Napoli sotterranea s.gaetano e monaciello

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Napoli ha un ipogeo infinito e ricco di storia. Una città sotto la città.  Napoli Sotterranea è una delle più conosciute zone del sottosuolo partenopeo in cui gli eventi sono succeduti e hanno lasciato la loro impronta indelebile (partendo dal ritrovamento di resti dell'epoca preistorica, risalenti a cinque millenni fa circa).  Scendendo una rampa di ben 121 scalini, a 40 metri sotto la strada canonica, si accede alla prima delle numerose cisterne, collegate tra loro da stretti cunicoli.  Esse nacquero come risorsa tufacea per permettere ai Greci la costruzione delle mura della città di Neapolis che stava man mano allargandosi. Proprio per questo, il tufo veniva estratto continuamente secondo una tecnica innovativa: venivano inseriti dei pali di legno all'interno di crepe naturali, così che i blocchi di tufo venissero estratti con maggior facilità senza danneggiare la struttura portante della cava.  I secoli passano, le cave iniziano a svuotarsi, al punto che i Romani nei primi secoli dopo la nascita di Cristo decidono di sfruttare quelle che poi verranno chiamate postume "cisterne" in un acquedotto che trasportasse l'acqua dal lontano fiume Serino dell'Irpinia (l'attuale zona è in provincia di Avellino, quindi a 60 chilometri di distanza) sino alla città crescente, secondo un preciso sistema di cunicoli e reticoli. Si possono perciò notare pozzi sparsi lungo il cammino: fori sulla volta del sotterraneo non molto larghi. Stesso sistema di trasporto fu usato per raggiungere Miseno e fornire di acqua la Piscina Mirabilis per la flotta della Classis Misenensis. Purtroppo il sistema idrico era diventato obsoleto, vista la mole che aveva raggiunto la città di Napoli. Questo fu il motivo per cui l'acquedotto venne trasformato in fognatura. E questo fu anche il motivo che fece nascere la fantomatica figura del  Monaciello . Nella seconda metà del XIII secolo, sotto il dominio di Alfonso D'Aragona, una donna di nome Caterinella - di famiglia benestante - s'innamorò follemente di Stefano, un povero manovale. La differenza di ceto sociale volle quindi i genitori di lei contrari a questo amore, e i due così furono costretti a fughe d'amore notturne.  Durante uno di questi incontri clandestini, Stefano venne ucciso dal padre di Caterinella la quale, straziata dal dolore forte per la perdita del suo amato, decise di rinchiudersi in convento. Ma ella, rimasta incinta, dopo pochi mesi diede alla luce un bambino dal corpo minuto e dalla testa grande.  Fu indicato a Caterinella di impiegare suo figlio nel controllo dell'acquedotto, di farlo divenir così "pozzaro". Il bambino era ideale per quella mansione: riusciva a destreggiarsi nei canalicoli più che stretti delle fognature .  Per proteggersi dall'umidità (e per non farsi vedere), quel ragazzetto strano si copriva con una tunica, che egli possedeva in due colori: rossa o  nera . Tale tunica gli affibbiò il nome di "monaciello", il piccolo monaco. Il popolo partenopeo, da sempre superstizioso, pensava che quando quel giovine dall'aspetto goffo indossasse la tunica rossa era buon segno; quando la tunica era nera invece portasse male. La figura del "pozzaro", in ogni caso, è realmente esistita: un uomo munito di lampada a olio che saliva e scendeva sul "camminamento", una serie di fori nel muro distanti una ventina di centimetri l'un l'altro, che gli permetteva di fuoriuscire sul manto stradale.
   Nel 1600 la fognatura e le cisterne pluviali erano inservibili, così un ricco napoletano, tale Carmignano, costruì un sistema fognario nuovo. Da questo momento in poi, la fognatura si prosciugò e rimase vuota. Finché, durante la Seconda Guerra Mondiale, questa zona sotterranea di Napoli non diventò luogo di riparo per numerose persone. Il sud-Italia in questo frangente storico è stato il luogo geografico più bombardato dagli aerei, e Napoli non ne fu da meno: alcune famiglie, avendo perso la casa, decisero di dormire in strada; tante altre scesero nel sottosuolo e lì rimasero finché la guerra non cessò. Il passaggio dell'aria e delle comunicazioni era garantito solo dai numerosi pozzi che come detto in precedenza servivano per la raccolta dell'acqua. Le pareti, ricoperte di intonaco rosso, portano toccanti scritti e disegni, come la frase “mamma non piangere” e il disegno di un dirigibile aereo che sgancia bombe. Inoltre, vi sono giocattoli dell'epoca, resti di ordigni bellici e installazioni ferree di uomini in preghiera, soldati in difesa e numerose foto che testimoniano i tragici eventi del secondo conflitto bellico. E' soltanto nella metà del 1900 che Napoli Sotterranea acquista connotati importanti e interessanti. Nell'88 fu indetto un concorso mondiale per il quale bisognava avere e mettere in pratica un'idea utile per la fruizione di questo luogo affascinante. In tanti si proposero, furono innumerevoli i suggerimenti strampalati o molto utili. Tra questi ultimi, si decise di trasformare la Napoli Sotterranea in una serra, usando come acqua l'umidità molto elevata del luogo (ci si aggira tra il 70 e l'80%) mantenuta da una temperatura costante di 16-18 °C, e come fonte luminosa lampade a luce fredda. Purtroppo però mancavano i fondi per mettere in pratica questo pensiero vincente. Ma a tutt'oggi esiste un'installazione con questo esperimento botanico, in cui le piante crescono rigogliose. Tutt'intorno poi è possibile scorgere i resti dei cosiddetti “cànteri”, i vasi da notte tipici partenopei riconoscibili dal manico laterale e dalle “cantarèlle” a due manici (questi ultimi però venivano usati anticamente nelle cripte per farci scolare dentro i liquidi corporei dei cadaveri).     Un'ala della Napoli Sotterranea che merita menzione speciale è il luogo dov'è posta una enorme “piscina”, adornata nei lati da  reperti  e manufatti in terracotta. Per raggiungerla bisogna munirsi di una bugia con candela e intrufolarsi tra gli ancora più stretti cunicoli (50 cm di larghezza!) e incamminarsi per 150 metri di curve, discese, piccole rampe. Un cammino attraversato da finestrelle dalle quali è possibile scorgere piccoli corsi d'acqua fiocamente illuminati da luci lontane. Ancora un'altra cisterna ci riporta le antiche usanze di un convento (di clausura fino al 1952): si tratta dell'ipogeo del convento di San Gregorio Armeno, in cui le monache erano solite distillare il famoso vino “tufello”, chiamato così per la tipologia della grotta in cui esse si trovavano. Un vino dedicato a Santa Patrizia, che si dice sciolga il sangue come San Gennaro, ma ogni martedì, e lo trasformasse in tufello.  Le monache scendevano per una scala a pianta quadrata, di notte. E pettegolezzi del luogo narrano che da una scala affine scendevano anche i monaci. Così rallegrati dal vino lì messo a invecchiare, monaci e monache amoreggiavano, al sicuro nel sottosuolo E proprio forse quel suo sbucare d'improvviso col buffo cappuccio che faceva trasalire i passanti, i quali scappando via urlavano "'o  munaciello !". Nella cisterna dedicata al Monaciello vi è una statua metallica installata sul camminamento, in memoria di tale personaggio
 
 
Da qui ha inizio la nostra avventura
 
 
 
 
Quel blocco di cemento armato è la chiusura di uno dei tanti pozzi nell’epoca bellica
Dimostrazione di ciò che poteva accadere
 
Gli strati di colore diverso indicano le varie epoche di utilizzo
 
Malinconici ricordi. Qualche brandina e giocattoli
 
 
 
 
Spiegazione delle modalità di estrazione del tufo
 
 
 
 
Una triste testimonianza : un carro armato tedesco
Maschere antigas
 
 
 
 
Testimonianze dei disagi quotidiani
 
Dimostrazione della validità delle teorie fitologiche ma mai eseguite
 
Alcuni non partecipano a questa parte del tragitto
 
Ma…avrebbe detto Totò “ …siamo uomini o caporali?”
 
 
Ho superato valorosamente tutti i perigli
 
 
 
Valeva la pena di giungere a queste vasche ancora in uso dimostrativo
 
 
 
In questo cellarium avveniva la conservazione di alimenti e vino
 
 
 
 
Attraverso queste scalette si realizzavano “ incontri particolari” tra Suore e Prelati. Siamo sotto il complesso di S. Gregorio Armeno
Rifacciamo il tragitto a ritroso compreso i 130 scalini che ci hanno portato sotto terra di 40 metri
Arriviamo ( io almeno ) senza fiato all’ingresso
 
Fortunatamente il nostro Amico proprietario di una Antica Trattoria di cucina Tipica Napoletana, “da CARMINE “ assolutamente da consigliare ci attende per ristorarci con gli interessi delle fatiche sopportate. In entrambe le situazioni e vi garantisco che ne vale davvero la pena. Ciao e vi aspettiamo Tina e Antonio by  Aflo [email_address]
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  • 1. Avanzamento automatico ad eccezione delle slide 2 e 3 in versione soft
  • 2. Napoli ha un ipogeo infinito e ricco di storia. Una città sotto la città. Napoli Sotterranea è una delle più conosciute zone del sottosuolo partenopeo in cui gli eventi sono succeduti e hanno lasciato la loro impronta indelebile (partendo dal ritrovamento di resti dell'epoca preistorica, risalenti a cinque millenni fa circa). Scendendo una rampa di ben 121 scalini, a 40 metri sotto la strada canonica, si accede alla prima delle numerose cisterne, collegate tra loro da stretti cunicoli. Esse nacquero come risorsa tufacea per permettere ai Greci la costruzione delle mura della città di Neapolis che stava man mano allargandosi. Proprio per questo, il tufo veniva estratto continuamente secondo una tecnica innovativa: venivano inseriti dei pali di legno all'interno di crepe naturali, così che i blocchi di tufo venissero estratti con maggior facilità senza danneggiare la struttura portante della cava. I secoli passano, le cave iniziano a svuotarsi, al punto che i Romani nei primi secoli dopo la nascita di Cristo decidono di sfruttare quelle che poi verranno chiamate postume "cisterne" in un acquedotto che trasportasse l'acqua dal lontano fiume Serino dell'Irpinia (l'attuale zona è in provincia di Avellino, quindi a 60 chilometri di distanza) sino alla città crescente, secondo un preciso sistema di cunicoli e reticoli. Si possono perciò notare pozzi sparsi lungo il cammino: fori sulla volta del sotterraneo non molto larghi. Stesso sistema di trasporto fu usato per raggiungere Miseno e fornire di acqua la Piscina Mirabilis per la flotta della Classis Misenensis. Purtroppo il sistema idrico era diventato obsoleto, vista la mole che aveva raggiunto la città di Napoli. Questo fu il motivo per cui l'acquedotto venne trasformato in fognatura. E questo fu anche il motivo che fece nascere la fantomatica figura del Monaciello . Nella seconda metà del XIII secolo, sotto il dominio di Alfonso D'Aragona, una donna di nome Caterinella - di famiglia benestante - s'innamorò follemente di Stefano, un povero manovale. La differenza di ceto sociale volle quindi i genitori di lei contrari a questo amore, e i due così furono costretti a fughe d'amore notturne. Durante uno di questi incontri clandestini, Stefano venne ucciso dal padre di Caterinella la quale, straziata dal dolore forte per la perdita del suo amato, decise di rinchiudersi in convento. Ma ella, rimasta incinta, dopo pochi mesi diede alla luce un bambino dal corpo minuto e dalla testa grande. Fu indicato a Caterinella di impiegare suo figlio nel controllo dell'acquedotto, di farlo divenir così "pozzaro". Il bambino era ideale per quella mansione: riusciva a destreggiarsi nei canalicoli più che stretti delle fognature . Per proteggersi dall'umidità (e per non farsi vedere), quel ragazzetto strano si copriva con una tunica, che egli possedeva in due colori: rossa o nera . Tale tunica gli affibbiò il nome di "monaciello", il piccolo monaco. Il popolo partenopeo, da sempre superstizioso, pensava che quando quel giovine dall'aspetto goffo indossasse la tunica rossa era buon segno; quando la tunica era nera invece portasse male. La figura del "pozzaro", in ogni caso, è realmente esistita: un uomo munito di lampada a olio che saliva e scendeva sul "camminamento", una serie di fori nel muro distanti una ventina di centimetri l'un l'altro, che gli permetteva di fuoriuscire sul manto stradale.
  • 3.   Nel 1600 la fognatura e le cisterne pluviali erano inservibili, così un ricco napoletano, tale Carmignano, costruì un sistema fognario nuovo. Da questo momento in poi, la fognatura si prosciugò e rimase vuota. Finché, durante la Seconda Guerra Mondiale, questa zona sotterranea di Napoli non diventò luogo di riparo per numerose persone. Il sud-Italia in questo frangente storico è stato il luogo geografico più bombardato dagli aerei, e Napoli non ne fu da meno: alcune famiglie, avendo perso la casa, decisero di dormire in strada; tante altre scesero nel sottosuolo e lì rimasero finché la guerra non cessò. Il passaggio dell'aria e delle comunicazioni era garantito solo dai numerosi pozzi che come detto in precedenza servivano per la raccolta dell'acqua. Le pareti, ricoperte di intonaco rosso, portano toccanti scritti e disegni, come la frase “mamma non piangere” e il disegno di un dirigibile aereo che sgancia bombe. Inoltre, vi sono giocattoli dell'epoca, resti di ordigni bellici e installazioni ferree di uomini in preghiera, soldati in difesa e numerose foto che testimoniano i tragici eventi del secondo conflitto bellico. E' soltanto nella metà del 1900 che Napoli Sotterranea acquista connotati importanti e interessanti. Nell'88 fu indetto un concorso mondiale per il quale bisognava avere e mettere in pratica un'idea utile per la fruizione di questo luogo affascinante. In tanti si proposero, furono innumerevoli i suggerimenti strampalati o molto utili. Tra questi ultimi, si decise di trasformare la Napoli Sotterranea in una serra, usando come acqua l'umidità molto elevata del luogo (ci si aggira tra il 70 e l'80%) mantenuta da una temperatura costante di 16-18 °C, e come fonte luminosa lampade a luce fredda. Purtroppo però mancavano i fondi per mettere in pratica questo pensiero vincente. Ma a tutt'oggi esiste un'installazione con questo esperimento botanico, in cui le piante crescono rigogliose. Tutt'intorno poi è possibile scorgere i resti dei cosiddetti “cànteri”, i vasi da notte tipici partenopei riconoscibili dal manico laterale e dalle “cantarèlle” a due manici (questi ultimi però venivano usati anticamente nelle cripte per farci scolare dentro i liquidi corporei dei cadaveri).   Un'ala della Napoli Sotterranea che merita menzione speciale è il luogo dov'è posta una enorme “piscina”, adornata nei lati da reperti e manufatti in terracotta. Per raggiungerla bisogna munirsi di una bugia con candela e intrufolarsi tra gli ancora più stretti cunicoli (50 cm di larghezza!) e incamminarsi per 150 metri di curve, discese, piccole rampe. Un cammino attraversato da finestrelle dalle quali è possibile scorgere piccoli corsi d'acqua fiocamente illuminati da luci lontane. Ancora un'altra cisterna ci riporta le antiche usanze di un convento (di clausura fino al 1952): si tratta dell'ipogeo del convento di San Gregorio Armeno, in cui le monache erano solite distillare il famoso vino “tufello”, chiamato così per la tipologia della grotta in cui esse si trovavano. Un vino dedicato a Santa Patrizia, che si dice sciolga il sangue come San Gennaro, ma ogni martedì, e lo trasformasse in tufello. Le monache scendevano per una scala a pianta quadrata, di notte. E pettegolezzi del luogo narrano che da una scala affine scendevano anche i monaci. Così rallegrati dal vino lì messo a invecchiare, monaci e monache amoreggiavano, al sicuro nel sottosuolo E proprio forse quel suo sbucare d'improvviso col buffo cappuccio che faceva trasalire i passanti, i quali scappando via urlavano "'o munaciello !". Nella cisterna dedicata al Monaciello vi è una statua metallica installata sul camminamento, in memoria di tale personaggio
  • 4.  
  • 5.  
  • 6. Da qui ha inizio la nostra avventura
  • 7.  
  • 8.  
  • 9.  
  • 10.  
  • 11. Quel blocco di cemento armato è la chiusura di uno dei tanti pozzi nell’epoca bellica
  • 12. Dimostrazione di ciò che poteva accadere
  • 13.  
  • 14. Gli strati di colore diverso indicano le varie epoche di utilizzo
  • 15.  
  • 16. Malinconici ricordi. Qualche brandina e giocattoli
  • 17.  
  • 18.  
  • 19.  
  • 20.  
  • 21. Spiegazione delle modalità di estrazione del tufo
  • 22.  
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  • 26. Una triste testimonianza : un carro armato tedesco
  • 28.  
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  • 31.  
  • 33.  
  • 34. Dimostrazione della validità delle teorie fitologiche ma mai eseguite
  • 35.  
  • 36. Alcuni non partecipano a questa parte del tragitto
  • 37.  
  • 38. Ma…avrebbe detto Totò “ …siamo uomini o caporali?”
  • 39.  
  • 40.  
  • 41. Ho superato valorosamente tutti i perigli
  • 42.  
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  • 45. Valeva la pena di giungere a queste vasche ancora in uso dimostrativo
  • 46.  
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  • 48.  
  • 49. In questo cellarium avveniva la conservazione di alimenti e vino
  • 50.  
  • 51.  
  • 52.  
  • 53.  
  • 54. Attraverso queste scalette si realizzavano “ incontri particolari” tra Suore e Prelati. Siamo sotto il complesso di S. Gregorio Armeno
  • 55. Rifacciamo il tragitto a ritroso compreso i 130 scalini che ci hanno portato sotto terra di 40 metri
  • 56. Arriviamo ( io almeno ) senza fiato all’ingresso
  • 57.  
  • 58. Fortunatamente il nostro Amico proprietario di una Antica Trattoria di cucina Tipica Napoletana, “da CARMINE “ assolutamente da consigliare ci attende per ristorarci con gli interessi delle fatiche sopportate. In entrambe le situazioni e vi garantisco che ne vale davvero la pena. Ciao e vi aspettiamo Tina e Antonio by Aflo [email_address]