1. Ricercatrice di Statistica Economica per il Centro Studi L’Unione Sarda e
analista di sistemi informativi statistici e Presidente CdA di Vispo Srl,
spin-off dell’Università di Sassari
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2. Una scaletta della presentazione
Questa è la situazione attuale che caratterizza la provincia rispetto al
resto della Sardegna. E’ il punto di partenza per prospettare una
crescita e uno sviluppo, quindi un incremento occupazionale.
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3. Dall’unità d’Italia al 2011, ultimo censimento, la popolazione della
provincia di Sassari è più che raddoppiata, il tasso di crescita annuo
però è stato inferiore alla media regionale, come pure alla provincia di
Olbia Tempio (che cresce più di tutte le altre province sarde) e di
Cagliari.
Nella provincia di Sassari ci sono 66 comuni di cui 8 costieri. Il numero
dei comuni costieri è rilevante perché in media sono proprio i comuni
che si popolano, quindi più comuni costieri ci sono in una provincia più
alta è la probabilità che la provincia si popoli.
Villanova Monteleone fa eccezione, è infatti l’unico comune costiero di
Sassari che negli ultimi 20 anni si è spopolato.
Tenendo sempre questo intervallo temporale: 1991-2011 (di cui si
dispongono i dati a livello comunale che consentono l’aggregazione
nelle 8 province) meno del 30% dei comuni ha avuto un incremento di
popolazione, gli altri si sono spopolati.
Oltre all’essere o meno costiero rileva infatti nell’incremento o
decremento demografico anche la dimensione del comune.
Solitamente i comuni di dimensioni più elevate attirano nuovi
residenti, mentre i comuni piccoli li perdono.
In provincia di Sassari ci sono solo 5 comuni con più di 10 mila abitanti:
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4. oltre a Sassari (130 mila), Alghero (41 mila), Porto Torres (22,5 mila) si
aggiungono anche Sorso (15 mila) ed Ozieri (11 mila), che è l’unico dei 5
che si sta spopolando.
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5. La situazione presentata ci aggiornava fino all’ultimo censimento.
Sassari è seconda nell’Isola per il tasso di crescita totale che misura le
variazioni demografiche dell’ultimo anno.
Il tasso di crescita totale è un indicatore di breve periodo che consente
il monitoraggio continuo dell’andamento della popolazione, che può
essere utilizzato per prevenire fenomeni di spopolamento.
Nel 2012 i comuni che sono rimasti stabili o hanno visto aumentare la
loro popolazione residente sono stati 21 (32% del totale dei comuni),
ma solo in 8 comuni il saldo naturale è risultato positivo.
Questi dati non consentono ancora di capire quale fetta della
popolazione sia aumentata. Perché fa differenza se a crescere è la
popolazione non più in età attiva, quindi gli over 65enni o invece la
popolazione cresce perché aumentano i giovani.
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6. Per fare questo tipo di considerazioni si possono utilizzare degli altri
indicatori, che propongo nella slide, coi valori aggiornati al 2012.
Nonostante l’estensione, in termini di superficie, la provincia si caratterizza
per una densità di popolazione più elevata rispetto alla media regionale
(rispettivamente 77 e 68). Gli indicatori evidenziati mostrano che la
provincia di Sassari è meno attrattiva verso gli immigrati rispetto alla media
regionale (di sicuro rispetto ad Olbia Tempio) e i giovani stanno diminuendo
rispetto agli anziani. Ogni 100 giovani ci sono infatti 166 anziani, nel ’91,
erano 73, nel 2001 erano 119.
L’indice di ricambio della popolazione fornisce un’indicazione della
sostituzione generazionale nella popolazione in età attiva. Un valore
dell’indice pari a 100 costituisce la soglia di equilibrio, significa cioè che tutti
quelli che potenzialmente sono in uscita dal mercato del lavoro sono
sostituiti da quelli che vi stanno entrando. Valori inferiori a 100 indicano che
le persone potenzialmente in uscita sono meno di quelle in entrata, mentre
valori superiori a 100 rilevano che le uscite sono maggiori delle entrate.
Fino al 2002 questo indicatore risultava in equilibrio, ha poi iniziato a
crescere portandosi oggi a 139, quindi c’è il 39% di esubero di uscenti dal
mercato rispetto ai potenziali nuovi ingressi.
C’è da dire comunque che questi indicatori non si discostano molto dalla
media sarda.
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7. Altra precondizione allo sviluppo sono le infrastrutture, sia
economiche che sociali. I valori indicati hanno come confronto 100,
che è il valore normalizzato relativo all’Italia. Questo significa che sia la
provincia che la regione hanno delle dotazioni infrastrutturali inferiori
a quelle mediamente presenti in Italia. Il dato si può interpretare come
valore pro-capite.
Anche se non particolarmente aggiornati gli indicatori di dotazione
infrastrutturale contribuiscono a chiarire quali sono le condizioni
endogene che possono favorire o meno lo sviluppo della provincia.
Nel dettaglio si possono analizzare sia le infrastrutture economiche che
sociali.
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8. Per quanto concerne gli indicatori economici ci sono alcuni indicatori
che segnalano che la provincia gode di una situazione migliore rispetto
alla media regionale.
Porti e aeroporti ad esempio sono due indicatori che stanno non solo
al di sopra del valore sardo ma anche al di sopra della media italiana.
Tutte le altre infrastrutture invece, pur essendo sempre discretamente
lontane dai valori nazionali, indicano che la provincia è meglio dotata
del resto dell’Isola.
Dei livelli infrastrutturali al di sotto dei valori medi nazionali hanno due
effetti principali: da un lato determinano una scarsa attrattività per la
localizzazione di imprese nelle zone più interne per via degli alti costi
di trasporto; d’altro lato, però, dato che i visitatori non possono
agevolmente muoversi nel territorio tendono a concentrarsi in poche
località prossime a porti ed aeroporti di arrivo e questo potrebbe
risultare un vantaggio per le località turistiche della provincia che si
situano proprio in prossimità di porti e aeroporti. E’ vero comunque
che questo limita lo sviluppo turistico delle zone più interne.
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9. La provincia ha una elevata dotazione di infrastrutture culturali e
ricreative, il valore dell’indicatore supera anche quello medio
nazionale e di sicuro è più elevato della media regionale. Anche gli altri
indicatori risultano più elevati della media. Si può notare però che
l’indicatore delle strutture per l’istruzione è al di sotto del livello
nazionale e presumibilmente contribuisce a determinare un tasso di
istruzione della popolazione adulta più basso rispetto alla media
italiana. Questo indicatore riferisce che più della metà dei residenti
della provincia (di età compresa tra 25 e 64 anni) ha al massimo
un’istruzione secondaria inferiore: “la terza media”. Il valore medio
nazionale si ferma al 45,7%.
Questi valori sono abbastanza datati, non ce ne sono però di più
aggiornati.
Come noto, la carenza di infrastrutture sociali determina un
deterioramento del capitale umano e sociale, legato al senso di
appartenenza dei cittadini e al livello di istruzione, nonché una
diminuzione diretta della qualità della vita, specialmente nel caso delle
infrastrutture sanitarie.
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10. Un focus sulle strutture ricettive per mettere in evidenza la capacità
ricettiva della provincia e la sua specializzazione.
Come si può vedere infatti solo il 13,9% degli esercizi sono alberghi, la
prevalenza sono invece esercizi complementari (86,1%).
Tra gli alberghi prevalgono quelli di qualità medio bassa, mentre sono
rari gli alberghi di lusso.
Evidentemente la provincia è preparata ad accogliere le classi medie
della popolazione che però risentendo della crisi hanno tagliato «le
vacanze» e questo ha causato una crisi anche del settore turistico.
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11. Ancora nel dettaglio del settore turistico per mettere in evidenza le
basse performance. L’indice di utilizzazione lorda delle strutture
ricettive è più basso rispetto alla media regionale e i turisti si
trattengono per periodo inferiori. Gli stranieri, forse avvantaggiati dai
voli low cost, rappresentano una porzione più elevata rispetto al resto
dell’Isola.
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12. Un altro focus sulla capacità di attrarre capitali di investimento.
E’ evidente, dai dati riportati in tabella, che non è così.
Per misurare la capacità di attrazione dei capitali d’investimento,
solitamente si usa la propensione ad investire, calcolata come rapporto
tra gli impieghi bancari nel territorio in esame e i depositi dei residenti
nello stesso territorio. In Sardegna 100 euro depositati in banca
producono 118 euro impiegati (cioè richiesti per investimenti).
Più è alto questo rapporto più è alto il contributo dei capitali esterni.
In Sardegna il moltiplicatore ha un valore basso (118) se si confronta
col resto del paese, in cui il ritorno in termini di investimento arriva a
162.
Ma anche questo valore è ridotto se si prende a riferimento l’Italia
centrale: 202 euro di investimenti.
Olbia Tempio è l’unica provincia sarda in cui gli impieghi sono il doppio
dei depositi, questo significa che il territorio è in grado di attirare
investitori.
Sassari ha ugualmente un valore discretamente alto rispetto alla
Sardegna e supera anche Cagliari.
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13. Terzo flash, il reddito dei contribuenti della provincia. A Sassari e provincia i
redditi sono mediamente più alti rispetto alla media regionale e sono
superati solo da Cagliari.
Rispetto al 2006 si è ridotto il numero dei contribuenti ma è aumentato il
reddito medio, il che significa che è diminuito il numero dei percettori di
reddito ma sono venuti a mancare i contribuenti più poveri.
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14. Tornando alle pre-condizioni per lo sviluppo, si analizza ora la struttura
produttiva per mettere in evidenza le peculiarità provinciali e trovare dei
punti sui quali intervenire.
La situazione nel complesso si presenta simile al resto dell’Isola.
Nella provincia sassarese c’è il 20% circa delle imprese sarde. Il tasso di
crescita delle imprese, che misura la dinamicità e la capacità di resistere nel
mercato delle imprese (è un indicatore di breve periodo) risulta negativo
per il 2012, qualche anno prima, nel 2008, era invece positivo in provincia e
pari a 1,4 mentre era già negativo nel resto dell’Isola, -0,33. Questo significa
che sono di più le imprese che chiudono di quelle che aprono e in questo
calcolo si considerano sia le imprese di dimensioni elevate che quelle di
dimensioni minori, compreso i liberi professionisti.
Più preoccupante ancora è l’intensità dei fallimenti, se in Sardegna sono
fallite 1,7 imprese ogni mille attive, a Sassari sono 2,7. Non ho un indicatore
a livello nazionale che ci consenta di dire se la situazione sia in linea. Non è
disponibile neanche lo stesso indicatore per un anno precedente per
verificarne il miglioramento o peggioramento, quindi ci si deve
accontentare del confronto col resto dell’Isola.
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15. Il dato sulle imprese attive della slide precedente si riferisce al 2012 ed è di
fonte Camera di Commercio.
I dati censuari ci consentono di stabilire come è cambiata la situazione dal
2001 al 2011 e di entrare più nel dettaglio delle informazioni.
Come appare subito evidente a fronte di un incremento del numero di unità
attive di quasi 10 punti percentuali corrisponde un incremento di 5 punti
del numero di addetti, mentre si riducono i contratti di lavoro esterni.
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16. Un’analisi per settore consente di verificare in quali settori c’è stata la
variazione. A un incremento nel numero di imprese non corrisponde però
necessariamente un incremento nel numero di addetti impiegati e
viceversa.
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17. Per poter studiare la distribuzione per classe dimensionale e settore di
attività economica e forma giuridica, bisogna utilizzare ancora il dato
censuario del 2011.
Questo dato esclude le imprese agricole che sono state conteggiate l’anno
precedente nel censimento dell’agricoltura.
Il 92% delle imprese dell’industria e dei servizi ha fino a 5 dipendenti, il 97%
ha meno di 10 dipendenti. Questo vale sia a livello provinciale che a livello
regionale.
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18. Questa slide, anche sei i numeri risultano troppo piccoli per essere letti
mette in evidenza la distribuzione per classe dimensionale per settore.
Come si può notare sono pochissimi i settori in cui si sono imprese di grandi
dimensioni. L’unica impresa che supera i mille dipendenti è nel settore delle
attività finanziarie e assicurative.
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19. Sempre utilizzando i dati del censimento dell’industria e dei servizi,
pubblicati dall’Istat si può analizzare la struttura produttiva suddividendola
per settore di attività economica e non si rilevano differenze rispetto alla
distribuzione regionale.
Il commercio è il settore più rilevante (28,7%), seguito dalle attività
professionali (15,1%), dalle costruzioni (14,2%), dalle attività manifatturiere
(7,2%) e dalla sanità e assistenza sociale (6,1%). Gli altri settori non sono
rilevanti.
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20. La distribuzione delle imprese e degli addetti non è comunque uniforme nel
territorio provinciale, considerato che quasi la metà delle imprese e più
della metà degli addetti ha sede a Sassari città.
Si consideri che Sassari, Alghero e Porto Torres rappresentano assieme il
58% della popolazione della provincia, gli addetti sono invece il 72%.
Questo significa che c’è pendolarismo e che nei restanti comuni della
provincia non ci sono molte possibilità di lavoro.
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21. La stragrande maggioranza di imprese opera come impresa individuale.
Ovviamente questo comporta una minore efficienza nell’utilizzo delle
risorse umane e minori possibilità di strutturare le unità produttive.
In tutta la provincia di Sassari ci sono appena 53 società per azioni. Le
società a responsabilità limitata sono 2.891 e il 60% sono a Sassari città e un
21% si ripartisce tra Alghero (13%) e Porto Torres (7%).
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22. Dal censimento dell’agricoltura si possono trarre le informazioni sulle
aziende agricole, che si possono suddividere per forma giuridica, rilevando
che la quasi totalità sono aziende individuali (il 94%).
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23. La maggior parte delle aziende agricole è di piccole o piccolissime
dimensioni, ci sono però delle eccezioni.
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24. Il saldo della bilancia commerciale della provincia di Sassari, come del resto
della Sardegna intera è negativo, il che significa che per i nostri consumi
dipendiamo dall’esterno.
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25. Il contributo della provincia di Sassari non è molto rilevante sul totale degli
scambi commerciali dell’Isola col resto del mondo, nel 2012 le importazioni
della provincia rappresentano meno del 5%. Questa percentuale è
facilmente spiegabile dal fatto che la parte più rilevanti (più dell’80%) delle
nostre importazioni si riferisce al coke e ai suoi derivati.
Se si considera però il solo settore agroalimentare si può notare che la
rilevanza aumenta, anche se purtroppo, dal 2006 al 2012 è andata
riducendosi.
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26. La stessa analisi si può fare per le esportazioni. Anche in questo caso la
provincia ha una rilevanza esigua se considerata nel complesso delle sue
esportazioni, rispetto al resto della regione, ma se si considerano solo i
prodotti agroalimentari il peso aumenta decisamente.
Infatti quasi la metà delle esportazioni si riferiscono proprio a questa
provincia.
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27. Considerando nel dettaglio proprio il settore agroalimentare si può notare
che risulta positivo, il che significa che la provincia è un esportatore netto.
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28. I principali mercati di sbocco sono:
Per le importazioni la Spagna, la Francia e la Germania.
Per le esportazioni gli Stati Uniti, e a distanza la Turchia e il Canada.
I prodotti delle industrie lattiero casearie rappresentano il 91% dell’export
dell’agroalimentare verso gli Stati Uniti e il 53% di quello diretto in Canada.
Il totale delle esportazioni di prodotti agroalimentari verso la Turchia si
riferisce a carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne.
Le bevande rappresentano l’83% dell’export del settore agroalimentare
verso la Germania.
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29. Forte specializzazione del settore terziario. Agricoltura e industria
perdono occupati mentre il commercio e le attività alberghiere e di
ristorazione occupano un numero maggiore di addetti.
L’agricoltura ha un peso inferiore rispetto al resto della Sardegna
(5,6%), come pure l’industria in senso stretto (9,1%). Invece le
costruzioni e i servizi pesano di più del resto dell’Isola (dove valgono
rispettivamente 8,1% e 77,2%).
Il tasso di attività e di occupazione sono più elevati a Sassari. Lo sono
però anche il tasso di disoccupazione totale e giovanile.
Tasso di attività 62,4| 61,4
Tasso di occupazione 52,3 |51,7
Tasso di disoccupazione totale 16,0 |15,5
Tasso di disoccupazione giovanile 53,1| 47,3
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30. Qualche considerazione più in dettaglio sui tassi di disoccupazione a
livello provinciale.
Nel 2008 il tasso di disoccupazione della provincia era il più elevato,
nel 2012 è invece tra i più bassi, anche se non si è modificato in modo
significativo. Sono infatti le altre province che hanno visto peggiorare
la propria situazione. In Ogliastra si è passati ad esempio da un tasso
del 12,1% a uno del 22,4%.
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31. Se si considera solo la fascia d’età 15-24 anni, i giovani, si può
osservare un netto incremento della disoccupazione. A Sassari oltre la
metà dei giovani che si presenta sul mercato del lavoro è in cerca di
un’occupazione.
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32. E questo vale sia per i maschi, in cui il tasso ha avuto un elevato
incremento nel periodo considerato.
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33. Che per le femmine, in cui invece il tasso si è ridotto ma è ancora
decisamente molto alto. Il 61,4% delle ragazze che si propone per un
lavoro non lo ha ancora trovato.
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34. L’Unioncamere, attraverso la banca dati Excelsior raccoglie le intenzioni
di assunzione delle imprese, sia in termini di quantità di lavoro
richiesta che in termini di qualità. Questa rilevazione, per la Sardegna,
si scompone al massimo per le 4 province storiche, quindi il dato della
provincia di Sassari comprende anche la provincia di Olbia Tempio, per
cui è difficile riuscire a suddividere le richieste della parte ovest da
quelle della parte est del Nord Sardegna.
Presento quindi solo una slide esemplificativa a dimostrazione di un
lavoro che dovrebbe essere più dettagliato e che può dare l’idea
dell’effettiva richiesta di lavoro.
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35. I dati proposti consentono di inquadrare la situazione della provincia, in
alcuni casi forniscono anche un confronto col passato per valutare gli effetti
della crisi.
Mettono in evidenza ad esempio che le precondizioni allo sviluppo e alla
crescita sono più favorevoli rispetto al resto della Sardegna, almeno per
alcuni aspetti, anche se, riferendoci al settore turistico andrebbero forse
riammodernate le strutture ricettive differenziando l’offerta in modo da
incentivare nuove tipologie di turisti.
A questo punto però bisogna assegnare delle priorità di intervento,
definendo politiche industriali di medio e lungo periodo che inneschino la
crescita che consentirà alle imprese di fare nuove assunzioni in particolare
nella porzione della popolazione giovane e femminile, che risente
maggiormente della mancanza di occupazione. Ed è necessario anche
pensare agli scenari futuri del mercato del lavoro, alle nuove figure
professionali richieste dal mercato.
Il terziario pubblico non può essere il fattore di sviluppo principale anche
perché determina la concentrazione dei servizi nel solo comune di Sassari
oltre al fatto che manca una struttura produttiva da supportare.
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