2. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Capire una rivoluzione
Rivoluzione. Questo il termine che, negli ultimi mesi ed anni, è
stato più spesso accostato allo shale gas. Il gas di scisto, infatti,
grazie a nuove tecniche estrattive, è diventato l’assoluto protagonista di un rinascimento energetico innanzi tutto del Nord America,
ma con prospettive enormi per gran parte del mondo. Visto l’interesse diffuso per l’argomento, Siderweb ha deciso di realizzare
un approfondimento dedicato a questo idrocarburo. Sfogliando le
25 pagine dello «speciale shale gas», si avrà una visione a 360°
del tema, dal generale al particolare. Per prima cosa lo shale gas
sarà contestualizzato all’interno del mercato globale dell’energia, successivamente verrà spiegato cos’è
lo shale gas, come si estrae, dove si trovano i giacimenti, qual è la posizione italiana (con un’intervista
esclusiva al Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando) ed europea sul tema, quali sono le opportunità per
il settore siderurgico, quali sono i rischi connessi allo sfruttamento dei giacimenti «non convenzionali» e
sarà fatto un accenno allo shale oil, il petrolio «cugino» dello shale gas. Infine, sarà presentato il punto
di vista di Giovanni Carlini, storico opinionista che ormai da anni collabora con Siderweb, e si potrà
trovare un utile glossario per chiarire i termini e le sigle meno chiare. Il tutto seguendo la filosofia che
da sempre caratterizza il lavoro di Siderweb, quella che l’ex presidente della Repubblica Luigi Einaudi
aveva sintetizzato nella sua regola aurea «conoscere per deliberare»: solo chi conosce un problema, lo
approfondisce e lo analizza, può prendere decisioni corrette per la propria attività e la propria vita.
Buona lettura!
La redazione
di Siderweb
Sommario
1 - Capire una rivoluzione
2 - Energia: alla scoperta dei sei macro trend che rivoluzioneranno il mondo
5 - Shale gas: Cos’è? Come si estrae?
6 - Il settore Oil & Gas è una calamita per gli investimenti
7 - Shale gas: dove si trova?
10 - Shale: visione comune europea cercasi (videointervista al min. Orlando)
15 - Shale gas un doppio affare per l’acciaio
17 - The shale revolution: impatti economici globali
delle fonti non convenzionali
19 - Fracking: quali rischi?
23 - Euforia da gas
24 - Shale oil: la nuova frontiera per i Rockefeller del XXI secolo
25 - Glossario
Editore: Siderweb spa - via Don Milani, 5
25020 Flero (Bs)
Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041
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Registrazione tribunale n. 11/2004
Direttore responsabile: Stefano Ferrari
In redazione: Stefano Ferrari, Davide Lorenzini, Fiorenza Bonetti, Gianfranco Tosini, Giovanni Carlini
Responsabile pubblicità: Mauro Franchina
Progetto grafico ed impaginazione:Siderweb
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3. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Energia: alla scoperta dei sei macro-trend che
rivoluzioneranno il mondo
Sei trend: incremento della domanda dei Paesi emergenti, la
rinascita energetica statunitense, l’aumento delle fonti non convenzionali, l’uscita dal nucleare di alcuni Paesi, lo sviluppo delle
rinnovabili e l’efficienza energetica. Sono questi i fattori che
caratterizzeranno l’evoluzione della domanda e dell’offerta di
energia nel lungo periodo. Lungo periodo al termine del quale
il mondo apparirà radicalmente diverso rispetto ad oggi.
Ma guardiamo più nel dettaglio in che direzione andrà il settore energetico globale.
Quadro introduttivo
Attualmente, sulla Terra, vivono sette miliardi di individui, dei
quali 1,2 miliardi sono residenti nei Paesi industrializzati e 5,8
miliardi nei Paesi in via di sviluppo. Il consumo annuale di energia si attesta a circa 12 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio, dei quali poco meno del 50% è appannaggio dei Paesi
sviluppati. Per l’energia elettrica, invece, la situazione è ancor
più sbilanciata, con il 60% della domanda che proviene dai
Paesi più avanzati e con ben 1,5 miliardi di persone che non
hanno accesso all’elettricità. Questo quadro, però, è destinato
a cambiare, con la popolazione mondiale che nel 2050 salirà
a 9 miliardi di individui, dei quali 7,8 miliardi nei Paesi in via di
sviluppo. Ciò, unito alla crescita economica di molte economie
emergenti, porterà ad una forte discontinuità nel quadro energetico globale. Come detto in precedenza, i trend di sviluppo
saranno sei.
Evoluzione della domanda
Il mondo consumerà sempre più energia nei prossimi anni.
Da oggi al 2035 l’incremento medio annuo dei consumi sarà
dell’1,6%, risultato di una crescita economica e demografica
diffusa e di una riduzione dell’intensità energetica. Mentre nei
Paesi industrializzati ci sarà un rallentamento dei consumi, nei
Paesi in via di sviluppo l’energia richiesta continuerà ad incrementarsi e nel 2035 questo gruppo di nazioni arriverà ad
un consumo del 65% a livello globale, contro il 55% attuale.
Cina, India e Medio Oriente saranno le grandi protagoniste
di questa corsa, assommando il 60% della crescita mondiale
del settore energetico. I combustibili fossili rimarranno i protagonisti del comparto energia, rappresentando nel 2030 il
75% dell’approvvigionamento energetico complessivo, contro
2
l’81% odierno. Il petrolio sarà il leader dei consumi, seguito da
carbone e gas naturale.
Per ciò che concerne un segmento del settore energetico, ovvero la generazione di energia elettrica, i consumi aumenteranno del 2,5% annuo sino al 2030. Il 50% delle fonti che
saranno installate nei prossimi anni si baserà su fonti rinnovabili, ed un terzo degli investimenti complessivi sarà destinato alla sostituzione di impianti obsoleti. Il carbone sarà
ancora la fonte primaria per la generazione di corrente
elettrica, mentre le fonti rinnovabili peseranno per il 33%
del totale ed il nucleare scenderà al 10% dal 12% attuale.
USA: rinascita energetica
Gli Stati Uniti ed il nord America svolgeranno un ruolo di primaria importanza nel futuro dell’energia. Il governo a stelle e
strisce, infatti, ha deciso di puntare su una politica basata sullo
sfruttamento di idrocarburi leggeri e sulla riduzione del consumo di energia, che permetterà agli USA di rendersi maggiormente autonomi per ciò che concerne l’approvvigionamento
energetico. Gli Stati Uniti, infatti, entro il 2020 contenderanno all’Arabia Saudita il primato nella produzione di petrolio
e diventeranno un esportatore netto di gas. Tutto ciò grazie
agli idrocarburi non convenzionali, resi accessibili ed economici
da nuove tecnologie messe a punto nel continente americano.
L’aumento della produzione statunitense di petrolio e gas non
convenzionale, grazie all’impiego di nuove tecnologie per le
attività a monte e ad uno spesso tessuto industriale dell’oil &
gas che non esiste nel resto del mondo, costituito da centinaia
di migliaia di imprese che da sempre sperimentano quotidianamente nuove soluzioni per spremere più
4. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
petrolio e gas dal sottosuolo, ha importanti effetti collaterali. In
primo luogo, un sostegno all’attività economica in quanto i prezzi
più bassi dei nuovi carburanti conferiscono all’industria statunitense un indubbio vantaggio competitivo. In secondo luogo, un cambiamento strutturale del ruolo del nord America nel commercio
mondiale di energia. L’effetto combinato della maggiore produzione di petrolio e gas e delle misure di efficienza energetica
adottate nel settore dei trasporti, provocherà una forte riduzione
delle importazioni nette di fonti energetiche primarie nel 2025 ed
un loro dimezzamento nel 2040.
ropa orientale la Russia continua il proprio piano di sviluppo (con
14 centrali pianificate e 30 proposte), in Asia India (17 centrali
pianificate), Cina (51), Arabia Saudita (14) ed Emirati Arabi (4)
proseguono con decisione sulla strada del nucleare, così come in
sud America. La frontiera del nucleare, quindi,si sposta sempre più
ad oriente: ciò sta anche portando a dei cambiamenti nell’industria del nucleare, con nuovi costruttori russi, coreani e cinesi che si
stanno affacciando al mercato con sempre maggior convinzione
ed incisività.
Fonti non convenzionali
Rinnovabili: investimenti ancora in aumento
Nei prossimi 20 anni circoleranno, nel mondo, 1,7 miliardi di autoveicoli (oggi sono 850 milioni), che contribuiranno in modo decisivo
all’incremento della domanda di petrolio. Quali risorse soddisferanno questa fame di energia? Secondo le principali istituzioni
globali, saranno le fonti non convenzionali a fare la parte del
leone nei prossimi anni. Grazie al light tight oil, alle sabbie bituminose, allo shale oil, allo shale gas e ad altre fonti, sarà possibile
far fronte all’incremento della richiesta. Ulteriori approfondimenti
sul tema, in particolare sullo shale gas, saranno il tema portante
di questa pubblicazione realizzata da Siderweb.
Oggi le rinnovabili rappresentano la seconda fonte di produzione di energia, con il 16,7% del totale. Inoltre, il 25% della potenza totale installata nel settore elettrico è composta da impianti
che sfruttano le rinnovabili, i quali forniscono il 21% dell’energia
a livello globale. Tra il 2004 ed il 2011 il settore delle rinnovabili
è stato attraversato da una vera e propria febbre, con gli investimenti passati da 40 a 257 miliardi di dollari annui. Attualmente
almeno 30 Paesi hanno una quota di energie rinnovabili superiore
al 20% del totale dell’energia prodotta, ed almeno 120 Paesi
mondiali si sono dati obiettivi di incremento della frazione di rinnovabile nel proprio mix energetico. Ciò si tramuterà in un ingente
flusso di spese nel comparto: secondo l’Agenzia Internazionale
dell’Energia gli investimenti nel settore ammonteranno a 6.400
miliardi di dollari tra il 2012 ed il 2035, per una media annuo
di circa 280 miliardi. La quota più elevata di investimenti andrà
nell’eolico (33%), seguito da idroelettrico (24%), solare fotovoltaico (20%), biomasse e geotermico (12%) e biocarburanti (6%).
Gli investimenti complessivi sono equamente suddivisi tra Paesi
emergenti e sviluppati, i primi però punteranno maggiormente
sull’idroelettrico, i secondi sul solare fotovoltaico.
Addio nucleare?
Dopo l’incidente di Fukushima, il mondo si è spaccato in due sul
nucleare. Alcuni Paesi, specialmente nella parte economicamente
più sviluppata del globo, hanno preso decisioni drastiche o hanno ripensato l’opzione nucleare, fermando del tutto o rallentando
gli investimenti in questa tecnologia. Si iscrivono a questo “club”
Giappone (dove attualmente solo 2 dei 50 reattori presenti nel
Paese funzionano a pieno regime, mentre gli altri 48 sono sottoposti a test di sicurezza), Germania (con la rinuncia completa
al nucleare entro il 2022), Svizzera (previsto lo smantellamento Efficienza energetica
delle 5 centrali entro il 2034) ed Italia (con il no referendario).
In altre aree del mondo, invece, si è deciso diversamente. In Eu- Un altro elemento fondamentale per comprendere i trend del
settore energetico globale riguarda l’efficienza energetica, un
ambito nel quale sono stati fatti notevoli passi avanti negli ultimi
20 anni. Le direttrici di sviluppo di questo segmento vanno sia
nell’ottimizzazione della produzione di elettricità e calore, sia
nell’efficienza dei consumi finali. L’Ue oggi è l’area più efficiente
al mondo, con un consumo di energia per punto di Pil pari alla
metà della media mondiale. Per il prossimo futuro il trend di efficientamento dell’economia proseguirà: la Cina punta a ridurre
la propria intensità energetica del 16% entro il 2015, l’Ue vuole
diminuire i consumi di energia del 20% entro il 2020 ed il Giappone del 10% entro il 2030.
Stefano Ferrari
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5. 1 - RIDUZIONE DEI COSTI
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software, non dovrà preoccuparsi degli aggiornamenti,
non dovrà avere cura delle copie degli archivi dei dati sia
comuni che sensibili.
2 – OTTIMIZZAZIONE DELLE RISORSE
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di malattia e del TFR, fogli contabili, autoliquidazioni INAIL,
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adempimenti (assunzioni, dimissioni, denunce periodiche,
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6. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Shale gas: cos’è? Come si estrae?
Lo shale gas o gas da scisti non convenzionale è un gas
naturale, in tutto e per tutto simile al metano convenzionale, la cui differenza principale è determinata dal suo
giacimento. Il gas convenzionale, infatti, risiede generalmente in rocce porose e permeabili, nelle quali è migrato
partendo da altre rocce dove si è formato. Lo shale, invece, è trattenuto nelle stesse rocce in cui si è formato: rocce
argillose, porose sì, ma per lo più non permeabili, e che
quindi intrappolano il gas.
L’estrazione dello shale gas è diventata una pratica relativamente semplice solo da un lustro, prima infatti le
difficoltà tecnologiche o gli eccessivi costi rallentavano lo
sfruttamento delle riserve.
Le rocce argillose che trattengono il gas si trovano a profondità comprese tra i 2.000 e i 4.000 metri ed il recupero
estrattivo si attesta attorno al 30% del gas intrappolato.
Inoltre, considerato che lo shale gas si trova nella roccia
da cui ha avuto origine, è necessario perforare il bacino
orizzontalmente, ovvero alla trivella viene impartita una
leggera flessione sfruttando l’elasticità dell’acciaio, così
da poter corrompere l’argilla in molteplici punti lungo la
sua dorsale e garantire la migrazione del gas verso il
pozzo e conseguentemente in superficie.
Quindi, viene effettuata una perforazione verticale profonda, seguita da una orizzontale, contemporaneamente
alla quale si procede alla messa in sicurezza del foro con
pareti di cemento iniettato, così da evitare che i fluidi di
trivellazione ed estrazione risalgano all’esterno dell’involucro di contenimento del pozzo e si diffondano nelle falde acquifere soprastanti.
Per garantire la miglior resa possibile di questa operazio-
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ne, si procede successivamente con la fratturazione idraulica del terreno (fracking), ottenuta mettendo in pressione
la sezione di un pozzo dopo aver processato una scarica
esplosiva che frattura la roccia. Il fracking consiste nell’iniezione ad alta pressione di acqua (dagli 8 ai 15 milioni di
litri per ogni singolo pozzo) e sabbia, con l’aggiunta di
additivi chimici di vario genere (1% circa del totale), necessari a garantire l’espansione ed il mantenimento delle
fratture della crosta. Si parla di oltre 260 additivi, tra
i quali naftalene, benzene, piombo, kerosene, formadeldeide, acido solforico, xenon e manganese. Fino all’80%
di questi fluidi iniettati per la fratturazione idraulica ritorna in superficie come acqua di riflusso e viene raccolta in
appositi siti in attesa di smaltimento, che generalmente si
verifica con lo stoccaggio definitivo in altri pozzi di profondità. Il restante 20% di quest’acqua tossica rimane nel
sottosuolo, libera, con possibili implicazioni ambientali.
L’estrazione dei gas da scisto è efficiente solo se estremamente intensiva. Mentre per l’estrazione di gas convenzionale si ha la necessità di realizzare mediamente un pozzo
ogni 10 Kmq, la IEA (International Energy Agency) indica,
per lo shale, una media ideale di un pozzo per ogni Kmq.
In sostanza, l’economia di questo gas dipende dalla possibilità di trivellare il maggior numero di pozzi nel minor
tempo possibile.
Mauro Franchina
7. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Il settore Oil & gas è
una calamita per gli investimenti
Un fiume immenso di dollari ricoprirà il settore oil & gas
nei prossimi anni, riversandosi sulle aziende della filiera e, quindi, anche sul comparto siderurgico, che fornirà
gran parte del materiale con il quale si realizzeranno
le strutture e gli impianti per l’estrazione, il trasporto e
la lavorazione degli idrocarburi che saranno estratti dal
terreno o dai fondali marini.
A fare la parte del leone saranno gli Stati Uniti, dove
la corsa allo shale gas è già diventata febbre. Secondo
le stime presentate al convegno nazionale di ANIMP da
Mauro Montefiore, Chief Business Officer di Technip (Region B), nei prossimi 8 anni ci sono almeno 20 miliardi di
dollari annui di potenziali investimenti nel settore gas, per
complessivi 156 miliardi di dollari. Il settore oil & gas nel
suo complesso, invece, potrebbe arrivare sino a 227 miliardi di dollari di investimenti, dei quali 75 miliardi entro
il 2015. Anche il Canada, dove lo shale gas è abbondante e la produzione di petrolio da sabbie bituminose è
massiccia, gli investimenti saranno cospicui: basti pensare
che le spese per gli impianti upstream saranno di 15-20
miliardi di dollari annui sino al 2016 e gli investimenti
nel solo stato dell’Alberta nel comparto delle sabbie bituminose arriveranno a 180 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Proseguendo la carrellata nel continente
americano, in Messico gli investimenti saranno di circa 20
miliardi di dollari annui sino al 2018 (di cui il 20% per
impianti downstream), in Colombia di 83 miliardi da qui
al 2020, in Perù di 30 miliardi nel prossimo quinquennio,
in Venezuela di oltre 200 miliardi entro il 2018, in Ecuador di 20 miliardi in cinque anni, in Bolivia di 10 miliardi
di dollari entro il 2018 ed in Brasile di 222 miliardi di
dollari entro il 2017, dei quali 75 miliardi downstream
e 147 miliardi upstream. In Argentina, invece, gli investimenti saranno limitati.
Cambiando continente, e passando a quello euroasiatico, la Russia vedrà scorrere 34 miliardi di investimenti
da oggi al 2020, mentre i Paesi della Comunità degli
Stati Indipendenti proseguiranno con spese contenute e
l’Europa sarà caratterizzata ancora dalla recessione. In
nord Africa l’Egitto investirà circa 30 miliardi nei prossimi
anni, mentre la Libia rimane in stad-by. Scendendo anche
al di sotto dell’Equatore e considerando il continente nel
suo complesso, nel 2014-17 ci sarà un incremento degli
investimenti upstream africani del 30% rispetto a quelli
del quadriennio 2010-2013. Nel Golfo Persico non mancheranno i progetti: tra il 2013 ed il 2016 saranno assegnati lavori per 179 miliardi di dollari. Infine l’Australia
sta vivendo un momento di grande vivacità per l’industria
dell’oil & gas. Le principali aziende estrattive hanno presentato recentemente 8 megaprogetti, i cui lavori per la
realizzazione dovrebbero iniziare entro il 2016, dal valore di 190 miliardi di dollari.
Come sottolineato da Montefiore, ma anche da Daslav
Brkic, Senior Vice President Business and Technology Development di Saipem, i numeri sopraelencati sono però
da considerarsi aggravati da una «tara». Gli investimenti, infatti, comprendono sì i lavori assegnati o iniziati, ma
anche quelli semplicemente annunciati o per i quali è in
corso uno studio di fattibilità. Questi ultimi, poi, spesso
capita che non vengano realizzati, specialmente nei Paesi
del sud America, a causa di intoppi burocratici o di problematiche di altra natura. I progetti che si concretizzeranno, quindi, saranno sicuramente meno di quelli annunciati. Ciò non toglie che, miliardo più o miliardo meno, il
settore oil & gas continuerà ad essere un business enorme
anche nel futuro a medio e lungo termine.
Stefano Ferrari
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8.
9. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Shale gas: dove si trova?
In figura i 48 principali bacini di shale gas in 32 Paesi.
area di 211.000 chilometri quadrati e rappresenta il
40% delle risorse di scisto. La Cina auspica di produrre, entro il 2020, tra 60 miliardi e 100 miliardi di metri
cubi di shale gas. Royal Dutch Shell ha recentemente
firmato il primo contratto di esplorazione finalizzata
alla produzione di gas in Cina. Una mossa che va nella
direzione imposta dallo stato cinese, il quale intenderebbe acquisire know-how dall’estero, al fine di poter,
in un secondo momento, sfruttare le riserve ancora intatte che sono le più ricche del pianeta.
Anche se le stime sino ad oggi effettuate potrebbero
subire delle variazioni in futuro, la presenza di shale gas nel sottosuolo mondiale può essere considerata
ingente. Secondo i dati forniti dall’Energy Information
Administration degli Stati Uniti, all’interno del report
dal titolo «World Shale Gas Resources» e che prende
in esame 33 Paesi, la stima totale raggiunge i 206.712
miliardi di metri cubi. Escludendo gli Stati Uniti, sono
fondamentalmente quattro le nazioni extraeuropee
che, secondo le stime, dovrebbero godere dei maggiori
giacimenti di shale gas.
Argentina
Cina
All’interno della zona del Neuquèn, limitrofa al confine
con il Cile, è presente una riserva di shale gas che
prende il nome di Vaca Muerta e che dovrebbe contenere al massimo 6.796 miliardi di metri cubi di
gas di scisto. ExxonMobil ha recentemen-
L’EIA ha stimato che la Cina avrebbe a disposizione
36.103 miliardi di metri cubi di gas di scisto tecnicamente recuperabili. Il bacino del Sichuan, situato nella
zona centro meridionale della Cina, si estende su un’
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10. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
te stipulato un accordo con l’americana Petrogas per
l’esplorazione e la produzione su un’area di 163.500
ettari lordi. Questa zona è inoltre in fase di studio e di
sviluppo da parte di Shell, Apache, EOG, Total e Wintershall. La più grande compagnia energetica argentina, la YPF, ha trovato shale oil e gas naturale nella
provincia di Mendoza, confermando quindi l’estensione
del bacino di Vaca Muerta. Risorse energetiche sono
state individuate anche nella provincia che confina con
le Ande. Nel complesso, in Argentina, dovrebbero esserci risorse per 21.917 miliardi di metri cubi.
Canada
Il bacino più importante del Paese si chiama British Columbia Horn River Shale e contribuisce cospicuamente alla somma totale di giacimenti, stimati attorno ai
7.079 miliardi di metri cubi. Dal 2008, nove società si
sono messe al lavoro nella zona (tra le altre ExxonMobil, Apache, Devon Energy e Encana).
Il Canada, però, non ha ancora attivato una rete commerciale di gas di scisto. Encana, una delle più grandi
produttrici di energia in Nord America, sarebbe alla
ricerca di un solo partner per un sistema di pozzi che
includerebbero i giacimenti di Collingwood Shale, Tuscaloosa, Marine Shale, il Mississippi Lime e il Eaglebine Shale negli Stati Uniti.
Sudafrica
Il sottosuolo sudafricano – in particolare nell’area Karoo Supergroup (KSG) - è riconosciuto dai paleontologi
come uno dei giacimenti di fossili più fertili al mondo e,
allo stesso modo, sembra rappresentare una delle fonti
di shale gas più imponenti. Complessivamente, due terzi della superficie del Sudafrica dovrebbero contenere
13.734 miliardi di metri cubi di shale gas.
Fiorenza Bonetti
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11. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Shale: visione comune europea cercasi
Orlando «In Italia zero estrazioni» videointervista
dell’Unione Europea in Senato sostenuta il 30 ottobre,
il vice presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha sostenuto che la sua posizione in merito
allo shale gas in Europa è «neutrale», chiedendo, al
contempo, che vengano effettuati tutti gli studi e le
verifiche necessarie, ma «senza pregiudizi».
Secondo le stime fornite, l’Europa godrebbe di riserve
di gas non convenzionale pari a 13.308 miliardi di
metri cubi. Come evidenziato dalla cartina geografica diffusa dal magazine statunitense «Drilling Contractor», 4.190 miliardi del totale è stimato che risiedano nel sottosuolo polacco, ma pressoché tutti i Paesi
dell’Unione hanno un potenziale di shale gas e tight
gas. Per quanto riguarda il suolo italiano, i giacimenti
principali sono concentrati nella Pianura Padana e, in
particolare, in Emilia Romagna, Veneto, Lombardia,
Lo sfruttamento di risorse energetiche provenienti Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
dall’estrazione di shale gas, in Europa, vede un atteggiamento fortemente diverso rispetto a quello adotta- Le risposte dei singoli governi
to negli Stati Uniti. Sono numerosi, infatti, i movimenti
di protesta che, da anni, si oppongono a questa nuova I primi stati ad essersi detti contrari al fracking sono
tipologia di energia, oltre ad una posizione che il Par- stati Francia, Bulgaria e Lussemburgo. Per quanto rilamento Europeo ha adottato lo scorso 8 ottobre. La guarda il Paese transalpino, una legge del 13 luglio
nuova direttiva sulla valutazione d’impatto ambien- 2011 aveva vietato le pratiche di fracking. La multale votata a Bruxelles - attraverso l’approvazione tinazionale texana Schuepbach Energy aveva, però,
degli emendamenti 31 e 79 - evidenzia che il Parla- ricevuto licenze di esplorazione a Nant (Aveyron) e
mento europeo è possibilista rispetto all’esplorazio- Villeneuve-de-Berg (Ardèche) e, per questa ragione,
ne e allo sfruttamento di gas non convenzionali, che si era appellata al Conseil constitutionnel francese. Lo
impiegano la tecnica della «fratturazione idraulica». scorso 11 ottobre, il consiglio costituzionale transalpiLe modifiche apportate alla Direttiva 2011/92/UE no ha respinto la richiesta della multinazionale texarappresentano un’importante introduzione normativa na. La legge del 13 Luglio 2011 che vieta il fracking
di monitoraggio, controllo e verifica degli impatti am- in Francia è costituzionale e quindi resta in vigore il
bientali per questa tipologia di sviluppo minerario. Il no allo sfruttamento di pozzi di gas e petrolio di sciParlamento Europeo, con 339 voti favorevoli e 293 sti. In Svizzera, Austria e Svezia i progetti sono stati
contrari, ha così approvato lo schema della nuova di- sospesi. In Germania, ExxonMobil ha iniziato opere
rettiva sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), di trivellazione dal 2008 e ha completato a gennaio
che dovrà entrare in vigore entro il 2016. La nuova 2011 quattro insediamenti estrattivi. Inoltre, la multiVIA dovrà essere applicata a circa 200 tipologie di nazionale ha pianificato investimenti per un totale di
progetti pubblici e privati, dai ponti alle autostrade, 2 miliardi di dollari per i cinque anni successivi (fino al
dai porti alle discariche di rifiuti, fino agli allevamenti 2015). La regione del Nord Reno – Westfalia ha però
intensivi di pollame o suini. Ovviamente anche il gas instituito una moratoria su ulteriori impianti estrattivi
di scisto dovrà rispondere ai requisiti di tale direttiva, nel marzo del 2011. In Olanda, l’atteggiamento semsia per quanto riguarda l’estrazione che l’esplora- bra essere diverso: la legge dei Paesi Bassi, infatti,
zione dei cosiddetti «idrocarburi non convenzionali». definisce che i pozzi di trivellazione sono – per
Ora il provvedimento dovrà essere oggetto di nego- definizione – non temporanei e che, quindi,
ziati con Consiglio e Commissione UE. Inoltre, nell’au- in caso di accertamento della presenza
dizione delle Commissioni riunite Industria e Politiche di shale gas, l’intenzione è quella di
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12.
13. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
estrarlo. Questa sentenza crea un precedente contro
la società britannica Cuadrilla, minando le certezze
delle attività della multinazionale, in quanto, togliendo la possibilità di usufruire di piani temporanei, è
sotto scacco l’effettuazione di test. In Gran Bretagna,
invece, è stata ufficializzata lo scorso 22 ottobre una
partnership tra Dart Energy e GDF Suez per l’esplorazione delle regioni dello Cheshire e dell’East Midlands e che dovrebbe essere chiusa entro la fine del
2013. Nell’immagine, la zona del Regno Unito interessata dai giacimenti.
In Irlanda, nel gennaio del 2012, i consigli delle regioni di Leitrim, Donegal, Sligo, Roscommon e Clare
hanno votato all’unanimità per vietare l’attività di
«fracking». Anche nell’Irlanda del Nord, il consiglio
della regione di Fermanagh ha votato le attività perforative. Polonia e Ucraina risultano invece i due stati che stanno attuando la più massiccia operazione
di studio e sfruttamento dei giacimenti di shale gas.
Il governo polacco, infatti, vede nel gas di scisto la
possibilità di ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia, al punto che il primo ministro Donald
Tusk ha affermato che entro il 2035 la nazione dovrà diventare autosufficiente nella produzione di gas
naturale. È proprio la Polonia a detenere, secondo le
stime, i maggiori giacimenti di shale gas del Vecchio
Continente, pari a 4.190 miliardi di metri cubi. I test
12
nel sottosuolo polacco sono iniziati nel 2007 e nel settembre del 2011 sono state 101 le esplorazioni effettuate. ExxonMobil ha sei licenze e si sta programmando un secondo test vicino a Siennica, mentre la società
statale PGNiG ha ottenuto 15 concessioni, attuando,
nel 2012, sei test. In Ucraina, la prima esplorazione diretta alla ricerca di shale gas è stata condotta
dalla Royal Dutch Shell nel settembre del 2011. La
società pubblica Naftogaz ha, inoltre, sottoscritto un
accordo preliminare con ExxonMobil sull’esplorazione
di riserve di shale gas. Il ministro ucraino Yuriy Boyko
ha, inoltre, dichiarato che le esportazioni di shale gas
potranno essere possibili nei prossimi 7-10 anni. Il 30
ottobre scorso, il presidente della Repubblica di Kiev,
Viktor Yanukovich, e l’Amministratore Delegato di Eni,
Paolo Scaroni, si sono incontrati per fare il punto sui
progetti di Eni nel Paese. Durante l’incontro, Paolo
Scaroni ha confermato al Presidente della Repubblica
dell’Ucraina il suo interesse a sviluppare le attività nel
Paese. Eni, presente in Ucraina dal 2011, possiede
il 50,01% e l’operatorship nella compagnia ucraina
LLC WSTGASINVEST, che detiene i diritti su 9 blocchi
per l’esplorazione e sviluppo di gas non convenzionale situati nel bacino del Lviv, nella parte occidentale
del Paese in prossimità del confine con la Polonia.
Il bacino del Lviv è considerato una delle
aree a più elevato potenziale d’Euro-
14. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
pa per l’esplorazione di gas non convenzionale. Eni
detiene nel Paese partecipazioni anche in due licenze
di esplorazione e sviluppo, Zagoryanska e Pokroskoe,
situate nel bacino del Dniepr-Doneyz.
E l’Italia?
Flavio Zanonato, a Bruxelles, che avevano scatenato non poche reazioni. Il Mise ha così specificato che
«come stabilito dalla Strategia Energetica Nazionale,
il suo sfruttamento non è mai stato preso in considerazione». Il ministro ha, inoltre, dichiarato la necessità
di rilanciare la produzione nazionale di oil&gas tradizionale, avendo comunque il ministero recentemente
ridotto e meglio definito le aree marine di possibile
estrazione. È, invece, chiara e netta la posizione assunta dal Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, in
un’intervista concessa in esclusiva ai microfoni di Siderweb, il quale ha assunto una posizione contraria
e irrevocabile rispetto alla pianificazione di bacini di
estrazione di gas non convenzionale.
Nel nostro Paese, l’opportunità di estrarre shale gas
non è stata affrontata per lungo tempo. Sono state
numerose e diverse le opinioni espresse negli ultimi
mesi dalle diverse figure istituzionali, senza che queste portassero a definire una reale strategia o posizione tricolore. Un punto di ancoraggio è stato invece
fissato negli ultimi giorni, con un allineamento di pensiero rivolto ad un «no». È stato l’ufficio stampa del
Fiorenza Bonetti
Mise, lo scorso 6 novembre a precisare che l’Italia
non ha alcuna intenzione di produrre gas di scisto.
Precisazioni che si sono rese necessarie a seguito di Clicca sull’immagine sottostante per vedere l’intervista
dichiarazioni del ministro per lo Sviluppo Economico, esclusiva al ministro Orlando di Stefano Ferrari.
13
15.
16. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Shale Gas: un doppio affare per l’acciaio
Maggior domanda di materiale e minori costi energetici.
Il sogno per ogni produttore siderurgico, che oggi si trova
nella situazione opposta. Un paradiso però che sembra
essere per pochi eletti, sia come prodotti che come localizzazione geografica. Stiamo parlando del fenomeno shale gas, che rappresenta un doppio business per
l’acciaio. Dopo aver letto le pagine preliminari di questo
report, il meccanismo e le nozioni generali su origine, natura e tecniche estrattive dovrebbero essere abbastanza
chiare. Ciò che tenteremo di capire in questa parte dello
speciale saranno invece gli impatti sul settore acciaio di
questa nuova fonte di approvvigionamento energetico
non convenzionale.
I numeri dell’acciaio nello shale gas
Per capire meglio gli impatti sulla domanda di acciaio
entriamo subito snocciolando un po’ di numeri. Quanto
e quale acciaio viene utilizzato per la realizzazione dei
pozzi di estrazione? A queste domande ha risposto il
presidente e ceo della divisione Tmko Ipsco in Illinois Vicki Avril, spiegando che «l’incremento nella domanda di
tubi per pozzo è dovuta al continuo sviluppo delle nuove
tecniche di perforazione orizzontale che necessita di sezioni più lunghe, facendo levitare il consumo medio annuo
di OTCG (Oil Country Tubular Goods) da 3.000 a 4.200
tonnellate per pozzo». Ai tubi però si dovranno aggiungere anche gli elementi strutturali necessari a realizzare
la torre di perforazione, i cui volumi però risultano minimi
rispetto ai chilometri di tubi necessari per il pozzo.
Saputo il tonnellaggio per pozzo, ora basta una semplice
moltiplicazione aritmetica per capire l’impatto in termini
di domanda complessiva, dopo aver appreso il numero di
pozzi attivi. In America, a settembre, ultimo dato disponibile che comprende anche gli impianti petroliferi in negli
Stati Uniti e Canada, sono attivi 2.586 pozzi, dei quali
circa il 45% deputato a shale gas, in calo di 160 unità
rispetto a settembre 2012, anche se le aree estrattive
per lo shale risultano tutte in crescita. Il che ben spiega
come dal 2009 al 2011 il consumo di tubi e tubolari abbia subito in America un’impennata da 3,9 milioni di tonnellate a 7,3 milioni di tonnellate e nei pozzi attualmente
attivi sono presenti quasi 11 milioni di tonnellate di tubi
OTCG in acciaio. Nel 2012, in accordo con i dati diffusi
dal Metal Bullettin, circa il 42% del consumo globale di
OTCG è ad appannaggio dei paesi del Nafta, e solo il
23% per la Cina. Il consumo americano si è però spostato
sulle qualità più pregiate di materiale, proprio per dare
risposta alla necessità di materiali resistenti a pressione e
corrosione, necessari per perforazioni e soprattutto per il
fracking delle argille. Attualmente l’American Petroleum
Institute ha innalzato la qualità minima di materiale utilizzabile nei tubi saldati OCTG X65, quindi incrementando
la resistenza minima richiesta al materiale per questo utilizzo ad una resistenza alla pressione di 65.300 psi. Nel
panorama complessivo delle varie qualità di materiale
comunque quello utilizzato per i pozzi estrattivi di shale
rappresenta all’incirca il 25% del tonnellaggio totale di
prodotti scambiati nel 2012. Tra le sfide che i prodotti
devono affrontare per questo impiego ci sono innanzitutto le dimensioni che non possono superare i 3/8”, seguite
dalla profondità che comparta la necessità di una altissima resistenza delle giunzioni e infine alla corrosione che
porta le qualità verso i livelli più alti di gamma.
Fonte: Presentazione Tenaris del webinar Worl Oil 2013
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17. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Le prospettive per il mercato 2013 sono comunque per
una sostanziale stabilità di prezzo e tempi di consegna,
con un leggero incremento per i prodotti a maggior specializzazione.
Non solo tubi e non solo carbonio
Flange, raccordi e forgiati. Non ci sono, infatti, solo tubi
e laminati nel business d’acciaio dei pozzi di shale gas,
ma anche prodotti più sofisticati e delicati. Prodotti per
i quali le grandi aziende produttrici di tubi hanno deciso persino di implementare le proprie divisioni ricerca e
sviluppo, in maniera da realizzare dei materiali e tecnologie dedicate ad affrontare le diverse necessità delle
grandi aziende estrattrici impegnate nella corsa all’«oro
energetico». Infatti, proprio le giunzioni tra un tubo e l’altro rappresentavano una delle difficoltà riscontrate nelle
prime trivellazioni dello shale negli anni 2000 a causa
sia della grande pressione necessaria per il fracking, sia
per le componenti chimiche dissolte nell’acqua utilizzata
nel processo che necessariamente innescavano reazioni
con il metallo. A preoccupare il mercato americano inoltre sono i lunghi tempi di consegna per questa tipologia
di materiale, che per le flange e i raccordi saldati possono arrivare anche a 32-44 settimane. In aggiunta, ma
solo per le grandi centrali di interscambio che verranno
realizzate in un prossimo futuro, ad essere utilizzate vi
sono anche alcuni particolari tipologie di questi prodotti
realizzati in acciaio inossidabile, anche se al momento i
quantitativi sono per lo più trascurabili e poco incisivi sul
mercato globale.
Nuovi siti produttivi e nuovi investimenti
nanze dei nuovi giacimenti, sia per una migliore catena
logistica, che per beneficare di questa energia a basso
costo non presente altrove. Tra questi anche Tenaris, che
entro il 2016 realizzerà un nuovo impianto vicino a Houston, Benteler che entro il 2015 metterà in funzione la
fabbrica a Shreveport (Luisiana) e Jubail Saudi Arabia
il cui impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2014, la
cui location non è però stata resa nota.
Inoltre le varie testate economiche americane hanno rimarcato un crescente fenomeno di reindustrializzazione
degli Stati Uniti, con molte multinazionali che avevano
delocalizzato in precedenza, pronte a tornare in patria
in virtù dei mutati costi produttivi e della migliore manodopera rispetto a quella asiatica.
A far gola è infine il maxi investimento per gasdotti e per
centrali di stoccaggio del gas da fonti non convenzionali,
che dovrebbero entrare in funzione entro il 2030, anno
in cui gli Stati Uniti puntano ad entrare a far parte dei
maggiori esportatori internazionali di gas. L’ammontare
complessivo degli investimenti stanziati finora oscilla tra
i 133 e i 210 miliardi di dollari nei prossimi vent’anni,
con una media di circa 6/10 miliardi di dollari all’anno.
Entro il 2030 dovranno inoltre essere realizzati 17.700
chilometri di nuove linee di gasdotto e la capacita giornaliera di gas processato punta a superare il miliardo di
metri cubi. Numeri importanti, che non è escluso possano
essere ulteriormente incrementati alla luce della scoperta
di nuovi eventuali giacimenti o del miglioramento delle
tecniche estrattive.
Davide Lorenzini
Il titolo scelto per questo articolo parlava di un doppio
business per l’acciaio: se il primo riguardava il consumo,
il secondo aspetto dell’«affare» shale gas rappresenta
l’abbattimento sostanziale dei costi energetici, in grado
di rendere ipercompetitiva la produzione americana nei
confronti soprattutto di quella europea. In un recente articolo pubblicato dal Wall Street Journal, a firma di John
W. Miller, è stato sottolineato come ad esempio Us Steel
potrebbe risparmiare in un solo anno 133 milioni di dollari modificando gli impianti per utilizzare il gas naturale
al posto del coking coal. Una prospettiva che al momento ha portato anche l’Unione Europea, e la Germania in
primis, a valutare la possibilità di concedere aiuti di stato
alle industrie energivore europee per non far perdere di
competitività all’industria di base del vecchio continente.
Clicca qui per scaricare l’elenco aggiornato
Un ulteriore elemento è inoltre l’annuncio di numerose redelle concessioni estrattive rilasciate dal
altà che hanno deciso di aprire nuovi impianti nelle vicigoverno statunitense.
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18. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
The shale revolution: impatti economici globali
delle fonti non convenzionali
La domanda di energia nei prossimi anni è destinata ad
aumentare a ritmi sostenuti, soprattutto da parte dei paesi in via di sviluppo. L’offerta di risorse energetiche tradizionali (petrolio, carbone e gas naturale) avrà difficoltà a soddisfare una domanda in rapida crescita, per cui
i prezzi saliranno e si manterranno instabili. I giacimenti
oggi in esercizio si esauriranno di anno in anno, rendendo necessaria la scoperta di nuovi giacimenti con una
capacità produttiva equivalente a quattro nuove Arabie
Saudite, oppure a dieci nuovi Mari del Nord, cioè pari
a circa il 50% di quella oggi installata a livello mondiale. Poiché non sembra che ci siano altre quattro Arabie
Saudite ancora da scoprire e da sfruttare in tempi brevi (dieci anni, per l’industria petrolifera sono un tempo
brevissimo), non resta che decretare la fine dell’era del
petrolio e del gas “convenzionale”, relativamente poco
costoso, e investire enormi risorse in giacimenti di difficile accesso e che richiedono
tecnologie avanzate di estrazione.
Lo sfruttamento dello shale gas e dello
shale oil ha preso piede negli Stati Uniti e
in pochi anni ha consentito a Washington
di togliere alla Russia il primato nella produzione mondiale di gas. Il gas naturale
ha così superato il carbone come prima
fonte per la produzione di energia elettrica negli Stati Uniti. Inoltre, gli USA sono
ora del tutto autosufficienti per quanto
riguarda la fornitura di gas ed hanno incominciato ad
esportarlo.
Anche il petrolio non convenzionale sta emergendo come
un’importante risorsa energetica a costo relativamente
basso.
L’emergere di un grande potenziale di gas e petrolio
non convenzionale rappresenta una grande opportunità e una sfida strategica per l’industria dell’oil & gas e
per tutti i governi del mondo, in quanto influenzerà le
dinamiche geopolitiche connesse da un lato all’aumento
dell’indipendenza energetica per molti paesi, dall’altro
alla riduzione dell’influenza dell’OPEC.
I paesi produttori di petrolio dovranno attentamente valutare il loro attuale portafoglio prodotti ed i progetti
futuri rispetto ad uno scenario di prezzi meno favorevole.
I previsti minori prezzi del petrolio creeranno dei vantaggi a lungo termine per una vasta gamma di settori che
producono beni e offrono servizi utilizzando il petrolio,
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come la petrolchimica, le materie plastiche, il trasporto
aereo e su gomma.
Non vanno però sottovalutate le potenziali conseguenze
ambientali di un aumento della produzione di gas e petrolio non convenzionale. La fratturazione del sottosuolo
incontra ostacoli difficili da superare, in particolare in Europa, dove la sensibilità ambientale è da sempre superiore a quella americana.
In ogni caso, la produzione di petrolio e gas non convenzionale, di biocarburanti e benzine sintetiche ottenute dal
gas naturale e dal carbone cambierà l’intera geografia
economica e politica degli idrocarburi a livello globale.
Gli Stati Uniti miglioreranno le condizioni dei loro approvvigionamenti grazie all’impiego di nuove risorse nazionali e alle forniture canadesi. I Paesi europei dovranno
rivedere e aggiornare le proprie strategie di sicurezza
energetica, integrandole nelle politiche interne ed estere, alla luce del fatto che il
baricentro del sistema energetico mondiale si allontanerà dai paesi sviluppati per
spostarsi verso quelli emergenti, in particolare dell’Asia.
Per effetto di questo spostamento, le compagnie petrolifere private occidentali perderanno terreno sulla scena globale, mentre le compagnie nazionali di molti paesi
emergenti, siano essi esportatori o importatori di petrolio, diventeranno via via più
attive in ogni parte del mondo. Tra i paesi petroliferi del
Golfo Persico e le emergenti potenze economiche asiatiche ci sono ormai rapporti industriali e commerciali sempre più stretti.
Lo spostamento del centro di gravità del sistema energetico potrebbe portare ad altri cambiamenti, ad esempio
per quanto riguarda la formazione dei prezzi e soprattutto l’impiego di nuove unità di conto e altre monete,
per la progressiva sostituzione del dollaro tanto come
unità per la quotazione dei prezzi del petrolio, del gas e
del carbone, quanto come moneta principale del mercato
stesso. La fratturazione del suolo, insomma, non porterà
solo a nuove fonti energetiche, ma, forse, anche alla fratturazione dell’attuale assetto energetico e geopolitico
globale.
Gianfranco Tosini
20. SPECIALE
Shale Gas
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Fracking: quali i rischi?
L’acceso dibattito – spesso sfociato in vere e proprie proteste – che, soprattutto in Europa, accompagna il fracking
si fonda su una serie di possibili rischi, tanto per l’ambiente quanto per l’uomo, che andiamo a descrivere.
Rischio sismico
Il primo rischio è di tipo «strutturale». La fratturazione
del sottosuolo – che avviene, come già descritto, attraverso una trivella che, a seguito del tradizionale movimento
verticale, devia in orizzontale in direzione del giacimento
roccioso e, una volta raggiunto, inserisce dell’esplosivo nel
canale che permette la creazione di grosse fessure, nelle
quali vengono pompate grandi quantità di acqua, sabbia e agenti chimici che «liberano» il gas – può renderlo
instabile. Lo «sconquasso» inferto nel terreno potrebbe
essere causa di terremoti.
Lo sostiene, tra gli altri, il sismologo Won–Young Kim, ricercatore presso il Lamont-Doherty Earth Observatory
della Columbia University. Il suo studio si fonda su tale assunto: da quando, nel 1776, sono iniziate le registrazioni
dei movimenti sismici nella città di Youngstown, nell’Ohio,
non è stato segnalato alcun terremoto, fino a quando, nel
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2010, il sito estrattivo di Northstar nella vicina Pennsylvania, è entrato in funzione. Da allora, e per i successivi
12 mesi, i sismometri hanno registrato 109 terremoti e,
il più potente ha raggiunto una magnitudo del 3.9 della
scala Richter. Il dottor Won–Young Kim ha affermato in
merito: «Negli ultimi anni, è stata registrato un incremento
di fratturazione idraulica e del relativo fluido di scarto
nel sottosuolo statunitense. I terremoti sono stati innescati
da queste iniezioni di fluido in un pozzo a Youngstown dal
gennaio del 2011 al febbraio 2012. Abbiamo riscontrato che l’insorgenza di terremoti era legata all’attività nel
sito Northstar. I terremoti, infatti, avevano il proprio epicentro in faglie sotterranee e vicine al pozzo di iniezione». I sismologi della Columbia University hanno, pertanto, trovato che l’insorgere – esattamente come il placarsi
– dell’attività sismica era strettamente legato all’operosità del sito Northstar 1. Il primo terremoto registrato nella
città avvenne 13 giorni dopo l’inizio del fracking, e l’attività sismica si è interrotta a seguito della chiusura del
pozzo nel 2011 da parte del Dipartimento delle Risorse
Naturali dell’Ohio. Inoltre, diminuzioni di attività sismica si
sono registrate in occasione del Memorial Day, il 4 luglio,
nel giorno della festa del Lavoro e in occasione delle va-
21.
22. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
canze del Ringraziamento, date che coincidevano con le
fermate lavorative al pozzo. All’indomani della chiusura
di Northstar 1, Youngstown non è stata interessata da
ulteriori fenomeni sismici.
Rischio idrico
Il processo di fracking idraulico richiede l’impiego di ingenti quantità di acqua dolce alle quali vengono aggiunte anche sostanze chimiche che aiutano ad aprire le
fessure nelle rocce per far fuoriuscire il gas. Da queste
due caratteristiche derivano i due più grandi rischi: impiego eccessivo di acqua – in un contesto di progressiva
diminuzione di bacini di acque dolci a livello mondiale – e
inquinamento di falde acquifere. Per ogni singolo pozzo,
secondo le stime raccolte in un rapporto dell’US Department of Energy del 2009, vengono impiegati 15,2 milioni
di litri di acqua per la fase di fratturazione, con ulteriori
320 mila litri per le operazioni di perforazione. Il pericolo, quindi, è che – vista la densità di pozzi necessari
per l’estrazione – si vada a peggiorare un quadro già
problematico rispetto al fabbisogno idrico della popolazione mondiale. L’altro rischio deriva dalle sostanze chimiche che vengono inserite nell’acqua da pompare nelle
fessure create nelle rocce. Il liquido impiegato è formato
per il 99,5% da acqua e sabbia e, il restante 0,5% è
composto da un mix di fluidi chimici che può essere pericoloso per la salute. Tra questi compaiono:
nelle viscere della terra, la trivella può incrociare vene
d’acqua dolce che, a loro volta, possono entrare in contatto con i fanghi di trivellazione, col fluido usato per il
fracking e con lo stesso gas naturale. È frequente, negli ultimi tempi, vedere dei video pubblicati in rete da
cittadini americani che, avvicinando accendini o fiammiferi all’acqua dei propri rubinetti, la vedano prendere
fuoco (clicca qui per vedere un esempio del fenomeno).
Ciò può avvenire a causa di metano che, liberato dalle
rocce, si insinua sino a raggiungere le falde e, da lì, la
rete di distribuzione domestica. Le aziende che operano
nell’estrazione di shale gas hanno risposto che i giacimenti si trovano molto al di sotto delle falde acquifere
utilizzate dall’uomo e anche il potenziale rischio di perdite nelle porzioni più superficiali dei pozzi è improbabile
poiché i pozzi sono completamente rivestiti di cemento
(casing, ndr).
Inoltre, secondo quanto appreso, pare che il fluido iniet• Metanolo (alcol metilico)
tato nei pozzi ritorni in superficie per circa l’80% come
acqua di riflusso che viene poi raccolta in appositi siti in
• Isopropanolo (alcool isopropilico, propan-2-olo)
attesa di smaltimento (che generalmente avviene tramite
lo stoccaggio definitivo in pozzi nel sottosuolo). Il restante
• Silice cristallina - quarzo (SiO2)
20% di quest’acqua rimane nel sottosuolo, con possibili,
quanto, ad oggi, incalcolabili ricadute ambientali.
• Butilglicole (2-butossietanolo)
Un report datato aprile 2011, e redatto dalla HOUSE
OF REPRESENTATIVES COMMITTEE ON ENERGY AND
• Glicole etilenico
COMMERCE degli Stati Uniti, e dal titolo «Chemical used
in hydraulic fracturing» afferma che tra il 2005 e il 2009,
• Distillati di petrolio idrotrattati
le 14 società estrattive all’opera sul suolo statunitense
hanno impiegato più di 2.500 prodotti per il processo
• Idrossido di sodio
di fracking idraulico, contenenti 750 sostanze chimiche.
Complessivamente, sono stati impiegati circa 3 miliardi di
Non tutti questi elementi possono risultare dannosi o can- litri di prodotti per il fracking. Gli elementi utilizzati sono
cerogeni per la specie umana, anche se permane il rischio una vasta gamma di prodotti chimici, dei quali alcuni sono
che, durante le operazioni di trivellazione e di estrazione sostanzialmente innocui (cloruro di sodio, gelatina e acido
del gas, avvenga la contaminazione delle falde acquife- citrico). Altri potrebbero rappresentare, invece, una
re, sia superficiali che profonde. Durante la sua discesa minaccia per la salute. A seguito riportia-
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23. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
mo una tabella che riassume i componenti chimici iniettati
nel periodo di tempo studiato. La sigla HAP significa Hazardous Air Pollutants (pericolosi inquinanti atmosferici),
mentre quella SDWA sintetizza l’espressione Safe Drinking Water Act Chemicals (acqua potabile a rischio per
agenti chimici). Ha bisogno, invece, di poche spiegazioni
la categoria Carcinogen: cancerogeno.
alle estrazioni di gas convenzionale. Si tratta della pratica del flaring: si tratta, cioè, di bruciare il gas fuoriuscito
dal pozzo – a canna libera e senza filtri - con l’intento di
far esaurire i picchi di pressione ed evitare esplosioni. Secondo i dati della Banca Mondiale, riportati dall’agenzia
Reuters, a causa del boom di estrazioni di shale gas negli
USA, le emissioni legate al flaring sono incrementate del
4,5% nel 2011 rispetto al 2010. Concetto, sostanzialmente, confermato anche dal CEO di ExxonMobil, Rex
Tillerson, il quale ha affermato in merito che «chiaramenRischi climatici
te ci sarà un impatto».
Come accennato in precedenza, dal canale scavato è È, altresì, bene sottolineare che, se lo shale gas divenpossibile che fuoriesca gas metano, ritenuto potenziale tasse il combustibile eletto a sostituire il carbone, si regicausa di surriscaldamento globale decine di volte più for- strerebbe un impatto positivo sulle emissioni di anidride
te rispetto all’anidride carbonica.
carbonica.
Fiorenza Bonetti
Inoltre, è presente un problema – comune, però, anche
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24. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Euforia da gas
La crisi vista dagli Stati Uniti è completamente diversa
rispetto a quanto si vive in Europa. Laddove nel vecchio
continente s’inseguono quegli annunci sulla fine della crisi, che nessuno effettivamente vede o percepisce (meno
male che esistono ancora gli ottimisti) in Nord America ci
sono gli elementi per crederci.
Gli americani sono «autorizzati» a credere a un importante rallentamento della congiuntura negativa, con assorbimento della disoccupazione, (che poi rappresenta il
cuore della ripresa economica grazie alla sua capacità
di spesa) perché hanno attivato dal marzo 2011 politiche
di reshoring (rientro in patria d’imprese precedentemente
de localizzate) e per la ridotta dipendenza dal petrolio
importato. Sono due dati di fatto che permettono di sperare in un futuro migliore.
La stampa italiana, quella economica, facendo i conti,
ha affermato che l’industria automobilistica nazionale è
tornata al 1958 per numero d’auto prodotte. Ragionandoci sopra, la differenza tra gli anni Cinquanta e Sessanta italiani, rispetto ad oggi, non risiede solo nel mutato
potere d’acquisto. Ora siamo decisamente più ricchi di
tutto, a dispetto delle fredde statistiche, ma ci sentiamo
anche più arrabbiati, delusi, distaccati dal sociale e poco
costruttivi quando, 40 anni fa, con le pezze al sedere e
in bicicletta, o alla guida di una 500 Fiat, avevamo una
marcia in più: la fiducia.
È possibile uscire dalla crisi sfiduciati? Forse, ma non ci
sono al momento esperienze tali di poter risollevare dei
depressi, se non caricati con un nuovo spirito d’avventura
grazie ad amori nuovi o rigenerati, quindi al lavoro o per
studi da intraprendere e nuove esperienze di ricerca.
Tutto questo negli Usa c’è perché lo shale gas consente di
“gasare” la ripresa (reale o fittizia che sia) suggerendo
fiducia.
In effetti, sul piano personale, guidando a cavallo tra diversi stati, in Nord America, con entusiasmo cerco pompe
di benzina per carburanti alternativi (come 3 anni fa per
quella verde, d’origine vegetale, che costava appena
poco meno di quella importata) ma non ne trovo! Immagino che il gas estratto sia convogliato nei metanodotti a
vantaggio dell’industria.
Resta comune a tutti gli americani il mito dell’autosufficienza energetica in grado d’aprire un discorso nuovo:
cosa fare con i soldi risparmiati? Nessun commentatore
politico è riuscito, sino ad ora, a inquadrare il braccio
di ferro tra repubblicani e democratici al congresso sul
bilancio pubblico anche in quest’ottica. Sta per aprirsi in
chiaro un nuovo interrogativo: i miliardi di dollari risparmiati dall’import di petrolio, dove investirli? Nella sanità,
scuola, case, ricostruendo il paese in un nuovo progetto
urbanistico come già fu il New Deal degli anni Trenta,
oppure in una nuova generazione di reattori nucleari seguendo l’esempio della Gran Bretagna di questi giorni?
Comunque sia, sarà la scelta degli americani, quando gli
europei non hanno scelte, ma solo proclami. In Europa è
la politica fiscale «il motore» dell’economia nel tentativo
di quadrare i conti. Ovvero, farsi restituire dai cittadini quote di ricchezza eccessivamente goduta negli anni
passati. È come dire: abbiamo esagerato e ora torniamo
indietro.
In effetti la revisione degli stili di vita, in termini più austeri è sicuramente un atto di saggezza, ma non è sufficiente
per uscire dalla crisi, al massimo è appena sufficiente
per gestirla. Gli americani ci insegnano, ancora una volta, che per superare un lungo periodo di stagnazione
servono investimenti, energia, industria, posti di lavoro, ricerca & sviluppo, idee, aziende non vincolate dal gruppo
familiare, nuova tecnologia.
Grazie America per averci ricordato l’ovvio, che in Europa si tende a dimenticare: wake up Europa!
Giovanni Carlini
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25. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Shale oil: la nuova frontiera per i Rockefeller del
XXI° secolo
Le rocce scistose non conservano solo un tesoro, il gas, ma
anche un «gemello» meno abbondante ma preziosissimo:
il petrolio. Parallelamente allo sfruttamento di shale gas,
infatti, negli USA si è sviluppata una fiorente industria
di estrazione di petrolio di scisto. Da 111.000 barili al
giorno nel 2004, la produzione statunitense di shale oil è
salita a 550.000 barili nel 2012, facendo scendere l’import americano di petrolio al livello più basso degli ultimi
25 anni e con una previsione di un ulteriore -20% entro il
2025. Attualmente non ci sono ancora degli scenari certi
sul futuro dell’industria americana dello shale oil: l’Energy
Information Administration (EIA) stima che la produzione
di shale oil rallenterà nei prossimi anni, prima salendo a
2 milioni di barili al giorno, poi scendendo a 1,2 milioni
di barili nel 2035, pari al 12% della produzione totale
di petrolio. Questo outlook, però, si scontra con alcune
proiezioni degli esperti del mercato, che prevedono che
la produzione di shale oil negli Stati Uniti arriverà a 3-4
milioni di barili al giorno nel 2035.
Nel medio termine il maggior contributo alla crescita
24
della produzione di petrolio americana, comunque, verrà
dallo shale oil, mentre la quota della produzione di petrolio convenzionale rimarrà stabile. Nel lungo periodo,
si stima che lo shale oil potrebbe sostituire il 35%-40%
delle importazioni di petrolio degli Stati Uniti, con un impatto rilevante sul prezzo del greggio.
A livello mondiale, la produzione di petrolio non convenzionale potrebbe raggiungere i 14 milioni di barili al
giorno nel 2035, pari al 12% della produzione globale,
contribuendo a ridurre di circa il 25%-40% il prezzo al
barile rispetto al 2012 e ad aumentare di 2,5-3,5 punti
percentuali il PIL mondiale. A trarre il maggior vantaggio da questa situazione saranno i paesi importatori di
petrolio, come India, Cina e Giappone, mentre i paesi
esportatori di petrolio, come Russia e Medio Oriente in
particolare, registreranno un significativo peggioramento
della bilancia commerciale e una riduzione del PIL nel
lungo termine se non riusciranno a sfruttare le loro riserve
di petrolio non convenzionale.
Stefano Ferrari
26. SPECIALE
Shale Gas
Novembre 2013
Glossario
Proponiamo infine un breve glossario per capire
meglio i termini più tecnici
utilizzati nei testi.
combustione del gas (senza recupero energetico)
che genera una fiamma
sopra le torri petrolifere.
Il gas in eccesso estratto
Casing: pratica volta a insieme al petrolio, viene
sigillare le fuoriuscite di quindi bruciato perché rigas dal foro estrattiva. sulterebbe troppo costoGeneralmente, il foro vie- so costruire infrastrutture
ne rivestito di tubi in ac- adeguate per trasportarciaio cementati alla roc- lo nei luoghi di consumo.
cia, pratica che riduce il
diametro del pozzo.
New Deal: letteralmente
significa «nuovo corso».
Fracking (fratturazione Con questa terminologia,
idraulica): lo sfruttamen- però, s’intende il piano di
to della pressione di un riforme economiche e sofluido, in genere acqua, ciali promosse dal presiper creare e poi propa- dente americano Franklin
gare una frattura in uno Delano Roosevelt fra il
strato roccioso. La frattu- 1933 e il 1937, allo scorazione, detta in inglese po di risollevare il Paese
frack job, viene eseguita dalla grande depressiodopo una trivellazione ne che aveva travolto gli
entro una formazione di USA a partire dal 1929.
roccia contenente idrocarburi, per aumentarne OCTG (Oil Country Tubula permeabilità al fine di lar Goods): tubi destinati
migliorare la produzione all’industria petrolifera,
del petrolio o del gas da tra i quali compaiono aste
argille contenuti nel gia- di perforazione, involucri
cimento e incrementarne di tubi, tubi per l’olio.
il tasso di recupero.
Olio di scisto (shale oil):
Gas flaring: è una pratica greggio estratto da giadegli impianti industriali cimenti non convenzionali.
petroliferi, chimici e di gas
naturale, nonché nei siti OPEC (Organization of
di produzione di petrolio the Petroleum Exporting
o di gas che hanno pozzi Countries): l’Organizzadi petrolio, pozzi di gas, zione dei Paesi esportaimpianti di perforazione tori di petrolio, fondata
offshore consistente nella nel 1960, comprende
25
attualmente dodici Paesi
che si sono associati, formando un cartello economico, per negoziare con
le compagnie petrolifere
aspetti relativi alla produzione di petrolio, prezzi e concessioni.
OPERATORSHIP: nell’industria petrolifera, rappresenta il diritto di
gestire un pozzo o un giacimento.
Reshoring: la traduzione
letterale è «rimpatrio»,
ma, in contesto economico, significa rilocalizzazione della produzione in
patria.
Scisto bitumoso: gli scisti
bituminosi sono sedimenti
di colore nero estremamente ricchi di bitume derivante dall’alto contenuto in sostanze organiche.
A partire dal 2002 l’OGJ
(Oil and Gas Journal) li
annovera tra le riserve
petrolifere. È infatti possibile estrarvi bitume da
cui è poi possibile ottenere petrolio.
Shale (scisto): indica
una roccia metamorfica a
grana medio-grossa caratterizzata da una tessitura scistosa abbastanza
marcata, cioè tendente
a sfaldarsi facilmente in
lastre sottili. Lo scisto è
il risultato della trasformazione di argilla sottoposta ad alte pressioni e
temperature nella quale i
cristalli micacei (che rappresentano generalmente
circa il 50% dello scisto)
si ordinano in una direzione precisa creando delle
falde dette appunto piani di scistosità.
Shale gas (gas di scisto):
gas metano estratto da
giacimenti non convenzionali. Il termine viene
comunemente usato per
indicare il particolare
tipo di giacimento non
convenzionale da cui viene prodotto questo gas,
intrappolato nella microporosità della roccia.
VIA (Valutazione di impatto ambientale): è una
procedura amministrativa
di supporto per l’autorità
decisionale finalizzata a
individuare, descrivere e
valutare gli impatti ambientali prodotti dall’attuazione di un determinato progetto.