10. MOLAB
IPERION CH
Le analisi scientifiche sono state condotte dal gruppo di ricerca MOLAB del CNR-
ISTM (Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari) e dello SMAArt (Centro di
Eccellenza Scientific Methodologies in Archaeology and Art) di Perugia in
collaborazione con il CNR-INO (Istituto Nazionale di Ottica) di Firenze ed il
Laboratorio di Diagnostica di Spoleto.
27. TECNICHE OTTICHE NON INVASIVE PER L’ANALISI
SPETTROFOTOMETRICA, COLORIMETRICA E MORFOLOGICA
- Analisi multispettrale Vis-NIR a scansione
CNR-INO Istituto Nazionale di Ottica
- Monitoraggio del processo di pulitura sulla base dei valori colorimetrici ricavati
dai dati spettrofotometrici acquisiti con la tecnica multispettrale mediante una
quantificazione numerica delle variazioni cromatiche prodotte.
-Caratterizzazione a livello micrometrico della morfologia del retro della tela per
mezzo delle mappe topografiche fornite dalla micro-profilometria laser a
scansione7-10.
28. Indagine conoscopica 3D fronte – retro
ISTI - CNR PISA
Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione
29.
30. Fluorescenza X (XRF)
Opificio delle Pietre dure
Analisi morfologica del supporto tessile
Rilevamento grafico morfologico della tela
Studio della funzionalità meccanica del complesso tela-telaio
Analisi dei tamponi di pulitura superficiale
Macro foto e FTIR di alcuni frammenti
Sezioni stratigrafiche
Studi spettroscopici sull’estratto organico superficiale
31. step di indagini analitiche con campionamento
pirolisi-gascromatografia/spettrometria di massa (py-GC/MS)
Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino
32. Analisi PIXE (Particle Induced X-ray Emission) :
analisi compositiva del particolato
INFN, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Firenze
Il punto di vista differente è quello dell’istituzione, nel mio caso un museo che deve conservare le proprie opere, la propria collezione, deve studiarla, studiare le tecniche artistiche e i problemi di conservazione.
Oggi è impensabile studiare la storia dell’arte senza conoscere a fondo le tecniche e i materiali utilizzate dagli artisti, così come è impensabile affrontare interventi di conservazione senza una conoscenza approfondita delle cause del degrado delle opere.
A maggior ragione questo aspetto è fondamentale per la conservazione delle opere del Novecento dove la materia diventa a tal punto importante che gli artisti cercano tecniche e materiali propri, un personale linguaggio per esprimersi.
Bisogna dire che il numero di materiali che gli artisti hanno utilizzato nel corso degli ultimi 85 anni è quasi infinito. Alcuni specifici materiali, sono stati studiati, e la conoscenza del loro comportamento è limitata ai singoli casi di studio.
Pensate semplicemente alla pittura dei dipinti ad olio, di come negli anni abbiamo ritenuto che la pulitura fatta con metodi acquosi fosse sicura e invece come l’attuale ricerca scientifica la metta in discussione per la formazione dei saponi metallici che potrebbero essere rimossi facilmente utilizzando proprio un metodo acquoso.
Per non parlare poi della maggior parte dei materiali non artistici utilizzati nel campo dell’arte contemporanea, non conosciamo come essi potrebbero alterarsi negli anni, rispondere alle differenti condizioni ambientali, o reagire ai potenziali trattamenti di conservazione.
Nasce quindi la sfida per un museo di arte del novecento di conservare e svolgere attività di ricerca sulle opere della collezione
Oggi anche i visitatori, i fruitori di un museo sono particolarmente interessati allo studio della tecnica, dei materiali e del restauro. Tutto ciò è ormai considerato fondamentale per comprendere l’artista e il suo lavoro tanto è vero che i recenti cataloghi di mostre non possono piu escludere tale aspetto.
Questi sono i cataloghi di due recenti mostre al Guggenheim di NY :
Burri. The Trauma of painting e French Modernist at Guggenheim.
Per quanto riguarda Burri nel catalogo sono descritte le tecniche, i materiali utilizzati e le indagini fatte per le diverse tipologie di opere
Per la mostra su French modernist per ogni opera esposta, e aono più di 80, sono stati studiati e inseriti poi nel catologo i materiali e tecniche di realizzazione, spiegati in termini semplici le indagini effettuate, i restauri fatti.
Tutto questo ci porta a vedere come la ricerca scientifica e il restauro sono fondamentali per un museo
e nel momento in cui una istituzione museale valuta la necessità di studiare e/o affrontare la conservazione delle proprie opere è importante creare un ampio gruppo di lavoro che possa affrontare lo studio scientifico e la conservazione delle opere.
Tutta questa premessa per raccontarvi di un progetto di ricerca e conservazione che ha visto coinvolti principalmente il museo Peggy Guggenheim, l’opificio delle pietre dure, il CNR, il Molab e istituzioni dedite in Italia alla ricerca scientifica sui beni culturali, progetto che può essere definito una collaborazione esemplare, internazionale e interdisciplinare in cui scienziati, conservatori e storici dell'arte hanno lavorato insieme per comprendere i materiali e progettare interventi di restauro appropriati.
Il progetto ha riguardato lo studio della tecnica di esecuzione, dei materiali costitutivi, del processo di degrado degli undici dipinti di Jackson Pollock presenti nella collezione PGCLe opere risalgono al periodo 1942–1947 quando Peggy Guggenheim intuì il talento di Pollock e decise di offrirgli un contratto attraverso la sua galleria Art of This Century.
Le 11 opere presenti in collezione documentano il momento di transizione da un linguaggio astratto relativamente tradizionale alla tecnica del pouring che costituisce il contributo rivoluzionario della sua arte:
da Moon Woman del 1942, dipinto astratto-figurativo realizzato sul cavalletto utilizzando pennelli e colori ad olio, ad Alchemy e Enchanted Forest del 1947, realizzati sgocciolando il colore sulla tela stesa sul pavimento.
Un’evoluzione che alla Collezione Peggy Guggenheim è testimoniata da capolavori dei diversi anni tramite i quali si può dare traccia di un percorso: dall’uso del pennello (1942), allo spremere direttamente i tubetti di colore ancora sulla tela in verticale (1946), all’utilizzo degli house paints fatti appunto colare sulla tela stesa sul pavimento (1947).
Bisogna dire inoltre che i dipinti non sono mai stati studiati in precedenza e che tranne in un caso non hanno mai subito interventi di restauro.
La PGC fa parte del SGRM ma essendo un museo sul territorio italiano, la salvaguardia delle opere è vincolata e tutelata dallo stato italiano, dal ministero dei bei culturali e dagli istituti che ne fanno riferimento
Devo riconoscere alla dott.ssa Cecilia Frosinini di aver dato l’avvio a questo progetto parlandomi del MOLAB e al soprintendente Marco Ciatti devo la mia gratitudine nell’aver accettato la collaborazione con la PGC ed aver ospitato un opera del XX secolo in quel tempio della Conservazione dell’Arte Antica che è l’opificio delle pietre dure
Le prime fasi di studio del progetto si devono a due progetti Europei Charisma e poi Iperion CH, che con il loro patrocinio hanno permesso di studiare le opere direttamente in situ.
Ed ecco il Molab a Venezia su Jackson Pollock.
In rosso le indagini che sono state intraprese
Sono state eseguite misure non invasive per l’analisi elementare e molecolare, puntuale e di imaging, di pigmenti e leganti, riflettografia multispettrale VIS-NIR con lo scopo di caratterizzare la tecnica pittorica dell’artista e lo stato di conservazione delle opere.
In particolare con la fluorescenza a raggi X (XRF) sono stati determinati gli elementi chimici presenti nella pittura ottenendo indicazioni sulla natura dei pigmenti e della preparazione.
La identificazione molecolare dei pigmenti è stata ottenuta grazie all’impiego della spettroscopia nell’infrarosso (FTIR)della spettroscopia Raman e della spettroscopia UV-vis in assorbimento ed emissione.
La caratterizzazione dei leganti e di prodotti di alterazione è stata condotta con l’impiego della spettroscopia FTIR nel medio infrarosso e nel vicino infrarosso
Immagini in fluorescenza visibile indotta da luce UV hanno rivelato informazione sulla distribuzione dei coloranti, mentre la riflettografia a scansione multi spettrale ha fornito indicazioni sulle sovrapposizioni degli strati pittorici.
Ma come dicevo è stato un progetto internazionale.
Il dialogo e la ricerca è stata discussa con i curatori e restauratori del Solomon Guggenhein Museum di NY
La ricerca intrapresa non poteva che passare dal Moma di NY dove negli anni sono state studiate e restaurate alcune opere dell’artista
Fino a continuare gli studi direttamente nello studio dove pollock ha eseguito tutti i suoi dripping
Su quel pavimento dove sono stati creati tutti i dripping che oggi è un immenso dripping e dove sono stati condotti studi per identificare i materiali, pigmenti e leganti che pollock aveva utilizzato
Durante questa fase di ricerca e studio fondamentale del progetto, è stata scelta Alchimia, una delle opere più note e amate di Pollock, nonché tra i suoi primissimi dripping, per un intervento di analisi analitica e conservazione presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Qui Alchemy ha avuto a disposizione tutta la strumentazione che dispone l’Istituto nonché si è potuto avvalere della competenza dell’Opificio stesso.
Alchimia è stata quindi sottoposta a ulteriori analisi e prove in preparazione al meticoloso intervento di pulitura della sua complessa superficie pittorica costituita da diversi strati di smalto, resina alchidica e colori a olio, uniti a una complessa combinazione di diversi materiali quali stringhe, sabbia e sassolini, il tutto combinato in un impasto denso, grumi di pittura, schizzi e sgocciolamenti. La pulitura è stata necessaria per rimuovere lo strato di sporco accumulato negli anni, che aveva compromesso la qualità estetica del quadro, opacizzando i colori e diminuendo lo spazio tridimensionale creato dalla tecnica innovativa di Pollock.
L’arrivo dell’opera in Opificio
Ed ecco alchemy in ottima compagnia: l’adorazione dei magi di leonardo appartenente oggi alla galleria degli uffizi.
In opificio si è continuato il lavoro del MOLab e sono state intraprese numerose indagini a partire dalle foto in alta risoluzione fatte da Roberto Bellucci
Foto che possiamo ingrandire , in altissima risoluzione, fino ad arrivare a dettagli infinitesimali
L’indagine a luce radente evidenzia la tridimensionalità di quest’opera che si avvicina a quella di un bassorilievo
L’indagine radiografica su lastra unica evidenzia il lavoro di stesura della preparazione a bianco di piombo fatta dall’artista
Indagini che hanno mostrato esattamente il rilievo e la matericità dell’opera
Lo studio svolto, le indagini effettuate hanno permesso di studiare a fondo l’opera, la conoscenza approfondita dei materiali e tecnica utilizzata e sono stati fondamentali per l’intervento di restauro e il controllo delle varie fasi. Qui un particolare che evidenzia la parte pulita a sinistra rispetto quella di destra ancora da trattare.
I risultati saranno oggetto di una prossima imminente pubblicazione
A conclusione dello studio e del restauro è stata organizzata alla collezione Peggy Guggenheim una mostra scientifica, che ha avuto un enorme riscontro di pubblico e valutazioni positive di esperti nel campo, mostra che come tappa successiva è stata portata al Solomon Guggenheim di NY.
Il risultato di questo progetto, della sinergia creata tra gli istituti coinvolti che è giusto celebrare oggi, è quello di aver permesso una maggior conoscenza di Jackson Pollock e della sua tecnica e di aver restaurato uno degli assoluti capolavori del xx secolo.