1.
In
questi
ultimi
anni
è
aumentata
l’attenzione
verso
una
medicina
basata
sull’evidenza
che
,
oltre
al
trattamento
,
richiede
un
livello
assistenziale
molto
più
accurato.
La
Patient
Blood
Management
rappresenta
un
passaggio
fondamentale
verso
questa
nuova
concezione
di
medicina
e
nella
sua
impronta
multidisciplinare
necessita
del
coinvolgimento
di
figure
esperte
in
grado
di
offrire
un
alto
livello
di
professionalità.
Al
centro
delle
cure
si
pongono
sempre
il
paziente
e
il
suo
benessere.
INDICE
DEGLI
ABSTRACTS
1) Infermieristica
,
ricerca
e
clinica
Prof.ssa
Anne
Destrebecq
2) Coordinatrice
del
sangue.
Una
realtà
necessaria
?
Dott.ssa
Sara
Landriscina
3) Implementazione
aziendale
di
un
progetto
infermieristico
di
risparmio
del
sangue
-‐
Dott.
Davide
Basso
4) Prericovero
,
accoglienza
e
preparazione
del
paziente
in
una
chirurgia
senza
sangue
-‐
Dott.ssa
Arta
Smajlaj
5) Ambulatorio
trasfusionale
:
dove
comincia
la
PBM
Dott.
Ivo
Beverina
6) Monitoraggio
postoperatorio
:
come
dare
logica
ad
un
percorso
di
cura
Dott.
Claudio
Roscitano
7) Il
razionale
del
recupero
perioperatorio
di
sangue
autologo
Dott.ssa
Maria
Beatrice
Rondinelli
Sicurezza
ed
efficacia
al
letto
del
paziente
:
ruolo
chiave
dell’infermiere
nel
processo
trasfusionale
-‐
Dott.
Giovanni
Inghilleri
8) Una
PBM
efficace
attraverso
la
raccolta
e
l’analisi
dei
dati
Dott.
Marco
Pavesi
10)Costruzione
di
uno
strumento
per
la
valutazione
del
rischio
emorragico
intraoperatorio
-‐
Dott.ssa
Lara
Carelli
11)PBM
e
il
reparto,
realtà
a
confronto
Dott.ssa
Tina
Macrí
12)Orizzonti
e
nuovi
sviluppi
nell’infermieristica
,
la
consapevolezza
di
una
professione
in
divenire
Dott.
Francesco
Pittella
2.
L’evoluzione
del
concetto
di
salute
e
il
cambiamento
del
sistema
sanitario
che
pone
al
centro
la
“promozione
della
salute”
attraverso
metodologie
di
prevenzione
hanno
notevolmente
accentuato
il
carattere
di
essenzialità
della
ricerca
infermieristica.
Tutto
ciò
promuove
lo
sviluppo
delle
conoscenze
e
migliora
la
prassi
infermieristica
per
il
bene
dell’assistito,
dei
suoi
familiari,
della
comunità
e
degli
stessi
infermieri.
La
ricerca
infermieristica
permette
di
definire
e
validare
le
conoscenze,
in
modo
da
poterle
diffondere
e
consente
di
migliorare
la
formazione
iniziale
e
quella
in
corso
di
servizio.
Essa
consente
di
valutare
la
pertinenza
e
l’efficacia
dei
metodi
assistenziali,
favorendo
quindi
il
miglioramento
qualitativo
dell’assistenza
individuale
o
di
comunità,
sia
essa
preventiva,
curativa,
palliativa
o
riabilitativa.
La
ricerca
dunque,
fa
parte
degli
obblighi
professionali
che
l’infermiere
ha
nei
confronti
della
società,
infatti
è
suo
dovere
il
contributo
alle
cure
sanitarie
costantemente
valorizzate,
aggiornate
e
supportate
da
accreditate
linee-‐guida.
Con
il
termine
“ricerca”
si
intende
indagine
sistematica,
logica
ed
empirica,
sulle
relazioni
possibilmente
esistenti
tra
fenomeni
particolari,
finalizzata
alla
conoscenza
verificabile
(1).
Oltre
al
termine
ricerca
si
parla
spesso
di
Evidence-‐Based
Nursing
(EBN),
espressione
inglese
traducibile
come
"assistenza
infermieristica
basata
sulle
prove
di
efficacia".
Trae
la
sua
origine
dal
movimento
medico
della
Evidence-‐Based
Medicine
(EBM).
Gli
elementi
che
caratterizzano
la
EBM
sono
essenzialmente
3:
1)
avvertire
il
bisogno
d'informazioni
per
risolvere
un
problema
incontrato
nella
pratica
clinica,
ovvero
porsi
dei
dubbi
e
farsi
delle
domande
su
ciò
che
si
è
soliti
fare;
2)
cercare
e
trovare
le
informazioni
scientifiche
necessarie
a
rispondere
a
queste
domande
in
tempi
ragionevoli
ed
in
modo
efficiente;
3)
valutare
la
validità
e
l'applicabilità
clinica
dei
dati
scientifici
reperiti,
prima
di
integrarli
nelle
proprie
decisioni
cliniche.
L'
EBN
nasce
nel
1998
come
"Il
processo
per
mezzo
del
quale
gli
infermieri
assumono
le
decisioni
cliniche
utilizzando
le
migliori
ricerche
disponibili,
la
loro
esperienza
clinica
e
le
preferenze
del
paziente,
alla
luce
delle
risorse
disponibili".
Si
può
quindi
dire
che
l'EBN
è
un
processo
di
autoapprendimento
continuo
dell'infermiere
in
cui
l'assistenza
al
singolo
paziente
stimola
la
ricerca
dalla
letteratura
biomedica
di
informazioni
rilevanti
per
la
pratica
assistenziale
stessa.
Il
primo
passo
di
questo
processo
è
dunque
formulare
un
quesito
clinico,
originato
dall'esperienza
della
pratica
assistenziale,
Il
secondo
passo
è
quello
di
cercare
le
risposte.
In
rete
sono
disponibili
varie
risorse
gratuite
e
ad
accesso
universale
per
reperire
informazioni
scientifiche
nel
campo
delle
scienze
biomediche.
Alcune
di
esse
sono
delle
enormi
banche
dati
di
articoli
scientifici,
con
potentissimi
"motori
di
ricerca"
che
consentono
di
trovare
articoli
di
interesse
per
il
proprio
quesito
utilizzando
dei
termini
chiave
ed
una
particolare
sintassi.
I
più
importanti
sono
Pubmed
per
tutte
le
scienze
biomediche
in
generale
(www.pubmed.gov)
e
Cinahl
per
le
scienze
infermieristiche
in
particolare
(www.cinahl.com)
Infermieristica,
ricerca
e
clinica
Prof.ssa
Anne
Destrebecq
Professore
associato
MED/45
Università
degli
Studi
di
Milano
3.
Bibliografia:
1) LoBiondo-‐Wood,
J.
Haber,
Metodologia
della
ricerca
Infermieristica,
McGraw
Hill,
5°
edizione.
2) DiCenso
A,
Cullum
N,
Ciliska
D.
Implementing
evidence-‐based
nursing:
some
misconceptions.
Evid
Based
Nurs
1998
1:
38-‐39
3) GRADE
Working
Group.
Grading
quality
of
evidence
and
strength
of
recommendations.
BMJ
2004;
328:
1490-‐98.
Il sangue è una risorsa preziosa, e come tale è opportuno che venga utilizzato correttamente e
risparmiato laddove possibile. Di fronte ad una carenza di questo salvavita, e per incoraggiarne una
corretta gestione, il nostro Paese, attraverso il Centro Nazionale Sangue (CNS), elabora
annualmente un Programma di Autosufficienza Nazionale, per monitorare i consumi storici, i
fabbisogni , i livelli di produzione necessari e definire le linee di indirizzo per il monitoraggio della
stessa autosufficienza. Non tutte le regioni riescono a soddisfare le richieste di sangue e ricorrono
all’acquisizione interregionale. Che vantaggi offrirebbe una figura infermieristica esperta di
tecniche di risparmio sangue dedicata alla corretta gestione del paziente a rischio trasfusionale?
Questa figura esiste già: è la bloodless coordinator care. Da tempo presente nel panorama
assistenziale statunitense ed europeo , ma non ancora introdotta ufficialmente nel nostro Paese se
non sperimentalmente in alcune rare realtà. Questa specialista si occupa principalmente di
sviluppare un programma di gestione del sangue “customizzato” per il paziente chirurgico
dall’ambulatorio di pre-ospedalizzazione al follow up . Inoltre si occupa di raccogliere i dati in
funzione di un miglioramento continuo della qualità, ed infine di educare pazienti ed altri
professionisti circa il programma di corretta gestione del sangue.
Nel 2014 è stata effettuata una ricerca con scopo di sondare la conoscenza di questa nuova figura da
parte del personale infermieristico e i benefici che potrebbero derivare dalla sua introduzione in
Italia. Sono stati confrontati i risultati ottenuti dalla somministrazione di un questionario rivolto a
pazienti, infermieri e medici dei servizi trasfusionali in tre realtà ospedaliere italiane rappresentanti
il nord, il centro ed il sud del nostro Paese. I risultati hanno evidenziato una scarsa conoscenza di
questa figura professionale che peraltro apparirebbe come di essenziale utilità in un prevedibile
scenario ospedaliero futuro visto l’entusiasmo, la curiosità e l’interessamento nei suoi confronti da
parte dei soggetti intervistati. Il 74,1% dei pazienti e il 92% degli infermieri ha infatti valutato
positivamente l’introduzione della bloodless coordinator care nelle nostre strutture ospedaliere. La
scarsa “notorietà” di tale figura evidentemente è determinata da condizioni che ne hanno rallentato
la realizzazione . Probabilmente permane una concezione obsoleta di infermiere che non lavora
ancora per processi e che non gode della giusta autonomia , nonostante la formazione universitaria e
il relativo aumento delle responsabilità, non viene adeguatamente considerato. Ma soprattutto ogni
realtà dipende dall’efficacia che offre. Solo da poco il sistema sanitario e le amministrazioni
ospedaliere stanno rivedendo il processo trasfusionale da un’ottica diversa : l’autosufficienza tanto
sperata potrebbe essere garantita non solo dalle donazioni ma anche da un’attento consumo , da un
risparmio. In questo senso la bloodless coordinator care svolgerebbe un ruolo fondamentale nella
Coordinatrice del sangue : una realtà necessaria ?
Dott.
ssa
Sara
Landriscina
Infermiera
–
Fondazione
Policlinico
Universitario
A.
Gemelli
,
Roma
4. gestione dei pazienti a rischio trasfusionale offrendo prospettive di risparmio attraverso la gestione
di percorsi alternativi. In tal caso potrebbe ottenere consensi non solo tra gli operatori , ma anche tra
chi crea spazi di attività lavorativa . Solo allora avrà senso offrire corsi di formazione per creare
professionisti da introdurre nelle nostre realtà ospedaliere e offrire un’assistenza di qualità, attenta
al buon uso del sangue e ad una sua corretta gestione nonché favorente un risparmio economico
anche per la struttura sanitaria.
Dedicare tempo al paziente è la chiave per migliorare davvero l’assistenza e la bloodless
coordinator care prende in carico il paziente dalla pre-ospedalizzazione al follow-up, e lo segue
durante l’intero percorso di guarigione. Una figura che si interessa in maniera olistica del malato,
indispensabile alle diverse equipe coinvolte nella sua cura e utile alla struttura ospedaliera : un
infermiere responsabile, capace, formato e volenteroso , un bloodless coordinator.
Bibliografia
:
1. Programma
di
autosufficienza
nazionale
anno
2014
elaborato
dal
Centro
Nazionale
Sangue
Disponibile
all’indirizzo
web:
http://www.centronazionalesangue.it/pagine/autosufficienza
Ultimo
accesso
27/08/2015
2. Job
profile
Director
Blood
Management
Program
of
Temple
University
Hospital.
Version
date
4/07/2014.
File
pdf.
3. Nelson
R.
“Bloodless
medicine
–
An
exiting
new
field
for
nurses”.
AMN
Healthcare,
2005.
Disponibile
all’indirizzo
web:
http://www.nursezone.com/nursing-‐news-‐events/more-‐
features/Bloodless-‐Medicine%E2%80%94An-‐Exciting-‐New-‐Field-‐for-‐Nurses_20332.aspx
Ultimo
accesso
31/08/2015
4. Society
for
the
Advancement
of
Blood
Management.
Administrative
and
Clinical
Standards
for
Patient
Blood
Management
Programs.
II
edizione.
2013.
Disponibile
all’indirizzo
web:
http://www.sabm.org/publications.
Ultimo
accesso:
18/08/2014
Spesso
si
corre
il
rischio
di
etichettare
le
iniziative
rivolte
ad
una
più
attenta
gestione
del
sangue,
come
dettate
da
principi
strettamente
ideologici
e
per
questo
del
tutto
opinabili,
oppure
da
meri
criteri
di
spending
review.
Il
termine
“risparmio”,
in
ambito
sanitario,
assume
per
il
paziente
una
connotazione
negativa,
in
quanto
appannaggio
dell'ambito
economico,
ma
è
bene
ricordare
che
i
vantaggi
della
PBM
sono
molteplici
e
distribuiti
a
più
livelli,
dal
paziente
fino
a
chi
eroga
i
servizi
sanitari.
Una
rapida
occhiata
ai
dati
epidemiologici
disponibili
in
letteratura
ci
può
mostrare
quanto
sia
più
prioritario
un
cambiamento
culturale
rispetto
ad
un
vero
e
proprio
paradigma
operativo.
Il
ricorso
alle
emotrasfusioni,
infatti,
sembra
troppo
spesso
dettato
dalle
consuetudini
anziché
dalle
evidenze
scientifiche.
Nonostante
i
molti
studi
pubblicati
nell'ultimo
ventennio,
gli
Implementazione
aziendale
di
un
progetto
infermieristico
di
risparmio
sangue
Dott.
Davide
Basso
Infermiere
di
Pronto
Soccorso
–
IRCCS
Policlinico
S.
Donato
,
Milano
5. outcome
negativi
dei
pazienti
sottoposti
a
trasfusioni
di
sangue
allogenico
non
sono
così
noti
ai
professionisti
sanitari.
Inoltre
è
sufficiente
pensare
all'estrema
variabilità
nei
comportamenti
clinici,
tra
paesi
in
cui
viene
applicato
il
PBM
e
paesi
in
cui
non
viene
applicato
affatto,
con
tassi
di
mortalità
e
morbilità
dei
pazienti
perlomeno
sovrapponibili,
per
capire
quanto
molte
trasfusioni
siano
inutili
se
non
addirittura
dannose.
Dal
2010
molti
organismi
nazionali
e
sovranazionali
si
sono
adoperati
per
promuovere
la
diffusione
del
PBM
e
sono
stati
indicati
i
fattori
favorenti
e
quelli
che
ostacolano
l'implementazione
del
PBM
nelle
aziende
sanitarie.
Li
analizzeremo
rapidamente
per
comprendere
come
pianificare
ed
implementare
il
cambiamento
auspicato
dai
maggiori
stakeholders,
in
modo
efficace
ed
efficiente.
I
risultati
che
provengono
dai
paesi
dove
la
PBM
storicamente
nasce
e
si
sviluppa
in
modo
strutturato,
riguardo
l'efficacia
del
modello,
sono
molto
positivi
e
indicano
che
la
strada
percorsa
è
quella
giusta.
Qual
è,
invece,
lo
stato
dell'arte
nel
nostro
paese?
Si
può
davvero
applicare
un
programma
di
PBM
in
un
contesto
così
diverso
da
quello
di
origine?
Vedremo
come
sono
stati
mossi
i
primi
passi
verso
questo
obiettivo.
In
Italia
la
tematica
principale
da
affrontare
in
questo
momento
è
la
diffusione
di
esperienze
nate
dall'iniziativa
di
pochi
e
senza
il
sostegno
di
una
rete
di
coordinamento
nazionale.
Questo
implica
due
problemi
principali:
mancano
incentivi
perché
le
strutture
decidano
di
impegnarsi
nell'implementare
nuovi
modelli
modificando
le
vecchie
abitudini
e
non
si
è
ancora
creato
un
network
in
cui
condividere
le
esperienze
ed
unire
gli
sforzi
per
gli
sviluppi
futuri.
L'imperativo
che
deve
guidarci
oggi
è
quello
di
convogliare
le
nostre
energie
nella
diffusione
di
una
cultura,
idealmente
uniforme
sul
territorio
nazionale,
orientata
alla
corretta
gestione
della
risorsa
sangue.
A
tal
fine
è
necessario
capitalizzare
ciò
che
di
buono
emerge
da
esperienze
sin
qui
condotte,
se
pur
a
macchia
di
leopardo
ed
in
modo
poco
strutturato,
per
progettare
e
predisporre
strumenti
e
proposte
formative
per
specialisti
del
PBM.
Bibliografia
:
Deborah
J.
Tolich
et
al;
Blood
management:
From
evidence
to
implementation;
Nursing
Critical
Care;
Volume
9
n.
1,
anno
2014;
pagg
17-‐24
Kristine
Weiss
Adams,
Deborah
J.
Tolich;
Blood
Transfusion:
the
patient’s
experience;
American
Journal
of
Nursing;
Volume
111
n.
9;
anno
2011;
pagg
24-‐30
A.
Shander
et
al;
Patient
blood
management
in
Europe;
British
Journal
of
Anaesthesia;
Volume
109
n.
1;
anno
2012;
pagg
55-‐68
Claudia
S.
Cohn,
Julie
Welbig,
Robert
Bowman,
Susan
Kammann,
Katherine
Frey,
Nicole
Zantek;
A
data-‐driven
approach
to
patient
blood
management;
Transfusion;
Volume
54;
anno
2014;
pagg
316-‐322
Kenneth
M.
Cole,
Ty
Walker;
Implementing
a
Blood
Management
Program
to
Improve
Patient
Safety;
Clinical
Leadership
&
Management
Review;
Volume
26;
anno
2012;
pagg
20-‐27
6.
L’accoglienza e la preparazione del paziente al prericovero rappresenta un passaggio importante nel
percorso che il paziente chirurgico dovrà affrontare : un’anamnesi approfondita consente di
inquadrare le condizioni cliniche del paziente e di procedere con una corretta valutazione che
definisce livelli di rischio e tipologie di complicanze ricorrendo a trattamenti preventivi mirati
consigliati da specialisti consulenti. Ogni patologia può essere segnalata e , corretta o limitata, nella
sua potenziale evoluzione perioperatoria. Questo riguarda le più frequenti cardiopatie e
bronconeumopatie ma anche dismetabolismi , nefropatie ed endocrinopatie. Scopo finale è quello di
far giungere un paziente all’intervento chirurgico nelle migliori condizioni cliniche ben conoscendo
quali rischi e criticità possono prevedibilmente complicare il suo decorso perioperatorio.
Il Servizio di Prericovero nell’IRCCS Policlinico S. Donato ha iniziato a svolgere la propria attività
nel 1996. In quasi 20 anni il modello organizzativo e gestionale è andato progressivamente
affinandosi offrendo risultati sempre più efficaci in termini di qualità di servizio e completezza di
prestazioni offerte. In base a questa filosofia il modello prericovero è cresciuto aggiungendo attività
complementari alla sola preparazione prechirurgica in sé . Tra queste l’avvio e l’implementazione
di un programma di Patient Blood Management (PBM) ha rappresentato un’importante svolta
nell’attività quotidiana del Prericovero: una più approfondita valutazione delle condizioni
preoperatorie e degli esami ematochimici ed i trattamenti rivolti alla risoluzione di condizioni di
anemia o di sideropenie hanno generato nei nostri pazienti la percezione di essere “più curati”. In
particolare questa attività si svolge in tre momenti :
1) identificazione del paziente meritevole d’inserimento nel programma PBM (sulla base del
tipo di intervento ad alto rischio di sanguinamento e di conseguente anemizzazione
postoperatoria o sulla base di condizioni cliniche che possono inficiare sulle caratteristiche
di tollerablità di una condizione anemica o, ancora , per la presenza di una condizione
anemica più o meno nota)
2) contatto telefonico per definire l’appuntamento presso l’ambulatorio PBM. Nel corso della
telefonata verranno fornite le informazioni relative :
a) ai documenti personali sanitari che dovranno essere presentati
b) a come raggiungere l’ambulatorio
c) allo scopo della visita
d) alle procedure e trattamenti che verranno eseguiti (prelievi ematici, terapia ed eventuale
predeposito)
3) avvio dei trattamenti , dopo aver ottenuto consenso informato alla preparazione si procede
con il programma . La somministrazione delle terapie avviene in reparto di day hospital
attrezzato con poltrone dedicate sulle quali i pazienti possono comodamente attendere la
conclusione del trattamento prescritto . Tale procedura rappresenta il vero momento
importante della preparazione : i farmaci e i prelievi eseguiti saranno personalizzati e
dedicati ad ogni specifica situazione , le terapie potranno variare ad ogni seduta anche nello
stesso paziente in base alle necessità. Tali trattamenti verranno trasmessi agli infermieri del
reparto in un’apposita cartella che verrà acclusa alla cartella clinica a fine preparazione.
Di seguito sono riportate le manovre da eseguire sul paziente con i relativi tempi di
realizzazione :
Prericovero, accoglienza e preparazione del paziente in una
chirurgia senza sangue
Dott.ssa Arta Smajlaj
Infermiera Ambulatorio Prericovero – IRCCS Policlinico S. Donato , Milano
7. a) esecuzione di esami del sangue e urine (10-15 min)
b) incannulamento di via venosa per somministrazione di terapia con ferro ev diluito in
flebo di fisiologica (20-30 min)
c) somministrazione sottocute di eritrostimolanti (5 min)
d) dopo la somministrazione dei farmaci il paziente si tratterrà in osservazione in sala
d’attesa (15 min)
e) solo in alcuni casi specifici e selezionati può essere proposto il predeposito di una o più
unità autologhe utili a garantire un autosufficienza individuale sulla base delle perdite
storiche previste .
Questa prima fase di preparazione si è dimostrata di importanza essenziale e comunque
complementare per le fasi successive che prevedono gli ulteriori approcci in un programma di
alternative trasfusionali : controllo e gestione del sanguinamento perioperatorio e impiego di criteri
trasfusionali restrittivi con riconoscimento di un adeguato livello di tollerabilità individuale del
contenuto di emoglobina. Una corretta applicazione di questi ultimi due elementi comporta un
livello di coinvolgimento della preparazione più o meno ampio per la realizzazione dell’obiettivo a
cui mira la PBM : massima attenzione alle cure per minimizzare le trasfusioni e offrire un miglior
outcome al paziente.
L’appropriatezza rappresenta il bilancio tra benefici e rischi di una procedura medica o chirurgica :
sarà tanto più appropriata quanto più il beneficio previsto supera le possibili conseguenze negative.
Nell’ambito del sangue il rapporto beneficio/rischio sarà relativo alle due possibili condizioni che si
possono creare : la tollerabilità di una condizione di anemia contrapposta al rischio di complicanze
legate ad una trasfusione di sangue omologo , oppure , il beneficio offerto dal raggiungimento di un
contenuto di Hb adeguato alle esigenze del paziente dopo trasfusione confrontato con il rischio di
comparsa di segni e sintomi da deficit di trasporto di Ossigeno tissutale. In questo rapporto si
devono aggiungere altri due elementi complementari che non dovrebbero incidere sulla decisione
bensì incrementare il senso di responsabilità nel motivare e sensibilizzare chi deve porre
indicazione appropriata : la scarsità delle risorse trasfondibili e i costi economici che devono essere
sostenuti dal sistema sanitario. La trasfusione ha un elevato costo economico, ma anche un elevato
costo clinico poichè si accompagna ad una serie di complicanze, non solo immunomediate. Tre
sono gli aspetti del rischio trasfusionale. La cosidetta “lesione da stoccaggio”, caratterizzata
dall’alterazione delle proprietà chimico-fisiche in termini di pH, elettroliti e affinità
dell’emoglobina per l’ossigeno (alterazione di 2-3DPG). L’invecchiamento delle emazie
conservate, che ne peggiora la qualità e la resistenza all’emolisi. E infine la trasfusione di cellule
immunitarie presenti nelle sacche e responsabili dell’attivazione di un processo di
immunomodulazione patologica nel ricevente che può indurre un aumento del rischio di infezioni. I
dati sui danni causati dalle trasfusioni andrebbero però rivisti alla luce delle nuove strategie di
miglioramento della qualità delle emazie raccolte nelle sacche. Un’analisi sommaria può offrire
Monitoraggio postoperatorio:
come dare logica ad un percorso di cura
Dott. Claudio Roscitano
Servizio di Anestesia e Rianimazione - Humanitas Gavazzeni , Bergamo
8. suggerimenti a supporto di una scelta trasfusionale appropriata. E’ mandatorio individuare criteri
che definiscano gli indicatori-soglia (trigger trasfusionali) più corretti per offrire benefici superiori
ai rischi. Esiste ormai una visione condivisa secondo la quale un’approccio basato unicamente sul
valore di Hb non è il più adeguato a garantire l’appropriatezza della trasfusione. Effettivamente le
principali linee guida internazionali offrono come spunto generico di riferimento una soglia sotto
cui trasfondere e una soglia sopra cui non trasfondere : l’atteggiamento da tenere tra questi due
estremi viene giustamente lasciato a discrezione del curante che dovrà valutare al letto del paziente
l’indicazione basandosi sulla clinica . Non sarà quindi un valore relativo di [Hb] a motivare una
banale correzione numerica bensì una mirata scelta terapeutica basata sulla reale presenza di segni e
sintomi che denunciano una carenza di ossigeno trasportato. Subentra quindi la necessità
d’identificare anche il contesto in cui deve essere posta l’indicazione trasfusionale. Si deve quindi
tenere conto della capacità del paziente di tollerare l’anemia in funzione dell’entità della perdita
rispetto al valore basale, della rapidità con cui si instaura, delle condizioni patologiche che alterano
i meccanismi di compenso o aumentano le richieste di ossigeno, della riserva di ossigeno del
paziente e dell’impatto o invasività dei presidi terapeutici utilizzati. E’ necessario quindi cogliere e
riconoscere la reale necessità individuale . L’ossigenazione tissutale rappresenta il vero obiettivo
funzionale per il nostro organismo. La trasfusione diventa appropriata nel momento in cui i sistemi
predisposti a garantire l’adeguato trasporto di ossigeno non sono in grado di garantire tale funzione
. A tal proposito in questi ultimi anni sono stati proposti vari parametri che possono essere
considerati indicatori dell’ossigenazione periferica: la saturazione venosa centrale, la frazione di
estrazione di ossigeno, lo stroke index, il rapporto lattato/piruvato, e la metaemoglobina.
L’appropriatezza è garantita se supportata dalla misurazione che conferma la reale carenza
funzionale oltre alla semplice rilevazione numerica dei dati standard di laboratorio perché la reale
resa ossiforetica , ovvero la qualità dell’emocomponente da trasfondere, non sempre corrisponde al
valore che si otterrà dal laboratorio.
Bibliografia :
Leahy MF, Mukhtar SA. From blood transfusion to patient blood management: a new paradigm for
patient care and cost assessment of blood transfusion practice. Intern Med J 2012;42:332-8.
Mukhtar SA, Leahy MF, Trentino K, Koay A, Semmens JB, Tovey J, Jewlachow V, Farmer SL,
Hofmann A, Roberts H, Towler S. A linked data system to provide better opportunities for Patient
Blood Management Programs. J Anaesth Intensive Care 2013;41:207-15.
National Blood Authority Australia. National Blood Authority Australia annual report 2011-12.
Canberra; 2012. [cited 2013 Jul 20]. Available from: URL: http://www.nba
.gov.au/publications/1112report/download/
Isbister JP, Shander A, Spahn DR, Erhard J, Farmer SL, Hofmann A. Adverse blood transfusion
outcomes: establishing causation. Transfus Med Rev 2011;25:89-101.
Marik P, Corwin H. Efficacy of red blood cell transfusion in the critically ill: a systematic review of
the literature. Crit Care Med 2008;36:2667-74.
Shander A, Hofmann A, Ozawa S et al. Activity-based costs of blood transfusions in surgical
patients at four hospitals. Transfusion 2010 Apr; 50(4): 753–765. PubMed PMID: 20003061. Epub
2009/12/17. eng.
Anniss AM, Sparrow RL. Storage duration and white blood cell content of red blood cell (RBC)
products increases adhesion of stored RBCs to endothelium under flow conditions. Transfusion
9. 2006; 46: 1561-7.
Park DW, Chun BC, Kwon SS, et al. Red blood cell transfusions are associated with lower
mortality in patients with severe sepsis and septic shock: a propensity-matched analysis. Crit Care
Med. 2012;40(12):3140-3145.
Morton J, Anastassopoulos KP, Patel ST, et al. Frequency and outcomes of blood products
transfusion across procedures and clinical conditions warranting inpatient care: an analysis of the
2004 healthcare cost and utilization project nationwide inpatient sample database. Am J Med Qual
2010; 25:289–296
Shaw RE, Johnson CK, Ferrari G, Zapolanski A, Brizzio M, Rioux N, Edara S, Sperling J, Grau JB.
Balancing the benefits and risks of blood transfusions in patients undergoing cardiac surgery: a
propensity-matched analysis. Interact Cardiovasc Thorac Surg 2013;17:96-102.
Bhaskar B, Dulhunty J, Mullany DV, Fraser JF. Impact of blood product transfusion on short and
long-term survival after cardiac surgery: more evidence. Ann Thorac Surg 2012;
Veenith T, Sharples L, Gerrard C, Valchanov K, Vuylsteke A. Survival and length of stay following
blood transfusion in octogenarians following cardiac surgery. Anaesthesia 2010; 65:331-36.
Nell’ambito degli attuali percorsi di Patient Blood Management, il recupero di sangue autologo
perioperatorio rappresenta una strategia autotrasfusionale efficace e molto utilizzata in quanto
applicabile sia in chirurgia elettiva maggiore che d’urgenza. Il progresso tecnologico ha garantito
la realizzazione del recupero perioperatorio con apparecchiature ad elevata tecnologia. Infatti
consentono l’utilizzo di materiale sterile e monouso e tengono in considerazione alcuni parametri
importanti per una decisione appropriata di reinfusione. Il tutto a garanzia di una riduzione
dell’utilizzo del sangue allogenico e dei rischi ad esso correlati. Di recente alcuni sistemi di
recupero sono stati dotati di software molto avanzati che permettono una valutazione
multiparametrica associata al recupero di sangue durante interventi diagnostici e terapeutici
mirati.(1-2)
L’integrazione di queste apparecchiature in ambito chirurgico interdisciplinare richiede
l’applicazione di procedure operative che prevedano un approccio olistico , multimodale e
multidisciplinare , il rispetto di corrette indicazioni e controindicazioni all’utilizzo e soprattutto un
puntuale e progressivo training del personale infermieristico e/o tecnico di sala operatoria , sotto
diretto coordinamento dell’equipe anestesiologico-chirurgica.
Le apparecchiature di ultima generazione sono di facile impiego e completamente automatizzate ,
gestite dal software che consente un continuo aggiornamento delle fasi di processazione , dei livelli
di controllo ed di allarme durante la procedura. Il recupero perioperatorio può essere effettuato in
modalità intraoperatoria , postoperatoria o “combinata”. La loro applicazione mirata risulta efficace
se gestita strategicamente dedicando una di queste modalità anche nello stesso paziente nella fase
Il razionale del recupero perioperatorio di sangue autologo
Dott.ssa Maria Beatrice Rondinelli
Responsabile Area Diagnostica e Terapia Trasfusionale
UOC SIMT Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini , Roma
10. più opportuna. Questo vale soprattutto per gli interventi di chirurgia ortopedica protesica e
cardiochirurgia , in cui sono previsti sanguinamenti valorizzabili nel tempo e protratti fino a 24 ore
del postoperatorio.(3)
La maggior parte delle attuali apparecchiature consente la realizzazione del
recupero perioperatorio in modalità “wash” e “non wash”. Il primo, riducendo la presenza di
contaminanti e sostanze proinfiammatorie, è indicato per il recupero intraoperatorio . Il secondo
viene maggiormente sfruttato nel periodo postoperatorio.(4)
Il concentrato eritrocitario ottenuto con
il recupero perioperatorio ha un adeguato livello di ematocrito e di 2,3-DPG eritrocitario ed è
depauperato di fattori della coagulazione e di piastrine. Possiede quindi tutti i vantaggi di un sangue
“fresco” che non ha subito alterazioni da “storage lesion disease”. Il recupero intraoperatorio è
indicato negli interventi in cui sono previste perdite ematiche importanti (superiori a 800-1000cc) o
comunque ≥ al 20% della volemia del paziente. L’utilizzo in modalità stand-by consente di
procedere con il recupero del sangue dal campo operatorio raccogliendolo in un reservoir sterile , la
decisione di procedere con la processazione del sangue recuperato avverrà solo dopo aver verificato
la sua reale consistenza o solo dopo il verificarsi di notevoli perdite ematiche intraoperatorie . Molti
lavori scientifici metanalitici dimostrano che il recupero del sangue riduce in modo significativo il
fabbisogno trasfusionale di emazie allogeniche soltanto se sono garantite alcune condizioni di
appropriatezza operativa:
1) Adozione di strategie integrate di risparmio del sangue omologo; 2) Opportuno inquadramento
delle caratteristiche anamnestiche cliniche e farmacologiche del singolo paziente chirurgico;
3) Corretta indicazione per interventi ad alto rischio emorragico; 4) Adeguata collaborazione
del team chirurgico multidisciplinare .(5-6)
Bibliografia:
1) Esper SA, Waters JH. Intra-operative cell salvage: a fresh look at the indications and
controindications. Blood Transfus 2011; 9: 139-47.
2) Pape A, Habler O. Alternatives to allogeneic blood transfusions. Best Pract Res Clin
Anaesthesiol 2007; 21: 221-39.
3) Carless P, Moxey A, O’Connell DO, Henry D. Autologous transfusion techniques: a
systematic review of their efficacy. Transfus Med 2004; 14: 123-44.
4) Huet C, Salmi LR, Fergusson D, et al. A meta analysis of the effectiveness of cell salvage to
minimize perioperative allogeneic blood transfusion in cardiac and orthopedic surgery.
Anesth Analg 1999; 89: 861-78.
5) Carless PA, Henry DA, Moxey AJ, et al. Cell salvage for minimizing perioperative
allogeneic blood transfusion. Cochrane Database Syst Rev 2010; 4: CD001888.
6) So-Osman C, Nelissen RG, Koopman-van Gemert AW, et al. Patient Blood Management in
Elective Total Hip- and Knee-replacement Surgery . Anesthesiology 2014; 120: 852-60.
11. E’ chiaramente dimostrato che la trasfusione di sangue ed emocomponenti, per i rischi a cui espone
il ricevente e l’effetto negativo sull’outcome clinico evidenziati in numerosi studi, deve essere per
quanto più possibile evitata attraverso l’applicazione delle strategie che compongono i 3 pilastri
della Patient Blood Management.
In alcuni casi tuttavia la trasfusione di sangue rappresenta un provvedimento terapeutico inevitabile
e privo di alternative. In questi casi la sicurezza e l’efficacia clinica della terapia trasfusionale
dipendono dalla corretta attuazione delle attività che compongono il processo trasfusionale, in molte
delle quali il personale infermieristico svolge un ruolo cruciale (1)
.
Per motivi di brevità e semplicità verranno di seguito evidenziate solo alcune di tali attività con
particolare riferimento a quelle che rientrano nella sfera di attività infermieristica e che sono
considerate avere un impatto più diretto sulla sicurezza del paziente.
1) Corretta identificazione del paziente e dei campioni di sangue per le indagini
pretrasfusionali.
E’ il pilastro fondamentale della sicurezza trasfusionale. Vari studi hanno dimostrato che l’errore
umano nell’identificazione del paziente al momento del prelievo dei campioni di sangue per le
indagini pretrasfusionali o al momento della trasfusione rappresenta la causa più comune della
trasfusione di sangue incompatibile che è tra le principali cause di morte a seguito di trasfusione (2)
.
E’ stato stimato che un errore d’identificazione del paziente, potenzialmente responsabile di causare
la trasfusione di sangue incompatibile, si verifica con una frequenza molto elevata pari a circa 1
ogni 15.000 unità di sangue trasfuse (3)
. E’ stato inoltre accertato che l’errore umano per quanto
possa essere ridotto attraverso la definizione di precise procedure operative non può essere
totalmente eliminato proprio perché insito nell’operatività dell’essere umano. Per tale motivo è
previsto dalla normativa Italiana che la determinazione del gruppo ematico in un paziente candidato
alla trasfusione di sangue deve necessariamente essere determinata su 2 campioni di sangue
prelevati in due tempi diversi e possibilmente da due operatori diversi (4)
. Deve essere sempre
tenuto presente che tale semplice misura, purtroppo talvolta deliberatamente omessa, è
fondamentale per evitare errori di determinazione di gruppo ematico causati da errata
identificazione del paziente al momento del prelievo per le indagini pretrasfusionali (causa
principale di tali eventi) e conseguentemente la trasfusione di sangue AB0 incompatibile. Si
sottolinea inoltre che l'identificazione del paziente deve, in ogni fase del processo trasfusionale,
essere positiva (deve essere chiesto al paziente di dire il proprio nome e cognome e data di nascita).
2) Corretta gestione delle unità di emocomponenti prima della loro trasfusione
Tutte le fasi, svolte dal personale infermieristico, che vanno dal ritiro delle unità di emocomponenti
dal centro trasfusionale sino alla loro trasfusione al paziente hanno un peso altissimo nel
condizionare l’efficacia e la sicurezza del processo trasfusionale e devono essere condotte nel
rigoroso rispetto delle procedure specifiche. Di seguito si sottolineano alcune delle attività che
costituiscono tale fase.
Sicurezza ed efficacia al letto del paziente: ruolo chiave
dell’infermiere nel processo trasfusionale
Dott. Giovanni Inghilleri
S.C. SIMT, A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico , Milano
12. Al ritiro delle unità dal centro trasfusionale il personale addetto deve verificare che ciò che viene
consegnato è “ciò che è stato richiesto” e specialmente che le unità che si ritirano siano
effettivamente destinate al paziente per il quale è stata inoltrata la richiesta.
Tutti gli emocomponenti devono essere trasfusi nel più breve tempo possibile dopo il loro ritiro e
non devono essere conservati in reparto a meno che non esistano specifiche frigoemoteche a
temperatura controllata e che le procedure operative lo specifichino chiaramente. Un’errata
conservazione delle unità può comportare alterazioni degli emocomponenti che possono causare
danni al ricevente (ad es nel caso di emazie emolizzate perché conservate a temperature troppo alte
o troppo basse) o la totale inefficacia della trasfusione (ad esempio le piastrine non conservate in
agitazione ed a temperatura ambiente). Si ritiene opportuno qui ricordare che gli emocomponenti
non devono mai essere riscaldati prima della loro trasfusione se non in rarissime situazioni cliniche
(trasfusioni a flussi > 50mL/kg/h in adulti e > 15mL/kg/h in bambini, exanguino-trasfusioni nei
neonati, pazienti con alto titolo di agglutinine fredde) ed in tal caso solo attraverso l’utilizzo di
appositi sistemi (5)
.
Il momento della somministrazione delle unità di emocomponenti al paziente rappresenta l'ultima
"occasione" per accertare eventuali errori nel corso delle precedenti fasi del processo trasfusionale.
Benchè la somministrazione di sangue ed emocomponenti debba essere effettuata da personale
medico, l'infermiere in questa fase rappresenta di norma il "secondo operatore" coinvolto nel
processo di verifica ed il suo supporto è pertanto di importanza primaria.
3) Monitoraggio delle condizioni cliniche del paziente
La trasfusione di emocomponenti può, come noto, determinare effetti indesiderati conosciuti con il
termine di “reazioni trasfusionali”. Benchè nella maggior parte dei casi le reazioni trasfusionali
siano rappresentate da lievi e transitori rialzi termici con brividi e nausea è altresì importante tenere
a mente che qualsiasi sintomatologia che insorga durante la trasfusione esige l’intervento medico ed
impone un’attenta gestione in quanto per tutti i tipi di reazioni trasfusionali, anche le più gravi,
l’esordio è spesso simile e pertanto non deve mai essere sottovalutato. In tutti i casi, inoltre un
precoce riconoscimento e trattamento della reazione è fondamentale per evitare gravi conseguenze
cliniche al paziente e pertanto un attento monitoraggio del paziente in corso di trasfusione è di
estrema importanza.
Il monitoraggio dell’evento trasfusione deve prevedere il controllo di frequenza cardiaca, pressione
arteriosa, temperatura e frequenza respiratoria immediatamente prima dell’inizio della trasfusione,
dopo 15’ circa dall’inizio ed alla fine della trasfusione di ogni unità.
Conclusioni
Come emerge da questa necessariamente breve e schematica relazione, il ruolo del personale
infermieristico nel processo trasfusionale è d’importanza fondamentale ed insostituibile per
garantire la sicurezza del paziente e l'efficacia delle cure ad esso erogate. La consapevolezza di tale
importanza e della necessità di una rigorosa osservanza delle procedure coinvolte nel processo
trasfusionale e del loro razionale deve essere parte fondamentale del percorso formativo del
personale infermieristico che opera in reparti con elevato utilizzo di emocomponenti.
Bibliografia e Letture consigliate :
1) Bielefeldt S DeWitt J. The rules of transfusion: Best practices for blood product administration.
American Nurse Today 2007; 4 (2): 28-32
2) Working Expert Group (WEG) & Writing Group, on behalf of the SHOT Steering Group.
Annual SHOR report 2014. Accessed on 09/09/2025 at http://www.shotuk.org/wp-
content/uploads/SHOT-2014-Annual-Report_v11-Web-Edition.pdf .
3) Linden JV, Wagner K, Voytovich AE, et al Transfusion errors in New York State: an analysis of
10 years’ experience- Transfusion 2000;40:1207-1213.
13. 4) Ministero della Salute. Raccomandazione per la prevenzione della reazione trasfusionale da
incompatibilità AB0. Raccomandazione n° 5 marzo 2007.
5) British Committee for Standards in Haematology. Guideline on the Administration of Blood
Components 2012 accessed at http://www.bcshguidelines.com/documents/
Admin_blood_components_bcsh_05012010.pdf
Come tutti i sistemi che prevedono un’organizzazione rivolta ad ottenere risultati che
corrispondono agli obiettivi imposti , anche la PBM riesce ad offrire la propria
massima efficacia attraverso l’analisi di dati storici relativi all’attività trasfusionale e
di laboratorio e all’analisi dei dati raccolti(1)
. Tali analisi sarebbero facilmente
realizzabili attraverso database informatizzati e gestiti con altre informazioni relative
ai pazienti. Purtroppo software dedicati a questo tipo di attività non sono stati ancora
prodotti e quanto si riesce ad ottenere per ora è dovuto all’applicazione appassionata
di operatori che spinti da spirito d’interesse scientifico e clinico raccolgono dati con
lo scopo di studiare e ottenere un’appropriatezza sia trasfusionale che nelle
alternative di risparmio del sangue. Come dimostrato in letteratura da vari lavori
riferiti a questo argomento, l’efficacia di un nuovo modello organizzativo può solo
essere dimostrata dal confronto tra i dati storici precedenti e quelli successivi(2,3)
.
Inoltre , solo l’analisi continua dei risultati più recenti può condurre alla verifica che
le nuove procedure mantengono la loro efficacia o che possono ulteriormente essere
modificate e aggiornate a nuove esigenze e nuovi obiettivi(4)
. Nella PBM l’obiettivo
principale non è solo la riduzione del numero di trasfusioni di emoderivati, bensì
l’applicazione di criteri di management che realizzano il miglior outcome del
paziente anche nelle condizioni cliniche più critiche(5)
. Tali obiettivi sono realizzabili
attraverso l’applicazione di best practice procedurali per la gestione ottimale del
paziente a rischio trasfusionale durante tutto il periodo di degenza ospedaliera(6)
. Per
questo acquisiscono estrema importanza i criteri di riconoscimento di condizioni di
anemia preoperatoria e di rischio di anemia postoperatoria, entrambe inadeguate alle
capacità di tolleranza del paziente esponendolo ad un rischio trasfusionale più
elevato. Due fattori sono complementari tra loro e possono aiutarci nel raggiungere
l’obiettivo di “best outcome” : la capacità di prevedere un fabbisogno basato su una
valutazione clinica delle condizioni individuali e la possibilità di trattare
profilatticamente tale fabbisogno per giungere a condizioni di dimissibilità adeguate
alle esigenze cliniche del paziente(7)
.
Una PBM efficace : raccolta dati e analisi dei risultati
Dott. Marco Pavesi
Servizio di Anestesia Polispecialistica – IRCCS Policlinico S.
Donato , Milano
14. Bibliografia :
1) Gombotz H. Patient Blood Management: A patient-Orientated Approach to
Blood Replacement with the Goal of Reducing Anemia, Blood Loss and the
Need for Blood Transfusion in Elective Surgery. Transfus Med Hemother
2012; 39:67-72
2) Maki T. Optimizing blood usage through benchmarking . TRANSFUSION
2007; 47 : 145S-148S.
3) Grant MC, Whitman, Savage WJ, Ness PM, Frank SM. Clinical predictor of
postoperative hemoglobin drift. TRANSFUSION 2014; 54:1460-1468
4) Apelseth TO, Molnar L, Arnold E, Heddle NM. Benchmarking: Applications to
Transfusion Medicine. Transf Med Rev 2012; 26 (4): 321-32.
5) Hohmuth B, Ozawa S, Ashton M, Melseth RL. Patient-Centered Blood
Management. J Hosp Med , 2014;9(1): 60-5.
6) Barr PJ, Donnelly M, Cardwell CR, Parker M, Morris K, Bailie KEM. The
appropriateness of red blood cell use and the extent of overtransfusion: right
decision? Right amount? TRANSFUSION 2011; 51: 1684-1694
7) Pavesi M, Inghilleri G, Albano G, Ricci C, Gaeta M, Randelli F. A predictive
model to reduce allogenic transfusions in primary total hip arthroplasty.
Transf Apher Sci 2011; 45: 265-8.
L'emorragia
costituisce
un'importante
complicanza
in
chirurgia
maggiore
e
può
verificarsi
in
qualsiasi
momento,
dall’atto
operatorio
fino
a
diverse
giornate
dopo
la
procedura
chirurgica.
Gli
strumenti
attualmente
utilizzati
per
identificare
il
rischio
emorragico,
secondo
le
ultime
evidenze,
non
sono
dotati
di
sufficiente
valore
predittivo(1,2).
Sono
invece
ritenuti
più
importanti
un’accurata
anamnesi
riferita
a
precedenti
episodi
di
sanguinamento
e
segni
e
sintomi
suggestivi
di
diatesi
emorragiche.
Per
tali
motivi
si
rende
necessario
sviluppare
uno
strumento
di
valore
predittivo
basato
su
un’anamnesi
strutturata
con
lo
scopo
di
identificare
problematiche
dell’emostasi
e
finalizzata
alla
valutazione
del
rischio
emorragico
in
ambito
chirurgico.
A
tal
fine
è
stato
proposto
un
criterio
di
valutazione
per
il
rischio
di
complicanze
emorragiche
intra
e
post-‐operatorie
in
pazienti
candidati
ad
intervento
di
chirurgia
maggiore.
Ci
siamo
basati
su
un
Bleeding
Score(3)
già
validato
per
l'identificazione
del
rischio
emorragico
in
pazienti
con
malattia
di
von
Willebrand
Tipo
1.
Per
identificarne
il
valore
predittivo
in
ambito
chirurgico,
abbiamo
condotto
uno
studio
osservazionale
monocentrico
su
di
un
campione
di
49
pazienti
candidati
ad
intervento
di
chirurgia
maggiore
ricoverati
presso
le
U.O.
di
Chirurgia
Toracica
ed
Epatobiliare,
Urologia
ed
Ortopedia
dell’Azienda
Ospedaliera
San
Paolo
di
Milano.
In
6
pazienti
è
stato
riscontrato
un
Bleeding
Score
(BS)
positivo,
ovvero
a
Costruzione
di
uno
strumento
per
la
valutazione
del
rischio
emorragico
intraoperatorio
Dott.ssa
Lara
Carelli
Infermiera
–
Azienda
Ospedaliera
S.
Paolo
,
Milano
15. rischio
emorragico;
gli
episodi
accertati
di
evento
emorragico
maggiore
sono
stati
in
totale
3
e
due
di
essi
hanno
riguardato
pazienti
con
BS
positivo.
Il
VPP,
anche
a
causa
dell’esiguità
del
campione
e
degli
eventi
emorragici
osservati
si
è
rivelato
basso
(0,33).
I
legami
più
significativi
con
gli
eventi
emorragici
sono
stati
l’età
avanzata
e
la
terapia
anticoagulante/antiaggregante
assunta
dal
paziente
al
domicilio.
Nonostante
la
dimensione
ridotta
del
campione
(49
pazienti)
e
il
numero
esiguo
di
episodi
emorragici
maggiori
(3
episodi),
lo
studio
effettuato
fornisce
importanti
indicazioni
circa
l'utilizzo
di
un
Bleeding
Score
in
ambito
chirurgico:
anche
se
non
è
stato
possibile
giungere
alla
validazione
definitiva
di
tale
strumento
a
causa
del
basso
VPP
raggiunto.
Sono
stati
identificati
importanti
fattori
che
influiscono
sul
rischio
di
emorragia
maggiore;
in
particolare,
in
uno
scenario
di
simulazione
basato
sull'ipotesi
che
i
legami
significativi
osservati
nel
campione
siano
generalizzabili,
l'età
e
l'assunzione
di
terapia
antiaggregante
o
anticoagulante
(soprattutto
nel
caso
in
cui
sia
stata
sospesa
in
ritardo
dal
paziente)
appaiono
meritevoli
di
studio
in
campioni
più
ampi,
con
maggior
numero
di
eventi.
Lo
stesso
vale
per
i
segni
e
sintomi
suggestivi
di
diatesi
emorragica
accertati
con
l'esame
obiettivo,
la
consultazione
della
documentazione
clinica
e
l'intervista
al
paziente.
Bibliografia:
1. Segal JB, Dzik WH. Paucity of studies to support that abnormal coagulation test results
predict bleeding in the setting of invasive procedures: an evidence-based review.
Transfusion. 2005 Sep;45(9):1413–25.
2. Chee YL, Crawford JC, Watson HG, Greaves M. Guidelines on the assessment of bleeding
risk prior to surgery or invasive procedures. British Committee for Standards in
Haematology. Br. J. Haematol. 2008 Mar;140(5):496–504.
3. Tosetto A, Castaman G, Rodeghiero F. Assessing bleeding in von Willebrand disease with
bleeding score. Blood Rev. 2007 Mar;21(2):89–97.
I rischi legati all’impiego di trasfusioni omologhe, l’incipiente aumento di richieste trasfusionali
corrispondente ad una sempre ridotta disponibilità di sangue e l’attuale condizione di crisi
economica che nell’ambito di una “spending review” ha visto decurtate anche le disponibilità per il
settore sanitario , rappresentano i motivi che hanno progressivamente avvicinato gli operatori
sanitari ad adottare criteri e strategie di alternative trasfusionali (1-2) .
Una preparazione adeguata del paziente anemico o destinato a subire interventi ad alto rischio
emorragico e quindi di anemizzazione e l’adozione di tecniche che consentono il controllo del
sanguinamento rappresentano concetti che trovano maggiore applicabilità nella fase preoperatoria e
intraoperatoria. Il reparto chirurgico rappresenta invece il luogo in cui si realizza l’assistenza
postoperatoria e , a parte condizioni di sanguinamento acuto, un decorso standard è caratterizzato
dal rilevamento di parametri che portano a definire un raggiungimento di stabilità emodinamica e di
buona perfusione periferica. In questo caso l’attività di risparmio trasfusionale è rappresentato dal
criterio di porre un’indicazione appropriata sulla scelta del momento trasfusionale. In particolare , i
cosiddetti trigger trasfusionali, non devono essere intesi come il raggiungimento di valori di
Patient Blood Management e reparto : realtà a confronto
Dott.ssa Concetta Macrì
Infermiera presso “Centro di ricerca sui Metabolismi”
I.R.C.C.S. Policlinico San Donato , Milano
16. laboratorio posti a margine di un’indicazione , ma come segnalatori di una potenziale situazione di
necessità trasfusionale se accompagnata da segni e sintomi che caratterizzano una condizione di
trasporto di ossigeno inadeguato alle esigenze dei tessuti (3-6) . L’indicazione alla trasfusione
rappresenta quindi il riconoscimento della soglia di fabbisogno attraverso l’interpretazione di
parametri che aiutano a decidere. L’appropriatezza definisce la giusta indicazione a svolgere questa
scelta terapeutica dalla quale devono derivare principalmente benefici che ne dimostrano l’efficacia.
È quindi una scelta avanzata, più razionale, che implica la conoscenza dei fattori coinvolti nel
trasporto e utilizzo dell’ossigeno, dell’analisi delle capacità di compenso e dei meccanismi che ne
sono alla base, e della valutazione di quei parametri che possono essere presi come riferimento per
un’indicazione basata sulla funzione (7-9).
L’appropriatezza è soggettiva e l’individualità dell’indicazione è legata alle condizioni cliniche del
paziente e al contesto in cui avviene la valutazione. La risposta individuale all’anemia è influenzata
da condizioni di comorbilità che incidono sull’outcome del paziente critico postoperato (10-15)
cardiopatico ischemico o infartuale (16,17), cerebropatico (18,19) e settico (20) , tutte condizioni
che definiscono margini di tollerabilità differenti . E’ sicuramente una dimostrazione di scarsa
appropriatezza affidare una decisione così specifica e complessa come quella trasfusionale, al
rilevamento di un unico dato di laboratorio . Purtroppo, ancora oggi, la maggior parte delle
trasfusioni viene eseguita con un criterio “numerico” prendendo in esame valori indicativi mentre i
criteri “funzionali” che possono maggiormente definire l’appropriatezza sono molto poco seguiti e
riconosciuti (21,22).
Bibliografia :
1. Hofmann A, Friedman D, Farmer S; The Western Australian Department of Health.
“Western Australian patient blood management project”. Available from
http://www.health.wa.gov.au/ bloodmanagement/docs/pbm_pillars.pdf
2. Spahn DR, Moch H, Hofmann A, Isbister JP. “Patient blood management: the pragmatic
solution for the problems with blood transfusions”. Anesthesiology 2008; 109: 951–3
3. Wilson K, MacDougall L, Fergusson D, Graham I, Tinmouth A, Hebert PC. “The
effectiveness of interventions to reduce physician’s levels of inapprorpiate transfusion: what
can be learned from a systematic reviwe of the literature”. Transfusion 2002; 42(9): 1224-
29.
4. Vincent JL. “Indications for Blood Transfusions: Too Complex to Base on a Single
Number?” Ann Intern Med. 2012; 157:71-72.
5. The Society of Thoracic Surgeons and The Society of Cardiovascular Anesthesiologists
Clinical Practice Guideline Ann Thorac Surg 2007;83:S27–86
6. Raccomandazioni SIMTI sulla trasfusione perioperatoria. 1a Ed. Giugno 2010
7. Carson JL, Grossman BJ, Kleinman S, Tinmouth AT, Marques MB, Fung MK, et al;
“Clinical Transfusion Medicine Committee of the AABB. Red blood cell transfusion: a
clinical practice guideline from the AABB”. Ann Intern Med. 2012; 157:49-58.
8. “Practice Guidelines for Blood Component Therapy”. A report by the American Society of
Anesthesiologists Task Force on Blood Component Therapy. Anesthesiology 1996:84:732
9. “Practice Guidelines for Perioperative Blood Transfusion and Adjuvant Therapies” - An
Updated Report by the American Society of Anesthesiologists Task Force on Perioperative
Blood Transfusion and Adjuvant Therapies. Anesthesiology 2006; 105:198–208
10. Vuille-Lessard E, Boudreault D, Girard F, Ruel M, Chagnon M, Hardy JF. “Postoperative
anemia does not impede functional outcome and quality of life early after hip and knee
arthroplasties”. Transfusion 2012; 52:261-270
11. Foss NB, Kristensen MT, Kehlet H. “Anaemia impedes functional mobility after hip fracture
surgery”. Age and Ageing 2008; 37: 173–178
17. 12. Victor A. Ferraris VA, Davenport DL, Saha SP, Austin PC, Zwischenberger JB. “Surgical
Outcomes and Transfusion of Minimal Amounts of Blood in the Operating Room”. Arch
Surg. 2012;147(1):49-55
13. Lawrence VA, Silverstein JH, Cornell JE, Pederson T, Noveck H, CarsonJL. “Higher Hb
level is associated with better early functional recovery after hip fracture repair”.
Transfusion 2003;43:1717-1722.
14. Cavenaghi F, Cerri C, Panella L. “Association of hemoglobin levels, acute hemoglobine
decrease and age with rehabilitation outcome after total hip and knee replacement”. Eur J
Phys Rehabil Med 2009; 45: 319-25
15. Wallis JP,Wells AW, Whitehead S, Brewster N. “Recovery from post-operative anaemia”.
Transfusion Medicine, 2005, 15, 413–418
16. Wu WC, Rathore SS, Wang Y, Radford MJ, Krumholz HM. “Blood transfusion in elderly
patients with acute myocardial infarction”. N Engl J Med 2001; 345: 1230-36
17. Rao SV, Jollis JG, Harrington RA, et al. “Relationship of blood transfusion and clinical
outcomes in patients with acute coronary syndromes”. JAMA 2004; 292:155-62
18. Leal-Noval SR, Rincon-Ferrari MD, Marin-Niebla A, et al. “Transfusion of erythrocyte
concentrates produces a variable increment on cerebral oxygenation in patients with severe
traumatic brain injury”. Intensive Care Med 2006; 32:1733-40
19. Smith MJ, Stiefel MF, Magge S, et al. “Packed red blood cell transfusion increases local
cerebral oxygenation”. Crit Care Med 2005; 33:1104-8
20. Sakr Y, Chierego M, Piagnerelli M, et al. “Microvascular response to red blood cell
transfusion in patients with severe sepsis”. Crit Care Med 2007; 35: 1639-44.
21. “Handbook of transfusion Medicine” – Ed DBL McClelland – United Kingdom Blood, 4th
Edition, First published 2007.
22. “Patient Blood Management, Guidelines: Perioperative”. National Blood Authority,
Australia, 2012
Gli infermieri storicamente hanno un ruolo di strategica importanza nell’erogazione e nella gestione
delle attività relative al monitoraggio di trasfusione di sangue, controllo, gestione del rischio clinico
e, più in generale, relativamente all’emovigilanza. Recentemente, inoltre, alcuni studi dimostrano
come l’assistenza infermieristica (i.e. staffing infermieristico) e la formazione degli infermieri
hanno una ricaduta significativa sulla mortalità dei pazienti ospedalizzati(1)
. Il panorama
internazionale, coerentemente con il ruolo dei professionisti infermieri nei diversi scenari nazionali,
mostra diverse figure con competenze specifiche e specialistiche coinvolti nella gestione del sangue
negli ospedali, per citarne alcune: haemovigilance officer, transfusion practitioner, transfusion
nurse, patient blood management (PBM) nurse, blood conservation nurse and blood management
nurse. Queste figure professionali hanno ruoli, formazione e competenze ben definiti dai loro profili
con alcune differenze tra le varie figure. Sul piano internazionale, alcuni autori(2)
propongono
riflessioni sulla miscellanea di figure, sostenendo che la professione infermieristica è abbastanza
matura per avere una figura professionale unica e debitamente formata per la gestione del sangue
Orizzonti e nuovi sviluppi nell’infermieristica, la
consapevolezza di una professione in divenire
Prof. F. Pittella
Direttore Didattico Corso di Laurea in Infermieristica, IRCCS Policlinico
San Donato , Milano
18. negli ospedali. Anche in Italia, soprattutto nell’ultimo ventennio, il contributo degli infermieri nella
gestione del sangue diventa sempre maggiormente una necessità per il Sistema Sanitario; questo è
in linea con la letteratura internazionale(3)
. Gli infermieri sono essenziali per la consegna in
sicurezza dei componenti ematici, per la formazione degli altri operatori sanitari e socio-sanitari
coinvolti, per l’implementazione di protocolli ed istruzioni operative, per pratiche di auditing
trasfusione, per il monitoraggio della “consegna sicura” o somministrazione di emoderivati, per la
gestione del rischio clinico(2)
. Il futuro della Sanità sembra andare verso la multiprofessionalità e
multidisciplinarietà, questo riguarda anche la buona gestione del sangue: il team trasfusionale
(medici, infermieri, membri del comitato “Buon uso del Sangue, stakeholder in generale) si delinea
come il nuovo protagonista necessario nel fornire, monitoraggio della sicurezza e formazione per
gli altri professionisti della salute nell’ambito dell’uso del sangue in ospedale. Altri aspetti
necessari, affinché la multiprofessionalità abbia un reale impatto nel miglioramento della pratica
clinica, riguardano la formazione post-base e la chiara definizione di ruoli e competenze(4)
. Il
dibattito in merito è attualmente molto acceso nel nostro Paese, tuttavia sembra che l’infermiere stia
andando verso una possibilità di specializzarsi a più livelli, e gli infermieri convolti nei team
trasfusionali o nelle commissioni “buon uso del sangue” rientrano in questa logica. Questo scenario
comporterà delle importanti sfide per le università e per le azienda sanitarie che dovranno esser in
grado di leggerle consapevolmente; le università dovranno esser in grado di offrire una formazione
post-base valida e spendibile nel mercato del lavoro (corsi di Perfezionamento, Master, Laurea
Magistrale), le aziende dovranno adottare modelli organizzativi che favoriscano la
multiprofessionalità e quindi l’equo riconoscimento delle competenze di tutti i professionisti
coinvolti, nonché politiche di skill-mix in relazione alle risorse umane in termini di quantità, ma
soprattutto formazione acquisita (5)
.
Bibliografia:
1) Aiken L & al (2014) Nurse staffing and education and hospital mortality in nine
European countries: a retrospective observational study. Lancet, 38 3(9931), 1824-1830
2) Gallagher T et al. (2015) Patient blood management nurse vs transfusion nurse: is it
time to merge?. British Journal of Nursing, 24 (9), 492-495
3) Cottrell S, Donaldson JH (2013) Exploring the opinions of registered nurses working in
a clinical transfusion environment on the contribution of e-learning to personal learning
and clinical practice: results of a small scale educational research study. Nurse Educ
Pract 13(3): 221–227
4) FNC IPASVI (2015) Evoluzione Delle Competenze Infermieristiche, delibera n. 79 del
25 aprile 2015
5) Rapporto CERGAS Bocconi (2013) Oasi 2013, Cergas Bocconi: skill-mix per medici e
infermieri. Disponibile al sito: http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-
professione/2014-01-15/oasi-2013-cergas-bocconi-
064811.php?uuid=AbonaOGJ&refresh_ce=1