3. Mangia come parli
Locale, buono, sano
Al tempo della globalizzazione
si sta facendo largo un
atteggiamento critico che
promuove la riscoperta dei
prodotti locali, dei cibi e
degli alimenti tradizionali,
in omaggio a un modello di
sviluppo alternativo, basato
sulla crescita sostenibile.
Il cibo locale è genuino, di
provenienza certa e accertabile;
è a “kilometro zero”, inquina
meno; è salutare, il nostro
organismo lo riconosce
come “amico”. Sempre più
spesso sentiamo parlare della
cosiddetta dieta mediterranea,
giudicata dagli esperti di tutto
il mondo come la più sana,
povera di grassi e ricca di
sostanze adatte allo sviluppo
organico della persona.
5. Prima del Sanlorenzo Mercato
Breve storia del luogo
Il core business era l’estrazione del succo
concentrato, da destinare alle industrie di
bevande analcoliche tra le quali, soprattutto,
la Coca Cola (che a quel tempo aveva un
unico stabilimento a Pescara).
Negli anni Sessanta fu sviluppato il settore
della produzione di derivati agrumari per
l’industria farmaceutica.
Durante questo periodo di massima
espansione del mercato (anni Sessanta e
primi anni Settanta) l’Agrumaria impiegava
circa 50 dipendenti più una trentina di
stagionali. In quel tempo alla fabbrica
originaria furono annessi gli edifici adiacenti
di una ex caserma militare, confinanti con
Villa Harens. Negli anni settanta si avviò una
produzione propria di succhi di arance - col
marchio San Lorenzo orange juice - e di
limone - denominati Igea la dea della salute -
destinati esclusivamente al mercato estero, in
particolare tedesco e francese.
Nonostante i buoni profitti, alla fine degli anni
Ottanta, i nuovi scenari commerciali e la
contrazione del mercato di riferimento,
hanno causato la chiusura dell’Agrumaria
San Lorenzo spa.
6. Sicilia e Palermo
tra passato
e presente
I Greci
L’arte del fare il vino e le tecniche
di estrazione dell’olio dall’oliva,
ma anche l’impiego del farro,
un tempo utilizzato solo per la
produzione del pane, giungono in
Sicilia dalla Grecia antica.
Gli Arabi
Moltissimi ingredienti della nostra
cucina sono di derivazione
araba: arance, limoni, canna da
zucchero, riso, gelsomino, anice,
sesamo, cannella e zafferano. Gli
Arabi furono abilissimi pasticceri e
inventarono due must della nostra
cucina: la cassata ed il sorbetto.
Ma anche la Cubbaita (Qubbayt),
un dolcissimo torrone di miele
con semi di sesamo e mandorle,
e i Nucatuli, (Nagal = frutta
secca, confettura). Con i fiori di
gelsomino produssero un gusto di
gelato, che si chiama ancora oggi
con quello stesso nome di allora:
Scursunera. Inventarono i geli di
melone, di mosto, di cannella.
Gli Angioini
I Francesi introdussero in
Sicilia l’uso della cipolla al posto
dell’aglio nelle salse e nei sughi.
Con essi si diffuse una cucina
più raffinata e aristocratica che
i monsù (i cuochi francesi dei
signori, da monsieur, signore)
importarono nelle case nobiliari.
Di importazione francese sono
certamente anche le gelatine,
la pasta frolla, i gateaux, il mont
blanc e il Rollò (dal francese
Roullè) che i monsù preparavano
con carni pregiate, mentre
il popolo (che lo ribattezza
Falsumagru) con frittate e
verdure.
Gli Spagnoli
È agli Spagnoli che dobbiamo
invece il pomodoro, il cacao
e il mais d’America, insieme
al peperoncino, alla patata, ai
fagioli, al tacchino, ai peperoni, e
alla melanzana che importeranno
nelle nostre terre direttamente
dall’India. Dalla penisola iberica
proviene anche il Pan di Spagna:
ingrediente base della cassata
siciliana più moderna.
Di tradizione spagnola la zucca
all’agro dolce, ma soprattutto
l’usanza della frittura e della
panatura (empanadas) che
costituiscono il prodromo del
moderno finger-food.
Il poeta Archestrato di Gela - nel IV secolo a.c. -
nel suo “Poema del buongustaio” (Hedypàtheia)
racconta di avere visitato ogni terra ed ogni mare,
ma di aver trovato il buon gusto solo in Sicilia.
7. Il succedersi delle
dominazioni straniere
ha regalato alla Sicilia
un’eccezionale ricchezza
anche nella produzione
agroalimentare e culinaria.
8.
9. La cucina palermitana è tipicamente povera
ma ricca di calorie. Basti pensare al “cibo da
strada”: amatissimo dai palermitani e non
solo, è caratterizzato fra l’altro dall’uso di
tranci meno nobili degli animali, che in altre
zone d’Italia vengono addirittura eliminati.
Il panino con la milza di vitello fritta nello
strutto, consumato caldo con scaglie di
caciocavallo o ricotta, incontra le fantasie di
turisti e forestieri. Conosciutissime anche le
stigghiole: spiedini di budella di agnello o
capretto lavate in acqua e sale, condite
con prezzemolo, cipollotto o porro e cotti
alla brace per strada. Interessante anche
la variante tutta palermitana della pizza:
lo sfincione, in cui si sostituiscono al
pomodoro il più denso concentrato (astrattu,
estratto in dialetto) e alla mozzarella il tipico
caciocavallo in fili arricchiti da acciuga e
cipolla in quantità.
Protagoniste della cucina palermitana sono
anche le panelle: frittelle di farina di ceci,
fritte anch’esse per strada in olio bollente.
Altrettanto poveri per le materie prime, ma
più elaborati per la preparazione, sono molti
altri piatti della tradizione siciliana: come la
pasta con il broccolo in tegame, la pasta
con le sarde, la pasta al forno, le sarde a
beccafico, il falso-magro, la caponata. Ampia
e varia anche la produzione della pasticceria,
con ingredienti base locali come la ricotta e
le mandorle: cannolo, sfince, cassata, frutta
di martorana, torta Savoia sono solo alcuni
esempi fra le tante specialità palermitane.
Fin qui la Sicilia.
e Palermo?
Il 19 ottobre 2012, il sito web Virtual Tourist ha stilato
una classifica riguardante il miglior cibo da strada:
la città si trova al 5° posto a livello mondiale
ed è al 1° a livello europeo.
10.
11. Territorio
e produzione
Il marchio Sicilia
Il territorio siciliano fornisce oggi una produzione
quantitativamente e qualitativamente straordinaria, ma
non sufficientemente sostenuta e promossa.
È attribuita grande riconoscibilità al
marchio “Sicilia” che, insieme a quello
“Toscana”, è il solo che i turisti identificano
con un territorio specifico (fonte ETI).
38 presìdi Slow Food tra cui:
lenticchie di Ustica, limoni di
Messina, pistacchi di Bronte,
fragoline di Sciacca, carne
di mucca modicana, pane di
Lentini, manna delle Madonie,
miele d’ape nera, uva di
Mazzarrone, pomodorini di
Pachino etc.
presìdi
Slow Food
27 prodotti DOP o IGP su un
totale di 260 italiani: la più alta
densità tra i presìdi nazionali
Prodotti
dop o igp
Oltre 50 produttori di vino
da esportazione
Produttori
di vino
il 70% della produzione
nazionale di melanzane
Produzione
nazionale
La Sicilia oggi può contare su:
12. Un teatro
Del gusto
Oggi i migliori sapori si identificano
innanzitutto nella genuinità e nella naturalità
delle materie prime utilizzate, nel legame con
il territorio e le sue tradizioni: questi sono i
valori identificativi della qualità di
Sanlorenzo Mercato che offrirà ai suoi
ospiti l’opportunità di fare la spesa come
in un qualsiasi altro luogo; di scegliere la
materia prima, fresca, da portare via appena
cotta, per consumarla altrove; di mangiare
ciò che si è scelto sul posto: all’interno o
all’esterno dove più piace, senza limitazione
alcuna, nella massima libertà di percorso
e di fruizione degli spazi a disposizione del
pubblico. Come se ci si trovasse in uno dei
mercati storici di Palermo: il Capo, Ballarò,
la Vucciria o il Borgo.
Libero acquisto self
e/o “assistito”
“Scelgo-cucinano-mangio”
Take away
Attraverso un progetto innovativo
nella gestione e nel marketing,
la qualità Sanlorenzo Mercato sarà
accessibile a tutti:
13.
14. IDENTITà + VARIETà + QUALITà
Materie prime a filiera corta, alimenti
dalla forte identità locale
e tradizioni culinarie del territorio.
Varietà dell’offerta, legata al principio
della stagionalità e quindi della
temporaneità dell’assortimento.
Prodotti di qualità certificata.
Il primo obiettivo di
Sanlorenzo Mercato è
quello di caratterizzare
la propria offerta con
la giusta fusione di:
28. via San Lorenzo 288, Palermo
info@sanlorenzomercato.it
www.sanlorenzomercato.it
progetto: arch. Chiara Mazzarella
collaboratori: arch. Bruna Petracca, ing. Giuseppe Guella
render: ing. Dario Sarzana
progetto grafico: Sara Panepinto