Senza più le grandi ideologie, o almeno così si dice, al comunicatore politico è spesso richiesta la costruzione della "visione". Ma è una strada perseguibile?
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Chi sono
Mi chiamo Andrea Camorrino
Sono socio, direttore commerciale
e consulente di comunicazione politica
dell’agenzia di comunicazione Proforma
@A_iR
andrea.camorrino@proformaweb.it
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linkedin.com/in/andreacamorrino
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All’inizio non c’era scampo:
o si stava di qua o si stava di là.
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I valori in campo erano chiari:
• patria, famiglia, libertà, da una parte;
• pace, lavoro, socialismo, dall’altra.
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Anche chi non si specchiava
direttamente nei due fronti,
ad essi doveva comunque riferirsi.
In Europa la socialdemocrazia – e non solo –
fa i conti ogni giorno con la spinta del comunismo
dei paesi dell’Est.
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In Italia il partito Socialdemocratico non supera mai il 5%.
Il Partito socialista elimina la falce e martello
dal suo simbolo solo nel 1985.
Il voto alla DC è trasversale: un grande contenitore
di impronta cattolica, democratico e anticomunista,
con una sinistra e una destra interni, che si riconosce
nei valori dell’Occidente e dell’antifascismo repubblicano.
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Le parole di quel tempo sono gravi,
storiche, colme di visione e di politica.
Come nei ragionamenti attorno all’Europa,
nei primi anni ’50.
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“Chi ha mai detto che la questione della libertà sia così legata con
la questione della proprietà, come se da essa dipendesse? Niente
affatto! Ci sono e ci possono essere degli Stati con la proprietà
collettiva e degli Stati dove vi è la proprietà individuale.
Noi crediamo che ci debba essere la proprietà individuale perché
in una certa misura essa è garanzia di indipendenza, giacché
la presidiamo col principio dell’utilità sociale. In ogni modo noi
domandiamo che ci sia per tutti la libertà politica di difendere la
propria opinione, di organizzare un proprio partito, la libertà spirituale,
la dignità personale, lo scambio libero di progressi, di idee tra Russia
e non Russia, fra l’oriente e l’occidente, perché questa è la salvezza,
perché è la chiusura del sipario, che rappresenta il pericolo di guerra.
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E, tutto sommato, mi pare, che sia ancor più
realistico pensare che col favore di particolari
circostanze sia possibile giungere a creare un
organismo politico economico, unitario, federativo
in Europa, vincolato cioè a patti di collaborazione e
di solidarietà, piuttosto che ritenere insormontabili
in eterno le attuali frontiere.”
(Alcide De Gasperi, 15 novembre 1950,
discorso in Parlamento)
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
“Noi non vogliamo affatto separare l’Italia dal resto dell’Europa. Vi
sono nella piccola borghesia e fra gli intellettuali uomini e correnti che
sognano si possa giungere presto a una unità delle nazioni europee,
nella quale dovrebbero essere superati anche i confini delle singole
patrie, attraverso forme di collaborazione sempre più strette. Ebbene noi
non respingiamo affatto queste proposte, ma diciamo che l’Europa deve
essere presa qual è. L’Europa comincia agli Urali e finisce all’Oceano
Atlantico. Avviciniamoci a tutti i popoli europei, troviamo un modo di
collaborare più stretto con tutti questi paesi, dalla Russia all’Inghilterra,
dai paesi di nuova democrazia alla Francia.
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Si faccia un tentativo simile, ma non nel nome di un piccolo
gruppo di satelliti dell’imperialismo degli Stati Uniti, ma
non per spezzare in due il Continente e preparare la guerra,
non per far risorgere il vecchio spettro del militarismo
tedesco, nemico di tutti i popoli europei. Ma nell’interesse
della pace, dell’uguaglianza, della fraternità, della
collaborazione di tutti i popoli europei. Prendano uomini
intelligenti e audaci iniziative reali e concrete in questo
campo e avranno da parte nostra tutto l’appoggio.”
(Palmiro Togliatti, 25 settembre 1951, editoriale su l’Unità)
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Evidentemente, non sempre i toni saranno così elevati,
ma siamo in una Europa che esce dalla grande guerra,
in una Italia in piena ricostruzione:
i riferimenti valoriali rimarranno
sempre questi, tra alti e bassi.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
La caduta del Muro di Berlino
nel 1989 sancisce formalmente
la morte del comunismo,
aprendo la fase del migliore
dei mondi possibili:
l’unico rimasto, invero.
Quello del capitalismo via via
più globalizzato e liberista.
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Le picconate non fanno però a pezzi solo
il serpentone tedesco, ma un intero
sistema simbolico e – vorremmo
dire – cognitivo.
Come riassunto in modo onirico
da un delizioso film del 2003.
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Il sistema simbolico non cade
con la stessa velocità del muro.
Si crea una sorta di sfasamento
spazio-temporale che sovrappone
due realtà: quella economica
e fattuale, e quella immaginifica.
In Italia, questo è più vero che altrove.
Qui siamo nel 2011.
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I comunisti contro cui si combatte, però,
non hanno più immaginario cui poggiarsi.
E, senza immaginario,
mancano anche le parole.
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In realtà la dottrina politica vittoriosa
permea di sé ogni fondamenta culturale,
e di qui la società intera.
La frase che designa questo passaggio
è “non esistono più le ideologie”.
La può dire solo la ideologia che ha (stra)vinto.
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Il nuovo contenitore cognitivo
scompare pian piano alla vista,
come una gelatina calda e trasparente
pian piano si rapprende nel suo stampo,
ottundendo i sensi e il pensiero con dolcezza,
al piacevole sapore di frutta e capitalismo.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
È il principio della rana bollita,
ricordato da Noam Chomsky:
“Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda
nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda
pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova
piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda.
Un po’ più di quanto la rana non apprezzi.
Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto
sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora
sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino
al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50°
avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori
dal pentolone.
Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si
effettua in maniera sufficientemente lenta – sfugge alla coscienza
e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione,
nessuna opposizione, nessuna rivolta.”
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Fin tanto che la gelatina non era ancora del tutto rappresa,
al contenitore cognitivo fu dato un nome: pensiero unico.
Ignacio Ramonet lo definì così: “La trasposizione in termini ideologici,
che si pretendono universali, degli interessi di un insieme di forze
economiche, e specificamente di quelle del capitale internazionale
[…] Questo discorso anonimo viene ripreso e riprodotto dai principali
organi di informazione economica e […] infine, un po’ dovunque,
docenti di economia, giornalisti, saggisti, uomini politici si richiamano
ai principali comandamenti di queste nuove tavole della legge, e
attraverso i grandi mezzi di comunicazione di massa li ripetono
a sazietà, ben sapendo che nelle nostre società mediatizzate la
ripetizione equivale alla dimostrazione. Il fondamento del pensiero
unico è il concetto del primato dell’economia sulla politica, tanto più
forte in quanto un marxista distratto non lo contesterebbe.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Gli altri concetti chiave del pensiero unico sono ben noti. Il mercato,
idolo la cui mano invisibile corregge le asperità e le disfunzioni del
capitalismo, e in particolare i mercati finanziari i cui segnali orientano e
determinano il movimento generale dell’economia; la concorrenza e la
competitività che stimolano e dinamizzano le imprese, conducendole
a una permanente e benefica modernizzazione; il libero scambio
illimitato, fattore di sviluppo ininterrotto del commercio e quindi
delle società la mondializzazione sia della produzione manifatturiera
che dei flussi finanziari; la divisione internazionale del lavoro che
modera le rivendicazioni sindacali e abbassa il costo del lavoro; la
moneta forte, fattore di stabilità, la deregulation, la privatizzazione,
la liberalizzazione, ecc. Sempre meno Stato, un arbitrato costante
in favore dei redditi da capitale e a scapito di quelli da lavoro. E
l’indifferenza nei riguardi dei costi ecologici.”
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
La ripetizione incessante di questo catechismo
attraverso tutti i media e da parte di quasi tutti gli
uomini politici di destra e di sinistra gli conferisce
una tale forza di intimidazione da soffocare
qualsiasi tentativo di riflessione libera, e rende
assai difficile la resistenza contro questo nuovo
oscurantismo.
(editoriale su Le Monde Diplomatique, gennaio 1995,
grassetto mio)
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Come si può ben intendere, i princìpi appena indicati,
oggi non hanno più bisogno di alcuna dimostrazione.
Sono universalmente accettati,
con qualche sfumatura di differenza,
da qualunque attore istituzionale.
La gelatina è composta. Non lo sentite un sapore di frutta, nell’aria?
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
L’ultimo tentativo di provare a opporsi
ad una narrazione senza contraddittorio
è stato a cavallo del millennio, ad opera
di quella che il New York Times definì
“la seconda potenza mondiale”:
il movimento no global.
Lo slogan che lo caratterizza è,
in effetti, esattamente:
“un altro mondo è possibile”.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
E non può essere un caso se è nel 1999
che esce un film culto.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Forse non siamo schiavi nati in una prigione costruita per
la nostra mente, ma è certo che i nostri processi cognitivi
sono connessi all’immaginario nel quale siamo immersi.
Le parole sono legate a doppio filo
alle nostre rappresentazioni mentali,
e viceversa.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Ma se oggi nessun altro mondo è possibile,
la discussione politica, di rimbalzo,
è soffocata dentro l’impossibilità
di disegnare scenari alternativi
da confrontare tra loro.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Le motivazioni che guidano ogni decisione
e proposta sono sempre dentro le compatibilità
supposte come immodificabili.
Anche quando sembrano romperle,
non mettono mai in discussione il modello
di riferimento.
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Il protezionismo, la chiusura delle frontiere,
la rivolta populista contro lo spread.
Gli Stati Uniti d’Europa, la regolamentazione
dei flussi migratori, il rispetto del rapporto deficit/pil.
Due facce della stessa medaglia.
Dove è la via d’uscita, per il pensiero?
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Umberto Eco, rileggendo Bauman, dice che “con la crisi del
concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato,
dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista
di ciascuno, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha
minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una
situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto
si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del
diritto (la magistratura è sentita come nemica) e le uniche
soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da
un lato l’apparire a tutti costi, l’apparire come valore e il
consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira
al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che
li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo
all’altro in una sorta di bulimia senza scopo.”
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Il sociologo polacco avrebbe sintetizzato lapidariamente:
“il cambiamento è l’unica cosa permanente
e l’incertezza è l’unica certezza”.
Solo che il cambiamento qui invocato ha sempre
a che vedere con la forma, mai con la sostanza.
La sostanza è la precarietà dell’esistenza.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Ma se la precarietà è la forma stessa dell’esistenza,
ogni risposta alla inquietudine
da essa prodotta è un pannicello caldo
che di volta in volta cambia nome,
senza potere produrre alcuna modificazione reale
allo stato di cose esistenti.
Prima erano i politici da rottamare,
oggi i migranti che ci invadono.
Chi sarà il prossimo capro espiatorio
della nostra coscienza perennemente in ansia?
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Senza più idee forti al confronto, ma con una sola
grande ideologia a cappello di tutto; senza più la politica,
in sostanza, ecco avanzare sul proscenio
la figura del comunicatore politico,
al quale si chiede di essere il migliore interprete
dell’unico racconto possibile.
Il sostituto delle ideologie.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Da qui la mitologia del guru, degli algoritmi,
dei big data, delle neuroscienze,
del marketing elettorale:
strumenti per captare la più forte ansia del momento.
La richiesta agli spin doctor non è quella di trovare
soluzioni reali ad essa, e non solo perché i destinatari
della domanda sarebbero sbagliati, anche se non tutti lo
pensano di sé, ma soprattutto perché è impossibile.
L’ansia va agitata, ne va trovata una nuova
interpretazione, una nuova narrazione.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
La comunicazione politica,
e la politica stessa, è diventata
una guerra di ansie.
Vince chi indovina – o chi promuove – la più probabile
al momento, ovviamente promettendo cambiamento.
Nessuno può promettere però la fine dell’ansia.
La fine della precarietà.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Per un reddito di cittadinanza che avanza,
c’è un deficit che aumenta.
Per una frontiera chiusa,
c’è un nuovo uomo nero alle porte.
Per un fucile dato a tutti,
c’è un ladro in più da ammazzare.
Ma, anche: per avere lavoro,
devi essere pronto ad essere licenziato.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Il comunicatore che si trova a suo agio in questo ruolo,
non ha che da usare tutta la sua creatività, interpretare
al meglio i dati, inventare una card nuova, intuire la migliore
battuta per i 4 secondi al telegiornale. In poche parole:
compiere la sua missione di adesione
a questo modello.
Ci sono infiniti testi e corsi che insegnano a predire
la risposta dell’elettorato, se sollecitata nel modo giusto.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Cosa può fare il comunicatore che trovasse
questo modello insostenibile?
Semplicemente, niente.
La sua missione è fallita prima di cominciare,
perché nella comunicazione politica
quello che conta primariamente è la politica.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Il migliore consiglio è quello di dedicarsi a
campagne elettorali locali,
dove sono in gioco promesse sostenibili,
senza riferimenti a strutture cognitive rilevanti.
O passare alla comunicazione aziendale.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
Senza un universo simbolico di riferimento,
le parole sono vuote.
Il codice dell’avversario può essere usato per un tratto,
per traghettare quei significanti in nuovi significati,
riempendoli di un nuovo senso.
Ma se il senso non si radica poi
in un sogno da coltivare, appassirà.
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Uno spettro si aggira(va) per l’Europa
L’auspicio allora è che sia sempre più sentita quell’esigenza
che Foucault rintracciava con doti divinatorie nel 1976:
“Io sogno di un intellettuale distruttore delle evidenze e di
tutto ciò che si pretende universale; uno che scopre e indica,
in mezzo alle inerzie e alle costrizioni del presente, i punti
di debolezza, le possibili aperture, le linee di forza; uno che
si sposta incessantemente, che non sa esattamente né
dove sarà né quel che penserà l’indomani, poiché è troppo
attento al presente; uno che contribuisce, là dove è di
passaggio, a interrogare per sapere se la rivoluzione vale la
pena di farla, e quale (voglio dire: quale rivoluzione e quale
pena), fermo restando che i soli a poter rispondere sono
quelli che accettano di rischiare le loro vita per farla.”
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