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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO
     Corso di formazione: “Valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari”
            Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana (DIMO)




           STILE DI VITA MEDITERRANEO
                         &
             SINDROME METABOLICA



Dott. Michele Zonno
Cosa è la Sindrome Metabolica

Con il concetto di “Sindrome Metabolica”
si fa riferimento ad un quadro clinico
caratterizzato da obesità viscerale,
ipertensione arteriosa, alterazioni del
metabolismo        glucidico    e     lipidico,
aumentato        rischio     di    sviluppare
complicanze                   cardiovascolari,
cerebrovascolari e diabete mellito di tipo
2.
Fattori che incidono nell’insorgenza della
SM sono:
• Il peso corporeo;
• L’età;
• L’etnia;
• Eventuali altre patologie.
SINDROME METABOLICA: CLASSIFICAZIONE
                                                                         ATP III 2001
                                     OMS 1998                                                              IDF 2005
                                                                         (Rev 2005)
                                                                                                         ≥94 cm(uomini)
                                                                        >102 cm (uomini)
Circonferenza vita                                                                                 ≥80 cm(donne) con specifici
                                                                         >88 cm (donne)
                                                                                                   valori per altri gruppi etnici

                                                                                                            ≥150 mg/dl
Trigliceridi                          ≥150 mg/dl                           ≥150 mg/dl                  (o già in terapia per
                                                                                                       ipertrigliceridemia).
                                                                                                       <40 mg/dl(uomini)
                                  <35 mg/dl (uomini)                   <40 mg/dl (uomini)
Colesterolo HDL                                                                                        <50 mg/dl(donne)
                                   <39mg/dl(donne)                     <50 mg/dl (donne)
                                                                                                        (o già in terapia)
                                                                                                         PS ≥ 130 mmHg
                                                                         ≥130/85 mmHg
                                                                                                         PD ≥ 85 mmHg
Pressione arteriosa                 ≥140/90 mmHg                      (o già in terapia anti-
                                                                           ipertensiva)               (o già in terapia anti-
                                                                                                           ipertensiva)
                                Intolleranza al glucosio
Alterazioni della glicemia             o diabete                   ≥100 mg/dl (o già in terapia)   ≥100 mg/dl (o già in terapia)
                                 e/o insulino-resistenza
                             Quota di escrezione urinaria di
                                albumina≥20 g/min or
Microalbuminuria                                                                 /                               /
                             albumina:creatinina ratio≥30
                                         mg/g

                                                               Alberti et al. Diabet Med 1998; NCEP JAMA 2001; IDF 2005
Sindrome Metabolica e insulino-resistenza

Benché l’eziopatogenesi della SM risulta tutt’oggi ancora poco
chiara il fattore di rischio dominante sembra essere costituito
dall’insulino-resistenza e cioè da una bassa sensibilità delle
cellule dell’organismo all’azione dell’insulina. Non è dunque un
caso se uno dei nomi con cui viene chiamata la SM sia proprio
Sindrome da insulino-resistenza.

All’origine dell’insulino-resistenza vi è l’interazione di fattori di
ordine differenti: genetici, ma anche ormonali, comportamentali
e legati all’uso di certi farmaci. Questa patologia si manifesta
nei casi di diabete mellito di tipo 2, alterata glicemia a digiuno
(IFG), ridotta tolleranza ai carboidrati (IGT).
Conseguenze della SM
Fra i maggiori rischi cui sono esposti i soggetti
affetti da SM figurano:
•Malattie cardiocerebrovascolari;
• Diabete mellito di tipo 2;
•Steatosi epatica;
•Calcolosi colicistica;
•Sindrome da ovaio policistico;
•Asma;
•Apnee notturne;
•Alcune forme tumorali.
SM come emergenza socio-sanitaria

La SM rappresenta uno dei problemi di
salute di maggiormente avvertiti nei
Paesi Occidentali, sia sotto il profilo
socio-sanitario, che in merito ai costi
economici che i singoli Stati sono
costretti a sostenere per affrontarlo e/o
arginarlo. Solo negli Stati Uniti si calcola
che il numero di coloro che ne sono
affetti sia di circa 47 milioni di individui,
ovvero il 15% della popolazione totale.
In Italia, invece, sono oltre 10 milioni i
cittadini che soffrono di questa
patologia.
SM come emergenza socio-sanitaria

A rendere difficile qualsiasi intervento
su vasta scala per prevenire e
contrastare la SM è il fatto che, in molti
casi, gli individui che ne sono affetti non
ne hanno consapevolezza. Alle volte
sono gli stessi medici che, anche a causa
di una certa incertezza vigente in
ambito diagnostico, non sono in grado
di riconoscerla, motivo per cui si
limitano a coglierne i singoli sintomi che
la caratterizzano, trascurando però il
quadro d’insieme, con tutto ciò che
questo comporta.
SM: cenni storici
• Nel ‘600 il medico olandese Nicolaes Tulp (1593 - 1674) è stato il primo a
  descrivere un caso di sindrome da ipertrigliceridemia;
• Nel ‘700 il medico italiano Giovanni Battista Morgagni (1682 - 1771) mise in
  relazione obesità viscerale, ipertensione, iperuricemia, aterosclerosi e
  sindrome delle apnee ostruttive notturne;
• Negli anni ‘50 il diabetologo francese Jean Vague ha messo in evidenza come
  l’obesità di tipo androide sia correlata con un maggior rischio di sviluppare il
  diabete, l’aterosclerosi e la gotta;
• Negli anni ‘60 i ricercatori italiani Avogaro e Crepaldi descrissero una
  condizione clinica caratterizzata da alcune anomalie metaboliche che
  chiamarono Sindrome Plurimetabolica;
• Nel 1988 l’endocrinologo americano Gerald M. Reaven descrisse la sindrome X
  come una condizione clinica caratterizzata da vari fattori (iperglicemia,
  ipertensione, bassi livelli di colesterolo HDL, ipertrigliceridemia) e nella cui
  insorgenza giocava un ruolo chiave l’insulino-resistenza;
• Nel 1998 l’OMS propose la propria versione internazionalmente riconosciuta di
  SM.
SM: cenni storici

Il termine Sindrome Metabolica è entrato in uso presso la comunità
scientifica solo a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso. Nel corso
degli anni questa patologia è stata chiamata con vari nomi: Sindrome
X, Sindrome da insulino-resistenza, Sindrome Dismetabolica, Girovita
da Ipertrigliceridemico, Sindrome dell’obesità, Sindrome di Reaven,
Sindrome Plurimetabolica.

I criteri diagnostici attraverso i quali questa patologia è stata per la
prima volta identificata sono stati formalizzati e istituzionalizzati solo a
partire dal 1998 con la definizione proposta dall’OMS. I criteri OMS
sono attualmente ancora in vigore e coesistono insieme a quelli
proposti da altri enti e/o istituzioni: EGIR (1999), AACE-ACE (2003), ATP
III (2005), IDF (2005).
Importanza del concetto di SM

I vantaggi impliciti nel concetto di SM sono due:
• Dal punto di vista terapeutico risultano decisamente
   più efficaci quelle modalità d’azione alle quali
   sottende una visione completa e sistemica del
   quadro clinico del paziente;

• Nell’affrontare i problemi di salute piuttosto che a
  tipologie d’intervento di carattere farmacologico e/o
  sanitario, o comunque congiuntamente ad esse, si
  opera per promuovere una modificazione degli stili
  di vita a rischio.
SM e obesità

Il      sovrappeso      e     l’obesità
costituiscono i fattori di rischio
maggiormente               significativi
nell’insorgenza della SM. Secondo le
stime, nei Paesi industrializzati
appena il 5% delle persone
normopeso è affetto da Sindrome
Metabolica, a fronte di una
percentuale del 22% che si registra
fra i soggetti in sovrappeso e del 60%
fra gli obesi.
Valori del BMI

Condizione peso      Min              Max

Obesità III classe   ≥ 40.00          /
Obesità II classe    35.00            39.99
Obesità I classe     30.00            34.99
Sovrappeso           25.00            29.99
Normopeso            18.50            24.99
Sottopeso            16.00            18.49
Grave magrezza       /                <16.00
Globesità


La     diffusione      dell’eccesso
ponderale che si registra nel
Mondo Occidentale e in misura
minore, ma crescente, anche nei
Paesi in via di sviluppo, presenta
oggi dei caratteri epidemici,
tanto da indurre l’OMS, nel 2001,
a coniare il neologismo globesity
(costituito dall’unione delle
parole global + obesity e
traducibile in italiano con il
termine globesità).
Obesità come pandemia
“Per la prima volta nella storia
 dell’umanità le generazioni
attuali hanno una speranza di
   vita minore di quella dei
           genitori.”



   Congresso internazionale sull’Obesità, 1992
Conseguenze dell’eccesso ponderale
L’eccesso di massa grassa, indipendentemente dal fatto che rientri o meno nel quadro
clinico della Sindrome Metabolica, può favorire l’insorgenza di:
•Ictus ischemico;
•Malattie coronariche;
•Ipertensione;
•Patologie respiratorie;
•Epatopatie;
•Cancro;
•Diabete;
•Iperlipidemia;
•Disturbi della riproduzione;
•Sindrome dell’ovaio policistico;
•Patologie ostetriche;
•Patologie degenerative osteoarticolari;
•Declino cognitivo;
•Problemi psicosociali.
Obesità viscerale e insulino-resistenza

Il tessuto adiposo si può depositare sotto la pelle
(grasso ipodermico), nella cavità addominale
(grasso viscerale) e nel tessuto muscolare (grasso
d’infiltrazione). In un uomo adulto la massa
grassa non dovrebbe superare il 10-15% della
composizione totale del corpo; in una donna il
22-25%.

Nel caso del tessuto adiposo viscerale, questo,
oltre a costituire una riserva energetica,
rappresenta anche un organo endocrino
preposto alla produzione e al rilascio nel sistema
cardiocircolatorio di tutta una serie di molecole
essenziali per il funzionamento dell’organismo. Il
tessuto adiposo viscerale possiede un ruolo
chiave nello sviluppo della SM in quanto
favorisce l’insorgenza e il mantenimento
dell’insulino-resistenza.
Livello di rischio connesso all’obesità viscerale

Rischio                      Uomo                         Donna
                             cm                           cm
Molto elevato                > 120                        > 110
Elevato                      100 - 120                    90 - 109
Basso                        80 - 99                      70 - 89
Molto basso                  <80                          <70

American College of Sports Medicine (2005), ACSM’s Guidelines for Exercise Testing
and Prescription, 7th ed. Lippincott Williams and Wilkins, 61.
Vantaggi legati allo stile di vita mediterraneo

Lo stile di vita mediterraneo aiuta a prevenire e
contrastare il fenomeno della SM in quanto:
• Aiuta a tenere sotto controllo il peso corporeo attraverso un regime
   alimentare ipocalorico e uno stile di vita attivo;
• Favorisce un aumento del colesterolo HDL e una diminuzione di
   quello LDL;
• Comporta un abbassamento dei trigliceridi;
• Aiuta a tenere sotto controllo la pressione arteriosa;
• Comporta un regime alimentare povero in grassi saturi e proteine
   animali;
• Aiuta a mantenere basso il livello della glicemia;
• Favorisce un adeguato apporto di fibra;
• Favorisce un regime alimentare iposodico.
I grassi saturi

Uno dei fattori principali che concorre all’insorgenza
della SM, così come delle patologie ad essa associate
(obesità viscerale, diabete, insulino-resistenza) è il
consumo eccessivo di grassi saturi di origine animale.

L’assunzione smodata di questi ultimi, infatti, non solo
comporta un aumento del tessuto lipidico, favorendo in
tal modo il fenomeno dell’obesità viscerale, ma
costituisce anche un fattore di rischio significativo per
diverse altre patologie metaboliche.
I prodotti di origine animale

Al consumo delle carni rosse,
per loro natura più ricche di
grassi, bisognerebbe preferire
quello delle carni bianche,
delle quali comunque non si
dovrebbe eccedere. Così come
non si dovrebbe eccedere con
il latte e soprattutto con i
latticini: i formaggi sono un
alimento ad alto contenuto di
proteine animali e di grassi.
I prodotti da condimento

I prodotti da condimento di
origine animale come il burro e
la    margarina       andrebbero
evitati privilegiando, invece,
quelli di origine vegetale
contenenti acidi grassi insaturi.
Fra questi si possono citare
oltre all’olio extravergine di
oliva, anche gli oli di semi
ricavati dal mais, dalla soia, dal
vinacciolo e dal girasole. La
modalità ideale per il consumo
degli oli vegetali è a crudo.
Benefici dell’olio extravergine di oliva nella
              prevenzione della SM
Un consumo regolare di olio
extravergine di oliva è associato a:
•Una minore incidenza del diabete II,
dell’obesità e della SM;
•Un mantenimento a bassi livelli del
colesterolo LDL e, di contro, un
potenziamento di quello HDL;
•Una riduzione dei trigliceridi;
•Aumento                dell’ossidazione
postprandiale e della termogenesi
indotta.
Acidi grassi trans

Particolarmente dannosi sono gli acidi
grassi    trans,    perché      causano
l’aumento della colesterolemia totale
e del colesterolo LDL, che si traduce, a
sua volta, in un aumento del rischio
cardiovascolare e, in particolar modo,
di quello coronarico.

 I grassi trans sono inoltre associati a
un abbassamento dei valori del
colesterolo HDL e ciò a differenza di
quanto avviene con il consumo dei
grassi saturi, in cui però l’aumento
che si registra in relazione a questo
parametro è alquanto esiguo.
I grassi polinsaturi Omega 3

I grassi polinsaturi Omega 3 sono presenti
nel pesce, in particolare quello azzurro
(sardina, sgombro), ed in alcuni vegetali
(semi di lino, canapa, zucca, noci): hanno
una       funzione      ipotriglicerizzante,
antinfiammatoria e antiaritmica. Gli
omega 3, inoltre, rivestono una funzione
particolare anche nel mantenimento dello
stato di salute e nel funzionamento delle
cellule del sistema nervoso centrale.

Nella preparazione dei pasti a base di
pesce è necessario evitare di eliminare il
grasso sottocutaneo presente in questi
ultimi: è, infatti, proprio in tale sede che
si riscontrano le maggiori concentrazioni
di omega 3.
Indice glicemico

Tutti i tipi di carboidrati una volta introdotti nell’organismo
vengono trasformati in glucosio. L’indice glicemico di un
carboidrato esprime la velocità con cui questo aumenta la
concentrazione di glucosio nel sangue.

Sebbene sia una misura importante l’indice glicemico, tuttavia, non
offre alcuna informazione a riguardo della percentuale di
carboidrati presente in ciascun alimento: a questo scopo occorre
fare una misurazione di tipo quantitativo volta a calcolare il peso in
grammi dei carboidrati stessi. Il prodotto fra l’indice glicemico e il
peso dei carboidrati prende il nome di carico glicemico e
costituisce dunque la misura più efficace possibile in relazione al
contenuto in carboidrati presente in ciascun alimento e alla
concentrazione di questi nel sangue.
I carboidrati a basso indice glicemico

Nel consumo dei carboidrati andrebbero privilegiati quelli
caratterizzati da un basso indice glicemico: questi ultimi,
rilasciando il glucosio più lentamente, fanno si che i valori della
glicemia siano più stabili e ciò determina un senso di sazietà
prolungato nel tempo e una minore secrezione d’insulina. Il
senso di sazietà induce una riduzione dell’introito calorico, e la
risposta insulinica meno marcata ha un’incidenza minore sulla
conversione dei carboidrati in grassi da deposito.

Consumare alimenti a basso indice glicemico determina inoltre
un incremento dei livelli di colesterolo HDL e, di contro, una
riduzione della trigliceridemia e dei markers infiammatori, come
la proteina C reattiva (PCR).
Indice glicemico di alcuni alimenti

• Patate (alto indice glicemico);
• Pane bianco classico (alto indice glicemico);
• Riso (indice glicemico variabile a seconda della
  qualità);
• Pasta di grano duro cotta al dente (basso indice
  glicemico);
• Cereali integrali (basso indice glicemico);
• Legumi (basso indice glicemico);
• Frutta (basso indice glicemico);
• Verdura (basso indice glicemico).
Carboidrati: non è importante solo la qualità,
             ma anche la quantità
Poiché la quantità di insulina secreta a livello ormonale non
dipende esclusivamente dall’indice glicemico dei prodotti
consumati, ma anche dalla quantità dei carboidrati che vengono
ingeriti, è dunque necessario che, nell’ambito del menù
quotidiano, si faccia attenzione alla tipologia degli alimenti da
consumare così come alla quantità delle porzioni di questi ultimi.

Per far sì che la dieta risulti leggera è quindi necessario che
l’apporto calorico giornaliero sia commisurato con il reale
fabbisogno energetico dell’individuo. La percentuale dei
carboidrati quotidianamente ingerita, inoltre, non deve essere
superiore al 55-60% circa dell’introito calorico quotidiano.
Lo zucchero

Il consumo smodato di zuccheri oltre a
favorire l’aumento ponderale costituisce
anche un fattore di rischio per
l’insorgenza         dell’insulino-resistenza,
dell’ipertrigliceridemia, di alcune forme
tumorali e altre patologie.

Per evitare queste complicazioni è
necessario limitare il consumo di
zucchero (zucchero bianco o artificiale),
privilegiando quello dei dolcificanti
artificiali, ed evitare assolutamente quello
dei prodotti con “zuccheri aggiunti”
(succhi di frutta, bevande gassate, cereali
zuccherati, snack e merendine varie,
ecc.).
La fibra

L’alto contenuto in fibra che si riscontra
negli alimenti di origine vegetale aiuta
significativamente    a    prevenire     e
contrastare la SM in quanto contribuisce
a ridurre i livelli della glicemia,
dell’insulinemia e della trigliceridemia
postprandiale.

La fibra, inoltre, contrasta l’assorbimento
del glucosio contenuto nei cibi o generato
attraverso l’idrolisi enzimatica degli amidi
presenti in questi ultimi in quanto modula
la risposta glicemica. Il consumo di fibra si
associa anche ad un abbassamento dei
livelli della PCR e ad una minore incidenza
del rischio cardiovascolare.
Il sale

Il sodio che, insieme al cloro, costituisce uno dei
due elementi che compongono il sale da cucina, se
assunto in dosi eccessive favorisce l’aumento della
pressione arteriosa e predispone all’insorgenza di
alcune    patologie     a    carico     del     sistema
cardiocircolatorio e dei reni. In Italia il consumo di
sale è decisamente più elevato rispetto a quanto
raccomandato dagli esperti: 12-15 g a fronte dei 3-5
che sarebbero consigliati per un uomo adulto.

Per seguire una dieta iposodica sarebbe opportuno,
nella preparazione dei pasti, usare il sale con una
certa moderazione, privilegiando quello iodato e
alternandone l’uso con quello delle spezie, delle
erbe o dell’aceto.
L’alcol

L’alcol è una sostanza da assumere con moderazione.
Questo, infatti, se preso in modiche quantità, sembra
avere degli effetti positivi sull’organismo perché
favorisce un aumento del colesterolo HDL e della
PCR, ma se assunto smodatamente, oltre a
danneggiare il fegato, a livello metabolico può dare
luogo anche a un incremento della massa corporea.

L’INRAN valuta come moderata una quantità di alcol
giornaliera pari a 2-3 Unità Alcoliche per l’uomo e 1
o, al massimo 2, Unità Alcoliche per la donna. Una
Unità Alcolica (U.A.) equivale a circa 12 grammi di
etanolo che è la quantità contenuta in un bicchiere
piccolo (125 ml) di vino a media gradazione, in una
lattina o bottiglia di birra (330 ml) di media
gradazione o in una dose da bar (40 ml) di
superalcolico.
I contro della Dieta Mediterranea
                    “tradizionale”
In talune circostanze e per alcune categorie di soggetti la Dieta
Mediterranea tradizionalmente intesa può richiedere delle
modificazioni:
•Nei soggetti in forte sovrappeso la quota percentuale dei carboidrati
quotidianamente assunta dovrebbe calare leggermente dal 60% al 45-
50%. Di contro la quota delle proteine dovrebbe salire al 20% circa;
•Nei soggetti affetti da gastrite l’alimentazione quotidiana non
dovrebbe prevedere il consumo di frutta acida (es. agrumi) e alcune
verdure (es. pomodori);
•Nei soggetti affetti da ipotiroidismo l’alimentazione quotidiana non
dovrebbe prevedere il consumo di alimenti come il cavolo o il
cavolfiore;
•…
Regole alimentari per soggetti metabolici

Per i soggetti affetti da SM è necessario attenersi ad alcune regole
alimentari:
•Suddividere il menù quotidiano in più pasti poco abbondanti;
• Non associare nello stesso pasto due alimenti ricchi di carboidrati e,
nella scelta di questi ultimi, privilegiare quelli con un basso indice
glicemico;
•Privilegiare il consumo di piatti misti che associno gli alimenti ricchi di
carboidrati con quelli contenenti le fibre;
•Ridurre al minimo il consumo di sodio;
•Evitare i prodotti a base di zuccheri semplici;
•Consumare abbondanti quantità di frutta e verdura;
•Ridurre il consumo di grassi e oli da condimento, soprattutto se di
origine animale;
•Evitare la frittura come modalità di preparazione dei pasti.
Il tabacco

Fra le cause della Sindrome
Metabolica vi è anche il tabacco:
l’abitudine al fumo di sigaretta
comporta         un      aumento
dell’insulino-resistenza e un
abbassamento dei livelli del
colesterolo HDL.

A     livello  cardiocircolatorio,
inoltre, il fumo comporta un
aumento       della    frequenza
cardiaca e della pressione
arteriosa.
Attività fisica
Per contrastare la SM è necessario che
ad un modello alimentare corretto si
associ uno stile di vita attivo. Secondo gli
studiosi    la     quantità      di   moto
raccomandata è costituita da 30 minuti
al giorno di esercizio aerobico di
moderata intensità (corsa, nuoto,
cyclette, ecc.).

Praticare regolarmente attività fisica,
oltre a garantire il mantenimento del
peso forma, comporta per l’organismo
tutta una serie di vantaggi diretti (in
termini di salute) e indiretti (favorisce la
socialità e l’autostima).
Vantaggi di uno stile di vita attivo nella
              prevenzione della SM
L’esercizio regolare dell’attività fisica si associa con:
• Un aumento del livello del colesterolo HDL (fino al 20-30%) e, di
   contro, un abbassamento del colesterolo LDL;
• Un miglioramento del profilo lipidico;
• Un abbassamento del livello dei trigliceridi;
• Una diminuzione delle Very Low Density Lipoprotein (VLDL);
• Una maggiore sensibilità all’insulina;
• Una riduzione dei valori pressori (soprattutto nei soggetti affetti da
   iperinsulinemia);
• Una riduzione del grasso corporeo e in particolare di quello
   viscerale;
• Una migliore salute cardiovascolare;
• Una minore predisposizione all’insorgenza del diabete di tipo 2.
Vantaggi dell’attività fisica nei soggetti
                     metabolici
Alcuni studi hanno dimostrato come in soggetti metabolici in
sovrappeso od obesi basta un calo ponderale del 10% per
conseguire una riduzione dell’insulino-resistenza ed evitare di
andare incontro alle complicanze della SM. L’attività fisica regolare
gioca in questo contesto un ruolo significativo non solo per la
riduzione del peso corporeo, ma manche per il mantenimento del
risultato ottenuto.

Diminuzioni di peso troppo drastiche, perseguite attraverso una
riduzione eccessiva dell’introito calorico e non accompagnate da
esercizio fisico, oltre a mettere la rischio la salute dell’individuo,
sono spesso destinate al fallimento. In molti casi si va incontro alla
cosiddetta “sindrome dello yo-yo” e alle inevitabili ripercussioni
sull’autostima che questa situazione comporta.
“Gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo
       l’uomo intelligente sa mangiare”



            Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826)

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Stili di vita mediterraneo e sindrome metabolica - di Michele Zonno

  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO Corso di formazione: “Valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari” Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana (DIMO) STILE DI VITA MEDITERRANEO & SINDROME METABOLICA Dott. Michele Zonno
  • 2. Cosa è la Sindrome Metabolica Con il concetto di “Sindrome Metabolica” si fa riferimento ad un quadro clinico caratterizzato da obesità viscerale, ipertensione arteriosa, alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico, aumentato rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari, cerebrovascolari e diabete mellito di tipo 2. Fattori che incidono nell’insorgenza della SM sono: • Il peso corporeo; • L’età; • L’etnia; • Eventuali altre patologie.
  • 3. SINDROME METABOLICA: CLASSIFICAZIONE ATP III 2001 OMS 1998 IDF 2005 (Rev 2005) ≥94 cm(uomini) >102 cm (uomini) Circonferenza vita ≥80 cm(donne) con specifici >88 cm (donne) valori per altri gruppi etnici ≥150 mg/dl Trigliceridi ≥150 mg/dl ≥150 mg/dl (o già in terapia per ipertrigliceridemia). <40 mg/dl(uomini) <35 mg/dl (uomini) <40 mg/dl (uomini) Colesterolo HDL <50 mg/dl(donne) <39mg/dl(donne) <50 mg/dl (donne) (o già in terapia) PS ≥ 130 mmHg ≥130/85 mmHg PD ≥ 85 mmHg Pressione arteriosa ≥140/90 mmHg (o già in terapia anti- ipertensiva) (o già in terapia anti- ipertensiva) Intolleranza al glucosio Alterazioni della glicemia o diabete ≥100 mg/dl (o già in terapia) ≥100 mg/dl (o già in terapia) e/o insulino-resistenza Quota di escrezione urinaria di albumina≥20 g/min or Microalbuminuria / / albumina:creatinina ratio≥30 mg/g Alberti et al. Diabet Med 1998; NCEP JAMA 2001; IDF 2005
  • 4. Sindrome Metabolica e insulino-resistenza Benché l’eziopatogenesi della SM risulta tutt’oggi ancora poco chiara il fattore di rischio dominante sembra essere costituito dall’insulino-resistenza e cioè da una bassa sensibilità delle cellule dell’organismo all’azione dell’insulina. Non è dunque un caso se uno dei nomi con cui viene chiamata la SM sia proprio Sindrome da insulino-resistenza. All’origine dell’insulino-resistenza vi è l’interazione di fattori di ordine differenti: genetici, ma anche ormonali, comportamentali e legati all’uso di certi farmaci. Questa patologia si manifesta nei casi di diabete mellito di tipo 2, alterata glicemia a digiuno (IFG), ridotta tolleranza ai carboidrati (IGT).
  • 5. Conseguenze della SM Fra i maggiori rischi cui sono esposti i soggetti affetti da SM figurano: •Malattie cardiocerebrovascolari; • Diabete mellito di tipo 2; •Steatosi epatica; •Calcolosi colicistica; •Sindrome da ovaio policistico; •Asma; •Apnee notturne; •Alcune forme tumorali.
  • 6. SM come emergenza socio-sanitaria La SM rappresenta uno dei problemi di salute di maggiormente avvertiti nei Paesi Occidentali, sia sotto il profilo socio-sanitario, che in merito ai costi economici che i singoli Stati sono costretti a sostenere per affrontarlo e/o arginarlo. Solo negli Stati Uniti si calcola che il numero di coloro che ne sono affetti sia di circa 47 milioni di individui, ovvero il 15% della popolazione totale. In Italia, invece, sono oltre 10 milioni i cittadini che soffrono di questa patologia.
  • 7. SM come emergenza socio-sanitaria A rendere difficile qualsiasi intervento su vasta scala per prevenire e contrastare la SM è il fatto che, in molti casi, gli individui che ne sono affetti non ne hanno consapevolezza. Alle volte sono gli stessi medici che, anche a causa di una certa incertezza vigente in ambito diagnostico, non sono in grado di riconoscerla, motivo per cui si limitano a coglierne i singoli sintomi che la caratterizzano, trascurando però il quadro d’insieme, con tutto ciò che questo comporta.
  • 8. SM: cenni storici • Nel ‘600 il medico olandese Nicolaes Tulp (1593 - 1674) è stato il primo a descrivere un caso di sindrome da ipertrigliceridemia; • Nel ‘700 il medico italiano Giovanni Battista Morgagni (1682 - 1771) mise in relazione obesità viscerale, ipertensione, iperuricemia, aterosclerosi e sindrome delle apnee ostruttive notturne; • Negli anni ‘50 il diabetologo francese Jean Vague ha messo in evidenza come l’obesità di tipo androide sia correlata con un maggior rischio di sviluppare il diabete, l’aterosclerosi e la gotta; • Negli anni ‘60 i ricercatori italiani Avogaro e Crepaldi descrissero una condizione clinica caratterizzata da alcune anomalie metaboliche che chiamarono Sindrome Plurimetabolica; • Nel 1988 l’endocrinologo americano Gerald M. Reaven descrisse la sindrome X come una condizione clinica caratterizzata da vari fattori (iperglicemia, ipertensione, bassi livelli di colesterolo HDL, ipertrigliceridemia) e nella cui insorgenza giocava un ruolo chiave l’insulino-resistenza; • Nel 1998 l’OMS propose la propria versione internazionalmente riconosciuta di SM.
  • 9. SM: cenni storici Il termine Sindrome Metabolica è entrato in uso presso la comunità scientifica solo a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso. Nel corso degli anni questa patologia è stata chiamata con vari nomi: Sindrome X, Sindrome da insulino-resistenza, Sindrome Dismetabolica, Girovita da Ipertrigliceridemico, Sindrome dell’obesità, Sindrome di Reaven, Sindrome Plurimetabolica. I criteri diagnostici attraverso i quali questa patologia è stata per la prima volta identificata sono stati formalizzati e istituzionalizzati solo a partire dal 1998 con la definizione proposta dall’OMS. I criteri OMS sono attualmente ancora in vigore e coesistono insieme a quelli proposti da altri enti e/o istituzioni: EGIR (1999), AACE-ACE (2003), ATP III (2005), IDF (2005).
  • 10. Importanza del concetto di SM I vantaggi impliciti nel concetto di SM sono due: • Dal punto di vista terapeutico risultano decisamente più efficaci quelle modalità d’azione alle quali sottende una visione completa e sistemica del quadro clinico del paziente; • Nell’affrontare i problemi di salute piuttosto che a tipologie d’intervento di carattere farmacologico e/o sanitario, o comunque congiuntamente ad esse, si opera per promuovere una modificazione degli stili di vita a rischio.
  • 11. SM e obesità Il sovrappeso e l’obesità costituiscono i fattori di rischio maggiormente significativi nell’insorgenza della SM. Secondo le stime, nei Paesi industrializzati appena il 5% delle persone normopeso è affetto da Sindrome Metabolica, a fronte di una percentuale del 22% che si registra fra i soggetti in sovrappeso e del 60% fra gli obesi.
  • 12. Valori del BMI Condizione peso Min Max Obesità III classe ≥ 40.00 / Obesità II classe 35.00 39.99 Obesità I classe 30.00 34.99 Sovrappeso 25.00 29.99 Normopeso 18.50 24.99 Sottopeso 16.00 18.49 Grave magrezza / <16.00
  • 13. Globesità La diffusione dell’eccesso ponderale che si registra nel Mondo Occidentale e in misura minore, ma crescente, anche nei Paesi in via di sviluppo, presenta oggi dei caratteri epidemici, tanto da indurre l’OMS, nel 2001, a coniare il neologismo globesity (costituito dall’unione delle parole global + obesity e traducibile in italiano con il termine globesità).
  • 15. “Per la prima volta nella storia dell’umanità le generazioni attuali hanno una speranza di vita minore di quella dei genitori.” Congresso internazionale sull’Obesità, 1992
  • 16. Conseguenze dell’eccesso ponderale L’eccesso di massa grassa, indipendentemente dal fatto che rientri o meno nel quadro clinico della Sindrome Metabolica, può favorire l’insorgenza di: •Ictus ischemico; •Malattie coronariche; •Ipertensione; •Patologie respiratorie; •Epatopatie; •Cancro; •Diabete; •Iperlipidemia; •Disturbi della riproduzione; •Sindrome dell’ovaio policistico; •Patologie ostetriche; •Patologie degenerative osteoarticolari; •Declino cognitivo; •Problemi psicosociali.
  • 17.
  • 18. Obesità viscerale e insulino-resistenza Il tessuto adiposo si può depositare sotto la pelle (grasso ipodermico), nella cavità addominale (grasso viscerale) e nel tessuto muscolare (grasso d’infiltrazione). In un uomo adulto la massa grassa non dovrebbe superare il 10-15% della composizione totale del corpo; in una donna il 22-25%. Nel caso del tessuto adiposo viscerale, questo, oltre a costituire una riserva energetica, rappresenta anche un organo endocrino preposto alla produzione e al rilascio nel sistema cardiocircolatorio di tutta una serie di molecole essenziali per il funzionamento dell’organismo. Il tessuto adiposo viscerale possiede un ruolo chiave nello sviluppo della SM in quanto favorisce l’insorgenza e il mantenimento dell’insulino-resistenza.
  • 19. Livello di rischio connesso all’obesità viscerale Rischio Uomo Donna cm cm Molto elevato > 120 > 110 Elevato 100 - 120 90 - 109 Basso 80 - 99 70 - 89 Molto basso <80 <70 American College of Sports Medicine (2005), ACSM’s Guidelines for Exercise Testing and Prescription, 7th ed. Lippincott Williams and Wilkins, 61.
  • 20. Vantaggi legati allo stile di vita mediterraneo Lo stile di vita mediterraneo aiuta a prevenire e contrastare il fenomeno della SM in quanto: • Aiuta a tenere sotto controllo il peso corporeo attraverso un regime alimentare ipocalorico e uno stile di vita attivo; • Favorisce un aumento del colesterolo HDL e una diminuzione di quello LDL; • Comporta un abbassamento dei trigliceridi; • Aiuta a tenere sotto controllo la pressione arteriosa; • Comporta un regime alimentare povero in grassi saturi e proteine animali; • Aiuta a mantenere basso il livello della glicemia; • Favorisce un adeguato apporto di fibra; • Favorisce un regime alimentare iposodico.
  • 21. I grassi saturi Uno dei fattori principali che concorre all’insorgenza della SM, così come delle patologie ad essa associate (obesità viscerale, diabete, insulino-resistenza) è il consumo eccessivo di grassi saturi di origine animale. L’assunzione smodata di questi ultimi, infatti, non solo comporta un aumento del tessuto lipidico, favorendo in tal modo il fenomeno dell’obesità viscerale, ma costituisce anche un fattore di rischio significativo per diverse altre patologie metaboliche.
  • 22. I prodotti di origine animale Al consumo delle carni rosse, per loro natura più ricche di grassi, bisognerebbe preferire quello delle carni bianche, delle quali comunque non si dovrebbe eccedere. Così come non si dovrebbe eccedere con il latte e soprattutto con i latticini: i formaggi sono un alimento ad alto contenuto di proteine animali e di grassi.
  • 23. I prodotti da condimento I prodotti da condimento di origine animale come il burro e la margarina andrebbero evitati privilegiando, invece, quelli di origine vegetale contenenti acidi grassi insaturi. Fra questi si possono citare oltre all’olio extravergine di oliva, anche gli oli di semi ricavati dal mais, dalla soia, dal vinacciolo e dal girasole. La modalità ideale per il consumo degli oli vegetali è a crudo.
  • 24. Benefici dell’olio extravergine di oliva nella prevenzione della SM Un consumo regolare di olio extravergine di oliva è associato a: •Una minore incidenza del diabete II, dell’obesità e della SM; •Un mantenimento a bassi livelli del colesterolo LDL e, di contro, un potenziamento di quello HDL; •Una riduzione dei trigliceridi; •Aumento dell’ossidazione postprandiale e della termogenesi indotta.
  • 25. Acidi grassi trans Particolarmente dannosi sono gli acidi grassi trans, perché causano l’aumento della colesterolemia totale e del colesterolo LDL, che si traduce, a sua volta, in un aumento del rischio cardiovascolare e, in particolar modo, di quello coronarico. I grassi trans sono inoltre associati a un abbassamento dei valori del colesterolo HDL e ciò a differenza di quanto avviene con il consumo dei grassi saturi, in cui però l’aumento che si registra in relazione a questo parametro è alquanto esiguo.
  • 26. I grassi polinsaturi Omega 3 I grassi polinsaturi Omega 3 sono presenti nel pesce, in particolare quello azzurro (sardina, sgombro), ed in alcuni vegetali (semi di lino, canapa, zucca, noci): hanno una funzione ipotriglicerizzante, antinfiammatoria e antiaritmica. Gli omega 3, inoltre, rivestono una funzione particolare anche nel mantenimento dello stato di salute e nel funzionamento delle cellule del sistema nervoso centrale. Nella preparazione dei pasti a base di pesce è necessario evitare di eliminare il grasso sottocutaneo presente in questi ultimi: è, infatti, proprio in tale sede che si riscontrano le maggiori concentrazioni di omega 3.
  • 27. Indice glicemico Tutti i tipi di carboidrati una volta introdotti nell’organismo vengono trasformati in glucosio. L’indice glicemico di un carboidrato esprime la velocità con cui questo aumenta la concentrazione di glucosio nel sangue. Sebbene sia una misura importante l’indice glicemico, tuttavia, non offre alcuna informazione a riguardo della percentuale di carboidrati presente in ciascun alimento: a questo scopo occorre fare una misurazione di tipo quantitativo volta a calcolare il peso in grammi dei carboidrati stessi. Il prodotto fra l’indice glicemico e il peso dei carboidrati prende il nome di carico glicemico e costituisce dunque la misura più efficace possibile in relazione al contenuto in carboidrati presente in ciascun alimento e alla concentrazione di questi nel sangue.
  • 28. I carboidrati a basso indice glicemico Nel consumo dei carboidrati andrebbero privilegiati quelli caratterizzati da un basso indice glicemico: questi ultimi, rilasciando il glucosio più lentamente, fanno si che i valori della glicemia siano più stabili e ciò determina un senso di sazietà prolungato nel tempo e una minore secrezione d’insulina. Il senso di sazietà induce una riduzione dell’introito calorico, e la risposta insulinica meno marcata ha un’incidenza minore sulla conversione dei carboidrati in grassi da deposito. Consumare alimenti a basso indice glicemico determina inoltre un incremento dei livelli di colesterolo HDL e, di contro, una riduzione della trigliceridemia e dei markers infiammatori, come la proteina C reattiva (PCR).
  • 29. Indice glicemico di alcuni alimenti • Patate (alto indice glicemico); • Pane bianco classico (alto indice glicemico); • Riso (indice glicemico variabile a seconda della qualità); • Pasta di grano duro cotta al dente (basso indice glicemico); • Cereali integrali (basso indice glicemico); • Legumi (basso indice glicemico); • Frutta (basso indice glicemico); • Verdura (basso indice glicemico).
  • 30. Carboidrati: non è importante solo la qualità, ma anche la quantità Poiché la quantità di insulina secreta a livello ormonale non dipende esclusivamente dall’indice glicemico dei prodotti consumati, ma anche dalla quantità dei carboidrati che vengono ingeriti, è dunque necessario che, nell’ambito del menù quotidiano, si faccia attenzione alla tipologia degli alimenti da consumare così come alla quantità delle porzioni di questi ultimi. Per far sì che la dieta risulti leggera è quindi necessario che l’apporto calorico giornaliero sia commisurato con il reale fabbisogno energetico dell’individuo. La percentuale dei carboidrati quotidianamente ingerita, inoltre, non deve essere superiore al 55-60% circa dell’introito calorico quotidiano.
  • 31. Lo zucchero Il consumo smodato di zuccheri oltre a favorire l’aumento ponderale costituisce anche un fattore di rischio per l’insorgenza dell’insulino-resistenza, dell’ipertrigliceridemia, di alcune forme tumorali e altre patologie. Per evitare queste complicazioni è necessario limitare il consumo di zucchero (zucchero bianco o artificiale), privilegiando quello dei dolcificanti artificiali, ed evitare assolutamente quello dei prodotti con “zuccheri aggiunti” (succhi di frutta, bevande gassate, cereali zuccherati, snack e merendine varie, ecc.).
  • 32. La fibra L’alto contenuto in fibra che si riscontra negli alimenti di origine vegetale aiuta significativamente a prevenire e contrastare la SM in quanto contribuisce a ridurre i livelli della glicemia, dell’insulinemia e della trigliceridemia postprandiale. La fibra, inoltre, contrasta l’assorbimento del glucosio contenuto nei cibi o generato attraverso l’idrolisi enzimatica degli amidi presenti in questi ultimi in quanto modula la risposta glicemica. Il consumo di fibra si associa anche ad un abbassamento dei livelli della PCR e ad una minore incidenza del rischio cardiovascolare.
  • 33. Il sale Il sodio che, insieme al cloro, costituisce uno dei due elementi che compongono il sale da cucina, se assunto in dosi eccessive favorisce l’aumento della pressione arteriosa e predispone all’insorgenza di alcune patologie a carico del sistema cardiocircolatorio e dei reni. In Italia il consumo di sale è decisamente più elevato rispetto a quanto raccomandato dagli esperti: 12-15 g a fronte dei 3-5 che sarebbero consigliati per un uomo adulto. Per seguire una dieta iposodica sarebbe opportuno, nella preparazione dei pasti, usare il sale con una certa moderazione, privilegiando quello iodato e alternandone l’uso con quello delle spezie, delle erbe o dell’aceto.
  • 34. L’alcol L’alcol è una sostanza da assumere con moderazione. Questo, infatti, se preso in modiche quantità, sembra avere degli effetti positivi sull’organismo perché favorisce un aumento del colesterolo HDL e della PCR, ma se assunto smodatamente, oltre a danneggiare il fegato, a livello metabolico può dare luogo anche a un incremento della massa corporea. L’INRAN valuta come moderata una quantità di alcol giornaliera pari a 2-3 Unità Alcoliche per l’uomo e 1 o, al massimo 2, Unità Alcoliche per la donna. Una Unità Alcolica (U.A.) equivale a circa 12 grammi di etanolo che è la quantità contenuta in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino a media gradazione, in una lattina o bottiglia di birra (330 ml) di media gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico.
  • 35. I contro della Dieta Mediterranea “tradizionale” In talune circostanze e per alcune categorie di soggetti la Dieta Mediterranea tradizionalmente intesa può richiedere delle modificazioni: •Nei soggetti in forte sovrappeso la quota percentuale dei carboidrati quotidianamente assunta dovrebbe calare leggermente dal 60% al 45- 50%. Di contro la quota delle proteine dovrebbe salire al 20% circa; •Nei soggetti affetti da gastrite l’alimentazione quotidiana non dovrebbe prevedere il consumo di frutta acida (es. agrumi) e alcune verdure (es. pomodori); •Nei soggetti affetti da ipotiroidismo l’alimentazione quotidiana non dovrebbe prevedere il consumo di alimenti come il cavolo o il cavolfiore; •…
  • 36. Regole alimentari per soggetti metabolici Per i soggetti affetti da SM è necessario attenersi ad alcune regole alimentari: •Suddividere il menù quotidiano in più pasti poco abbondanti; • Non associare nello stesso pasto due alimenti ricchi di carboidrati e, nella scelta di questi ultimi, privilegiare quelli con un basso indice glicemico; •Privilegiare il consumo di piatti misti che associno gli alimenti ricchi di carboidrati con quelli contenenti le fibre; •Ridurre al minimo il consumo di sodio; •Evitare i prodotti a base di zuccheri semplici; •Consumare abbondanti quantità di frutta e verdura; •Ridurre il consumo di grassi e oli da condimento, soprattutto se di origine animale; •Evitare la frittura come modalità di preparazione dei pasti.
  • 37. Il tabacco Fra le cause della Sindrome Metabolica vi è anche il tabacco: l’abitudine al fumo di sigaretta comporta un aumento dell’insulino-resistenza e un abbassamento dei livelli del colesterolo HDL. A livello cardiocircolatorio, inoltre, il fumo comporta un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa.
  • 38. Attività fisica Per contrastare la SM è necessario che ad un modello alimentare corretto si associ uno stile di vita attivo. Secondo gli studiosi la quantità di moto raccomandata è costituita da 30 minuti al giorno di esercizio aerobico di moderata intensità (corsa, nuoto, cyclette, ecc.). Praticare regolarmente attività fisica, oltre a garantire il mantenimento del peso forma, comporta per l’organismo tutta una serie di vantaggi diretti (in termini di salute) e indiretti (favorisce la socialità e l’autostima).
  • 39. Vantaggi di uno stile di vita attivo nella prevenzione della SM L’esercizio regolare dell’attività fisica si associa con: • Un aumento del livello del colesterolo HDL (fino al 20-30%) e, di contro, un abbassamento del colesterolo LDL; • Un miglioramento del profilo lipidico; • Un abbassamento del livello dei trigliceridi; • Una diminuzione delle Very Low Density Lipoprotein (VLDL); • Una maggiore sensibilità all’insulina; • Una riduzione dei valori pressori (soprattutto nei soggetti affetti da iperinsulinemia); • Una riduzione del grasso corporeo e in particolare di quello viscerale; • Una migliore salute cardiovascolare; • Una minore predisposizione all’insorgenza del diabete di tipo 2.
  • 40. Vantaggi dell’attività fisica nei soggetti metabolici Alcuni studi hanno dimostrato come in soggetti metabolici in sovrappeso od obesi basta un calo ponderale del 10% per conseguire una riduzione dell’insulino-resistenza ed evitare di andare incontro alle complicanze della SM. L’attività fisica regolare gioca in questo contesto un ruolo significativo non solo per la riduzione del peso corporeo, ma manche per il mantenimento del risultato ottenuto. Diminuzioni di peso troppo drastiche, perseguite attraverso una riduzione eccessiva dell’introito calorico e non accompagnate da esercizio fisico, oltre a mettere la rischio la salute dell’individuo, sono spesso destinate al fallimento. In molti casi si va incontro alla cosiddetta “sindrome dello yo-yo” e alle inevitabili ripercussioni sull’autostima che questa situazione comporta.
  • 41. “Gli animali si nutrono, l’uomo mangia e solo l’uomo intelligente sa mangiare” Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826)

Editor's Notes

  1. CAMPAGNA SHOCK DELLA Northern Bariatric Surgey Institute, centro di chirurgia per persone con problemi di peso NEWYORKESE.
  2. CAMPAGNA SHOCK DELLA Northern Bariatric Surgey Institute, centro di chirurgia per persone con problemi di peso NEWYORKESE.
  3. Il sale iodato è un comune sale da cucina ricavato dall&apos;acqua di mare o dalle miniere di salgemma, quindi addizionato artificialmente di iodio sottoforma di ioduro o iodato di potassio. Lo iodio è un minerale che contribuisce allo sviluppo e al funzionamento della ghiandola tiroidea. Ha un ruolo importante nel regolare la produzione di energia dell’organismo; favorisce la crescita e lo sviluppo, stimolando il metabolismo basale e aiutando l’organismo a bruciare il grasso in eccesso. L’acutezza mentale, la parola, la condizione di capelli, unghie, pelle e denti dipendono dal buon funzionamento della tiroide. Il corpo umano, normalmente, ne contiene dai 20 ai 50 mg.