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Matteo Curti
Marketing
Portfolio
SOGGETTO: MATTEO CURTI
Sbaglio o hai appena zoomato sulla scritta?...
Eccoti spiegato il marketing in tre secondi... ;)
# 0 0 0 4
Se c’è una cosa che mi hanno
insegnato i Social Media è come sia
matematicamente impossibile che io,
ora, non abbia la vostra totale attenzione!
Chiedo umilmente scusa per questo colpo basso da comunicatore
da quattro soldi, ma dovevo essere assolutamente certo che i vostri
occhi fossero proprio qui, in questo preciso istante, a leggere queste
parole. Per quale astruso motivo, vi chiederete? Semplice: perché è
attraverso il “testo” che me la vorrei giocare! Già, quel famigerato
“testo” che vi sto propinando proprio ora, tanto snobbato da tutti
(figuriamoci in un portfolio), ma che al giorno d’oggi rappresenta
forse l’unica arma a mia disposizione per farmi notare. Ancora non ci
conosciamo e già scommetto di starvi sulle scatole, non è così?
Eppure diciamocelo: io sono qui per farmi conoscere... nel senso
“farmi conoscere veramente”! Partire in questo modo è da pazzi, ne
sono consapevole, ma mi dà modo di illustrarvi come leggere questo
portfolio senza che passi totalmente inosservato, così come mi offre
la possibilità di esprimere ciò che sono veramente e di giocare le mie
carte in maniera inaspettata, forse, ma sincera.
Allora voglio essere onesto con voi e prepararvi al peggio: di parole
ne troverete scritte ancora tante, tantissime: spaventosi paragrafi,
per non dire pagine intere, piene zeppe di grige, tristi e noiosissime
lettere una dietro l’altra... Come sopperire a questo terribile suppli-
zio? Semplice: potrete bellamente saltarle senza che accada nulla di
spiacevole al tenero gattino nella foto. Ma se vi steste chiedendo
cosa spinga un pazzo come me a tentare una strada tanto assurda,
beh... c’è solo un modo per scoprirlo... leggerlo!
Attirare la vostra attenzione forse è stato facile, ma ora sta a me tra-
sformarla in interesse... E poi parliamone: ma quanto è pucciosamen-
te carino e coccoloso questo micio?!?
INTRODUZIONE
.....................................................................................................................................
MAX&CO - Web Marketing
.....................................................................................................................................
PHILIPS LIGHTING - Social Media Marketing
.....................................................................................................................................
CERES - Unconventional Marketing
.....................................................................................................................................
IUSVE - Progettazione Grafica
.....................................................................................................................................
IUSVE - Creatività e Problem Solving
.....................................................................................................................................
COCNLUSIONI
.....................................................................................................................................
5
6
14
23
31
39
48
Ebbene sì, sono una di quelle persone che adora avere storie da
raccontare. Tranquilli: so di risultare tremendamente patetico, so che
la cosa non mi renderà immortale (anche se sul discorso “immortali-
tà” ci sto lavorando) e sono perfettamente consapevole di una cosa:
definirsi “storyteller” in un mondo dove tutti si definiscono “storytel-
ler”, beh… non può certo definirsi la “mossa del secolo”! Eppure sarei
un bugiardo se vi dicessi che non è così. Come fidarsi di me? Non
potete o almeno, non ancora: per ora siamo solo all’ottava, pardon,
nona riga di ciò che risulta essere il mio banco di prova e sta a me,
solo a me, ottenere credibilità o meno.
Eppure, cos’è un portfolio se non un insieme di storie da raccontare?
Io almeno lo vedo così: una sorta di antologia volta a mettere in luce
chi diavolo sia questo fantomatico “Matteo Curti” e quali siano state
le sue “eclatanti avventure” nella vita. Attenzione, però, chiariamo
subito una questione: non aspettatevi racconti memorabili o chissà
quali risposte a domande esistenziali; per la cronaca, non ho super-
poteri (se non quello di controllare il singhiozzo), non ho mai affron-
tato un orso a mani nude e non sono amico di Aranzulla…
Insomma, di cose che “non ho fatto” (ma che forse vorrei fare) ce ne
sono tante, tantissime... mentre la mia, di fatto, non è altro che la vita
di un normalissimo ragazzo bolognese che ha vissuto cose normalis-
sime e che ora come ora sta digitando la normalissima parola
“parola” durante la stesura di un progetto. Eppure è lo stesso “mar-
keting” a sostenerlo: quando non hai più speranze con il “COSA” hai
sempre a tua disposizione uno strumento, forse più importante: il
“COME”. Oggettivamente, ciò che state per sfogliare non sarà il por-
tfolio più bello che abbiate mai visto e neppure il più esclusivo. Per
questo ho scelto di mostrare ciò che più so fare meglio: il fatto (o per
lo meno il desiderio) di renderlo interessante, piacevole, intrigante...
in poche parole? Di dargli un senso. Questo, di fatto, è ciò che a mio
parere dovrebbe fare il marketing: dare un (buon) senso a tutto.
INTRODUZIONE
“A furia di raccontare le sue storie,
un uomo diventa quelle storie.
Esse continuano a vivere dopo di lui
e in questo modo egli diventa immortale”
[ Big Fish ]
PROJECT WORK
STRATEGIE E TECNICHE
DI WEB MARKETING
Brand Strategy
Social Media Stretegy
Unconventional Campaign
Community Building
Committente:
Brief:
Confermare la presenza del Marchio nella vita delle giovani
donne. In particolare nella scelta dell’outfit in occasione della
laurea, dei primi colloqui e delle prime esperienze lavorative.
1.
LA VERA STORIA DELLE DUE
TORRI NON È VERA.
Chiedete ad un qualsiasi bolognese di narrarvi la storia delle Due Torri, sim-
bolo della città Felsinea e nessuno saprà rispondervi con certezza. Certo,
continuiamo imperterriti ad ammirarle, a fotografarle, a sfidare quasi cinque-
cento scalini per raggiungerne la cima (tranne se si è studenti universitari, in
quel caso porta sfortuna) ma... no, proprio non ne conosciamo l’origine. C’è
chi griderà allo scandalo! Al fatto che le nuove generazioni siano ignoranti e
superficiali o che qui un tempo fosse tutta campagna, ma la realtà dei fatti è
un’altra: la vera storia NESSUNO la conosce. Proprio così: Bolognesi, non-bo-
lognesi, storici, biologi marini... tutti ci hanno provato, ma niente; ancora non
mi credete? Bene, tenetevi forte… non la conosce nemmeno Wikipedia!!
Sarà per questo che ogni nonna bolognese che si rispetti è tenuta a raccon-
tare ai propri nipotini qualche favola che sappia placarne la curiosità. Così, di
generazione in generazione, da milioni di anni, ognuno tramanda la propria
versione: c’è chi parla di fortezze contro i barbari, chi di prigioni e chi come
sempre ci mette in mezzo gli alieni e i cerchi nel grano. La mia versione? Beh,
non sarà tra le più belle, ma nel suo piccolo è riuscita a darmi più di quanto
immaginassi.
Ebbene, mia nonna era solita narrare di come due famiglie bolognesi, la Asi-
nelli e la Garisenda, un tempo fossero acerrime nemiche e in perenne com-
petizione tra loro. Per anni, ognuna aveva provato invana a dimostrarsi più
ricca e potente dell’avversaria, finché un bel giorno non si decisero a porre
fine alla questione. Come? Nell’unico modo possibile: un incontro di Wrest-
ling? No, una spettacolare sfida alla torre più alta. Fu così che cominciarono
i lavori, su due cantieri vicini e con due strategie totalmente diverse….
Dopo pochi mesi la sfida sembrava essere in mano ai Garisenda: quaranta
metri di mattoni sovrastavano i poveri operai degli Asinelli, sempre più vitti-
ma degli sbeffeggiamenti avversari poiché ancora alle prese con la base e le
fondamenta. Presto, tuttavia, accadde l’impensabile (l’avreste mai detto?)...
La Torre dei Garisenda iniziò ad inclinarsi e a nulla valsero i consigli dei centi-
naia di “Umarel” medievali accorsi attorno al cantiere.
Ormai non c’era più niente da fare: qualche metro in più e la torre sarebbe
inevitabilmente crollata. Quale fu l’errore fatale? Il desiderio accecante di
puntare in alto nel modo più semplice e veloce possibile, attraverso una base
piccola e le facciate verticali. E gli Asinelli? Beh, di tempo ne avevano impie-
gato per studiare una base larga e solida, ma ora potevano innalzarsi in tutta
tranquillità, superare la Garisenda e toccare il cielo: avevano vinto la sfida.
Ora tutti si staranno chiedendo: perché mai raccontarvi una storia del
genere? Sarò forse pazzo? C’è chi lo sostiene. Sono innamorato della mia
città? Quello sì. Tuttavia, è incredibile come questo semplice aneddoto sim-
boleggi a pieno la mia mentalità nell’affrontare ogni singola sfida personale
e/o professionale. Lo so, avrei potuto semplicemente scrivere: “sono uno che
crede come solo attraverso una base solida si possa arrivare in alto”... una
riga, veloce veloce, senza farvi perdere tempo… ma parliamone: non sarei
sembrato terribilmente più patetico e banale? Invece ora sono quasi certo
che almeno una di queste tre cose vi sia arrivata:
1) il fatto che abbia davvero la pazienza di costruire una solida base per arri-
vare ai miei obiettivi.
2) il fatto che ora abbiate un aneddoto in più da raccontare ai vostri amici di
bevuta.
3) il fatto che io sia effettivamente pazzo.
Nella speranza di avervi convinto della mia sanità mentale, ci tenevo ad evi-
denziare l’elemento che, stando al committente, ha portato il progetto che
seguirà a conquistarsi la vittoria finale: non tanto le grafiche o le tattiche, ma
l’essere entrati talmente tanto in profondità nell’animo dei consumatori, da
capirne i reali bisogni; l’aver delineato un fil rouge che desse coerenza e vali-
dità all’intero progetto; l’aver pazientato per creare una base strategica
talmente solida da permettere al brand di mettere in atto qualsiasi iniziativa.
l’Analisi non basta a creare basi solide...
(Azioni di indagine quantitativa A*)
...Neppure TANTA Analisi è sufficente...
(Azioni di indagine quantitativa B*)
Risultati del questionario somministrato ad un campione mirato di 27 unità (professionisti)
Secondo lei, in sede di colloquio, quanto può influire
la scelta dell’abito di un’aspirante collaboratrice?
1 2 3 4 5
12
9
6
3
0
Per nulla:
Moltissimoo
1
2
3
4
5
0
4
8
12
3
0%
14,8%
29,6%
44,4%
11,1%
Quale, secondo lei, potrebbe essere il canale
Web più performante?
Linkedin
Blog dedicato
Facebook
Instagram
Twitter
Google +
8
17
8
2
2
3
29,6%
63%
39,6%
7,4%
7,4%
11,1%
0 4 8 12 16
Secondo lei, può risultare utile un contenitore in cui
fornire suggerimenti alle neo-laureate?
18,5%
70,4%
Sì
No
Other
70,4%
18,5&
11,1%
19
5
3
Risultati del questionario somministrato ad un campione mirato di 341 unità (laureande e neo-laureate):
Quali dei seguenti brand sono più adatti per l’outfit di laurea e quali caratteristiche deve riflettere l’abito?
Pinko
Liu Jo
Stefanel
Max&Co
Lazzari
Patrizia Pepe
Guess
Armani Jeans
Others
Pinko
Liu Jo
Stefanel
Max&Co
Lazzari
Patrizia Pepe
Guess
Armani Jeans
Others
64
84
69
181
65
102
41
30
41
18,9%
24,8%
20,4%
53,4%
19,2%
30,1%
12,1%
8,8%
12,1%
Comodità
Esclusività
Riusabilità
Versatilità
Tendenza
Estetica
Lusso
Qualità
Other
89
90
159
126
71
156
13
109
26
27,3%
27,6%
48,8%
38,7%
21,8%
47,9%
4%
33,4%
8%
Quale importanza dai alla scelta
del tuo abito per la laurea?
Quanto sei disposta a spendere
per l’abito della tua laurea?
2 3 4 51
140
105
70
35
0
Per nulla:
Moltissimo:
1
2
3
4
5
2
5
59
154
110
0,6%
1,5%
17,9%
46,7%
33,3%
35,6% 13,3%
36,3%
Meno di 50€
Da 50€ a 100€
Da 100€ a 200€
Da 200€ a 300€
Più di 300€
32
120
118
44
17
9,7%
36,3%
35,6%
13,3%
5,1%
Sintesi delle guidelines estrapolate dall’intervista somministrata ad un campione di donne
imprenditrici e manager (fonti autorevoli): 11 unità statistiche.
Quali sono gli aspetti che ricerca in una sua collaboratrice in ambito lavorativo?
Quali mancanzeriscontra nelle giovani donne che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro?
Per il giorno del suo primo colloquio o più in generale per l’iter lavorativo avrebbe apprezzato l’esistenza di un
canale/contenitore in grado di fornire suggerimenti utili sia in termini di out t che di consigli pratici?
“Credo possa essere utile poter accedere facilmente a dei consigli personalizzati di un mentore esperto (una persona di responsabi-
lità nell’ambiente lavorativo anche di settori diversi): affrontare una situazione nuova e impegnativa come il primo lavoro può far
paura o mettere a disagio, disorientare e creare insicurezza, soprattutto se l’ambiente non è informale e rilassato”.
SCARSA
ATTENZIONE
SCARSA
FLESSIBILITÀ
VISIONE
LIMITATA
PENSIERO
VELOCE
AUTONOMIA
CAPACITÀ
COMUNICATIVA
ATTEGGIAMENTO
PROATTIVO
CONDIVISIONEDETERMINAZIONE
Sintesi delle considerazioni emerse dal focus group (10 unità statistiche laureate e neo-laureate tra i
19 e i 30 anni) e dall’attività di Mystery Shop.
FOCUS GROUP
BISOGNI EMERSI:
Sicurezza Appartenenza
Sicurezza alla base dell’appartenenza;
Mancanza di molti brand: non soddisfano il bisogno
di sicurezza;
Max&Co gettonato come outfit di laurea;
Confermata l’utilità di un eventuale blog per vendere
MISTERY SHOP
Gli spazi riflettono un ambiente intimo e familiare (il
salotto della propria casa);
le commesse sono disponibili e competenti;
Le commesse sono poco consapevoli del corretto
outfit di laurea;
mancanza di una profumazione che caratterizzi lo
store;
il soundscape non è in linea, a nostro avviso, con
...Serve TANTISSIMA analisi...
4 Indagini, 2 Approcci, 2 Punti di Vista:
Si è suddivisa l’analisi in ricerche quantitative e qualitative
ascoltando sia il punto di vista delle consumatrici, sia
quello di professionisti del mondo del lavoro. Un’indagine
di questo tipo ha dato risposte ai quesiti più importanti
legati allo studio del brand, ha permesso di comprendere
se e dove vi fosse un punto di incontro tra le aspettative
del target vero e proprio e quelle di chi un giorno sarà por-
tato a giudicarlo (esaminatori, datori di lavoro...) ed ha per-
messo infine di distinguere gli aspetti chiave nello studio
del consumatore:
Mente: aspetti razionali - Cuore: aspetti emotivi
ma soprattutto...
Anima: aspetti spirituali
È proprio al concetto di “anima del consumatore” che
punta il marketing del futuro ed è partendo dall’anima
delle consumatrici che si è fondata la nostra strategia...
Approcci a confronto
BRAND - TARGET
SODDISFAZIONE BISOGNIBRAND - SODDISFAZIONE BISOGNI
TARGETTARGET
BRAND - SODDISFAZIONE BISOGNI
Approccio standard dei brand
FALLIMENTARE
Nostro approccio
Fase I
Nostro approccio
Fase II
L’approccio dice: “se vesto il brand, allora
soddisfo il bisogno di sicurezza in me stessa
/ senso di appartenenza”.
Il brand si pone allo stesso piano del target,
entra a far parte di una rete di persone con
bisogni ed esigenze proprie e si pone in
maniera empatica offrendo un costante
“aiuto”. Si passa da una comunicazione
ONE TO MANY a MANY TO MANY
L’obiettivo sarà accompagnare l’intera
community al punto di partenza e alla
completa soluzione del bisogno, in maniera
paritaria
Ma per arrivare al cuore si passa
dall’ANIMA...
Non basta lavorare sulla razionalità e sulle emozioni per
soddisfare un bisogno. Il Marketing del futuro, il cosiddetto
Marketing 3.0, introduce il concetto di “Spirito”, come un
qualcosa che punta direttamente all’essere. Se le emozioni,
da sole, rappresentano ciò che si prova, lo Spirito rappre-
senta ciò che si è.
Fermarsi alle emozioni significa creare una situazione
tipica di molti brand di moda, riassumibile in: “se mi vesti,
allora soddisfi i tuoi bisogni” creando un senso di passività
e di gerarchia tra brand e consumatori.
Partire dallo Spirito significa invece scendere allo stesso
livello del target, comprenderne i bisogni e solo dopo
accompagnarlo verso la totale soddisfazione. Solo così si
potrà creare una base talmente profonda, talmente solida,
da far sì che il raggiungimento di tutti gli altri obiettivi
avvenga non solo più velocemente, non solo più facilmen-
te, ma in maniera più efficace e profittevole.
L’Analisi ha rivelato nel target group un profondo bisogno
di sicurezza in se stessi. Se questo è il bisogno, MAX&Co
non dovrà far sentire sicuro il proprio target, ma renderlo
più sicuro. Come?...
Approccio alla nostra campagna
I bisogni quindi indagati e da soddisfare per le laureande o neo-laureate sono:
Marketing
3.0
SPIRITOMarketing
2.0
EMOZIONE
Maturare la sicurezza in sé stesse Soddisfare il senso di appartenenza
Oggigiorno si è arrivati ad un Marketing focalizzato al consumatore in cui alla proposta di
valore funzionale si è aggiunta quella emotiva
Per queste ragioni il nostro approccio è legato non tanto al Marketing 2.0, per il quale l’emozione
soddisfa direttamente il bisogno, quanto al Marketing 3.0, per il quale lo spirito è il focus.
SPIRITOMarketing
3.0
“L’emozione è ciò che si prova, mentre lo spirito è quello che si è!” Non
basta far sentire (l’attuale l’approccio standard dei gruppi fashion) ma
è necessario rendere una persona sicura di sé.
Campagna:
be Max be You
MAX & You
Creazione di uno o più eventi esclusivi
all’interno dei principali store in Italia a
cui saranno invitate le neo dottoresse
laureatesi vestendo Max&Co. Party a cui
partecieranno molti ospiti illustri del
mondo della moda e in cui si mostre-
ranno in esclusiva le nuove collezioni.
CAMPAGNA OFFLINE:
Applicazione volta ad aiutare gli utenti
a cercare/scegliere l’outfit ideale, met-
tendo a confronto e abbinando a piaci-
mento ogni prodotto Max&Co; il tutto
grazie anche a consigli ed esperienze di
altri utenti. Attraverso l’App sarà inoltre
possibile partecipare a contest a premi,
creando abbinamenti ideali e facendosi
votare attraverso i Social.
CAMPAGNA MOBILE:
Creazione di un Blog, all’interno del sito,
dove oltre a consigli di moda, si offrono
contenuti generici sul tema “Sicurezza
in se stessi”. Obiettivo è rendere la piat-
taforma un punto di riferimento per gli
utenti non solo in merito ai Prodotti o
alla Categoria, ma anche ai Valori che
esprime il Brand.
CAMPAGNA SOCIAL:
Ci sarebbe un altro aspetto importante che mi riguarda
e che traspare da questo progetto: il fatto di essere
un vero fanatico dell’etica applicata al marketing!
Ma questa è un’altra storia...
MAX&Co is a Lovemark
now...
PROJECT WORK
STRATEGIE E TECNICHE
DI SOCIAL MEDIA MARKETING
Brand Strategy
Social Media Stretegy
Unconventional Campaign
Community Building
Brief:
Creare una Community Philips Lighting all’interno dei prin-
cipali social networks, in particolare Facebook, scegliendo
il tipo di target a cui rivolgersi. Progettare una strategia di
comunicazione scegliendo i canali più idonei e costruire
una timeline didodici mesi. Brand Perception: Cool, Smart
e sempre all’Avanguardia.
Committente:
3.
UNA CONFEZIONE DI CEREALI
PUÒ CAMBIARVI LA VITA
Vi ricordate quando poco fa citavo il fatto di essere un fanatico dell’Etica?
So che siete talmente presi dai miei racconti da ricordarvi ogni mia minima
parola, ma è comunque meglio ribadirlo: sono un fanatico dell’Etica! Certo,
facile metterla giù così: chi ammetterà mai di odiare a morte la morale e di
stare architettando un piano malefico per mettere al potere Miley Cyrus?
Beh, se stessi mentendo non sarei etico e ve l’ho detto: sono un fanatico
dell’Etica! Il mio ragionamento non ha senso, lo so: potrei stare mentendo sul
fatto di non stare mentendo… ma non mentirei mai sul fatto di stare menten-
do circa il fatto di non stare mentendo sempre per quel discorso che sono un
fanatico bla bla bla… niente, non ne usciamo! Credo esista un unico modo per
togliervi questo atroce dubbio: incontrarmi, conoscermi meglio, magari
assumermi… sto cercando di manipolarvi? Forse sì, ma non sarebbe etico ed
io sono un fanatico dell’Etica! Facciamo così, io smetto di prendervi per sfini-
mento se voi prendete per vero il mio fanatismo; ottimo compromesso no?
Vediamo quindi di procedere per piccoli passi: perché interessarmi tanto
all’Etica? Per la più semplice e banale delle motivazioni: essere felice. Non
prendiamoci in giro, tutti noi agiamo fondamentalmente per un unico scopo
nella vita: che sia trovare l’anima gemella o due sorprese nella stessa confe-
zione di cereali, tutti ci ossessioniamo per essere felici e soddisfare i nostri
reali bisogni. Il mio personale mezzo è semplice: provare ad essere il più pos-
sibile etico. Qui però mi sorge un dubbio: e se l’essere etico non fosse solo la
mia personale chiave per la felicità, ma fosse quella di tutti? E se non esistes-
se altra chiave al di fuori di questa? Molto presuntuosa come affermazione lo
so, ma sarei un bugiardo se vi dicessi che la penso diversamente...
Cosa c’entra tutto questo con il mio lavoro da Marketer e Comunicatore?
Molto più di quanto si immagini: il Marketing è un’arma molto potente, forse
la più potente mai concepita dall’uomo. Da sempre ci spinge ad essere un
certo tipo di persone e a compiere un certo tipo di azioni che vanno ben
oltre la scelta di un detersivo, di uno smartphone o di una bibita...
Il Marketing è forse lo strumento che più di tutti ha il potere di condizionarci
e di cambiarci; in molti casi lo ha fatto in peggio, ma semplicemente perché
usato male. Eppure, già la sua stessa definizione rivela ciò che di meraviglio-
so ha da offrirci questa incredibile materia: “soddisfare i reali bisogni”. E
cos’è la felicità se non la piena soddisfazione di ogni nostro reale bisogno?
Ora unire i puntini del mio ragionamento è decisamente più facile: se perse-
guire l’Etica è ciò che ci rende felici e il Marketing ha come scopo la nostra
felicità, allora un Marketing vincente deve sfruttare tutta la sua potenza per
aiutarci a perseguire l’Etica… tutto qui.
Anche in questo caso me la sarei potuta cavare con poche semplici frasi del
tipo “il bene vince sempre” o “meno male che c’è Batman”, ma ormai avete
imparato a conoscermi e saprete che adoro dare un senso a tutto ciò che
scrivo.
So anche di avere tralasciato un centinaio di questioni aperte, tra cui banal-
mente il “perché diavolo essere etico dovrebbe rendermi felice?”. Di motiva-
zioni ne ho, ma direi di avervi stressato e appesantito abbastanza. Storie di
sfide medievali (vedi pagine precedenti) e di scoiattoli sporcaccioni (fossi in
voi non mi perderei le prossime storie) sono decisamente più divertenti, ma
sappiate che è sempre valida la proposta iniziale: nel caso in cui abbiate lo
spasmodico desiderio di scoprire i “10 semplici suggerimenti per essere felici
secondo Matteo Curti” sappiate che potrete sempre chiamarmi, conoscermi,
magari assumermi… oddio, sto nuovamente cercando di manipolarvi? Forse
sì, ma non sarebbe etico ed io sono un fanatico dell’Etica!
Comunque ora devo andare: ho una nuova confezione di cereali da aprire e
spero con tutto me stesso di trovarci due sorprese!!
“Quando le persone scorrono la
Home di Facebook, dobbiamo essere
in grado di far fermare il loro pollice
su un post di Philips Lighting”
Con questa frase il Manager di Philips Lighting aveva
riassunto il nostro obiettivo; poche parole, un concetto
semplice, ma decisamente arduo e significativo: questo
a causa della vastità dell’Universo Philips Lighting, fatto
di innumerevoli target diversi, a cui comunicare prodotti
diversi e con toni sempre specifici: un insieme di mondi
da valorizzare col rischio concreto di non riuscire a
gestire una potenza di fuoco tanto grande...
Su cosa puntare?
PHILIPS
HUE
PHILIPS
DISNEY
PHILIPS
LED
PHILIPS
SMART
CITY
Quattro tipologie di prodotto, quattro settori, quattro tipologie
di target differenti a cui rivolgersi.
E se la risposta fosse: su tutto?
Possibile costruire una base che possa sostenere l’intero universo
Philips Lighting e che faccia da filo conduttore per ogni singola
strategia, prodotto o iniziativa?
PHILIPS
HUE
PHILIPS
DISNEY
PHILIPS
LED
PHILIPS
SMART
CITY
Questa la base: Archetypal Branding = il Mago
Questa la base: dal prodotto, al cliente... all’anima
Mente Cuore Spirito
Questi gli obiettivi: Philips Lighting = Mago
conoscenza
visione creazione spirito
avanguardia cura
Questi gli obiettivi: Positioning = Lovemark
Lovemark
Brand
Lighting
METTITI IN LUCE
Una campagna in grado di fungere da “comune de-
nominatore” dell’intero Universo Philips Lighting e di
comunicare valori etici pur rimanendo “cool” agli
occhi del destinatario. Il tutto affinché il Brand possa
mantenere univoca la propria personalità, creando
un tipo di comunicazione più impattante ed efficace.
Mettiti in luce - Concept
Affrontare le difficoltà/paure
Dare luce alla sostanza
Rendersi speciali e smart
Esprimere un senso di magia
Dimostrare le proprie doti
Sottolineare il valore
Dare visibilità a chi compie sacrifici
per offrire il meglio di sé
Vediamo ora alcuni esempi di possibili applicazioni.
Ad Halloween
mettiamo paura al buio
CondividiCommentaMi piace
15 giugno alle ore 09:00
Philips Lighting
Per terrorizzare il buio basta accendere una luce, ma
oggi è l’unico giorno dell’anno in cui è ammesso
avere paura. Buon #Halloween a tutti! #mettitinluce
CondividiCommentaMi piace
La luce
all’inizio
del tunnel
31 ottobre alle ore 09:00
Philips Lighting
Test: il colore giusto per una migliore concentrazio-
ne? Non serve che tu lo sappia, ci pensa #PhilipsLi-
ghting per te. Buona sessione ai nostri studenti!
CondividiCommentaMi piace
14 febbraio alle ore 09:00
Philips Lighting
Non un singolo giorno,
ma altri 15 anni insieme.
A coloro che dimostrano il proprio amore il giorno di
#SanValentino, ma lo confermano per una vita
intera. Buona festa degli innamorati! #mettitinluce
Esempi campagna Facebook
Metti in luce il tuo talento! Partecipa a Philips Lighting
Contest e vinci l’opportunità di esibirti in uno degli
stadi più belli d’italia. #mettitinluce
Scopri di più su www.philipslighting.com/music/contest
14 settembre alle ore 09:00
Philips Lighting
Dal 14 settembre partecipa anche tu al concorso Find
Dory! La caccia al tesoro per vincere tantissimi pro-
dotti Philips Disney. #mettitinluce
Scopri di più su www.philipslighting.com/music/findory
14 settembre alle ore 09:00
Philips Lighting
“Mettiti in Luce” si presta anche
a campagne / iniziative offline
PROJECT WORK
STRATEGIE E TECNICHE
DI UNCONVENTIONAL MARKETING
Brand Strategy
Social Media Stretegy
Unconventional Campaign
Community Building
Committente:
Ecco una lista di piccole, semplici cose che mi rendono felice: fare colazione
al bar, guardare i fuochi d’artificio, piegare i sacchetti della spesa (lo so,
questo è strano), la spiaggia al tramonto, i sassi di Vicenza, saltare sui tappeti
elastici, Stanlio e Ollio, i pinguini, indossare un mantello, trattenere il fiato
sott’acqua, i laser game, Carlton Banks che balla... e fidatevi, la lista potrebbe
continuare ancora un bel po’. Sapete invece cosa non mi rende affatto felice
ultimamente? Andare su Internet...
Vi ricordate il mondo digitale di una decina di anni fa? Quello senza smar-
tphone? Quando Instagram non spopolava ancora e My Space la faceva da
padrona? Vi ricordate i “trilli” su Msn? o quando si era tutti presi da Ruzzle e
da Geo Challenge?. “Quelli sì che erano bei tempi!”: direbbe il signor Gaeta-
no, il mio vicino di casa anziano, burbero, che odia il progresso e l’insalata
troppo dura! E se vi dicessi che per certi versi il signor Gaetano ha ragione?
No, non è solo una questione di “nostalgia canaglia” legata all’adolescenza:
quello di Msn e dei nokia 3310 era oggettivamente un mondo più facile, più
spensierato e dunque più felice. Cosa caratterizzava l’ambiente Internet di
quei tempi? Decisamente tanti, tantissimi stimoli in meno. Al contrario, cosa
caratterizza la società di oggi? La “sovrabbondanza”, o meglio, l’esser
sempre più vittima del cosiddetto “Information overload”: quella condizione
in cui l’informazione che si ha a disposizione eccede talmente tanto la capa-
cità di elaborarla, da generare apatia, confusione... in poche parole, infelicità.
Il punto è questo: se è vero come afferma Bruce Morton che “più stimoli con-
sumiamo, più si è in grado di digerirli, più il nostro appetito non fa che
aumentare”, il compito del marketing contemporaneo dovrebbe essere
quello di rieducare il mondo all’essenzialità, alla semplicità, ai piccoli momen-
ti di felicità... in una parola? Al “meno”. Del resto Antoine de Saint-Exupéry
era solito affermare: “la perfezione si raggiunge non quando non c'è più
niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere”. Forse non
si stava meglio quando si stava peggio (come direbbe il signor Gaetano), ma
su di una cosa sono certo: si stava meglio quando si stava... meno! E comun-
que fidatevi: piegare le buste della spesa è troppo rilassante! :P
4.
SI STAVA MEGLIO
QUANDO SI STAVA... MENO
Vi ricorda qualcosa? Ebbene, sappiate che quella in figura, stando ad
una ricerca condotta dal team in occasione del project work, risulta
essere la pubblicità più popolare di sempre (secondo il target di riferi-
mento) in termini di awareness e apprezzamento. Decisamente interes-
santi, poi, alcune delle risposte date a seguito di un approfondimento
relative alla domanda: “che pensieri/sensazioni ti suscita lo spot?”.
Analisi dei bisogni
all’epoca
tutto era più
sempliceIn quegli anni
sì che ci si
divertiva con
poco.
spensiera-
tezza
Bruce Lipton ha recentemente osservato come la mente di un essere umano medio possa discer-
nere e interpretare un massimo di 40 bit di stimoli nervosi al secondo. “Il dato più clamoroso”,
scrive Alberto Contri in merito al contesto mediatico digitale, “è che nello stesso lasso di tempo
ne riceviamo 11 milioni: ecco spiegato il famoso sovraccarico”. Non solo. Stando a Gianfranco Bet-
tetini e Armando Fumagalli: “le nostre capacità di reazione sono limitate. A tutto necessariamen-
te ci si abitua: è un meccanismo di autodifesa emotiva di fronte a cui non si dà eccezione. […] La
prima volta si rimane molto colpiti, la quinta poco, alla decima si è diventati indifferenti”.
Dal sovraccarico Informativo...
Come ovviare all’assuefazione da stimoli? Come garantire nuove
reazioni? Secondo Bruce Morton solamente attraverso l’aggiunta
di nuovi o più intensi stimoli emotivi; un processo, questo, che tut-
tavia non può che indurre a un circolo vizioso al rialzo: “più stimoli
consumiamo, più si è in grado di digerirli, più il nostro appetito
non fa che aumentare” scrive il ricercatore americano. Non c’è da
stupirsi, dunque, di come negli anni il numero e il livello di stimoli
emotivi all’interno della società sia cresciuto a livelli esponenziali:
oggigiorno il sovraccarico informativo è anche e soprattutto un
“sovraccarico emotivo”. Quella risposta ricevuta in fase di analisi è
più vera di quanto si immagini: un tempo ci si divertiva realmente
di più... con meno!
...al sovraccarico emotivo
Stando ad un recente studio, oggigiorno i contenuti Web hanno a
disposizione appena otto secondi di tempo per guadagnarsi
l’attenzione dell’utenza. Se ciò non avviene, gli internauti giudica-
no la comunicazione “poco interessante”, crolla la loro fiducia nei
confronti del contenuto e lo abbandonano.
Se aveste a disposizione solamente otto secondi per esprimervi,
divertirvi o attirare l’attenzione... voi cosa fareste? Certo, da un lato
risulterebbero pochi, ma pensate a quante cose incredibili si
potrebbero fare in quel breve lasso di tempo! È proprio questo il
concetto alla base di “Less is fun!”, una campagna volta a mettere
in luce e affrontare in chiave autoironica (in perfetto stile Ceres)
la piaga dell’information overload. Come? Creando iniziative ad
hoc attorno quei miseri otto secondi di tempo... :) sfruttando così
un limite e trasformandolo in una vera a propria opportunità!
È questo l’evento culmine della campagna “Less is fun!”: un’inizi-
ativa al limite dell’assurdo, al limite del provocatorio... e per questo
motivo in perfetto stile Ceres! :P In cosa consisterebbe l’8 seconds
party? Semplicemente nella festa più corta della storia: un evento
curioso, stravagante, mai visto prima e per questo dall’enorme
impatto mediatico. Il messaggio è semplice: “cosa fareste se
aveste solo otto secondi di tempo per partecipare alla festa più
intensa della vostra vita?”. Nello specifico si tratterebbe di più
eventi in contemporanea nelle principali piazze italiane. L’iniziativa
avrebbe inoltre le parvenze di un flash mob: dopo aver preparato
la location, i partecipanti (pronti a scatenarsi) vi si radunerebbero
in un’atmosfera di assoluta “calma piatta” e nonchalance. Ad un
orario ben preciso e allo scadere di un count-down, si darebbe il
via all’evento vero e proprio. La parola d’ordine? “Intensità”:
musica, dj, luci, coriandoli, ballerini, stand e chi più ne ha più ne
metta... il tutto in appena otto secondi! Al termine della “festa”?
L’evento si trasformerebbe in una splendida occasione per stare in
compagnia e bersi una birra... rigorosamente Ceres!
8 SECONDS PARTY
LABORATORIO DI
PROGETTAZIONE GRAFICA
con:
Prof. Arch.
Aurelio Chinellato
Claudio Noventa
Creatività
Grafica
Copywriting
Brief:
A partire da un oggetto comune e random, pensare
ad una possibile azienda di cui, in seguito, idearne e
progettarne il naming, il payoff e il logotipo.
Istituto Universitario Salesiano Venezia
Avete una canzone preferita? Io sì: “Pleasure and pain” di Ben Harper”.
Sapreste dirmi il film che amate più di ogni altro? Io sì: “Big Fish” di Tim
Burton. E se parlassimo di quadri, colori, gusti di gelato o Teletubbies?
Sapreste darmi delle preferenze? Io sì: “L’impero delle ombre” di Magritte,
l’arancione, il cremino e Tinky Winky. Certo, il fatto che conosca a memoria
i nomi dei Teletubbies non credo mi aiuterà mai in ambito lavorativo (anche
se la speranza è l’ultima a morire); eppure, quanto detto sin qui mette in luce
un aspetto peculiare che reputo fondamentale non solo nella vita di tutti i
giorni, ma anche e soprattutto in ottica di marketing: il desiderio / capacità
di mettere a confronto ogni cosa, carpirne il reale valore, trovarne i pregi e i
difetti, e arrivare a definire ciò che meglio si addice ai nostri o altrui bisogni.
Il punto è questo: sembrerà assurdo, ma credo che in ogni cosa esista
sempre un meglio e un peggio (soggettivo, sia chiaro), anche e soprattutto
in quelle scelte più scelte da cui dipende la nostra felicità. Allora mi chiedo:
perché non imparare a giudicare (in senso buono) tutto ciò che ci circonda?
Magari cominciando dalle piccole cose... in modo da affinarsi ed essere poi in
grado di affrontare questioni decisamente più profonde? Ebbene: meglio
IOS o Android? per me IOS. Beatles o Rolling Stones? Beatles. Bombolone al
cioccolato o alla crema? Al cioccolato. Meglio questo o quel lavoro? Meglio
questo o quel prodotto? Meglio questa o quella persona per uscirci la sera?
Esserci amico? Dargli tutto me stesso? Passarci la vita assieme?...
Eppure esiste un’eccezione a tutto questo; o meglio, esiste una domanda
che non dovrebbe mai prediligere alcuna preferenza: “meglio la ragione o le
emozioni?”. Ebbene sì: stando a secoli di geniacci, la felicità delle persone
dipende dal perfetto bilanciamento di questi due elementi! Cosa significa
tutto questo? Che dietro alla scelta del nostro lavoro, del compagno di vita o
del Teletubbies preferito non ci si può basare sulle mere emozioni o sulla
pura e semplice ragione: serve dare il giusto peso ad entrambe, sempre! Si
tende a fare così? Non proprio, soprattutto oggi dove la comunicazione
emozionale tende a farla da padrona. Serve della logica dietro alle emozioni?
A volte sì... perfino nel valutare Tinky Winky come il più fiko dei Teletubbies.
4.
LA LOGICA EMOZIONE DIETRO
AI TELETUBBIES
In principio era... una maniglia
Tutto è partito da questo insolito oggetto: una maniglia in legno.
Brain storming e idea creativa:
Antico capitello
=
Antiquariato
Cornetta telefonica
=
Azienda di telefonia
Capovolgendo la maniglia e appoggiandola sul lato ricurvo
otteniamo una figura che ricorda in maniera semplificata un
dondolo per bambini. Su questo concetto abbiamo deciso di
sviluppare l’intera strategia del progetto.
Partendo dal dondolo (simbolo archetipico del gioco) abbiamo
deciso di puntare al settore ludico e di scegliere come azienda
un’ipotetico studio ingegneristico specializzato nella progetta-
zione di piostre per parchi divertimento (es. Gardaland)
Il principio fisico alla base dell’uso del dondolo (Terza Legge di
Newton) prevede due forze uguali ma contrarie. Proprio giocan-
do sul concetto di “eguale/contrario” e di “Opposto” abbiamo
impostato la progettazione del Naming, del Logo e del Pay Off.
Scelta azienda / Settore Linee guida marchio
Naming
Partendo dal dondolo, si è deciso di riproporre la simmetria di
questa attraverso l’adozione come naming di una parola palin-
droma, cioè leggibile da sinistra verso destra e viceversa. Queste
le tre opzioni, tra cui la vincente:
Tale parola rappresenta le lettere iniziali della parola “ottovolan-
te”, sinonimo di montagne russe, giostra per eccellenza.
Tale parola, scritta in corsivo, richiama la forma tipica dei “giri
della morte” degli ottovolanti nei parchi divertimento.
OTTO
ELLE
INGEGNI
Questa parola richiama sia la natura dell’azienda (studio inge-
gneristico), sia l’elemento logico necessario per costruire strut-
ture che, oltre divertire, siano anche sicure: l’ingegno.
Pay Off
Il Payoff ha lo scopo di specificare finalmente quali siano le due
forze in gioco, opposte ed equivalenti, rappresentate finora dal
naming: la logica e le emozioni. Due concetti familiari, ma filoso-
ficamente opposti, che vanno a creare una sorta di ossimoro in
grado però di attirare l’attenzione ed essere memorabile. La
“logica” rappresenta la razionalità, la precisione, l’affidabilità di
uno studio che deve poggiare sul rigore; le “emozioni” simbo-
leggiano invece la passione nel lavoro, l’empatia verso clienti e
consumatori, oltre che ovviamente il settore specifico dell’azi-
enda: i parchi divertimento.
“Logica dietro le emozioni”
Logotipo
Inversionz Unboxed by Darrell Flood
L’ingegneria è una materia fatta di numeri, calcoli, razionalità ed ha
come scopo quello di garantire stabilità, solidità ed affidabilità al suo
operato. Per questo motivo è stato scelto come font “Inversionz” by
Darrel Flood, una font estremamente geometrica e squadrata a sim-
boleggiare la serietà dell’azienda.
La “E” centrale (elemento focale del palindromo) è stata modificata
trasformandosi nel simbolo universale dell’equipotenza, a sottolineare
ancora una volta come razionalità ed emozioni si equivalgano.
Logo
La logica dell’opposto è nuovamente alla base della costruzione del
Logo, in primis nella scelta delle forme: il quadrato, simbolo di raziona-
lità, stabilità e rigore in contrapposizione con il cerchio, espressione di
dinamicità ed emozione. È il quadrato a circoscrivere i cerchi, a conte-
nerli: la figura che formano i tre cerchi è infatti una forma più armonio-
sa, vivace, ma instabile, dinamica e spetta al quadrato darle una strut-
tura, in perfetto stile con il payoff “la logica dietro le emozioni”. I tre
cerchi vogliono inoltre ricordare alcuni elementi simbolo dei parchi
divertimento come la ruota panoramica o l’otto volante. L’angolo colo-
rato ricorda una freccia che punta verso l’alto a simboleggiare l’ambizi-
one e verso destra a simboleggiare il futuro e l’avanguardia.
B&W NEGATIVO COLORE
LOGICA DIETRO LE EMOZIONI
PROJECT WORK
Creatività e Problem Solving
con
Paolo Schianchi
Brief:
“Comunicare la Sindrome di
Tourette per un’associazione di volontariato
all’interno della Fiera di Rho Pero, durante il
Salone del Mobile di Milano, con a disposizione
un budget di 1000 euro”.
Istituto Universitario Salesiano Venezia
Brief:
Sensibilizzare il pubblico alla Sindrome di Tourette, per
conto di un’associazione di volontariato, all’interno della
Fiera di Rho Pero, durante il Salone del Mobile di Milano. Il
tutto con a disposizione un budget di 1000 euro”.
Con questa citazione si apriva la mia tesi di laurea triennale. Lo so, una
massima di Aristotele, di Steve Jobs o di Fedez sarebbe stata decisamen-
te più opportuna, ma fidatevi: avrebbe stonato con quanto stavo per
esporre alla commissione! Dovevo solo prendere un bel respiro…
Facciamo un passo indietro: sapete cosa mi spinse a studiare marketing
all’università? Un semplice ed irriverente spot delle Air Action Vigorsol. Se
vi dicessi “bosco in fiamme… un tenero scoiattolino… un pacchetto di
gomme da masticare e…” ok, meglio fermarsi qui: vi ricordate della pubbli-
cità in questione? E del suo finale shock? Beh, allora saprete che non
sarebbe del tutto appropriato citarlo qui, ora, in un contesto simile!
Eppure, all’epoca fu proprio quel finale irriverente a sconvolgere il mio
“io”: come mai una multinazionale come la Perfetti Van Melle aveva osato
tanto? Secondo quali logiche o regole ancestrali?. Fu così che scoprii l’esi-
stenza di una forza universale “che move il Sole e l’altre stelle”: L’amore?
No il marketing. Questa oscura disciplina in primis catturò la mia attenzio-
ne, poi fece crescere in me un interesse spasmodico, trasformandolo in
desiderio, finché non ne fui totalmente ammaliato. Era accaduto un feno-
meno raro, di quelli che si è in grado di vedere una o due volte nella vita
come il passaggio della cometa di Halley, l’Italia che vince i Mondiali o
Bobo Vieri che azzecca un congiuntivo: ciò che vidi fu il Marketing appli-
carsi a se stesso, un fenomeno a cui solo Philip Kotler (dicono) riesce a
resistere! Un tenero scoiattolino che spegneva un incendio con… (sì,
insomma ci siamo capiti) era riuscito a farmi innamorare della disciplina.
Di lì a breve, da bravo discepolo, iniziai a predicare il verbo tenendo corsi
d’orientamento presso i licei di Bologna e invogliando i ragazzi a seguire
le mie orme. Il discorso iniziava sempre allo stesso modo: «Cos’è il Marke-
ting? Nessuno lo sa? Allora lasciate che vi racconti la storia di un tenero
scoiattolino…». E nonostante il disappunto di certi professori, molti stu-
denti gli anni successivi mi confessarono di essersi fatti convincere pro-
prio da quell’irriverente storia che finisce con una… no, proprio non posso
dirlo! Certo, ero contento del mio operato, ma dovevo entrare ancor di più
nelle grazie del Dio del Marketing. Serviva un gesto plateale, memorabile
e con la laurea finalmente alle porte non avevo più molto tempo…
5.
“Una risata può essere una cosa
molto potente. Vedi, a volte è
l’unica arma che ci rimane”.
[Roger Rabbit]
Fu lì che mi balenò un’idea: “E se… no dai, questo è troppo… eppure
sarebbe la degna conclusione… in fondo dovrò pur chiudere il cerchio…
ma sei sicuro?? Basta, è deciso!…”.
Titolo della tesi: “Strategie di Humor Marketing” di Matteo Curti.
Eccomi di fronte alla commissione di Laurea, con la voce tremante,
mentre leggo la citazione di un cartone animato, prendo un bel respiro e
comincio la mia discussione così: «Lasciate che vi racconti la storia di un
tenero scoiattolino…»
Perché questa storia? Perché mai parlare di roditori sporcaccioni durante
la mia discussione? Per attirare l’attenzione di quattro professori distratti?
Potrebbe essere. Per divertire il pubblico e far vergognare mia nonna?
Direi di no. Per vincere una stupida scommessa con me stesso? Probabil-
mente. Eppure, ciò che più di ogni altra cosa mi spinse a questo azzardo
risiede nel mio modo di concepire il Marketing stesso: una disciplina rea
di prendersi alle volte troppo sul serio, o almeno, questo è il mio parere. Il
punto è questo: in generale, credo che la maturità e l’autorevolezza di una
persona si misurino anche e soprattutto dalla sua capacità di sapersi
prendere in giro. Cosa voglio dire? Che da un punto di vista comunicativo
non credo esista nulla di più potente e persuasivo del saper mischiare
serietà ed ironia, dal momento che è solo ironizzando su noi stessi e sulle
situazioni che ci circondano che si è in grado di comprenderle e control-
larle veramente. Saper arrivare ai sentimenti è d’obbligo nel marketing ed
è proprio vero: a volte una risata è l’unica arma che ti rimane.
Ma ora vi prego, lasciate che provi a vincere un’ultima stupida scommessa
con me stesso: ci sono cose decisamente poco consone da dire in certe
situazioni, soprattutto se formali, ma per fortuna nella vita ho sviluppato
quel pizzico di buon senso necessario a riconoscerle... sempre! Ebbene, in
un portfolio professionale non ci si dovrebbe mai spingere troppo oltre,
non è così? Ma diamine, non dopo quanto ho appena scritto! Così, per chi
di voi fosse all’oscuro di quel famigerato spot della Vigorsol... beh, sapete
cosa fece quel tenero scoiattolino per domare l’incendio e salvare la fore-
sta?? Semplicemente una lunga… sonora… plateale… flatulenza!
Campagna:
ETHICHETTIAMOCI!
Non sono improvvisamente impazzito: che ci creadiate
o meno, è questa l’iniziativa che abbiamo presentato e
che è stata valutata come la migliore tra tutti i progetti.
Ho deciso di puntare subito ad attirare la vostra atten-
zione e di stupirvi con qualcosa di inaspettato, desta-
bilizzante che potesse anche solo un minimo farvi ba-
lenare un semplice pensiero: “ma cosa... e perchè dia-
volo...” . Esatto: un dubbio, una curiosità... comunque
vogliate chiamarlo, un sentimento che vi spingesse a
cercare nuove informazioni; per esempio: “cosa può
averci spinto a scegliere una campagna del genere!?”.
Lasciate che vi spieghi...
!
Analisi:
Cos’è la Sindrome di Tourette?
Abbiamo deciso di concentrarci in particolare su uno
dei sintomi: la ripetizione senza controllo di parole
volgari e inopportune. Perchè questa scelta? Perchè
spesso è solo attraverso questo elemento che le per-
sone sanno descrivere la sindrome e perchè è un
aspetto che incarna al suo interno emozioni contra-
stanti: da un lato la tragicità di una malattia capace di
non lasciare il pieno controllo delle proprie azioni,
dall’altro l’inconscia ilarità che suscita paradossal-
mente un sintomo del genere. Eppure le stesse per-
sone che soffrono di questa sindrome sono le prime
ad ironizzare su questo aspetto al punto da farne una
vera e propria terapia.
MARZIO
30 anni, interior designer, appas-
sionato di informatica e di fumetti,
è al salone del mobile per scoprire
le nuove tendenze.
YOORA
48 anni, artista coreana, le piace
viaggiare e fare fotografie, ama
Milano e visitare per scoprire le
ultime novità.
Attraverso un Modello Personas abbiamo delineato il
possibile target di riferimento: persone medio-giova-
ni, all’avanguardia e con un alto livello di istruzione.
Nella nostra analisi un target di questo tipo ben si pre-
sterebbe a ricevere una comunicazione provocatoria
e destabilizzante senza avere reazioni negative.
Analisi:
Target Group
Una campagna volta a sensibilizzare il pubblico sulla
sindrome di Tourette attraverso due modalità:
!
ETICHETTE TIMBRI
Strategia:
Destabilizzante
Idonea al target
Comunicazione italiana e inglese
Low budget
Educativa - Informativa
Coinvolgente
Fingendosi responsabili della fiera alcuni attori avvi-
cineranno il pubblico chiedendo di poter applicare
un timbro di riconoscimento per entrare. il timbro
riporterà invece il testo della campagna.
Fingendosi manifestanti “Free Hugs” alcuni attori
avvicineranno il pubblico chiedendo un abbraccio.
Attraverso questa scusa applicheranno invece
un’etichetta alle spalle del target.
!
50 €
TIMBRI
200 €
BANDIERE
450 €
STAFF
250 €
ADESIVI
Budget
L’iniziativa si svolgerà prima dei tornelli d’ingresso, esattamente nel piazzale d’uscita della Sta-
zione di Rho: il sito, in quanto spazio pubblico non necessita di spese di affitto. Poco prima
dell’ingresso alla fiera verranno posizionati stand informativi muniti di vele recanti lo stesso
slogan della campagna in modo che il pubblico “vittima” del prunk possa avere ulteriori spie-
gazioni circa l’iniziativa.
Svolgimento:
6.
CONCLUSIONE
Ho deciso di scrivere tanto (in un mondo dove vige la regola del “la gente
non ha tempo di leggere”) perché credo ancora troppo nella profondità della
“cultura scritta”, ma di farlo in maniera colloquiale perché credo altrettanto
nel potere impattante della “cultura orale”. Ho mischiato toni seri a toni ilari
perché ritengo non ci sia accoppiata più vincente nella comunicazione, sfio-
rando ogni tanto quel nonsense che tanto va di moda oggi per attirare l’atte-
nzione. Ho cercato di far trasparire quel Mondo di Creatività che ho dentro e
la mia concezione di puntare ad un Marketing diverso innovativo… vincente,
pur rimanendo ancorato alla Logica e alla Razionalità che da sempre spingo-
no il mio agire. Ho cercato di far trasparire la mia voglia di imparare, di crede-
re che essere persone migliori porti a fare cose migliori e che puntare al mas-
simo porti sempre al meglio. In poche parole… ho cercato in tutti i modi di
essere un bravo Storyteller raccontando un minimo chi sia Matteo Curti,
quali siano le sue idee, il suo modo di comportarsi e perché diamine continui
a parlare di sé in terza persona. Ho introdotto ogni progetto con un raccon-
to, a volte riguardante me, altre volte la mia mente pazzoide e perfino riguar-
dante cose che sembravano non centrare assolutamente nulla, ma ve l’ho
detto: amo mischiare la razionalità con l’emotività, la logica con l’umorismo…
cercando di dargli un senso che rappresenti in totale sincerità chi sia io e
cosa abbia da raccontare.
To be continued...

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Portfolio - Matteo Curti

  • 2. SOGGETTO: MATTEO CURTI Sbaglio o hai appena zoomato sulla scritta?... Eccoti spiegato il marketing in tre secondi... ;) # 0 0 0 4
  • 3. Se c’è una cosa che mi hanno insegnato i Social Media è come sia matematicamente impossibile che io, ora, non abbia la vostra totale attenzione! Chiedo umilmente scusa per questo colpo basso da comunicatore da quattro soldi, ma dovevo essere assolutamente certo che i vostri occhi fossero proprio qui, in questo preciso istante, a leggere queste parole. Per quale astruso motivo, vi chiederete? Semplice: perché è attraverso il “testo” che me la vorrei giocare! Già, quel famigerato “testo” che vi sto propinando proprio ora, tanto snobbato da tutti (figuriamoci in un portfolio), ma che al giorno d’oggi rappresenta forse l’unica arma a mia disposizione per farmi notare. Ancora non ci conosciamo e già scommetto di starvi sulle scatole, non è così? Eppure diciamocelo: io sono qui per farmi conoscere... nel senso “farmi conoscere veramente”! Partire in questo modo è da pazzi, ne sono consapevole, ma mi dà modo di illustrarvi come leggere questo portfolio senza che passi totalmente inosservato, così come mi offre la possibilità di esprimere ciò che sono veramente e di giocare le mie carte in maniera inaspettata, forse, ma sincera. Allora voglio essere onesto con voi e prepararvi al peggio: di parole ne troverete scritte ancora tante, tantissime: spaventosi paragrafi, per non dire pagine intere, piene zeppe di grige, tristi e noiosissime lettere una dietro l’altra... Come sopperire a questo terribile suppli- zio? Semplice: potrete bellamente saltarle senza che accada nulla di spiacevole al tenero gattino nella foto. Ma se vi steste chiedendo cosa spinga un pazzo come me a tentare una strada tanto assurda, beh... c’è solo un modo per scoprirlo... leggerlo! Attirare la vostra attenzione forse è stato facile, ma ora sta a me tra- sformarla in interesse... E poi parliamone: ma quanto è pucciosamen- te carino e coccoloso questo micio?!?
  • 4. INTRODUZIONE ..................................................................................................................................... MAX&CO - Web Marketing ..................................................................................................................................... PHILIPS LIGHTING - Social Media Marketing ..................................................................................................................................... CERES - Unconventional Marketing ..................................................................................................................................... IUSVE - Progettazione Grafica ..................................................................................................................................... IUSVE - Creatività e Problem Solving ..................................................................................................................................... COCNLUSIONI ..................................................................................................................................... 5 6 14 23 31 39 48
  • 5. Ebbene sì, sono una di quelle persone che adora avere storie da raccontare. Tranquilli: so di risultare tremendamente patetico, so che la cosa non mi renderà immortale (anche se sul discorso “immortali- tà” ci sto lavorando) e sono perfettamente consapevole di una cosa: definirsi “storyteller” in un mondo dove tutti si definiscono “storytel- ler”, beh… non può certo definirsi la “mossa del secolo”! Eppure sarei un bugiardo se vi dicessi che non è così. Come fidarsi di me? Non potete o almeno, non ancora: per ora siamo solo all’ottava, pardon, nona riga di ciò che risulta essere il mio banco di prova e sta a me, solo a me, ottenere credibilità o meno. Eppure, cos’è un portfolio se non un insieme di storie da raccontare? Io almeno lo vedo così: una sorta di antologia volta a mettere in luce chi diavolo sia questo fantomatico “Matteo Curti” e quali siano state le sue “eclatanti avventure” nella vita. Attenzione, però, chiariamo subito una questione: non aspettatevi racconti memorabili o chissà quali risposte a domande esistenziali; per la cronaca, non ho super- poteri (se non quello di controllare il singhiozzo), non ho mai affron- tato un orso a mani nude e non sono amico di Aranzulla… Insomma, di cose che “non ho fatto” (ma che forse vorrei fare) ce ne sono tante, tantissime... mentre la mia, di fatto, non è altro che la vita di un normalissimo ragazzo bolognese che ha vissuto cose normalis- sime e che ora come ora sta digitando la normalissima parola “parola” durante la stesura di un progetto. Eppure è lo stesso “mar- keting” a sostenerlo: quando non hai più speranze con il “COSA” hai sempre a tua disposizione uno strumento, forse più importante: il “COME”. Oggettivamente, ciò che state per sfogliare non sarà il por- tfolio più bello che abbiate mai visto e neppure il più esclusivo. Per questo ho scelto di mostrare ciò che più so fare meglio: il fatto (o per lo meno il desiderio) di renderlo interessante, piacevole, intrigante... in poche parole? Di dargli un senso. Questo, di fatto, è ciò che a mio parere dovrebbe fare il marketing: dare un (buon) senso a tutto. INTRODUZIONE “A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui e in questo modo egli diventa immortale” [ Big Fish ]
  • 6. PROJECT WORK STRATEGIE E TECNICHE DI WEB MARKETING Brand Strategy Social Media Stretegy Unconventional Campaign Community Building Committente: Brief: Confermare la presenza del Marchio nella vita delle giovani donne. In particolare nella scelta dell’outfit in occasione della laurea, dei primi colloqui e delle prime esperienze lavorative.
  • 7. 1. LA VERA STORIA DELLE DUE TORRI NON È VERA. Chiedete ad un qualsiasi bolognese di narrarvi la storia delle Due Torri, sim- bolo della città Felsinea e nessuno saprà rispondervi con certezza. Certo, continuiamo imperterriti ad ammirarle, a fotografarle, a sfidare quasi cinque- cento scalini per raggiungerne la cima (tranne se si è studenti universitari, in quel caso porta sfortuna) ma... no, proprio non ne conosciamo l’origine. C’è chi griderà allo scandalo! Al fatto che le nuove generazioni siano ignoranti e superficiali o che qui un tempo fosse tutta campagna, ma la realtà dei fatti è un’altra: la vera storia NESSUNO la conosce. Proprio così: Bolognesi, non-bo- lognesi, storici, biologi marini... tutti ci hanno provato, ma niente; ancora non mi credete? Bene, tenetevi forte… non la conosce nemmeno Wikipedia!! Sarà per questo che ogni nonna bolognese che si rispetti è tenuta a raccon- tare ai propri nipotini qualche favola che sappia placarne la curiosità. Così, di generazione in generazione, da milioni di anni, ognuno tramanda la propria versione: c’è chi parla di fortezze contro i barbari, chi di prigioni e chi come sempre ci mette in mezzo gli alieni e i cerchi nel grano. La mia versione? Beh, non sarà tra le più belle, ma nel suo piccolo è riuscita a darmi più di quanto immaginassi. Ebbene, mia nonna era solita narrare di come due famiglie bolognesi, la Asi- nelli e la Garisenda, un tempo fossero acerrime nemiche e in perenne com- petizione tra loro. Per anni, ognuna aveva provato invana a dimostrarsi più ricca e potente dell’avversaria, finché un bel giorno non si decisero a porre fine alla questione. Come? Nell’unico modo possibile: un incontro di Wrest- ling? No, una spettacolare sfida alla torre più alta. Fu così che cominciarono i lavori, su due cantieri vicini e con due strategie totalmente diverse…. Dopo pochi mesi la sfida sembrava essere in mano ai Garisenda: quaranta metri di mattoni sovrastavano i poveri operai degli Asinelli, sempre più vitti- ma degli sbeffeggiamenti avversari poiché ancora alle prese con la base e le fondamenta. Presto, tuttavia, accadde l’impensabile (l’avreste mai detto?)... La Torre dei Garisenda iniziò ad inclinarsi e a nulla valsero i consigli dei centi- naia di “Umarel” medievali accorsi attorno al cantiere.
  • 8. Ormai non c’era più niente da fare: qualche metro in più e la torre sarebbe inevitabilmente crollata. Quale fu l’errore fatale? Il desiderio accecante di puntare in alto nel modo più semplice e veloce possibile, attraverso una base piccola e le facciate verticali. E gli Asinelli? Beh, di tempo ne avevano impie- gato per studiare una base larga e solida, ma ora potevano innalzarsi in tutta tranquillità, superare la Garisenda e toccare il cielo: avevano vinto la sfida. Ora tutti si staranno chiedendo: perché mai raccontarvi una storia del genere? Sarò forse pazzo? C’è chi lo sostiene. Sono innamorato della mia città? Quello sì. Tuttavia, è incredibile come questo semplice aneddoto sim- boleggi a pieno la mia mentalità nell’affrontare ogni singola sfida personale e/o professionale. Lo so, avrei potuto semplicemente scrivere: “sono uno che crede come solo attraverso una base solida si possa arrivare in alto”... una riga, veloce veloce, senza farvi perdere tempo… ma parliamone: non sarei sembrato terribilmente più patetico e banale? Invece ora sono quasi certo che almeno una di queste tre cose vi sia arrivata: 1) il fatto che abbia davvero la pazienza di costruire una solida base per arri- vare ai miei obiettivi. 2) il fatto che ora abbiate un aneddoto in più da raccontare ai vostri amici di bevuta. 3) il fatto che io sia effettivamente pazzo. Nella speranza di avervi convinto della mia sanità mentale, ci tenevo ad evi- denziare l’elemento che, stando al committente, ha portato il progetto che seguirà a conquistarsi la vittoria finale: non tanto le grafiche o le tattiche, ma l’essere entrati talmente tanto in profondità nell’animo dei consumatori, da capirne i reali bisogni; l’aver delineato un fil rouge che desse coerenza e vali- dità all’intero progetto; l’aver pazientato per creare una base strategica talmente solida da permettere al brand di mettere in atto qualsiasi iniziativa.
  • 9. l’Analisi non basta a creare basi solide... (Azioni di indagine quantitativa A*) ...Neppure TANTA Analisi è sufficente... (Azioni di indagine quantitativa B*) Risultati del questionario somministrato ad un campione mirato di 27 unità (professionisti) Secondo lei, in sede di colloquio, quanto può influire la scelta dell’abito di un’aspirante collaboratrice? 1 2 3 4 5 12 9 6 3 0 Per nulla: Moltissimoo 1 2 3 4 5 0 4 8 12 3 0% 14,8% 29,6% 44,4% 11,1% Quale, secondo lei, potrebbe essere il canale Web più performante? Linkedin Blog dedicato Facebook Instagram Twitter Google + 8 17 8 2 2 3 29,6% 63% 39,6% 7,4% 7,4% 11,1% 0 4 8 12 16 Secondo lei, può risultare utile un contenitore in cui fornire suggerimenti alle neo-laureate? 18,5% 70,4% Sì No Other 70,4% 18,5& 11,1% 19 5 3 Risultati del questionario somministrato ad un campione mirato di 341 unità (laureande e neo-laureate): Quali dei seguenti brand sono più adatti per l’outfit di laurea e quali caratteristiche deve riflettere l’abito? Pinko Liu Jo Stefanel Max&Co Lazzari Patrizia Pepe Guess Armani Jeans Others Pinko Liu Jo Stefanel Max&Co Lazzari Patrizia Pepe Guess Armani Jeans Others 64 84 69 181 65 102 41 30 41 18,9% 24,8% 20,4% 53,4% 19,2% 30,1% 12,1% 8,8% 12,1% Comodità Esclusività Riusabilità Versatilità Tendenza Estetica Lusso Qualità Other 89 90 159 126 71 156 13 109 26 27,3% 27,6% 48,8% 38,7% 21,8% 47,9% 4% 33,4% 8% Quale importanza dai alla scelta del tuo abito per la laurea? Quanto sei disposta a spendere per l’abito della tua laurea? 2 3 4 51 140 105 70 35 0 Per nulla: Moltissimo: 1 2 3 4 5 2 5 59 154 110 0,6% 1,5% 17,9% 46,7% 33,3% 35,6% 13,3% 36,3% Meno di 50€ Da 50€ a 100€ Da 100€ a 200€ Da 200€ a 300€ Più di 300€ 32 120 118 44 17 9,7% 36,3% 35,6% 13,3% 5,1%
  • 10. Sintesi delle guidelines estrapolate dall’intervista somministrata ad un campione di donne imprenditrici e manager (fonti autorevoli): 11 unità statistiche. Quali sono gli aspetti che ricerca in una sua collaboratrice in ambito lavorativo? Quali mancanzeriscontra nelle giovani donne che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro? Per il giorno del suo primo colloquio o più in generale per l’iter lavorativo avrebbe apprezzato l’esistenza di un canale/contenitore in grado di fornire suggerimenti utili sia in termini di out t che di consigli pratici? “Credo possa essere utile poter accedere facilmente a dei consigli personalizzati di un mentore esperto (una persona di responsabi- lità nell’ambiente lavorativo anche di settori diversi): affrontare una situazione nuova e impegnativa come il primo lavoro può far paura o mettere a disagio, disorientare e creare insicurezza, soprattutto se l’ambiente non è informale e rilassato”. SCARSA ATTENZIONE SCARSA FLESSIBILITÀ VISIONE LIMITATA PENSIERO VELOCE AUTONOMIA CAPACITÀ COMUNICATIVA ATTEGGIAMENTO PROATTIVO CONDIVISIONEDETERMINAZIONE Sintesi delle considerazioni emerse dal focus group (10 unità statistiche laureate e neo-laureate tra i 19 e i 30 anni) e dall’attività di Mystery Shop. FOCUS GROUP BISOGNI EMERSI: Sicurezza Appartenenza Sicurezza alla base dell’appartenenza; Mancanza di molti brand: non soddisfano il bisogno di sicurezza; Max&Co gettonato come outfit di laurea; Confermata l’utilità di un eventuale blog per vendere MISTERY SHOP Gli spazi riflettono un ambiente intimo e familiare (il salotto della propria casa); le commesse sono disponibili e competenti; Le commesse sono poco consapevoli del corretto outfit di laurea; mancanza di una profumazione che caratterizzi lo store; il soundscape non è in linea, a nostro avviso, con ...Serve TANTISSIMA analisi... 4 Indagini, 2 Approcci, 2 Punti di Vista: Si è suddivisa l’analisi in ricerche quantitative e qualitative ascoltando sia il punto di vista delle consumatrici, sia quello di professionisti del mondo del lavoro. Un’indagine di questo tipo ha dato risposte ai quesiti più importanti legati allo studio del brand, ha permesso di comprendere se e dove vi fosse un punto di incontro tra le aspettative del target vero e proprio e quelle di chi un giorno sarà por- tato a giudicarlo (esaminatori, datori di lavoro...) ed ha per- messo infine di distinguere gli aspetti chiave nello studio del consumatore: Mente: aspetti razionali - Cuore: aspetti emotivi ma soprattutto... Anima: aspetti spirituali È proprio al concetto di “anima del consumatore” che punta il marketing del futuro ed è partendo dall’anima delle consumatrici che si è fondata la nostra strategia...
  • 11. Approcci a confronto BRAND - TARGET SODDISFAZIONE BISOGNIBRAND - SODDISFAZIONE BISOGNI TARGETTARGET BRAND - SODDISFAZIONE BISOGNI Approccio standard dei brand FALLIMENTARE Nostro approccio Fase I Nostro approccio Fase II L’approccio dice: “se vesto il brand, allora soddisfo il bisogno di sicurezza in me stessa / senso di appartenenza”. Il brand si pone allo stesso piano del target, entra a far parte di una rete di persone con bisogni ed esigenze proprie e si pone in maniera empatica offrendo un costante “aiuto”. Si passa da una comunicazione ONE TO MANY a MANY TO MANY L’obiettivo sarà accompagnare l’intera community al punto di partenza e alla completa soluzione del bisogno, in maniera paritaria Ma per arrivare al cuore si passa dall’ANIMA... Non basta lavorare sulla razionalità e sulle emozioni per soddisfare un bisogno. Il Marketing del futuro, il cosiddetto Marketing 3.0, introduce il concetto di “Spirito”, come un qualcosa che punta direttamente all’essere. Se le emozioni, da sole, rappresentano ciò che si prova, lo Spirito rappre- senta ciò che si è. Fermarsi alle emozioni significa creare una situazione tipica di molti brand di moda, riassumibile in: “se mi vesti, allora soddisfi i tuoi bisogni” creando un senso di passività e di gerarchia tra brand e consumatori. Partire dallo Spirito significa invece scendere allo stesso livello del target, comprenderne i bisogni e solo dopo accompagnarlo verso la totale soddisfazione. Solo così si potrà creare una base talmente profonda, talmente solida, da far sì che il raggiungimento di tutti gli altri obiettivi avvenga non solo più velocemente, non solo più facilmen- te, ma in maniera più efficace e profittevole. L’Analisi ha rivelato nel target group un profondo bisogno di sicurezza in se stessi. Se questo è il bisogno, MAX&Co non dovrà far sentire sicuro il proprio target, ma renderlo più sicuro. Come?... Approccio alla nostra campagna I bisogni quindi indagati e da soddisfare per le laureande o neo-laureate sono: Marketing 3.0 SPIRITOMarketing 2.0 EMOZIONE Maturare la sicurezza in sé stesse Soddisfare il senso di appartenenza Oggigiorno si è arrivati ad un Marketing focalizzato al consumatore in cui alla proposta di valore funzionale si è aggiunta quella emotiva Per queste ragioni il nostro approccio è legato non tanto al Marketing 2.0, per il quale l’emozione soddisfa direttamente il bisogno, quanto al Marketing 3.0, per il quale lo spirito è il focus. SPIRITOMarketing 3.0 “L’emozione è ciò che si prova, mentre lo spirito è quello che si è!” Non basta far sentire (l’attuale l’approccio standard dei gruppi fashion) ma è necessario rendere una persona sicura di sé.
  • 12. Campagna: be Max be You MAX & You Creazione di uno o più eventi esclusivi all’interno dei principali store in Italia a cui saranno invitate le neo dottoresse laureatesi vestendo Max&Co. Party a cui partecieranno molti ospiti illustri del mondo della moda e in cui si mostre- ranno in esclusiva le nuove collezioni. CAMPAGNA OFFLINE: Applicazione volta ad aiutare gli utenti a cercare/scegliere l’outfit ideale, met- tendo a confronto e abbinando a piaci- mento ogni prodotto Max&Co; il tutto grazie anche a consigli ed esperienze di altri utenti. Attraverso l’App sarà inoltre possibile partecipare a contest a premi, creando abbinamenti ideali e facendosi votare attraverso i Social. CAMPAGNA MOBILE: Creazione di un Blog, all’interno del sito, dove oltre a consigli di moda, si offrono contenuti generici sul tema “Sicurezza in se stessi”. Obiettivo è rendere la piat- taforma un punto di riferimento per gli utenti non solo in merito ai Prodotti o alla Categoria, ma anche ai Valori che esprime il Brand. CAMPAGNA SOCIAL:
  • 13. Ci sarebbe un altro aspetto importante che mi riguarda e che traspare da questo progetto: il fatto di essere un vero fanatico dell’etica applicata al marketing! Ma questa è un’altra storia... MAX&Co is a Lovemark now...
  • 14. PROJECT WORK STRATEGIE E TECNICHE DI SOCIAL MEDIA MARKETING Brand Strategy Social Media Stretegy Unconventional Campaign Community Building Brief: Creare una Community Philips Lighting all’interno dei prin- cipali social networks, in particolare Facebook, scegliendo il tipo di target a cui rivolgersi. Progettare una strategia di comunicazione scegliendo i canali più idonei e costruire una timeline didodici mesi. Brand Perception: Cool, Smart e sempre all’Avanguardia. Committente:
  • 15. 3. UNA CONFEZIONE DI CEREALI PUÒ CAMBIARVI LA VITA Vi ricordate quando poco fa citavo il fatto di essere un fanatico dell’Etica? So che siete talmente presi dai miei racconti da ricordarvi ogni mia minima parola, ma è comunque meglio ribadirlo: sono un fanatico dell’Etica! Certo, facile metterla giù così: chi ammetterà mai di odiare a morte la morale e di stare architettando un piano malefico per mettere al potere Miley Cyrus? Beh, se stessi mentendo non sarei etico e ve l’ho detto: sono un fanatico dell’Etica! Il mio ragionamento non ha senso, lo so: potrei stare mentendo sul fatto di non stare mentendo… ma non mentirei mai sul fatto di stare menten- do circa il fatto di non stare mentendo sempre per quel discorso che sono un fanatico bla bla bla… niente, non ne usciamo! Credo esista un unico modo per togliervi questo atroce dubbio: incontrarmi, conoscermi meglio, magari assumermi… sto cercando di manipolarvi? Forse sì, ma non sarebbe etico ed io sono un fanatico dell’Etica! Facciamo così, io smetto di prendervi per sfini- mento se voi prendete per vero il mio fanatismo; ottimo compromesso no? Vediamo quindi di procedere per piccoli passi: perché interessarmi tanto all’Etica? Per la più semplice e banale delle motivazioni: essere felice. Non prendiamoci in giro, tutti noi agiamo fondamentalmente per un unico scopo nella vita: che sia trovare l’anima gemella o due sorprese nella stessa confe- zione di cereali, tutti ci ossessioniamo per essere felici e soddisfare i nostri reali bisogni. Il mio personale mezzo è semplice: provare ad essere il più pos- sibile etico. Qui però mi sorge un dubbio: e se l’essere etico non fosse solo la mia personale chiave per la felicità, ma fosse quella di tutti? E se non esistes- se altra chiave al di fuori di questa? Molto presuntuosa come affermazione lo so, ma sarei un bugiardo se vi dicessi che la penso diversamente... Cosa c’entra tutto questo con il mio lavoro da Marketer e Comunicatore? Molto più di quanto si immagini: il Marketing è un’arma molto potente, forse la più potente mai concepita dall’uomo. Da sempre ci spinge ad essere un certo tipo di persone e a compiere un certo tipo di azioni che vanno ben oltre la scelta di un detersivo, di uno smartphone o di una bibita...
  • 16. Il Marketing è forse lo strumento che più di tutti ha il potere di condizionarci e di cambiarci; in molti casi lo ha fatto in peggio, ma semplicemente perché usato male. Eppure, già la sua stessa definizione rivela ciò che di meraviglio- so ha da offrirci questa incredibile materia: “soddisfare i reali bisogni”. E cos’è la felicità se non la piena soddisfazione di ogni nostro reale bisogno? Ora unire i puntini del mio ragionamento è decisamente più facile: se perse- guire l’Etica è ciò che ci rende felici e il Marketing ha come scopo la nostra felicità, allora un Marketing vincente deve sfruttare tutta la sua potenza per aiutarci a perseguire l’Etica… tutto qui. Anche in questo caso me la sarei potuta cavare con poche semplici frasi del tipo “il bene vince sempre” o “meno male che c’è Batman”, ma ormai avete imparato a conoscermi e saprete che adoro dare un senso a tutto ciò che scrivo. So anche di avere tralasciato un centinaio di questioni aperte, tra cui banal- mente il “perché diavolo essere etico dovrebbe rendermi felice?”. Di motiva- zioni ne ho, ma direi di avervi stressato e appesantito abbastanza. Storie di sfide medievali (vedi pagine precedenti) e di scoiattoli sporcaccioni (fossi in voi non mi perderei le prossime storie) sono decisamente più divertenti, ma sappiate che è sempre valida la proposta iniziale: nel caso in cui abbiate lo spasmodico desiderio di scoprire i “10 semplici suggerimenti per essere felici secondo Matteo Curti” sappiate che potrete sempre chiamarmi, conoscermi, magari assumermi… oddio, sto nuovamente cercando di manipolarvi? Forse sì, ma non sarebbe etico ed io sono un fanatico dell’Etica! Comunque ora devo andare: ho una nuova confezione di cereali da aprire e spero con tutto me stesso di trovarci due sorprese!!
  • 17. “Quando le persone scorrono la Home di Facebook, dobbiamo essere in grado di far fermare il loro pollice su un post di Philips Lighting” Con questa frase il Manager di Philips Lighting aveva riassunto il nostro obiettivo; poche parole, un concetto semplice, ma decisamente arduo e significativo: questo a causa della vastità dell’Universo Philips Lighting, fatto di innumerevoli target diversi, a cui comunicare prodotti diversi e con toni sempre specifici: un insieme di mondi da valorizzare col rischio concreto di non riuscire a gestire una potenza di fuoco tanto grande...
  • 18. Su cosa puntare? PHILIPS HUE PHILIPS DISNEY PHILIPS LED PHILIPS SMART CITY Quattro tipologie di prodotto, quattro settori, quattro tipologie di target differenti a cui rivolgersi. E se la risposta fosse: su tutto? Possibile costruire una base che possa sostenere l’intero universo Philips Lighting e che faccia da filo conduttore per ogni singola strategia, prodotto o iniziativa? PHILIPS HUE PHILIPS DISNEY PHILIPS LED PHILIPS SMART CITY
  • 19. Questa la base: Archetypal Branding = il Mago Questa la base: dal prodotto, al cliente... all’anima Mente Cuore Spirito Questi gli obiettivi: Philips Lighting = Mago conoscenza visione creazione spirito avanguardia cura Questi gli obiettivi: Positioning = Lovemark Lovemark Brand
  • 20. Lighting METTITI IN LUCE Una campagna in grado di fungere da “comune de- nominatore” dell’intero Universo Philips Lighting e di comunicare valori etici pur rimanendo “cool” agli occhi del destinatario. Il tutto affinché il Brand possa mantenere univoca la propria personalità, creando un tipo di comunicazione più impattante ed efficace. Mettiti in luce - Concept Affrontare le difficoltà/paure Dare luce alla sostanza Rendersi speciali e smart Esprimere un senso di magia Dimostrare le proprie doti Sottolineare il valore Dare visibilità a chi compie sacrifici per offrire il meglio di sé Vediamo ora alcuni esempi di possibili applicazioni.
  • 21. Ad Halloween mettiamo paura al buio CondividiCommentaMi piace 15 giugno alle ore 09:00 Philips Lighting Per terrorizzare il buio basta accendere una luce, ma oggi è l’unico giorno dell’anno in cui è ammesso avere paura. Buon #Halloween a tutti! #mettitinluce CondividiCommentaMi piace La luce all’inizio del tunnel 31 ottobre alle ore 09:00 Philips Lighting Test: il colore giusto per una migliore concentrazio- ne? Non serve che tu lo sappia, ci pensa #PhilipsLi- ghting per te. Buona sessione ai nostri studenti! CondividiCommentaMi piace 14 febbraio alle ore 09:00 Philips Lighting Non un singolo giorno, ma altri 15 anni insieme. A coloro che dimostrano il proprio amore il giorno di #SanValentino, ma lo confermano per una vita intera. Buona festa degli innamorati! #mettitinluce Esempi campagna Facebook
  • 22. Metti in luce il tuo talento! Partecipa a Philips Lighting Contest e vinci l’opportunità di esibirti in uno degli stadi più belli d’italia. #mettitinluce Scopri di più su www.philipslighting.com/music/contest 14 settembre alle ore 09:00 Philips Lighting Dal 14 settembre partecipa anche tu al concorso Find Dory! La caccia al tesoro per vincere tantissimi pro- dotti Philips Disney. #mettitinluce Scopri di più su www.philipslighting.com/music/findory 14 settembre alle ore 09:00 Philips Lighting “Mettiti in Luce” si presta anche a campagne / iniziative offline
  • 23. PROJECT WORK STRATEGIE E TECNICHE DI UNCONVENTIONAL MARKETING Brand Strategy Social Media Stretegy Unconventional Campaign Community Building Committente:
  • 24. Ecco una lista di piccole, semplici cose che mi rendono felice: fare colazione al bar, guardare i fuochi d’artificio, piegare i sacchetti della spesa (lo so, questo è strano), la spiaggia al tramonto, i sassi di Vicenza, saltare sui tappeti elastici, Stanlio e Ollio, i pinguini, indossare un mantello, trattenere il fiato sott’acqua, i laser game, Carlton Banks che balla... e fidatevi, la lista potrebbe continuare ancora un bel po’. Sapete invece cosa non mi rende affatto felice ultimamente? Andare su Internet... Vi ricordate il mondo digitale di una decina di anni fa? Quello senza smar- tphone? Quando Instagram non spopolava ancora e My Space la faceva da padrona? Vi ricordate i “trilli” su Msn? o quando si era tutti presi da Ruzzle e da Geo Challenge?. “Quelli sì che erano bei tempi!”: direbbe il signor Gaeta- no, il mio vicino di casa anziano, burbero, che odia il progresso e l’insalata troppo dura! E se vi dicessi che per certi versi il signor Gaetano ha ragione? No, non è solo una questione di “nostalgia canaglia” legata all’adolescenza: quello di Msn e dei nokia 3310 era oggettivamente un mondo più facile, più spensierato e dunque più felice. Cosa caratterizzava l’ambiente Internet di quei tempi? Decisamente tanti, tantissimi stimoli in meno. Al contrario, cosa caratterizza la società di oggi? La “sovrabbondanza”, o meglio, l’esser sempre più vittima del cosiddetto “Information overload”: quella condizione in cui l’informazione che si ha a disposizione eccede talmente tanto la capa- cità di elaborarla, da generare apatia, confusione... in poche parole, infelicità. Il punto è questo: se è vero come afferma Bruce Morton che “più stimoli con- sumiamo, più si è in grado di digerirli, più il nostro appetito non fa che aumentare”, il compito del marketing contemporaneo dovrebbe essere quello di rieducare il mondo all’essenzialità, alla semplicità, ai piccoli momen- ti di felicità... in una parola? Al “meno”. Del resto Antoine de Saint-Exupéry era solito affermare: “la perfezione si raggiunge non quando non c'è più niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere”. Forse non si stava meglio quando si stava peggio (come direbbe il signor Gaetano), ma su di una cosa sono certo: si stava meglio quando si stava... meno! E comun- que fidatevi: piegare le buste della spesa è troppo rilassante! :P 4. SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA... MENO
  • 25. Vi ricorda qualcosa? Ebbene, sappiate che quella in figura, stando ad una ricerca condotta dal team in occasione del project work, risulta essere la pubblicità più popolare di sempre (secondo il target di riferi- mento) in termini di awareness e apprezzamento. Decisamente interes- santi, poi, alcune delle risposte date a seguito di un approfondimento relative alla domanda: “che pensieri/sensazioni ti suscita lo spot?”. Analisi dei bisogni all’epoca tutto era più sempliceIn quegli anni sì che ci si divertiva con poco. spensiera- tezza
  • 26. Bruce Lipton ha recentemente osservato come la mente di un essere umano medio possa discer- nere e interpretare un massimo di 40 bit di stimoli nervosi al secondo. “Il dato più clamoroso”, scrive Alberto Contri in merito al contesto mediatico digitale, “è che nello stesso lasso di tempo ne riceviamo 11 milioni: ecco spiegato il famoso sovraccarico”. Non solo. Stando a Gianfranco Bet- tetini e Armando Fumagalli: “le nostre capacità di reazione sono limitate. A tutto necessariamen- te ci si abitua: è un meccanismo di autodifesa emotiva di fronte a cui non si dà eccezione. […] La prima volta si rimane molto colpiti, la quinta poco, alla decima si è diventati indifferenti”. Dal sovraccarico Informativo...
  • 27. Come ovviare all’assuefazione da stimoli? Come garantire nuove reazioni? Secondo Bruce Morton solamente attraverso l’aggiunta di nuovi o più intensi stimoli emotivi; un processo, questo, che tut- tavia non può che indurre a un circolo vizioso al rialzo: “più stimoli consumiamo, più si è in grado di digerirli, più il nostro appetito non fa che aumentare” scrive il ricercatore americano. Non c’è da stupirsi, dunque, di come negli anni il numero e il livello di stimoli emotivi all’interno della società sia cresciuto a livelli esponenziali: oggigiorno il sovraccarico informativo è anche e soprattutto un “sovraccarico emotivo”. Quella risposta ricevuta in fase di analisi è più vera di quanto si immagini: un tempo ci si divertiva realmente di più... con meno! ...al sovraccarico emotivo
  • 28. Stando ad un recente studio, oggigiorno i contenuti Web hanno a disposizione appena otto secondi di tempo per guadagnarsi l’attenzione dell’utenza. Se ciò non avviene, gli internauti giudica- no la comunicazione “poco interessante”, crolla la loro fiducia nei confronti del contenuto e lo abbandonano.
  • 29. Se aveste a disposizione solamente otto secondi per esprimervi, divertirvi o attirare l’attenzione... voi cosa fareste? Certo, da un lato risulterebbero pochi, ma pensate a quante cose incredibili si potrebbero fare in quel breve lasso di tempo! È proprio questo il concetto alla base di “Less is fun!”, una campagna volta a mettere in luce e affrontare in chiave autoironica (in perfetto stile Ceres) la piaga dell’information overload. Come? Creando iniziative ad hoc attorno quei miseri otto secondi di tempo... :) sfruttando così un limite e trasformandolo in una vera a propria opportunità!
  • 30. È questo l’evento culmine della campagna “Less is fun!”: un’inizi- ativa al limite dell’assurdo, al limite del provocatorio... e per questo motivo in perfetto stile Ceres! :P In cosa consisterebbe l’8 seconds party? Semplicemente nella festa più corta della storia: un evento curioso, stravagante, mai visto prima e per questo dall’enorme impatto mediatico. Il messaggio è semplice: “cosa fareste se aveste solo otto secondi di tempo per partecipare alla festa più intensa della vostra vita?”. Nello specifico si tratterebbe di più eventi in contemporanea nelle principali piazze italiane. L’iniziativa avrebbe inoltre le parvenze di un flash mob: dopo aver preparato la location, i partecipanti (pronti a scatenarsi) vi si radunerebbero in un’atmosfera di assoluta “calma piatta” e nonchalance. Ad un orario ben preciso e allo scadere di un count-down, si darebbe il via all’evento vero e proprio. La parola d’ordine? “Intensità”: musica, dj, luci, coriandoli, ballerini, stand e chi più ne ha più ne metta... il tutto in appena otto secondi! Al termine della “festa”? L’evento si trasformerebbe in una splendida occasione per stare in compagnia e bersi una birra... rigorosamente Ceres! 8 SECONDS PARTY
  • 31. LABORATORIO DI PROGETTAZIONE GRAFICA con: Prof. Arch. Aurelio Chinellato Claudio Noventa Creatività Grafica Copywriting Brief: A partire da un oggetto comune e random, pensare ad una possibile azienda di cui, in seguito, idearne e progettarne il naming, il payoff e il logotipo. Istituto Universitario Salesiano Venezia
  • 32. Avete una canzone preferita? Io sì: “Pleasure and pain” di Ben Harper”. Sapreste dirmi il film che amate più di ogni altro? Io sì: “Big Fish” di Tim Burton. E se parlassimo di quadri, colori, gusti di gelato o Teletubbies? Sapreste darmi delle preferenze? Io sì: “L’impero delle ombre” di Magritte, l’arancione, il cremino e Tinky Winky. Certo, il fatto che conosca a memoria i nomi dei Teletubbies non credo mi aiuterà mai in ambito lavorativo (anche se la speranza è l’ultima a morire); eppure, quanto detto sin qui mette in luce un aspetto peculiare che reputo fondamentale non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche e soprattutto in ottica di marketing: il desiderio / capacità di mettere a confronto ogni cosa, carpirne il reale valore, trovarne i pregi e i difetti, e arrivare a definire ciò che meglio si addice ai nostri o altrui bisogni. Il punto è questo: sembrerà assurdo, ma credo che in ogni cosa esista sempre un meglio e un peggio (soggettivo, sia chiaro), anche e soprattutto in quelle scelte più scelte da cui dipende la nostra felicità. Allora mi chiedo: perché non imparare a giudicare (in senso buono) tutto ciò che ci circonda? Magari cominciando dalle piccole cose... in modo da affinarsi ed essere poi in grado di affrontare questioni decisamente più profonde? Ebbene: meglio IOS o Android? per me IOS. Beatles o Rolling Stones? Beatles. Bombolone al cioccolato o alla crema? Al cioccolato. Meglio questo o quel lavoro? Meglio questo o quel prodotto? Meglio questa o quella persona per uscirci la sera? Esserci amico? Dargli tutto me stesso? Passarci la vita assieme?... Eppure esiste un’eccezione a tutto questo; o meglio, esiste una domanda che non dovrebbe mai prediligere alcuna preferenza: “meglio la ragione o le emozioni?”. Ebbene sì: stando a secoli di geniacci, la felicità delle persone dipende dal perfetto bilanciamento di questi due elementi! Cosa significa tutto questo? Che dietro alla scelta del nostro lavoro, del compagno di vita o del Teletubbies preferito non ci si può basare sulle mere emozioni o sulla pura e semplice ragione: serve dare il giusto peso ad entrambe, sempre! Si tende a fare così? Non proprio, soprattutto oggi dove la comunicazione emozionale tende a farla da padrona. Serve della logica dietro alle emozioni? A volte sì... perfino nel valutare Tinky Winky come il più fiko dei Teletubbies. 4. LA LOGICA EMOZIONE DIETRO AI TELETUBBIES
  • 33. In principio era... una maniglia Tutto è partito da questo insolito oggetto: una maniglia in legno. Brain storming e idea creativa: Antico capitello = Antiquariato Cornetta telefonica = Azienda di telefonia Capovolgendo la maniglia e appoggiandola sul lato ricurvo otteniamo una figura che ricorda in maniera semplificata un dondolo per bambini. Su questo concetto abbiamo deciso di sviluppare l’intera strategia del progetto.
  • 34. Partendo dal dondolo (simbolo archetipico del gioco) abbiamo deciso di puntare al settore ludico e di scegliere come azienda un’ipotetico studio ingegneristico specializzato nella progetta- zione di piostre per parchi divertimento (es. Gardaland) Il principio fisico alla base dell’uso del dondolo (Terza Legge di Newton) prevede due forze uguali ma contrarie. Proprio giocan- do sul concetto di “eguale/contrario” e di “Opposto” abbiamo impostato la progettazione del Naming, del Logo e del Pay Off. Scelta azienda / Settore Linee guida marchio
  • 35. Naming Partendo dal dondolo, si è deciso di riproporre la simmetria di questa attraverso l’adozione come naming di una parola palin- droma, cioè leggibile da sinistra verso destra e viceversa. Queste le tre opzioni, tra cui la vincente: Tale parola rappresenta le lettere iniziali della parola “ottovolan- te”, sinonimo di montagne russe, giostra per eccellenza. Tale parola, scritta in corsivo, richiama la forma tipica dei “giri della morte” degli ottovolanti nei parchi divertimento. OTTO ELLE INGEGNI Questa parola richiama sia la natura dell’azienda (studio inge- gneristico), sia l’elemento logico necessario per costruire strut- ture che, oltre divertire, siano anche sicure: l’ingegno. Pay Off Il Payoff ha lo scopo di specificare finalmente quali siano le due forze in gioco, opposte ed equivalenti, rappresentate finora dal naming: la logica e le emozioni. Due concetti familiari, ma filoso- ficamente opposti, che vanno a creare una sorta di ossimoro in grado però di attirare l’attenzione ed essere memorabile. La “logica” rappresenta la razionalità, la precisione, l’affidabilità di uno studio che deve poggiare sul rigore; le “emozioni” simbo- leggiano invece la passione nel lavoro, l’empatia verso clienti e consumatori, oltre che ovviamente il settore specifico dell’azi- enda: i parchi divertimento. “Logica dietro le emozioni”
  • 36. Logotipo Inversionz Unboxed by Darrell Flood L’ingegneria è una materia fatta di numeri, calcoli, razionalità ed ha come scopo quello di garantire stabilità, solidità ed affidabilità al suo operato. Per questo motivo è stato scelto come font “Inversionz” by Darrel Flood, una font estremamente geometrica e squadrata a sim- boleggiare la serietà dell’azienda. La “E” centrale (elemento focale del palindromo) è stata modificata trasformandosi nel simbolo universale dell’equipotenza, a sottolineare ancora una volta come razionalità ed emozioni si equivalgano. Logo La logica dell’opposto è nuovamente alla base della costruzione del Logo, in primis nella scelta delle forme: il quadrato, simbolo di raziona- lità, stabilità e rigore in contrapposizione con il cerchio, espressione di dinamicità ed emozione. È il quadrato a circoscrivere i cerchi, a conte- nerli: la figura che formano i tre cerchi è infatti una forma più armonio- sa, vivace, ma instabile, dinamica e spetta al quadrato darle una strut- tura, in perfetto stile con il payoff “la logica dietro le emozioni”. I tre cerchi vogliono inoltre ricordare alcuni elementi simbolo dei parchi divertimento come la ruota panoramica o l’otto volante. L’angolo colo- rato ricorda una freccia che punta verso l’alto a simboleggiare l’ambizi- one e verso destra a simboleggiare il futuro e l’avanguardia. B&W NEGATIVO COLORE
  • 37. LOGICA DIETRO LE EMOZIONI
  • 38.
  • 39. PROJECT WORK Creatività e Problem Solving con Paolo Schianchi Brief: “Comunicare la Sindrome di Tourette per un’associazione di volontariato all’interno della Fiera di Rho Pero, durante il Salone del Mobile di Milano, con a disposizione un budget di 1000 euro”. Istituto Universitario Salesiano Venezia Brief: Sensibilizzare il pubblico alla Sindrome di Tourette, per conto di un’associazione di volontariato, all’interno della Fiera di Rho Pero, durante il Salone del Mobile di Milano. Il tutto con a disposizione un budget di 1000 euro”.
  • 40. Con questa citazione si apriva la mia tesi di laurea triennale. Lo so, una massima di Aristotele, di Steve Jobs o di Fedez sarebbe stata decisamen- te più opportuna, ma fidatevi: avrebbe stonato con quanto stavo per esporre alla commissione! Dovevo solo prendere un bel respiro… Facciamo un passo indietro: sapete cosa mi spinse a studiare marketing all’università? Un semplice ed irriverente spot delle Air Action Vigorsol. Se vi dicessi “bosco in fiamme… un tenero scoiattolino… un pacchetto di gomme da masticare e…” ok, meglio fermarsi qui: vi ricordate della pubbli- cità in questione? E del suo finale shock? Beh, allora saprete che non sarebbe del tutto appropriato citarlo qui, ora, in un contesto simile! Eppure, all’epoca fu proprio quel finale irriverente a sconvolgere il mio “io”: come mai una multinazionale come la Perfetti Van Melle aveva osato tanto? Secondo quali logiche o regole ancestrali?. Fu così che scoprii l’esi- stenza di una forza universale “che move il Sole e l’altre stelle”: L’amore? No il marketing. Questa oscura disciplina in primis catturò la mia attenzio- ne, poi fece crescere in me un interesse spasmodico, trasformandolo in desiderio, finché non ne fui totalmente ammaliato. Era accaduto un feno- meno raro, di quelli che si è in grado di vedere una o due volte nella vita come il passaggio della cometa di Halley, l’Italia che vince i Mondiali o Bobo Vieri che azzecca un congiuntivo: ciò che vidi fu il Marketing appli- carsi a se stesso, un fenomeno a cui solo Philip Kotler (dicono) riesce a resistere! Un tenero scoiattolino che spegneva un incendio con… (sì, insomma ci siamo capiti) era riuscito a farmi innamorare della disciplina. Di lì a breve, da bravo discepolo, iniziai a predicare il verbo tenendo corsi d’orientamento presso i licei di Bologna e invogliando i ragazzi a seguire le mie orme. Il discorso iniziava sempre allo stesso modo: «Cos’è il Marke- ting? Nessuno lo sa? Allora lasciate che vi racconti la storia di un tenero scoiattolino…». E nonostante il disappunto di certi professori, molti stu- denti gli anni successivi mi confessarono di essersi fatti convincere pro- prio da quell’irriverente storia che finisce con una… no, proprio non posso dirlo! Certo, ero contento del mio operato, ma dovevo entrare ancor di più nelle grazie del Dio del Marketing. Serviva un gesto plateale, memorabile e con la laurea finalmente alle porte non avevo più molto tempo… 5. “Una risata può essere una cosa molto potente. Vedi, a volte è l’unica arma che ci rimane”. [Roger Rabbit]
  • 41. Fu lì che mi balenò un’idea: “E se… no dai, questo è troppo… eppure sarebbe la degna conclusione… in fondo dovrò pur chiudere il cerchio… ma sei sicuro?? Basta, è deciso!…”. Titolo della tesi: “Strategie di Humor Marketing” di Matteo Curti. Eccomi di fronte alla commissione di Laurea, con la voce tremante, mentre leggo la citazione di un cartone animato, prendo un bel respiro e comincio la mia discussione così: «Lasciate che vi racconti la storia di un tenero scoiattolino…» Perché questa storia? Perché mai parlare di roditori sporcaccioni durante la mia discussione? Per attirare l’attenzione di quattro professori distratti? Potrebbe essere. Per divertire il pubblico e far vergognare mia nonna? Direi di no. Per vincere una stupida scommessa con me stesso? Probabil- mente. Eppure, ciò che più di ogni altra cosa mi spinse a questo azzardo risiede nel mio modo di concepire il Marketing stesso: una disciplina rea di prendersi alle volte troppo sul serio, o almeno, questo è il mio parere. Il punto è questo: in generale, credo che la maturità e l’autorevolezza di una persona si misurino anche e soprattutto dalla sua capacità di sapersi prendere in giro. Cosa voglio dire? Che da un punto di vista comunicativo non credo esista nulla di più potente e persuasivo del saper mischiare serietà ed ironia, dal momento che è solo ironizzando su noi stessi e sulle situazioni che ci circondano che si è in grado di comprenderle e control- larle veramente. Saper arrivare ai sentimenti è d’obbligo nel marketing ed è proprio vero: a volte una risata è l’unica arma che ti rimane. Ma ora vi prego, lasciate che provi a vincere un’ultima stupida scommessa con me stesso: ci sono cose decisamente poco consone da dire in certe situazioni, soprattutto se formali, ma per fortuna nella vita ho sviluppato quel pizzico di buon senso necessario a riconoscerle... sempre! Ebbene, in un portfolio professionale non ci si dovrebbe mai spingere troppo oltre, non è così? Ma diamine, non dopo quanto ho appena scritto! Così, per chi di voi fosse all’oscuro di quel famigerato spot della Vigorsol... beh, sapete cosa fece quel tenero scoiattolino per domare l’incendio e salvare la fore- sta?? Semplicemente una lunga… sonora… plateale… flatulenza!
  • 42. Campagna: ETHICHETTIAMOCI! Non sono improvvisamente impazzito: che ci creadiate o meno, è questa l’iniziativa che abbiamo presentato e che è stata valutata come la migliore tra tutti i progetti. Ho deciso di puntare subito ad attirare la vostra atten- zione e di stupirvi con qualcosa di inaspettato, desta- bilizzante che potesse anche solo un minimo farvi ba- lenare un semplice pensiero: “ma cosa... e perchè dia- volo...” . Esatto: un dubbio, una curiosità... comunque vogliate chiamarlo, un sentimento che vi spingesse a cercare nuove informazioni; per esempio: “cosa può averci spinto a scegliere una campagna del genere!?”. Lasciate che vi spieghi... !
  • 43. Analisi: Cos’è la Sindrome di Tourette? Abbiamo deciso di concentrarci in particolare su uno dei sintomi: la ripetizione senza controllo di parole volgari e inopportune. Perchè questa scelta? Perchè spesso è solo attraverso questo elemento che le per- sone sanno descrivere la sindrome e perchè è un aspetto che incarna al suo interno emozioni contra- stanti: da un lato la tragicità di una malattia capace di non lasciare il pieno controllo delle proprie azioni, dall’altro l’inconscia ilarità che suscita paradossal- mente un sintomo del genere. Eppure le stesse per- sone che soffrono di questa sindrome sono le prime ad ironizzare su questo aspetto al punto da farne una vera e propria terapia.
  • 44. MARZIO 30 anni, interior designer, appas- sionato di informatica e di fumetti, è al salone del mobile per scoprire le nuove tendenze. YOORA 48 anni, artista coreana, le piace viaggiare e fare fotografie, ama Milano e visitare per scoprire le ultime novità. Attraverso un Modello Personas abbiamo delineato il possibile target di riferimento: persone medio-giova- ni, all’avanguardia e con un alto livello di istruzione. Nella nostra analisi un target di questo tipo ben si pre- sterebbe a ricevere una comunicazione provocatoria e destabilizzante senza avere reazioni negative. Analisi: Target Group
  • 45. Una campagna volta a sensibilizzare il pubblico sulla sindrome di Tourette attraverso due modalità: ! ETICHETTE TIMBRI Strategia: Destabilizzante Idonea al target Comunicazione italiana e inglese Low budget Educativa - Informativa Coinvolgente
  • 46. Fingendosi responsabili della fiera alcuni attori avvi- cineranno il pubblico chiedendo di poter applicare un timbro di riconoscimento per entrare. il timbro riporterà invece il testo della campagna. Fingendosi manifestanti “Free Hugs” alcuni attori avvicineranno il pubblico chiedendo un abbraccio. Attraverso questa scusa applicheranno invece un’etichetta alle spalle del target. !
  • 47. 50 € TIMBRI 200 € BANDIERE 450 € STAFF 250 € ADESIVI Budget L’iniziativa si svolgerà prima dei tornelli d’ingresso, esattamente nel piazzale d’uscita della Sta- zione di Rho: il sito, in quanto spazio pubblico non necessita di spese di affitto. Poco prima dell’ingresso alla fiera verranno posizionati stand informativi muniti di vele recanti lo stesso slogan della campagna in modo che il pubblico “vittima” del prunk possa avere ulteriori spie- gazioni circa l’iniziativa. Svolgimento:
  • 48. 6. CONCLUSIONE Ho deciso di scrivere tanto (in un mondo dove vige la regola del “la gente non ha tempo di leggere”) perché credo ancora troppo nella profondità della “cultura scritta”, ma di farlo in maniera colloquiale perché credo altrettanto nel potere impattante della “cultura orale”. Ho mischiato toni seri a toni ilari perché ritengo non ci sia accoppiata più vincente nella comunicazione, sfio- rando ogni tanto quel nonsense che tanto va di moda oggi per attirare l’atte- nzione. Ho cercato di far trasparire quel Mondo di Creatività che ho dentro e la mia concezione di puntare ad un Marketing diverso innovativo… vincente, pur rimanendo ancorato alla Logica e alla Razionalità che da sempre spingo- no il mio agire. Ho cercato di far trasparire la mia voglia di imparare, di crede- re che essere persone migliori porti a fare cose migliori e che puntare al mas- simo porti sempre al meglio. In poche parole… ho cercato in tutti i modi di essere un bravo Storyteller raccontando un minimo chi sia Matteo Curti, quali siano le sue idee, il suo modo di comportarsi e perché diamine continui a parlare di sé in terza persona. Ho introdotto ogni progetto con un raccon- to, a volte riguardante me, altre volte la mia mente pazzoide e perfino riguar- dante cose che sembravano non centrare assolutamente nulla, ma ve l’ho detto: amo mischiare la razionalità con l’emotività, la logica con l’umorismo… cercando di dargli un senso che rappresenti in totale sincerità chi sia io e cosa abbia da raccontare.