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Ministero degli Affari Esteri
Dossier
Farnesina
L’Italia e l’Europa
a 50 anni dalla firma
dei Trattati di Roma
La rivista èItalia, definita dalla stampa estera “la Bandiera del-
l’informazioneitaliananelmondo”,nascenel1999perpromuo-
vere il patrimonio economico, turistico e culturale italiano, permet-
tendo alla comunità internazionale di avere costantemente una vi-
sione generale del Sistema Italia.
L’apprezzamento del Presidente Emerito Carlo Azeglio Ciampi
(conunmessaggioappositamentescrittoperilprimonumero),l’in-
teresse mostrato da parte del Ministero degli Affari Esteri, del Mi-
nisterodelCommercioInternazionaleedelleCamerediCommer-
cioItalianeall’Estero,confermanoilpreziosoruolodelladistribuzionemiratadel-
la rivista, che raggiunge direttamente nei loro Paesi gli Italiani residenti all’estero, le no-
streIstituzionielabusinesscommunityrappresentataprimariamentedalleaziendeso-
ciedelleCamerediCommercioItaliane,acuisioffre,attraversoicontenutigeneralidel-
la rivista, un’informazione aggiornata del nostro Sistema Paese.
Caratteristiche e diffusione:
Bimestrale a colori, la rivista è diffusa in 200.000 copie in Italia ed all’estero a:
Ministeri, Regioni, Province e ai Comuni capoluogo, Associazioni di categoria, CCIAA,
Biblioteche, Tour operators e Agenzie di viaggio, Ambasciate e Consolati,
CamerediCommercioItalianeall’EsteroeloroSoci,ufficiENITeICE,Aziendeleaders.
La rivista, da edizione bilingue (italiano-inglese) si arricchirà progressivamente di sezio-
ni in russo, portoghese e tedesco.
In edicola: negli USA èItalia viene diffusa con il quotidiano America Oggi, e in
ItaliaconilsettimanalePanoramaEconomy.LasceltadiEconomypermettediam-
pliare ancora di più il bacino di utenza garantito da èItalia con un settimanale che per
autorevolezza e diffusione raggiunge il mondo delle piccole e medie imprese, oltre a
essere riconosciuto come interlocutore serio e affidabile dalle grandi aziende.
Inoltre è on-line all’interno del sitowww.italplanet.it
EDIZIONI
Via F.lli Bronzetti, 21 - 20129 MILANO
Tel. 02.70003310 - Fax 02.70003909
e-mail voices@italplanet.it - www.italplanet.it
Supplemento del N.44 di èItalia marzo-aprile 2007
VOICeS
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Supplemento del N.44 di èItalia marzo-aprile 2007
Direzione e redazione:
Consigliere di Legazione Marco Villani, Servizio Stampa e Informazione
Realizzazione, Redazione e immagini Agenzia ANSA:
Alessandra Spitz, Arrigo Santini
Progetto Grafico:
VOICES S.r.l.
Editor:
Mauro Aprile
Si ringraziano per la preziosa collaborazione:
Ministro Plenipotenziario Carlo Maria Oliva, Direttore Generale per l’Integrazione Europea
Ministro Plenipotenziario Luca Giansanti, Vice Direttore Generale per l’Integrazione Europea
Ministro Plenipotenziario Vincenzo Grassi, Direzione Generale per l’Integrazione Europea
Consigliere di Ambasciata Sergio Mercuri, Capo Ufficio IV della DGIE
Consigliere di Ambasciata Michele Esposito, Capo Ufficio II della DGIE
Consigliere di Ambasciata Marco Conticelli, Capo Ufficio V della DGIE
Consigliere di Legazione Maurizio Greganti, Capo Ufficio I della DGIE
Consigliere di Legazione Andrea Silvestri, Capo Ufficio VI della DGIE
Consigliere di Legazione Giorgio Aliberti, Ufficio II della DGIE
Segretario di Legazione Carlo Jacobucci, Ufficio I della DGIE
Segretario di Legazione Roberta Di Lecce, Ufficio V della DGIE
Dott. Gabriele Cosentino, Ufficio I della DGIE
Dott.ssa Flavia Trupia, Unità tecnica per l’internazionalizzazione, DGIE
I “Dossier Farnesina” sono realizzati periodicamente dal Servizio Stampa e Informazione del
Ministero degli Affari Esteri e pubblicati anche on-line sui siti www.esteri.gov.it e www.italplanet.it
L’Italia e l’Europa a 50 anni
dalla firma dei Trattati di Roma
VOICeS
L’ITALIA E L’EUROPA A 50 ANNI
DALLA FIRMA DEI TRATTATI DI ROMA
INTRODUZIONE DEL VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E
MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MASSIMO D’ALEMA PAG. 1
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
DA MESSINA A BERLINO. Le dichiarazioni nel processo
di integrazione europea PAG. 2
Il 2007 anno dell’Europa PAG. 5
Il Processo di riforma costituzionale PAG. 6
Le grandi tappe dell’Unione Europea PAG. 11
Il ruolo dell’Italia nella costruzione dell’Europa unita PAG. 12
Il processo di allargamento PAG. 14
I primi quattro allargamenti PAG. 17
Le fasi del quinto allargamento PAG. 17
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
Un grande mercato PAG. 19
Il settore dei servizi PAG. 20
I prossimi obiettivi PAG. 22
La politica europea dell’energia PAG. 24
La politica ambientale PAG. 26
L’immigrazione PAG. 27
L’Europa dei territori PAG. 29
L’azione esterna dell’Unione Europea sulla scena mondiale.
Una realtà di successo in costante evoluzione PAG. 34
L’alto Rappresentante per la PESC PAG. 37
IL FUTURO DELL’EUROPA: LA POSIZIONE DELL’ITALIA
DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA,
GIORGIO NAPOLITANO, IN OCCASIONE DELLA VISITA
AL PARLAMENTO EUROPEO PAG. 39
Intervento del Vice Presidente del Consiglio
e Ministro degli Affari Esteri Massimo D’Alema PAG. 45
SOMMARIO
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
L’ITALIA E L’EUROPA
A 50 ANNI DALLA FIRMA
DEI TRATTATI DI ROMA
INTRODUZIONE DEL VICE PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO E MINISTRO
DEGLI AFFARI ESTERI, MASSIMO D’ALEMA
A cinquant’anni dalla firma dei Trattati di Roma che istituirono la
Comunità Economica Europea e l’Euratom, il processo di integrazio-
ne europea continua a rappresentare una delle stelle polari della poli-
tica estera dell’Italia, e di questo Governo in particolare. Si è trattato
infatti di un processo di graduale condivisione di sovranità unico nel
suo genere che ha portato pace, stabilità, crescita economica e
democratica ad un numero crescente di paesi dai sei fondatori ai ven-
tisette attuali. Le ragioni di soddisfazione sono pertanto numerose e
legittime: il nostro continente è ormai riunificato, ha creato un merca-
to comune per 488 milioni di persone (con una moneta, l’Euro, già
consolidata a livello internazionale), dispone di uno spazio giuridico
comune e, grazie alla sua dimensione esterna, gode di grande presti-
gio nel mondo.
Ciò non può peraltro nascondere il fatto che da un lato, il proces-
so non si è ancora concluso (soprattutto a livello istituzionale l’Europa
appare ancora in mezzo al guado), e che dall’altro sono emerse diffi-
coltà di percezione da parte delle opinioni pubbliche nazionali – cul-
minate nel risultato negativo dei referendum tenuti in Francia e nei
Paesi bassi sul Trattato Costituzionale – che discendono anche dai
nuovi ineludibili problemi, tipici di un mondo ormai globalizzato, con
i quali i nostri Paesi sono oggi chiamati a confrontarsi (sicurezza degli
approvvigionamenti energetici, immigrazione, cambiamenti climatici,
necessità di rilanciare la competitività e l’occupazione a partire dall’a-
genda di Lisbona e dalla liberalizzazione dei servizi, promuovendo un
equilibrato sviluppo regionale e sociale).
È dunque necessario rilanciare il processo di integrazione, a parti-
re dalla riforma costituzionale, per permettere all’Unione Europea di
affrontare con rinnovato slancio le sfide attuali e future, compresa
quella delle nuove fasi del processo di allargamento. La dichiarazione
di Berlino che intende celebrare i cinquant’anni dalla firma dei Trattati
di Roma potrà costituire in tal senso un’importante occasione per
favorire un clima di rinnovata solidarietà tra i partner che permetta di
affrontare con nuova determinazione ed adeguati strumenti anche
istituzionali, i prossimi impegni.
1
Introduzione
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
IL CAMMINO
DELL’UNIONE EUROPEA
La storia ormai più che cinquantennale della costruzione europea
non è stata scandita solo dai negoziati per l’elaborazione dei Trattati,
per la definizione delle linee strategiche ed operative delle politiche
comuni e delle relative prospettive finanziarie pluriennali. Accanto a
tali atti, hanno sovente trovato spazio strumenti di natura diversa, giu-
ridicamente non vincolanti, ma talora destinati a produrre importanti
risultati politici. Si tratta delle Dichiarazioni nelle quali gli Stati membri
hanno spesso indicato impegni, obiettivi, programmi da realizzare
attraverso successive iniziative ed azioni.
Il modello più riuscito in tal senso rimane la Dichiarazione di
Messina del 1955 – sottoscritta dai Governi di Germania, Francia, Italia
e Benelux – al fine di rilanciare il processo di integrazione dopo l’ac-
cantonamento della Comunità Europea di Difesa determinato dalla
mancata ratifica francese. La Dichiarazione fu sostanzialmente all’ori-
gine del processo che condusse alla firma, nel marzo 1957, dei Trattati
CEE ed EURATOM. Il merito di questo testo risiede nella sua brevità,
semplicità e chiarezza. In sole due pagine vengono indicati obiettivi,
strumenti di azione, aree tematiche, metodi e procedure, anticipando
di fatto l’ossatura dei futuri Trattati comunitari che verranno firmati
due anni dopo a Roma. Ad oltre 50 anni di distanza, la modernità di
alcune formulazioni – quale quella sulla politica energetica – risulta
ancora sorprendente.
Anche la Dichiarazione Solenne sull’Unione Europea, adottata a
Stoccarda nel 1981 a seguito di una iniziativa italo-tedesca dei Ministri
Genscher e Colombo, puntava al superamento di una fase di crisi e
ripiegamento del processo di integrazione europea individuando una
serie di obiettivi sostanziali ed istituzionali: in particolare veniva auspi-
cato il progressivo ampliamento delle competenze comunitarie ad
aree come il ravvicinamento delle legislazioni, la cooperazione cultu-
rale e, soprattutto, la politica estera. Coniugandosi con l’azione del
DA MESSINA
A BERLINO.
Le “dichiarazioni”
nel processo
di integrazione
europea
2
primo Parlamento Europeo eletto a suffragio universale diretto (che
adottò, nel febbraio 1984, per impulso di Altiero Spinelli, il Progetto di
Trattato sull’Unione Europea), la Dichiarazione di Stoccarda contribuì
al lancio di quel vasto processo di riforme della costruzione europea
destinato a sfociare nell’Atto Unico e quindi nella successiva trasfor-
mazione delle Comunità in Unione attraverso il Trattato di Maastricht.
La Dichiarazione adottata dai Capi di Stato o di Governo
dell’Unione nella cittadina belga di Laeken nel dicembre 2001 –
assai più estesa delle precedenti – si articola in tre sezioni (“L’Europa
ad un crocevia”; “Le sfide e le riforme in una Unione rinnovata”, “La
Convocazione di una Convenzione sull’avvenire dell’Europa”). Dopo
alcune considerazioni di ordine generale relative alle nuove sfide
democratiche, alle attese dei cittadini degli Stati membri e al ruolo
dell’Europa in un mondo globalizzato, i firmatari della Dichiarazione
individuano precise aree di possibile riforma (ripartizione e definizio-
ne delle competenze dell’Unione, semplificazione degli strumenti a
disposizione dell’Unione stessa, democrazia, trasparenza ed effi-
cienza, eventuale elaborazione di un percorso costituzionale) ed una
metodologia procedurale (la Convenzione) attraverso la quale prepa-
rare la Conferenza Intergovernativa per la revisione dei Trattati. A par-
tire dalla dichiarazione di Laeken, si è avviato l’articolato processo
che ha condotto alla firma a Roma del Trattato che adotta una
Costituzione per l’Europa in data 29 ottobre 2004, non ancora entra-
to in vigore in ragione dei negativi esiti delle consultazioni referenda-
rie di ratifica in Francia e nei Paesi Bassi e della sospensione del
medesimo iter in altri 7 Stati membri.
Per celebrare il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, il
25 marzo 2007 a Berlino, il Consiglio Europeo del 15/16 giugno 2006
ha convenuto di adottare una dichiarazione politica dei leader
dell’Unione che illustri i valori e le ambizioni dell’Europa e confermi
l’impegno condiviso di produrre risultati. La Dichiarazione dovrebbe
descrivere i successi del processo di integrazione dal 1957 ad oggi, i
caratteri essenziali dell’unificazione europea, i valori sui quali tale uni-
ficazione si fonda, le priorità interne ed esterne dell’Unione e gli
impegni condivisi per il futuro
La Dichiarazione di Berlino rappresenta l’occasione per conferire
rinnovato dinamismo agli ideali europeisti. Impresa più complessa
che in passato, a fronte della maggiore eterogeneità nella composi-
zione dell’Unione ed al disorientamento di settori della pubblica opi-
nione rispetto ai fenomeni della globalizzazione, delle migrazioni di
massa ed alle difficoltà di sviluppare un accresciuto ruolo dell’Europa
sulla scena mondiale.
3
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
Il Governo – che ha dato incarico all’ex Ministro degli Esteri
Ambasciatore Renato Ruggiero di coordinare il contributo italiano alla
definizione dei contenuti della Dichiarazione a sostegno della
Presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione – ha affrontato questo
significativo passaggio con una chiara visione delle priorità da perse-
guire.
A cinquant’anni dalla firma dei Trattati di Roma occorre riconosce-
re il cambiamento rivoluzionario nella storia d’Europa determinato
dalla costruzione europea con l’ eliminazione della guerra tra gli Stati
che ne fanno parte e l’edificazione di una nuova convivenza basata
su istituzioni, obiettivi e politiche comuni. Il cammino percorso in que-
sti 50 anni ha comportato non solo grandi progressi economici ma
anche una nuova dimensione di valori e di comportamenti caratteri-
stici dell’integrazione europea, che è divenuta un esempio da imitare
in altre parti del mondo. Il metodo comunitario, avviato dai 6 Paesi
fondatori delle Comunità si è esteso ai 27 Stati Membri dell’attuale
Unione Europea realizzando pacificamente la riconciliazione conti-
nentale,divenendo un patrimonio culturale dei Governi e dei cittadini
dei nostri Paesi.
La rapida evoluzione della situazione mondiale ha ora creato
nuove e vitali motivazioni al proseguimento e al completamento della
costruzione europea. La graduatoria delle potenze economiche mon-
diali sta rapidamente cambiando ed il peso relativo di ognuno degli
Stati europei diminuisce di conseguenza. Le sfide che sono di fronte
a noi hanno sempre più carattere globale e non possono essere
affrontate da nessun Paese individualmente. Il completamento
dell’Unione Europea non rappresenta pertanto un’opzione politica tra
le altre, ma una necessità vitale per consentire all’Europa non solo di
difendere i propri legittimi interessi, ma anche di rappresentare un
grande fattore di equilibrio nel mondo diffondendo i propri valori e la
propria volontà di solidarietà, di pace e di promozione del dialogo. La
realizzazione di questo obiettivo favorirebbe inoltre futuri ampliamen-
ti dell’Unione.
Per rispondere a queste sfide globali, dobbiamo impegnarci a
completare quello che abbiamo già iniziato a costruire. L’art. 1 del
Trattato di Maastricht definisce non a caso l’Unione Europea “una
nuova tappa nel processo di creazione di un’Unione sempre più stret-
ta tra i popoli d’Europa”. Il processo di completamento dell’Unione
Europea dovrà realizzarsi nei suoi aspetti istituzionali, politici, di sicu-
rezza interna ed esterna, economici, monetari, sociali e culturali, nel
pieno rispetto del principio di sussidiarietà.
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
4
5
9/10 febbraio – “Conferenza organizzata
dalla Fondazione della Camera dei
Deputati su Essere europei oggi”
12 febbraio – Incontro-dibattito a Milano
con i giovani delle Università milanesi
19 febbraio – Celebrazione a Barletta per
la nascita di Altiero Spinelli
17 marzo-20 aprile – Mostra fotografica
organizzata a Roma presso l’Archivio di
Stato con filmati Rai e dell’Istituto Luce su
eventi e personaggi storici della Ue
2 marzo – Celebrazione a Roma in
Campidoglio del centenario della nascita
di Altiero Spinelli
2-22 marzo – Esposizione in Campidoglio
degli originali dei Trattati di Roma
15 marzo – Convegno a Genova su
“Cinquant’anni di Europa”
21 marzo – A Roma Conferenza interna-
zionale “Equal opportunities for all in
Education and Employment”
21-23 marzo – Giornate di incontri pro-
mossi a Firenze e Roma dal Parlamento
italiano con i Presidenti dei Parlamenti
europei
22-23 marzo – Incontro a Roma del
Comitato delle Regioni UE
22-24 marzo – Convegno a Roma degli
storici europei
22 marzo – Mostra multimediale
“Europèdia” organizzata dal Centro nazio-
nale presso la Galleria Alberto Sordi di
Roma (in seguito verrà trasferita anche a
Torino e Lecce).
23 marzo-13 maggio – Mostra al Palazzo
del Quirinale di capolavori prestati dai
paesi membri
23-24 marzo – Convegno organizzato a
Roma dalla Fondazione De Gasperi:
“Cinquant’anni d’Europa: Europa anno
zero? “
23-24 marzo – Convegno a Roma
dell’Unione degli Avvocati Europei
23-25 marzo – Congresso a Roma della
Conferenza Episcopale Europea
24-25 marzo – Tenuta a Roma dello
European Youth Forum
24-25 marzo – Mostra al Museo della
Moneta di Roma sul cammino storico dalla
firma dei Trattati al conio del primo euro
24 marzo – Giornata porte aperte al
Ministero degli Esteri – Mostra “Da
Messina a Roma”
24 marzo – “L’Università della Notte –
Equinozio dei saperi”. Una ‘notte bianca’
dedicata all’Europa (Roma)
24 marzo – Giornata speciale al Museo
dei bambini di Roma
25 marzo – “Il Villaggio dell’Europa” a
Roma con stand promossi e finanziati
dalle Ambasciate dei Paesi UE, dal
Comune di Roma, dalla Commissione
europea e dal Dipartimento delle Politiche
Comunitarie.
25 marzo – Giornata porte aperte del
patrimonio europeo a Roma: apertura
al pubblico delle Ambasciate e degli Istituti
di cultura dei Paesi UE
26 marzo – Incontro a Roma degli astro-
nauti europei
26 marzo-9 maggio – Primavera dell’Eu-
ropa, manifestazioni nelle scuole italiane
organizzate dalla Commissione europea e
dalla European Schoolnet.
9 maggio – A Bologna e Rimini Festa
Erasmus aperta a tutti gli studenti che
hanno aderito all’iniziativa nei suoi venti
anni di vita.
9 maggio – Premiazione al Quirinale del
concorso annuale “Europa alla Lavagna”
indetto dalla Commissione europea per le
scuole di tutta Italia.
IL 2007 ANNO DELL’EUROPA.
IL PROGRAMMA
DELLE CELEBRAZIONI IN ITALIA
Il cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma e’ celebrato attraverso una
solenne dichiarazione sottoscritta dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Unione e
dai Presidenti della Commissione e del Parlamento europeo. Per rimarcare questa sto-
rica ricorrenza numerosi eventi vengono organizzati anche in Italia, in prossimità del 25
marzo e nel resto dell’anno, nel corso del quale vengono celebrati anche il centesimo
anniversario della nascita di Altiero Spinelli e il ventesimo anniversario del programma
Erasmus, che ha contribuito in modo decisivo alla mobilità di milioni di giovani cittadini
europei. Ecco un elenco dei maggiori avvenimenti previsti per le celebrazioni:
Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, e che è stato
firmato a Roma il 29 ottobre 2004, rappresenta il punto di arrivo – sep-
pure ancora parziale – di un lungo dibattito sulla natura e le finalità del
cammino verso l’ integrazione e sui testi fondamentali di tale proces-
so. I movimenti federalisti europei e, più in generale, le correnti di pen-
siero influenzate dal “Manifesto di Ventotene” e dal magistero di Altiero
Spinelli, hanno coerentemente insistito nel corso degli ultimi decenni
sul carattere specifico della costruzione comunitaria, evidenziandone
l’assoluta irriducibilità agli schemi adottati per le organizzazioni inter-
nazionali classiche. Per giustificare tale ‘’atipicita’’ sono stati menzio-
nati vari fattori, come l’irreversibilità del processo di integrazione; l’e-
volutività testimoniata dall’impegno a creare un’Unione sempre più
stretta tra i popoli degli Stati membri; l’esplicita teleologia verso ampie
condivisioni di sovranità esercitate congiuntamente in seno ad alcune
istituzioni (come il Consiglio) oppure conferite ad istanze in posizione
di terzietà come la Corte di Giustizia, il cui ruolo nel differenziare il
diritto comunitario da quello internazionale è risultato fondamentale.
Il Progetto di Trattato istitutivo dell’Ue, votato dal Parlamento
Europeo nel febbraio 1984 grazie al decisivo impulso di Altiero
Spinelli, si configurava come un tentativo di rilanciare il processo di
integrazione su basi costituzionali introducendo politiche e procedure
di tipo federale. Pur evitando di menzionare il termine “Costituzione”, il
“Trattato Spinelli” auspicava un deciso salto di qualità in direzione della
sovranazionalità. Saldandosi con l’azione di Kohl e Mitterrand,
dell’Italia e del Benelux, nonché con il lungimirante attivismo della
Commissione Delors, l’iniziativa del Parlamento Europeo fu all’origine
di un decennio di grandi slanci del processo di integrazione europea,
come la soluzione nel 1984 a Fontainebleau del problema del rimbor-
so britannico, l’adesione nel 1986 di Spagna e Portogallo, l’adozione
nello stesso anno dell’Atto Unico Europeo, l’ avvio del completamento
del Mercato Unico entro il 1992, la firma (sempre nel 1992) del Trattato
di Maastricht nonche’ la definizione del percorso destinato a condurre
all’EURO quale moneta unica della maggioranza dei Paesi membri
dell’Unione.
La richiesta di una “costituzionalizzazione” del processo di integra-
zione europea non è stata pero’ patrimonio esclusivo di quelle forze
che vedevano nel superamento della tradizionale forma del trattato tra
Stati sovrani uno strumento per procedere verso forme sempre più
estese ed articolate di condivisione della sovranità. A partire dalla
metà degli Anni Ottanta, e poi con sempre maggiore insistenza nel
periodo successivo alla sofferta ratifica del Trattato di Maastricht, si è
andata affermando l’idea che andassero inseriti tra le norme-base
dell’Unione principi idonei e atti a evitare surrettizi trasferimenti di com-
petenze dagli Stati nazionali verso il livello europeo. Il lungo e tuttora
attuale dibattito sulla definizione e il controllo del principio di sussidia-
rietà (anch’esso contenuto, sia pure in chiave dinamica e non restritti-
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
6
Il Processo
di riforma
costituzionale
va, nel “Trattato-Spinelli”) ha posto in luce come in taluni Stati membri
il passaggio da una base pattizia ad una di tipo costituzionale venisse
auspicato per limitare un’eccessiva invasività delle istituzioni europee,
in coerenza con una generale tendenza a valorizzare le collettività
locali e le istanze più vicine ai cittadini e da essi, in teoria, meglio con-
trollabili.
Il difficile iter di ratifica del Trattato di Maastricht, che ha posto le
basi per la creazione della Moneta Unica, la natura limitata di alcuni
compromessi realizzati nel quadro dei successivi Trattati di
Amsterdam e Nizza, l’enorme pressione politica derivante dall’esigen-
za di chiudere i negoziati di ampliamento con i Paesi candidati
dell’Europa Centrale ed Orientale, Malta e Cipro, sembravano aver
determinato una progressiva eclissi della prospettiva di “costituziona-
lizzare” l’Ue. Ai Paesi, come l’Italia, che hanno costantemente ribadito
l’esigenza di conciliare lo storico appuntamento dell’ampliamento con
l’altrettanto prioritario compito dell’approfondimento della costruzione
europea, va ascritto il merito di aver mantenuto aperta la prospettiva
di un rilancio del dibattito costituzionale.
La sequenza degli eventi che hanno condotto alla firma del Trattato
costituzionale può essere analizzata tenendo presente che:
· il succedersi in soli otto anni di tre Conferenze Intergovernative
per la revisione dei Trattati (Maastricht, Amsterdam e Nizza),
seguite da procedure di ratifica estremamente sofferte e dall’esi-
genza di ricorrere a soluzioni giuridiche assai complesse per
tenere conto delle difficoltà di taluni Stati membri , ha reso molti
Governi europei consapevoli dei rischi connessi al perpetuarsi di
una strategia di modifiche frequenti e parziali, sempre meno
comprensibili per le opinioni pubbliche nazionali; al di là delle
opzioni di merito, è venuta affermandosi già durante la CIG l’esi-
genza di dotare l’Unione ampliata di un testo-base solido, in
qualche modo assimilabile per rigore e coerenza agli originari
trattati di Roma;
· a partire dalla firma del Trattato di Nizza, è rapidamente maturato
un crescente scetticismo circa la possibilità di assicurare, attra-
verso i meccanismi istituzionali in esso contenuti, un efficace fun-
zionamento dell’Unione a 25 membri (ed in prospettiva a 30);
· ha riscosso sempre piu’ crescenti consensi l’idea di privilegiare il
ruolo dell’Unione come “comunità di valori, destini e diritti” e non
solo quale spazio di azione per determinate categorie di agenti
economici.
In tale contesto è partito l’esercizio volto a definire una “Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione”. Cronologicamente precedente al
Trattato di Nizza, il percorso elaborativo della “Carta” ha avuto effetti
molto rilevanti sullo sviluppo del successivo processo di costituziona-
lizzazione e non è affatto casuale che la Parte II del Progetto elabo-
7
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
rato dalla Convenzione riprenda integralmente il testo della “Carta”
stessa. Al di là della meritoria iniziativa di redigere un “Bill of
Rights”dell’Unione, la vera innovazione è stata rappresentata dalla
decisione di affidare l’elaborazione della “Carta” ad un organismo di
tipo inedito (denominato “Convenzione”), composto da rappresentanti
dei Governi degli Stati membri, da parlamentari nazionali ed europei
e da membri della Commissione Europea sotto la Presidenza dell’ex
Capo di Stato tedesco, Roman Herzog, nominato dal Consiglio
Europeo. Presentata al Consiglio Europeo di Nizza, la “Carta” fu
oggetto di una proclamazione politica stante l’opposizione di alcuni
Stati membri a conferirle forza giuridica vincolante, ma sia sul piano
metodologico, sia su quello sostanziale, il seme gettato dalla
Convenzione presieduta da Herzog ha dato frutti copiosi.
Nell’Atto Finale della Conferenza intergovernativa di approvazione
del Trattato di Nizza, soprattutto per impulso italiano e tedesco, venne
inserita una Dichiarazione sull’avvenire dell’Unione volta a mantenere
aperta la possibilità di rilanciare la dinamica europeistica. Gli elemen-
ti salienti della “Dichiarazione di Nizza” possono essere indicati nei
seguenti:
· l’affermazione che il prodursi dell’ampliamento non sostituisce un
esteso dibattito sull’avvenire dell’Europa, cui è necessario asso-
ciare Parlamenti nazionali e società civile;
· l’elencazione (non esaustiva) di alcune tematiche sensibili, come
la ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri, confor-
memente al principio di sussidiarietà, la valenza giuridica della
“Carta”, la semplificazione dei Trattati (ma senza mutarne la
sostanza) e il ruolo dei Parlamenti nazionali nel quadro istituzio-
nale europeo
· l’indicazione del 2004 come data per lo svolgimento di una nuova
Conferenza Intergovernativa (CIG) finalizzata ad una ulteriore
revisione dei trattati.
A partire da tali basi è stato possibile quindi rilanciare il dibattito
costituzionale all’interno dell’Unione e, per quanto riguarda l’Italia,
giova ancora una volta sottolineare come il nostro Paese abbia
coerentemente tenuto una posizione di avanguardia in tale ambito, e
come il suo ruolo si sia tradotto nella Risoluzione – approvata alla
quasi unanimità dal Parlamento nazionale nel novembre 2001 – ove si
riafferma il “ruolo federatore” dell’Italia nel quadro del processo di
costruzione dell’Europa.
Nel dicembre 2001 poi, i Capi di Stato e di Governo dei paesi euro-
pei hanno adottato la cosiddetta “Dichiarazione di Laeken”, che rap-
presenta un altro importante passaggio nella strategia “costituente” e
che contiene:
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
8
· una chiara affermazione della missione storica dell’Europa sia in
rapporto allo sviluppo ed al perfezionamento del suo modello di
democrazia, sia rispetto al suo ruolo propositivo e di regolazione
nell’ambito dell’economia e della società globalizzate;
· l’esplicita menzione della questione costituzionale, sia pure sotto-
forma di quesito, a partire da un’attività di mera semplificazione e
risistemazione delle norme vigenti (“Si pone il quesito se questa
semplificazione e questo riordino non debbano condurre a termi-
ne all’adozione nell’Unione di un testo costituzionale”)
· l’inequivoca scelta di metodo rappresentata dalla convocazione di
una “Convenzione sull’avvenire dell’Europa”, presieduta dall’ex
Capo di Stato francese Giscard d’Estaing (assistito dai Vice
Presidenti Giuliano Amato e JeanLuc Dehaene) e composta da
15 rappresentanti dei Capi di Stato e di Governo, da 30 membri
dei Parlamenti nazionali (2 per Stato membro), 16 membri del
Parlamento Europeo e 2 rappresentanti della Commissione. Per i
Paesi candidati si prevedeva una partecipazione secondo moda-
lità analoghe a quelle contemplate per gli Stati membri.
Al termine dei lavori la Convenzione ha approvato un Progetto “costi-
tuzionale” che – dopo un’ulteriore fase negoziale nell’ambito della
Conferenza Intergovernativa svoltasi tra l’ottobre 2003 ed il giugno 2004–
ha condotto al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, la cui
firma e’ avvenuta a Roma il 29 ottobre 2004, in riconoscimento del ruolo
avuto dalla Presidenza italiana nello svolgimento dei lavori.
Dalla lettura del Trattato costituzionale risulta la volontà dei Governi
firmatari di operare la trasformazione dell’Unione Europea in senso
costituzionale, realizzando una rottura politica e giuridica di non lieve
momento nella storia del processo di integrazione europea. Ma il
Trattato costituzionale contiene anche risposte ad alcuni problemi che
avevano afflitto l’Unione negli anni precedenti, favorendo anche una
migliore comprensione da parte dei cittadini dei meccanismi e delle pro-
cedure comunitarie. Senza risolvere i problemi circa la natura “ultima”
del processo di integrazione europea, che rimane caratterizzato dalla
coesistenza di elementi federali, sovrannazionali, comunitari e intergo-
vernativi, il Trattato costituzionale realizza un’ importante semplificazio-
ne e razionalizzazione degli elementi stratificatisi dai Trattati di Roma
attraverso le revisioni dell’Atto Unico, di Maastricht, di Amsterdam e
Nizza. Cessano così di coesistere l’Unione e le Comunità Europee, che
vengono fuse in un’unica persona giuridica, scompaiono i “pilastri” di
Maastricht e viene adottata una nuova gerarchia delle fonti normative).
Inoltre il passaggio alla Costituzione non ha valore meramente termino-
logico. Esso infatti potrebbe nel medio-lungo periodo favorire ed accom-
pagnare la nascita di un “patriottismo costituzionale europeo” e di una
identità europea che sappia rispondere alla sfida rappresentata dalle
fosche previsioni di un ineluttabile declino del nostro Continente ed alla
9
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
prospettiva di un’Europa sempre più piccola e marginale in un mondo
sempre più globalizzato. Infine, l’obiettiva difficoltà di conciliare nella
futura Unione le diverse esigenze di un numero crescente di Stati
membri renderà indispensabile il ricorso alle “cooperazioni rafforzate”,
la cui adozione è resa più agevole dal Trattato costituzionale. Solo attra-
verso questo strumento, il processo di integrazione potrà realizzare
obiettivi più ambiziosi in aree decisive quali la Politica Estera, la Difesa,
la Cooperazione Giudiziaria e di Polizia.
In tale quadro, l’esito negativo delle consultazioni referendarie di
ratifica in Francia e nei Paesi Bassi nel maggio-giugno 2005 ha peral-
tro comportato la mancata entrata in vigore del Trattato costituzionale
alla data auspicata del novembre 2006, conducendo allo stallo costi-
tuzionale nel quale l’Unione si è trovata a partire dalla seconda metà
del 2005.
Alla data del 1° gennaio 2007, 18 Paesi hanno sostanzialmente
approvato il testo firmato il 29 ottobre 2004, due Stati membri hanno
respinto tale testo per via referendaria, altri 7 Governi (Regno Unito,
Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Danimarca, Portogallo, Irlanda)
hanno deciso di attendere, astenendosi dall’avviare la procedura di
ratifica del Trattato da tutti sottoscritto a Roma.
Gli “eurominimalisti” sostengono ora la tesi di un “mini Trattato”,
ovvero di un semplice adattamento delle vigenti disposizioni del
Trattato di Nizza, rinviando eventualmente a dopo il 2009 progetti di
più ampio respiro, mentre i Paesi che hanno ratificato il Trattato costi-
tuzionale sostengono – sia pure con accenti diversi – soluzioni che
facciano salve almeno le parti essenziali del Trattato del 29 ottobre
2004. È questa la posizione espressa dal Ministro D’Alema nel dis-
corso all’Istituto Universitario Europeo del 25 ottobre 2006 ed alla con-
ferenza “Rilanciare l’Europa del 12 febbraio 2007, nonché dal
Presidente del Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della sua
visita al Parlamento europeo il 14 febbraio 2007. Ed è questa la base
di partenza per il Governo italiano nel percorso avviato durante l la
Presidenza tedesca al fine di completare il processo costituzionale
prima delle elezioni per il Parlamento Europeo del giugno 2009.
Si tratta dunque di un sentiero stretto ed irto di ostacoli, ma che
andrà percorso se si vuole evitare una regressione del processo di inte-
grazione europea che implicherebbe almeno due gravi conseguenze:
un ruolo sempre meno influente dell’Europa e dei suoi Stati membri nel
governo dei fenomeni di globalizzazione con il rischio di un declino
dell’Unione come protagonista sulla scena internazionale; l’impossibilità
di coniugare futuri ulteriori ampliamenti con l’approfondimento del pro-
cesso di integrazione e la trasformazione dell’Unione ampliata in un’en-
tità diluita ed impotente sia sul piano interno che esterno.
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
10
18 aprile 1951: firmato a Parigi da sei paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia,
Lussemburgo e Paesi Bassi) il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e
dell’acciaio (CECA); entrato in vigore il 23 luglio 1952, è giunto a scadenza il 23 luglio
2002;
25 marzo 1957: firmati a Roma il trattato che istituisce la Comunità economica europea
(CEE), entrato in vigore il 1º gennaio 1958, ed il trattato che istituisce la Comunità euro-
pea dell’energia atomica (Euratom). Si fa pertanto riferimento ai due trattati come ai trat-
tati di Roma.
8 aprile 1965: firmato a Bruxelles il trattato di fusione; entrato in vigore il 1º luglio 1967,
ha istituito una Commissione unica e un Consiglio unico delle allora tre Comunità
europee.
17 febbraio 1986: firmato a Lussemburgo l’Atto unico europeo (AUE); entrato in vigore
il 1º luglio 1987, ha disposto gli adattamenti richiesti per completare il mercato interno.
7 febbraio 1992: firmato a Maastricht il trattato sull’Unione europea; entrato in vigore il 1º
novembre 1993, il trattato di Maastricht ha cambiato la denominazione della Comunità
economica europea in “Comunità europea”, ha inoltre introdotto nuove forme di coopera-
zione tra i governi degli Stati membri, ad esempio nel settore della difesa e in quello della
“giustizia e affari interni”. Aggiungendo questa cooperazione intergovernativa al sistema
già esistente della “Comunità”, il trattato di Maastricht ha creato una nuova struttura a tre
“pilastri”, sia politica che economica: l’Unione europea (UE).
2 ottobre 1997: firmato Il trattato di Amsterdam; entrato in vigore il 1º maggio 1999, che
oltre ad introdurre una nuova numerazione dei trattati UE e CE, formalizza e disciplina le
cooperazioni rafforzate, incorpora gli accordi di Schengen nel cosiddetto “terzo pilastro”,
introduce il settore dell’occupazione e l’“Accordo Sociale” (firmato da 14 paesi) nel
“primo pilastro”
1 gennaio 1999: entrata in vigore dell’Euro, pur continuando a circolare banconote e
monete nazionali.
26 febbraio 2001: firmato il trattato di Nizza, entrato in vigore il 1º febbraio 2003, che ha
soprattutto affrontato la questione delle riforme istituzionali necessarie per garantire il
buon funzionamento delle istituzioni in vista dell’allargamento dell’Unione a 27. Il tratta-
to di Nizza, il precedente trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la
Comunità europea sono stati unificati in una versione consolidata.
1 gennaio 2002: entrano in circolazione banconote e monete in EURO che in breve
tempo sostituiscono definitivamente quelle nazionali.
29 ottobre 2004: firmato a Roma il Trattato che stabilisce una Costituzione per l’Europa.
LE GRANDI TAPPE
DELL’UNIONE EUROPEA
11
12
Il nostro Paese è stato senza dubbio uno dei protagonisti
nel non sempre facile cammino per costruire un’Europa
senza frontiere e barriere doganali. In molti casi, l’Italia ha
ospitato eventi-chiave per la storia del progetto comunita-
rio quando, ad esempio, a Roma nel 1957 furono firmati i
Trattati Cee ed Euratom. Ma questo ruolo fu svolto
dall’Italia ancor prima, quando, già nell’autunno del 1941,
Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi – allora confinati nell’iso-
la di Ventotene – fissarono i principi in un Manifesto per il
federalismo europeo.
Ecco una scheda che riassume le principali “tappe italia-
ne” della storia comunitaria degli ultimi cinquant’anni.
1-3 GIUGNO 1955 – A Messina, a poco meno di un anno
dalla scomparsa di Alcide De Gasperi – che con Jean
Monnet, Robert Schumann e Konrad Adenauer è da con-
siderare tra i padri fondatori dell’Europa comunitaria – si
svolge una Conferenza che getta le basi del Trattato di
Roma. I sei ministri degli Esteri della Comunità europea
del carbone e dell’acciaio – vale a dire Italia, Francia,
Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo – decidono di
tentare la via dell’integrazione economica come strumen-
to per realizzare l’unione politica. I ministri accolgono l’idea
di un Mercato comune e approvano la creazione di una
Comunità europea dell’energia atomica.
29-30 MAGGIO 1956 – A Venezia un Comitato intergo-
vernativo dà vita a una sorta di prima Conferenza intergo-
vernativa, presentando nel contempo il Rapporto che
prende il nome da quello del ministro degli Esteri belga
Paul Henri Spaak, che presiede il Comitato. Il Rapporto
Spaak autorizza la preparazione dei due trattati, uno sulla
Comunità economica europea e uno sulla Comunità euro-
pea dell’energia atomica.
25 MARZO 1957 – A Roma, in Campidoglio, nella sala
degli Orazi e Curiazi, i rappresentati di Italia, Francia,
Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo firmano i due
trattati che istituiscono la Comunità economica europea
(Cee), che all’inizio s’identifica nella sigla del Mercato
comune europeo (Mec), e la Comunità europea dell’ener-
gia atomica (Euratom). I due trattati entrano in vigore nel
gennaio 1958 dopo la ratifica dei rispettivi sei Parlamenti.
1 LUGLIO 1970-21 MARZO 1972 – L’italiano Franco
Maria Malfatti è Presidente della Commissione europea.
1-2 DICEMBRE 1975 – A Roma il Consiglio europeo, for-
mato dai leader dei nove Paesi membri (dopo l’adesione
nel 1973 di Regno Unito, Danimarca e Irlanda) decide per
la primavera del 1978 l’elezione a suffragio universale del
Parlamento europeo. Questa elezione slitterà poi di un
anno. Decisa anche l’adozione di un passaporto unico.
IL RUOLO DELL’ITALIA
NELLA COSTRUZIONE
DELL’EUROPA UNITA
25-26 MARZO 1977 – A Roma il Consiglio europeo affida alla Presidenza di turno
delConsiglio ed al Presidente della Commissione europea il compito di rappresentare la
Comunità ai vertici dei Sette Paesi più industrializzati (G7).
12-13 GIUGNO 1980 – A Venezia il Consiglio europeo presieduto dall’Italia approva alcu-
ne dichiarazioni politiche ed in particolare quella, più nota come dichiarazione di Venezia
sul Medio Oriente, nella quale si riconosce, tra l’altro, ai palestinesi il diritto all’autodeter-
minazione, primo segno di una comune valutazione di politica estera dei Paesi membri.
Inoltre come conseguenza della seconda crisi energetica che colpisce l’Occidente, i Nove
invitano al dialogo euro-arabo sui problemi energetici.
28-29 GIUGNO 1985 – A Milano il Consiglio europeo a dieci, dopo l’ingresso della Grecia
nel 1981, decide di realizzare, entro la fine del 1992, il mercato unico europeo e, a tal fine,
approva la Convocazione di una Conferenza intergovernativa che porterà all’Atto unico
europeo (17 febbraio 1986), la prima riforma istituzionale Cee dopo il trattato di Roma.
27-28 OTTOBRE 1990 – A Roma il Consiglio europeo a dodici, con l’ingresso di Spagna
e Portogallo nel 1986, si conclude con l’approvazione di due documenti, uno sull’Unione
politica europea (Upe) e l’altro sull’Unione monetaria europea (Ume). Sull’Upe il Consiglio
esprime la volontà di trasformare gradualmente la Comunità in Unione. Si decide inoltre la
creazione di una cittadinanza europea da aggiungersi a quelle nazionali. Il Consiglio appro-
va la seconda fase dell’Ume, la cui data di inizio è fissata all’1 gennaio 1994, per la crea-
zione dell’Istituto monetario europeo.
14-15 DICEMBRE 1990 – A Roma il vertice dei capi di Stato e di governo dei Dodici dà il
via alle due Conferenze intergovernative (Cig) sull’Unione politica e sull’Unione economica
e monetaria. Le due Cig porteranno alla firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992)
che segna la nascita dell’Unione europea. Tra gli artefici di Maastricht, Guido Carli, all’e-
poca ministro del Tesoro.
29-30 MARZO 1996 – A Torino un vertice straordinario dei Quindici (nel 1995 aderiscono
all’Ue Austria, Finlandia e Svezia) inaugura la Conferenza intergovernativa per la revisione
del Trattato di Maastricht. La presidenza italiana sottopone al vaglio del vertice la formula
della flessibilità: in pratica i Paesi che vorranno andare avanti più in fretta sulla strada del-
l’integrazione potranno farlo, ma in un ambito comunitario e con l’impegno di aiutare gli altri
a raggiungerli.
21-22 GIUGNO 1996 – A Firenze il semestre di presidenza italiano si chiude con l’unani-
me riconoscimento per la prima tappa dei lavori svolti dalla Cig, lavori che porteranno alla
firma del trattato di Amsterdam (2 ottobre 1997). Il Consiglio europeo raggiunge un accor-
do sulla crisi della “mucca pazza” e vara Europol, l’agenzia di polizia europea.
16 SETTEMBRE 1999 – 21 NOVEMBRE 2004 – L’italiano Romano Prodi è presidente
della Commissione Europea.
29 OTTOBRE 2003 – A Roma si tiene la sessione inaugurale della CIG per la stesura e
l’adozione della versione definitiva della prima Costituzione Europea.
29 OTTOBRE 2004 – A Roma i Capi di Stato e di Governo e i Ministri degli Affari Esteri di
25 Paesi membri e di due Paesi in via di adesione partecipano alla cerimonia della firma
del Trattato e dell’Atto finale che stabiliscono una Costituzione per l’Europa.
21 GIUGNO 2005 – A Parma viene inaugurata la sede centrale dell’EFSA, Autorità euro-
pea per la sicurezza alimentare, in attuazione della Decisione del Consiglio del 12 e 13
dicembre 2003. L’Agenzia è un ente completamente indipendente che fornisce consulen-
za scientifica, informazione e sostegno alla Commissione, al Parlamento Europeo e agli
Stati membri in merito ai rischi legati alla sicurezza di alimenti e mangimi
13
Nei decisivi passaggi che ci attendono, all’Italia spetterà ancora una
volta un ruolo di impulso per assicurare il successo dell’avventura euro-
pea, che ha garantito al nostro Paese ed al nostro Continente oltre
mezzo secolo di pace, democrazia, progresso civile ed economico.
L’allargamento costituisce uno dei più potenti strumenti politici
dell’UE. La forza di attrazione dell’Unione ha contribuito ad ispirare
riforme ad ampio spettro nei paesi candidati e potenziali candidati. È
un processo attentamente gestito, che agevola la trasformazione dei
paesi coinvolti, espandendo la pace, la stabilità, la prosperità, la
democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto a tutta l’Europa. Dai sei
membri del 1950 ai 27 del 2007, l’Unione europea può ora ritenere a
giusto titolo di rappresentare un intero continente. Dall’Atlantico al Mar
Baltico essa riunisce per la prima volta la parte occidentale e la parte
orientale dell’Europa, separate per cinquant’anni dalla guerra fredda.
Con il processo di allargamento l’Unione europea è aperta alla par-
tecipazione di ogni paese europeo, democratico, con un’economia di
mercato e in possesso della capacità amministrativa necessaria per
gestire i diritti e i doveri inerenti all’adesione. Ciò significa, quindi, che
l’allargamento rappresenta, in linea di principio, un processo continuo.
A partire dalla data in cui i sei Stati membri fondatori unirono le loro
forze per creare il primo nucleo dell’Unione europea, il cammino per-
corso è stato lungo e non privo di difficoltà nell’invitare gli altri popoli
dell’Europa a “condividerne gli ideali e gli sforzi”. L’UE ha accolto onda-
te successive di nuovi membri, creando un mercato unico e una
moneta unica ed estendendo contemporaneamente la sua agenda
economica e sociale alla politica estera e alla politica per la sicurezza.
Dalla fondazione, nel 1951, della Comunità europea del carbone e
dell’acciaio e, nel 1957, della Comunità economica europea e della
Comunità europea dell’energia atomica si sono susseguiti, con buon
esito, cinque allargamenti: nel 1973 aderirono Danimarca, Irlanda e
Regno Unito, nel 1981 la Grecia, nel 1986 Portogallo e Spagna, nel
1995 l’Austria, la Finlandia e la Svezia e, nel 2004, 10 paesi
dell’Europa centrorientale e del Mediterraneo: Cipro, Estonia, Lettonia,
Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e
Ungheria, a cui si sono aggiunte Romania e Bulgaria dal 1° gennaio
2007.
Ogni allargamento va a potenziare un’ampia diversità culturale e
linguistica, aspetto distintivo dell’Unione europea. L’ultimo allargamen-
to, da 15 a 25 e poi 27 Stati membri, è stato un avvenimento epocale
e senza precedenti, che ha consentito la riunificazione dell’Europa,
divisa per decenni dalla cortina di ferro.
Le sue origini risalgono alla fine dei regimi comunisti, simboleggia-
ta dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989, che offrì l’opportunità ina-
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
14
Il pocesso di
allargamento
spettata di estendere l’Unione includendovi i Paesi dell’Europa cen-
trale e orientale.
Rapidamente, l’Unione istituì il programma di assistenza finanzia-
ria PHARE per aiutare le giovani democrazie a ricostituirsi economi-
camente e per agevolare il processo di riforme politiche.
Il 22 giugno 1993 il Consiglio europeo di Copenaghen diede l’ac-
cordo per l’adesione dei paesi associati dell’Europa centrale e orien-
tale, fissando i criteri principali cui avrebbero dovuto conformarsi i
nuovi paesi prima dell’adesione.
Sulla base delle raccomandazioni della Commissione e dei pareri
del Parlamento, il Consiglio europeo di Lussemburgo del dicembre
1997 e quello di Helsinki del dicembre 1999 aprirono i negoziati con i
dieci paesi dell’Europa centrale e orientale, con Cipro e Malta, che si
conclusero positivamente nel 2004.
Una delle priorità della prima fase di ogni allargamento, è consisti-
ta nel migliorare il tenore di vita dei paesi membri che hanno aderito
nel 2004, portandolo al livello dell’UE.
L’impatto economico dell’allargamento può essere considerevole,
poiché un mercato più ampio e più integrato favorisce la crescita eco-
nomica, tanto nei vecchi quanto nei nuovi Stati membri, i quali benefi-
ciano degli investimenti delle imprese dell’Europa occidentale, nonché
dell’accesso alle risorse finanziarie che l’Unione destina allo sviluppo
regionale e sociale.
A tre anni dall’adesione, la crescita delle economie dei nuovi Stati
membri risulta addirittura maggiore di quella degli altri Stati, e ciò con-
sente agli ultimi arrivati di beneficiare di una maggiore prosperità e di
ridurre le differenze esistenti fra i diversi livelli di vita nell’Unione.
Uno degli aspetti principali legato alle responsabilità dei nuovi Stati
membri è quello di garantire la sicurezza delle rispettive frontiere orien-
tali che sono ora divenute le nuove frontiere dell’Unione a 27. Si tratta
di una condizione indispensabile per poter mantenere aperte le fron-
tiere interne dell’UE. Pertanto, l’Unione garantisce un sostegno note-
vole ai nuovi Stati membri, tanto in termini finanziari quanto di assi-
stenza tecnica e di consulenza, affinché i controlli alle frontiere esterne
possano rispondere ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria.
L’esperienza acquisita con gli allargamenti precedenti ha dimostra-
to l’efficacia del processo d’integrazione da parte dell’UE. Tuttavia, le
trasformazioni profonde sono state spesso anche motivo di preoccu-
pazione e l’ultimo allargamento non è stato un’eccezione a tale rego-
la. La sua dimensione ha di per sé suscitato infatti vari interrogativi fra
i cittadini dei vecchi e dei nuovi Stati membri sul possibile impatto di
questo allargamento sulle loro vite e sui loro livelli occupazionali.
Nei 15 vecchi Stati membri si temeva un aumento dell’immigrazio-
15
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
16
ne ovvero un afflusso di manodopera a basso costo. Da parte loro, i
cittadini dei nuovi Stati membri si preoccupavano della possibile acqui-
sizione da parte straniera di imprese locali, nonché dell’impatto sull’e-
conomia locale e sulle imprese nazionali. Per lo più tali timori si sono
rivelati infondati.
Ai 25 paesi dell’Unione allargata e ai suoi 454 milioni di cittadini si
sono aggiunti, nel 2007, bulgari e rumeni, concludendo il quinto allar-
gamento dell’UE e portando la popolazione dell’Unione a circa 488
milioni di persone.
Nel frattempo, nell’ottobre del 2005 sono stati avviati i negoziati per
l’adesione di due altri paesi candidati: la Turchia e la Croazia. Inoltre,
la richiesta di adesione, presentata dall’ex Repubblica jugoslava di
Macedonia nel marzo del 2004, è stata accettata formalmente, nel
dicembre 2005, dai leader dell’UE che, tuttavia, non hanno ancora
stabilito una data per l’apertura dei negoziati.
L’Unione europea si è inoltre impegnata ad allargare i suoi confini
agli altri paesi dei Balcani occidentali, cioè a Bosnia-Erzegovina,
Serbia, Montenegro e Albania. L’Unione ritiene che tali paesi abbiano
la vocazione per divenire membri dell’Unione non appena risulteranno
pronti. In tal senso ha riconosciuto loro, fin dal 2000, lo status di can-
didati potenziali all’adesione, che è stato confermato in occasione del
Vertice UEBalcani di Salonicco nel giugno 2003. Anche il Kossovo,
una volta che sarà definito il suo status, potrà beneficiare pienamente
della prospettiva europea riconosciuta alla regione.
I futuri allargamenti procederanno al ritmo dettato dalla capacità di
ciascun paese di soddisfare standard rigorosi, in modo da agevolare
l’integrazione dei nuovi membri. Nel 2006 l’Unione ha in particolare
avviato una riflessione sulla propria capacità di integrazione e sulla
necessità di una riforma dei propri meccanismi istituzionali (il c.d.
“approfondimento”, che ha vissuto un momento di stallo a seguito del-
l’esito negativo dei referendum francese e olandese sul Trattato costi-
tuzionale), anche in vista dei futuri allargamenti. L’Italia, pur essendo
fermamente convinta che la difesa dei contenuti essenziali del Trattato
firmato a Roma il 29 ottobre 2004 rappresenti una priorità non differi-
bile e la migliore maniera per garantire una governance adeguata
dell’Unione ampliata, non ritiene tuttavia che la necessità di tale appro-
fondimento debba essere strumentalizzata al fine per rinviare le nuove
adesioni. Da questo punto di vista i prossimi due anni, periodo nel
quale non è prevista alcuna nuova adesione, devono rappresentare
una valida finestra di opportunità per procedere alla riforma istituzio-
nale dell’UE a partire dal Trattato costituzionale firmato a Roma.
IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
1973 - Primo allargamento. Aderiscono
Danimarca, Irlanda e Regno Unito;
1981 - Secondo allargamento. La Grecia diviene
Stato membro;
1986 - Terzo allargamento. Divengono membri
Portogallo e Spagna;
1995 - Quarto allargamento. Fanno il loro ingresso
l’Austria, la Finlandia e la Svezia;
19 dicembre 1989 - è istituito il programma
PHARE per fornire assistenza finanziaria e tecnica
ai paesi dell’Europa centrale e orientale.
3 e 16 luglio1990 - si candidano Cipro e Malta.
22 giugno 1993 - il Consiglio europeo di
Copenaghen stabilisce i criteri di adesione.
1994 - si candidano l’Ungheria (31 marzo) e la
Polonia (5 aprile).
1995 - si candidano la Slovacchia (21 giugno), la
Romania (22 giugno), la Lettonia (13 ottobre),
l’Estonia (24 novembre), la Lituania (8 dicembre) e
la Bulgaria (14 dicembre).
1996 - si candidano la Repubblica Ceca (17 gen-
naio) e la Slovenia (10 giugno).
12/13 dicembre 1997 - il Consiglio europeo di
Lussemburgo decide di varare il processo di allar-
gamento.
10/11 dicembre 1999 - il Consiglio europeo di
Helsinki conferma l’avvio di negoziati con i dodici
paesi candidati. La Turchia è dichiarata “Stato can-
didato destinato ad aderire all’Unione”.
13 dicembre 2002 - conclusi gli accordi di adesio-
ne con dieci paesi candidati per il 1° maggio 2004.
16 aprile 2003 - firma dei dieci trattati di adesione
ad Atene.
1 maggio 2004 - l’Unione europea accoglie i nuovi
dieci Stati membri.
18 giugno 2004 - la Croazia è accettata come
paese candidato.
17 dicembre 2004 - decisione di avviare i nego-
ziati di adesione con la Turchia.
25 aprile 2005 - a Lussemburgo, la Bulgaria e la
Romania firmano i trattati di adesione
3 ottobre 2005 - avvio dei negoziati di adesione
con Croazia e Turchia.
16 dicembre 2005 - l’ex Repubblica Jugoslava di
Macedonia ottiene lo status di Paese candidato dal
Consiglio Europeo.
1 gennaio 2007 - Bulgaria e Romania fanno il loro
ingresso nell’Unione Europea.
17
I PRIMI QUATTRO ALLARGAMENTI
LE FASI DEL QUINTO ALLARGAMENTO
18
LE SFIDE
DELL’UNIONE EUROPEA
Il mercato interno, quale spazio senza frontiere interne in cui è assi-
curata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei
capitali, prevista dai Trattati comunitari, è oggi una delle principali con-
quiste dell’UE e l’Italia ha dato storicamente un contributo determinan-
te alla sua creazione e al suo funzionamento.
Su impulso dell’allora Presidente della Commissione, Jacques
Delors, un grande disegno di completamento del mercato interno è
stato avviato con la presentazione di un apposito Libro bianco nel
1985. Si trattava di un elenco di circa 300 atti legislativi comunitari
necessari ad eliminare, entro il 31 dicembre 1992, le barriere fisiche,
tecniche e fiscali in Europa. Dal 1° gennaio 1993 l’attuazione di questo
progetto alle frontiere ha ridotto i tempi di consegna e i costi per le
imprese, facilitando gli scambi intracomunitari. Riguardo agli ostacoli
costituiti dalle differenti regolamentazioni tecniche nazionali, il principio
del mutuo riconoscimento - introdotto dalla giurisprudenza comunita-
ria nel 1979 - ha consentito in molti casi alle imprese di operare in tutta
l’Unione, ottemperando alle norme del loro Stato membro di origine e,
laddove tale principio non poteva funzionare, l’armonizzazione tecnica
mediante direttive comunitarie è risultata essere il mezzo più adatto per
facilitare gli scambi commerciali.
Negli ultimi dieci anni, il mercato interno è stato esteso a nuovi set-
tori essenziali per la competitività dell’economia e che non erano stati
inclusi nel Libro bianco, come i trasporti, le telecomunicazioni e l’e-
nergia. Inoltre, grazie all’apertura dei mercati nazionali degli appalti
pubblici, le imprese possono oggi partecipare alle gare per contratti di
fornitura di beni e servizi in altri Stati membri.Va da se’ che sono state
notevolmente rafforzate la protezione dell’ambiente e dei consumato-
ri e che dal 1999 l’arrivo dell’euro ha moltiplicato i vantaggi del mer-
cato interno.
Nonostante i notevoli progressi realizzati, il mercato unico non può
oggi considerarsi completato, quanto piuttosto in fase di rilancio costan-
Un grande
mercato
19
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
te. Molte barriere sorgono e continueranno a sorgere negli anni a veni-
re. Dopo l’allargamento del maggio 2004, e quello più recente del gen-
naio 2007 che ha visto l’ingresso nell’UE di Romania e Bulgaria, occor-
rerà garantire l’effettivo funzionamento di un mercato interno di quasi
500 milioni di persone, che offre grandi opportunità ma comporta anche
rischi. Rimuovere le barriere esistenti ed impedire che ne sorgano di
nuove potrebbe infatti risultare un’impresa più difficile in un’Unione a
27 Stati membri. La seconda sfida consiste nel dare concreta attuazio-
ne alla Strategia di Lisbona, con la quale la UE persegue l’obiettivo di
diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dina-
mica del mondo entro il 2010. Si tratta di un traguardo ambizioso, che si
può raggiungere, a condizione di realizzare riforme economiche e strut-
turali di ampia portata. Senza trascurare gli aspetti sociali e ambientali
dell’Agenda di Lisbona, il mercato interno rappresenta il contesto fon-
damentale di tali riforme, che serviranno a creare più occupazione e ric-
chezza, sia per finanziare pensioni, sanità e assistenza di lunga durata,
sia per migliorare lo standard di vita della popolazione.
Per essere competitivo il mercato interno deve inoltre adeguarsi al
contesto globale. Le norme, i criteri e le migliori prassi in numerosi set-
tori del mercato interno sono sempre più definiti a livello internaziona-
le, ad esempio in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale,
standard tecnici, regole di aggiudicazione degli appalti, norme di con-
tabilità, esigenze di capitale per banche e organismi d’investimento e
mercati dei valori mobiliari. Per tale ragione, le normative europee sono
elaborate prendendo sempre più in considerazione anche le regola-
mentazioni vigenti al di fuori dell’UE. Parallelamente, l’UE è ora in
grado di esercitare una notevole influenza sia nei fori intergovernativi
destinati all’elaborazione delle regole sia nelle istanze internazionali
private competenti in materia di definizione di norme tecniche.
Nel settore dei servizi, che rappresenta il 70% del PIL europeo, il
funzionamento del mercato interno è tuttora molto imperfetto. Dopo
una maratona negoziale durata circa tre anni, lo scorso dicembre è
stata adottata la direttiva sul mercato interno dei servizi, volta ad age-
volare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la
libera circolazione dei servizi all’interno dell’UE. La direttiva è tra le ini-
ziative più significative nel quadro dell’attuazione della Strategia di
Lisbona. Come auspicato dal Parlamento Europeo, il controverso prin-
cipio del paese di origine, previsto nella proposta iniziale della
Commissione del 2004, è stato sostituito con il principio della “libera
prestazione dei servizi”. L’obiettivo del Parlamento, condiviso in segui-
to dalla Commissione e dal Consiglio, era infatti quello di riequilibrare
l’impianto della direttiva verso una maggiore tutela sociale, attenuando
i temuti rischi di “dumping sociale” da parte delle imprese dei nuovi
Stati membri. In positivo, nonostante il suo campo di applicazione sia
stato ampiamente ridotto rispetto alla proposta originaria, la direttiva
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
20
Il settore
dei servizi
servizi coprirà una serie di servizi importanti per le imprese e/o per i
consumatori, come ad esempio la consulenza manageriale, la pubbli-
cità, la consulenza giuridica e fiscale, le costruzioni e le attività immo-
biliari, le guide turistiche e i centri sportivi. Nel corso del negoziato
l’Italia ha sostenuto attivamente la ricerca di un compromesso che
facesse salve le esigenze di liberalizzazione del settore, senza pregiu-
dicare la stabilità sociale, la diversità culturale e la qualità dei servizi
pubblici. Entro la fine del 2009, gli Stati membri dovranno trasporre la
direttiva nel diritto interno.
Strettamente collegata alla direttiva servizi, nel 2005 era stata adot-
tata quella sul riconoscimento delle qualifiche professionali, che si
applica a tutte le professioni regolamentate, siano esse esercitate
come lavoro autonomo o dipendente (escluse le attività rientranti nel-
l’esercizio di poteri pubblici). La direttiva, che dovrà essere recepita
negli Stati membri entro ottobre 2007, consentirà al beneficiario di
accedere nello Stato membro di accoglienza alla professione per cui è
qualificato e di esercitarla con gli stessi diritti dei cittadini nazionali.
Essa favorirà la libera circolazione dei lavoratori, nonché una maggio-
re flessibilità dei mercati del lavoro e dei servizi.
Negli ultimi dieci anni progressi importanti sono stati realizzati in
Europa nella liberalizzazione di alcuni servizi pubblici “in rete”, come la
fornitura di gas e energia elettrica, i trasporti, in particolare quello
aereo, e le telecomunicazioni (aperto alla concorrenza dal 1-1-1998),
che hanno determinato un abbassamento dei prezzi per i cittadini e le
imprese. Permangono tuttavia strozzature nelle infrastrutture delle reti
transeuropee, che limitano l’interconnessione tra Stati membri ed un
ulteriore abbassamento delle tariffe.
Anche nei servizi finanziari si stanno materializzando dei vantaggi
per i cittadini, che derivano dalla progressiva attuazione del Piano d’a-
zione sui servizi finanziari, adottato nel 1999. Il Piano si prefigge di isti-
tuire un mercato unico dei servizi finanziari all’ingrosso, rendere acces-
sibili e sicuri i mercati al dettaglio e rafforzare le norme di vigilanza
prudenziale. In tale ambito, a partire dal 1° novembre 2007, entrerà in
vigore negli Stati membri la normativa europea MIFID sui mercati degli
strumenti finanziari, che faciliterà la prestazione transfrontaliera dei
servizi d’investimento e avrà un forte impatto sulla struttura organizza-
tiva delle istituzioni finanziarie.
Il commercio elettronico ha la possibilità di trasformare radicalmen-
te il mercato interno sia dei beni che dei servizi nel lungo termine. In
tale ambito, al fine di assicurare un contesto di fiducia e certezza giuri-
dica agli utenti, è stato già adottato un quadro regolamentare comuni-
tario, in particolare la direttiva sul commercio elettronico (2000), la
direttiva sulle firme elettroniche (1999) e la direttiva sui diritti di pro-
prietà intellettuale (2001).
Tra i più importanti successi relativi alla libera circolazione delle
merci e alla tutela del consumatore e dell’ambiente, lo scorso dicembre
21
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
è stato adottato il Regolamento REACH sulla registrazione, valutazio-
ne, autorizzazione delle sostanze chimiche. Il Regolamento consentirà
di porre fine, a partire dalla sua entrata in vigore il 1° giugno 2007, alle
carenze della legislazione comunitaria attuale, permettendo la valuta-
zione scientifica sulla sicurezza di circa 30.000 sostanze chimiche già
commercializzate all’interno dell’Unione.
Il Consiglio europeo di primavera (Bruxelles, 8-9 marzo 2007), dedi-
cato tradizionalmente ai temi economici, ha valutato positivamente il
primo anno della rinnovata Strategia di Lisbona e ha approvato le rac-
comandazioni agli Stati membri contenute nel rapporto annuale della
Commissione sui progressi realizzati nell’ambito della Strategia per la
Crescita e l’Occupazione. Il rapporto. compie una valutazione appro-
fondita dei risultati nelle quattro aree prioritarie identificate dal Consiglio
Europeo di primavera del 2006:
· conoscenza ed innovazione
· contesto di azione per le imprese, in particolare PMI
· adattabilità dei mercati del lavoro
· energia e cambiamenti climatici.
Nel “Country Chapter” dedicato all’Italia, la Commissione ha valuta-
to, nel complesso positivamente, il rapporto di avanzamento del Piano
Nazionale italiano di attuazione della Strategia di Lisbona, aggiornato e
presentato a metà ottobre dal nuovo Governo. Positivo, in particolare, il
giudizio della Commissione sulla disseminazione delle Tecnologie di
Informazione e Comunicazione (ICT) e sulle misure di liberalizzazione
del mercato interno nei settori delle libere professioni e dei servizi, quali
il settore bancario ed assicurativo, i taxi ed il commercio al dettaglio.
Nel quadro della Strategia di Lisbona, gli Stati membri e le Istituzioni
dell’Unione Europea sono impegnati ad imprimere una decisa accele-
razione al completamento del mercato unico, senza tuttavia trascurare
sia gli aspetti connessi alla tutela dell’ambiente e al dibattito sulla “fles-
sicurezza”, sia quelli relativi alla dimensione esterna della competitività
industriale dell’UE e alla sua capacità di penetrare efficacemente i
mercati dei Paesi terzi. In vista del Consiglio europeo di primavera
2008, un Rapporto sul “Mercato Unico nel XXI secolo”, contenente
un’analisi dei successi conseguiti finora e proposte di riforma per
affrontare le sfide future, dovrebbe essere presentato dalla
Commissione nella seconda metà del 2007.
Nel primo semestre del 2007 la Presidenza ha puntato innanzitutto
all’adozione di ulteriori misure di liberalizzazione ed integrazione dei
mercati strategici tuttora segmentati. Si prevede di adottare una serie
di misure proposte dalla Commissione per il completamento del mer-
cato interno dell’elettricità e del gas entro il primo luglio 2007. La
Presidenza intende inoltre far approvare la nuova direttiva sui servizi
postali, finalizzata alla liberalizzazione completa del settore entro il
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
22
I prossimi
obiettivi
2009. Parimenti, nel settore delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, la Presidenza intende concentrarsi sulla revisione del-
l’attuale quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elet-
tronica ed, in particolare, sull’approvazione del regolamento sul “roa-
ming” dei telefoni cellulari.
Nell’ambito più tradizionale della libera circolazione delle merci, la
Presidenza si e’ concentrata sul miglioramento dell’operatività del prin-
cipio del “mutuo riconoscimento” e sulla revisione delle direttive in
materia di normalizzazione e standardizzazione, nonché sull’ammo-
dernamento del codice doganale comunitario. Dovrebbe inoltre essere
rilanciata una politica industriale attiva e mirata alle esigenze specifiche
di alcuni settori del manifatturiero europeo individuati dalla
Commissione: automobile, tessile e abbigliamento, meccanica stru-
mentale, ceramica e biotecnologie. Parimenti, le politiche a favore delle
PMI, incluse le imprese artigianali, e il turismo sono oggetto di iniziati-
ve specifiche.
Sempre nel quadro della Strategia di Lisbona la Presidenza ha dedi-
cato ampio spazio alle iniziative volte a stimolare l’innovazione nell’UE,
ossia per creare un mercato di prodotti e servizi innovativi. Al Consiglio
Europeo di dicembre 2006, i Capi di Stato o di Governo hanno adotta-
to una Strategia dell’UE per l’innovazione, centrata su le seguenti nove
azioni prioritarie:
· migliorare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale
· adeguare l’attuale sistema europeo di normalizzazione alle esi-
genze di mercati in rapida evoluzione, soprattutto nel settore dei
servizi e dei prodotti di alta tecnologia
· rendere gli appalti pubblici propizi all’innovazione
· avviare le Iniziative Tecnologiche Congiunte (JTI)
· sviluppare una strategia per facilitare l’emergere di “lead markets”
favorevoli all’innovazione
· rafforzare una stretta cooperazione tra istruzione superiore, ricer-
ca e imprese
· favorire l’innovazione nelle regioni
· sviluppare un’impostazione politica per l’innovazione nei servizi e
per l’innovazione non tecnologica
· migliorare l’accesso ai mercati dei capitali di rischio.
In particolare, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a
definire, nel 2007, una strategia globale per la tutela dei diritti di pro-
prietà intellettuale e lo sviluppo del sistema dei brevetti in Europa, ad
avviare rapidamente le Iniziative Tecnologiche Congiunte (JTI) sotto la
guida dell’industria (aperte anche alle PMI) e a intraprendere azioni per
il miglioramento degli enti europei di normalizzazione. Il Consiglio ed il
Parlamento europeo sono stati inoltre invitati ad agire rapidamente per
adottare, nel 2007, una decisione sull’istituzione dell’Istituto europeo di
tecnologia.
23
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
Il terzo ambito prioritario per il completamento del mercato unico nel
quadro della Strategia di Lisbona è costituito dal riesame strategico
dell’iniziativa “migliore regolamentazione”, proposto dalla Commissione
nel novembre 2006. Esso dovrebbe condurre ad una maggiore sempli-
ficazione, codificazione e modernizzazione della legislazione esistente
e al miglioramento della valutazione d’impatto della normativa futura,
sia a livello comunitario che nazionale. Al Consiglio Europeo di prima-
vera 2007 è stato presentato un Piano d’azione per la riduzione degli
oneri amministrativi per le imprese, finalizzato a ridurre progressiva-
mente il peso della burocrazia a carico delle imprese e dei cittadini,
liberando risorse per gli investimenti. E’ stato inoltre definito l’obiettivo
di ridurre del 25% entro il 2012 l’onere amministrativo derivante dalla
legislazione comunitaria. Gli Stati membri si sono inoltre impegnati a
fissare obiettivi di “ambizione comparabile” nei loro ambiti di compe-
tenza entro il 2008.
Sin dalle sue origini (trattati CECA ed Euratom), il processo di inte-
grazione europea ha riconosciuto un ruolo centrale alle tematiche ener-
getiche in quanto motore dello sviluppo industriale ed economico e
quindi volano da condividere. Non è un caso se il primo embrione delle
moderne istituzioni europee sia stato rappresentato dalla Comunità
Economica del Carbone e dell’Acciaio che ha iniziato la propria attività
nel 1952 e se il 25 marzo 1957 a Roma, accanto al Trattato che istitui-
va la Comunità Economica Europea, sia stato firmato anche quello che
dava vita alla Comunità Europea per l’Energia Atomica (c.d. Euratom).
Le politiche energetiche sono state successivamente ampliate ed
approfondite con la creazione del mercato interno nel 1993 che ha
reso necessaria l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in mate-
ria di standard tecnici, sicurezza, fiscalità e accesso ai mercati pub-
blici. In seguito il Trattato di Maastricht ha, a sua volta, posto le basi
per l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti di distribuzione
dell’energia su tutto il territorio dell’UE tramite le reti Trans-Europee di
energia (reti TEN).
Sulla base dei trattati vigenti, gli Stati membri mantengono tuttavia
intatte le loro competenze in materia di scelta delle politiche energeti-
che (policy mix). I recenti contenziosi sulla fornitura di gas naturale tra
Russia e Ucraina nel gennaio 2006 e tra Russia e Belarus nel gennaio
del 2007 hanno accresciuto la consapevolezza della crescente vulne-
rabilità dell’Europa nel settore dell’energia, rendendo particolarmente
urgente e prioritario lo sviluppo di una politica comune che garantisca
la sicurezza dell’approvvigionamento ad un prezzo abbordabile per i
consumatori nel rispetto dell’ambiente e della promozione di un mer-
cato europeo concorrenziale.
Sulla scia del rinnovato impulso per la definizione di una politica
energetica comunitaria, il Consiglio Europeo del 23-24 marzo 2006,
riprendendo a grandi linee le proposte avanzate dalla Commissione nel
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
24
La politica
europea
dell’energia
Libro Verde pubblicato pochi giorni prima, ha posto le fondamenta di
una politica comune articolata su tre obiettivi principali:
· aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico
· assicurare la competitività delle economie europee e la sostenibi-
lità dell’ approvvigionamento energetico
· promuovere la sostenibilità ambientale.
Nel successivo Consiglio Europeo di giugno 2006 sono state inoltre
poste le basi di una politica estera comune in materia di energia, volta
a consentire all’Unione di esprimersi con una voce unica sul piano
internazionale e nel suo dialogo con i Paesi produttori, di transito e con-
sumatori.
Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese ha sostenuto attivamen-
te l’avvio di iniziative concrete volte a definire una strategia complessi-
va per l’energia a livello europeo ritenendo che al centro dell’azione
comunitaria debbano esserci cittadini e imprese, la cui sicurezza
andrebbe garantita migliorando le interconnessioni, il sistema di stoc-
caggi condivisi, approntando piani di emergenza comune e sviluppan-
do una politica ad hoc per le imprese ad elevata intensità energetica. Il
nostro Paese si è fatto promotore, inoltre, della definizione di un qua-
dro normativo armonizzato, basato sul completamento del mercato
interno dell’energia che superi le attuali asimmetrie nell’apertura dei
mercati nazionali.
Altro punto fondamentale è costituito dalla promozione del risparmio
energetico, dell’efficienza energetica nella produzione e nei consumi,
dell’uso delle fonti rinnovabili in maniera da contribuire alla promozione
dell’ambiente e alla salvaguardia della competitività dell’Unione. Sul
piano esterno, l’Italia sostiene un’Europa che parli con una sola voce e
sviluppi un dialogo con i paesi fornitori di materie di materie prime quali
Russia, Paesi del Mar Caspio e Paesi della sponda sud del
Mediterraneo, riconoscendo a quest’ultimi un ruolo prioritario. L’Italia
ritiene inoltre che al centro delle preoccupazioni dell’Unione debba
porsi la definizione, in partenariato con i principali Paesi partner, inclu-
si quelli emergenti (Cina, India, Brasile), di uno scenario post Protocollo
di Kyoto, che consenta di ripartire in maniera equa gli oneri derivanti
dalla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra.
Il Consiglio Europeo di primavera (8-9 marzo 2007) ha adottato un
Piano d’Azione triennale per una “Politica Energetica per l’Europa”,
sulla base di un complesso di proposte presentate dalla Commissione
in gennaio, nel quadro della “Strategic Energy Review”. Nel ribadire l’o-
biettivo di contenimento dell’aumento della temperatura globale media
al massimo a 2° C rispetto ai livelli pre-industriali, i Capi di Stato e di
Governo hanno sottolineato la necessità di sviluppare un approccio
integrato in materia di cambiamenti climatici ed energia mirante ad
assicurare la sicurezza degli approvvigionamenti, la competitività e la
protezione dell’ambiente. Emerge la volontà dell’UE di svolgere un
25
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
ruolo guida nella protezione internazionale del clima e, in particolare,
l’Unione si assume l’impegno unilaterale di ridurre entro il 2020 di alme-
no il 20% le emissioni di gas ad effetto serra rispetto al 1990, espri-
mendo disponibilità a innalzare l’obiettivo al 30% qualora gli altri Paesi
sviluppati e i PVS più avanzati economicamente facciano la loro parte.
Il Piano prevede una serie di azioni prioritarie per: mercato interno
del gas e dell’elettricità; sicurezza degli approvvigionamenti; politica
energetica internazionale; efficienza energetica ed energie rinnovabili;
tecnologie energetiche. Da sottolineare in particolare l’impegno a rag-
giungere entro il 2020 una quota del 20% di energie rinnovabili sul tota-
le dell’energia consumata nell’UE, nonché ad assicurare un risparmio
del 20% sul consumo, rispetto alle stime per il 2020. Per quanto riguar-
da gli aspetti di politica esterna, il documento, riprendendo il documen-
to congiunto della Commissione e dell’Alto Rappresentante Solana
“Una politica esterna al servizio degli interessi energetici dell’Europa”
del giugno 2006, ribadisce la necessità dell’Unione di esprimersi con
voce unica sul piano internazionale e nel dialogo con i Paesi produtto-
ri, di transito e consumatori.
Le prime azioni dell’Unione Europea nel settore ambientale risalgo-
no al Vertice Europeo di Parigi del 1972, che ha dato il via al primo
Programma d’azione a favore dell’ambiente e alle prime direttive relati-
ve alle sostanze chimiche, alla qualità dell’acqua ed all’inquinamento
dell’aria. Occorrerà tuttavia attendere l’entrata in vigore, nel 1987,
dell’Atto Unico europeo, affinché venga definita una chiara base giuri-
dica per un intervento comunitario nel settore. A seguito dei successivi
trattati di Maastricht (1993) e di Amsterdam (1999), le basi giuridiche
per la politica comunitaria dell’ambiente sono oggi rappresentate dagli
articoli 174-176 (titolo XIX) del trattato CE. Il Trattato di Amsterdam ha
in particolare rafforzato il principio dello sviluppo sostenibile e posto tra
le priorità assolute della Comunità il raggiungimento di un livello eleva-
to di protezione dell’ambiente.
La politica ambientale della Comunità si fonda sui principi della pre-
cauzione (per cui occorre adoperarsi per evitare danni per l’ambiente e
la salute nei casi in cui vi sia un’incertezza scientifica e le analisi preli-
minari indichino la possibilità di effetti negativi, anche senza dimostra-
zione di rischio) e dell’azione preventiva, sul principio della correzione
in via prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente, e sul principio
“chi inquina paga”. Al fine di garantire uno sviluppo sostenibile e di con-
tribuire ad un sensibile e misurabile miglioramento dell’ambiente in
Europa, nel 1993 è stata inoltre istituita una Agenzia europea dell’am-
biente, con sede a Copenaghen, con il compito di fornire informazioni
attendibili e comparabili sull’ambiente ai responsabili e al pubblico.
Attualmente, il punto di riferimento dell’azione ambientale comunita-
ria è il Sesto Programma d’azione adottato nel luglio 2002 e valido fino
al 2010.
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
26
La politica
ambientale
FOTO:©EUROPEANCOMMUNITY,2007
Per la sua attuazione sono previsti dei finanziamenti nel quadro del
programma LIFE, attualmente in fase di ridefinizione (il programma
LIFE+ dovrebbe disporre di una dotazione finanziaria di circa 1,8 miliar-
di di euro per il periodo 2007-2013).
I settori di azione prioritaria del programma sono quattro:
Protezione della natura e della biodiversità. L’obiettivo consiste
nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi
naturali, arrestando l’impoverimento della biodiversità sia nell’Unione
Europea che su scala mondiale.
Ambiente e salute. In questo settore si vuole pervenire ad una qua-
lità ambientale priva di rischi significativi per la salute umana.
Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. In questo campo si
intende garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabi-
li non superi la capacità di carico dell’ambiente e dissociare dalla cre-
scita economica l’uso delle risorse, migliorando l’efficienza di queste
ultime e diminuendo la produzione di rifiuti.
Cambiamento climatico. L’obiettivo consiste nella riduzione delle
emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello che non pro-
vochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta. Nel quadro della stra-
tegia perseguita per combattere il cambiamento climatico nell’ambito
del protocollo di Kyoto, l’UE ha introdotto il primo sistema mondiale di
scambi di quote di emissione. I governi dell’UE assegnano quote di
emissione a singole imprese industriali ed energetiche per limitare le
loro emissioni di biossido di carbonio, il principale gas responsabile del-
l’effetto serra. Le imprese che non utilizzano l’intera quota a loro dispo-
sizione possono venderne la parte mancante ad altre che invece, oltre-
passando la loro soglia, rischiano pesanti ammende per mancato
rispetto della quota di emissione. Dato il successo dell’iniziativa, è in
corso una riflessione sull’estensione dell’ambito di applicazione della
direttiva (ad esempio, ai trasporti aerei), oggi limitata ad alcuni settori
quali l’energia, la produzione e la trasformazione dei materiali ferrosi,
l’industria minerale e della fabbricazione della carta e del cartone.
Il Consiglio Europeo di primavera (8-9 marzo 2007) ha impresso ulte-
riore slancio alla politica europea di lotta ai cambiamenti climatici, sotto-
lineando la stretta interdipendenza con la politica energetica e ribaden-
do la determinazione dell’Unione Europea ad assumere un ruolo di
leadership globale nella protezione del clima, anche in vista della defi-
nizione del sistema che succederà al protocollo di Kyoto nel 2012.
La gestione delle migrazioni rappresenta ormai un tema di prioritario
interesse per l’Unione Europea, anche a causa della dimensione rag-
giunta dai flussi illegali che attraversano il Mediterraneo. Per rispondere
adeguatamente a tale sfida, l’UE ha lanciato nel dicembre 2005 il cosid-
detto”approccio globale alla gestione delle migrazioni”, basato sui prin-
cipi del dialogo con i paesi di origine e di transito, dell’interazione tra poli-
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L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
L’immigrazione
tiche di contrasto e politiche di sviluppo e della solidarietà europea in
termini di mezzi e risorse finanziarie. Esso costituisce un passo fonda-
mentale verso una strategia europea non solo in grado di fronteggiare
le crisi connesse agli afflussi massicci ed improvvisi di clandestini nel
Mediterraneo, ma anche di proporre una gestione ordinata delle migra-
zioni in un’ottica di cooperazione con i Paesi di origine e di transito.
In questo quadro si collocano le iniziative varate dal Consiglio euro-
peo del 14-15 dicembre 2006. Sotto il profilo della cooperazione e del
dialogo con i Paesi terzi sono previste, in particolare
· un rafforzamento del partenariato con i Paesi dell’Africa e del
Mediterraneo
· una maggiore integrazione tra politiche migratorie e sviluppo,
anche per assicurare coerenza tra i vari strumenti dell’Unione
· un rilancio dei negoziati sugli accordi di riammissione tra la UE e
i paesi terzi, studiando anche possibili forme di affiancamento da
parte degli Stati Membri
· la promozione dell’immigrazione legale nel quadro delle relazioni
esterne dell’Unione
· l’applicazione dell’approccio globale anche alle regioni orientali e
sud-orientali dell’UE.
Sulla lotta all’immigrazione illegale, il Consiglio Europeo ha previsto
azioni tendenti al rafforzamento istituzionale ed operativo di Frontex
(l’Agenzia per le Frontiere Esterne dell’UE) e all’intensificazione del
contrasto dell’economia sommersa sia a livello europeo sia nazionale.
Sulla migrazione legale e sull’integrazione, il Consiglio Europeo si è
impegnato:
· a sviluppare politiche che consentano di soddisfare le esigenze
del mercato del lavoro e che contribuiscano allo sviluppo sosteni-
bile di tutti i Paesi
· a realizzare entro il 2010 un sistema comune di asilo europeo,
sulla base di una valutazione della prima fase di tale sistema da
condurre nel 2007
· a rafforzare le politiche di integrazione stabilendo obiettivi e prin-
cipi comuni.
Tale programma sembra rispondere adeguatamente all’esigenza
di innalzare il profilo europeo nel settore delle migrazioni ed in quanto
tale è stato attivamente sostenuto da parte italiana, anche d’intesa con
gli altri Paesi UE rivieraschi del Mediterraneo. L’esigenza di approfon-
dire il dialogo e la cooperazione con i Paesi di origine e transito rap-
presenta il volano della politica italiana, quale indispensabile premes-
sa per promuovere un’efficace ed equilibrata politica migratoria
europea. In prospettiva, quindi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di
innescare una dinamica collaborativa di lungo periodo nei confronti dei
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
28
paesi di origine e transito, a cominciare da quelli dell’Africa e del
Mediterraneo, per recuperare in chiave di sviluppo l’enorme potenziali-
tà positiva dei processi migratori.
Infrastrutture, trasporti, attività culturali, formazione: sono questi
solo alcuni dei settori nei quali la politica regionale europea ha ottenu-
to negli anni risultati tangibili. Una politica che tende essenzialmente ad
affermare i principi di solidarietà, secondo cui tutti i cittadini europei
devono avere le stesse possibilità, indipendentemente dal contesto ter-
ritoriale in cui vivono, e di sviluppo sostenibile. La politica regionale
valorizza l’importanza della dimensione locale, prendendo in conside-
razione le peculiarità dei territori, con le loro difficoltà, le loro esigenze
e le loro potenzialità espresse e inespresse. Ciò in considerazione del
fatto che, malgrado il territorio dell’Unione sia tra i più ricchi del mondo,
le diverse zone di cui si compone non godono di pari condizioni eco-
nomiche e sociali. Il progetto europeo unisce aree a forte vocazione
innovativa e aree attraversate da crisi profonde; centri nevralgici e peri-
ferie isolate; regioni con un avanzato sistema di protezione sociale e
realtà di disoccupazione ed emarginazione.
Già nel Preambolo del Trattato di Roma del 1957 veniva fatto espli-
cito riferimento alla necessità di «ridurre il divario fra le diverse regioni
e il ritardo di quelle più svantaggiate», con l’obiettivo di rafforzare la
coesione europea. Per dare concretezza alla solidarietà comunitaria e’
stata progressivamente creata una serie di strumenti finanziari con-
venzionalmente denominati “Fondi Strutturali” che non hanno mai rap-
presentato un mero strumento di trasferimento di risorse dagli Stati ric-
chi a quelli poveri, ma sono stati concepiti per dare una spinta
significativa alla competitività dei territori che compongono l’Unione nel
suo insieme. Essi sono:
· il Fondo Sociale Europeo (FSE), previsto sin dal 1957 dallo stes-
so Trattato di Roma, per prevenire e combattere la disoccupazio-
ne e sviluppare le risorse umane e l’integrazione sociale nel mer-
cato del lavoro
· il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEOGA),
istituito nel 1962 e oggi sostituito dal Fondo europeo agricolo di
garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo
rurale (FEASR) per finanziare la Politica Agricola Comune
(www.dps.tesoro.it/qcs/schede_qcs/scheda_obiettivo1.asp”) e
definire il quadro del contributo comunitario allo sviluppo rurale
sostenibile
· lo Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP),
istituito nel 1999 e oggi divenuto Fondo Europeo per la Pesca,
che contribuisce all’equilibrio tra conservazione, gestione e sfrut-
tamento razionale delle risorse ittiche e dell’acquacoltura e la tra-
sformazione e commercializzazione dei relativi prodotti.
L’Europa
dei territori
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L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
· il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) istituito nel 1975
e mirante a promuovere la coesione economica e sociale attraver-
so la correzione dei principali squilibri regionali esistenti
nell’Unione Europea. Attraverso questo strumento, nel periodo
2000-2006 sono stati inoltre finanziati i cosiddetti “programmi di ini-
ziativa comunitaria” quali Interreg, Equal ed Urban, che hanno
visto un attivo coinvolgimento delle Regioni.
· il Fondo Europeo di Coesione, istituito nel 1994 e destinato agli
Stati membri con un PIL pro capite inferiore al 90% della media UE.
Un aspetto caratterizzante degli aiuti concessi attraverso tali fondi
è che essi non sostituiscono quelli nazionali ma vi si aggiungono.
Nella programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali, il recupero
socio-economico delle regioni più svantaggiate, caratterizzate dall’avere
un Prodotto Interno Lordo inferiore al 75% della media europea, rappre-
sentava il cosiddetto “obiettivo 1” dei Fondi Strutturali. Nell’obiettivo 1
rientravano le seguenti Regioni del nostro Mezzogiorno: Basilicata,
Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. In tale quadro, i territo-
ri svantaggiati dell’Unione hanno usufruito di una dotazione complessiva
di circa 257 miliardi di euro, pari al 37% del bilancio comunitario. Nel
caso dell’Italia, le Regioni “obiettivo 1” hanno beneficiato di 21,9 miliardi
di euro (prezzi 1999) per investimenti di sviluppo. Il cosiddetto “obiettivo
2” riguardava invece la riconversione economica e sociale delle zone con
difficoltà strutturali. Nel caso dell’Italia, le Regioni “obiettivo 2” (situate
prevalentemente nel centro-nord) hanno beneficiato di 2,145 miliardi di
Euro (prezzi 1999). Infine, l’obiettivo 3 - che mirava all’adattamento e
all’ammodernamento delle politiche e dei sistemi educativi, di formazio-
ne e di impiego nelle regioni non obiettivo 1 - prevedeva una dotazione
finanziaria per l’Italia di 3,744 miliardi di Euro (prezzi 1999).
Per il periodo di programmazione 2007-2013 la Politica di Coesione
disporrà di uno stanziamento di 308 miliardi (prezzi costanti 2004), di
cui 25,7 destinati all’Italia (20,1 alle Regioni meridionali). La nuova pro-
grammazione, la cui logica di fondo consiste nel considerare coesione
e competitività come due facce della stessa medaglia, presenta una
nuova architettura fondata su tre Obiettivi:
· “Convergenza”, per il sostegno alla crescita e alla creazione di
maggiori posti di lavoro nelle regioni in “ritardo di sviluppo” (che
succede all’Obiettivo 1)
· “Competitività regionale e occupazione”, per anticipare e promuo-
vere il cambiamento in tutte le altre regioni (che succede agli
Obiettivi 2 e 3)
· “Cooperazione territoriale”, per promuovere lo sviluppo armonioso
ed equilibrato del territorio europeo attraverso la cooperazione
transnazionale, transfrontaliera e interregionale (che succede a
Interreg).
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
30
La nuova programmazione si caratterizza inoltre per l’adozione di
un approccio più strategico e per la semplificazione delle procedure
gestionali. Alla politica di coesione va attribuito il merito di coinvolgere
attivamente le amministrazioni regionali nella individuazione e nella
elaborazione dei progetti da realizzare come leva per dare nuovo dina-
mismo alle realtà locali. Ogni Regione beneficiaria dei fondi europei,
infatti, ha avuto il compito di elaborare un proprio programma
(Programmi Operativi Regionali - POR) alla cui realizzazione hanno
partecipato le parti economiche e sociali, garantendo la rappresentati-
vità delle esigenze dei territori. Le aree di intervento non si limitano ai
soli aspetti economici, ma sono multidisciplinari e toccano temi e pro-
blemi stringenti che vanno –ad esempio - dalla formazione all’occupa-
zione, dalla ricerca all’ambiente, dall’informazione alle pari opportuni-
tà, dall’internazionalizzazione alle infrastrutture.
Nella fase operativa, spesso le amministrazioni regionali locali
hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà nell’orientarsi tra le diverse
fonti di finanziamento europee e nella loro armonizzazione con gli
strumenti nazionali e locali. Ulteriori difficoltà sono nate nel contempe-
ramento delle diverse esigenze degli attori del territorio. A questo pro-
posito è significativa l’esperienza di Italia Internazionale, il progetto di
internazionalizzazione delle regioni del Sud d’Italia finanziato anch’es-
so con i Fondi Strutturali e gestito dalla Direzione Generale per
l’Integrazione Europea del Ministero degli Affari Esteri, nell’ambito del
Programma Operativo di assistenza tecnica e per le azioni di sistema.
Nella consapevolezza di queste difficoltà, Italia Internazionale ha
messo a disposizione delle amministrazioni regionali dell’Obiettivo 1
una serie di strumenti di programmazione volti a sostenere il collega-
mento dei processi di sviluppo locale con le dinamiche internazionali,
come ad esempio il Programma Regionale per l’Internazionalizzazione
(PRINT) i progetti-Paese.
· il print è un modello per la definizione delle strategie di apertura
delle Regioni verso il mondo, che tiene conto delle esigenze
espresse dai diversi soggetti operanti nel territorio: pubbliche
amministrazioni, imprese, sindacati, istituzioni bancarie, universi-
tà e centri di ricerca, organizzazioni non governative. Si tratta
quindi di uno strumento unitario di programmazione, che orienta
tutte le fonti finanziare a disposizione delle amministrazioni locali
sui temi rilevanti per l’internazionalizzazione, con una particolare
attenzione all’attrazione di flussi di beni, idee e capitali dall’este-
ro. Attualmente il PRINT è stato adottato da Basilicata,
Campania, Puglia e Sicilia ed è in fase di attuazione in Calabria
e Sardegna. Tale modello è in grado, inoltre, di rispondere alle
esigenze di internazionalizzazione di tutte le Regioni italiane ed
ha suscitato interesse in molte di esse.
31
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
· il progetto-Paese è uno strumento teso a consentire alle ammi-
nistrazioni regionali di programmare e rendere più efficaci le pro-
prie attività all’estero. L’obiettivo è la creazione di partenariati per-
manenti con Paesi selezionati, che favoriscano lo sviluppo
socio-economico dei territori coinvolti. Questo strumento nasce
dalla constatazione che esiste nelle regioni italiane una crescen-
te propensione all’avvio di relazioni internazionali, manifestata dai
diversi soggetti locali, pubblici e privati, le cui iniziative, però, sono
spesso poco coerenti tra loro, sia funzionalmente che temporal-
mente. Il risultato è uno scarso impatto delle azioni e un inutile dis-
pendio di risorse umane e finanziarie in Italia e nei Paesi con i
quali si è avviata la collaborazione. Il progetto-Paese, invece, con-
tribuisce a costruire un’immagine forte e qualificata delle Regioni
italiane nei contesti internazionali, che consente loro di interagire
in modo efficace e coordinato con Stati e territori esteri e con i
relativi attori istituzionali, sociali ed economici. Così come il
PRINT, il progetto-Paese permette di integrare varie fonti finan-
ziarie pubbliche e private di diversa origine: regionale, nazionale,
comunitaria. I progetti-Paese avviati, fino ad oggi, sono tre: Puglia-
Egitto, Sicilia-Tunisia e Sicilia-Romania.
Nella definizione dei print e dei progetti-Paese, le Regioni potranno
tenere conto delle nuove opportunità che l’Unione Europea offre in
materia di cooperazione territoriale. Nel periodo di programmazione
2007-2013, questa forma di cooperazione ha avuto infatti un importan-
te riconoscimento, diventando uno degli obiettivi specifici della politica
di coesione. Essa consentirà la realizzazione di programmi transfron-
talieri, transnazionali e interregionali che coinvolgeranno le Regioni ita-
liane. Con i fondi destinati alla cooperazione territoriale, inoltre, verran-
no co-finanziati i programmi analoghi previsti dai nuovi strumenti
finanziari per le relazioni esterne adottati dalla Comunità europea.
Tra questi nuovi strumenti vi è, in primo luogo, l’ENPI (European
Neighbourhood and Partnership Instrument), adottato per dare attua-
zione alla Politica Europea di Vicinato. Esso riguarda i Paesi del
Mediterraneo meridionale e orientale (Algeria, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Cisgiordania e Striscia di
Gaza), l’Ucraina, la Moldova, la Bielorussia e i Paesi del Caucaso meri-
dionale (Georgia, Armenia e Azerbaijan), nonché il partenariato strate-
gico con la Russia. L’ENPI, che ha una dotazione finanziaria di 12
miliardi di euro per il periodo 2007-2013, ha, tra i suoi obiettivi, lo svi-
luppo economico e sociale dei Paesi vicini, la sicurezza e la stabilità
delle frontiere (affrontando sfide comuni nel campo della sanità pubbli-
ca, dell’ambiente, del nucleare, dell’immigrazione clandestina e del cri-
mine organizzato transnazionale) e la progressiva liberalizzazione
degli scambi commerciali sulla base di regole armonizzate. Una com-
ponente specifica e innovativa di questo strumento consiste nella
LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA
32
cooperazione transfrontaliera, che riguarda le Regioni degli Stati mem-
bri e Paesi che condividono una frontiera marittima o terrestre comune.
Nel quadro dell’ENPI è finanziato un Programma multilaterale sul
Bacino del Mediterraneo, che coinvolge i Paesi membri dell’Unione, la
Turchia e i Paesi beneficiari nella Politica Europea di Vicinato che si
affacciano sulle sponde del Mediterraneo. La Regione Sardegna è
stata nominata Autorità di Gestione Congiunta del programma, il cui
budget previsto è di 173 milioni di euro.
Altro strumento messo a disposizione dall’Unione Europea per la
programmazione 2007-2013 è l’IPA (Instrument of Pre-Accession), teso
a promuovere il progressivo avvicinamento istituzionale, economico e
sociale dei Paesi candidati effettivi o potenziali all’adesione all’Unione
Europea (Turchia, Croazia, Macedonia, Serbia – incluso il Kossovo –
Montenegro, Bosnia Erzegovina ed Albania). Anche l’IPA, il cui budget è
di circa 11,5 miliardi di euro, rappresenta un’opportunità per l’Italia e per
il suo sistema regionale, prevedendo il ricorso alla cooperazione territo-
riale. Nell’ambito dell’IPA è finanziato un Programma sul Bacino
dell’Adriatico, che coinvolge le sette Regioni italiane che vi si affacciano
(Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo,
Molise e Puglia), nonché le regioni frontaliere di Croazia, Bosnia
Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Slovenia.
Banco di prova della nuova politica europea di coesione, e in parti-
colare dei programmi di cooperazione territoriale, sarà il grado di par-
tecipazione delle autorità e degli attori locali. Solo attraverso un loro
pieno coinvolgimento sarà possibile ottenere effetti tangibili e perma-
nenti di sviluppo, di apertura e di integrazione delle aree geografiche
interessate. Gli stessi fondi messi a disposizione dalla programmazio-
ne europea devono peraltro essere considerati una leva per l’attivazio-
ne di investimenti privati, altrimenti il loro effetto sarà minimo o trascu-
rabile. Un esempio concreto di collaborazione transfrontaliera, che ha
visto la partecipazione di soggetti pubblici e privati, è “Credito a chi ci
ha dato credito”, iniziativa realizzata in chiusura della scorsa pro-
grammazione. Si tratta di un accordo tra una banca tunisina (Banque
Internationale Arabe de Tunisie), Banca Nuova e la Regione Sicilia.
Anche la definizione di tale accordo è stata sostenuta nel quadro del
progetto “Italia Internazionale”. Obiettivo dell’iniziativa è la creazione di
servizi finanziari studiati per rispondere alle esigenze degli immigrati
tunisini che hanno scelto di vivere in Sicilia e che contribuiscono alla
ricchezza della regione con il proprio lavoro. “Credito a chi ci ha dato
credito” permette ai tunisini residenti in Sicilia di inviare i propri rispar-
mi ai familiari in Tunisia, usufruendo di condizioni di trasferimento van-
taggiose. Esso permette loro, inoltre, il finanziamento di progetti
imprenditoriali nel proprio Paese di origine. Un’iniziativa che rappre-
senta un passo significativo verso la creazione di un partenariato tra la
Sicilia e la Tunisia, ponendo le basi di un dialogo che prenda in consi-
derazione soprattutto gli interessi dei cittadini.
33
L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI
DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
Italia e Europa 50 anni
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Italia e Europa 50 anni

  • 1. Ministero degli Affari Esteri Dossier Farnesina L’Italia e l’Europa a 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma
  • 2. La rivista èItalia, definita dalla stampa estera “la Bandiera del- l’informazioneitaliananelmondo”,nascenel1999perpromuo- vere il patrimonio economico, turistico e culturale italiano, permet- tendo alla comunità internazionale di avere costantemente una vi- sione generale del Sistema Italia. L’apprezzamento del Presidente Emerito Carlo Azeglio Ciampi (conunmessaggioappositamentescrittoperilprimonumero),l’in- teresse mostrato da parte del Ministero degli Affari Esteri, del Mi- nisterodelCommercioInternazionaleedelleCamerediCommer- cioItalianeall’Estero,confermanoilpreziosoruolodelladistribuzionemiratadel- la rivista, che raggiunge direttamente nei loro Paesi gli Italiani residenti all’estero, le no- streIstituzionielabusinesscommunityrappresentataprimariamentedalleaziendeso- ciedelleCamerediCommercioItaliane,acuisioffre,attraversoicontenutigeneralidel- la rivista, un’informazione aggiornata del nostro Sistema Paese. Caratteristiche e diffusione: Bimestrale a colori, la rivista è diffusa in 200.000 copie in Italia ed all’estero a: Ministeri, Regioni, Province e ai Comuni capoluogo, Associazioni di categoria, CCIAA, Biblioteche, Tour operators e Agenzie di viaggio, Ambasciate e Consolati, CamerediCommercioItalianeall’EsteroeloroSoci,ufficiENITeICE,Aziendeleaders. La rivista, da edizione bilingue (italiano-inglese) si arricchirà progressivamente di sezio- ni in russo, portoghese e tedesco. In edicola: negli USA èItalia viene diffusa con il quotidiano America Oggi, e in ItaliaconilsettimanalePanoramaEconomy.LasceltadiEconomypermettediam- pliare ancora di più il bacino di utenza garantito da èItalia con un settimanale che per autorevolezza e diffusione raggiunge il mondo delle piccole e medie imprese, oltre a essere riconosciuto come interlocutore serio e affidabile dalle grandi aziende. Inoltre è on-line all’interno del sitowww.italplanet.it EDIZIONI Via F.lli Bronzetti, 21 - 20129 MILANO Tel. 02.70003310 - Fax 02.70003909 e-mail voices@italplanet.it - www.italplanet.it Supplemento del N.44 di èItalia marzo-aprile 2007 VOICeS
  • 3. EDIZIONI Via F.lli Bronzetti, 21 - 20129 MILANO Tel. 02.70003310 - Fax 02.70003909 e-mail voices@italplanet.it - www.italplanet.it Supplemento del N.44 di èItalia marzo-aprile 2007 Direzione e redazione: Consigliere di Legazione Marco Villani, Servizio Stampa e Informazione Realizzazione, Redazione e immagini Agenzia ANSA: Alessandra Spitz, Arrigo Santini Progetto Grafico: VOICES S.r.l. Editor: Mauro Aprile Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Ministro Plenipotenziario Carlo Maria Oliva, Direttore Generale per l’Integrazione Europea Ministro Plenipotenziario Luca Giansanti, Vice Direttore Generale per l’Integrazione Europea Ministro Plenipotenziario Vincenzo Grassi, Direzione Generale per l’Integrazione Europea Consigliere di Ambasciata Sergio Mercuri, Capo Ufficio IV della DGIE Consigliere di Ambasciata Michele Esposito, Capo Ufficio II della DGIE Consigliere di Ambasciata Marco Conticelli, Capo Ufficio V della DGIE Consigliere di Legazione Maurizio Greganti, Capo Ufficio I della DGIE Consigliere di Legazione Andrea Silvestri, Capo Ufficio VI della DGIE Consigliere di Legazione Giorgio Aliberti, Ufficio II della DGIE Segretario di Legazione Carlo Jacobucci, Ufficio I della DGIE Segretario di Legazione Roberta Di Lecce, Ufficio V della DGIE Dott. Gabriele Cosentino, Ufficio I della DGIE Dott.ssa Flavia Trupia, Unità tecnica per l’internazionalizzazione, DGIE I “Dossier Farnesina” sono realizzati periodicamente dal Servizio Stampa e Informazione del Ministero degli Affari Esteri e pubblicati anche on-line sui siti www.esteri.gov.it e www.italplanet.it L’Italia e l’Europa a 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma VOICeS
  • 4.
  • 5. L’ITALIA E L’EUROPA A 50 ANNI DALLA FIRMA DEI TRATTATI DI ROMA INTRODUZIONE DEL VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MASSIMO D’ALEMA PAG. 1 IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA DA MESSINA A BERLINO. Le dichiarazioni nel processo di integrazione europea PAG. 2 Il 2007 anno dell’Europa PAG. 5 Il Processo di riforma costituzionale PAG. 6 Le grandi tappe dell’Unione Europea PAG. 11 Il ruolo dell’Italia nella costruzione dell’Europa unita PAG. 12 Il processo di allargamento PAG. 14 I primi quattro allargamenti PAG. 17 Le fasi del quinto allargamento PAG. 17 LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA Un grande mercato PAG. 19 Il settore dei servizi PAG. 20 I prossimi obiettivi PAG. 22 La politica europea dell’energia PAG. 24 La politica ambientale PAG. 26 L’immigrazione PAG. 27 L’Europa dei territori PAG. 29 L’azione esterna dell’Unione Europea sulla scena mondiale. Una realtà di successo in costante evoluzione PAG. 34 L’alto Rappresentante per la PESC PAG. 37 IL FUTURO DELL’EUROPA: LA POSIZIONE DELL’ITALIA DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO, IN OCCASIONE DELLA VISITA AL PARLAMENTO EUROPEO PAG. 39 Intervento del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Massimo D’Alema PAG. 45 SOMMARIO L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 6.
  • 7. L’ITALIA E L’EUROPA A 50 ANNI DALLA FIRMA DEI TRATTATI DI ROMA INTRODUZIONE DEL VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MASSIMO D’ALEMA A cinquant’anni dalla firma dei Trattati di Roma che istituirono la Comunità Economica Europea e l’Euratom, il processo di integrazio- ne europea continua a rappresentare una delle stelle polari della poli- tica estera dell’Italia, e di questo Governo in particolare. Si è trattato infatti di un processo di graduale condivisione di sovranità unico nel suo genere che ha portato pace, stabilità, crescita economica e democratica ad un numero crescente di paesi dai sei fondatori ai ven- tisette attuali. Le ragioni di soddisfazione sono pertanto numerose e legittime: il nostro continente è ormai riunificato, ha creato un merca- to comune per 488 milioni di persone (con una moneta, l’Euro, già consolidata a livello internazionale), dispone di uno spazio giuridico comune e, grazie alla sua dimensione esterna, gode di grande presti- gio nel mondo. Ciò non può peraltro nascondere il fatto che da un lato, il proces- so non si è ancora concluso (soprattutto a livello istituzionale l’Europa appare ancora in mezzo al guado), e che dall’altro sono emerse diffi- coltà di percezione da parte delle opinioni pubbliche nazionali – cul- minate nel risultato negativo dei referendum tenuti in Francia e nei Paesi bassi sul Trattato Costituzionale – che discendono anche dai nuovi ineludibili problemi, tipici di un mondo ormai globalizzato, con i quali i nostri Paesi sono oggi chiamati a confrontarsi (sicurezza degli approvvigionamenti energetici, immigrazione, cambiamenti climatici, necessità di rilanciare la competitività e l’occupazione a partire dall’a- genda di Lisbona e dalla liberalizzazione dei servizi, promuovendo un equilibrato sviluppo regionale e sociale). È dunque necessario rilanciare il processo di integrazione, a parti- re dalla riforma costituzionale, per permettere all’Unione Europea di affrontare con rinnovato slancio le sfide attuali e future, compresa quella delle nuove fasi del processo di allargamento. La dichiarazione di Berlino che intende celebrare i cinquant’anni dalla firma dei Trattati di Roma potrà costituire in tal senso un’importante occasione per favorire un clima di rinnovata solidarietà tra i partner che permetta di affrontare con nuova determinazione ed adeguati strumenti anche istituzionali, i prossimi impegni. 1 Introduzione L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 8. IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA La storia ormai più che cinquantennale della costruzione europea non è stata scandita solo dai negoziati per l’elaborazione dei Trattati, per la definizione delle linee strategiche ed operative delle politiche comuni e delle relative prospettive finanziarie pluriennali. Accanto a tali atti, hanno sovente trovato spazio strumenti di natura diversa, giu- ridicamente non vincolanti, ma talora destinati a produrre importanti risultati politici. Si tratta delle Dichiarazioni nelle quali gli Stati membri hanno spesso indicato impegni, obiettivi, programmi da realizzare attraverso successive iniziative ed azioni. Il modello più riuscito in tal senso rimane la Dichiarazione di Messina del 1955 – sottoscritta dai Governi di Germania, Francia, Italia e Benelux – al fine di rilanciare il processo di integrazione dopo l’ac- cantonamento della Comunità Europea di Difesa determinato dalla mancata ratifica francese. La Dichiarazione fu sostanzialmente all’ori- gine del processo che condusse alla firma, nel marzo 1957, dei Trattati CEE ed EURATOM. Il merito di questo testo risiede nella sua brevità, semplicità e chiarezza. In sole due pagine vengono indicati obiettivi, strumenti di azione, aree tematiche, metodi e procedure, anticipando di fatto l’ossatura dei futuri Trattati comunitari che verranno firmati due anni dopo a Roma. Ad oltre 50 anni di distanza, la modernità di alcune formulazioni – quale quella sulla politica energetica – risulta ancora sorprendente. Anche la Dichiarazione Solenne sull’Unione Europea, adottata a Stoccarda nel 1981 a seguito di una iniziativa italo-tedesca dei Ministri Genscher e Colombo, puntava al superamento di una fase di crisi e ripiegamento del processo di integrazione europea individuando una serie di obiettivi sostanziali ed istituzionali: in particolare veniva auspi- cato il progressivo ampliamento delle competenze comunitarie ad aree come il ravvicinamento delle legislazioni, la cooperazione cultu- rale e, soprattutto, la politica estera. Coniugandosi con l’azione del DA MESSINA A BERLINO. Le “dichiarazioni” nel processo di integrazione europea 2
  • 9. primo Parlamento Europeo eletto a suffragio universale diretto (che adottò, nel febbraio 1984, per impulso di Altiero Spinelli, il Progetto di Trattato sull’Unione Europea), la Dichiarazione di Stoccarda contribuì al lancio di quel vasto processo di riforme della costruzione europea destinato a sfociare nell’Atto Unico e quindi nella successiva trasfor- mazione delle Comunità in Unione attraverso il Trattato di Maastricht. La Dichiarazione adottata dai Capi di Stato o di Governo dell’Unione nella cittadina belga di Laeken nel dicembre 2001 – assai più estesa delle precedenti – si articola in tre sezioni (“L’Europa ad un crocevia”; “Le sfide e le riforme in una Unione rinnovata”, “La Convocazione di una Convenzione sull’avvenire dell’Europa”). Dopo alcune considerazioni di ordine generale relative alle nuove sfide democratiche, alle attese dei cittadini degli Stati membri e al ruolo dell’Europa in un mondo globalizzato, i firmatari della Dichiarazione individuano precise aree di possibile riforma (ripartizione e definizio- ne delle competenze dell’Unione, semplificazione degli strumenti a disposizione dell’Unione stessa, democrazia, trasparenza ed effi- cienza, eventuale elaborazione di un percorso costituzionale) ed una metodologia procedurale (la Convenzione) attraverso la quale prepa- rare la Conferenza Intergovernativa per la revisione dei Trattati. A par- tire dalla dichiarazione di Laeken, si è avviato l’articolato processo che ha condotto alla firma a Roma del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa in data 29 ottobre 2004, non ancora entra- to in vigore in ragione dei negativi esiti delle consultazioni referenda- rie di ratifica in Francia e nei Paesi Bassi e della sospensione del medesimo iter in altri 7 Stati membri. Per celebrare il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, il 25 marzo 2007 a Berlino, il Consiglio Europeo del 15/16 giugno 2006 ha convenuto di adottare una dichiarazione politica dei leader dell’Unione che illustri i valori e le ambizioni dell’Europa e confermi l’impegno condiviso di produrre risultati. La Dichiarazione dovrebbe descrivere i successi del processo di integrazione dal 1957 ad oggi, i caratteri essenziali dell’unificazione europea, i valori sui quali tale uni- ficazione si fonda, le priorità interne ed esterne dell’Unione e gli impegni condivisi per il futuro La Dichiarazione di Berlino rappresenta l’occasione per conferire rinnovato dinamismo agli ideali europeisti. Impresa più complessa che in passato, a fronte della maggiore eterogeneità nella composi- zione dell’Unione ed al disorientamento di settori della pubblica opi- nione rispetto ai fenomeni della globalizzazione, delle migrazioni di massa ed alle difficoltà di sviluppare un accresciuto ruolo dell’Europa sulla scena mondiale. 3 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 10. Il Governo – che ha dato incarico all’ex Ministro degli Esteri Ambasciatore Renato Ruggiero di coordinare il contributo italiano alla definizione dei contenuti della Dichiarazione a sostegno della Presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione – ha affrontato questo significativo passaggio con una chiara visione delle priorità da perse- guire. A cinquant’anni dalla firma dei Trattati di Roma occorre riconosce- re il cambiamento rivoluzionario nella storia d’Europa determinato dalla costruzione europea con l’ eliminazione della guerra tra gli Stati che ne fanno parte e l’edificazione di una nuova convivenza basata su istituzioni, obiettivi e politiche comuni. Il cammino percorso in que- sti 50 anni ha comportato non solo grandi progressi economici ma anche una nuova dimensione di valori e di comportamenti caratteri- stici dell’integrazione europea, che è divenuta un esempio da imitare in altre parti del mondo. Il metodo comunitario, avviato dai 6 Paesi fondatori delle Comunità si è esteso ai 27 Stati Membri dell’attuale Unione Europea realizzando pacificamente la riconciliazione conti- nentale,divenendo un patrimonio culturale dei Governi e dei cittadini dei nostri Paesi. La rapida evoluzione della situazione mondiale ha ora creato nuove e vitali motivazioni al proseguimento e al completamento della costruzione europea. La graduatoria delle potenze economiche mon- diali sta rapidamente cambiando ed il peso relativo di ognuno degli Stati europei diminuisce di conseguenza. Le sfide che sono di fronte a noi hanno sempre più carattere globale e non possono essere affrontate da nessun Paese individualmente. Il completamento dell’Unione Europea non rappresenta pertanto un’opzione politica tra le altre, ma una necessità vitale per consentire all’Europa non solo di difendere i propri legittimi interessi, ma anche di rappresentare un grande fattore di equilibrio nel mondo diffondendo i propri valori e la propria volontà di solidarietà, di pace e di promozione del dialogo. La realizzazione di questo obiettivo favorirebbe inoltre futuri ampliamen- ti dell’Unione. Per rispondere a queste sfide globali, dobbiamo impegnarci a completare quello che abbiamo già iniziato a costruire. L’art. 1 del Trattato di Maastricht definisce non a caso l’Unione Europea “una nuova tappa nel processo di creazione di un’Unione sempre più stret- ta tra i popoli d’Europa”. Il processo di completamento dell’Unione Europea dovrà realizzarsi nei suoi aspetti istituzionali, politici, di sicu- rezza interna ed esterna, economici, monetari, sociali e culturali, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà. IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA 4
  • 11. 5 9/10 febbraio – “Conferenza organizzata dalla Fondazione della Camera dei Deputati su Essere europei oggi” 12 febbraio – Incontro-dibattito a Milano con i giovani delle Università milanesi 19 febbraio – Celebrazione a Barletta per la nascita di Altiero Spinelli 17 marzo-20 aprile – Mostra fotografica organizzata a Roma presso l’Archivio di Stato con filmati Rai e dell’Istituto Luce su eventi e personaggi storici della Ue 2 marzo – Celebrazione a Roma in Campidoglio del centenario della nascita di Altiero Spinelli 2-22 marzo – Esposizione in Campidoglio degli originali dei Trattati di Roma 15 marzo – Convegno a Genova su “Cinquant’anni di Europa” 21 marzo – A Roma Conferenza interna- zionale “Equal opportunities for all in Education and Employment” 21-23 marzo – Giornate di incontri pro- mossi a Firenze e Roma dal Parlamento italiano con i Presidenti dei Parlamenti europei 22-23 marzo – Incontro a Roma del Comitato delle Regioni UE 22-24 marzo – Convegno a Roma degli storici europei 22 marzo – Mostra multimediale “Europèdia” organizzata dal Centro nazio- nale presso la Galleria Alberto Sordi di Roma (in seguito verrà trasferita anche a Torino e Lecce). 23 marzo-13 maggio – Mostra al Palazzo del Quirinale di capolavori prestati dai paesi membri 23-24 marzo – Convegno organizzato a Roma dalla Fondazione De Gasperi: “Cinquant’anni d’Europa: Europa anno zero? “ 23-24 marzo – Convegno a Roma dell’Unione degli Avvocati Europei 23-25 marzo – Congresso a Roma della Conferenza Episcopale Europea 24-25 marzo – Tenuta a Roma dello European Youth Forum 24-25 marzo – Mostra al Museo della Moneta di Roma sul cammino storico dalla firma dei Trattati al conio del primo euro 24 marzo – Giornata porte aperte al Ministero degli Esteri – Mostra “Da Messina a Roma” 24 marzo – “L’Università della Notte – Equinozio dei saperi”. Una ‘notte bianca’ dedicata all’Europa (Roma) 24 marzo – Giornata speciale al Museo dei bambini di Roma 25 marzo – “Il Villaggio dell’Europa” a Roma con stand promossi e finanziati dalle Ambasciate dei Paesi UE, dal Comune di Roma, dalla Commissione europea e dal Dipartimento delle Politiche Comunitarie. 25 marzo – Giornata porte aperte del patrimonio europeo a Roma: apertura al pubblico delle Ambasciate e degli Istituti di cultura dei Paesi UE 26 marzo – Incontro a Roma degli astro- nauti europei 26 marzo-9 maggio – Primavera dell’Eu- ropa, manifestazioni nelle scuole italiane organizzate dalla Commissione europea e dalla European Schoolnet. 9 maggio – A Bologna e Rimini Festa Erasmus aperta a tutti gli studenti che hanno aderito all’iniziativa nei suoi venti anni di vita. 9 maggio – Premiazione al Quirinale del concorso annuale “Europa alla Lavagna” indetto dalla Commissione europea per le scuole di tutta Italia. IL 2007 ANNO DELL’EUROPA. IL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI IN ITALIA Il cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma e’ celebrato attraverso una solenne dichiarazione sottoscritta dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Unione e dai Presidenti della Commissione e del Parlamento europeo. Per rimarcare questa sto- rica ricorrenza numerosi eventi vengono organizzati anche in Italia, in prossimità del 25 marzo e nel resto dell’anno, nel corso del quale vengono celebrati anche il centesimo anniversario della nascita di Altiero Spinelli e il ventesimo anniversario del programma Erasmus, che ha contribuito in modo decisivo alla mobilità di milioni di giovani cittadini europei. Ecco un elenco dei maggiori avvenimenti previsti per le celebrazioni:
  • 12. Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, e che è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004, rappresenta il punto di arrivo – sep- pure ancora parziale – di un lungo dibattito sulla natura e le finalità del cammino verso l’ integrazione e sui testi fondamentali di tale proces- so. I movimenti federalisti europei e, più in generale, le correnti di pen- siero influenzate dal “Manifesto di Ventotene” e dal magistero di Altiero Spinelli, hanno coerentemente insistito nel corso degli ultimi decenni sul carattere specifico della costruzione comunitaria, evidenziandone l’assoluta irriducibilità agli schemi adottati per le organizzazioni inter- nazionali classiche. Per giustificare tale ‘’atipicita’’ sono stati menzio- nati vari fattori, come l’irreversibilità del processo di integrazione; l’e- volutività testimoniata dall’impegno a creare un’Unione sempre più stretta tra i popoli degli Stati membri; l’esplicita teleologia verso ampie condivisioni di sovranità esercitate congiuntamente in seno ad alcune istituzioni (come il Consiglio) oppure conferite ad istanze in posizione di terzietà come la Corte di Giustizia, il cui ruolo nel differenziare il diritto comunitario da quello internazionale è risultato fondamentale. Il Progetto di Trattato istitutivo dell’Ue, votato dal Parlamento Europeo nel febbraio 1984 grazie al decisivo impulso di Altiero Spinelli, si configurava come un tentativo di rilanciare il processo di integrazione su basi costituzionali introducendo politiche e procedure di tipo federale. Pur evitando di menzionare il termine “Costituzione”, il “Trattato Spinelli” auspicava un deciso salto di qualità in direzione della sovranazionalità. Saldandosi con l’azione di Kohl e Mitterrand, dell’Italia e del Benelux, nonché con il lungimirante attivismo della Commissione Delors, l’iniziativa del Parlamento Europeo fu all’origine di un decennio di grandi slanci del processo di integrazione europea, come la soluzione nel 1984 a Fontainebleau del problema del rimbor- so britannico, l’adesione nel 1986 di Spagna e Portogallo, l’adozione nello stesso anno dell’Atto Unico Europeo, l’ avvio del completamento del Mercato Unico entro il 1992, la firma (sempre nel 1992) del Trattato di Maastricht nonche’ la definizione del percorso destinato a condurre all’EURO quale moneta unica della maggioranza dei Paesi membri dell’Unione. La richiesta di una “costituzionalizzazione” del processo di integra- zione europea non è stata pero’ patrimonio esclusivo di quelle forze che vedevano nel superamento della tradizionale forma del trattato tra Stati sovrani uno strumento per procedere verso forme sempre più estese ed articolate di condivisione della sovranità. A partire dalla metà degli Anni Ottanta, e poi con sempre maggiore insistenza nel periodo successivo alla sofferta ratifica del Trattato di Maastricht, si è andata affermando l’idea che andassero inseriti tra le norme-base dell’Unione principi idonei e atti a evitare surrettizi trasferimenti di com- petenze dagli Stati nazionali verso il livello europeo. Il lungo e tuttora attuale dibattito sulla definizione e il controllo del principio di sussidia- rietà (anch’esso contenuto, sia pure in chiave dinamica e non restritti- IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA 6 Il Processo di riforma costituzionale
  • 13. va, nel “Trattato-Spinelli”) ha posto in luce come in taluni Stati membri il passaggio da una base pattizia ad una di tipo costituzionale venisse auspicato per limitare un’eccessiva invasività delle istituzioni europee, in coerenza con una generale tendenza a valorizzare le collettività locali e le istanze più vicine ai cittadini e da essi, in teoria, meglio con- trollabili. Il difficile iter di ratifica del Trattato di Maastricht, che ha posto le basi per la creazione della Moneta Unica, la natura limitata di alcuni compromessi realizzati nel quadro dei successivi Trattati di Amsterdam e Nizza, l’enorme pressione politica derivante dall’esigen- za di chiudere i negoziati di ampliamento con i Paesi candidati dell’Europa Centrale ed Orientale, Malta e Cipro, sembravano aver determinato una progressiva eclissi della prospettiva di “costituziona- lizzare” l’Ue. Ai Paesi, come l’Italia, che hanno costantemente ribadito l’esigenza di conciliare lo storico appuntamento dell’ampliamento con l’altrettanto prioritario compito dell’approfondimento della costruzione europea, va ascritto il merito di aver mantenuto aperta la prospettiva di un rilancio del dibattito costituzionale. La sequenza degli eventi che hanno condotto alla firma del Trattato costituzionale può essere analizzata tenendo presente che: · il succedersi in soli otto anni di tre Conferenze Intergovernative per la revisione dei Trattati (Maastricht, Amsterdam e Nizza), seguite da procedure di ratifica estremamente sofferte e dall’esi- genza di ricorrere a soluzioni giuridiche assai complesse per tenere conto delle difficoltà di taluni Stati membri , ha reso molti Governi europei consapevoli dei rischi connessi al perpetuarsi di una strategia di modifiche frequenti e parziali, sempre meno comprensibili per le opinioni pubbliche nazionali; al di là delle opzioni di merito, è venuta affermandosi già durante la CIG l’esi- genza di dotare l’Unione ampliata di un testo-base solido, in qualche modo assimilabile per rigore e coerenza agli originari trattati di Roma; · a partire dalla firma del Trattato di Nizza, è rapidamente maturato un crescente scetticismo circa la possibilità di assicurare, attra- verso i meccanismi istituzionali in esso contenuti, un efficace fun- zionamento dell’Unione a 25 membri (ed in prospettiva a 30); · ha riscosso sempre piu’ crescenti consensi l’idea di privilegiare il ruolo dell’Unione come “comunità di valori, destini e diritti” e non solo quale spazio di azione per determinate categorie di agenti economici. In tale contesto è partito l’esercizio volto a definire una “Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione”. Cronologicamente precedente al Trattato di Nizza, il percorso elaborativo della “Carta” ha avuto effetti molto rilevanti sullo sviluppo del successivo processo di costituziona- lizzazione e non è affatto casuale che la Parte II del Progetto elabo- 7 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 14. rato dalla Convenzione riprenda integralmente il testo della “Carta” stessa. Al di là della meritoria iniziativa di redigere un “Bill of Rights”dell’Unione, la vera innovazione è stata rappresentata dalla decisione di affidare l’elaborazione della “Carta” ad un organismo di tipo inedito (denominato “Convenzione”), composto da rappresentanti dei Governi degli Stati membri, da parlamentari nazionali ed europei e da membri della Commissione Europea sotto la Presidenza dell’ex Capo di Stato tedesco, Roman Herzog, nominato dal Consiglio Europeo. Presentata al Consiglio Europeo di Nizza, la “Carta” fu oggetto di una proclamazione politica stante l’opposizione di alcuni Stati membri a conferirle forza giuridica vincolante, ma sia sul piano metodologico, sia su quello sostanziale, il seme gettato dalla Convenzione presieduta da Herzog ha dato frutti copiosi. Nell’Atto Finale della Conferenza intergovernativa di approvazione del Trattato di Nizza, soprattutto per impulso italiano e tedesco, venne inserita una Dichiarazione sull’avvenire dell’Unione volta a mantenere aperta la possibilità di rilanciare la dinamica europeistica. Gli elemen- ti salienti della “Dichiarazione di Nizza” possono essere indicati nei seguenti: · l’affermazione che il prodursi dell’ampliamento non sostituisce un esteso dibattito sull’avvenire dell’Europa, cui è necessario asso- ciare Parlamenti nazionali e società civile; · l’elencazione (non esaustiva) di alcune tematiche sensibili, come la ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri, confor- memente al principio di sussidiarietà, la valenza giuridica della “Carta”, la semplificazione dei Trattati (ma senza mutarne la sostanza) e il ruolo dei Parlamenti nazionali nel quadro istituzio- nale europeo · l’indicazione del 2004 come data per lo svolgimento di una nuova Conferenza Intergovernativa (CIG) finalizzata ad una ulteriore revisione dei trattati. A partire da tali basi è stato possibile quindi rilanciare il dibattito costituzionale all’interno dell’Unione e, per quanto riguarda l’Italia, giova ancora una volta sottolineare come il nostro Paese abbia coerentemente tenuto una posizione di avanguardia in tale ambito, e come il suo ruolo si sia tradotto nella Risoluzione – approvata alla quasi unanimità dal Parlamento nazionale nel novembre 2001 – ove si riafferma il “ruolo federatore” dell’Italia nel quadro del processo di costruzione dell’Europa. Nel dicembre 2001 poi, i Capi di Stato e di Governo dei paesi euro- pei hanno adottato la cosiddetta “Dichiarazione di Laeken”, che rap- presenta un altro importante passaggio nella strategia “costituente” e che contiene: IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA 8
  • 15. · una chiara affermazione della missione storica dell’Europa sia in rapporto allo sviluppo ed al perfezionamento del suo modello di democrazia, sia rispetto al suo ruolo propositivo e di regolazione nell’ambito dell’economia e della società globalizzate; · l’esplicita menzione della questione costituzionale, sia pure sotto- forma di quesito, a partire da un’attività di mera semplificazione e risistemazione delle norme vigenti (“Si pone il quesito se questa semplificazione e questo riordino non debbano condurre a termi- ne all’adozione nell’Unione di un testo costituzionale”) · l’inequivoca scelta di metodo rappresentata dalla convocazione di una “Convenzione sull’avvenire dell’Europa”, presieduta dall’ex Capo di Stato francese Giscard d’Estaing (assistito dai Vice Presidenti Giuliano Amato e JeanLuc Dehaene) e composta da 15 rappresentanti dei Capi di Stato e di Governo, da 30 membri dei Parlamenti nazionali (2 per Stato membro), 16 membri del Parlamento Europeo e 2 rappresentanti della Commissione. Per i Paesi candidati si prevedeva una partecipazione secondo moda- lità analoghe a quelle contemplate per gli Stati membri. Al termine dei lavori la Convenzione ha approvato un Progetto “costi- tuzionale” che – dopo un’ulteriore fase negoziale nell’ambito della Conferenza Intergovernativa svoltasi tra l’ottobre 2003 ed il giugno 2004– ha condotto al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, la cui firma e’ avvenuta a Roma il 29 ottobre 2004, in riconoscimento del ruolo avuto dalla Presidenza italiana nello svolgimento dei lavori. Dalla lettura del Trattato costituzionale risulta la volontà dei Governi firmatari di operare la trasformazione dell’Unione Europea in senso costituzionale, realizzando una rottura politica e giuridica di non lieve momento nella storia del processo di integrazione europea. Ma il Trattato costituzionale contiene anche risposte ad alcuni problemi che avevano afflitto l’Unione negli anni precedenti, favorendo anche una migliore comprensione da parte dei cittadini dei meccanismi e delle pro- cedure comunitarie. Senza risolvere i problemi circa la natura “ultima” del processo di integrazione europea, che rimane caratterizzato dalla coesistenza di elementi federali, sovrannazionali, comunitari e intergo- vernativi, il Trattato costituzionale realizza un’ importante semplificazio- ne e razionalizzazione degli elementi stratificatisi dai Trattati di Roma attraverso le revisioni dell’Atto Unico, di Maastricht, di Amsterdam e Nizza. Cessano così di coesistere l’Unione e le Comunità Europee, che vengono fuse in un’unica persona giuridica, scompaiono i “pilastri” di Maastricht e viene adottata una nuova gerarchia delle fonti normative). Inoltre il passaggio alla Costituzione non ha valore meramente termino- logico. Esso infatti potrebbe nel medio-lungo periodo favorire ed accom- pagnare la nascita di un “patriottismo costituzionale europeo” e di una identità europea che sappia rispondere alla sfida rappresentata dalle fosche previsioni di un ineluttabile declino del nostro Continente ed alla 9 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 16. prospettiva di un’Europa sempre più piccola e marginale in un mondo sempre più globalizzato. Infine, l’obiettiva difficoltà di conciliare nella futura Unione le diverse esigenze di un numero crescente di Stati membri renderà indispensabile il ricorso alle “cooperazioni rafforzate”, la cui adozione è resa più agevole dal Trattato costituzionale. Solo attra- verso questo strumento, il processo di integrazione potrà realizzare obiettivi più ambiziosi in aree decisive quali la Politica Estera, la Difesa, la Cooperazione Giudiziaria e di Polizia. In tale quadro, l’esito negativo delle consultazioni referendarie di ratifica in Francia e nei Paesi Bassi nel maggio-giugno 2005 ha peral- tro comportato la mancata entrata in vigore del Trattato costituzionale alla data auspicata del novembre 2006, conducendo allo stallo costi- tuzionale nel quale l’Unione si è trovata a partire dalla seconda metà del 2005. Alla data del 1° gennaio 2007, 18 Paesi hanno sostanzialmente approvato il testo firmato il 29 ottobre 2004, due Stati membri hanno respinto tale testo per via referendaria, altri 7 Governi (Regno Unito, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Danimarca, Portogallo, Irlanda) hanno deciso di attendere, astenendosi dall’avviare la procedura di ratifica del Trattato da tutti sottoscritto a Roma. Gli “eurominimalisti” sostengono ora la tesi di un “mini Trattato”, ovvero di un semplice adattamento delle vigenti disposizioni del Trattato di Nizza, rinviando eventualmente a dopo il 2009 progetti di più ampio respiro, mentre i Paesi che hanno ratificato il Trattato costi- tuzionale sostengono – sia pure con accenti diversi – soluzioni che facciano salve almeno le parti essenziali del Trattato del 29 ottobre 2004. È questa la posizione espressa dal Ministro D’Alema nel dis- corso all’Istituto Universitario Europeo del 25 ottobre 2006 ed alla con- ferenza “Rilanciare l’Europa del 12 febbraio 2007, nonché dal Presidente del Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della sua visita al Parlamento europeo il 14 febbraio 2007. Ed è questa la base di partenza per il Governo italiano nel percorso avviato durante l la Presidenza tedesca al fine di completare il processo costituzionale prima delle elezioni per il Parlamento Europeo del giugno 2009. Si tratta dunque di un sentiero stretto ed irto di ostacoli, ma che andrà percorso se si vuole evitare una regressione del processo di inte- grazione europea che implicherebbe almeno due gravi conseguenze: un ruolo sempre meno influente dell’Europa e dei suoi Stati membri nel governo dei fenomeni di globalizzazione con il rischio di un declino dell’Unione come protagonista sulla scena internazionale; l’impossibilità di coniugare futuri ulteriori ampliamenti con l’approfondimento del pro- cesso di integrazione e la trasformazione dell’Unione ampliata in un’en- tità diluita ed impotente sia sul piano interno che esterno. IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA 10
  • 17. 18 aprile 1951: firmato a Parigi da sei paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA); entrato in vigore il 23 luglio 1952, è giunto a scadenza il 23 luglio 2002; 25 marzo 1957: firmati a Roma il trattato che istituisce la Comunità economica europea (CEE), entrato in vigore il 1º gennaio 1958, ed il trattato che istituisce la Comunità euro- pea dell’energia atomica (Euratom). Si fa pertanto riferimento ai due trattati come ai trat- tati di Roma. 8 aprile 1965: firmato a Bruxelles il trattato di fusione; entrato in vigore il 1º luglio 1967, ha istituito una Commissione unica e un Consiglio unico delle allora tre Comunità europee. 17 febbraio 1986: firmato a Lussemburgo l’Atto unico europeo (AUE); entrato in vigore il 1º luglio 1987, ha disposto gli adattamenti richiesti per completare il mercato interno. 7 febbraio 1992: firmato a Maastricht il trattato sull’Unione europea; entrato in vigore il 1º novembre 1993, il trattato di Maastricht ha cambiato la denominazione della Comunità economica europea in “Comunità europea”, ha inoltre introdotto nuove forme di coopera- zione tra i governi degli Stati membri, ad esempio nel settore della difesa e in quello della “giustizia e affari interni”. Aggiungendo questa cooperazione intergovernativa al sistema già esistente della “Comunità”, il trattato di Maastricht ha creato una nuova struttura a tre “pilastri”, sia politica che economica: l’Unione europea (UE). 2 ottobre 1997: firmato Il trattato di Amsterdam; entrato in vigore il 1º maggio 1999, che oltre ad introdurre una nuova numerazione dei trattati UE e CE, formalizza e disciplina le cooperazioni rafforzate, incorpora gli accordi di Schengen nel cosiddetto “terzo pilastro”, introduce il settore dell’occupazione e l’“Accordo Sociale” (firmato da 14 paesi) nel “primo pilastro” 1 gennaio 1999: entrata in vigore dell’Euro, pur continuando a circolare banconote e monete nazionali. 26 febbraio 2001: firmato il trattato di Nizza, entrato in vigore il 1º febbraio 2003, che ha soprattutto affrontato la questione delle riforme istituzionali necessarie per garantire il buon funzionamento delle istituzioni in vista dell’allargamento dell’Unione a 27. Il tratta- to di Nizza, il precedente trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea sono stati unificati in una versione consolidata. 1 gennaio 2002: entrano in circolazione banconote e monete in EURO che in breve tempo sostituiscono definitivamente quelle nazionali. 29 ottobre 2004: firmato a Roma il Trattato che stabilisce una Costituzione per l’Europa. LE GRANDI TAPPE DELL’UNIONE EUROPEA 11
  • 18. 12 Il nostro Paese è stato senza dubbio uno dei protagonisti nel non sempre facile cammino per costruire un’Europa senza frontiere e barriere doganali. In molti casi, l’Italia ha ospitato eventi-chiave per la storia del progetto comunita- rio quando, ad esempio, a Roma nel 1957 furono firmati i Trattati Cee ed Euratom. Ma questo ruolo fu svolto dall’Italia ancor prima, quando, già nell’autunno del 1941, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi – allora confinati nell’iso- la di Ventotene – fissarono i principi in un Manifesto per il federalismo europeo. Ecco una scheda che riassume le principali “tappe italia- ne” della storia comunitaria degli ultimi cinquant’anni. 1-3 GIUGNO 1955 – A Messina, a poco meno di un anno dalla scomparsa di Alcide De Gasperi – che con Jean Monnet, Robert Schumann e Konrad Adenauer è da con- siderare tra i padri fondatori dell’Europa comunitaria – si svolge una Conferenza che getta le basi del Trattato di Roma. I sei ministri degli Esteri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio – vale a dire Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo – decidono di tentare la via dell’integrazione economica come strumen- to per realizzare l’unione politica. I ministri accolgono l’idea di un Mercato comune e approvano la creazione di una Comunità europea dell’energia atomica. 29-30 MAGGIO 1956 – A Venezia un Comitato intergo- vernativo dà vita a una sorta di prima Conferenza intergo- vernativa, presentando nel contempo il Rapporto che prende il nome da quello del ministro degli Esteri belga Paul Henri Spaak, che presiede il Comitato. Il Rapporto Spaak autorizza la preparazione dei due trattati, uno sulla Comunità economica europea e uno sulla Comunità euro- pea dell’energia atomica. 25 MARZO 1957 – A Roma, in Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi, i rappresentati di Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo firmano i due trattati che istituiscono la Comunità economica europea (Cee), che all’inizio s’identifica nella sigla del Mercato comune europeo (Mec), e la Comunità europea dell’ener- gia atomica (Euratom). I due trattati entrano in vigore nel gennaio 1958 dopo la ratifica dei rispettivi sei Parlamenti. 1 LUGLIO 1970-21 MARZO 1972 – L’italiano Franco Maria Malfatti è Presidente della Commissione europea. 1-2 DICEMBRE 1975 – A Roma il Consiglio europeo, for- mato dai leader dei nove Paesi membri (dopo l’adesione nel 1973 di Regno Unito, Danimarca e Irlanda) decide per la primavera del 1978 l’elezione a suffragio universale del Parlamento europeo. Questa elezione slitterà poi di un anno. Decisa anche l’adozione di un passaporto unico. IL RUOLO DELL’ITALIA NELLA COSTRUZIONE DELL’EUROPA UNITA
  • 19. 25-26 MARZO 1977 – A Roma il Consiglio europeo affida alla Presidenza di turno delConsiglio ed al Presidente della Commissione europea il compito di rappresentare la Comunità ai vertici dei Sette Paesi più industrializzati (G7). 12-13 GIUGNO 1980 – A Venezia il Consiglio europeo presieduto dall’Italia approva alcu- ne dichiarazioni politiche ed in particolare quella, più nota come dichiarazione di Venezia sul Medio Oriente, nella quale si riconosce, tra l’altro, ai palestinesi il diritto all’autodeter- minazione, primo segno di una comune valutazione di politica estera dei Paesi membri. Inoltre come conseguenza della seconda crisi energetica che colpisce l’Occidente, i Nove invitano al dialogo euro-arabo sui problemi energetici. 28-29 GIUGNO 1985 – A Milano il Consiglio europeo a dieci, dopo l’ingresso della Grecia nel 1981, decide di realizzare, entro la fine del 1992, il mercato unico europeo e, a tal fine, approva la Convocazione di una Conferenza intergovernativa che porterà all’Atto unico europeo (17 febbraio 1986), la prima riforma istituzionale Cee dopo il trattato di Roma. 27-28 OTTOBRE 1990 – A Roma il Consiglio europeo a dodici, con l’ingresso di Spagna e Portogallo nel 1986, si conclude con l’approvazione di due documenti, uno sull’Unione politica europea (Upe) e l’altro sull’Unione monetaria europea (Ume). Sull’Upe il Consiglio esprime la volontà di trasformare gradualmente la Comunità in Unione. Si decide inoltre la creazione di una cittadinanza europea da aggiungersi a quelle nazionali. Il Consiglio appro- va la seconda fase dell’Ume, la cui data di inizio è fissata all’1 gennaio 1994, per la crea- zione dell’Istituto monetario europeo. 14-15 DICEMBRE 1990 – A Roma il vertice dei capi di Stato e di governo dei Dodici dà il via alle due Conferenze intergovernative (Cig) sull’Unione politica e sull’Unione economica e monetaria. Le due Cig porteranno alla firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) che segna la nascita dell’Unione europea. Tra gli artefici di Maastricht, Guido Carli, all’e- poca ministro del Tesoro. 29-30 MARZO 1996 – A Torino un vertice straordinario dei Quindici (nel 1995 aderiscono all’Ue Austria, Finlandia e Svezia) inaugura la Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato di Maastricht. La presidenza italiana sottopone al vaglio del vertice la formula della flessibilità: in pratica i Paesi che vorranno andare avanti più in fretta sulla strada del- l’integrazione potranno farlo, ma in un ambito comunitario e con l’impegno di aiutare gli altri a raggiungerli. 21-22 GIUGNO 1996 – A Firenze il semestre di presidenza italiano si chiude con l’unani- me riconoscimento per la prima tappa dei lavori svolti dalla Cig, lavori che porteranno alla firma del trattato di Amsterdam (2 ottobre 1997). Il Consiglio europeo raggiunge un accor- do sulla crisi della “mucca pazza” e vara Europol, l’agenzia di polizia europea. 16 SETTEMBRE 1999 – 21 NOVEMBRE 2004 – L’italiano Romano Prodi è presidente della Commissione Europea. 29 OTTOBRE 2003 – A Roma si tiene la sessione inaugurale della CIG per la stesura e l’adozione della versione definitiva della prima Costituzione Europea. 29 OTTOBRE 2004 – A Roma i Capi di Stato e di Governo e i Ministri degli Affari Esteri di 25 Paesi membri e di due Paesi in via di adesione partecipano alla cerimonia della firma del Trattato e dell’Atto finale che stabiliscono una Costituzione per l’Europa. 21 GIUGNO 2005 – A Parma viene inaugurata la sede centrale dell’EFSA, Autorità euro- pea per la sicurezza alimentare, in attuazione della Decisione del Consiglio del 12 e 13 dicembre 2003. L’Agenzia è un ente completamente indipendente che fornisce consulen- za scientifica, informazione e sostegno alla Commissione, al Parlamento Europeo e agli Stati membri in merito ai rischi legati alla sicurezza di alimenti e mangimi 13
  • 20. Nei decisivi passaggi che ci attendono, all’Italia spetterà ancora una volta un ruolo di impulso per assicurare il successo dell’avventura euro- pea, che ha garantito al nostro Paese ed al nostro Continente oltre mezzo secolo di pace, democrazia, progresso civile ed economico. L’allargamento costituisce uno dei più potenti strumenti politici dell’UE. La forza di attrazione dell’Unione ha contribuito ad ispirare riforme ad ampio spettro nei paesi candidati e potenziali candidati. È un processo attentamente gestito, che agevola la trasformazione dei paesi coinvolti, espandendo la pace, la stabilità, la prosperità, la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto a tutta l’Europa. Dai sei membri del 1950 ai 27 del 2007, l’Unione europea può ora ritenere a giusto titolo di rappresentare un intero continente. Dall’Atlantico al Mar Baltico essa riunisce per la prima volta la parte occidentale e la parte orientale dell’Europa, separate per cinquant’anni dalla guerra fredda. Con il processo di allargamento l’Unione europea è aperta alla par- tecipazione di ogni paese europeo, democratico, con un’economia di mercato e in possesso della capacità amministrativa necessaria per gestire i diritti e i doveri inerenti all’adesione. Ciò significa, quindi, che l’allargamento rappresenta, in linea di principio, un processo continuo. A partire dalla data in cui i sei Stati membri fondatori unirono le loro forze per creare il primo nucleo dell’Unione europea, il cammino per- corso è stato lungo e non privo di difficoltà nell’invitare gli altri popoli dell’Europa a “condividerne gli ideali e gli sforzi”. L’UE ha accolto onda- te successive di nuovi membri, creando un mercato unico e una moneta unica ed estendendo contemporaneamente la sua agenda economica e sociale alla politica estera e alla politica per la sicurezza. Dalla fondazione, nel 1951, della Comunità europea del carbone e dell’acciaio e, nel 1957, della Comunità economica europea e della Comunità europea dell’energia atomica si sono susseguiti, con buon esito, cinque allargamenti: nel 1973 aderirono Danimarca, Irlanda e Regno Unito, nel 1981 la Grecia, nel 1986 Portogallo e Spagna, nel 1995 l’Austria, la Finlandia e la Svezia e, nel 2004, 10 paesi dell’Europa centrorientale e del Mediterraneo: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria, a cui si sono aggiunte Romania e Bulgaria dal 1° gennaio 2007. Ogni allargamento va a potenziare un’ampia diversità culturale e linguistica, aspetto distintivo dell’Unione europea. L’ultimo allargamen- to, da 15 a 25 e poi 27 Stati membri, è stato un avvenimento epocale e senza precedenti, che ha consentito la riunificazione dell’Europa, divisa per decenni dalla cortina di ferro. Le sue origini risalgono alla fine dei regimi comunisti, simboleggia- ta dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989, che offrì l’opportunità ina- IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA 14 Il pocesso di allargamento
  • 21. spettata di estendere l’Unione includendovi i Paesi dell’Europa cen- trale e orientale. Rapidamente, l’Unione istituì il programma di assistenza finanzia- ria PHARE per aiutare le giovani democrazie a ricostituirsi economi- camente e per agevolare il processo di riforme politiche. Il 22 giugno 1993 il Consiglio europeo di Copenaghen diede l’ac- cordo per l’adesione dei paesi associati dell’Europa centrale e orien- tale, fissando i criteri principali cui avrebbero dovuto conformarsi i nuovi paesi prima dell’adesione. Sulla base delle raccomandazioni della Commissione e dei pareri del Parlamento, il Consiglio europeo di Lussemburgo del dicembre 1997 e quello di Helsinki del dicembre 1999 aprirono i negoziati con i dieci paesi dell’Europa centrale e orientale, con Cipro e Malta, che si conclusero positivamente nel 2004. Una delle priorità della prima fase di ogni allargamento, è consisti- ta nel migliorare il tenore di vita dei paesi membri che hanno aderito nel 2004, portandolo al livello dell’UE. L’impatto economico dell’allargamento può essere considerevole, poiché un mercato più ampio e più integrato favorisce la crescita eco- nomica, tanto nei vecchi quanto nei nuovi Stati membri, i quali benefi- ciano degli investimenti delle imprese dell’Europa occidentale, nonché dell’accesso alle risorse finanziarie che l’Unione destina allo sviluppo regionale e sociale. A tre anni dall’adesione, la crescita delle economie dei nuovi Stati membri risulta addirittura maggiore di quella degli altri Stati, e ciò con- sente agli ultimi arrivati di beneficiare di una maggiore prosperità e di ridurre le differenze esistenti fra i diversi livelli di vita nell’Unione. Uno degli aspetti principali legato alle responsabilità dei nuovi Stati membri è quello di garantire la sicurezza delle rispettive frontiere orien- tali che sono ora divenute le nuove frontiere dell’Unione a 27. Si tratta di una condizione indispensabile per poter mantenere aperte le fron- tiere interne dell’UE. Pertanto, l’Unione garantisce un sostegno note- vole ai nuovi Stati membri, tanto in termini finanziari quanto di assi- stenza tecnica e di consulenza, affinché i controlli alle frontiere esterne possano rispondere ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria. L’esperienza acquisita con gli allargamenti precedenti ha dimostra- to l’efficacia del processo d’integrazione da parte dell’UE. Tuttavia, le trasformazioni profonde sono state spesso anche motivo di preoccu- pazione e l’ultimo allargamento non è stato un’eccezione a tale rego- la. La sua dimensione ha di per sé suscitato infatti vari interrogativi fra i cittadini dei vecchi e dei nuovi Stati membri sul possibile impatto di questo allargamento sulle loro vite e sui loro livelli occupazionali. Nei 15 vecchi Stati membri si temeva un aumento dell’immigrazio- 15 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 22. 16 ne ovvero un afflusso di manodopera a basso costo. Da parte loro, i cittadini dei nuovi Stati membri si preoccupavano della possibile acqui- sizione da parte straniera di imprese locali, nonché dell’impatto sull’e- conomia locale e sulle imprese nazionali. Per lo più tali timori si sono rivelati infondati. Ai 25 paesi dell’Unione allargata e ai suoi 454 milioni di cittadini si sono aggiunti, nel 2007, bulgari e rumeni, concludendo il quinto allar- gamento dell’UE e portando la popolazione dell’Unione a circa 488 milioni di persone. Nel frattempo, nell’ottobre del 2005 sono stati avviati i negoziati per l’adesione di due altri paesi candidati: la Turchia e la Croazia. Inoltre, la richiesta di adesione, presentata dall’ex Repubblica jugoslava di Macedonia nel marzo del 2004, è stata accettata formalmente, nel dicembre 2005, dai leader dell’UE che, tuttavia, non hanno ancora stabilito una data per l’apertura dei negoziati. L’Unione europea si è inoltre impegnata ad allargare i suoi confini agli altri paesi dei Balcani occidentali, cioè a Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e Albania. L’Unione ritiene che tali paesi abbiano la vocazione per divenire membri dell’Unione non appena risulteranno pronti. In tal senso ha riconosciuto loro, fin dal 2000, lo status di can- didati potenziali all’adesione, che è stato confermato in occasione del Vertice UEBalcani di Salonicco nel giugno 2003. Anche il Kossovo, una volta che sarà definito il suo status, potrà beneficiare pienamente della prospettiva europea riconosciuta alla regione. I futuri allargamenti procederanno al ritmo dettato dalla capacità di ciascun paese di soddisfare standard rigorosi, in modo da agevolare l’integrazione dei nuovi membri. Nel 2006 l’Unione ha in particolare avviato una riflessione sulla propria capacità di integrazione e sulla necessità di una riforma dei propri meccanismi istituzionali (il c.d. “approfondimento”, che ha vissuto un momento di stallo a seguito del- l’esito negativo dei referendum francese e olandese sul Trattato costi- tuzionale), anche in vista dei futuri allargamenti. L’Italia, pur essendo fermamente convinta che la difesa dei contenuti essenziali del Trattato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 rappresenti una priorità non differi- bile e la migliore maniera per garantire una governance adeguata dell’Unione ampliata, non ritiene tuttavia che la necessità di tale appro- fondimento debba essere strumentalizzata al fine per rinviare le nuove adesioni. Da questo punto di vista i prossimi due anni, periodo nel quale non è prevista alcuna nuova adesione, devono rappresentare una valida finestra di opportunità per procedere alla riforma istituzio- nale dell’UE a partire dal Trattato costituzionale firmato a Roma. IL CAMMINO DELL’UNIONE EUROPEA
  • 23. 1973 - Primo allargamento. Aderiscono Danimarca, Irlanda e Regno Unito; 1981 - Secondo allargamento. La Grecia diviene Stato membro; 1986 - Terzo allargamento. Divengono membri Portogallo e Spagna; 1995 - Quarto allargamento. Fanno il loro ingresso l’Austria, la Finlandia e la Svezia; 19 dicembre 1989 - è istituito il programma PHARE per fornire assistenza finanziaria e tecnica ai paesi dell’Europa centrale e orientale. 3 e 16 luglio1990 - si candidano Cipro e Malta. 22 giugno 1993 - il Consiglio europeo di Copenaghen stabilisce i criteri di adesione. 1994 - si candidano l’Ungheria (31 marzo) e la Polonia (5 aprile). 1995 - si candidano la Slovacchia (21 giugno), la Romania (22 giugno), la Lettonia (13 ottobre), l’Estonia (24 novembre), la Lituania (8 dicembre) e la Bulgaria (14 dicembre). 1996 - si candidano la Repubblica Ceca (17 gen- naio) e la Slovenia (10 giugno). 12/13 dicembre 1997 - il Consiglio europeo di Lussemburgo decide di varare il processo di allar- gamento. 10/11 dicembre 1999 - il Consiglio europeo di Helsinki conferma l’avvio di negoziati con i dodici paesi candidati. La Turchia è dichiarata “Stato can- didato destinato ad aderire all’Unione”. 13 dicembre 2002 - conclusi gli accordi di adesio- ne con dieci paesi candidati per il 1° maggio 2004. 16 aprile 2003 - firma dei dieci trattati di adesione ad Atene. 1 maggio 2004 - l’Unione europea accoglie i nuovi dieci Stati membri. 18 giugno 2004 - la Croazia è accettata come paese candidato. 17 dicembre 2004 - decisione di avviare i nego- ziati di adesione con la Turchia. 25 aprile 2005 - a Lussemburgo, la Bulgaria e la Romania firmano i trattati di adesione 3 ottobre 2005 - avvio dei negoziati di adesione con Croazia e Turchia. 16 dicembre 2005 - l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia ottiene lo status di Paese candidato dal Consiglio Europeo. 1 gennaio 2007 - Bulgaria e Romania fanno il loro ingresso nell’Unione Europea. 17 I PRIMI QUATTRO ALLARGAMENTI LE FASI DEL QUINTO ALLARGAMENTO
  • 24. 18
  • 25. LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA Il mercato interno, quale spazio senza frontiere interne in cui è assi- curata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, prevista dai Trattati comunitari, è oggi una delle principali con- quiste dell’UE e l’Italia ha dato storicamente un contributo determinan- te alla sua creazione e al suo funzionamento. Su impulso dell’allora Presidente della Commissione, Jacques Delors, un grande disegno di completamento del mercato interno è stato avviato con la presentazione di un apposito Libro bianco nel 1985. Si trattava di un elenco di circa 300 atti legislativi comunitari necessari ad eliminare, entro il 31 dicembre 1992, le barriere fisiche, tecniche e fiscali in Europa. Dal 1° gennaio 1993 l’attuazione di questo progetto alle frontiere ha ridotto i tempi di consegna e i costi per le imprese, facilitando gli scambi intracomunitari. Riguardo agli ostacoli costituiti dalle differenti regolamentazioni tecniche nazionali, il principio del mutuo riconoscimento - introdotto dalla giurisprudenza comunita- ria nel 1979 - ha consentito in molti casi alle imprese di operare in tutta l’Unione, ottemperando alle norme del loro Stato membro di origine e, laddove tale principio non poteva funzionare, l’armonizzazione tecnica mediante direttive comunitarie è risultata essere il mezzo più adatto per facilitare gli scambi commerciali. Negli ultimi dieci anni, il mercato interno è stato esteso a nuovi set- tori essenziali per la competitività dell’economia e che non erano stati inclusi nel Libro bianco, come i trasporti, le telecomunicazioni e l’e- nergia. Inoltre, grazie all’apertura dei mercati nazionali degli appalti pubblici, le imprese possono oggi partecipare alle gare per contratti di fornitura di beni e servizi in altri Stati membri.Va da se’ che sono state notevolmente rafforzate la protezione dell’ambiente e dei consumato- ri e che dal 1999 l’arrivo dell’euro ha moltiplicato i vantaggi del mer- cato interno. Nonostante i notevoli progressi realizzati, il mercato unico non può oggi considerarsi completato, quanto piuttosto in fase di rilancio costan- Un grande mercato 19 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 26. te. Molte barriere sorgono e continueranno a sorgere negli anni a veni- re. Dopo l’allargamento del maggio 2004, e quello più recente del gen- naio 2007 che ha visto l’ingresso nell’UE di Romania e Bulgaria, occor- rerà garantire l’effettivo funzionamento di un mercato interno di quasi 500 milioni di persone, che offre grandi opportunità ma comporta anche rischi. Rimuovere le barriere esistenti ed impedire che ne sorgano di nuove potrebbe infatti risultare un’impresa più difficile in un’Unione a 27 Stati membri. La seconda sfida consiste nel dare concreta attuazio- ne alla Strategia di Lisbona, con la quale la UE persegue l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dina- mica del mondo entro il 2010. Si tratta di un traguardo ambizioso, che si può raggiungere, a condizione di realizzare riforme economiche e strut- turali di ampia portata. Senza trascurare gli aspetti sociali e ambientali dell’Agenda di Lisbona, il mercato interno rappresenta il contesto fon- damentale di tali riforme, che serviranno a creare più occupazione e ric- chezza, sia per finanziare pensioni, sanità e assistenza di lunga durata, sia per migliorare lo standard di vita della popolazione. Per essere competitivo il mercato interno deve inoltre adeguarsi al contesto globale. Le norme, i criteri e le migliori prassi in numerosi set- tori del mercato interno sono sempre più definiti a livello internaziona- le, ad esempio in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, standard tecnici, regole di aggiudicazione degli appalti, norme di con- tabilità, esigenze di capitale per banche e organismi d’investimento e mercati dei valori mobiliari. Per tale ragione, le normative europee sono elaborate prendendo sempre più in considerazione anche le regola- mentazioni vigenti al di fuori dell’UE. Parallelamente, l’UE è ora in grado di esercitare una notevole influenza sia nei fori intergovernativi destinati all’elaborazione delle regole sia nelle istanze internazionali private competenti in materia di definizione di norme tecniche. Nel settore dei servizi, che rappresenta il 70% del PIL europeo, il funzionamento del mercato interno è tuttora molto imperfetto. Dopo una maratona negoziale durata circa tre anni, lo scorso dicembre è stata adottata la direttiva sul mercato interno dei servizi, volta ad age- volare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi all’interno dell’UE. La direttiva è tra le ini- ziative più significative nel quadro dell’attuazione della Strategia di Lisbona. Come auspicato dal Parlamento Europeo, il controverso prin- cipio del paese di origine, previsto nella proposta iniziale della Commissione del 2004, è stato sostituito con il principio della “libera prestazione dei servizi”. L’obiettivo del Parlamento, condiviso in segui- to dalla Commissione e dal Consiglio, era infatti quello di riequilibrare l’impianto della direttiva verso una maggiore tutela sociale, attenuando i temuti rischi di “dumping sociale” da parte delle imprese dei nuovi Stati membri. In positivo, nonostante il suo campo di applicazione sia stato ampiamente ridotto rispetto alla proposta originaria, la direttiva LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 20 Il settore dei servizi
  • 27. servizi coprirà una serie di servizi importanti per le imprese e/o per i consumatori, come ad esempio la consulenza manageriale, la pubbli- cità, la consulenza giuridica e fiscale, le costruzioni e le attività immo- biliari, le guide turistiche e i centri sportivi. Nel corso del negoziato l’Italia ha sostenuto attivamente la ricerca di un compromesso che facesse salve le esigenze di liberalizzazione del settore, senza pregiu- dicare la stabilità sociale, la diversità culturale e la qualità dei servizi pubblici. Entro la fine del 2009, gli Stati membri dovranno trasporre la direttiva nel diritto interno. Strettamente collegata alla direttiva servizi, nel 2005 era stata adot- tata quella sul riconoscimento delle qualifiche professionali, che si applica a tutte le professioni regolamentate, siano esse esercitate come lavoro autonomo o dipendente (escluse le attività rientranti nel- l’esercizio di poteri pubblici). La direttiva, che dovrà essere recepita negli Stati membri entro ottobre 2007, consentirà al beneficiario di accedere nello Stato membro di accoglienza alla professione per cui è qualificato e di esercitarla con gli stessi diritti dei cittadini nazionali. Essa favorirà la libera circolazione dei lavoratori, nonché una maggio- re flessibilità dei mercati del lavoro e dei servizi. Negli ultimi dieci anni progressi importanti sono stati realizzati in Europa nella liberalizzazione di alcuni servizi pubblici “in rete”, come la fornitura di gas e energia elettrica, i trasporti, in particolare quello aereo, e le telecomunicazioni (aperto alla concorrenza dal 1-1-1998), che hanno determinato un abbassamento dei prezzi per i cittadini e le imprese. Permangono tuttavia strozzature nelle infrastrutture delle reti transeuropee, che limitano l’interconnessione tra Stati membri ed un ulteriore abbassamento delle tariffe. Anche nei servizi finanziari si stanno materializzando dei vantaggi per i cittadini, che derivano dalla progressiva attuazione del Piano d’a- zione sui servizi finanziari, adottato nel 1999. Il Piano si prefigge di isti- tuire un mercato unico dei servizi finanziari all’ingrosso, rendere acces- sibili e sicuri i mercati al dettaglio e rafforzare le norme di vigilanza prudenziale. In tale ambito, a partire dal 1° novembre 2007, entrerà in vigore negli Stati membri la normativa europea MIFID sui mercati degli strumenti finanziari, che faciliterà la prestazione transfrontaliera dei servizi d’investimento e avrà un forte impatto sulla struttura organizza- tiva delle istituzioni finanziarie. Il commercio elettronico ha la possibilità di trasformare radicalmen- te il mercato interno sia dei beni che dei servizi nel lungo termine. In tale ambito, al fine di assicurare un contesto di fiducia e certezza giuri- dica agli utenti, è stato già adottato un quadro regolamentare comuni- tario, in particolare la direttiva sul commercio elettronico (2000), la direttiva sulle firme elettroniche (1999) e la direttiva sui diritti di pro- prietà intellettuale (2001). Tra i più importanti successi relativi alla libera circolazione delle merci e alla tutela del consumatore e dell’ambiente, lo scorso dicembre 21 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 28. è stato adottato il Regolamento REACH sulla registrazione, valutazio- ne, autorizzazione delle sostanze chimiche. Il Regolamento consentirà di porre fine, a partire dalla sua entrata in vigore il 1° giugno 2007, alle carenze della legislazione comunitaria attuale, permettendo la valuta- zione scientifica sulla sicurezza di circa 30.000 sostanze chimiche già commercializzate all’interno dell’Unione. Il Consiglio europeo di primavera (Bruxelles, 8-9 marzo 2007), dedi- cato tradizionalmente ai temi economici, ha valutato positivamente il primo anno della rinnovata Strategia di Lisbona e ha approvato le rac- comandazioni agli Stati membri contenute nel rapporto annuale della Commissione sui progressi realizzati nell’ambito della Strategia per la Crescita e l’Occupazione. Il rapporto. compie una valutazione appro- fondita dei risultati nelle quattro aree prioritarie identificate dal Consiglio Europeo di primavera del 2006: · conoscenza ed innovazione · contesto di azione per le imprese, in particolare PMI · adattabilità dei mercati del lavoro · energia e cambiamenti climatici. Nel “Country Chapter” dedicato all’Italia, la Commissione ha valuta- to, nel complesso positivamente, il rapporto di avanzamento del Piano Nazionale italiano di attuazione della Strategia di Lisbona, aggiornato e presentato a metà ottobre dal nuovo Governo. Positivo, in particolare, il giudizio della Commissione sulla disseminazione delle Tecnologie di Informazione e Comunicazione (ICT) e sulle misure di liberalizzazione del mercato interno nei settori delle libere professioni e dei servizi, quali il settore bancario ed assicurativo, i taxi ed il commercio al dettaglio. Nel quadro della Strategia di Lisbona, gli Stati membri e le Istituzioni dell’Unione Europea sono impegnati ad imprimere una decisa accele- razione al completamento del mercato unico, senza tuttavia trascurare sia gli aspetti connessi alla tutela dell’ambiente e al dibattito sulla “fles- sicurezza”, sia quelli relativi alla dimensione esterna della competitività industriale dell’UE e alla sua capacità di penetrare efficacemente i mercati dei Paesi terzi. In vista del Consiglio europeo di primavera 2008, un Rapporto sul “Mercato Unico nel XXI secolo”, contenente un’analisi dei successi conseguiti finora e proposte di riforma per affrontare le sfide future, dovrebbe essere presentato dalla Commissione nella seconda metà del 2007. Nel primo semestre del 2007 la Presidenza ha puntato innanzitutto all’adozione di ulteriori misure di liberalizzazione ed integrazione dei mercati strategici tuttora segmentati. Si prevede di adottare una serie di misure proposte dalla Commissione per il completamento del mer- cato interno dell’elettricità e del gas entro il primo luglio 2007. La Presidenza intende inoltre far approvare la nuova direttiva sui servizi postali, finalizzata alla liberalizzazione completa del settore entro il LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 22 I prossimi obiettivi
  • 29. 2009. Parimenti, nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la Presidenza intende concentrarsi sulla revisione del- l’attuale quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elet- tronica ed, in particolare, sull’approvazione del regolamento sul “roa- ming” dei telefoni cellulari. Nell’ambito più tradizionale della libera circolazione delle merci, la Presidenza si e’ concentrata sul miglioramento dell’operatività del prin- cipio del “mutuo riconoscimento” e sulla revisione delle direttive in materia di normalizzazione e standardizzazione, nonché sull’ammo- dernamento del codice doganale comunitario. Dovrebbe inoltre essere rilanciata una politica industriale attiva e mirata alle esigenze specifiche di alcuni settori del manifatturiero europeo individuati dalla Commissione: automobile, tessile e abbigliamento, meccanica stru- mentale, ceramica e biotecnologie. Parimenti, le politiche a favore delle PMI, incluse le imprese artigianali, e il turismo sono oggetto di iniziati- ve specifiche. Sempre nel quadro della Strategia di Lisbona la Presidenza ha dedi- cato ampio spazio alle iniziative volte a stimolare l’innovazione nell’UE, ossia per creare un mercato di prodotti e servizi innovativi. Al Consiglio Europeo di dicembre 2006, i Capi di Stato o di Governo hanno adotta- to una Strategia dell’UE per l’innovazione, centrata su le seguenti nove azioni prioritarie: · migliorare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale · adeguare l’attuale sistema europeo di normalizzazione alle esi- genze di mercati in rapida evoluzione, soprattutto nel settore dei servizi e dei prodotti di alta tecnologia · rendere gli appalti pubblici propizi all’innovazione · avviare le Iniziative Tecnologiche Congiunte (JTI) · sviluppare una strategia per facilitare l’emergere di “lead markets” favorevoli all’innovazione · rafforzare una stretta cooperazione tra istruzione superiore, ricer- ca e imprese · favorire l’innovazione nelle regioni · sviluppare un’impostazione politica per l’innovazione nei servizi e per l’innovazione non tecnologica · migliorare l’accesso ai mercati dei capitali di rischio. In particolare, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a definire, nel 2007, una strategia globale per la tutela dei diritti di pro- prietà intellettuale e lo sviluppo del sistema dei brevetti in Europa, ad avviare rapidamente le Iniziative Tecnologiche Congiunte (JTI) sotto la guida dell’industria (aperte anche alle PMI) e a intraprendere azioni per il miglioramento degli enti europei di normalizzazione. Il Consiglio ed il Parlamento europeo sono stati inoltre invitati ad agire rapidamente per adottare, nel 2007, una decisione sull’istituzione dell’Istituto europeo di tecnologia. 23 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 30. Il terzo ambito prioritario per il completamento del mercato unico nel quadro della Strategia di Lisbona è costituito dal riesame strategico dell’iniziativa “migliore regolamentazione”, proposto dalla Commissione nel novembre 2006. Esso dovrebbe condurre ad una maggiore sempli- ficazione, codificazione e modernizzazione della legislazione esistente e al miglioramento della valutazione d’impatto della normativa futura, sia a livello comunitario che nazionale. Al Consiglio Europeo di prima- vera 2007 è stato presentato un Piano d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese, finalizzato a ridurre progressiva- mente il peso della burocrazia a carico delle imprese e dei cittadini, liberando risorse per gli investimenti. E’ stato inoltre definito l’obiettivo di ridurre del 25% entro il 2012 l’onere amministrativo derivante dalla legislazione comunitaria. Gli Stati membri si sono inoltre impegnati a fissare obiettivi di “ambizione comparabile” nei loro ambiti di compe- tenza entro il 2008. Sin dalle sue origini (trattati CECA ed Euratom), il processo di inte- grazione europea ha riconosciuto un ruolo centrale alle tematiche ener- getiche in quanto motore dello sviluppo industriale ed economico e quindi volano da condividere. Non è un caso se il primo embrione delle moderne istituzioni europee sia stato rappresentato dalla Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio che ha iniziato la propria attività nel 1952 e se il 25 marzo 1957 a Roma, accanto al Trattato che istitui- va la Comunità Economica Europea, sia stato firmato anche quello che dava vita alla Comunità Europea per l’Energia Atomica (c.d. Euratom). Le politiche energetiche sono state successivamente ampliate ed approfondite con la creazione del mercato interno nel 1993 che ha reso necessaria l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in mate- ria di standard tecnici, sicurezza, fiscalità e accesso ai mercati pub- blici. In seguito il Trattato di Maastricht ha, a sua volta, posto le basi per l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti di distribuzione dell’energia su tutto il territorio dell’UE tramite le reti Trans-Europee di energia (reti TEN). Sulla base dei trattati vigenti, gli Stati membri mantengono tuttavia intatte le loro competenze in materia di scelta delle politiche energeti- che (policy mix). I recenti contenziosi sulla fornitura di gas naturale tra Russia e Ucraina nel gennaio 2006 e tra Russia e Belarus nel gennaio del 2007 hanno accresciuto la consapevolezza della crescente vulne- rabilità dell’Europa nel settore dell’energia, rendendo particolarmente urgente e prioritario lo sviluppo di una politica comune che garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento ad un prezzo abbordabile per i consumatori nel rispetto dell’ambiente e della promozione di un mer- cato europeo concorrenziale. Sulla scia del rinnovato impulso per la definizione di una politica energetica comunitaria, il Consiglio Europeo del 23-24 marzo 2006, riprendendo a grandi linee le proposte avanzate dalla Commissione nel LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 24 La politica europea dell’energia
  • 31. Libro Verde pubblicato pochi giorni prima, ha posto le fondamenta di una politica comune articolata su tre obiettivi principali: · aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico · assicurare la competitività delle economie europee e la sostenibi- lità dell’ approvvigionamento energetico · promuovere la sostenibilità ambientale. Nel successivo Consiglio Europeo di giugno 2006 sono state inoltre poste le basi di una politica estera comune in materia di energia, volta a consentire all’Unione di esprimersi con una voce unica sul piano internazionale e nel suo dialogo con i Paesi produttori, di transito e con- sumatori. Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese ha sostenuto attivamen- te l’avvio di iniziative concrete volte a definire una strategia complessi- va per l’energia a livello europeo ritenendo che al centro dell’azione comunitaria debbano esserci cittadini e imprese, la cui sicurezza andrebbe garantita migliorando le interconnessioni, il sistema di stoc- caggi condivisi, approntando piani di emergenza comune e sviluppan- do una politica ad hoc per le imprese ad elevata intensità energetica. Il nostro Paese si è fatto promotore, inoltre, della definizione di un qua- dro normativo armonizzato, basato sul completamento del mercato interno dell’energia che superi le attuali asimmetrie nell’apertura dei mercati nazionali. Altro punto fondamentale è costituito dalla promozione del risparmio energetico, dell’efficienza energetica nella produzione e nei consumi, dell’uso delle fonti rinnovabili in maniera da contribuire alla promozione dell’ambiente e alla salvaguardia della competitività dell’Unione. Sul piano esterno, l’Italia sostiene un’Europa che parli con una sola voce e sviluppi un dialogo con i paesi fornitori di materie di materie prime quali Russia, Paesi del Mar Caspio e Paesi della sponda sud del Mediterraneo, riconoscendo a quest’ultimi un ruolo prioritario. L’Italia ritiene inoltre che al centro delle preoccupazioni dell’Unione debba porsi la definizione, in partenariato con i principali Paesi partner, inclu- si quelli emergenti (Cina, India, Brasile), di uno scenario post Protocollo di Kyoto, che consenta di ripartire in maniera equa gli oneri derivanti dalla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra. Il Consiglio Europeo di primavera (8-9 marzo 2007) ha adottato un Piano d’Azione triennale per una “Politica Energetica per l’Europa”, sulla base di un complesso di proposte presentate dalla Commissione in gennaio, nel quadro della “Strategic Energy Review”. Nel ribadire l’o- biettivo di contenimento dell’aumento della temperatura globale media al massimo a 2° C rispetto ai livelli pre-industriali, i Capi di Stato e di Governo hanno sottolineato la necessità di sviluppare un approccio integrato in materia di cambiamenti climatici ed energia mirante ad assicurare la sicurezza degli approvvigionamenti, la competitività e la protezione dell’ambiente. Emerge la volontà dell’UE di svolgere un 25 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 32. ruolo guida nella protezione internazionale del clima e, in particolare, l’Unione si assume l’impegno unilaterale di ridurre entro il 2020 di alme- no il 20% le emissioni di gas ad effetto serra rispetto al 1990, espri- mendo disponibilità a innalzare l’obiettivo al 30% qualora gli altri Paesi sviluppati e i PVS più avanzati economicamente facciano la loro parte. Il Piano prevede una serie di azioni prioritarie per: mercato interno del gas e dell’elettricità; sicurezza degli approvvigionamenti; politica energetica internazionale; efficienza energetica ed energie rinnovabili; tecnologie energetiche. Da sottolineare in particolare l’impegno a rag- giungere entro il 2020 una quota del 20% di energie rinnovabili sul tota- le dell’energia consumata nell’UE, nonché ad assicurare un risparmio del 20% sul consumo, rispetto alle stime per il 2020. Per quanto riguar- da gli aspetti di politica esterna, il documento, riprendendo il documen- to congiunto della Commissione e dell’Alto Rappresentante Solana “Una politica esterna al servizio degli interessi energetici dell’Europa” del giugno 2006, ribadisce la necessità dell’Unione di esprimersi con voce unica sul piano internazionale e nel dialogo con i Paesi produtto- ri, di transito e consumatori. Le prime azioni dell’Unione Europea nel settore ambientale risalgo- no al Vertice Europeo di Parigi del 1972, che ha dato il via al primo Programma d’azione a favore dell’ambiente e alle prime direttive relati- ve alle sostanze chimiche, alla qualità dell’acqua ed all’inquinamento dell’aria. Occorrerà tuttavia attendere l’entrata in vigore, nel 1987, dell’Atto Unico europeo, affinché venga definita una chiara base giuri- dica per un intervento comunitario nel settore. A seguito dei successivi trattati di Maastricht (1993) e di Amsterdam (1999), le basi giuridiche per la politica comunitaria dell’ambiente sono oggi rappresentate dagli articoli 174-176 (titolo XIX) del trattato CE. Il Trattato di Amsterdam ha in particolare rafforzato il principio dello sviluppo sostenibile e posto tra le priorità assolute della Comunità il raggiungimento di un livello eleva- to di protezione dell’ambiente. La politica ambientale della Comunità si fonda sui principi della pre- cauzione (per cui occorre adoperarsi per evitare danni per l’ambiente e la salute nei casi in cui vi sia un’incertezza scientifica e le analisi preli- minari indichino la possibilità di effetti negativi, anche senza dimostra- zione di rischio) e dell’azione preventiva, sul principio della correzione in via prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente, e sul principio “chi inquina paga”. Al fine di garantire uno sviluppo sostenibile e di con- tribuire ad un sensibile e misurabile miglioramento dell’ambiente in Europa, nel 1993 è stata inoltre istituita una Agenzia europea dell’am- biente, con sede a Copenaghen, con il compito di fornire informazioni attendibili e comparabili sull’ambiente ai responsabili e al pubblico. Attualmente, il punto di riferimento dell’azione ambientale comunita- ria è il Sesto Programma d’azione adottato nel luglio 2002 e valido fino al 2010. LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 26 La politica ambientale FOTO:©EUROPEANCOMMUNITY,2007
  • 33. Per la sua attuazione sono previsti dei finanziamenti nel quadro del programma LIFE, attualmente in fase di ridefinizione (il programma LIFE+ dovrebbe disporre di una dotazione finanziaria di circa 1,8 miliar- di di euro per il periodo 2007-2013). I settori di azione prioritaria del programma sono quattro: Protezione della natura e della biodiversità. L’obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali, arrestando l’impoverimento della biodiversità sia nell’Unione Europea che su scala mondiale. Ambiente e salute. In questo settore si vuole pervenire ad una qua- lità ambientale priva di rischi significativi per la salute umana. Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. In questo campo si intende garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabi- li non superi la capacità di carico dell’ambiente e dissociare dalla cre- scita economica l’uso delle risorse, migliorando l’efficienza di queste ultime e diminuendo la produzione di rifiuti. Cambiamento climatico. L’obiettivo consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello che non pro- vochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta. Nel quadro della stra- tegia perseguita per combattere il cambiamento climatico nell’ambito del protocollo di Kyoto, l’UE ha introdotto il primo sistema mondiale di scambi di quote di emissione. I governi dell’UE assegnano quote di emissione a singole imprese industriali ed energetiche per limitare le loro emissioni di biossido di carbonio, il principale gas responsabile del- l’effetto serra. Le imprese che non utilizzano l’intera quota a loro dispo- sizione possono venderne la parte mancante ad altre che invece, oltre- passando la loro soglia, rischiano pesanti ammende per mancato rispetto della quota di emissione. Dato il successo dell’iniziativa, è in corso una riflessione sull’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva (ad esempio, ai trasporti aerei), oggi limitata ad alcuni settori quali l’energia, la produzione e la trasformazione dei materiali ferrosi, l’industria minerale e della fabbricazione della carta e del cartone. Il Consiglio Europeo di primavera (8-9 marzo 2007) ha impresso ulte- riore slancio alla politica europea di lotta ai cambiamenti climatici, sotto- lineando la stretta interdipendenza con la politica energetica e ribaden- do la determinazione dell’Unione Europea ad assumere un ruolo di leadership globale nella protezione del clima, anche in vista della defi- nizione del sistema che succederà al protocollo di Kyoto nel 2012. La gestione delle migrazioni rappresenta ormai un tema di prioritario interesse per l’Unione Europea, anche a causa della dimensione rag- giunta dai flussi illegali che attraversano il Mediterraneo. Per rispondere adeguatamente a tale sfida, l’UE ha lanciato nel dicembre 2005 il cosid- detto”approccio globale alla gestione delle migrazioni”, basato sui prin- cipi del dialogo con i paesi di origine e di transito, dell’interazione tra poli- 27 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA L’immigrazione
  • 34. tiche di contrasto e politiche di sviluppo e della solidarietà europea in termini di mezzi e risorse finanziarie. Esso costituisce un passo fonda- mentale verso una strategia europea non solo in grado di fronteggiare le crisi connesse agli afflussi massicci ed improvvisi di clandestini nel Mediterraneo, ma anche di proporre una gestione ordinata delle migra- zioni in un’ottica di cooperazione con i Paesi di origine e di transito. In questo quadro si collocano le iniziative varate dal Consiglio euro- peo del 14-15 dicembre 2006. Sotto il profilo della cooperazione e del dialogo con i Paesi terzi sono previste, in particolare · un rafforzamento del partenariato con i Paesi dell’Africa e del Mediterraneo · una maggiore integrazione tra politiche migratorie e sviluppo, anche per assicurare coerenza tra i vari strumenti dell’Unione · un rilancio dei negoziati sugli accordi di riammissione tra la UE e i paesi terzi, studiando anche possibili forme di affiancamento da parte degli Stati Membri · la promozione dell’immigrazione legale nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione · l’applicazione dell’approccio globale anche alle regioni orientali e sud-orientali dell’UE. Sulla lotta all’immigrazione illegale, il Consiglio Europeo ha previsto azioni tendenti al rafforzamento istituzionale ed operativo di Frontex (l’Agenzia per le Frontiere Esterne dell’UE) e all’intensificazione del contrasto dell’economia sommersa sia a livello europeo sia nazionale. Sulla migrazione legale e sull’integrazione, il Consiglio Europeo si è impegnato: · a sviluppare politiche che consentano di soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e che contribuiscano allo sviluppo sosteni- bile di tutti i Paesi · a realizzare entro il 2010 un sistema comune di asilo europeo, sulla base di una valutazione della prima fase di tale sistema da condurre nel 2007 · a rafforzare le politiche di integrazione stabilendo obiettivi e prin- cipi comuni. Tale programma sembra rispondere adeguatamente all’esigenza di innalzare il profilo europeo nel settore delle migrazioni ed in quanto tale è stato attivamente sostenuto da parte italiana, anche d’intesa con gli altri Paesi UE rivieraschi del Mediterraneo. L’esigenza di approfon- dire il dialogo e la cooperazione con i Paesi di origine e transito rap- presenta il volano della politica italiana, quale indispensabile premes- sa per promuovere un’efficace ed equilibrata politica migratoria europea. In prospettiva, quindi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di innescare una dinamica collaborativa di lungo periodo nei confronti dei LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 28
  • 35. paesi di origine e transito, a cominciare da quelli dell’Africa e del Mediterraneo, per recuperare in chiave di sviluppo l’enorme potenziali- tà positiva dei processi migratori. Infrastrutture, trasporti, attività culturali, formazione: sono questi solo alcuni dei settori nei quali la politica regionale europea ha ottenu- to negli anni risultati tangibili. Una politica che tende essenzialmente ad affermare i principi di solidarietà, secondo cui tutti i cittadini europei devono avere le stesse possibilità, indipendentemente dal contesto ter- ritoriale in cui vivono, e di sviluppo sostenibile. La politica regionale valorizza l’importanza della dimensione locale, prendendo in conside- razione le peculiarità dei territori, con le loro difficoltà, le loro esigenze e le loro potenzialità espresse e inespresse. Ciò in considerazione del fatto che, malgrado il territorio dell’Unione sia tra i più ricchi del mondo, le diverse zone di cui si compone non godono di pari condizioni eco- nomiche e sociali. Il progetto europeo unisce aree a forte vocazione innovativa e aree attraversate da crisi profonde; centri nevralgici e peri- ferie isolate; regioni con un avanzato sistema di protezione sociale e realtà di disoccupazione ed emarginazione. Già nel Preambolo del Trattato di Roma del 1957 veniva fatto espli- cito riferimento alla necessità di «ridurre il divario fra le diverse regioni e il ritardo di quelle più svantaggiate», con l’obiettivo di rafforzare la coesione europea. Per dare concretezza alla solidarietà comunitaria e’ stata progressivamente creata una serie di strumenti finanziari con- venzionalmente denominati “Fondi Strutturali” che non hanno mai rap- presentato un mero strumento di trasferimento di risorse dagli Stati ric- chi a quelli poveri, ma sono stati concepiti per dare una spinta significativa alla competitività dei territori che compongono l’Unione nel suo insieme. Essi sono: · il Fondo Sociale Europeo (FSE), previsto sin dal 1957 dallo stes- so Trattato di Roma, per prevenire e combattere la disoccupazio- ne e sviluppare le risorse umane e l’integrazione sociale nel mer- cato del lavoro · il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEOGA), istituito nel 1962 e oggi sostituito dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) per finanziare la Politica Agricola Comune (www.dps.tesoro.it/qcs/schede_qcs/scheda_obiettivo1.asp”) e definire il quadro del contributo comunitario allo sviluppo rurale sostenibile · lo Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP), istituito nel 1999 e oggi divenuto Fondo Europeo per la Pesca, che contribuisce all’equilibrio tra conservazione, gestione e sfrut- tamento razionale delle risorse ittiche e dell’acquacoltura e la tra- sformazione e commercializzazione dei relativi prodotti. L’Europa dei territori 29 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 36. · il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) istituito nel 1975 e mirante a promuovere la coesione economica e sociale attraver- so la correzione dei principali squilibri regionali esistenti nell’Unione Europea. Attraverso questo strumento, nel periodo 2000-2006 sono stati inoltre finanziati i cosiddetti “programmi di ini- ziativa comunitaria” quali Interreg, Equal ed Urban, che hanno visto un attivo coinvolgimento delle Regioni. · il Fondo Europeo di Coesione, istituito nel 1994 e destinato agli Stati membri con un PIL pro capite inferiore al 90% della media UE. Un aspetto caratterizzante degli aiuti concessi attraverso tali fondi è che essi non sostituiscono quelli nazionali ma vi si aggiungono. Nella programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali, il recupero socio-economico delle regioni più svantaggiate, caratterizzate dall’avere un Prodotto Interno Lordo inferiore al 75% della media europea, rappre- sentava il cosiddetto “obiettivo 1” dei Fondi Strutturali. Nell’obiettivo 1 rientravano le seguenti Regioni del nostro Mezzogiorno: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. In tale quadro, i territo- ri svantaggiati dell’Unione hanno usufruito di una dotazione complessiva di circa 257 miliardi di euro, pari al 37% del bilancio comunitario. Nel caso dell’Italia, le Regioni “obiettivo 1” hanno beneficiato di 21,9 miliardi di euro (prezzi 1999) per investimenti di sviluppo. Il cosiddetto “obiettivo 2” riguardava invece la riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali. Nel caso dell’Italia, le Regioni “obiettivo 2” (situate prevalentemente nel centro-nord) hanno beneficiato di 2,145 miliardi di Euro (prezzi 1999). Infine, l’obiettivo 3 - che mirava all’adattamento e all’ammodernamento delle politiche e dei sistemi educativi, di formazio- ne e di impiego nelle regioni non obiettivo 1 - prevedeva una dotazione finanziaria per l’Italia di 3,744 miliardi di Euro (prezzi 1999). Per il periodo di programmazione 2007-2013 la Politica di Coesione disporrà di uno stanziamento di 308 miliardi (prezzi costanti 2004), di cui 25,7 destinati all’Italia (20,1 alle Regioni meridionali). La nuova pro- grammazione, la cui logica di fondo consiste nel considerare coesione e competitività come due facce della stessa medaglia, presenta una nuova architettura fondata su tre Obiettivi: · “Convergenza”, per il sostegno alla crescita e alla creazione di maggiori posti di lavoro nelle regioni in “ritardo di sviluppo” (che succede all’Obiettivo 1) · “Competitività regionale e occupazione”, per anticipare e promuo- vere il cambiamento in tutte le altre regioni (che succede agli Obiettivi 2 e 3) · “Cooperazione territoriale”, per promuovere lo sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio europeo attraverso la cooperazione transnazionale, transfrontaliera e interregionale (che succede a Interreg). LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 30
  • 37. La nuova programmazione si caratterizza inoltre per l’adozione di un approccio più strategico e per la semplificazione delle procedure gestionali. Alla politica di coesione va attribuito il merito di coinvolgere attivamente le amministrazioni regionali nella individuazione e nella elaborazione dei progetti da realizzare come leva per dare nuovo dina- mismo alle realtà locali. Ogni Regione beneficiaria dei fondi europei, infatti, ha avuto il compito di elaborare un proprio programma (Programmi Operativi Regionali - POR) alla cui realizzazione hanno partecipato le parti economiche e sociali, garantendo la rappresentati- vità delle esigenze dei territori. Le aree di intervento non si limitano ai soli aspetti economici, ma sono multidisciplinari e toccano temi e pro- blemi stringenti che vanno –ad esempio - dalla formazione all’occupa- zione, dalla ricerca all’ambiente, dall’informazione alle pari opportuni- tà, dall’internazionalizzazione alle infrastrutture. Nella fase operativa, spesso le amministrazioni regionali locali hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà nell’orientarsi tra le diverse fonti di finanziamento europee e nella loro armonizzazione con gli strumenti nazionali e locali. Ulteriori difficoltà sono nate nel contempe- ramento delle diverse esigenze degli attori del territorio. A questo pro- posito è significativa l’esperienza di Italia Internazionale, il progetto di internazionalizzazione delle regioni del Sud d’Italia finanziato anch’es- so con i Fondi Strutturali e gestito dalla Direzione Generale per l’Integrazione Europea del Ministero degli Affari Esteri, nell’ambito del Programma Operativo di assistenza tecnica e per le azioni di sistema. Nella consapevolezza di queste difficoltà, Italia Internazionale ha messo a disposizione delle amministrazioni regionali dell’Obiettivo 1 una serie di strumenti di programmazione volti a sostenere il collega- mento dei processi di sviluppo locale con le dinamiche internazionali, come ad esempio il Programma Regionale per l’Internazionalizzazione (PRINT) i progetti-Paese. · il print è un modello per la definizione delle strategie di apertura delle Regioni verso il mondo, che tiene conto delle esigenze espresse dai diversi soggetti operanti nel territorio: pubbliche amministrazioni, imprese, sindacati, istituzioni bancarie, universi- tà e centri di ricerca, organizzazioni non governative. Si tratta quindi di uno strumento unitario di programmazione, che orienta tutte le fonti finanziare a disposizione delle amministrazioni locali sui temi rilevanti per l’internazionalizzazione, con una particolare attenzione all’attrazione di flussi di beni, idee e capitali dall’este- ro. Attualmente il PRINT è stato adottato da Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia ed è in fase di attuazione in Calabria e Sardegna. Tale modello è in grado, inoltre, di rispondere alle esigenze di internazionalizzazione di tutte le Regioni italiane ed ha suscitato interesse in molte di esse. 31 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA
  • 38. · il progetto-Paese è uno strumento teso a consentire alle ammi- nistrazioni regionali di programmare e rendere più efficaci le pro- prie attività all’estero. L’obiettivo è la creazione di partenariati per- manenti con Paesi selezionati, che favoriscano lo sviluppo socio-economico dei territori coinvolti. Questo strumento nasce dalla constatazione che esiste nelle regioni italiane una crescen- te propensione all’avvio di relazioni internazionali, manifestata dai diversi soggetti locali, pubblici e privati, le cui iniziative, però, sono spesso poco coerenti tra loro, sia funzionalmente che temporal- mente. Il risultato è uno scarso impatto delle azioni e un inutile dis- pendio di risorse umane e finanziarie in Italia e nei Paesi con i quali si è avviata la collaborazione. Il progetto-Paese, invece, con- tribuisce a costruire un’immagine forte e qualificata delle Regioni italiane nei contesti internazionali, che consente loro di interagire in modo efficace e coordinato con Stati e territori esteri e con i relativi attori istituzionali, sociali ed economici. Così come il PRINT, il progetto-Paese permette di integrare varie fonti finan- ziarie pubbliche e private di diversa origine: regionale, nazionale, comunitaria. I progetti-Paese avviati, fino ad oggi, sono tre: Puglia- Egitto, Sicilia-Tunisia e Sicilia-Romania. Nella definizione dei print e dei progetti-Paese, le Regioni potranno tenere conto delle nuove opportunità che l’Unione Europea offre in materia di cooperazione territoriale. Nel periodo di programmazione 2007-2013, questa forma di cooperazione ha avuto infatti un importan- te riconoscimento, diventando uno degli obiettivi specifici della politica di coesione. Essa consentirà la realizzazione di programmi transfron- talieri, transnazionali e interregionali che coinvolgeranno le Regioni ita- liane. Con i fondi destinati alla cooperazione territoriale, inoltre, verran- no co-finanziati i programmi analoghi previsti dai nuovi strumenti finanziari per le relazioni esterne adottati dalla Comunità europea. Tra questi nuovi strumenti vi è, in primo luogo, l’ENPI (European Neighbourhood and Partnership Instrument), adottato per dare attua- zione alla Politica Europea di Vicinato. Esso riguarda i Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale (Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Cisgiordania e Striscia di Gaza), l’Ucraina, la Moldova, la Bielorussia e i Paesi del Caucaso meri- dionale (Georgia, Armenia e Azerbaijan), nonché il partenariato strate- gico con la Russia. L’ENPI, che ha una dotazione finanziaria di 12 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, ha, tra i suoi obiettivi, lo svi- luppo economico e sociale dei Paesi vicini, la sicurezza e la stabilità delle frontiere (affrontando sfide comuni nel campo della sanità pubbli- ca, dell’ambiente, del nucleare, dell’immigrazione clandestina e del cri- mine organizzato transnazionale) e la progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali sulla base di regole armonizzate. Una com- ponente specifica e innovativa di questo strumento consiste nella LE SFIDE DELL’UNIONE EUROPEA 32
  • 39. cooperazione transfrontaliera, che riguarda le Regioni degli Stati mem- bri e Paesi che condividono una frontiera marittima o terrestre comune. Nel quadro dell’ENPI è finanziato un Programma multilaterale sul Bacino del Mediterraneo, che coinvolge i Paesi membri dell’Unione, la Turchia e i Paesi beneficiari nella Politica Europea di Vicinato che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo. La Regione Sardegna è stata nominata Autorità di Gestione Congiunta del programma, il cui budget previsto è di 173 milioni di euro. Altro strumento messo a disposizione dall’Unione Europea per la programmazione 2007-2013 è l’IPA (Instrument of Pre-Accession), teso a promuovere il progressivo avvicinamento istituzionale, economico e sociale dei Paesi candidati effettivi o potenziali all’adesione all’Unione Europea (Turchia, Croazia, Macedonia, Serbia – incluso il Kossovo – Montenegro, Bosnia Erzegovina ed Albania). Anche l’IPA, il cui budget è di circa 11,5 miliardi di euro, rappresenta un’opportunità per l’Italia e per il suo sistema regionale, prevedendo il ricorso alla cooperazione territo- riale. Nell’ambito dell’IPA è finanziato un Programma sul Bacino dell’Adriatico, che coinvolge le sette Regioni italiane che vi si affacciano (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia), nonché le regioni frontaliere di Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Slovenia. Banco di prova della nuova politica europea di coesione, e in parti- colare dei programmi di cooperazione territoriale, sarà il grado di par- tecipazione delle autorità e degli attori locali. Solo attraverso un loro pieno coinvolgimento sarà possibile ottenere effetti tangibili e perma- nenti di sviluppo, di apertura e di integrazione delle aree geografiche interessate. Gli stessi fondi messi a disposizione dalla programmazio- ne europea devono peraltro essere considerati una leva per l’attivazio- ne di investimenti privati, altrimenti il loro effetto sarà minimo o trascu- rabile. Un esempio concreto di collaborazione transfrontaliera, che ha visto la partecipazione di soggetti pubblici e privati, è “Credito a chi ci ha dato credito”, iniziativa realizzata in chiusura della scorsa pro- grammazione. Si tratta di un accordo tra una banca tunisina (Banque Internationale Arabe de Tunisie), Banca Nuova e la Regione Sicilia. Anche la definizione di tale accordo è stata sostenuta nel quadro del progetto “Italia Internazionale”. Obiettivo dell’iniziativa è la creazione di servizi finanziari studiati per rispondere alle esigenze degli immigrati tunisini che hanno scelto di vivere in Sicilia e che contribuiscono alla ricchezza della regione con il proprio lavoro. “Credito a chi ci ha dato credito” permette ai tunisini residenti in Sicilia di inviare i propri rispar- mi ai familiari in Tunisia, usufruendo di condizioni di trasferimento van- taggiose. Esso permette loro, inoltre, il finanziamento di progetti imprenditoriali nel proprio Paese di origine. Un’iniziativa che rappre- senta un passo significativo verso la creazione di un partenariato tra la Sicilia e la Tunisia, ponendo le basi di un dialogo che prenda in consi- derazione soprattutto gli interessi dei cittadini. 33 L’ITALIAEL’EUROPAA50ANNI DALLAFIRMADEITRATTATIDIROMA