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115 Nico Pitrelli e
Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Terapie genetiche anticancro. Il nuovo umanesimo della medicina tradizionale Silvio Mini Abstract. Un’indagine statistica compiuta sui maggiori quotidiani italiani nell’ultimo quadrimestre del 2002 ha evidenziato che le terapie genetiche anticancro sono uno dei temi più ricorrenti nel giornalismo scientifico riguardante temi di genetica e biotecnologie. Il presente articolo esplora gli echi culturali alla base di questa propensione. L’ipotesi avanzata è che le terapie genetiche anticancro godano di ampio spazio sui mezzi di comunicazione perché, come accadde per il cocktail Di Bella nel 1998, promettono di unire a livello simbolico il rigore della medicina tradizionale al rispetto del paziente tipico delle cosiddette medicine alternative. Introduzione Gli studi sui mezzi di comunicazione di massa hanno portato evidenze sempre maggiori a sostegno della tesi che gli elementi chiave del discorso pubblico su un determinato argomento – le metafore, gli esempi, gli slogan e gli appelli morali – non si presentano singolarmente, ma in cluster interpretativi relativamente organizzati e coerenti. Il sociologo americano William Gamson1 è stato artefice di una delle riflessioni più organiche su questi temi. Egli ha sottolineato come ciascun argomento di rilevanza pubblica sia circondato da una “cultura”, un insieme di pratiche discorsive in cui coabitano con alterne vicende diversi pacchetti interpretativi, i quali agiscono come script cognitivi, strutturando il mondo tanto per i giornalisti quanto per 1 Si veda [4, 5, 6] e, per un quadro teorico del concetto sociologico di frame, [8].
116 Silvio Mini Nico
Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy i lettori. I pacchetti interpretativi offrono uno scenario che per Gamson varia nel tempo in accordo con tre fattori principali: la risonanza culturale, le attività di sponsorizzazione di determinati attori sociali e la conformità del pacchetto con le logiche della produzione giornalistica. L’ipotesi qui avanzata è che la centralità delle terapie genetiche anticancro - fenomeno emerso dall’analisi dei maggiori quotidiani italiani nell’ultimo quadrimestre del 2002 - dipenda, come suggerito da Gamson, dagli echi culturali su cui si innesta: ovvero, una generale attenzione per la cura e il benessere del corpo, da un lato, e una paura atavica del tumore, dall’altro. Due fattori a cui va aggiunto che le terapie genetiche anticancro, così come il cocktail Di Bella nel 1998, promettono di unire il rigore della medicina tradizionale al rispetto del benessere del paziente predicato dalle cosiddette medicine alternative2 . Medicina e cancro: numeri da prima pagina I cinque maggiori quotidiani italiani pubblicati nell’ultimo quadrimestre del 2002 sono stati monitorati per analizzare la copertura giornalistica di genetica e biotecnologie3 . Dall’indagine è emerso che la biomedicina è la tematica più spesso proposta dalla stampa: sulle applicazioni mediche degli studi biomolecolari verte il 39% delle 375 notizie rilevate. Conferma la centralità della biomedicina il Grafico 1, che illustra i valori percentuali registrati da tutte le categorie di contenute impiegate nella ricerca: ovvero, oltre alla biomedicina4 , bioetica5 , genetica6 , cultura della scienza7 e politica della scienza8 . 2 Il concetto è riassunto in un’affermazione di Ryke Geerd Hamer riportata in La medicina sottosopra: “È da migliaia di anni che l’umanità ha sperimentato che in definitiva tutte le malattie hanno un’origine psichica e ciò è ormai un assunto scientifico solidamente inscritto nel patrimonio della conoscenza universale; solo la medicina moderna [quella che qui abbiamo definito “tradizionale”] fa di noi, esseri animati, un sacco pieno di formule chimiche.” [11]. 3 L’analisi statistica, così come le altre considerazioni di questo articolo, fanno parte di Organismi Giornalisticamente Modificati – La rappresentazione della scienza nei mass media italiani, Tesi di laurea in Scienze della Comunicazione di Silvio Mini (novembre 2003, Università di Bologna). L’universo di riferimento sono stati i cinque quotidiani italiani a maggiore tiratura dal 1° settembre 2002 al 31 dicembre 2002 (590 unità): Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole24Ore, La Stampa, Il Messaggero. Le linee metodologiche per l’indagine statistica sono state mutuate da quelle elaborate dall’Osservatorio permanente sulla comunicazione della scienza attraverso i media, attivato nel 2002 presso la SISSA di Trieste [16]. Sono stati considerati gli articoli scientifici e quelli parascientifici, escludendo le comunicazioni di servizio. A livello tematico sono state adottate le seguenti aggregazioni: biomedicina (applicazioni mediche); genetica (ricerca di base o applicazioni tecnologiche in ambiti non medici); bioetica (riflessioni etiche e filosofiche); politica (articoli relativi al quadro legislativo); cultura (filosofia, storia, premi della scienza). A livello editoriale, invece, sono stati monitorati i seguenti indici: superficie occupata in pagina; percentuale di spazio sul totale del quotidiano esclusa la pubblicità; pagina di pubblicazione; richiamo in prima pagina; formato giornalistico (cronaca, editoriale, intervista); firma del redattore. 4 Ricerche genetiche e biotecnologiche applicate alla salute umana. (Si veda la nota 3 per un breve riassunto della metodologia).
TERAPIE GENETICHE ANTICANCRO. IL
NUOVO UMANESIMO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE 117 Genetica 7% Bioetica 29% Cultura 11% Politica 14% Biomedicina 39% Grafico 1 - Genetica e biotecnologie nei quotidiani: distribuzione per categoria (settembre 2002 - dicembre 2002). All’interno del 39% della biomedicina il cancro è la malattia a cui più spesso si fa riferimento. Lo attesta il diagramma che traccia l’andamento giornaliero della percentuale di spazio sul totale mediamente occupata da genetica e biotecnologie al netto della pubblicità. In Grafico 2, infatti, si può notare come due dei picchi che si discostano dal valore medio coincidono con gli annunci di vaccini e terapie anti-cancro. 5 Dichiarazioni a sfondo etico o filosofico sulla ricerca genetica e biotecnologica. (Si veda la nota 3 per un breve riassunto della metodologia). 6 Ricerche di base e applicazioni biotecnologiche esterne alla medicina. (Si veda la nota 3 per un breve riassunto della metodologia). 7 Biografie di scienziati, consegne di riconoscimenti internazionali, raccolte fondi. (Si veda la nota 3 per un breve riassunto della metodologia). 8 Regolamentazione legislativa della ricerca genetica e biotecnologica. (Si veda la nota 3 per un breve riassunto della metodologia). Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy
118 Silvio Mini 10/11/02 Terapia
genica anti- cancro 26/10/02 Vaccino anti-cancro 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0 01/09/2002 08/09/2002 15/09/2002 22/09/2002 29/09/2002 06/10/2002 13/10/2002 20/10/2002 27/10/2002 03/11/2002 10/11/2002 17/11/2002 24/11/2002 01/12/2002 08/12/2002 15/12/2002 22/12/2002 29/12/2002 Grafico 2 - Genetica e biotecnologie nei quotidiani: spazio percentuale occupato sul totale al netto della pubblicità (settembre 2002 - dicembre 2002). I quotidiani italiani tendono dunque a parlare di genetica e biotecnologie effettuando una doppia sineddoche. In primo luogo tendono a trascurare la varietà della disciplina e delle sue applicazioni in favore della medicina. E in seconda battuta tendono a privilegiare la cronaca delle ricerche orientate alla cura delle malattie incurabili e in particolare del cancro. Medicina: la scienza della vita Come anticipato nell’introduzione, Gamson ritiene che tra i fattori che determinano il successo pubblico di un tema e di un pacchetto interpretativo vi sia la risonanza di echi culturali di lungo periodo. La cura per il corpo e il desiderio di salute e di benessere godono sicuramente di questi echi. Già negli anni Cinquanta il saggista francese Jean Rostand aveva identificato nella biologia un carattere sacro ed emozionale, che derivava dalla rilevanza per l’individuo delle tematiche toccate dalle scienze della vita. Rostand in particolare si era soffermato sui contenuti della corrispondenza tra paziente e biologo. Scrive Rostand: Per farsi un’idea più precisa del valore umano, emozionale, della biologia bisognerebbe dare uno sguardo alla strana corrispondenza che riceve il biologo [...]. Molti si rivolgono a lui come a un mago, un guaritore, un confessore, un amico. [...] Una scienza che fa sorgere queste richieste, queste preghiere e queste confessioni non è una scienza come le altre: si intromette nella vita privata, e dai suoi Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy
TERAPIE GENETICHE ANTICANCRO. IL
NUOVO UMANESIMO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE 119 Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy consigli, dalle sue ammonizioni, dipendono matrimoni, procreazioni, destini9 . Dai tempi di Rostand a oggi la biologia ha profondamente modificato il suo oggetto di studio, privilegiando l’aspetto molecolare a quello morfologico e fisiologico. Essa continua però a esercitare nell’immaginario collettivo un fascino estraneo alla chimica o alla fisica. Lo puntualizza per esempio Richard Lewontin in un testo dedicato a una riflessione sullo studio del genoma umano: Possiamo essere interessati a sapere, in maniera distaccata, quanto tempo fa si verificò il Big Bang o quanti tipi di particelle inscindibili costituiscono la materia, ma quello che davvero ci interessa di sapere è perché alcune persone sono ricche e altre povere, alcune malate e altre sane, perché la donna non può assomigliare di più all’uomo e perché non posso vivere fino a cent’anni continuando a essere sessualmente attivo [10, p. 13]. L’Italia, conferma infine Paola Borgna, non è certo un’eccezione sotto questo punto di vista. La sociologa, autrice di una ricerca sulle immagini pubbliche della scienza nel nostro paese, sottolinea anzi la “medicalizzazione” dell’immaginario scientifico della popolazione italiana: Scienza e tecnologia sono o dovrebbero essere per gli italiani in primo luogo lavoro di creazione di conoscenze e loro applicazione allo studio, prevenzione, diagnosi e terapia di malattie [2, 151-152]. Le applicazioni mediche di genetica e biotecnologie, dunque, sono così centrali nella trattazione giornalistica, perché la medicina nell’attuale società secolarizzata è la scienza chiamata a proteggere il bene materiale più prezioso: la vita. Quando una scienza promette applicazioni mediche cessa di essere una forma di cultura tra le altre e diventa l’oracolo laico a cui sottoporre i propri desideri di longevità, sessualità e benessere. Cancro: la malattia senza identità Il monitoraggio della comunicazione giornalistica su genetica e biotecnologie, oltre a evidenziare la predominanza della biomedicina, ha fatto emergere la centralità del cancro sulle altre malattie. L’eco sociale che coopera a tale collocazione è questa volta di natura antropologica: il cancro infatti è una patologia che rende infruttuosi i meccanismi cognitivi e sociali che l’uomo ha adottato per rimuovere il timore della malattia e del malato. 9 Si veda [15, 88-89], citato in [17].
120 Silvio Mini Nico
Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy La malattia è sempre stata sinonimo di crollo e di dissoluzione e ciò in ogni cultura e in ogni epoca ha fatto sorgere un’ansia così atavica che nessuno ha mai accettato di viverla in solitudine. La malattia, di conseguenza, è sempre stata proiettata all’esterno e immortalata in una rappresentazione. Dice al proposito l’antropologa Sander Gilman, autrice di un resoconto sulle modalità con cui la sofferenza è stata cristallizzata in forme artistiche: Ma la paura del nostro stesso crollo non resta dentro di noi. Preferiamo proiettare questa paura sul mondo per circoscriverla e, in realtà, tentare di addomesticarla. Una volta localizzata, la paura della nostra stessa dissoluzione viene rimossa. Da questo punto in poi non siamo noi a vacillare sull’orlo del crollo, quanto piuttosto l’Altro. E si tratta di un Altro che ha già mostrato la sua vulnerabilità perché è già crollato. [...] La malattia, con la sua apparente casualità, è uno degli aspetti dell’universo non determinabile che desideriamo allontanare da noi stessi. Perché questo sia possibile dobbiamo costruire barriere tra noi e quelle categorie di persone che crediamo (o speriamo) siano più a rischio [7, 12-15]. Di fronte alle malattie – dice cioè Gilman - si cerca di identificare un nemico e si relega la sua presenza in un malato quanto più possibile diverso da noi. Il problema è che né il cancro né le sue vittime sono rappresentabili. Quando ci si ammala di tumore non ci sono né virus, né batteri, non c’è nulla contro cui scagliarsi, nulla che si possa combattere. Non esiste un nemico esterno e decade quindi la possibilità di contrapporvi antibiotici e medicinali in un’ipotetica rappresentazione bellica. Il cancro è un male interno: esso cresce da e nell’organismo, ma nel contempo lo distrugge. Una patologia ambigua, indefinibile e sfuggente, a tal punto che il suo nome è stato per anni impronunciabile, sostituito da circonlocuzioni tutt’altro che rassicuranti come “male incurabile”. Il cancro inoltre è ubiquo. Chiunque ormai ha un amico, un conoscente o un familiare caduto vittima di questo male. Nessuno può sfuggire la sua presenza, sia essa una parentesi del passato o una paura per il futuro. In questo il cancro è simile ad altre malattie, come l’AIDS o l’infarto, ma ha una particolarità che lo rende più terrificante: la sua comparsa non è riconducibile ad alcuna condotta deviante. Non colpisce solo chi è obeso, inattivo o protagonista di una vita sessuale dissipata, ma si propaga tra atleti nel fiore degli anni e persone irreprensibili. Insomma, se per l’AIDS uno spot può arrivare a dire che “se lo conosci, lo eviti”, per il cancro, dopo che un secolo di ricerca ha fallito nel trovare una cura efficace, la parola conoscenza è bandita anche dall’ambito specialistico. Il cancro è dunque un male invisibile e universale: non c’è un nemico e chi si ammala è simile a noi. Nessuno degli espedienti rappresentazionali che l’uomo ha utilizzato per sopire le proprie paure della malattia funziona di
TERAPIE GENETICHE ANTICANCRO. IL
NUOVO UMANESIMO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE 121 Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy fronte al tumore. Questo è il primo elemento che lo rende così centrale e spaventoso per l’immaginario collettivo. A tale collocazione collabora però anche un ulteriore elemento. Le cure anticancro tradizionali, dagli interventi chirurgici alla chemioterapia, sono tutte azioni invasive e impersonali: se l’accusa ai moderni ospedali è quella di massificare cure distruttive, uno dei settori in cui tutto ciò è più evidente è quello della lotta al cancro. I pazienti sono costretti a subire azioni deturpanti, spesso dense di effetti collaterali, avendo come unico conforto una statistica: in una certa percentuale di casi, la distruzione del proprio corpo condurrà alla guarigione. Cocktail Di Bella: la medicina buona di una volta Nel 1998 il cocktail Di Bella si impose all’opinione pubblica come un’alternativa di speranza alla medicina ufficiale nella lotta al “male incurabile”. Lo scetticismo della comunità scientifica non tardò a manifestarsi, ma tra la gente e sui media il medico di Modena continuò a lungo a guadagnare consensi fino a imporre al ministero della Sanità la sperimentazione del mix di farmaci a base di somatostatina. All’interno di una ricerca commissionata da Rai-Vqpt sul caso Di Bella nella televisione e nei quotidiani italiani, Andrea Pagnin ha identificato una prima ragione per il successo mediatico e pubblico del cocktail di Bella. Farmaci dai nomi comuni, come aspirina e somatostatina – sostiene Pagnin – richiamavano l’idea di una cura semplice, poco invasiva, con scarsi effetti collaterali: L’idea di una cura che parta da un’ipotesi di rafforzamento interno, dalla promessa di contenere e sopravvivere alla malattia anziché distruggerla e distruggere se stessi con essa, costituisce [...] una cura più buona, al di là della semplice speranza di vivere più a lungo [1]. Il cocktail di Bella dava inoltre speranza e fiducia perché a parlarne era un medico paterno o, meglio, un uomo estraneo ai baroni della medicina ufficiale e alle loro percentuali che riportava in auge valori come il calore e la pietà per il malato. Dice a tal proposito Daniela Minerva, giornalista scientifica che ha ricostruito l’intera vicenda nel libro La leggenda del Santo Guaritore: L’illusione di essere “uno” almeno nel dolore e nella morte non ce la può togliere nessuno. Eppure la medicina cosiddetta scientifica è tutta basata sul fatto che ciascuno di noi non è uno, ma un termine percentuale. La terapia Di Bella invece no: per lui ogni malato ha una storia a sé [12, p. 9].
122 Silvio Mini Nico
Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Il cocktail Di Bella è stato dunque accolto con successo perché, di fronte a un male difficilmente individuabile e a una terapia ufficiale distruttiva e impersonale, ha offerto una presunta cura basata su farmaci familiari che sembrava distinguere con chiarezza chi era il nemico da combattere e chi invece era una vittima da tutelare nella sua unicità. Il cocktail Di Bella è stato cioè inserito all’interno di un pacchetto interpretativo nel quale rivestiva il ruolo della “medicina buona” contrapposta alla “medicina corrotta” della scienza ufficiale. Genetica: verso un nuovo umanesimo nella cura del cancro Il pacchetto interpretativo della “medicina buona” evidenziato nella cronaca giornalistica della vicenda Di Bella è riscontrabile anche negli articoli pubblicati per presentare gli sviluppi delle terapie genetiche anticancro. A prescindere dalle differenze scientifiche tra la biologia molecolare e il cocktail Di Bella, l’ipotesi qui avanzata è che i media abbiano attribuito ai vaccini anticancro di origine genetica alcune delle caratteristiche riconosciute nel 1998 alla cura del medico modenese. Anche le terapie genetiche hanno infatti permesso di recuperare una terminologia rassicurante e di fare riferimento a cure rispettose della soggettività del paziente. La tendenza al riduzionismo genetico, inoltre, ha per la prima volta permesso di parlare di tumore come di una malattia dotata di un’identità. Sui media si fa riferimento al gene per l’obesità, al gene per la longevità e al gene per l’intelligenza. Applicando ciò che molti autori, tra cui per esempio Dorothy Nelkin in The gene as a cultural icon [14], hanno definito “riduzionismo genetico”, la stampa tende cioè a istituire correlazioni causa- effetto dirette tra un gene e una caratteristica fisica o comportamentale. Ciò accade anche negli articoli che parlano di cancro sicché persino il “male incurabile” assume una sua identità genetica. L’origine del cancro viene così individuata in un gene malato, come confermano le citazioni seguenti, tratte dagli articoli pubblicati tra settembre e dicembre 2002: Si ammalano perché hanno un difetto in un particolare tipo di gene. (La Stampa, 26 ottobre 2002). Ogni tumore è infatti provocato dall’alterazione di un gene. (La Repubblica, 10 novembre 2002). Funzionerebbe nei casi in cui il male dipende da un gene alterato. (Il Corriere della Sera, 26 ottobre 2002).
TERAPIE GENETICHE ANTICANCRO. IL
NUOVO UMANESIMO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE 123 Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Potremo identificare l’origine del cancro alla radice, capire qual è il punto di partenza della malattia nella profondità del genoma. (Il Messaggero, 6 novembre 2002). Il gene “malato” o il gene “cattivo” diventano così il volto del tumore. E ciò che si può identificare può anche essere colpito e fungere da bersaglio: La molecola potrebbe diventare un eccellente bersaglio per le cure anticancro. (La Repubblica, 2 ottobre 2002). Quando avremo identificato un numero ristretto di geni che sono critici per la transizione di cui parlavo, si potrà utilizzarli come bersaglio per terapie di tipo mirato. (La Stampa, 9 novembre 2002). La medicina recupera un nemico, lo circoscrive e può tornare a impugnare delle armi per respingere la sua presenza: Dallo studio dei geni l’arma giusta per uccidere ogni tipo di tumore. (La Repubblica, 10 novembre 2002). L’arma decisiva è la post genomica. (Il Messaggero, 6 novembre 2002). L’arma anti cancro? È la post genomica. (La Stampa, 9 novembre 2002). Ciò che emerge è la particolarità di queste nuove armi: sono descritte come dotate di precisione chirurgica contro il male, ma nel contempo rimangono rispettose dell’integrità della persona, verso la quale anzi si collocano in chiave cooperativa. Le terapie molecolari descritte dai mass media, infatti, non si accaniscono contro il DNA, ma lo riparano, riportando l’equilibrio che un gene impazzito aveva precedentemente turbato. Sono cure rispettose che non violano i meccanismi organici bensì ne sfruttano le potenzialità convertendole ai propri fini: La nostra tecnica consiste nel mettere le cellule in condizione di produrre da sole la proteina che il DNA danneggiato non riesce a costruire. (La Repubblica, 26 ottobre 2002). Con quell’iniezione diamo al corpo il meccanismo per correggere l’errore genetico. (La Stampa, 26 ottobre 2002). La terapia genica, infine, come il cocktail Di Bella, pone la singolarità di ogni individuo al centro della propria azione. Le nuove armi sono infatti “intelligenti” perché il loro intervento è condizionato a un precedente esame delle peculiarità del paziente. Il DNA offre l’opportunità di personalizzare il profilo di rischio e rappresenta una sorta di oroscopo medico, sancendo un nuovo incontro tra uomo e scienza:
124 Silvio Mini Nico
Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Ognuno di noi in base a questi fattori ha disegnato una specie di personale profilo di rischio rappresentato in gran parte dalle informazioni che arrivano dal genoma. (La Repubblica, 26 ottobre 2002). Ogni paziente potrà avere una specie di oroscopo personale che predirà la possibile evoluzione della malattia. (La Stampa, 9 novembre 2002). Ci voleva la lettura del libro della Vita, il DNA, per convincere la scienza che ogni individuo ha bisogno della sua propria cura. [...] Mettere al centro l’individuo con le sue caratteristiche genetiche non è altro che l’obiettivo di un nuovo umanesimo scientifico. (La Stampa, 10 novembre 2002). Conclusione Tumore e genetica rappresentano un binomio appetibile per la stampa, perché il primo pone un problema e il secondo gli dà soluzione. La lettura genetica del corpo umano ha restituito un’identità a una malattia fantasma. L’orbita del gene ha ancorato a sé anche il male innominabile e ciò ha permesso a pubblico, giornalisti ed esperti di recuperare anche nei suoi confronti uno schema discorsivo conflittuale. C’è un nemico e fanno la loro comparsa anche le armi per combatterlo. Armi intelligenti, che limitano i danni collaterali: esse non estirpano la parte malata, ma riequilibrano l’intero organismo, agendo in profondità, laddove risiede il codice che lo origina. Un codice unico e inimitabile, diverso per ogni persona. L’uomo, in quanto singolarità irriproducibile, è il nuovo fulcro di terapie che si attagliano alle soggettività individuali, riproducendo in chiave moderna la conoscenza del paziente propria dei medici dei tempi passati. Per spiegare la centralità del cancro sui mass media si è qui avanzata una ragione di ordine simbolico, fondata su ciò che Gamson chiama risonanza culturale. Restano da esaminare gli altri due elementi chiamati in causa dal sociologo americano per determinare l’andamento di ogni pacchetto interpretativo: la presenza di sponsor influenti e la conformità con le routine produttive dei mass media. In questa sede non c’è spazio per soffermarsi su di essi, ma di certo, come conferma già un’ampia lettura10 , non mancano né scienziati di chiara fama che alimentano un’ideologia genetica, né uffici stampa di enti di ricerca che tracciano nuovi orizzonti alla lotta al cancro per legittimare il volume di investimenti calamitato. 10 Si veda per esempio [3, 9, 13, 14].
TERAPIE GENETICHE ANTICANCRO. IL
NUOVO UMANESIMO DELLA MEDICINA TRADIZIONALE 125 Nico Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Riferimenti bibliografici [1] Aa Vv [1999] Il caso Di Bella nella televisione e nella stampa italiana, RAI – VQPT, Roma. [2] Borgna, P. [2001] Immagini pubbliche della scienza: gli italiani e la ricerca scientifica e tecnologica, Edizioni Comunità, Torino. [3] Bucchi, M. [2000] La scienza in pubblico: percorsi nella comunicazione scientifica, McGraw-Hill, Milano. [4] Gamson, W. A. [1989] “Media discourse and public opinion on nuclear power: a constructionist approach” American Journal of Sociology 95(1): 1-37. [5] Gamson, W. A. [1992] “Media images and the social construction of reality” Annual Review of Sociology 18: 373-393. [6] Gamson, W. A. [1999] “Beyond the science – versus – advocacy distinction” Contemporary Sociology – A journal of Reviews 28: 23-26. [7] Gilman, S. [1993] Immagini della malattia. Dalla follia all’AIDS, Il Mulino, Bologna. [8] Goffman, E [1974] Frame analysis, Harper and Row, New York. [9] Kevles, D. J. e Hood, L. [1992] The code of codes: scientific and social issues in the human genome project, Harvard University Press, Cambridge. [10]Lewontin, R. [2002] Il sogno del genoma umano e altre illusioni della scienza, Laterza, Bari. [11]Mambretti, G. e Séraphin, J. [1999] La medicina sottosopra: e se Hamer avesse ragione?, Edizioni Amrita, Torino. [12]Minerva, D. [1998] La leggenda del santo guaritore, Editori Riuniti, Roma. [13]Nelkin, D. [1994] “Promotional metaphors and their popular appeal” Public Understanding of Science 3: 25-31. [14]Nelkin, D. e Lindee, S. [1995] The DNA mystique: the gene as a cultural icon, Freeman and Company, New York. [15]Rostand, J. [1959] L’uomo artificiale, Einaudi, Torino. [16]SISSA [2002] Osservatorio permanente sulla comunicazione pubblica attraverso i media, Ilesis, Roma. [17]Turney, J. [2000] Sulle tracce di Frankenstein: scienza genetica e cultura popolare, Edizioni Comunità, Torino.
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Pitrelli e Giancarlo Sturloni (a cura di), La stella nova. Atti del III Convegno Annuale sulla Comunicazione della Scienza ©Polimetrica International Scientific Publisher Monza/Italy Silvio Mini, laureato in scienze della comunicazione, è stato per due anni redattore del sito di divulgazione per ragazzi Ticaebio progetto editoriale della Fondazione Marino Golinelli (vincitore nel 2003 del premio Cenacolo). Attualmente è responsabile del magazine online dell’Università di Bologna e collaboratore di testate locali di Bologna. Recapiti: silvio.mini@unibo.it, silvio.mini@libero.it
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