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News 52/SA/2017
Lunedì, 25 dicembre 2017
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.51 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 72 (7 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per Escherichia coli
produttrice di shigatossine in carne di manzo disossata congelata proveniente dal
Brasile e per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dall’Egitto; dalla Finlandia
per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia;
dall’Olanda per aflatossine in chicchi di arachidi provenienti dall’Egitto; dalla
Germania per odore anormale di gamberetti congelati (Litopenaeus vannamei)
provenienti dall’ India, per aflatossine in chicchi di nocciole tostate provenienti dalla
Turchia, per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia, per Salmonella
enterica ser. Typhimurium in mezzi petti di pollo congelato provenienti dal Brasile e
per Salmonella in filetti di petto di pollo salato congelato provenienti dal Brasile;
dalla Spagna per scarso controllo della temperatura – rottura della catena del
freddo - (segni di scongelamento) di tonno albacora intero congelato (Thunnus
albacares) proveniente dal Senegal; dalla Croazia per alto livello di acrilammide in
biscotti provenienti dalla Serbia per dimetoato e sostanza non autorizzata ometoato
in mele provenienti dalla Bosnia e Erzegovina; dalla Bulgaria per formetanato in
peperone dolce proveniente dalla Turchia; dal Portogallo per aflatossine in arachidi
in guscio provenienti dalla Cina e per magnesio aspartato e zinco aspartato non
autorizzati in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti; dal Regno Unito per
aflatossine in chicchi di arachide sbollentati provenienti dalla Cina; dalla Grecia per
Salmonella enterica ser. Lattenkamp in semi di sesamo provenienti dalla Nigeria, per
aflatossine in chicchi di pistacchio provenienti dall’ Iran e per certificati sanitari
scaduti per arachidi sgusciate provenienti dalla Cina.
Allerta notificati dall’ Italia: per mercurio in squalo mako congelato (Isurus
oxyrinchus) proveniente dalla Spagna.
Allerta notificati: dai Servizi della Commissione per presenza di arachidi in farina di
nocciole tostate proveniente dalla Georgia; dalla Svezia per sospetto di tossina in
carne secca proveniente dalla Svezia; dall’Olanda per sostanze non autorizzate
carbofurano e propargite in bacche di goji secche provenienti dalla Cina e per
sostanza non autorizzata propargite in limes provenienti dal Vietnam; dall’Irlanda per
ocratossina A in uva sultanina proveniente dal Regno Unito; dal Portogallo per
mercurio in pezzi di tonno congelati (Xiphias gladius) provenienti dall’ Indonesia;
dalla Polonia per Salmonella in salsicce crude refrigerate provenienti dalla Polonia;
dalla Francia per corpo estraneo (dente di ratto) in barra di cioccolato proveniente
dall’ Olanda, per pezzo di metallo in salsiccia proveniente dalla Spagna, per
Salmonella in ali di pollo marinate congelate provenienti dalla Polonia e per Listeria
monocytogenes in vari prodotti di pasta sfoglia refrigerati provenienti dalla Francia;
dal Belgio per contenuto troppo alto di semi di Ambrosia (Ambrosia spp.) in cibo per
uccelli selvatici proveniente dall’Ungheria, per livello residuo superiore al LMR per
benzimidazolo in carne di maiale proveniente dal Belgio e per norovirus in frutta
rossa organica congelata proveniente dalla Germania; dal Lussemburgo per
sospetto di Salmonella in latte artificiale proveniente dalla Francia; dal Regno Unito
per glutine non dichiarato in tagliatelle di grano saraceno biologico con amaranto
provenienti dalla Tailandia e per aflatossine in semi di melone di terra (egusi)
provenienti dalla Nigeria; dalla Spagna per sostanza non autorizzata tadalafil in
integratore alimentare proveniente dal Portogallo; dalla Germania per olio minerale
in pasta proveniente dal Kazakistan.
Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per irradiazione senza
etichetta di zampe di rana congelate provenienti dal Vietnam, per Salmonella in
cozze vive (Mytilus galloprovincialis) provenienti dalla Spagna, confezionate in Italia,
per mercurio in squalo blu affettato congelato (Prionace glauca) proveniente dal
Vietnam e per mercurio in fette di pesce spada congelato proveniente dalla
Spagna; dall’ Austria per fipronil in polvere di uovo intero proveniente dalla
Romania, via Repubblica Ceca e per Salmonella enterica ser. Livingstone in torta di
girasole biologica proveniente dall’Italia; dalla Germania per Salmonella enterica
ser. Agona in farina di soia (fagioli) proveniente dalla Germania, per fipronil in frittelle
affettate provenienti dall’Austria e per Salmonella enterica ser. Agona in farina di
soia proveniente dall’Italia, via Austria; dalla Danimarca per aflatossine in estratto di
fichi secchi organici provenienti dalla Turchia, per aflatossine in fichi secchi
provenienti dalla Turchia, per aflatossine in miscela di frutta secca proveniente dalla
Turchia, per fichi secchi con farina di riso provenienti dalla Spagna infestati da larve
di insetti e per Salmonella enterica ser. Agona in torta di colza proveniente dalla
Germania; dalla Polonia per clorpirifos in lattuga iceberg proveniente dalla Spagna;
dalla Svezia per importazione illegale di vesciche di maiale essiccate provenienti
dalla Cina, via Germania e per norovirus in lamponi congelati provenienti dalla
Serbia; da Latvia per E 210 – acido benzoico non autorizzato in sciroppo proveniente
dalla Polonia; dalla Francia per sospetto di Clostridium botulinum in verdure in
scatola provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per colorante non autorizzato Sudan 4
in olio di palma proveniente dal Ghana; dal Regno Unito per tracce di arachidi nel
mix di spezie di pesce masala proveniente dall’ India; dal Belgio per conta troppo
alta di Enterobacteriaceae in pasto di pollame proveniente dalla Spagna;
dall’Ungheria per Listeria monocytogenes in pezzi di filetto di petto di pollo fritto
refrigerato con spezie verdi provenienti dalla Germania; dalla Spagna per
contenuto troppo alto di fluoro in foglie di boldo provenienti dal Cile.
Fonte: rasff.eu
Niente enzimi di origine animale nell’impasto dei prodotti da forno. Uno studio del
Cnr assolve i “miglioratori del pane”.
Il pane e i prodotti da forno che acquistiamo nei supermercati o nelle panetterie
contengono davvero soltanto acqua, farina, lievito e sale? Se lo sono chiesto un
gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione – CNR di Avellino che
ha analizzato i “miglioratori del pane”, dei preparati spesso aggiunti agli impasti in
quantità variabile tra l’1 e il 2%, ma che i consumatori non troveranno nell’elenco
degli ingredienti del pane. Nessuna norma, infatti, impone di dichiarare i
“miglioratori” nella lista negli ingredienti, perché si tratta di coadiuvanti tecnologici
che alla fine del processo di lavorazione sono del tutto inattivi.
I “miglioratori del pane”, si dividono in due gruppi: quelli non-enzimatici (contenenti
agenti emulsionanti come digliceridi, monogliceridi o altri additivi come la vitamina
C) e quelli enzimatici, contenenti per lo più amilasi. In particolare questi ultimi,
vengono ormai utilizzati per la preparazione della maggioranza dei prodotti da
forno, sia a livello industriale sia nei panifici artigianali. La loro funzione è
incrementare la lievitazione, rallentare il raffermamento del pane e compensare i
difetti di farine di qualità non eccellente. L’impiego di coadiuvanti come il malto
d’orzo o di frumento, contenenti enzimi amilolitici (cioè amilasi), è noto da decenni.
Le amilasi presenti nei cereali maltati, sono prodotte da microrganismi e si trovano
anche e nella saliva e nel pancreas degli animali superiori.
Le criticità sono emerse quando alcuni consumatori hanno avanzato il sospetto che
il malto d’orzo o di frumento – quali fonti di amilasi – potessero essere sostituiti con
estratti di pancreas di maiale o frammenti di pancreas, che hanno bassissimo costo
in quanto scarti dell’industria delle carni. Questi coadiuvanti di derivazione animale,
anche se pienamente permessi e sicuri, costituirebbero un problema per coloro che
per motivi etici o religiosi hanno deciso di eliminare dalla propria dieta la carne suina
o per i consumatori che – a piena ragione – desiderano essere informati su ciò che
acquistano e mangiano.
Gli esperti del CNR hanno condotto una ricerca, durata due anni, al fine di
sviluppare dei metodi per risalire all’origine degli enzimi usati nei miglioratori e hanno
poi applicato queste metodiche a una ventina di campioni, acquistati da industrie
del settore o ottenuti da panifici di piccole e medie dimensioni.
I migliorato servono a incrementare la lievitazione, rallentare il raffermamento e compensare i difetti
di farine di qualità non eccellente
“Lo studio, – spiega Gianluca Picariello – è stato pubblicato nella rivista
internazionale Food Research International ed è il primo mai realizzato per chiarire la
natura e l’origine degli enzimi presenti nei miglioratori. Accertare in laboratorio
l’identità degli enzimi usati per la panificazione non è affatto semplice, perché è
necessario incrociare i dati ottenuti con numerose e sofisticate tecniche d’analisi”. I
risultati dello studio “assolvono” i miglioratori analizzati. In nessun caso sono state
trovate tracce di enzimi pancreatici. Tutte le formulazioni contenevano enzimi
amilolitici di origine fungina o derivanti da malto d’orzo. Si tratta dunque di enzimi
ampiamente impiegati da decenni nell’industria alimentare e assolutamente
innocui per la salute. “Sebbene non si possa escludere del tutto che qualche
produttore isolato faccia uso di estratti o residui di origine animale, dal nostro studio
è evidente non si tratta di pratiche diffuse o comuni”.
“Ormai, i coadiuvanti – enzimatici o non-enzimatici – sono usati per la preparazione
della stragrande maggioranza del pane e dei prodotti da forno in commercio.
L’impiego di queste formulazioni – continua il ricercatore – si traduce in prodotti da
forno dai connotati sensoriali “standardizzati” ma “artificiosi”, “omologati” e meno
caratterizzati fra un panificatore e un altro, incidendo negativamente sulla
diversificazione dei prodotti in commercio. L’utilizzo dei miglioratori è una chiara
espressione di quanto sia sottile la linea di confine tra la spinta dell’innovazione che
nasce da numerose esigenze, e la volontà di perpetuare sapori e tradizioni che si
palesa con particolare impeto proprio in ambito agro-alimentare.
Sarebbe auspicabile che il legislatore imponesse l’obbligo della dichiarazione in
etichetta della natura dei “miglioratori dell’impasto”. Un discorso analogo si
potrebbe fare per il caglio impiegato nella preparazione dei formaggi, per cui non è
previsto l’obbligo di indicazione che specifichi se di origine microbica, vegetale o
animale.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Prodotti OGM: ne abbiamo trovato uno al supermercato. La presenza va indicata in
etichetta. Segnalateci altri prodotti geneticamente modificati.
Un lettore ci ha segnalato la presenza sugli scaffali di un supermercato di una farina
di mais ottenuta da ingredienti OGM. Si tratta di una farina precotta di mais bianco
a marchio PAN proveniente negli Stati Uniti. Come risulta dall’etichetta, è stata
“prodotta con mais geneticamente modificato”. Il prodotto si trova più di freqente
nei negozi di alimenti etnici e in qualche sito di e-commerce come Amazon.
La norma europea (Regolamenti 1829/2003 e 1830/2003) permette la
commercializzazione di alimenti prodotti con organismi geneticamente modificati,
la cui presenza deve però essere indicata in modo chiaro sulle etichette. Per la
precisione va detto che in Italia è vietata la coltivazione di piante geneticamente
modificata, ma non l’importazione di alimenti e mangimi per animali ottenuti con
queste materie prime autorizzate a livello comunitario. I consumatori europei –
soprattutto quelli italiani – non apprezzano la presenza di questi ingredienti negli
alimenti, per cui è abbastanza raro trovare prodotti ottenuti con materie prime
OGM.
Se capita di trovare al dettaglio altri alimenti contenenti ingredienti con OGM
mandateci la foto che lo segnaliamo !
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Solfiti aggiunti nella carne macinata? Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Caro Dario buongiorno,
a seguito di verifica ispettiva abbiamo accettato che un Osa ha intenzionalmente
aggiunto solfiti alla carne macinata fresca, in violazione dell’art. 5 lettera g legge
283/62.
Vorrei conoscere la Tua opinione sull’opportunità di contestare anche l’art. 516 del
cp.
Il dubbio mi è sorto perché in questo caso vi è la chiara intenzione nel commettere
la violazione, non trattandosi del solo superamento accidentale di un valore.
Buona giornata e grazie
Annamaria
Veterinario pubblico ufficiale
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Cara Annamaria buongiorno,
La fattispecie in esame integra, a mio modesto avviso, entrambi i reati di cui
all’articolo 5 della legge 283/62 e all’articolo 516 codice penale.
‘Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. Chiunque pone in
vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non
genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a
milletrentadue euro’ (Codice penale, art. 516).
Il delitto di cui all’articolo 516 c.p., secondo giurisprudenza consolidata, ‘contempla
e punisce la semplice messa in commercio di sostanze alimentari adulterate,
mutate nelle loro componenti naturali ed artificiosamente modificate o alterate
nella loro essenza primaria ovvero commiste a sostanze estranee e depauperate
degli elementi nutritivi propri e caratteristici.’ (1)
Il concetto di genuinità, oltretutto, ‘non è soltanto quello naturale, ma anche quello
formale fissato dal legislatore con la indicazione delle caratteristiche e dei requisiti
essenziali per qualificare un determinato tipo di prodotto alimentare.’ (2)
Si aggiunga una considerazione, i solfiti sono ingredienti allergenici (3) e il difetto di
informazione specifica sulla loro presenza negli alimenti (4) espone i consumatori
allergici a rischi potenzialmente gravi per la salute.
Tanti cari auguri e alla prossima
Dario
Note
(1) Cassazione Penale, sentenza 6852/96
(2) Cass. Pen., sentenza n. 23276/2004
(3) Cfr. reg. UE 1169/11, Allegato II
(4) I solfiti, tra l’altro, sono gli unici allergeni per i quali è stabilita una soglia di tolleranza (pari a 10
mg/kg o 10 mg/l nel prodotto finito), al di sotto della quale l’indicazione specifica non è prescritta
Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com
Quantità della maionese, massa o volume? Risponde l’avvocato Dario Dongo.
Egregio Avvocato,
Le sottopongo un dubbio in relazione alle opzioni di indicare la quantità netta
della maionese in unità di volume o di peso, o entrambe.
Molte grazie
Silvana
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo.
Cara Silvana,
il legislatore europeo in effetti ha assunto una posizione salomonica in ordine alla
determinazione della quantità netta degli alimenti semi-solidi, o semi-liquidi che dir si
voglia. Limitandosi a esprimere quanto segue.
Quantità netta. La quantità netta di un alimento è espressa utilizzando,a seconda
dei dei casi, il litro, il centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo:
a) in unità di volume per i prodotti liquidi;
b) in unità di massa per gli altri prodotti
(reg. UE 1169/11, articolo 23).
Il difetto di norme armonizzate su tale aspetto è da ricondursi alla difformità delle
prassi storicamente in essere nei diversi Stati membri.
Laddove in alcuni Paesi viene fatto riferimento al volume e in altri, come il nostro,
alla massa (o peso, nell’accezione comune).
In Italia – sebbene il decreto legislativo 12/2011 abbia soppresso gli allegati del DPR
391/1980 per quanto attiene alle gamme nominali obbligatorie – ne rimangono
invariati i principi. Tra i quali è previsto che la quantità degli alimenti semi-solidi
debba venire espressa in unità di massa (peso).
L’ipotesi di utilizzare contemporaneamente le due iscrizioni metrologiche, in volume
e in massa, può ritenersi accettabile. A condizione che la dichiarazione
nutrizionale in etichetta sia riferita al peso, in modo da consentire al consumatore la
possibilità di comparare i vari prodotti appartenenti alla medesima categoria.
Altrettanto dicasi per l’indicazione del prezzo che dovrà venire espresso con
riferimento sia all’unità di vendita, sia al chilogrammo (anziché al litro).
Cordialmente
Dario Dongo
Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo.
Cara Silvana,
il legislatore europeo in effetti ha assunto una posizione salomonica in ordine alla
determinazione della quantità netta degli alimenti semi-solidi, o semi-liquidi che dir si
voglia. Limitandosi a esprimere quanto segue.
Quantità netta. La quantità netta di un alimento è espressa utilizzando,a seconda
dei dei casi, il litro, il centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo:
a) in unità di volume per i prodotti liquidi;
b) in unità di massa per gli altri prodotti
(reg. UE 1169/11, articolo 23).
Il difetto di norme armonizzate su tale aspetto è da ricondursi alla difformità delle
prassi storicamente in essere nei diversi Stati membri.
Laddove in alcuni Paesi viene fatto riferimento al volume e in altri, come il nostro,
alla massa (o peso, nell’accezione comune).
In Italia – sebbene il decreto legislativo 12/2011 abbia soppresso gli allegati del DPR
391/1980 per quanto attiene alle gamme nominali obbligatorie – ne rimangono
invariati i principi. Tra i quali è previsto che la quantità degli alimenti semi-solidi
debba venire espressa in unità di massa (peso).
L’ipotesi di utilizzare contemporaneamente le due iscrizioni metrologiche, in volume
e in massa, può ritenersi accettabile. A condizione che la dichiarazione
nutrizionale in etichetta sia riferita al peso, in modo da consentire al consumatore la
possibilità di comparare i vari prodotti appartenenti alla medesima categoria.
Altrettanto dicasi per l’indicazione del prezzo che dovrà venire espresso con
riferimento sia all’unità di vendita, sia al chilogrammo (anziché al litro).
Cordialmente
Dario Dongo
Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com

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NEWS SA 52 2017

  • 1. News 52/SA/2017 Lunedì, 25 dicembre 2017 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.51 del 2017 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 72 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano notificati: dall’Italia per Escherichia coli produttrice di shigatossine in carne di manzo disossata congelata proveniente dal Brasile e per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dall’Egitto; dalla Finlandia per contenuto troppo alto di solfiti in albicocche secche provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per aflatossine in chicchi di arachidi provenienti dall’Egitto; dalla Germania per odore anormale di gamberetti congelati (Litopenaeus vannamei) provenienti dall’ India, per aflatossine in chicchi di nocciole tostate provenienti dalla Turchia, per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia, per Salmonella enterica ser. Typhimurium in mezzi petti di pollo congelato provenienti dal Brasile e per Salmonella in filetti di petto di pollo salato congelato provenienti dal Brasile; dalla Spagna per scarso controllo della temperatura – rottura della catena del freddo - (segni di scongelamento) di tonno albacora intero congelato (Thunnus albacares) proveniente dal Senegal; dalla Croazia per alto livello di acrilammide in biscotti provenienti dalla Serbia per dimetoato e sostanza non autorizzata ometoato in mele provenienti dalla Bosnia e Erzegovina; dalla Bulgaria per formetanato in peperone dolce proveniente dalla Turchia; dal Portogallo per aflatossine in arachidi in guscio provenienti dalla Cina e per magnesio aspartato e zinco aspartato non autorizzati in integratore alimentare proveniente dagli Stati Uniti; dal Regno Unito per aflatossine in chicchi di arachide sbollentati provenienti dalla Cina; dalla Grecia per Salmonella enterica ser. Lattenkamp in semi di sesamo provenienti dalla Nigeria, per aflatossine in chicchi di pistacchio provenienti dall’ Iran e per certificati sanitari scaduti per arachidi sgusciate provenienti dalla Cina. Allerta notificati dall’ Italia: per mercurio in squalo mako congelato (Isurus oxyrinchus) proveniente dalla Spagna.
  • 2. Allerta notificati: dai Servizi della Commissione per presenza di arachidi in farina di nocciole tostate proveniente dalla Georgia; dalla Svezia per sospetto di tossina in carne secca proveniente dalla Svezia; dall’Olanda per sostanze non autorizzate carbofurano e propargite in bacche di goji secche provenienti dalla Cina e per sostanza non autorizzata propargite in limes provenienti dal Vietnam; dall’Irlanda per ocratossina A in uva sultanina proveniente dal Regno Unito; dal Portogallo per mercurio in pezzi di tonno congelati (Xiphias gladius) provenienti dall’ Indonesia; dalla Polonia per Salmonella in salsicce crude refrigerate provenienti dalla Polonia; dalla Francia per corpo estraneo (dente di ratto) in barra di cioccolato proveniente dall’ Olanda, per pezzo di metallo in salsiccia proveniente dalla Spagna, per Salmonella in ali di pollo marinate congelate provenienti dalla Polonia e per Listeria monocytogenes in vari prodotti di pasta sfoglia refrigerati provenienti dalla Francia; dal Belgio per contenuto troppo alto di semi di Ambrosia (Ambrosia spp.) in cibo per uccelli selvatici proveniente dall’Ungheria, per livello residuo superiore al LMR per benzimidazolo in carne di maiale proveniente dal Belgio e per norovirus in frutta rossa organica congelata proveniente dalla Germania; dal Lussemburgo per sospetto di Salmonella in latte artificiale proveniente dalla Francia; dal Regno Unito per glutine non dichiarato in tagliatelle di grano saraceno biologico con amaranto provenienti dalla Tailandia e per aflatossine in semi di melone di terra (egusi) provenienti dalla Nigeria; dalla Spagna per sostanza non autorizzata tadalafil in integratore alimentare proveniente dal Portogallo; dalla Germania per olio minerale in pasta proveniente dal Kazakistan. Nella lista delle informative troviamo notificate: dall’ Italia per irradiazione senza etichetta di zampe di rana congelate provenienti dal Vietnam, per Salmonella in cozze vive (Mytilus galloprovincialis) provenienti dalla Spagna, confezionate in Italia, per mercurio in squalo blu affettato congelato (Prionace glauca) proveniente dal Vietnam e per mercurio in fette di pesce spada congelato proveniente dalla Spagna; dall’ Austria per fipronil in polvere di uovo intero proveniente dalla Romania, via Repubblica Ceca e per Salmonella enterica ser. Livingstone in torta di girasole biologica proveniente dall’Italia; dalla Germania per Salmonella enterica ser. Agona in farina di soia (fagioli) proveniente dalla Germania, per fipronil in frittelle affettate provenienti dall’Austria e per Salmonella enterica ser. Agona in farina di soia proveniente dall’Italia, via Austria; dalla Danimarca per aflatossine in estratto di fichi secchi organici provenienti dalla Turchia, per aflatossine in fichi secchi provenienti dalla Turchia, per aflatossine in miscela di frutta secca proveniente dalla Turchia, per fichi secchi con farina di riso provenienti dalla Spagna infestati da larve
  • 3. di insetti e per Salmonella enterica ser. Agona in torta di colza proveniente dalla Germania; dalla Polonia per clorpirifos in lattuga iceberg proveniente dalla Spagna; dalla Svezia per importazione illegale di vesciche di maiale essiccate provenienti dalla Cina, via Germania e per norovirus in lamponi congelati provenienti dalla Serbia; da Latvia per E 210 – acido benzoico non autorizzato in sciroppo proveniente dalla Polonia; dalla Francia per sospetto di Clostridium botulinum in verdure in scatola provenienti dalla Turchia; dall’Olanda per colorante non autorizzato Sudan 4 in olio di palma proveniente dal Ghana; dal Regno Unito per tracce di arachidi nel mix di spezie di pesce masala proveniente dall’ India; dal Belgio per conta troppo alta di Enterobacteriaceae in pasto di pollame proveniente dalla Spagna; dall’Ungheria per Listeria monocytogenes in pezzi di filetto di petto di pollo fritto refrigerato con spezie verdi provenienti dalla Germania; dalla Spagna per contenuto troppo alto di fluoro in foglie di boldo provenienti dal Cile. Fonte: rasff.eu Niente enzimi di origine animale nell’impasto dei prodotti da forno. Uno studio del Cnr assolve i “miglioratori del pane”. Il pane e i prodotti da forno che acquistiamo nei supermercati o nelle panetterie contengono davvero soltanto acqua, farina, lievito e sale? Se lo sono chiesto un
  • 4. gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione – CNR di Avellino che ha analizzato i “miglioratori del pane”, dei preparati spesso aggiunti agli impasti in quantità variabile tra l’1 e il 2%, ma che i consumatori non troveranno nell’elenco degli ingredienti del pane. Nessuna norma, infatti, impone di dichiarare i “miglioratori” nella lista negli ingredienti, perché si tratta di coadiuvanti tecnologici che alla fine del processo di lavorazione sono del tutto inattivi. I “miglioratori del pane”, si dividono in due gruppi: quelli non-enzimatici (contenenti agenti emulsionanti come digliceridi, monogliceridi o altri additivi come la vitamina C) e quelli enzimatici, contenenti per lo più amilasi. In particolare questi ultimi, vengono ormai utilizzati per la preparazione della maggioranza dei prodotti da forno, sia a livello industriale sia nei panifici artigianali. La loro funzione è incrementare la lievitazione, rallentare il raffermamento del pane e compensare i difetti di farine di qualità non eccellente. L’impiego di coadiuvanti come il malto d’orzo o di frumento, contenenti enzimi amilolitici (cioè amilasi), è noto da decenni. Le amilasi presenti nei cereali maltati, sono prodotte da microrganismi e si trovano anche e nella saliva e nel pancreas degli animali superiori. Le criticità sono emerse quando alcuni consumatori hanno avanzato il sospetto che il malto d’orzo o di frumento – quali fonti di amilasi – potessero essere sostituiti con estratti di pancreas di maiale o frammenti di pancreas, che hanno bassissimo costo in quanto scarti dell’industria delle carni. Questi coadiuvanti di derivazione animale, anche se pienamente permessi e sicuri, costituirebbero un problema per coloro che per motivi etici o religiosi hanno deciso di eliminare dalla propria dieta la carne suina o per i consumatori che – a piena ragione – desiderano essere informati su ciò che acquistano e mangiano. Gli esperti del CNR hanno condotto una ricerca, durata due anni, al fine di sviluppare dei metodi per risalire all’origine degli enzimi usati nei miglioratori e hanno poi applicato queste metodiche a una ventina di campioni, acquistati da industrie del settore o ottenuti da panifici di piccole e medie dimensioni.
  • 5. I migliorato servono a incrementare la lievitazione, rallentare il raffermamento e compensare i difetti di farine di qualità non eccellente “Lo studio, – spiega Gianluca Picariello – è stato pubblicato nella rivista internazionale Food Research International ed è il primo mai realizzato per chiarire la natura e l’origine degli enzimi presenti nei miglioratori. Accertare in laboratorio l’identità degli enzimi usati per la panificazione non è affatto semplice, perché è necessario incrociare i dati ottenuti con numerose e sofisticate tecniche d’analisi”. I risultati dello studio “assolvono” i miglioratori analizzati. In nessun caso sono state trovate tracce di enzimi pancreatici. Tutte le formulazioni contenevano enzimi amilolitici di origine fungina o derivanti da malto d’orzo. Si tratta dunque di enzimi ampiamente impiegati da decenni nell’industria alimentare e assolutamente innocui per la salute. “Sebbene non si possa escludere del tutto che qualche produttore isolato faccia uso di estratti o residui di origine animale, dal nostro studio è evidente non si tratta di pratiche diffuse o comuni”. “Ormai, i coadiuvanti – enzimatici o non-enzimatici – sono usati per la preparazione della stragrande maggioranza del pane e dei prodotti da forno in commercio. L’impiego di queste formulazioni – continua il ricercatore – si traduce in prodotti da forno dai connotati sensoriali “standardizzati” ma “artificiosi”, “omologati” e meno caratterizzati fra un panificatore e un altro, incidendo negativamente sulla diversificazione dei prodotti in commercio. L’utilizzo dei miglioratori è una chiara espressione di quanto sia sottile la linea di confine tra la spinta dell’innovazione che nasce da numerose esigenze, e la volontà di perpetuare sapori e tradizioni che si
  • 6. palesa con particolare impeto proprio in ambito agro-alimentare. Sarebbe auspicabile che il legislatore imponesse l’obbligo della dichiarazione in etichetta della natura dei “miglioratori dell’impasto”. Un discorso analogo si potrebbe fare per il caglio impiegato nella preparazione dei formaggi, per cui non è previsto l’obbligo di indicazione che specifichi se di origine microbica, vegetale o animale. Fonte: www.ilfattoalimentare.it Prodotti OGM: ne abbiamo trovato uno al supermercato. La presenza va indicata in etichetta. Segnalateci altri prodotti geneticamente modificati. Un lettore ci ha segnalato la presenza sugli scaffali di un supermercato di una farina di mais ottenuta da ingredienti OGM. Si tratta di una farina precotta di mais bianco a marchio PAN proveniente negli Stati Uniti. Come risulta dall’etichetta, è stata “prodotta con mais geneticamente modificato”. Il prodotto si trova più di freqente nei negozi di alimenti etnici e in qualche sito di e-commerce come Amazon. La norma europea (Regolamenti 1829/2003 e 1830/2003) permette la commercializzazione di alimenti prodotti con organismi geneticamente modificati, la cui presenza deve però essere indicata in modo chiaro sulle etichette. Per la precisione va detto che in Italia è vietata la coltivazione di piante geneticamente modificata, ma non l’importazione di alimenti e mangimi per animali ottenuti con
  • 7. queste materie prime autorizzate a livello comunitario. I consumatori europei – soprattutto quelli italiani – non apprezzano la presenza di questi ingredienti negli alimenti, per cui è abbastanza raro trovare prodotti ottenuti con materie prime OGM. Se capita di trovare al dettaglio altri alimenti contenenti ingredienti con OGM mandateci la foto che lo segnaliamo ! Fonte: www.ilfattoalimentare.it Solfiti aggiunti nella carne macinata? Risponde l’avvocato Dario Dongo. Caro Dario buongiorno, a seguito di verifica ispettiva abbiamo accettato che un Osa ha intenzionalmente aggiunto solfiti alla carne macinata fresca, in violazione dell’art. 5 lettera g legge 283/62. Vorrei conoscere la Tua opinione sull’opportunità di contestare anche l’art. 516 del cp. Il dubbio mi è sorto perché in questo caso vi è la chiara intenzione nel commettere la violazione, non trattandosi del solo superamento accidentale di un valore. Buona giornata e grazie Annamaria Veterinario pubblico ufficiale Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo Cara Annamaria buongiorno, La fattispecie in esame integra, a mio modesto avviso, entrambi i reati di cui all’articolo 5 della legge 283/62 e all’articolo 516 codice penale. ‘Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non
  • 8. genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a milletrentadue euro’ (Codice penale, art. 516). Il delitto di cui all’articolo 516 c.p., secondo giurisprudenza consolidata, ‘contempla e punisce la semplice messa in commercio di sostanze alimentari adulterate, mutate nelle loro componenti naturali ed artificiosamente modificate o alterate nella loro essenza primaria ovvero commiste a sostanze estranee e depauperate degli elementi nutritivi propri e caratteristici.’ (1) Il concetto di genuinità, oltretutto, ‘non è soltanto quello naturale, ma anche quello formale fissato dal legislatore con la indicazione delle caratteristiche e dei requisiti essenziali per qualificare un determinato tipo di prodotto alimentare.’ (2) Si aggiunga una considerazione, i solfiti sono ingredienti allergenici (3) e il difetto di informazione specifica sulla loro presenza negli alimenti (4) espone i consumatori allergici a rischi potenzialmente gravi per la salute. Tanti cari auguri e alla prossima Dario Note (1) Cassazione Penale, sentenza 6852/96 (2) Cass. Pen., sentenza n. 23276/2004 (3) Cfr. reg. UE 1169/11, Allegato II (4) I solfiti, tra l’altro, sono gli unici allergeni per i quali è stabilita una soglia di tolleranza (pari a 10 mg/kg o 10 mg/l nel prodotto finito), al di sotto della quale l’indicazione specifica non è prescritta Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com Quantità della maionese, massa o volume? Risponde l’avvocato Dario Dongo. Egregio Avvocato, Le sottopongo un dubbio in relazione alle opzioni di indicare la quantità netta della maionese in unità di volume o di peso, o entrambe. Molte grazie Silvana
  • 9. Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo. Cara Silvana, il legislatore europeo in effetti ha assunto una posizione salomonica in ordine alla determinazione della quantità netta degli alimenti semi-solidi, o semi-liquidi che dir si voglia. Limitandosi a esprimere quanto segue. Quantità netta. La quantità netta di un alimento è espressa utilizzando,a seconda dei dei casi, il litro, il centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo: a) in unità di volume per i prodotti liquidi; b) in unità di massa per gli altri prodotti (reg. UE 1169/11, articolo 23). Il difetto di norme armonizzate su tale aspetto è da ricondursi alla difformità delle prassi storicamente in essere nei diversi Stati membri. Laddove in alcuni Paesi viene fatto riferimento al volume e in altri, come il nostro, alla massa (o peso, nell’accezione comune). In Italia – sebbene il decreto legislativo 12/2011 abbia soppresso gli allegati del DPR 391/1980 per quanto attiene alle gamme nominali obbligatorie – ne rimangono invariati i principi. Tra i quali è previsto che la quantità degli alimenti semi-solidi debba venire espressa in unità di massa (peso). L’ipotesi di utilizzare contemporaneamente le due iscrizioni metrologiche, in volume e in massa, può ritenersi accettabile. A condizione che la dichiarazione nutrizionale in etichetta sia riferita al peso, in modo da consentire al consumatore la possibilità di comparare i vari prodotti appartenenti alla medesima categoria. Altrettanto dicasi per l’indicazione del prezzo che dovrà venire espresso con riferimento sia all’unità di vendita, sia al chilogrammo (anziché al litro). Cordialmente Dario Dongo Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com
  • 10. Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo. Cara Silvana, il legislatore europeo in effetti ha assunto una posizione salomonica in ordine alla determinazione della quantità netta degli alimenti semi-solidi, o semi-liquidi che dir si voglia. Limitandosi a esprimere quanto segue. Quantità netta. La quantità netta di un alimento è espressa utilizzando,a seconda dei dei casi, il litro, il centilitro, il millilitro, il chilogrammo o il grammo: a) in unità di volume per i prodotti liquidi; b) in unità di massa per gli altri prodotti (reg. UE 1169/11, articolo 23). Il difetto di norme armonizzate su tale aspetto è da ricondursi alla difformità delle prassi storicamente in essere nei diversi Stati membri. Laddove in alcuni Paesi viene fatto riferimento al volume e in altri, come il nostro, alla massa (o peso, nell’accezione comune). In Italia – sebbene il decreto legislativo 12/2011 abbia soppresso gli allegati del DPR 391/1980 per quanto attiene alle gamme nominali obbligatorie – ne rimangono invariati i principi. Tra i quali è previsto che la quantità degli alimenti semi-solidi debba venire espressa in unità di massa (peso). L’ipotesi di utilizzare contemporaneamente le due iscrizioni metrologiche, in volume e in massa, può ritenersi accettabile. A condizione che la dichiarazione nutrizionale in etichetta sia riferita al peso, in modo da consentire al consumatore la possibilità di comparare i vari prodotti appartenenti alla medesima categoria. Altrettanto dicasi per l’indicazione del prezzo che dovrà venire espresso con riferimento sia all’unità di vendita, sia al chilogrammo (anziché al litro). Cordialmente Dario Dongo Fonte: https://www.foodagriculturerequirements.com