Mercato bi. Con la vendita diretta rapporti più equi nella filiera alimentare
1. MERCATO BIO
Con la vendita diretta rapporti
più equi nella filiera alimentare
Se i dati Ismea Gfk-Eurisko indicano, anche per il 1°
trimestre 2013, un calo della spesa del 2,3% sugli
acquisti domestici dei prodotti alimentari, non è
così per le vendite di prodotti bio che, invece, da
diversi anni, crescono. Ciò significa che,
parafrasando una frase di Einstein “E' nella crisi
che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi
tutti i venti sono solo lievi brezze”, la crisi può
essere cambiamento, e chi è in grado di cogliere
tale opportunità, non potrà che beneficiarne. Il bio
sembra accogliere questa nuova tendenza, anche
verso un sistema di distribuzione che veda in essere
rapporti più equi nella filiera alimentare, per una
nuova relazione fra produttori e acquirenti.
di Alba Pietromarchi, analista FIRAB
Il mercato nei primi mesi del 2013
Il primo trimestre 2013 si è chiuso, sulla base dei dati
Ismea, con un calo dei prezzi alla produzione (il valore
spettante agli agricoltori), rispetto a quanto rilevato
nel mese precedente; diversamente, si è registrato un
aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente, a fronte soprattutto di incrementi nei
prezzi all’origine della frutta, soprattutto per arance,
kiwi e limoni, di alcuni ortaggi (verza e zucchine), di
cereali, come mais, frumento tenero e quello duro e di
oli di oliva (figura 1).
Figura 1 - I maggiori aumenti/flessioni dei prezzi medi
alla produzione, dati Ismea (var.% mar. 2013/mar. 2012)
Frumento duro bio
Kiwi bio
Limoni bio
Arance bio
Olio d'oliva bio
Mele
carciofi bio
+ 22,5
+ 30,8
+ 37,8
+44,8
+45,5
-7,1
-62,5
Confronto dei prezzi all'origine marzo 2013 su marzo 2012 , Fonte Ismea
Fonte: elaborazioni Firab su dati Ismea
In particolare, i kiwi – destinati, sul mercato
nazionale, ai banchi della GDO, alle mense e al
dettaglio specializzato e nei mercati tedeschi,
austriaci e scandinavi - a fronte di un calo delle
quantità prodotte, hanno beneficiato di una crescita
della domanda. Calo tendenziale, invece, per altri
ortaggi quali carciofi, peperoni e lattughe.
L’agricoltore biologico ha dovuto tener conto
dell’aumento dell’offerta dei carciofi e del fatto che la
sua produzione è sostanzialmente indirizzata
all’industria di trasformazione, riducendo il prezzo
all’origine.
I prezzi all’origine di ortaggi, oli e suini, a marzo 2013
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,
sembrano essere cresciuti di meno rispetto a quelli
dei prodotti alimentari convenzionali, sulla base di
quanto riportato in www.ismeaservizi.it; è accaduto
l’opposto per frutta, bovini, frumento duro e tenero
(figura 2).
Figura 2 - Tendenze dei prezzi alla produzione per alcuni
prodotti bio e convenzionali, dati Ismea (var.% mar.
2013/mar. 2012)
biologici convenzionali
Kiwi 21,3 11,8
Arance 26,1 25,0
Mele -7,1 30,4
Carote 3,8 28,6
Cipolle -2,0 39,5
Finocchi 11,3 34,8
Patate 3,8 50,0
Pomodori ciliegini 3,9 37,3
Frumento tenero 14,9 11,7
Uova 0,0 0,1
Olio d'oliva 26,5 38,0
Var. % prezzi all'origine
Fonte: elaborazioni Firab su dati Ismea
Nella fase al consumo, per i principali prodotti si rileva
nella Grande Distribuzione una crescita dei prezzi
rispetto allo scorso anno a livelli più contenuti rispetto
a ciò che si è registrato all’origine, mentre sul fronte
congiunturale la dinamica tende ad allinearsi a quella
dei prezzi alla produzione.
Per prodotti di base come pasta si registra infatti un
allineamento dei prezzi verso il basso, dovuta alle
politiche commerciali della grande distribuzione
(figura 3).
Diversa è la questione per ortaggi e frutta: in cui il
fattore della logistica è limitante per la distribuzione
del prodotto fresco, a fronte di una maggiore
frammentazione del tessuto aziendale agricolo
2. biologico sul territorio nazionale rispetto a quello
delle convenzionali. E questo si ripercuote sul prezzo
finale.
La vendita diretta sembra essere la strada da
percorrere nella direzione del prezzo più equo,
soprattutto per la mancanza di intermediazione che
garantisce un miglior rapporto qualità/prezzo.
Siamo un popolo del Mediterraneo e la nostra dieta è
conosciuta nel mondo anche per la ricchezza di
prodotti ortofrutticoli nei nostri piatti: la crescente
diffusione della vendita diretta aziendale, dei
mercatini bio dei gruppi d’acquisto sono espressione
dei bisogni di consumatori attenti ai prodotti di
qualità, ottenuti nel rispetto sia dell'ambiente sia
delle persone con cui entrare in relazione diretta,
avvalorando il rapporto produttore/consumatore,
saltando tutte le fasi intermedie della filiera,
ottenendo un prezzo più giusto ed equo.
Figura 3 - Prezzi al consumo di pasta bio di varie marche
e tipologie (€/conf. da 500 gr., rilevazione Ismea a marzo
2013)
Fonte: elaborazioni Firab su dati Ismea
I prezzi della vendita diretta risultano, a marzo 2013,
in crescita tendenziale (in alcuni casi anche più
sostenuta rispetto alla GDO) soprattutto per il riso,
l’ortofrutta e i derivati della carne suina, laddove
l’agricoltore aveva avuto un aumento dei costi
produttivi che si erano ripercossi in una crescita dei
prezzi all’origine (figura 4) .
Figura 4 -Alcuni aumenti/flessioni dei prezzi in
vendita diretta, dati Ismea (var.% mar. 2013/mar.
2012)
Fonte: elaborazioni Firab su dati Ismea
Il prezzo giusto
Sicuramente molti italiani si sono avvicinati al
biologico per stare meglio, molti altri perché attenti
alle produzioni sostenibili, sia dal punto di vista
ambientale che sociale, molti per il valore del fattore
relazionale e consapevole del consumo.
Secondo i dati più recenti dell’Osservatorio Sana, il
53,2% delle famiglie ha comprato almeno un prodotto
bio nei mesi dello scorso anno, cresce al 64% nei
nuclei con figli sotto i 12 anni, il 71% li sceglie perché li
considera più sicuri, mentre il 64,9% più buoni; molti
altri consumatori riconoscono nel bio un metodo di
agricoltura sana ed ecologica.
Ma cosa acquistano gli italiani? Soprattutto frutta e
verdura, latte, biscotti, pasta. Quasi la metà delle
vendite avviene attraverso la grande distribuzione,
cresciuta ancora nell’ultimo anno, secondo i dati
Ismea, soprattutto nei discount, dove il bio low cost è
cresciuto del 25,5%, ma stanno prendendo sempre
più piede i canali di vendita alternativi, denotando
come le scelte dei consumatori, in un periodo di crisi,
siano sempre più indirizzate verso canali di acquisto
che presentano un più equo processo di
determinazione dei prezzi dei prodotti che vengono
acquistati. È infatti il fattore prezzo ancora il limite
all’espansione dei prodotti biologici.
Ma è necessario anche che i cittadini-consumatori
siano informati in modo trasparente in merito al
processo di formazione dei prezzi dei prodotti
agricoli, perché il consumo consapevole comprende
anche questo aspetto oltre a quello importantissimo
della conoscenza delle qualità e dell’origine degli
alimenti. Questo è stato lo spirito con il quale – in
ogni numero di BioAgricoltura – tentiamo di dare un
valore reale a ciò che mangiamo, per accelerare il
cambiamento culturale in atto rispetto al nostro
rapporto con l’alimentazione.
Il prezzo è giusto se è frutto di un processo di
produzione che, riducendo l’impatto ambientale e
rispettando le norme sui diritti dei lavoratori (aspetto
di non poco conto considerata la notevole presenza di
lavoratori extra-comunitari in agricoltura), garantisca
un reddito equo per l'agricoltore.
Il prezzo giusto ed equo è quello ottenuto da un
processo di produzione nel quale i costi ed i ricavi
sono equamente ripartiti tra tutti i soggetti della
filiera e nel quale si rispettano tutte le norme vigenti
in materia di tutela ambientale, del lavoro e non gravi
sulla collettività il costo implicito a modelli di
produzione non più sostenibili.
euro/kg
Var.%
mar.2013/
mar. 2012
Lattuga bio, Puglia 1,50 -37,5
Limoni bio, Campania 1,05 23,5
Riso bianco Volano (Arborio) bio, Lombardia 3,33 16,8
Braciole di maiale bio, Lombardia 11,87 43,5
Uova bio, Lombardia, cadauno 0,29 -9,4
Prezzi medi mensili