1. Lisbona,
una
finestra
sul
mondo
e
su
se
stessi
Tes3
e
foto
di
Marco
Bertagni
2. Note
sfumate
di
fado
in
lontananza.
Miradouros
dissemina3
sulle
cime
dei
se<e
colli
della
cidade
branca.
Superfici
lisce
di
azulejos.
Sardinhas
grigliate
sul
ciglio
delle
vie.
Salsedine
dove
il
Tago
si
confonde
nel
mare.
3.
4. Lisbona
è
un
viaggio
a<raverso
i
sensi.
E’
unica,
magica.
Utopia
che
si
avvera.
Gli
estremi
trovano
una
loro
armonia:
la
Terra
ammicca
all’Oceano,
il
Passato
compenetra
il
Presente
e
insieme
guardano
al
Futuro.
I
conceL-‐chiave
dell’essere
lusitano
–
il
viaggio,
anche
immaginario,
come
metafora
della
vita,
la
sacralità
del
tempo,
il
rispe<o
e
la
discrezione,
la
semplicità,
la
memoria
-‐
si
librano
silenziosi
nell’aria
come
rondini
a
primavera,
si
intersecano,
si
sovrappongono
e
si
respirano
in
ogni
angolo
di
Lisbona.
5.
6. Alfama:
mel3ng
pot
di
indigeni,
immigra3
dalle
colonie
portoghesi,
viaggiatori
che
l’hanno
ele<a
a
proprio
nido.
Alfama:
janela
do
mundo,
una
finestra
sul
mondo,
su
Lisbona,
sulla
sua
storia,
e,
sopra<u<o,
su
noi
stessi.
Sedu3
su
una
panchina
di
una
qualsiasi
piazze<a
di
questo
distre<o,
la
vita
scorre:
viaggiatori
si
arrampicano
felici,
noncuran3
della
fa3ca,
senza
meta
per
le
scalinate
bianche,
una
signora
affacciata
alla
finestra
con
il
suo
cane,
un
marinaio
in
licenza
passeggia
con
la
sua
bella,
ghirlande
colorate
in
preparazione
della
festa
di
Sant’Antonio.
7.
8. E
poi,
d’improvviso,
il
sole
di
Lisbona
3
bacia
la
pelle;
3
sen3
vivo!
Percepisci
te
stesso,
in
un
tempo
e
in
uno
spazio
indetermina3,
eppure
qui
ed
ora.
9.
10. Lisbona
è
luce.
Alba
al
Miradouro
das
Portas
do
Sol.
Il
Tago
scorre
lento
e
maestoso
da
oriente
verso
il
suo
des3no,
dietro
alle
palme
che
si
slanciano
sui
teL
rossi
domina3
dai
profili
di
Sao
Vicente,
del
Pantheon
e
di
Sao
Miguel.
Miradouro
di
Santa
Luzia,
altro
belvedere,
tra
an3chi
azulejos
e
una
bouganville
in
fiore
per
sei
mesi.
11.
12. Scalinata
di
Rua
da
Oliveirinha:
c’è
una
piccola
via,
un
ristorante,
“A
Alfaminha”,
chiuso
e
decadente,
con
una
tendina
lisa
sovrastata
da
una
finestra
ro<a.
C’è
un
idrante
rosso
sull’angolo.
Alcune
scri<e
sui
muri.
Dei
saccheL
d’immondizia.
Un
piccione
che
vola
svogliato.
Un
bambino
con
pantaloni
cor3
che
passa
con
fare
spedito.
Stranieri
che
posano
per
una
foto.
Qualcuno
che
ha
coperto
la
scri<a
sui
muri.
Un
lampione
nero.
Un
altro
pezzo
di
vetro
della
finestra
che
cade.
Piccole
cose.
Ma
proprie
queste
coisas
pequenas
si
impara
ad
amare
a
Lisbona
e
può
capitare,
a
distanza
di
anni,
di
ritrovarsi
quasi
per
caso,
per
fado,
in
scorci
minimali
come
ques3
e
capire
che
qui
il
tempo
non
esiste,
o
forse
si
è
fermato.
13.
14. E
anche
noi
res3amo,
come
il
tempo,
immobili,
sospesi,
senza
parole.
Rua
do
Castelo
Picao,
Donha
Helena
e
Susana,
alfacinhas
di
razza
che
amano
questo
quar3ere
perché
qui
“è
come
se
fosse
un
luogo
a
sé,
una
ci<à
nella
ci<à,
dove
tuL
si
conoscono
e
si
ascoltano”.
15.
16. Wim
Wenders,
la
ca<ura
dei
suoni
della
ci<à
in
“Lisbon
Story”
e
Teresa
Salgueiro
che
appare
come
una
visione
sulle
Escadinhas
de
Sao
Miguel,
la
sua
voce
raggiunge
l’anima
e
canta
l’essenza
di
Lisbona
con
un
fado
rivisitato,
moderno,
emozionante.
17.
18.
19. Largo
do
Chafariz
de
Dentro,
Rua
dos
Remedios,
Rua
da
Saudade:
toponimi
insoli3,
soLli,
discre3,
misteriosi,
profondi,
mai
banali,
come
Lisbona.
Ecco,
la
saudade,
tra
le
parole
più
intraducibili,
ammanta
la
capitale
portoghese.
E’
nel
fado,
da
quelli
classici
di
Alfredo
Duarte
e
Amalia
Rodriguez
a
quelli
rivisita3
di
Mariza.
20.
21. E’
nel
calcio,
con
il
Benfica
che
non
riesce
a
tornare
ai
fas3
di
Eusebio,
la
pantera
nera.
22. E’
negli
sguardi
e
nelle
movenze
dei
lusitani,
nei
ritmi
della
ci<à,
nelle
luci
del
tramonto
e
in
quelle
dell’alba.
Josè
Saramago
“non
parlò
quasi
mai
di
saudade”
ci
rivela
Pilar
del
Rio;
Tabucchi
invece,
la
definisce
come”
qualcosa
di
straziante,
ma
che
può
anche
intenerire
e
non
si
rivolge
solo
al
passato,
ma
anche
al
futuro”.
Si
può
avere
la
nostalgia
del
momento
che
state
vivendo
e
quindi
del
futuro.
23.
24. Bicos,
Praca
do
Comercio,
Baixa,
Rossìo,
Figueira.
Frango,
cozido
à
Portuguesa,
bacalhau,
sardinhas.
L’insegna
di
un’agenzia
di
viaggi
recita
“Vai
tu”
in
uno
scosceso
vicolo
di
Santa
Catarina.
Si,
andiamo!
25.
26. Cais
do
Sodrè,
Belèm,
il
Padrão
das
descobertas,
alla
foce
del
Tago.
I
grandi
viaggiatori
portoghesi,
da
Magellano
a
Vasco
da
Gama,
salpavano
da
qui
per
scoprire
il
mondo.
Si
sognano
i
propri
viaggi,
faL
e
da
fare.
27.
28. Si
a<raversa
il
fiume.
Rua
do
Ginjal
tra
vecchi
edifici
dismessi,
in
un
paesaggio
onirico,
alla
Manuel
de
Oliveiras.
Una
medusa
sulla
spiaggia
con
a
fianco
un
cuore
di
stoffa
rossa,
metafore
da
inventare,
immagini
simboliche,
o
forse
solo
una
mareggiata.
Chi
conosce
i
confini
tra
fantasia
e
realtà?
Un
uomo
che
a
ridosso
di
un
muro
bianco
e
con
il
Ponte
25
di
Aprile
a
fargli
da
quinta
teatrale,
cammina
verso
il
“Ponto
Final”,
le
colonne
d’Ercole
di
Lisbona.
31. Il
viaggio
non
finisce
mai.
Solo
i
viaggiatori
finiscono.
E
anche
loro
possono
prolungarsi
in
memoria,
in
ricordo,
in
narrazione.
Quando
il
viaggiatore
si
è
seduto
sulla
sabbia
della
spiaggia
e
ha
de<o:
”Non
c’è
altro
da
vedere”,
sapeva
che
non
era
vero.
La
fine
di
un
viaggio
è
solo
l’inizio
di
un
altro.
Bisogna
vedere
quel
che
non
si
è
visto,
vedere
di
nuovo
quel
che
si
è
già
visto,
vedere
in
Primavera
quel
che
si
era
visto
in
Estate,
vedere
di
giorno
quel
che
si
è
visto
di
no<e,
con
il
sole
dove
la
prima
volta
pioveva,
vedere
le
messi
verdi,
il
fru<o
maturo,
la
pietra
che
ha
cambiato
posto,
l’ombra
che
non
c’era.
Bisogna
ritornare
sui
passi
già
da3,
per
ripeterli,
e
per
tracciarvi
a
fianco
nuovi
cammini.
Bisogna
ricominciare
il
viaggio.
Sempre.
Josè
Saramago
32. I
tes3
di
questo
reportage
di
viaggio
sono
liberamente
traL
dall’ar3colo
“LISBONA,
UNA
FINESTRA
SUL
MONDO
E
SU
SE
STESSI”,
in
corso
di
pubblicazione,
in
lingua
inglese,
su
MONTECRISTO,
CANADA,
editor
Jim
Tobler
(numero
di
Novembre
2015)