Intervento di apertura "Per una nuova ecologia della comunicazione"
1. Per una nuova ecologia della comunicazione
I media ci porgono il mondo e fanno il nostro sguardo su di esso: spiegano, definiscono,
svelano, mistificano, evolvono, cambiano, in definitiva costruiscono il reale che ci circonda.
Nei media e dei media vivono i brand, e sono i media che fanno il nostro sguardo su di essi.
Mindshare è un centro media: il nostro ruolo è quello di selezionare, pianificare e acquistare i
media che meglio rispondono alle esigenze dei nostri clienti. Lo facevamo ieri, nel mondo
analogico, per i brand tradizionali. Lo facciamo oggi nel mondo digitale, con nuovi strumenti e
possibilità, per i brand di ieri che stanno cambiando pelle e per i brand di oggi che nascono
nell’e-commerce.
Agiamo nella consapevolezza crescente che non si tratta di “rendere digitale” un vecchio
mestiere, ma di avere una visione nuova sulle cose. Un nuovo approccio e una nuova cultura,
che finisce per cambiare anche il nostro sguardo sui mezzi e sui brand più tradizionali.
La bussola che proponiamo oggi per orientare le strategie dei brand si muove lungo due assi
verso quattro poli: sull’asse degli obiettivi di comunicazione da raggiungere, ci sono i due poli
del Branding oppure della Conversione; mentre sull’asse dei mezzi da selezionare, degli
strumenti da attivare e delle attività da mettere in atto, troviamo i due poli dell’Outbound
oppure dell’Inbound.
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2. Definiamo di Branding gli obiettivi che hanno a che fare con la costruzione della conoscenza
della marca, della sua familiarità per il consumatore e della fiducia che riesce ad ispirare. Gli
obiettivi di Conversione hanno invece a che fare con azioni che si desidera che il consumatore
compia: può essere ovviamente l’acquisto del prodotto o del servizio offerto dal brand, ma può
anche essere la sottoscrizione di una newsletter, o il comunicare informazioni su di sé, le
proprie preferenze, eccetera.
Per quanto riguarda l’altro asse, quello dei mezzi e delle attività, è Outbound tutto ciò che “va a
cercare” il consumatore, mentre è Inbound ciò che “si fa trovare” nel momento in cui il
consumatore cerca spontaneamente informazioni sul prodotto o sul brand. Tra i mezzi
Outbound troviamo in primo luogo la televisione, che è oggi anche un fenomeno del web vista
la crescita esponenziale della fruizione dei video in rete, ma anche gli altri mezzi cosiddetti
tradizionali, così come le campagne display. Mentre nell’Inbound troviamo innanzi tutto il
Search, ma anche il numero verde fra i mezzi tradizionali, e naturalmente tutte le properties del
brand, che si tratti di un sito o di un punto vendita fisico tradizionale. Per quanto riguarda lo
sviluppo dei messaggi, tipicamente più ci si sposta verso l’Outbound più si ha una visione
orientata alla pubblicità, mentre quando ci si trasferisce verso l’ Inbound si ragiona più per
produzione di contenuti.
Ognuno di questi mezzi ha logiche di progettazione, pianificazione e utilizzo proprie, e per
poterli sfruttare al meglio servono competenze professionali diversificate.
Ma serve anche una capacità di visione che integri ognuna di queste attività in un progetto
coerente e coeso, e ne misuri concretamente i risultati, tenendo presente anche un altro utile
schema di comprensione delle attività da mettere in atto e delle loro interrelazioni, l’oramai
affermata tripartizione tra mezzi pagati, mezzi posseduti e mezzi guadagnati.
La nostra ambizione come Mindshare è sviluppare proprio questa visione globale, in modo da
poter rappresentare per i nostri clienti un partner a tutto tondo. E questo ci è possibile perché
ogni giorno sperimentiamo, perché abbiamo la possibilità di confrontarci con il nostro network
internazionale in oltre 90 paesi del mondo, e perché non ci sentiamo mai arrivati, raffinando
ogni giorno di più i nostri strumenti di misurazione, analisi e comprensione.
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3. Un tema che stiamo affrontando, e che costituisce il cuore del mio intervento oggi, ed è la
convergenza delle esigenze dei brand e dei consumatori verso quella che potremmo definire
una nuova ecologia dei media.
L’esigenza dei brand è massimizzare il ritorno sull’investimento, minimizzando la dispersione
dei loro messaggi. I brand vogliono evitare di sprecare le loro risorse, e oggi devono farlo a
maggior ragione in tempo di crisi. Per i brand è quindi fondamentale rivolgere il proprio
messaggio proprio a quelle persone che sono potenzialmente interessate a riceverlo, indirizzare
la propria offerta precisamente a chi ha interesse ad esaminarla e, giudicandola congrua, ad
accettarla. Evitare gli sprechi vuol dire evitare di sbagliare la persona, o il momento, o il modo.
Ottimizzazione è la parola chiave.
Nella nuvola digitale oggi noi lavoriamo per permettere ai brand di ottenere livelli di
ottimizzazione mai raggiunti prima, “tracciando” i comportamenti delle persone e di
conseguenza indirizzando e modulando la comunicazione a seconda di questi. Non si tratta solo
di proporre un viaggio, o un’auto, o un vestito , o un libro, a chi ha dimostrato attraverso i
propri comportamenti di essere interessato ai viaggi, alle auto, ai vestiti o ai libri. Ma di
proporre quell’itinerario di viaggio, quel modello di auto, quel tipo di vestito o quel genere di
libro a chi ha manifestato proprio quel tipo di gusti. E da lì in poi, si tratta anche di avere gli
strumenti per mettere un limite al numero di volte in cui ciascuna persona viene esposta al
messaggio, perché l’evidenza dimostra che se è vero che “repetita juvant”, oltre un certo
numero le ripetizioni non servono più quasi a niente, se non a infastidire l’utente. Così come si
tratta di avere gli strumenti per il cosiddetto “remessenging”, ovvero per proporre un nuovo
messaggio, o un’offerta alternativa, a quelle persone che non hanno manifestato interesse per
la prima.
Gli strumenti di tracciamento pongono issue riguardanti la privacy, inutile negarlo. Ma li
pongono in contesti che non sono quello di cui stiamo parlando oggi, cioè l’ecommerce.
Ad un’azienda che fa ecommerce e al centro media che li segue non interessa, né deve mai
interessare, come si chiama ognuno di noi, né a maggior ragione quali sono le nostre idee
politiche, o i nostri comportamenti sul lavoro o la nostra storia sanitaria. Se quest’azienda
vende vestiti, le interessa sapere se io sono una fashion victim piuttosto che se ho gusti di
stampo più classico.
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4. Quali capi ho comprato in passato, ma anche quali ho esaminato senza poi comprarli, quali ho
messo nella mia wish list, quali ho condiviso con i miei amici sui social network e se così facendo
ho influenzato il comportamento di qualcuno o, viceversa, se ci sono state condivisioni e
suggerimenti da parte dei miei amici che hanno influenzato i miei comportamenti, e così via.
Nel momento in cui come Mindshare riusciamo a raccogliere, organizzare, e interpretare queste
informazioni, possiamo agire di conseguenza proponendo al consumatore, o per restare
nell’esempio alla consumatrice interessata alla moda, solo quei capi che con ogni probabilità la
interessano, e facendolo solo nel momento e nei modi più adeguati. In questo modo portiamo il
brand ad evitare di sprecare le sue risorse, ovvero le stiamo ottimizzando.
La cosa a mio avviso davvero interessante è che questa esigenza di ottimizzazione dell’azienda
collima con le esigenze dei consumatori, e prima ancora con le loro esigenze di persone, di
cittadini della nuvola digitale. Perché anche le persone hanno un patrimonio di “risorse scarse”
che non vogliono e non possono sprecare: sono il loro tempo e la loro attenzione. Anche i
consumatori hanno bisogno di ottimizzare. Continuando con l’esempio della moda riferito a me
stessa, io voglio poter conoscere tutte le ultime novità proprio per quel tipo di moda che piace
a me, e se c’è qualcosa che mi piace voglio poterla comprare nel momento stesso in cui l’ho
vista, con un click. E d’altra parte voglio essere sempre meno esposta a messaggi e a proposte
che non fanno per me, non mi interessano, intrudono sullo schermo rovinando la mia
esperienza di navigazione, in definitiva mi fanno solo perdere tempo.
Così le esigenze di efficienza delle aziende incontrano quelle dei consumatori. E’ già stato così
nel ‘900: la società dei consumi e i mass media hanno fatto incontrare queste due figure in un
ambito di esigenze e desideri comuni.
Oggi i mezzi di comunicazione hanno gli strumenti e l’esigenza di configurarsi in modo nuovo,
che ancora una volta è in sintonia con una più vasta evoluzione che vediamo in atto a livello
sociale: non più mass media ma personal media, e non più “bombardamenti” di spot,
“campagne a tappeto”, probabilmente neanche più “campagne”: tutti, non a caso, termini di
derivazione militare che sembrano presupporre la conquista dei consumatori quasi fossero
prigionieri.
Le esigenze delle aziende rimangono quelle di fare branding per costruire conoscenza e fiducia
nella marca, e di “convertire” i consumatori . E gli strumenti, i mezzi per arrivarci rimangono
sempre un mix di attività outbound e inbound.
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5. Ma queste attività, proprio perché sempre più mirate e ottimizzate, entreranno nella nostra
vita di consumatori sempre meno come “bombardamento”, e sempre più come qualcosa di
utile, un servizio che la marca ci fa nel momento in cui lo fa a se stessa.
Marche e consumatori potranno cioè ritrovarsi nel contesto di nuova ecologia della
comunicazione, all’insegna del contenimento degli sprechi.
Roma, 7 Febbraio 2011
Adriana Ripandelli, MD
Mindshare Italy
adriana.ripandelli@mindshareworld.com
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