Link Campus University of Malta - Lezioni nn. 3 e 4 - Tranfer Pricing
1. Link Campus University of Malta - ROMA
Laurea Specialistica in International Management
CORSO DI PIANIFICAZIONE FISCALE E
FINANZIARIA INTERNAZIONALE
(Titolare: Prof. Piergiorgio Valente)
IL TRANSFER PRICING
Relatore: Dott. Claudio Melillo
2. IL TRANSFER PRICING
Cenni introduttivi;
La disciplina UE;
La normativa del TUIR;
Il valore normale;
I metodi per la determinazione del valore normale;
Onere della prova;
Doppia imposizione;
Ruling internazionale;
Rischi penal-tributari.
3. IL TRANSFER PRICING
Cenni introduttivi
Art. 110, co. 7 e 2, e Art. 9, co. 3, T.U.I.R.
a cura di Claudio Melillo
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4. IL TRANSFER PRICING
Cenni introduttivi
Per «transfer pricing» si intende il complesso di
tecniche e procedimenti adottati dalle imprese
multinazionali nella formazione dei prezzi relativi
alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi
che intervengono tra le diverse entità del gruppo
operanti in Stati diversi.
(C. Garbarino, «Transfer Price», in Digesto delle Discipline Privatistiche - Sez.
Comm.le, vol. XVI, Torino, 1999, p. 1 ss.)
a cura di Claudio Melillo
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5. IL TRANSFER PRICING
Cenni introduttivi
Il fine principale delle disposizioni antielusive sul
transfer pricing emanate sia dagli ordinamenti
interni sia dagli organismi sovranazionali (Ocse,
Ecofin, ecc…) è quello di evitare che le
multinazionali pervengano, attraverso una
sovrastima o una sottostima dei prezzi di
trasferimento infragruppo, al dirottamento di
porzioni di reddito imponibile verso Stati a
fiscalità ridotta (anche black list).
a cura di Claudio Melillo
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6. IL TRANSFER PRICING
Esemplificazione
A↑ = Impresa residente in un Paese ad alta fiscalità (es. Italia);
B↓ = Società residente in un Paese a bassa fiscalità (es. Irlanda);
A↑ e B↓ appartengono al medesimo gruppo multinazionale;
X30 = bene/servizio scambiato; VNx = Valore Normale di X = 30;
In che modo A↑, sfruttando l’appartenenza al gruppo, può dirottare una porzione
di reddito verso un Paese a bassa fiscalità ???
Es. Manipolando i prezzi relativi alle cessioni o agli acquisti:
1) A↑ cede a B↓ il bene/servizio X30 ad un prezzo di trasferimento (infragruppo) di 20 <
VNx (quindi: B↓ paga ad A↑ un corrispettivo più basso rispetto al VNx; in questo
modo una quota di reddito pari a 10 resta nel Paese a bassa fiscalità.
2) A↑ acquista da B↓ il bene/servizio X30 ad un prezzo di trasferimento (infragruppo) di 40
> VNx (quindi A↑ paga a B↓ un corrispettivo più alto rispetto al VNx; in questo modo
una quota di reddito pari a 10 viene trasferita nel Paese a Bassa fiscalità. Inoltre …
a cura di Claudio Melillo
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7. IL TRANSFER PRICING
Esemplificazione
E’ evidente che, nel secondo caso (A↑ acquista da B↓), il
vantaggio complessivo è maggiore poiché l’acquisto ad un
prezzo sovrastimato (40 anziché 30) da parte di A↑
produce un duplice effetto fiscale:
trasferimento nel Paese a bassa fiscalità di una
porzione di reddito (pari a 10) che avrebbe dovuto
soggiacere ad una tassazione più elevata in Italia;
registrazione in contabilità di un costo sovrastimato
(pari a 40 anziché 30) con conseguente maggiore
abbattimento del reddito imponibile (in Italia);
a cura di Claudio Melillo
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8. IL TRANSFER PRICING
L’evoluzione normativa in ambito UE
Prima di analizzare nel dettaglio le norme interne relative
al Transfer Pricing (Artt. 110, commi 7 e 2, e 9 Tuir) è
opportuno fare un breve excursus sull’evoluzione della
disciplina in ambito UE in quanto il dibattito a livello
europeo ha influenzato molto e continuerà ad influenzare
in futuro questo settore normativo.
Ripercorriamone le tappe principali:
a cura di Claudio Melillo
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9. IL TRANSFER PRICING
L’evoluzione normativa in ambito UE
23 luglio 1990: Il Consiglio UE adotta una Convenzione sui prezzi di trasferimento per favorire l’armonizzazione
della fiscalità internazionale nei rapporti tra imprese di diversi Paesi;
1 ottobre 1997: La Commissione UE emana una Comunicazione (n. 564) in cui vengono evidenziati gli effetti
negativi della tradizionale mancanza di coordinamento fiscale nell’UE e si prefigura una nuova visione delle
tematiche fiscali: il focus si sposta sulla necessità di ridurre le distorsioni fiscali e di evitare tutte le forme di
concorrenza fiscale sleale;
1 dicembre 1997: Il Consiglio UE approva il cd. Pacchetto Monti che contiene, tra l’altro, un Codice di Condotta
sulla concorrenza fiscale dannosa in materia di imposizione delle imprese; in particolare, il Codice di Condotta
individua le misure fiscali ritenute dannose per la concorrenza secondo i criteri stabiliti dal documento del 1997.
TUTTAVIA, non avendo natura vincolante per gli Stati membri, ha un ruolo più politico che normativo;
23 ottobre 2001: La Commissione UE emana una Comunicazione (n. 582) relativa ai risultati dello studio
“Towards an internal market without tax obstacles”, con cui si fornisce una strategia per rimuovere gli ostacoli
fiscali al mercato interno, tra i quali figura proprio il Transfer Pricing;
21 marzo 2002: La Commissione UE, su proposta del Consiglio, costituisce una commissione (EUJTPF -
European Union Joint Transfer Pricing Forum) formata da un esperto per ciascun Paese membro e da 10
esperti provenienti dalle imprese, con l’obiettivo di trovare soluzioni pratiche alle problematiche derivanti
dall’applicazione delle norme sul transfer pricing agli scambi infragruppo effettuati nell’UE e, in definitiva,
elaborare una proposta di Codice di Condotta relativo alla documentazione dei prezzi di trasferimento;
3 giugno 2003: Il Consiglio ECOFIN approva definitivamente il pacchetto fiscale Monti;
7 novembre 2005: La Commissione UE propone il Codice di Condotta per la documentazione inerenti i prezzi
di trasferimento;
28 luglio 2006: Nel giornale ufficiale UE nr. C176, volume 49, viene pubblicata la Risoluzione 2006/C176/01
che ha approvato il citato Codice di Condotta.
a cura di Claudio Melillo
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10. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
Si rivolge agli Stati UE e alle imprese associate nella UE
(es. multinazionali);
fa parte della c.d. SOFT LAW, ossia non ha valore di
norma di legge (nel senso che contiene delle semplici
raccomandazioni la cui applicazione è facoltativa - infatti
l’Italia non l’ha ancora recepito);
mira a ridurre i costi di conformità alle normative per i
contribuenti;
Tende a uniformare le richieste delle singole
Amministrazioni finanziarie interessate;
Riguarda la documentazione dei prezzi di trasferimento e
prevede due set di documenti:
1) MASTER FILE (a contenuto generale);
2) COUNTRY SPECIFIC (a contenuto specifico).
a cura di Claudio Melillo
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11. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
IL MASTER FILE:
è predisposto dalla CAPOGRUPPO e deve contenere la
DESCRIZIONE GENERALE del gruppo, del settore in cui
opera, dell’attività svolta e dei criteri di transfer price
adottati nelle transazioni infragruppo.
COUNTRY SPECIFIC:
è predisposto dalla SINGOLA CONTROLLATA e deve
contenere la DESCRIZIONE SPECIFICA di attività,
caratteristiche, ruoli, transazioni, metodi e margini relativi
alle transazioni effettuate da quest’ultima.
a cura di Claudio Melillo
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12. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
In caso di verifica da parte dell’A.F., chi deve fornire i
citati documenti (master file e country specific)?
Secondo le raccomandazioni del Codice di Condotta,
RESPONSABILE della conservazione e della consegna di
entrambi i documenti (master file e country specific) all’A.F.
interessata è il CONTRIBUENTE NAZIONALE sottoposto alla
verifica.
(Si ricorda che questa prassi, in Italia non è stata ancora resa
obbligatoria).
a cura di Claudio Melillo
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13. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
Negli ultimi anni molti Paesi UE hanno deciso di adottare il
Codice di Condotta, introducendo norme o circolari che
obbligano i contribuenti alla predisposizione della
documentazione sui prezzi di trasferimento, contestuale o
successiva alle transazioni effettuate tra le imprese del
gruppo.
Si noti che, a questo proposito, l’UE ha invitato i Paesi
membri a non emettere norme o circolari nazionali più
gravose rispetto a quanto previsto dal Codice di Condotta.
a cura di Claudio Melillo
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14. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
Paesi UE che Paesi UE che
HANNO GIA’ ADOTTATO NON HANNO ANCORA ADOTTATO
norme o circolari sulla documentazione:
norme o circolari sulla
1. Francia (1.1.1997) documentazione:
2. Danimarca (1.1.1999) (1.1.2005)
3. Regno Unito (1.7.1999)
4. Polonia (1.1.2001) 1. Austria
5. Olanda (1.1.2002) 2. Bulgaria
6. Germania (1.1.2003) 3. Cipro
7. Portogallo (1.1.2002)
8. Ungheria (1.1.2005) 4. Estonia
9. Spagna (1.1.2006) 5. Finlandia
10. Repubbl. Ceca (1.1.2006) 6. Grecia
11. Belgio (14.11.2006)
12. Svezia (1.1.2007) 7. Italia (in fase di recepimento)
13. Romania (1.1.2008). 8. Irlanda
9. Lettonia
10. Lituania
11. Lussemburgo
12. Malta
13. Slovacchia
14. Slovenia.
a cura di Claudio Melillo
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15. IL TRANSFER PRICING
Il codice di condotta UE
Considerazioni sul caso Italia:
Il Fisco italiano ha già predisposto una bozza di circolare di prossima emissione sulla
documentazione delle transazioni infragruppo, il cui contenuto è sostanzialmente
conforme con quanto previsto dal Codice di Condotta UE.
Secondo un’indagine condotta da KPMG:
Il 43% dei dipartimenti fiscali delle aziende italiane ha scarsa o addirittura
nessuna conoscenza per eseguire un’analisi adeguata della
documentazione relativa alle transazioni infragruppo.
Il transfer pricing è destinato ad assumere un peso sempre maggiore;
infatti, il 45% degli intervistati ritiene che il tema dei prezzi di
trasferimento sarà uno dei punti di maggiore interesse nei prossimi anni.
Il 35% delle imprese italiane ritiene importante che le raccomandazioni
contenute nel Codice di Condotta UE per la documentazione delle
transazioni infragruppo siano recepite dall’Italia.
(fonte: Il Sole 24 Ore del 7.4.2008)
a cura di Claudio Melillo
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16. IL TRANSFER PRICING
Norme interne e prassi
DISCIPLINA VIGENTE IN ITALIA
Legislazione
Art. 110, commi 7 e 2, Tuir;
Art. 9, comma 3, Tuir.
Le norme citate non forniscono sufficienti indicazioni
pratiche per una loro corretta applicazione. Da questo
punto di vista bisogna, quindi, far riferimento alla:
Prassi ministeriale
C.M. n. 32, prot. n. 9/2267, del 22.09.1980;
C.M. n. 42, prot. n. 12/1587, del 12.12.1981;
C.M. n. 271, prot. n. 10/1059, del 21 ottobre 1997.
a cura di Claudio Melillo
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17. IL TRANSFER PRICING
Prassi e giurisprudenza
… e occorre, poi, considerare le Risoluzioni Ministeriali (da segnalare
la n. 158/E/1998/145735 del 28 ottobre 1998, sul principio di
inerenza), ed infine la giurisprudenza, con particolare riguardo ad
alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione:
Sentenza n. 14016 del 14/12/1999 (Spese di regia);
Sentenza n. 11850, 17/05/2000 (Riaddebito costi a stabile
organizzazione italiana di società estera);
Sentenza n. 76280, 22/06/2006 (Onere della prova);
ma anche della Corte Europea di Giustizia:
Decisione C-307/97 del 21/09/1999 (Libertà di stabilimento);
Decisione C-324/00 del 12/12/2002 (Thin cap - principio di non
discriminazione).
a cura di Claudio Melillo
17 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
18. IL TRANSFER PRICING
Art. 110, Co. 7, del TUIR
«I componenti del reddito (costi, ricavi, minusvalenze, plusvalenze,
sopravvenienze, ammortamenti, ecc…) derivanti da operazioni con
società (società di persone e società di capitali) non residenti nel
territorio dello Stato (residenti anche in paradisi fiscali), che
direttamente o indirettamente (cioè anche tramite un terzo soggetto)
controllano (esercitano un’influenza economica dominante) l’impresa
(cioè tutti quei soggetti ex art. 2082 c.c. che producono reddito
d’impresa ai sensi dell’art. 55 Tuir, come imprese individuali, società di
persone, società di capitali, enti commerciali, stabili organizzazioni di
imprese estere, ecc…), ne sono controllate o sono controllate dalla
stessa società che controlla l’impresa (anche qui il controllo deve
intendersi come influenza economica dominante), sono valutati in base
al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi
ricevuti, determinato a norma del comma 2 (il quale ci rimanda all’art. 9,
comma 3, Tuir), se ne deriva un aumento del reddito;
a cura di Claudio Melillo
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19. IL TRANSFER PRICING
Art. 110, Co. 7, del TUIR
IN SINTESI
la prima parte della norma stabilisce che:
i componenti positivi e negativi del reddito (costi, ricavi,
plusvalenze, minusvalenze, ecc…) derivanti da transazioni
internazionali infragruppo concorrono a formare il reddito
dell’impresa italiana (impresa individuale, società di
persone, società di capitali, ente commerciale, ecc...) in
base al valore normale dei beni e servizi forniti o ricevuti, se
da ciò deriva un incremento di materia imponibile.
a cura di Claudio Melillo
19 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
20. IL TRANSFER PRICING
Art. 110, Co. 7, del TUIR
… seconda parte della norma:
la stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione
del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le
autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure
amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni sui redditi (Art. 25 del Modello di convenzione OCSE). La
presente disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi
prestati da società (società di persone o di capitali) non residenti nel
territorio dello Stato (anche residenti in paradisi fiscali) per conto delle
quali l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime
o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti (in questo caso il
controllo deriva da particolari vincoli contrattuali e, quindi, risulta più
ampio rispetto a quello previsto dall’art. 2359 c.c.)».
a cura di Claudio Melillo
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21. IL TRANSFER PRICING
Art. 110, Co. 7, del TUIR
Dalla lettura della norma emergono due profili:
- SOGGETTIVO
(soggetti coinvolti, localizzazione dei soggetti e
modalità/tipo di controllo degli uni sugli altri);
- OGGETTIVO
(tipologie di beni e servizi scambiati nelle transazioni
infragruppo);
a cura di Claudio Melillo
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22. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
VARIABILI CARATTERIZZANTI IL PROFILO SOGGETTIVO:
1) TIPOLOGIA DI SOGGETTI coinvolti negli scambi infragruppo;
2) LOCALIZZAZIONE DELLE SOCIETA’ NON RESIDENTI;
3) MODALITA’ E TIPO DI CONTROLLO (diretto/indiretto) tra le parti correlate.
SOCIETA’ “B”
IMPRESA “A”
(S.P., S.C.)
(I.I., S.P., S.C., E.C., S.O.)
NON RESIDENTE
RESIDENTE
INFLUENZA (anche black list)
ECONOMICA
DOMINANTE
IMPRESA “C”
(I.I., S.P., S.C., E.C., S.O.)
RESIDENTE O NON RES.
(anche black list)
a cura di Claudio Melillo
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23. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
1) SOGGETTI coinvolti negli scambi infragruppo:
“IMPRESA”: è un concetto ampio che comprende imprese ind.li
(I.I.), società di persone (S.P.), società di capitali (S.C.), enti
comm.li (E.C.), stabili org.ni (S.O.), ossia quei soggetti che
producono reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 del Tuir.
“SOCIETA’”: è un concetto più restrittivo e fa riferimento a tutti
quei soggetti esteri che rivestono una forma societaria (società di
persone o società di capitali). Da una prima lettura della norma
sembra, dunque, che le operazioni infragruppo realizzate con
imprese estere non aventi forma societaria non debbano rientrare
nel campo di applicazione del Transfer Pricing (sul punto il
dibattito dottrinale è stato molto acceso ed il risultato finale
sembra avvalorare proprio questa interpretazione).
a cura di Claudio Melillo
23 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
24. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
2) LOCALIZZAZIONE DELLE SOCIETA’ NON RESIDENTI:
La norma in questione fa riferimento, da un lato ad
un’IMPRESA RESIDENTE e, dall’altro, a SOCIETA’ NON
RESIDENTI.
Queste ultime potranno essere residenti in un Paese a
regime fiscale ORDINARIO oppure (perché la norma non
lo esclude) in un Paese a regime fiscale PRIVILEGIATO
(cd. paradiso fiscale).
a cura di Claudio Melillo
24 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
25. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
3) MODALITA’ E TIPO DI CONTROLLO (diretto/indiretto) tra le parti correlate:
(MODALITA’) >> (CHI CONTROLLA CHI?): La società estera B può essere
(direttamente o indirettamente) controllante o controllata ovvero essere “consorella”
dell’impresa italiana A (tramite l’impresa C che controlla entrambe).
(TIPO) >> (ART. 2359 C.C.?): Il concetto di controllo “deve trovare collocazione in un
contesto economico dinamico, e comprende ogni forma di influenza economica
potenziale e attuale desumibile dalle singole circostanze… (C.M. 32/9/2267 del
1980)”;
esso, inoltre, “include ogni forma di influenza economica potenziale o attuale anche al
di fuori dei casi contemplati dall’art. 2359 c.c.” (istruzioni della dichiarazione dei
redditi).
Questa interpretazione è avvalorata dal fatto che l’art. 110, c. 7, Tuir non fa alcun
riferimento esplicito all’art. 2359 c.c., per cui si ritiene che tale concetto possa ampliarsi
rispetto alla norma civilistica, assumendo la forma di INFLUENZA ECONOMICA
DOMINANTE, ossia un’influenza che, oltre a presupporre un controllo così come
previsto dall’art. 2359 c.c., include anche i seguenti casi concreti:
a cura di Claudio Melillo
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26. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
CASI CONCRETI DI INFLUENZA ECONOMICA DOMINANTE (secondo la C.M. nr.
32/1980):
A vende esclusivamente beni fabbricati da B (o viceversa);
A ha il diritto di nominare alcuni membri del CdA o degli organi direttivi di B (o
viceversa);
A e B hanno in comune alcuni membri dei rispettivi CdA;
Esistono relazioni di famiglia tra le parti (soci, amministratori, ecc…) riconducibili ad A e
B;
A ha concesso ingenti crediti a B ovvero esiste una prevalente dipendenza finanziaria
di A da B (o viceversa);
A e B partecipano a cartelli o consorzi finalizzati, in particolare, alla fissazione dei
prezzi;
In generale tutte le ipotesi in cui venga esercitata, potenzialmente o attualmente,
un’influenza sulle decisioni imprenditoriali di A su B (o viceversa).
a cura di Claudio Melillo
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27. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
E’ opportuno ricordare che NON SEMPRE il concetto di
controllo è stato interpretato nel senso ampio appena
descritto.
INFATTI, secondo una sentenza della C.T.P. di
Alessandria dell’11.12.1995 “il concetto di controllo
rilevante ai fini dell’applicazione della normativa di cui
all’art. 76, comma 5, Tuir (ora 110, comma 7), deve essere
interpretato alla luce dell’art. 2359 c.c. e quindi correlato
alle distinte fattispecie da tale norma previste”.
Tuttavia, se si pensa all’esigenza di coerenza
sistematica, di uniformità terminologica e di certezza
nei rapporti tra Fisco e contribuenti la citata sentenza
appare chiaramente condivisibile.
a cura di Claudio Melillo
27 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
28. IL TRANSFER PRICING
Profilo soggettivo
L’importanza del profilo soggettivo:
Quando si parla (come vedremo) di norme interne di
contrasto dell’elusione ed evasione internazionale
(esterovestizione, transfer pricing, indeducibilità dei costi,
imprese estere controllate e collegate), il PROFILO
SOGGETTIVO, con le sue variabili (tipologia soggetti,
localizzazione, modalità e tipo di controllo) è quasi sempre
determinante ai fini della scelta della norma applicabile (o, in
alcuni casi, delle diverse norme applicabili).
(Cfr. “coordinamento tra norme”).
a cura di Claudio Melillo
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29. IL TRANSFER PRICING
Profilo oggettivo
Per quel che riguarda il profilo oggettivo, il
Transfer Pricing può riguardare le seguenti
operazioni:
Cessioni di beni materiali;
Cessioni di beni immateriali;
Prestazioni di servizi;
Addebito di interessi infragruppo.
a cura di Claudio Melillo
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30. IL TRANSFER PRICING
Valore normale
Come già anticipato, l’art. 110, comma 7, del Tuir, laddove
fa riferimento alla determinazione del valore normale,
richiama il comma 2 del medesimo articolo, il quale recita
come segue:
(Art. 110, c. 2) - “Per la determinazione del valore
normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla
data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la
valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in
natura o in valuta estera, si applicano, quando non è
diversamente disposto, le disposizioni dell’articolo 9;
…”
a cura di Claudio Melillo
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31. IL TRANSFER PRICING
Valore normale
L’art. 9, c. 3, del Tuir recepisce il “principio di libera concorrenza”
consigliato dall’OCSE (c.d. Arm’s lenght principle), cui si rifà
anche l’art. 9 del modello di convenzione OCSE, con il riferimento
al “prezzo che sarebbe stato concordato tra imprese indipendenti
per operazioni identiche o similari a condizioni similari o identiche
nel libero mercato”.
(ART. 9, c. 3) - “Per valore normale si intende il prezzo o
corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della
stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e
al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel
luogo in cui i beni e i servizi sono stati acquisiti o prestati e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi...”
a cura di Claudio Melillo
31 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
32. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
Nella prassi esistono diversi metodi per la determinazione
del valore normale, i quali si dividono in due
macrocategorie:
METODI TRADIZIONALI: basati sulla individuazione del
prezzo congruo di ogni operazione di cessione di beni o
prestazione di servizi infragruppo;
METODI REDDITUALI: basati sull’utile conseguito con la
transazione infragruppo (questi ultimi sono stati introdotti
sotto la spinta del legislatore americano).
a cura di Claudio Melillo
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33. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
I METODI TRADIZIONALI:
1. Metodo del confronto del prezzo (è quello ordinario
consigliato dall’OCSE)
(Comparable Uncontrolled Price Method)
2. Metodo del prezzo di rivendita
(Resale Price Method)
3. Metodo del costo maggiorato
(Cost-plus Method)
a cura di Claudio Melillo
33 13 e 20 gennaio 2009 www.economiaediritto.it
34. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
1. METODO DEL CONFRONTO DEL PREZZO
(Comparable Uncontrolled Price Method)
E’ il metodo da preferire se si vuole applicare il prezzo di libera
concorrenza (Arm’s lenght price) consigliato dall’OCSE.
Secondo la C.M. n. 32/1980, questo metodo si basa sul confronto fra il
corrispettivo effettivamente pattuito per le operazioni infragruppo e
quello che sarebbe stato pagato per analoghe transazioni intercorse tra
imprese esterne al gruppo, indipendenti tra loro (confronto esterno) o tra
un’impresa del gruppo ed un’impresa indipendente (confronto interno).
Una eventuale differenza riscontrata tra il prezzo effettivamente
praticato e l’arm’s lenght price può essere il segnale dell’esistenza di
elementi distorsivi nei rapporti intercorsi tra le imprese del gruppo.
a cura di Claudio Melillo
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35. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
2. METODO DEL PREZZO DI RIVENDITA
(Resale Price Method)
Questo metodo è incentrato sul prezzo al quale il bene, che è stato acquistato da
un’impresa associata, è rivenduto da quest’ultima ad un’impresa indipendente.
Il prezzo di rivendita deve essere ridotto di un appropriato margine lordo (cd.
Resale price margin).
Quello che rimane può essere considerato, dopo gli opportuni aggiustamenti
relativi agli altri costi connessi all’acquisto del prodotto (es. dazi doganali, spese di
commercializzazione, ecc…), come arm’s lenght price (prezzo di libera
concorrenza).
Questo metodo si applica quando non è possibile una comparazione in base al
metodo precedente (confronto del prezzo).
E’ un metodo utile nel caso di soggetti che provvedono alla sola
commercializzazione dei beni.
Al contrario, è sconsigliabile nel caso in cui i beni subiscano trasformazioni o
vengano incorporati in prodotto più complessi.
a cura di Claudio Melillo
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36. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
3. METODO DEL COSTO MAGGIORATO
(Cost-plus Method)
Si applica quando non è applicabile il precedente metodo del prezzo
di rivendita.
Consiste nell’aggiungere al costo di produzione del bene,
comprensivo di tutti i costi diretti e indiretti, un’adeguata percentuale
a titolo di margine di profitto.
a cura di Claudio Melillo
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37. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
I METODI REDDITUALI:
1. Metodo della comparazione dell’utile
(Comparabile Profit Method)
2. Metodo del rendimento del capitale investito
(Return on Investment Method)
3. Metodo della ripartizione dell’utile
(Profit Split Method)
4. Metodo dei margini lordi di settore
(Gross Margin Method)
a cura di Claudio Melillo
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38. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
1. METODO DELLA COMPARAZIONE DELL’UTILE
(Comparabile Profit Method)
I profitti netti generati da un’operazione infragruppo vengono messi a
confronto con quelli realizzati da imprese indipendenti che svolgono
attività analoghe.
Questo metodo ha il vantaggio di non essere influenzato dalle
differenze funzionali intercorrenti fra le diverse società in quanto si
incentra sull’esame dei singoli fattori della catena produttiva.
a cura di Claudio Melillo
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39. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
2. METODO DEL RENDIMENTO DEL CAPITALE INVESTITO
(Return on Investment Method)
Il rendimento del capitale investito generato da un’operazione
infragruppo viene messo a confronto con quelli realizzati da imprese
indipendenti che svolgono attività analoghe.
a cura di Claudio Melillo
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40. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
3. METODO DELLA RIPARTIZIONE DELL’UTILE
(Profit Split Method)
Questo metodo si basa sulla ripartizione dell’utile derivante da
un’operazione infragruppo, sulla base dei fattori produttivi e dei costi
sostenuti dalle imprese del gruppo coinvolte nell’operazione stessa.
Si tratta di un metodo caratterizzato da un elevato grado di
incertezza.
a cura di Claudio Melillo
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41. IL TRANSFER PRICING
Valore normale - metodi
4. METODO DEI MARGINI LORDI DI SETTORE
(Gross Margin Method)
Questo metodo si esplica attraverso la comparazione dei margini
lordi di profitto dello specifico settore economico in cui operano le
imprese che effettuano operazioni infragruppo.
a cura di Claudio Melillo
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42. IL TRANSFER PRICING
Problematiche
Esistono DUE PROBLEMI fondamentali legati
all’applicazione della disciplina del Transfer Pricing:
L’ONERE DELLA PROVA
(che grava sull’Amministrazione Finanziaria);
IL RISCHIO DI DOPPIA IMPOSIZIONE
(che si verifca se, a fronte di una rettifica operata dall’A.F.
italiana sul reddito dell’impresa A residente, il Paese estero
non applica la corrispondente rettifica di segno contrario sul
reddito della società estera B).
Analizziamoli entrambi nel dettaglio
a cura di Claudio Melillo
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43. IL TRANSFER PRICING
Problematiche – l’onere della prova
In che modo è possibile fornire la prova dell’elusione da Transfer Pricing?
NON E’ FACILE dimostrare che una transazione internazionale infragruppo è
stata posta in essere con un fine elusivo. Occorre, innanzitutto, risalire al valore
normale del bene o servizio scambiato.
Nel caso più semplice, gli elementi da cui dedurre il valore normale possono
essere rilevati da listini, tariffe o, qualora questi non siano disponibili, dai dati
contabili.
La situazione si complica nel caso in cui:
- un pdt non abbia termini di raffronto perché realizzato su commissione (una
tantum);
- l’oggetto dello scambio sia immateriale (servizi, consulenze, marchi, brevetti,
ecc…).
Nei casi più complessi, come quelli appena citati, in cui non si possa applicare il
met. del confronto del prezzo, è utile ricorrere (come suggerisce l’OCSE) agli altri
due metodi tradizionali (met. del prezzo di rivendita e met. del costo maggiorato).
a cura di Claudio Melillo
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44. IL TRANSFER PRICING
Problematiche – doppia imposizione
Qualora l’A.F. di uno Stato proceda alla rettifica del reddito
imponibile di un’impresa A in relazione alle operazioni
realizzate con una consociata B di un altro Stato, se il
reddito di quest’ultima impresa non subisce un
adeguamento di segno opposto, si verifica un fenomeno di
doppia imposizione e, quindi:
PUO’ SORGERE UNA CONTROVERSIA
Come si risolve???
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45. IL TRANSFER PRICING
Problematiche – doppia imposizione
In linea di principio, per risolvere eventuali controversie tra
Stati in materia di transfer pricing è possibile:
1. ricorrere alla giurisdizione nazionale;
2. utilizzare la “procedura amichevole” prevista dalle
convenzioni contro le doppie imposizioni (cfr. art. 25
modello OCSE);
3. affidarsi alla convenzione arbitrale dell’UE (si tratta della
convenzione multilaterale europea relativa all’eliminazione
della doppia imposizione in caso di rettifica degli utili di
imprese associate introdotta dalla direttiva 90/436/CE).
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46. IL TRANSFER PRICING
Ruling internazionale
Una prima risposta del legislatore italiano ai due problemi citati (onere della prova e rischio di
doppia imposizione) è stata fornita con l’art. 8 del D.Lgs. n. 269 del 2003, entrato in vigore dal
1°gennaio 2004, che ha introdotto il cd. RULING INTERNAZIONALE.
N.B. Si ricorda che con il termine Ruling si intendono tutti quegli istituti attivabili dal
contribuente, prima che sorga l’obbligazione tributaria, volti a risolvere in via preventiva (ed
interpretativa) possibili controversie afferenti il corretto prelievo tributario. Nella prassi si sono
sviluppati due tipi di ruling:
PUBLIC RULING: riguarda le fattispecie più diffuse, che talvolta assumono la veste di circolari
esplicative con efficacia vincolante sia per i contribuenti che per l’Amministrazione finanziaria
stessa. Vi rientra anche il R.I.
PRIVATE RULING: è una tipologia diffusa soprattutto nei Paesi a fiscalità privilegiata ed
consiste in un accordo finalizzato ad informare ed indirizzare il singolo contribuente
sull'applicazione delle norme tributarie nell'ambito di situazioni specifiche e transazioni
particolari; è sempre vincolante per il contribuente che lo ha chiesto e/o, di solito, anche per
l’A.F. che lo ha emesso. E’ contrastato dagli Stati a fiscalità ordinaria in quanto maschera
trattamenti fiscali di particolare favore, accordati a taluni contribuenti.
a cura di Claudio Melillo
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47. IL TRANSFER PRICING
Ruling internazionale
Il RULING INTERNAZIONALE concede la possibilità all’impresa italiana di
stipulare un “accordo” con l’Amministrazione Finanziaria, in base al quale si fissano
preventivamente i criteri di determinazione del valore normale. L’accordo ha
validità per il periodo d’imposta in corso al momento della stipula e per i due anni
successivi. Esso è vincolante per l’Amministrazione Finanziaria, salvo che non
intervengano modifiche nelle circostanze di fatto e di diritto che hanno avuto
rilevanza all’atto della stipula dell’accordo.
Occorre notare che il R.I. non elimina totalmente i rischi di doppia imposizione
legati al Transfer Pricing, poiché non è vincolante per l’Amministrazione Finanziaria
del Paese di residenza della società estera (che, a sua volta, potrebbe avere
disposizioni in materia di Transfer Pricing). A tal proposito si rileva che l’art. 8 del
D.Lgs. 269/2003 si limita a stabilire che “in base alla normativa comunitaria,
l’Amministrazione Finanziaria invia copia dell’accordo all’autorità fiscale
competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con le quali i
contribuenti pongono in essere le relative operazioni”.
a cura di Claudio Melillo
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48. IL TRANSFER PRICING
Ruling internazionale
La procedura di attivazione del RULING
INTERNAZIONALE è ben determinata;
La competenza a ricevere l’istanza di R.I. spetta
all’Agenzia delle Entrate e, per l’esattezza, ai due “Uffici
Ruling Internazionale” della Direzione Centrale
Accertamento:
- di Milano (per i contribuenti con domicilio fiscale nelle
regioni del Nord);
- di Roma (per i contribuenti con domicilio fiscale nelle
regioni del Centro e del Sud).
a cura di Claudio Melillo
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49. IL TRANSFER PRICING
Rischi penal-tributari
I prezzi di trasferimento sono tipiche valutazioni estimative e, come
tali, possono avere rilevanza penale, qualora vengano superate le
soglie di punibilità previste dalla disciplina sui reati tributari e,
precisamente, dall’art. 4 D.Lgs. 74/2000 (dichiaraz. infedele);
SI PUO’ EVITARE IL REATO?
SI, A CONDIZIONE CHE:
non venga superata la franchigia del 10%
(cioè: valore normale – corrispettivo pattuito sia < 10%)
con riferimento alla singola operazione o categoria di operazioni (su
quest’ultimo punto la dottrina non è concorde – mancano interventi
giurisprudenziali).
MA COSA ACCADE SE SI SUPERA LA FRANCHIGIA (cioè se la
differenza è > 10%)?
a cura di Claudio Melillo
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50. IL TRANSFER PRICING
Rischi penal-tributari
Se si supera la franchigia del 10%
si può ANCORA evitare il reato
A CONDIZIONE CHE
vengano indicati in bilancio (nota integrativa) i
“criteri concretamente applicati”
nella realizzazione degli scambi infragruppo.
(secondo la dottrina prevalente, le indicazioni in nota
integrativa devono essere fornite con ragionevole, ma non
eccessivo dettaglio, per non rischiare di svelare segreti
industriali e suscitare le proteste dei soci di minoranza).
a cura di Claudio Melillo
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51. Link Campus University of Malta
Corso di laurea specialistica in International Management
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
Claudio Melillo
Dottorando di ricerca in Diritto Tributario
c.melillo@gebnetwork.it
VALENTE & ASSOCIATI – Studio Legale Tributario GEB Partners
Sedi: Milano, Viale Bianca Maria, 45 - Torino, Corso Vinzaglio, 35 e
Piazza Bernini, 16 (Prof. Ivo Caraccioli).
a cura di Claudio Melillo
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