi della città storica, verso secondo solo all’ospedale maggiore di milano per nord, acconsentendo all’accorpamento in perpetuo dimensioni e importanza, poteva così disporre di del vasto patrimonio che faceva capo ai vecchi rico- estesissime possessioni terriere, corrispondenti quasi al veri gestiti dalla chiesa nel nuovo istituto, intitolato alla territorio dell’attuale provincia, con talune proprietà beata vergine maria della pietà. estese anche al basso milanese. accanto ai numerosi siti aggregati figuravano i pos- per secoli il ricco patrimonio fondiario dell’ospedale è sedimenti terrieri incorporati fra i beni del nuovo stato gestito in regime di affittanza, prevalentemente ente. Fra le maggiori dotazioni, vi era quella derivata a conduzione diretta stante la dimensione media dei dall’ospedale di santo spirito, detentore dei poderi fondi. la progressiva alienazione delle terre, sostanzial- di spinadesco, borgo rurale a ovest della città, estesi mente votata a finanziare la gestione dell’ospedale, su oltre 400 ettari. quando non a risanarne i bilanci, ha eroso dramma- si trattava già per quel tempo di fertile campagna sul- ticamente il complesso dei beni posseduti, giunto ad la quale le incessanti attività di bonifica e irrigazione, annoverare, con le aggregazioni e le donazioni, 80 di- con lo scavo dei navigli cremonesi e milanesi, del Ca- more nella città e 8.500 ettari di campagna e ridotto nale della muzza e della fittissima rete di rogge e fossi, agli inizi del novecento a circa 3.150 ettari. avrebbero poi condotto a elevata produttività le terre, in quegli anni le condizioni igieniche e la dotazione di con l’affermazione dell’azienda capitalista che face- spazi rispetto alle esigenze risultavano alquanto pre- va capo alla cascina della bassa pianura irrigua. carie. prese avvio in quel periodo l’intenso dibattito alla prima costituzione quattrocentesca del patrimo- tra gli esponenti di governo locali circa la necessità nio del nuovo istituto fece poi seguito l’aggregazione di erigere un nuovo ospedale, dotato dei requisiti ne- dell’ospedale di san lazzaro, nel 1594. nella seconda cessari a soddisfare le necessità di una moderna città metà del settecento, in occasione della soppressio- e nel quale concentrare i servizi ospedalieri sparsi in ne degli ordini monastici, furono aggregati anche i numerosi piccoli centri di assistenza e cura del ca- Conventi di san Francesco e di san luca (1777) e del poluogo. nel confronto, che durò trent’anni, si profi- Convento di san pietro po (1782), quest’ultimo con la lò anche la possibilità di riunire sotto la giurisdizione consistente dote di oltre 700 ettari di campagna, oltre dell’ospedale maggiore anche il secondo nosoco- a un elevato numero di livelli, capitali e fitti d’acque. mio esistente in città, l’ospedale ugolani Dati, fonda- al volgere dell’ottocento l’ospedale di Cremona, to nel 1603 e insediato nel cinquecentesco palazzo 99
  • 30. affaitati. la riunificazione tardò molti anni prima di concretizzarsi e, nel frattempo, nel 1910, fu reso pub- blico il progetto del cremonese Jotta per un nuovo ospedale, sviluppato con soluzioni architettoniche e tecnologiche derivate dalla visita ai migliori ospedali europei del tempo. nel 1935, col raggruppamento in un’unica ammini- strazione degli ospedali maggiore e ugolani Dati, e di altre minori strutture cittadine, fu costituito l’ente degli istituti ospitalieri. alla metà del secolo alla vecchia sede di piazza dell’ospedale, oggi piazza Giovanni XXiii, si erano ag- giunti in fasi successive altri corpi e fabbricati; pur se organizzato in sedi diverse, con le conseguenti dise- conomie di esercizio, gli istituti ospitalieri di Cremona raggiungevano il livello di prima Categoria, garanten- do il massimo dell’assistenza con tutte le prestazioni specialistiche e una capienza complessiva di quasi 1500 posti letto. solo nella seconda metà del novecento si concre- tizzò la costruzione dell’odierno ospedale, inaugurato nel 1972. il nosocomio è inserito in un’area pressoché quadrangolare, in buona parte sistemata a parco e giardino alberato, entro la quale una trama di percor- si e di viabilità conduce all’imponente nucleo cen- trale, cosiddetto monoblocco, e da questo si allunga alla serie di edifici bassi distribuiti a corona, da ovest Il blocco dell’ospedale, a est. il progetto è dovuto ad arturo braga, capo in- dal parco 0 10
  • 31. gegnere dell’ospedale maggiore di milano, che ha tori, dagli spazi di distribuzione e dai servizi ospedalieri. lavorato in collaborazione con lo specialista igienista sul fronte opposto all’ingresso principale si trova an- professor enrico ronzani (entrambi impegnati anche che la chiesa, elevata a sede parrocchiale, dedicata nella progettazione dell’ospedale di Crema). alla beata vergine maria della pietà. pressoché uni- alla realizzazione dell’opera, iniziata nel 1965 e porta- co nel complesso, presenta prospetti rivestiti in lastre ta a completamento nel 1970 dalla senese impresa lapidee, alle quali si aggiunge un’ampia soluzione in di costruzioni pa-bar, hanno contribuito gli ingegneri mattone sulla facciata principale. romano sora e evandro sacchi. i fabbricati distribuiti all’intorno, limitati a due e tre Fulcro del sistema è il palazzo elevato su nove piani piani, assolvono alle diverse funzioni di supporto; fra fuori terra, con pianta ad H, o doppia t, modello rico- questi, la palazzina direzionale, attestata su viale del- noscibile anche nell’ospedale san paolo alla barona la Concordia, il vicino polo universitario e al margine di milano (Carlo Casati, 1964-1984). opposto, l’edificio adibito alla cura delle malattie il nucleo centrale è delimitato da due corpi lunghi e infettive e la palazzina dei servizi tecnici. la chiara curvilinei dove sono organizzati gli ambienti di degen- immagine architettonica che li accomuna è caratte- za e gli studi medici; di superficie pressoché identica, rizzata dalle regolari aperture secondo un disegno a sono opportunamente distanziati per esser raccorda- griglia e dalla prevalente finitura in mattonelle di gres ti al centro dagli spazi di pronto soccorso, dai labora- ceramico di colore azzurro. in fase di completamento, Dettagli della facciata della palazzina direzionale e del monoblocco 1 10
  • 32. la nuova piastra operatoria introduce interessanti ele- menti di discontinuità architettonica, su progetto di alberto stasi, ingegnere a capo del servizio tecnico patrimoniale dell’ospedale. Grande attenzione è posta anche agli spazi del par- co, con alberature rigogliose tipiche della pianura irri- gua: aceri, acacie, tigli, ippocastani, pioppi e platani oltre a conifere, distribuite prevalentemente nel set- tore a sud-est, secondo un disegno a macchia che genera scorci continui e visuali sugli edifici, delimita e asseconda i percorsi di distribuzione, anche attraver- so contenute ondulazioni del suolo. Col tempo, l’istituto ospitaliero è divenuto un com- plesso centro di ricerca scientifica che ha saputo far tesoro della incessante attività di tanti illustri medici, protagonisti della vita civile e della cultura del capo- luogo, primi fra tutti Gaspare aselli (1581-1625), me- dico chirurgo e anatomista, docente all’università di pavia, e Francesco robolotti, medico, storico e patrio- ta mazziniano. l’alto valore storico ed artistico del patrimonio pro- dotto e accumulato nei secoli è ben rappresentata della notevole documentazione conservata all’ar- chivio di stato di Cremona, e dalla collezione d’arte. Ingresso della palazzina direzionale 2 10
  • 33. Corsia del reparto ostetricia
  • 34. SCheda 5 L’Ospedale A. Manzoni di Lecco di Daniele Garnerone L’edificio ospedaliero, collegato al polo amministrativo-didattico lecco, e “Quel ramo del lago di Como che volge a dell’istituto. il primo momento relativo alla costituzio- mezzogiorno...”, sono centrali nella storia della lette- ne di un luogo per il soccorso dei bisognosi, il ricovero ratura e del risorgimento d’italia. ad alessandro man- e la cura dei malati a lecco ha origini religiose. risale zoni è intitolato il nuovo ospedale alle porte della al 1741, quando il sacerdote della città manzoniana città, a est del nucleo antico, nella residua zona pia- Don Giovanni battista pagani, parroco del borgo di neggiante ai piedi dei rilievi montuosi che si innalzano acquate, dispose nel testamento che gran parte del- verso le frazioni Germanedo e acquate, in posizione le proprie risorse patrimoniali fossero impegnate nella particolarmente favorevole rispetto al sistema di via- fondazione di un ospedale. bilità che collega la città con i capoluoghi delle vici- alla morte dell’illustre reverendo, avvenuta nel 1768, il ne province. testamento venne aperto fra le rimostranze degli ere- si tratta di una struttura modello – a guida dell’omo- di. D’altro canto, la stessa amministrazione austriaca, nima azienda ospedaliera costituita nel 1995 e com- contraria con la propria politica alla concentrazione prendente il presidio di merate, dov’è attivo l’ospe- dei patrimoni di provenienza ecclesiastica, pose il veto dale san leopoldo mandic, e l’ospedale umberto i all’operazione limitando a un quinto dell’ammontare di bellano – caratterizzata da elevati contenuti tec- il lascito a favore dell’ente in via di costituzione. nologici e improntata a una immagine di grande mo- tale provvedimento impedì di fatto la realizzazione dernità che rende onore agli oltre 250 anni di storia del nuovo istituto e, con il capitale a disposizione, fu 4 10
  • 35. Collegamento verticale al piano 2° costituito un servizio sanitario attivo sul territorio lec- a compimento nel 1840. Di fronte alla mancanza di chese, garantendo altresì un sussidio mensile agli indi- residue risorse per affrontare le spese di gestione, la genti, agli infermi e alle puerpere. chiesa sollecitò l’intervento dei fedeli per consentire Fu per iniziativa privata e per il tramite di benefatto- l’entrata in funzione del nuovo ospedale. Fra i promo- ri che l’ospedale potè alfine costituirsi. tra il 1830 e il tori dell’iniziativa anche il sacerdote vittorio Cremo- 1835, il ricco commerciante lecchese antonio muzzo na, primo amministratore dell’ente, che nel 1843 pre- elargì la somma di 40.000 lire milanesi allo scopo di stò giuramento per ricoprire la carica. nell’agosto di erigere un ospedale “di ampiezza sufficiente a col- quell’anno l’attività ospedaliera prese avvio dando locarvi i poveri di un comune che conta oltre 4.000 ospitalità ai primi pazienti. abitanti”. Già verso la fine del secolo si erano manifestate le il proposito fu raccolto anche da pompeo redaelli ristrettezze e le limitazioni della struttura, di fronte alle che mise generosamente a disposizione il terreno su quali gli operatori più illustri della città promossero la cui erigere la costruzione, corrispondente all’attuale costruzione di un nuovo edificio. sede del municipio, e dall’architetto Giuseppe bova- Gli ingegneri mella e ongania, incaricati dall’ammi- ra che prestò gratuitamente la propria opera per re- nistrazione di elaborare il progetto, proposero una digere il progetto dell’edificio. soluzione mirata a ottenere il massimo di modernità, l’opera ebbe inizio e, non senza difficoltà, fu portata “escludendo il tipo (dei) vecchi ospedali caserme”; 5 10
  • 36. l’area individuata, affacciata alla via Ghislanzoni, tra le prime iniziative concrete per il nuovo complesso il lago e la ferrovia, avrebbe consentito ampliamen- ospedaliero. alla fine degli anni ottanta è approva- ti futuri. i lavori avviati sono portati a compimento to il progetto preliminare e, con gara d’appalto, nei nell’arco di diciotto mesi. nel 1900, trasferiti i degenti primi anni novanta sono aggiudicati i lavori di costru- nel nuovo nosocomio dotato di 80 posti letto, il vec- zione, condotti da un consorzio di imprese costituito chio fabbricato è venduto al Comune per la somma attorno alla impregilo. di 100.000 lire. le vicende storiche e politiche dei pri- il progetto, elaborato dall’architetto aurelio Gorgeri- mi decenni del secolo vedono affermarsi il ruolo degli no, con la consulenza architettonica di marco zanu- ospedali minori distribuiti sul territorio; per l’ospedale so e di bohdan paczowski, è portato a compimento di Circolo di lecco è disposta la funzione a servizio di nell’arco di un decennio, con solenne inaugurazione 61 comuni della provincia di Como. attorno agli anni il 5 febbraio 2000. trenta, con i contributi erogati anche della Cassa di principi ordinatori sono l’immagine architettonica, net- risparmio, sono messi a cantiere i lavori di ampliamen- ta e definita, e il rapporto con il contesto. ne deriva un to dell’edificio, realizzati su progetto dell’architetto e giusto inserimento nel paesaggio, sia rispetto ai valori ingegnere mario ruggeri. naturali, primariamente determinati dai rilievi che domi- alla metà del novecento si creano i presupposti nano il territorio lecchese, sia rispetto agli elementi dello per quello che diverrà, molto più tardi nel tempo, il spazio urbano, qui caratterizzato dai consueti tipi edilizi nuovo e attuale ospedale. è del 1954 la disponibilità non definiti unitariamente della periferia. dell’area circostante villa eremo su iniziativa del sin- l’organizzazione planimetrica del complesso, un si- daco ugo bartesaghi. l’antica dimora, edificata alla stema costituito da tre corpi principali – l’edificio fine del seicento dai marchesi serponti, viene ven- ospedaliero, il palazzo direzionale e amministrativo, il duta al Comune che, all’indomani dell’acquisizione, blocco degli impianti tecnologici e dei servizi – col- destina la grande proprietà terriera adiacente alla legati da percorsi e strutturato da spazi verdi a prato costruzione di un nuovo ospedale. è ancora lo stesso e alberature a filare ne fanno un modello particolar- ruggeri a studiare una soluzione sull’area, ma il pro- mente riuscito. all’albero, del resto, è fatto esplicito getto non ha seguito. riferimento nella definizione dell’impianto nel quale Frattanto, ai successivi ampliamenti e adeguamenti l’edificio che ospita i servizi e le attrezzature tecnolo- funzionali dell’ospedale cittadino si accompagnano giche corrisponde alle radici, la palazzina direzionale 6 10
  • 37. assolve alla funzione del tronco e l’ospedale vero e proprio rappresenta la chioma. un modello che alla natura fa esplicito riferimento, dunque, e con le sue componenti di forma, materia, colore e luce l’architettura si confronta, generando paralleli particolarmente efficaci: cosicché le scabre rocce che si ergono monumentali a corona della città si ritrovano nei materiali, nel cromatismo, nell’al- ternarsi di vuoti e pieni, nel contrapporsi di luci e om- bre generate dai volumi dell’ospedale, nettamente emergenti dai prati circostanti, anche in pronuncia- to declivio. se la componente naturale ha ispirato il progetto, è alla vita umana che è riconosciuta la centralità delle funzioni e degli spazi dell’ambiente ospedaliero. nel palazzo delle degenze, le camere sono a uno o due letti, con ampie superfici vetrate che consentono di allargare la vista sul paesaggio del lago e dei monti lecchesi. non di meno gli aspetti tecnologici e costruttivi restituiscono l’immagine della modernità e dell’efficienza. accanto alla netta distin- zione dei volumi edificati per specificità di funzione, vi è una pressoché perfetta organizzazione delle attivi- tà propriamente ospedaliere, con la netta divisione dei percorsi, l’automazione mediante carrelli robot dei trasporti in galleria – lungo l’asse di collegamen- to dei tre edifici – dei materiali sanitari e dei servizi di cucina, una spiccata attenzione all’umanizzazione degli ambienti con particolare dotazione di requisiti L’edificio ospedaliero e la palazzina del polo amministrativo- didattico 7 10
  • 38. accessori e complementari. le imponenti dimensio- ni del complesso, oltre 500.000 mc di volume e circa 140.000 mq di superficie coperta, sono peraltro miti- gate dall’altezza massima di quattro piani fuori terra dell’ospedale vero e proprio. il volume dell’edificio, a pianta rettangolare, risulta peraltro notevolmente “al- leggerito” da sei corti originate dalla doppia crociera interna – impianto che rievoca la milanese Ca’ Gran- da – e dall’apertura centrale, attestata lungo l’asse longitudinale, dove lo spazio di accesso pubblico di- venta una piazza, raccogliendone gli elementi costi- tutivi di forma e funzione. su di essa si apre l’ingresso al palazzo delle degenze, con un vasto salone di acco- glimento e attesa sul quale affacciano le vetrine dei negozi a perimetro. i collegamenti verticali, mediante ascensori e scale mobili, consentono di raggiungere anche i due piani sotterranei a livello dei quali sono distribuiti l’ampia autorimessa per 1.250 posti, il polo didattico con aule di studio e un’aula magna per riu- nioni e conferenze, dov’è esposta la quadreria con i ritratti delle illustri personalità legate alla storia dell’isti- tuto, l’archivio generale, laboratori e sale operatorie. La piazzetta all’ingresso dell’ospedale con il collegamento coperto 8 10
  • 39. L’edificio ospedaliero, dalla scalinata di accesso
  • 40. SCheda 6 L’Ospedale Maggiore di Lodi di Adele Simioli Ospedale vecchio di Lodi, fronte principale l’ospedale maggiore di lodi, che occupa l’intero iso- che dichiarano l’indubbia rilevanza del complesso lato compreso tra piazza ospitale e le vie bassi, Go- dal punto di vista storico-artistico, in merito allo svi- rini, pallavicino e serravalle, è attualmente adibito a luppo urbanistico-architettonico della città di lodi e sede asl e indicato anche come ospedale vecchio come specchio del mutare delle concezioni ospe- per distinguerlo da quello nuovo costruito negli anni daliere dal medioevo ai nostri giorni. l’aspetto attua- sessanta nella non lontana area adiacente viale sa- le del vecchio ospedale è il risultato di una serie di voia. nel nuovo ospedale è stata concentrata l’attivi- ampliamenti e edificazioni succedutesi intorno a un tà sanitaria organizzata in reparti e laboratori, mentre primitivo edificio a crociera quattrocentesco, in un nella sede storica trovano posto uffici amministrativi e continuo sforzo di adeguamento funzionale. l’ente attività ambulatoriali. nacque nel 1457 come aggregazione di diciassette la calda facciata gialla dell’ospedale vecchio, di diversi antichi nosocomi esistenti nella diocesi di lodi marcata orizzontalità, insieme alla mole duecente- grazie alla committenza di Carlo pallavicino, vescovo sca della chiesa di s. Francesco racchiude e ripara della città dal 1456 al 1497. tra gli istituti preesistenti l’accogliente piazza ospedale; penetrando all’inter- quello di maggior rilevanza era la casa di carità in- no dell’edificio ci si imbatte in spazi interni ed esterni titolata al santo spirito, fin dagli inizi del Xiii secolo1 1 La lapide oggi posta sull’entrata della chiesa dell’ospedale, proveniente da una delle demolite chiese dell’area e datata 1246, testimonia l’esistenza dell’ospedale già in quella data. L’iscrizione in volgare (santo e salutevole pensiero è l’orare per gli defunti - 2 mag 1246), che risale a venti anni prima della nascita di Dante, ha inoltre un elevato valore archeografico. 0 11
  • 41. dedicata al soccorso dei bisognosi. Gli storici lodigiani re. la soluzione a crociera rappresentava una solu- rilevano che il luogo fu trasformato dal frate fondato- zione artisticamente soddisfacente per la regolarità re Facio in vero e proprio ospizio gestito da un ordine della pianta e un grande avanzamento della tecnica d’infermieri obbedienti alla regola di s. agostino e ospedaliera: dalla sala centrale era infatti possibile costituito da un’infermeria e da una chiesa con sa- vedere tutti gli ammalati i cui letti erano disposti lun- crestia. l’ospedale vecchio è sorto sullo stesso luogo go le pareti perimetrali delle quattro corsie, allo stesso del primitivo istituto di carità ereditandone il ruolo, il modo l’altare era nel campo visivo di tutti i degenti. primo personale e lo stemma, in cui è rappresenta- la fabbrica è stata interessata da continui amplia- ta una colomba che reca un ramoscello d’ulivo nel menti dal Xvi alla fine del Xviii secolo fino a giunge- becco. l’istituto fu eretto a partire dal 1459 secondo re all’impianto il cui scheletro è visibile ancora oggi un impianto a crociera apertamente ispirato alla fila- nonostante le superfettazioni. tra i vari progetti di retiana Ca’ Granda di milano (la cui costruzione era ampliamento rinvenuti in archivio, un disegno data- stata avviata nel 1456) tanto da suggerire in passato to 1537 ed oggi disperso, è stato attribuito al celebre l’ipotesi di un intervento diretto di Filarete stesso nel architetto pellegrino tibaldi. il progetto non realizzato progetto . la paternità dell’opera, tradizionalmente 2 immediatamente per difficoltà economiche, potreb- attribuita a Giovanni battista da Comazzo e beltramo be rappresentare la base degli interventi successivi da pandino, non può essere stabilita con certezza: il dilazionati nel tempo. la figura che ne è derivata è ruolo dei due architetti è stato infatti ridimensionato una doppia croce costituita da due lunghe infermerie di recente da serena pesenti a favore di antonio da parallele attraversate da un braccio più corto (69 m) zurlengo mentre raffaela Gorini propende per il bre- 3 esteso tra via bassi e via pallavicino. la doppia croce sciano tonino da lumezzane . l’impianto originario a 4 permetteva di separare le corsie femminili da quelle croce semplice è oggi solo immaginabile: esso era maschili e in un secondo momento i malati cronici o costituito da due corsie di uguale lunghezza che si incurabili da quelli convalescenti dando inizio ad un incrociavano in un vasta sala dove era posto l’alta- certo grado di separazione degli ammalati, che rima- 2 Agnelli G., Ospedale di Lodi – Monografia storica, Il Pomerio, Lodi 1964, p. 47. 3 Pesenti S., L’Ospedale Maggiore di Lodi, in Franchini L. (a cura di), Ospedali lombardi del 400. Fondazioni, trasformazioni, re- stauri, Newpress, Como, 1995, pp. 179-200. 4 Gorini R., L’ospedale di Santo Spirito della Carità a Lodi: storia della fabbrica in «Artes - periodico annuale di storia delle arti», vol. IV, Università di Pavia, Pavia 1996, pp. 44-53. 1 11
  • 42. nevano comunque non distinti per patologia. Quan- do la richiesta di posti letto superava le capacità dell’ospedale, essi venivano aumentati aggiungendo campate ai bracci della crociera, motivo dell’irrego- larità della figura le cui estremità si allungano fino ai limiti del lotto. le altissime infermerie erano illuminate da grandi finestre e attraversate da piccoli ballatoi con ringhiera (ancora visibili e ben conservati) che correvano in alto lungo i muri perimetrali e da cui era possibile sorvegliare i degenti. lo spazio interno della crociera viene utilizzato ancora oggi: in anni recenti esso è stato suddiviso in altezza tramite l’edificazio- ne di un solaio intermedio, così da ottenere ambienti più piccoli da adibire ad uffici. Dalle testate terminali della crociera, specie dall’ingresso dell’ospedale, è ancora possibile percepire la volumetria originaria. negli spazi adiacenti la crociera erano inseriti servizi e luoghi di riunione e riposo per gli ammalati: rimane memoria di sedici cortili, di cui il più bello e armonioso è il piccolo chiostro quattrocentesco della farmacia. si tratta di un cortile quadrato, con piccolo pozzo al centro, circondato da un portico a due ordini. al li- vello inferiore si succedono 16 archi a tutto sesto, 4 per lato, sostenuti da colonne con capitelli a foglie lobate; a ogni arco ne corrispondono due più piccoli nel secondo ordine, soluzione adottata di frequente nella tradizione architettonica lombarda. Gli archivolti del portico terreno sono arricchiti da fregi variamente Chiostro della farmacia, particolare decorativo 2 11