Breve descrizione della Storia dei Forni Solari, da H. B. De Saussurre ai giorni nostri.
Per maggiori informazioni, potete visitare http://www.grupposelene.net/i-forni-solari/.
1. La storia dei forni solari si fa partire nel 1767 con Horace
Benedict De Sausurre. Prima di lui, non abbiamo
riferimenti sull’utilizzo diretto della radiazione solare
nella cottura.
H. De Saussurre, considerato
Il padre della cucina solare
(fonte immagine wikipedia).
Sappiamo però che già in Cina nel 1000 A.C.
venivano
impiegati degli ‘‘accendi-fiamma solari’’
Fu solo però nel diciottesimo secolo che venne sperimentato il primo forno a scatola. In un
periodo in cui l’uso del vetro ricurvo per intrappolare il calore era noto e diffuso sia tra gli
scienziati che tra le persone ‘‘comuni’’ e in cui ci si ‘‘divertiva’’ a sperimentare la capacità
della radiazione solare, opportunamente concentrata, di fondere i metalli in pochi secondi,
lo scienziato franco-svizzero Horace De Saussurre, intuì e sperimentò l’utilizzo della
radiazione solare per la cottura degli alimenti.
In un primo esperimento, De Saussurre prese 5 scatole di vetro spesso, di dimensioni che andavano da 12 pollici
in lunghezza (30,48 cm) per 6 in altezza (15,24 cm) per la più
grande, a 4 pollici in lunghezza (10,16 cm) per 2 pollici in altezza (5,08 cm)
per la più piccola. Dopo aver rimosso la faccia superiore da ciascuna scatola,
le impilò una dentro l’altra, poi le espose al sole per diverse ore adattandone
l’orientamento nel tempo, in modo da avere i raggi solari sempre
perpendicolari. Notò allora che la camera della scatola più interna aveva
raggiunto la temperatura di 86,5°C e che della frutta posta al suo interno si era
cotta diventando ‘‘succosa’’.
Sezione dei cinque contenitori
in vetro usati da De Saussurre
nel suo primo esperimento.
De Saussurre sviluppò poi un prototipo di forno a scatola più performante. Nella sua versione iniziale, si
trattava di una piccola scatola rettangolare fatta con del legno di pino, spessa circa mezzo pollice (1,27 cm) e
rivestita internamente con del sughero nero. La scatola era coperta da tre strati separati di vetro. Con questa
scatola si riuscivano a raggiungere temperature
pari a circa 228 °F (108,89 °C). Grazie alla temperatura raggiunta, il
dispositivo divenne noto come ‘‘scatola bollente’’ (‘‘hot box’’). De Saussurre
migliorò ulteriormente la ‘scatola bollente’’ sviluppandone una versione in
cui la scatola in legno veniva posta all’interno di un concentratore più grande
aperto sula faccia superiore e ricoperto internamente di lana nello spazio che
lo separava dalla scatola in legno. Grazie a questo accorgimento, fu in grado
di limitare le dispersioni di calore e di raggiungere temperature intorno ai 230 °F (110°C), anche se le
condizioni climatiche non erano così vantaggiose come nel precedente esperimento.
chiamati Yang Suis, la cui forma consentiva di concentrare i
raggi in un punto focale in cui veniva fatto infiammare un
corpo combustibile (es. legnetti).
Riferimenti: Principali: (1) http://energyblog.nationalgeographic.com/2013/09/23/seven-of-the-greatest-solar-
stories-over-the-millennia/ ; (2) http://solarcooking.wikia.com/wiki/History_of_solar_cooking;
(3) http://solarcooking.org/history.htm;
2. Il modello di De Saussurre fu replicato con piccole variazioni e in località differenti da altri studiosi. Nel 1830,
il famoso astronomo sir John Herschel, realizzò un hot box durante una spedizione verso Capo di Buona
Speranza. Si trattava di una piccola scatola di mogano resa nera al suo interno e coperta sopra con un vetro,
posta all’interno di una struttura in legno, anch’essa chiusa sopra con un vetro e riempita di sabbia. Grazie ad
essa, Herschel riuscì a raggiungere temperature di 240° F (115,56 °C). I suoi racconti e testimonianze sulla hot
box incuriosirono l’astrofisico americano Samuel Pierpoint Langley, che sarebbe
diventato poi direttore dello Smithsonian Institution nel 1881. Egli, durante un
viaggio verso il monte Withney per studiare le proprietà dell’energia solare,
utilizzò una hot box di rame, anch’essa in grado di raggiungere i 100°C. Per
finire, anche il matematico francese Augustin Mochout, sperimentò la hot box,
All’ 800 risale anche un modello di forno solare simile all’odierno solar chef di Sam Erwin
(quest’ultimo riportato nella foto a fianco, tratta dalla pagina web
http://solarcooking.wikia.com/wiki/Solar_Chef), Fu sviluppato da un soldato britannico e fu
utilizzato in India. Del 1894 sono invece testimonianze relative ad un ristorante in Cina che
offriva pietanze cucinate grazie al sole. E ancora, ci sono poi storie di un giovane capitano che
creò un forno solare utile per essere impiegato in lunghi viaggi in mare (tratto dal libro
‘‘Heaven’s Flame’’ di Joe Radabaugh).
Il sito dell’organizzazione Solar Cookers International Network, riporta come il movimento
contemporaneo dei forni solari abbia avuto inizio negli anni ‘50, con alcuni tentativi isolati
di creare interesse verso la tecnologia.
La scienziata del M.I.T. Maria Telkes, parallelamente ai propri studi relativi al
riscaldamento solare degli edifici, sviluppò un modello di forno solare a scatola in
compensato dotato di una copertura inclinata costituita da due vetri separati da una
intercapedine d’aria. Il forno era equipaggiato con quattro larghi riflettori. Questo tipo di
design è ancora oggi molto utilizzato con piccole varianti.
Nello stesso periodo, George Lof, già direttore dell’ ‘‘Industrial Research Institute’’
all’università di Denver, Colorado, sperimentò un forno solare che chiamò l’ ‘‘umbroiler’’
per via della sua struttura ad ombrello. Tentò anche di commercializzare il prodotto ma
senza successo.
Maria Telkes, lo scienziato
americano attivo nello studio
delle applicazioni di utilizzo
dell’energia solare (immagine
tratta da wikipedia alla voce
Mària Telkes)
Dalla seconda metà del 20° secolo un certo numero di individui o gruppi sperimentò,
dimostrò le potenzialità e condusse piccoli e grandi progetti dedicati ai forni solari.
con l’aggiunta di riflettori in grado di aumentare la quota di radiazione incidente nel forno.
Gli anni ‘50 testimoniarono anche alcuni insuccessi per i forni solari.
I primi progetti sponsorizzati delle nazioni unite fallirono miseramente per l’assenza di
una educazione e formazione appropriata verso i popoli beneficiari.
In uno studio, ad esempio, 500 forni solari a scatola furono donati a un campo rifugiati,
Tre mesi più tardi erano stati triturati e usati per accendere il fuoco. Ci fu però anche
un caso di successo in una comunità nel nord del Messico, che, di fronte alla carenza di
legna da ardere, accolse i forni a scatola, tanto che fu trovata ad utilizzarli fino a 5 anni
dopo la realizzazione del progetto da parte delle Nazioni Unite.
Un gruppo di persone a Phoenix, creò la ‘‘Association for Applied Solar Energy ’’ e organizzò
la propria prima conferenza. Dall’associazione nacquero poi la ‘‘American Solar Energy
Society’’ e la sua controparte internazionale, la ‘‘International Solar Energy Society’’.
Riferimenti: Principali: (1) http://energyblog.nationalgeographic.com/2013/09/23/seven-of-the-greatest-solar-stories-over-
the-millennia/ ; (2) http://solarcooking.wikia.com/wiki/History_of_solar_cooking;
(3) http://solarcooking.org/history.htm;
3. Tanti altri progetti si diffusero nel mondo.
Da prima della fondazione dello SCInet,nel
1987, gli altipiani della Bolivia, un’area in
cui la legna da ardere era allora già scarsa,
beneficiarono di progetti dimostrativi e di
educazione alla cucina solare, promossi
congiuntamente dalla Pillsbury
Corporation e da una organizzazione non
NEGLI ANNI ‘80, UNA SIGNORA DELL’ARIZONA DI NOME BARBARA
KERR, ASSIEME AD ALTRI COLLEGHI, CONTINUO’ A SVILUPPARE
DIVERSI MODELLI DI FORNI SOLARI REALIZZATI CON SVARIATI
MATERIALI, TESTANDONE L’EFFICIENZA E PROMUOVENDO LA
TECNOLOGIA.
Barbara Kerr e la sua vicina, Sherry Cole, svilupparono un
modello commerciale di forno a scatola in cartone che poteva
essere assemblato da chiunque e che ebbe molto successo a
quell’epoca. E’ da queste esperienze che nacque l’organizzazione
della ‘‘Solar Cookers International network’’ (SCInet).
Grazie alla creatività e inventiva di Barbara Kerr, lo
SCInet sviluppò poi anche il forno a pannello (panel solar
cooker), un ibrido tra il forno a scatola e quello a
parabola. Si trattava di una soluzione ideale per le
persone più bisognose, grazie alla sua economicità e
facilità di costruzione!
La crisi energetica degli anni ’70, assieme all’aumento della popolazione mondiale in
Cina e in India, incoraggiarono la ricerca da parte dei governi verso l’utilizzo delle
fonti di energia alternative. La Cina tenne il suo primo seminario sui forni solari nel
1973 e ne iniziò la distribuzione nel 1981.
Ma la crisi energetica stimolò lo studio dei forni solari anche in Europa, Stati
Uniti e nel resto dell’Asia. Il gruppo svizzero ‘‘Ulog’’, la tedesca ‘‘EG Solar’’ e la
statunitense Solar Cookers International, nacquero tutte negli anni ‘80.
governativa chiamata ‘‘Meals for Millions’’. Nel 1988 Pillsbury, in cooperazione con
‘‘Foster Parents’’ (ora ‘‘Save the Children’’) sponsorizzò un progetto simile in Guatemala.
Si trattava dei primi progetti di cooperazione internazionale tra nazioni, che si diffusero
sempre più da allora fino ai nostri giorni.
Riferimenti: Principali: (1) http://energyblog.nationalgeographic.com/2013/09/23/seven-of-the-greatest-solar-
stories-over-the-millennia/ ; (2) http://solarcooking.wikia.com/wiki/History_of_solar_cooking;
(3) http://solarcooking.org/history.htm;