Come cambia la comunicazione interna (o meglio, organizzativa) alla luce delle nuove dinamiche informative e relazionali consolidate con l'avvento del social media?
3. “Noi stiamo lasciando l’era delle
organizzazioni organizzate e stiamo
entrando in un’epoca in cui l’abilità
di capire, facilitare e incoraggiare
processi di auto-organizzazione
diverrà la competenza chiave.”
MORGAN
7. Le “nuove” organizzazioni
Diminuisce la possibilità di prevedere il futuro
nei comportamenti del cliente
nell’evoluzione del mercato e dei concorrenti
nello sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie
L’instabilità e la discontinuità diventano costanti
nel legame tra soggetto e azienda
nelle strutture organizzative e negli organigrammi
nelle carriere professionali
nelle conoscenze e nelle professionalità necessarie
8. “L'organizzazione altro non è che una rete stabile di
relazioni, finalizzate a scopi che perseguano la
sopravvivenza e la salute dell'intero sistema.
E’ un comportamento comunicativo strutturato; tale
comportamento non accade entro una rete di rapporti, è
la rete di rapporti."
13. E’ il corpo di tecniche, procedure, strumenti
per ottimizzare l’operato dell’organizzazione
È un dialogo sistematico che produce intesa e
suggerisce piani d’azione, oltre a garantire
un’uniformità di interpretazioni dei significati
aziendali
Cosa si intende per
comunicazione interna?
14. Dalla comunicazione interna alla
comunicazione organizzativa
La comunicazione interna passa:
dal coincidere con la comunicazione «istituzionale»
centralizzata (visibilità – maggiore coordinamento)
al coincidere con il complesso di relazioni tra individui,
gruppi e Azienda (senso di appartenenza – formalizzazione
e diffusione delle competenze)
15. La comunicazione
organizzativa
«L’insieme di processi di creazione
e scambio di contenuti all’interno
delle diverse reti di relazioni che
costituiscono l’essenza
dell’organizzazione.»
16. Quale «nuovo» ruolo della
comunicazione organizzativa?
Collaborare col management nel
“riformulare le condizioni emotive e
organizzative che facciano convergere
in modo dinamico le prospettive di
persone e imprese”.
17. Le funzioni della comunicazione
organizzativa (macro)
o Funzione di sviluppo organizzativo e supporto
alla gestione delle risorse umane
o Funzione di omologazione e controllo
o Funzione di coordinamento
o Funzione di supporto all’innovazione e alla
creazione di valore
18. Le funzioni della comunicazione
organizzativa (micro)
o Diffusione delle informazioni (base)
o Capitalizzazione e circolazione del know how
o Miglioramento del clima aziendale (stile direzionale,
frequenza dei contatti, qualità delle relazioni, livello di
fiducia, ecc)
o Processi di envisioning e motivazionali
o Gestione del change management
o Internal marketing e gestione del personale
(percezione dell’immagine aziendale, gestione dei
talenti, trasparenza delle politiche retributive, ecc)
20. «Un nuovo approccio sociale alla generazione
e distribuzione dei contenuti, caratterizzati da
processi comunicativi aperti, da una forte
decentralizzazione dell’autorità, dalla libertà di
condividere e riusare i contenuti stessi.»
Paolo Lattanzio
WEB 2.0
22. La comunicazione
organizzativa nell’era del 2.0 è:
oQualcosa di accessibile
oQualcosa di cui ti fidi
oQualcosa che vuoi
oQualcosa che preferisci
oQualcosa che percepisci come utile
oQualcosa cui vuoi partecipare
23. Il bisogno e l’aspettativa
o Il dipendente «medio» non richiede una comunicazione
2.0 tout court, ma un approccio, uno stile e una dinamica
comunicativa più vicina a quella social e meno a quella del
sito vetrina statico o della comunicazione una tantum
standard.
oMolti vivono l’evoluzione partecipativa come una
gratificazione e come una possibilità di far ascoltare la
propria voce e di mostrare il proprio talento in ambiti e
circostanze spesso ignorati dal management e dalle HR che
non lo sanno.
Fonte: Ricerca Methodos
24. Atteggiamenti e richieste rispetto
alla comunicazione organizzativa
COLLABORATORI
ASETTICI
Chiedono una
comunicazione
frequente, razionale,
da una sola fonte,
tecnica e solo su temi
aziendali
La comunicazione
deve seguire regole di
precisione, essere
valida per tutti e
focalizzata su uno
scopo immediato e
limitato nel tempo
25. Atteggiamenti e richieste rispetto
alla comunicazione organizzativa
COLLABORATORI
ISTITUZIONALI
Chiedono una
comunicazione
dall’alto, informativa,
ma che sviluppi senso
di appartenenza,
avvicini il
management,
favorisca nuovi stimoli
La comunicazione
preferita è sempre
istituzionale e
controllata, ma è
indispensabile che
favorisca uno scambio
agile tra i vari livelli
26. Atteggiamenti e richieste rispetto
alla comunicazione organizzativa
COLLABORATORI
SFACCETTATI
Chiedono una
comunicazione
dall’alto, divulgativa
ed emotiva, che
fornisca stimoli e
faciliti i processi
decisionali
La comunicazione
preferita è tra il
formale e l’emotivo,
in grado di fornire
spunti utili per
motivarsi e ricentrarsi
rispetto al lavoro da
fare
27. Atteggiamenti e richieste rispetto
alla comunicazione organizzativa
COLLABORATORI
RILASSATI
Chiedono una
comunicazione
partecipata, diffusa
tra più attori,
informale, formativa,
proiettata al futuro,
focalizzata su temi
culturali e sociali
La comunicazione
preferita è in linea
con quella che
utilizzano nella vita
privata (blog, social,
chat, forum, ecc)
28. Atteggiamenti e richieste rispetto
alla comunicazione organizzativa
COLLABORATORI
INTEGRATI
Chiedono una
comunicazione
partecipata, integrata
con argomenti «altri»,
che diffonda
innovazione, agevoli
la conoscenza tra
dipendenti, accresca il
senso di
appartenenza
La comunicazione
preferita è quella che
crea occasioni di
condivisione, di
formazione e
favorisca il continuo
miglioramento dei
processi organizzativi
29.
30. Mettiamo ordine e
capiamoci qualcosa
a partire dalle basi
È TUTTO QUI, MA NON C’ERA ANCORA LA
TECNOLOGIA PER…
33. Approccio degli effetti limitati
“Two steps flow”
[l’efficacia persuasoria dipende dagli opinion
leader]
34. Approccio degli effetti a lungo termine
“Agenda setting”
[esposizione prolungata e costruzione della realtà]
35. In sintesi …..
Gli effetti della comunicazione mediata non
si possono misurare a livello di singolo
messaggio (o campagna), ma agiscono sugli
individui nel tempo.
Gli effetti più rilevanti e stabili si situano a
livello di “rappresentazione della realtà”
39. I valori/notizia
– criteri sostantivi
– criteri relativi al prodotto
– criteri relativi al pubblico
– criteri relativi alla concorrenza
…..NEWSMAKING
Cosa fa notizia?
Cosa si intende per notiziabilità?
40. Criteri sostantivi
Grado e livello gerarchico dei soggetti coinvolti
nell’evento
Prossimità geografica e culturale
Quantità di persone coinvolte
Rilevanza rispetto a sviluppi futuri
41. Criteri relativi al prodotto
La novità
La “freschezza”
La qualità della storia
(azione, ritmo,chiarezza)
Il bilanciamento
42. Criteri relativi al mezzo
Buon materiale visivo
Il formato [simile al contenitore]
Criteri relativi al pubblico
• Aspettative, bisogni
• Linguaggio condiviso [spread]
44. I contenuti
oDipendono dal media scelto, dal tipo di regia, dagli obiettivi
macro-micro del piano di comunicazione, dal livello di
concorrenza dei media esterni
oTra media esterni e interni esiste una sorta di concorrenza
specie per i giovani, gli specialisti e i ruoli ad elevata
scolarizzazione.
oÈ sempre più forte la tendenza a valutare la comunicazione
interna attraverso gli stessi criteri con cui si giudica quella
esterna: sofisticazione del linguaggio, completezza
informativa, gradevolezza della grafica, congruenza, varietà,
ecc
45. • Nell’attuale scenario globale parte della
competitività delle imprese si gioca
sulla capacità di “apprendere” con
maggior rapidità rispetto ai concorrenti:
la conoscenza costituisce il più
importante “vantaggio competitivo”
(Gherardi, Nicolini)
46. Come si crea conoscenza
Il processo di “creazione conoscenza” coincide
precisamente con il momento di conversione della
conoscenza tacita a quella esplicita.
47. INTERIORIZZAZIONE COMBINAZIONE
SOCIALIZZAZIONE ESTERIORIZZAZIONE
N
O
N
A
K
A
QUANTE, QUALI
OCCASIONI
DI SOCIALIZZAZIONE
DOBBIAMO PIANIFICARE,
SU QUALI TEMI,
PER QUALI OBIETTIVI?
QUANTA E QUALE
CONOSCENZA IMPLICITA
DOBBIAMO PORTARE
ALLA LUCE E COME?
QUALI CONOSCENZE/
CAPACITA’ VANNO
INTERIORIZZATE E COME?
QUALI CONOSCENZE
GIA’ FORMALIZZATE
DEVONO ESSERE
RICOMBINATE
IN NUOVA CONOSCENZA?
51. 4 livelli tipologie in base agli
obiettivi
Comunicazione funzionale
Comunicazione strategica
Comunicazione formativa
Comunicazione creativa
52. Comunicazione funzionale
La comunicazione funzionale tratta le
informazioni operative necessarie a
supportare i processi produttivi e decisionali
interni, l’attività degli operatori di front-line e i
processi di cooperazione produttiva esterni.
53. Comunicazione strategica
La comunicazione strategica riguarda le
informazioni necessarie a far conoscere
l’impresa o parti di essa, le sue strategie e
politiche ai pubblici interni ed esterni.
54. Comunicazione formativa
La comunicazione formativa punta a formare
le persone attraverso l’apprendimento di
contenuti e metodi di lavoro e delle modalità
di comunicazione adatte a essere buoni
collaboratori e a stimolare la cooperazione.
55. Comunicazione creativa
La comunicazione creativa si propone di
realizzare occasioni di scambio e di dialogo
verticale e orizzontale, dove il sapere si
trasferisce e si crea spesso in modo informale.
58. Finalizzazione Obiettivi macro e micro, logiche di azione,
segmentazione
Implementazione Communication mix, modi di regia
Monitoraggio/
aggiustamento
Criteri, indicatori, parametri di riferimento,
modi di mantenimento o rinnovamento
della gestione al variare delle situazioni
aziendali
SCOPI ELEMENTI
Il piano di comunicazione
59. Suddivisione del personale in gruppi attraverso
criteri giudicati significativi e rilevanti al fine di
ottimizzare i flussi informativi e di conoscenza
Segmentazione dell’audience
60. Criteri e logiche per la
segmentazione
Segmentazione hard: collocazione geografica,
posizione organizzativa, funzione, età, anzianità di
servizio, ecc
Segmentazione soft: studio autobiografico (in che
fase della vita professionale ti trovi) motivazioni,
interessi, atteggiamenti, comportamenti nei
confronti dei progetti d’Azienda.
61. La regia della comunicazione
REGIA CONCENTRATA
REGIA DIFFUSA
MANAGEMENT
UFFICIO
COMUNICAZIONE
HR
FUNZIONI
DIVISIONI
TEAM DI PROGETTO
PRODUZIONE
CONTENUTI E
REDAZIONE
FACILITAZIONE SCAMBI
COMUNICATIVI
CONTROLLO
SUGGERIMENTO
62. Flussi di comunicazione
interna
oTop down - dal vertice aziendale verso gli altri livelli
oBottom up – dalla base verso il vertice direzionale
oOrizzontale - tra ruoli/divisioni di pari livello
oTrasversale - tra ruoli, soggetti, divisioni legati tra loro da
processi di vario genere (di erogazione, decisionale, ecc) nello
svolgimento del quotidiano
oReticolare: tra tutti e verso tutti
63. Flusso Top down
oJob instructions: direttive su mansioni e compiti
oFeedback di prestazione
oInquadramento del lavoro: informazioni sul rapporto tra i
propri compiti e altre mansioni organizzative
oInformazioni su pratiche e procedure
oIndottrinamento sugli obiettivi: informazioni di carattere
ideologico, volte a inculcare il senso della mission
64. Limiti del flusso Top down
oMancata segmentazione dell’audience e
conseguente povertà informativa
oConcorrenza della comunicazione esterna (ritenuta
più autorevole di quella interna)
oAspettative sull’uso delle nuove tecnologie
(aspettative di informalità e maggiore libertà di
esprimersi)
66. Communication mix
Combinazione ragionata dei diversi strumenti di
comunicazione interna e dei diversi media, rispetto
agli obiettivi di regia dell’organizzazione
68. Benefici di avere social
network interni
oUmanizzano un ambiente di lavoro caotico e
spersonalizzante
oOttimizzano una rete di contatti «dedicati» ai
nostri interessi
oAmplificano relazioni di fiducia e senso di
collaborazione
69. Criticità legate a una
community interna
oIncompatibilità con strutture fortemente gerarchiche o burocratiche o
formali
oGli effetti benefici del web 2.0 si hanno nel medio-lungo termine
oIl manager 2.0 non deve avvertire la necessità di ribadire che ne sa
sempre più degli altri (lascia esprimere)
oLa comunicazione è informale
oSi crea reale sviluppo se vengono condivise informazioni di «qualità»,
perché ciò avvenga sono necessari fiducia e meta-competenze
relazionali molto sviluppate
71. Nuovi bisogni, nuovi linguaggi, nuovi strumenti
e nuove forme espressive richiedono nuovi
ruoli professionali e nuove competenze.
IL COMMUNITY MANAGER INTERNO
72. Da comunicatore interno a
community manager interno
oCrowdsourcing (attività mirate a ottenere idee e contributi
dal pubblico interno)
oIndividuazione degli influencer (teoria sulla diffusione
virale delle info e dei personaggi che le veicolano)
oIl community manager fa leva su obiettivi dei gruppi di
lavoro, competenze specifiche, interessi e passioni
73. Da comunicatore interno a
community manager interno
oRaccoglie e divulga le storie locali
oRispetta le micro-culture organizzative
oFa da “ponte” tra le Comunità di Pratica
oLibera energie e coinvolge i talenti
oAmplifica i fenomeni emergenti
oDivulga l’innovazione
74. Criteri per la scelta dei media
oAccessibilità (facilità d’uso)
oAttrattività (gratificazione che se ne può ricavare)
oRitmo e velocità di trasmissione
oPotenza espressiva
oPersistenza dell’informazione
oCosti
76. Significa applicare specifici standard di
misurazione
quali-quantitativa per
verificare i livelli di efficacia e di efficienza
77. EFFICIENZA
Nell’immediato si valuta l’efficienza
dell’intervento
di comunicazione
Sul medio periodo si valuta l’efficacia
di un intervento
di comunicazione
•Funzionamento
tecnologico
• Livello di chiarezza
espositiva
•Gradimento
• Cambiamenti effettivi nei
comportamenti, nelle
conoscenze e nella
cultura organizzativa
EFFICACIA
80. “A prescindere dalla cultura, alta o bassa,
è il racconto della realtà che ti incunea la
realtà nella testa, e te la fa esplodere
dentro. I fatti diventano tuoi o quando ti
schiantano la vita, direttamente, o quando
qualcuno te li compone in un racconto e
te li spedisce in testa”.
A. BARICCO
82. Gli studi sulla narrazione
oScienze politiche: il tema della narrazione come elemento cruciale del
dibattito politico e della persuasione (Fischer)
oScienze psicologiche: la nostra personalità è uno «script», il prodotto
meta-storico di tutte le narrazioni nelle quali ci siamo imbattuti (Bruner)
oScienze economiche: elementi simbolici e irrazionali di consumo legati
alla componente immaginifica (frutto di narrazioni intorno al prodotto)
oScienze del management e dell’organizzazione: tutte le organizzazioni
generano discorsi (diretti a vari pubblici) e sono macchine che
producono significati e fili logico-emotivi da rintracciare e seguire.
83. Ambiti di applicazione dello
storytelling
storytelling
Internal
communication
Brand
management
Advertising e PR
Education &
training
Product
design
Strategic
steatment
85. Perché il racconto?
oPerché ha potere sull’identità e sulla percezione delle cose
e, se è costruita bene, diventa tradizione e storia sociale che
veicola il sensemaking di soggetti e gruppi.
oOgni gruppo umano (ogni organizzazione) è una comunità
discorsiva che configura e riconfigura la propria realtà
percepita attraverso le proprie storie
86. Perché il racconto?
oPerché la memoria è un dispositivo narrativo, che funziona
su vettori narrativi, attraverso un sistema di ancoraggi e
sequenze collegate alla stimolazione sensoriale.
oLa memoria autobiografica ricorda la realtà per come essa
è, ma la arricchisce di ulteriori significati, di mini racconti
personali, che condizionano la maggior parte dei
comportamenti presenti e futuri.
87. Perché il racconto?
Tutte le storie, quelle vere e quelle inventate,
quelle lette e quelle ascoltate o viste, quelle
verosimili e quelle inverosimili generano una carica
emotiva che ci fa identificare con un personaggio
libera l'ossitocina, un ormone che facilita il rilascio
dei neurotrasmettitori, come dopamina e
serotonina, associati a gratificazione, piacere e
sensazioni di benessere.
88. Perché il racconto?
L’impatto sul cervello e la memoria:
Il nostro lato conscio/razionale viaggia a 2.000.000 bit al
secondo
L’inconscio e il subconscio a 400.000.000.000 bit al secondo
89. Perché il racconto?
oDiventa un dispositivo per organizzare, progettare
e gestire meglio le attività professionali
oUn sistema per la manipolazione culturale della
percezione
oIncontra molte meno barriere e resistenze
all’apprendimento
90. “Fare storytelling” significa allora,
per un’impresa, saper gestire
meglio il cambiamento culturale
e organizzativo e raccontarlo con
nuovi codici e stili linguistici.
GABRIEL 2001
91. La narrazione è
oUn modo in cui pensiamo
oUn mezzo di socializzazione
oUna forma di consumo quotidiano (non esiste un
giorno in cui non ci imbattiamo in una storia di
qualche tipo)
oUn processo di presidio del senso e delle prassi in
un certo contesto
92. Attraverso la narrazione
l’impresa può
oCondividere obiettivi specifici
oDare senso alle azioni organizzative
oCreare un’identità che permetta di riconoscersi nel lavoro
oCostruire e presidiare una cultura
oSostenere nella progettazione del futuro (change
management)
93. Ma cosa si intende
esattamente per
«storie» in
un’organizzazione?
94. L’azienda nella testa
oC’è un’azienda ufficiale che si esprime attraverso:
sito, brochure, mission, dichiarazioni dei manager,
organigrammi, comunicati stampa, bilanci, ecc.
oE c’è un’azienda nella testa di chi ci lavora, fatta di
esperienze individuali, di storie personali, di
sentimenti, di relazioni. Un’azienda che si esprime
attraverso le micro-narrazioni, spesso latenti.
95. I due filoni di studi
oIl primo filone, quello dello storytelling management,
prende le mosse da un interesse prevalentemente
strumentale. L’arte di raccontare storie è intesa come
tecnica, espediente utilizzabile per rendere la
comunicazione più coinvolgente e accattivante.
ol secondo filone, quello dell’organizational storytelling, si
sviluppa nell’ambito degli studi organizzativi: il punto di
partenza è l’idea che storie, saghe, miti, riti e cerimoniali
possano essere considerati espressioni del nucleo profondo
di una cultura organizzativa.
96. Attivare un’esperienza
narrativa nell’organizzazione
oIndividuare la funzione narrativa portante, le motivazioni
profonde su cui tutte le storie saranno orientate
oRicercare, raccogliere e analizzare le storie formali e
informali presenti in una impresa, compreso il gossip
intrinseco
oRestituire le storie dando vita a un mix di strumenti cartacei
e/o virtuali narrativizzati, coerenti con i fondamenti
strategici di impresa, ma congruenti con i parametri della
fiction.
97. Costruire il set di storie efficaci
oRaccogliere, analizzare e selezionare le storie
(interne ed esterne all’organizzazione) come
interviste, colloqui, video, focus group, ecc
oIndividuazione degli elementi utili ai problemi da
affrontare
oAccertarsi che, per ogni problema organizzativo,
sia predisposto un mix narrativo con il tono più
adeguato
98. La narrazione efficace è sempre inserita
in un «genere» che il pubblico deve
riconoscere
IL META-COPIONE
99. L’esistenza del meta-copione
oTutte le narrazioni ricorrono ad alcuni topoi o schemi
narrativi stabili, che rappresentano altrettanti vettori di
senso, attraverso i quali le culture umane costruiscono le
esperienze di vita personale e organizzativa.
oIn altri termini, gli elementi di ogni narrazione, variamente
combinati, vengono sempre posizionati entro un «format di
base», una sorta di meta-copione, che riprende le
caratteristiche dello schema narrativo canonico.
100. EROE - OBIETTIVO OSTACOLI E CRISI RISORSE E AIUTI
MOTIVAZIONI SORPRESE E COPI DI SCENA
Il meta-copione dell’eroe
LA VITTORIA
101. Lo storytelling applicato alla
comunicazione organizzativa
Canali cartacei Canali relazionali Canali digitali
Collane tematiche
dedicate all’epica
aziendale
Convention narrative (talk show) Video gallery
Booklet e house organ
ripensati in logica
narrativa
Laboratori per l’analisi di episodi
storici specifici
Redazione di blog
storico-informativi
Management meeting che
partono da un progetto di
storytelling
Costruzione di corporate
gossip portal (per la
narrazione di storie
formali e informali
102. Comunicare la corporate
identity
oRiscoprire e riformulare episodi importanti e momenti epici
che l’organizzazione ha vissuto
oComprendere come i soggetti e i gruppi si auto
percepiscono nel contesto organizzativo e che tipo di
impatto ha questo sul modo di lavorare e sui risultati
prodotti
oAllineare storie esterne e interne per generare la «core
story» dell’impresa
103. Lo storytelling applicato al
racconto della corporate identity
Canali cartacei Canali relazionali Canali digitali
Autobiografie aziendali
di figure simboliche
Eventi, formazione, teatro
d’impresa
Clip narrative di figure
simboliche
Memoriali d’impresa Blog di AD che
commentano fatti ed
esperienze
Riscrittura del business
plan
Documentari e inchieste
mirate (docu-driven)
Videomonografie
dedicate a temi di
envisioning
105. Alcune idee per sollecitare lo
storytelling interno
oUtilizzo di un modulo prestampato:
“Io lavoro in ______ reparto. Stiamo lavorando su
_________. Abbiamo incontrato _______… È successo che
______________”.
oAndare in giro per l’azienda a caccia di storie a «lieto fine»
oCreare una campagna interna e far scegliere il titolo ai collaboratori
oVerificare se alcune categorie professionali possono coinvolgere i propri
clienti per ottenere interviste e racconti da diffondere internamente
106. Lo storytelling e
l’apprendimento
Creare una storia a partire dalla propria
esperienza richiede un’attenzione analitica
sui contenuti e incoraggia, quindi, un
apprendimento più denso che attiva diverse
competenze: razionalizzazione, ricerca,
scrittura, progettazione, creatività.