La Coordinarice del Sangue: una figura infermieristica dedicata in un programma di Patient Blood Management

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La Coordinarice del Sangue: una figura infermieristica dedicata in un programma di Patient Blood Management

ARTICOLO:
TITOLO: La Coordinarice del Sangue: una figura infermieristica dedicata in un programma di Patient Blood Management
AUTORI:
Sara Landriscina, Infermiera presso A. O. San Giovanni – Addolorata di Roma
Anna La Torre, Infermiera libero professionista
Abstract
Introduzione:
La Coordinatrice del Sangue è una figura infermieristica ormai nota nel panorama assistenziale statunitense, australiano
ed europeo, e non introdotta invece in Italia, se non sperimentalmente in rare realtà. L’obiettivo di questa ricerca è di
individuare le competenze di questo professionista e rilevare i benefici derivanti da un suo inserimento nelle nostre
realtà lavorative. Inoltre vengono valutati altri indicatori tra cui la conoscenza di questa figura da parte di infermieri,
medici del centro trasfusionale e pazienti e vengono indagate le possibili cause che determinano il mancato inserimento
della Coordinatrice del Sangue nel nostro Paese.
Materiali e metodi:
La metodologia utilizzata per l’indagine in oggetto, è stata di tipo quantitativo, associata alle risposte riferite da infermieri,
medici dell’area trasfusionale e pazienti, utilizzando questionari anonimi a risposta multipla. Lo studio è multicentrico, ed
ha coinvolto tre strutture ospedaliere del nord, centro e sud Italia.
Risultati:
I risultati mostrano una scarsa conoscenza di questo professionista a cui però si contrappone l’entusiasmo, la curiosità e
l’interessamento nei suoi confronti da parte dei soggetti intervistati. Il 74,1% dei pazienti e il 92% degli infermieri
percepisce infatti in maniera positiva l’introduzione della Coordinatrice del Sangue nelle nostre strutture ospedaliere e lo
ritiene un valido aiuto.
Conclusioni:
Nonostante l’apprezzamento rilevato nei confronti di questa nuova figura da parte del personale ospedaliero e dei
degenti, la Coordinatrice del Sangue non risulta adeguatamente pubblicizzata. Poiché i benefici derivanti da una sua
introduzione, soddisfano moltissimi aspetti assistenziali ed economici, occorrerebbe valutare seriamente l’inserimento di
questo infermiere dedicato.
Parole chiave: Bloodless Coordinator, Patient Blood Management, risparmio sangue, infermiere dedicato
INTRODUZIONE
La Patient Blood Management, noto anche con l’acronimo PBM, consiste in un approccio multidisciplinare per
ottimizzare le cure rivolte ai pazienti che potrebbero necessitare di trasfusioni ematiche. Letteralmente può essere
tradotto come la “gestione del sangue del paziente”, ed infatti questo approccio mira a valutare il paziente,
prevalentemente quello sottoposto ad intervento chirurgico, minimizzarne le perdite ematiche, ridurre la necessità di
ricevere sangue omologo e conseguentemente diminuire l’enorme spesa sanitaria derivata dall’utilizzo inappropriato
della risorsa sangue.
La chirurgia senza sangue, anche chiamata “chirurgia pulita” o “bloodless surgery”, è la nuova frontiera della chirurgia:
consiste in una serie di azioni, tecniche, strumenti e dispositivi specifici che mirano ad effettuare interventi chirurgici
senza ricorrere all’uso di trasfusioni ematiche omologhe.
Attraverso l’uso di farmaci, tecniche chirurgiche innovative, specifiche macchine elettromedicali appositamente
realizzate, team multidisciplinari preparati e cooperazione con il paziente stesso, è possibile ridurre drasticamente
l’utilizzo di sangue omologo sia negli interventi chirurgici considerati a basso rischio emorragico, sia negli interventi più
complessi come quelli ortopedici, o riguardanti la chirurgia toracica ed i trapianti .
Alla chirurgia moderna si chiede una prestazione operatoria impeccabile ma anche sistemi che garantiscano elevati
standard di sicurezza ed efficienza, nonché il rispetto dei principi etici, culturali, religiosi e giuridici dei pazienti, senza
dimenticare l’aspetto economico della gestione degli interventi.
Nonostante la sua moderna applicazione, la chirurgia senza sangue nasce negli Stati Uniti a metà del 1900. Nel 1957 fu
il Dott. Denton Cooly il primo ad eseguire un intervento di cardiochirurgia senza l’utilizzo di trasfusioni. Si è iniziato a
sviluppare la necessità di utilizzare tecniche alternative alla trasfusione, partendo dal dilemma assistenziale posto dai
Testimoni di Geova, che per motivi religiosi rifiutano categoricamente questa pratica e che hanno a lungo richiesto cure
mediche pari, senza dover rinunciare alle loro credenze.
Successivamente, la paura delle malattie trasmissibili per via ematica, dovuta alla grande problematica della scoperta
del virus dell’HIV, ha infatti spinto altri pazienti a chiedere che i loro interventi chirurgici venissero eseguiti senza l’uso di
una trasfusione. Considerando poi l’incremento del fabbisogno di trasfusioni, non supportato da un adeguato numero di
donatori, i rischi legati all’infusione, da quelli infettivi alla possibilità di sviluppare reazioni emolitiche, non emolitiche ed
allergiche, e non tralasciando il costo considerevole delle banche del sangue e dei centri trasfusionali, e alla
problematica della immunizzazione del paziente, si è approdati all’elaborazione un programma strutturato di gestione
della risorsa sangue: la Patient Blood Management.
Oggi la PBM è sviluppata ampiamente negli Stati Uniti, in Australia e in molti Paesi europei.
La situazione italiana, ormai da molti anni, si attesta invece in una condizione di precaria autosufficienza nazionale del
sangue, raggiunta grazie alla compensazione interregionale. Già da diverso tempo, si ribadisce l’importanza della
nascita e dell’implementazione di programmi specifici per la corretta gestione della risorsa sangue e finalmente
all’interno delle Raccomandazioni per l’Implementazione del Programma di Patient Blood Management del 2015, viene
sottolineato come l’attivazione di programmi PBM avvenga “auspicabilmente anche mediante l’individuazione di
personale infermieristico dedicato”.
Tra gli attori coinvolti nella PBM, infatti, ruolo cardine è occupato dalla figura infermieristica. L’infermiere dedicato, noto
negli Stati Uniti con il nome di Bloodless Coordinator, che traduciamo con “Coordinatrice del Sangue”, si occupa di
diversi aspetti. Poiché in Italia questa figura non è presente se non in via sperimentale ed in rare realtà, è stato tradotto il
Job Profile del Bloodless Coordinator presso il Temple University Hospital di Philadelphia, e sono di seguito riportati
quegli aspetti e quelle competenze che risultano applicabili all’interno del nostro sistema sanitario. La Coordinatrice del
sangue si occupa principalmente di tre aspetti:
1) Sviluppo di un programma di gestione del sangue: si occupa della gestione del programma attraverso la
realizzazione e la collaborazione nel produrre protocolli e procedure specifiche, si occupa inoltre della gestione del
materiale, in particolare delle nuove risorse tecnologiche e farmaceutiche disponibili.
2) Raccolta dati e miglioramento continuo della qualità del programma di gestione del sangue: si occupa del
monitoraggio del programma per evidenziare criticità e progressi e per rientrare negli standard assistenziali di qualità. Il
monitoraggio è effettuato attraverso la presa in carico del paziente e l’osservazione continua dalla visita di pre-
ospedalizzazione fino al follow-up, utilizzando una cartella clinica integrata che segue il paziente durante l’intero
processo di guarigione e permette di sottolineare le criticità o i punti di forza del programma di gestione del sangue;
3) Educazione riguardo il programma di gestione del sangue: si interessa dell’aspetto educativo, nei riguardi dei
pazienti inseriti nel programma, realizzando una educazione alimentare, educazione a stili di vita sani e informazione
circa il programma. L’aspetto educativo non si esaurisce al paziente e ai suoi familiari ma è rivolta anche agli altri
professionisti del team multidisciplinare, per permettere una reale collaborazione per il raggiungimento dello scopo
comune: il bene del paziente.
La PBM è un programma fortemente patient-centered, che favorisce enormemente l’instaurazione di un forte legame di
fiducia tra il paziente e l’infermiere dedicato, e permette il raggiungimento di un miglior outcome del paziente.
MATERIALI E METODI
Per ottenere una panoramica del territorio italiano, questa indagine conoscitiva è stata intrapresa in tre realtà
ospedaliere in rappresentanza del nord, centro e sud Italia. I centri coinvolti sono: l’IRCCS Policlinico San Donato in San
Donato Milanese (MI), l’Azienda Ospedaliera San Giovanni – Addolorata in Roma e l’Azienda Ospedaliera di rilievo
Nazionale Antonio Cardarelli di Napoli.
L’indagine è stata condotta utilizzando questionari anonimi di tre tipologie: rivolti agli infermieri, ai medici ed ai pazienti.
Per rendere il campione omogeneo sono stati selezionati professionisti appartenenti alla stessa area specialistica,
ovvero infermieri dell’Unità Operativa di Ortopedia, medici dell’area trasfusionale e pazienti sottoposti allo stesso
intervento chirurgico in elezione: protesi di anca o revisione di protesi.
Sono stati intervistati 50 infermieri, suddivisi in: 13 infermieri a Milano, 16 a Roma e 21 a Napoli. Il campione paziente
consta invece di 27 soggetti prevalentemente di età compresa tra i 70 e i 90 anni e ne sono stati intervistati 12 a Milano,
10 a Roma e 5 a Napoli. I questionari rivolti ai medici dell’area trasfusionale, sono stati consegnati solo nelle strutture
ospedaliere di Milano e Roma, rispettivamente 3 medici per ogni centro per un totale di 6 intervistati.
I questionari sono costituiti da domande a risposta multipla, somministrati dal mese di Giugno al mese di Settembre
2014.
RISULTATI
Dai dati estrapolati dai questionari rivolti ad infermieri, medici e pazienti, appare subito chiaro come la figura della
Coordinatrice del Sangue (o Bloodless Coordinator) sia poco conosciuta in Italia. Tra i professionisti infatti, degli
infermieri solo il 16,3% è a conoscenza di questa nuova figura, dei medici invece, il campione si divide equamente tra
coloro che la conoscono, quelli che ne hanno solo sentito parlare e chi non la conosce affatto. Il Bloodless Coordinator
risulta infine sconosciuto al 77,8% dei pazienti. (figura 1)
Figura 1. Grado di conoscenza del bloodless coordinator da parte degli infermieri delle strutture ospedaliere di Milano, Roma e
Napoli
Dopo essere stati aggiornati riguardo le competenze e l’ambito di azione del Bloodless Coordinator, il 92% degli
infermieri intervistati ritiene che questa figura possa determinare benefici per il paziente e per le varie equipe
infermieristiche che ruotano attorno al soggetto sottoposto ad intervento chirurgico in elezione. Indagando invece i
benefici che questa figura potrebbe portare al bilancio economico della struttura sanitaria, i pareri non sono così netti: il
38% non sa effettuare una stima e quindi non è in grado di dare una risposta, il 32% ritiene che si determinerebbe un
risparmio economico mentre il 30% è convinto che questa nuova figura costituisca invece una maggiore spesa per la
struttura. (Figura 2)
Figura 2. Utilità della figura del Bloodless Coordinator secondo gli infermieri intervistati nelle strutture di Milano, Roma e Napoli.
Nonostante il 94% degli infermieri partecipanti dimostra una buona conoscenza delle tecniche alternative alla trasfusione
ematica, il 78% sarebbe ulteriormente spronato ad approfondire le proprie conoscenze in campo trasfusionale
approfittando delle competenze della Coordinatrice del Sangue. Infine riguardo le cause che si potrebbero ipotizzare
circa la mancata introduzione di questa figura, il 54%, ritiene che la ragione sia da attribuire alla struttura sanitaria che
preferisce un infermiere che lavori ancora per compiti e non per processi e che quindi non si valorizza l’autonomia, la
competenza e la preparazione dei nuovi professionisti. Il 36% pensa che all’origine ci sia invece una mancanza di fondi
e il 10% attribuisce la causa agli infermieri stessi che non vogliono assumere questo ruolo e le conseguenti maggiori
responsabilità che ne derivano. Infine, nelle due domande che indagano l’applicazione dei metodi alternativi alle
trasfusioni nella struttura di appartenenza, tutti gli intervistati affermano che tali metodiche sono applicate ma il 18%
ritiene che non siano utilizzate abbastanza.
La seconda categoria professionale indagata, quella dei medici, ritiene, nella totalità degli intervistati, che l’introduzione
di questa figura professionale, determinerebbe un valido aiuto sia per i professionisti sanitari che per il paziente. Come
già era stato evidenziato nel questionario rivolto agli infermieri, anche il 66,7% dei medici individua tra le cause da
attribuire alla mancata introduzione del Bloodless Coordinator in Italia, il fatto che le strutture ospedaliere preferiscano
ancora un infermiere che lavori per compiti e non per processi, non permettendo così a colleghi validi e competenti di
godere della giusta autonomia, mentre il restante 33,3% ritiene che la causa sia legata ad un aspetto economico, ovvero
ad una mancanza di fondi stanziati. (figura 3)
Figura 3. Possibili cause mancata introduzione della figura della Coordinatrice del Sangue in Italia. Parere degli infermieri intervistati
nelle strutture ospedaliere di Milano, Roma e Napoli
Le domande riguardanti l’aspetto gestionale ed economico di un centro trasfusionale, hanno invece evidenziato come il
centro dell’Azienda ospedaliera San Giovanni – Addolorata di Roma e quello dell’IRCCS Policlinico San Donato in San
Donato Milanese, siano perfettamente in grado di soddisfare le richieste di sangue da trasfondere. A questo dato
positivo, si contrappone però una scarsa attenzione alle tecniche alternative alla trasfusione o alle metodologie di
risparmio sangue: solo uno degli intervistati ritiene che i metodi di risparmio sangue siano applicati a sufficienza nella
struttura in cui lavora. Infine due soggetti appartenenti al campione milanese hanno stimato un risparmio del 30-40% del
budget attuale, corrispondente a circa 300.000-400.000€, derivante da un sostanzioso calo delle trasfusioni.
Dai questionari rivolti ai pazienti, si evince subito una preoccupazione dei soggetti intervistati nei confronti della
possibilità di ricevere una trasfusione ematica. Sul totale dei pazienti, il 61,5% riferisce di essere in apprensione
principalmente per paura di ricevere una trasfusione errata, il 26,9% teme di contrarre infezioni, e l’11,5% di accusare un
malore in seguito alla trasfusione. Il 63% dei pazienti ha ricevuto informazioni circa le procedure esistenti per evitare la
tecnica trasfusionale, che sono state fornite nel 58,8% dei casi dal medico e nell’11,8% dall’infermiere. Nel restante
29,4% dei casi, il medico ha spiegato le metodologie alternative alla trasfusione, ma il paziente si è poi rivolto
all’infermiere per ottenere maggiori informazioni e chiarire alcuni dubbi. Solo un soggetto intervistato riferisce di non
ricordare da quale figura ha ottenuto tali informazioni. Infine, nonostante la maggior parte dei pazienti, il 77,8%, non
conosca la figura della Coordinatrice del Sangue, il 74,1% si approccerebbe con più serenità al panorama ospedaliero,
alla chirurgia, alla pratica trasfusionale e alle sue alternative, se esistesse questa figura professionale specializzata.
DISCUSSIONE
Nonostante la scarsa conoscenza della figura della Coordinatrice del Sangue, gli infermieri si sono dimostrati entusiasti
ed interessati, volenterosi di apprendere ulteriori informazioni ed incuriositi dalla ricerca. Rattrista il dato che mostra
come, tra le possibili ragioni che spingono la sanità italiana a non introdurre il nuovo professionista, sia stata scelta dalla
maggior parte, quella che ritiene ancora l’infermiere un lavoratore di “serie B”, legato ai compiti e non abituato a lavorare
per processi, attività che invece sicuramente determina l’erogazione di una assistenza di maggiore qualità, come è stato
dimostrato e documentato in letteratura ormai da tempo. I dati ottenuti dal questionario, hanno messo in luce le
competenze, la professionalità e l’alto grado di preparazione posseduta dagli intervistati, nonché la volontà di apportare
cambiamenti che determinano prima di tutto benefici nel paziente e nella sua gestione.
Infine, nonostante nelle strutture ospedaliere prese in esame la maggior parte degli intervistati ritenga che le metodiche
alternative alla trasfusione ematica siano utilizzate, bisognerebbe lavorare in modo che tali tecniche siano impiegate
sistematicamente, per poter valutare in modo concreto i benefici derivati dall’applicazione delle strategie di Patient Blood
Management.
I risultati ottenuti dal questionario sottoposto ai pazienti sono incoraggianti: la maggior parte infatti vedrebbe
l’introduzione di questa figura infermieristica in modo positivo, e si evidenzia come l’infermiere sia in grado di costruire
un tale rapporto di fiducia con il paziente, che quest’ultimo è spinto a chiedere consiglio, informazioni e chiarimenti
riguardo la pratica trasfusionale a cui potrebbe essere sottoposto o ai diversi metodi alternativi, proprio all’infermiere.
Non stupisce la scarsa conoscenza della figura del Bloodless Coordinator tra gli intervistati, i quali si sono però
dimostrati attenti e curiosi nei riguardi di questa novità.
Infine, nella parte relativa alle domande poste al medico trasfusionale, si evidenzia l’autonomia delle strutture indagate,
che sono in grado di soddisfare le richieste trasfusionali, aiutate anche dal Piano Nazionale introdotto dal Ministero della
Salute, che periodicamente sviluppa una strategia di programmazione delle donazioni ed un meccanismo di
compensazione tra regioni. Al tempo stesso, è impossibile non notare il grande risparmio economico derivante da un
utilizzo sistematico di tecniche alternative alle trasfusioni ematiche, e l’ancor più grande beneficio per il paziente e per le
diverse equipe coinvolte nell’assistenza, che non può essere quantificato economicamente.
CONCLUSIONI
La figura della Coordinatrice del Sangue soddisfa tutti: i benefici derivanti da una sua introduzione, sono molteplici ed
abbracciano diversi aspetti, da quello prettamente assistenziale a quello economico.
Il primo a beneficiare dell’attività del Bloodless Coordinator è sicuramente il paziente, che riceve una assistenza di
qualità e vicina alle sue esigenze. Il malato è coinvolto nel proprio processo di guarigione, è informato circa le metodiche
che possono essere applicate al suo caso, ed è seguito in ogni fase dalla pre-ospedalizzazione al follow-up.
I professionisti sanitari ricaverebbero una grande utilità dall’introduzione della Coordinatrice del Sangue innanzitutto
perché questo infermiere lavora come tramite tra le diverse equipe coinvolte nell’assistenza. Inoltre egli si occupa anche
della formazione, non solo dei pazienti e dei familiari, ma anche dei colleghi infermieri, medici ed altri professionisti,
superando in questo modo il divario tra le diverse figure e permettendo una collaborazione reale per il raggiungimento di
un unico obiettivo: il bene per il paziente. La Coordinatrice del Sangue si interessa inoltre della redazione di protocolli e
procedure basandosi sulle più recenti evidenze scientifiche, garantendo in questo modo una assistenza efficace ed
efficiente. I colleghi poi, grazie al Bloodless Coordinator, sono spinti ad aumentare le proprie conoscenze e a partecipare
con entusiasmo alle attività formative, determinando la creazione di una equipe affiatata, che si traduce in una migliore
assistenza sanitaria.
Infine questa figura determinerebbe un beneficio per la struttura ospedaliera che ne ricaverebbe un miglioramento della
propria immagine e quindi del proprio prestigio tramite l’assunzione di una figura professionale all’avanguardia. In
particolare poi, non è da sottovalutare il risparmio economico si ottiene da una corretta gestione del sangue e da un
sistematico utilizzo dei metodi alternativi alla trasfusione. Sfruttando tali metodi, si elimina infatti anche il rischio di
contrarre infezioni e di presentare complicanze legate alla trasfusione, il che determina una diminuzione della spesa
legata ad una riduzione delle giornate di degenza.
Occorrerebbe perciò utilizzare questa figura per portare l’assistenza sanitaria italiana a livelli di qualità elevati, al pari di
altri Paesi, sfruttando il nostro personale sanitario di livello di istruzione elevato, capace e volenteroso, pronto a
raccogliere questa sfida professionale.
BIBLIOGRAFIA
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La Coordinarice del Sangue: una figura infermieristica dedicata in un programma di Patient Blood Management

  • 1. ARTICOLO: TITOLO: La Coordinarice del Sangue: una figura infermieristica dedicata in un programma di Patient Blood Management AUTORI: Sara Landriscina, Infermiera presso A. O. San Giovanni – Addolorata di Roma Anna La Torre, Infermiera libero professionista Abstract Introduzione: La Coordinatrice del Sangue è una figura infermieristica ormai nota nel panorama assistenziale statunitense, australiano ed europeo, e non introdotta invece in Italia, se non sperimentalmente in rare realtà. L’obiettivo di questa ricerca è di individuare le competenze di questo professionista e rilevare i benefici derivanti da un suo inserimento nelle nostre realtà lavorative. Inoltre vengono valutati altri indicatori tra cui la conoscenza di questa figura da parte di infermieri, medici del centro trasfusionale e pazienti e vengono indagate le possibili cause che determinano il mancato inserimento della Coordinatrice del Sangue nel nostro Paese. Materiali e metodi: La metodologia utilizzata per l’indagine in oggetto, è stata di tipo quantitativo, associata alle risposte riferite da infermieri, medici dell’area trasfusionale e pazienti, utilizzando questionari anonimi a risposta multipla. Lo studio è multicentrico, ed ha coinvolto tre strutture ospedaliere del nord, centro e sud Italia. Risultati: I risultati mostrano una scarsa conoscenza di questo professionista a cui però si contrappone l’entusiasmo, la curiosità e l’interessamento nei suoi confronti da parte dei soggetti intervistati. Il 74,1% dei pazienti e il 92% degli infermieri percepisce infatti in maniera positiva l’introduzione della Coordinatrice del Sangue nelle nostre strutture ospedaliere e lo ritiene un valido aiuto. Conclusioni: Nonostante l’apprezzamento rilevato nei confronti di questa nuova figura da parte del personale ospedaliero e dei degenti, la Coordinatrice del Sangue non risulta adeguatamente pubblicizzata. Poiché i benefici derivanti da una sua introduzione, soddisfano moltissimi aspetti assistenziali ed economici, occorrerebbe valutare seriamente l’inserimento di questo infermiere dedicato. Parole chiave: Bloodless Coordinator, Patient Blood Management, risparmio sangue, infermiere dedicato
  • 2. INTRODUZIONE La Patient Blood Management, noto anche con l’acronimo PBM, consiste in un approccio multidisciplinare per ottimizzare le cure rivolte ai pazienti che potrebbero necessitare di trasfusioni ematiche. Letteralmente può essere tradotto come la “gestione del sangue del paziente”, ed infatti questo approccio mira a valutare il paziente, prevalentemente quello sottoposto ad intervento chirurgico, minimizzarne le perdite ematiche, ridurre la necessità di ricevere sangue omologo e conseguentemente diminuire l’enorme spesa sanitaria derivata dall’utilizzo inappropriato della risorsa sangue. La chirurgia senza sangue, anche chiamata “chirurgia pulita” o “bloodless surgery”, è la nuova frontiera della chirurgia: consiste in una serie di azioni, tecniche, strumenti e dispositivi specifici che mirano ad effettuare interventi chirurgici senza ricorrere all’uso di trasfusioni ematiche omologhe. Attraverso l’uso di farmaci, tecniche chirurgiche innovative, specifiche macchine elettromedicali appositamente realizzate, team multidisciplinari preparati e cooperazione con il paziente stesso, è possibile ridurre drasticamente l’utilizzo di sangue omologo sia negli interventi chirurgici considerati a basso rischio emorragico, sia negli interventi più complessi come quelli ortopedici, o riguardanti la chirurgia toracica ed i trapianti . Alla chirurgia moderna si chiede una prestazione operatoria impeccabile ma anche sistemi che garantiscano elevati standard di sicurezza ed efficienza, nonché il rispetto dei principi etici, culturali, religiosi e giuridici dei pazienti, senza dimenticare l’aspetto economico della gestione degli interventi. Nonostante la sua moderna applicazione, la chirurgia senza sangue nasce negli Stati Uniti a metà del 1900. Nel 1957 fu il Dott. Denton Cooly il primo ad eseguire un intervento di cardiochirurgia senza l’utilizzo di trasfusioni. Si è iniziato a sviluppare la necessità di utilizzare tecniche alternative alla trasfusione, partendo dal dilemma assistenziale posto dai Testimoni di Geova, che per motivi religiosi rifiutano categoricamente questa pratica e che hanno a lungo richiesto cure mediche pari, senza dover rinunciare alle loro credenze. Successivamente, la paura delle malattie trasmissibili per via ematica, dovuta alla grande problematica della scoperta del virus dell’HIV, ha infatti spinto altri pazienti a chiedere che i loro interventi chirurgici venissero eseguiti senza l’uso di una trasfusione. Considerando poi l’incremento del fabbisogno di trasfusioni, non supportato da un adeguato numero di donatori, i rischi legati all’infusione, da quelli infettivi alla possibilità di sviluppare reazioni emolitiche, non emolitiche ed allergiche, e non tralasciando il costo considerevole delle banche del sangue e dei centri trasfusionali, e alla problematica della immunizzazione del paziente, si è approdati all’elaborazione un programma strutturato di gestione della risorsa sangue: la Patient Blood Management. Oggi la PBM è sviluppata ampiamente negli Stati Uniti, in Australia e in molti Paesi europei. La situazione italiana, ormai da molti anni, si attesta invece in una condizione di precaria autosufficienza nazionale del sangue, raggiunta grazie alla compensazione interregionale. Già da diverso tempo, si ribadisce l’importanza della nascita e dell’implementazione di programmi specifici per la corretta gestione della risorsa sangue e finalmente all’interno delle Raccomandazioni per l’Implementazione del Programma di Patient Blood Management del 2015, viene sottolineato come l’attivazione di programmi PBM avvenga “auspicabilmente anche mediante l’individuazione di personale infermieristico dedicato”. Tra gli attori coinvolti nella PBM, infatti, ruolo cardine è occupato dalla figura infermieristica. L’infermiere dedicato, noto negli Stati Uniti con il nome di Bloodless Coordinator, che traduciamo con “Coordinatrice del Sangue”, si occupa di diversi aspetti. Poiché in Italia questa figura non è presente se non in via sperimentale ed in rare realtà, è stato tradotto il Job Profile del Bloodless Coordinator presso il Temple University Hospital di Philadelphia, e sono di seguito riportati quegli aspetti e quelle competenze che risultano applicabili all’interno del nostro sistema sanitario. La Coordinatrice del sangue si occupa principalmente di tre aspetti: 1) Sviluppo di un programma di gestione del sangue: si occupa della gestione del programma attraverso la realizzazione e la collaborazione nel produrre protocolli e procedure specifiche, si occupa inoltre della gestione del materiale, in particolare delle nuove risorse tecnologiche e farmaceutiche disponibili. 2) Raccolta dati e miglioramento continuo della qualità del programma di gestione del sangue: si occupa del monitoraggio del programma per evidenziare criticità e progressi e per rientrare negli standard assistenziali di qualità. Il monitoraggio è effettuato attraverso la presa in carico del paziente e l’osservazione continua dalla visita di pre- ospedalizzazione fino al follow-up, utilizzando una cartella clinica integrata che segue il paziente durante l’intero processo di guarigione e permette di sottolineare le criticità o i punti di forza del programma di gestione del sangue; 3) Educazione riguardo il programma di gestione del sangue: si interessa dell’aspetto educativo, nei riguardi dei pazienti inseriti nel programma, realizzando una educazione alimentare, educazione a stili di vita sani e informazione circa il programma. L’aspetto educativo non si esaurisce al paziente e ai suoi familiari ma è rivolta anche agli altri professionisti del team multidisciplinare, per permettere una reale collaborazione per il raggiungimento dello scopo comune: il bene del paziente.
  • 3. La PBM è un programma fortemente patient-centered, che favorisce enormemente l’instaurazione di un forte legame di fiducia tra il paziente e l’infermiere dedicato, e permette il raggiungimento di un miglior outcome del paziente. MATERIALI E METODI Per ottenere una panoramica del territorio italiano, questa indagine conoscitiva è stata intrapresa in tre realtà ospedaliere in rappresentanza del nord, centro e sud Italia. I centri coinvolti sono: l’IRCCS Policlinico San Donato in San Donato Milanese (MI), l’Azienda Ospedaliera San Giovanni – Addolorata in Roma e l’Azienda Ospedaliera di rilievo Nazionale Antonio Cardarelli di Napoli. L’indagine è stata condotta utilizzando questionari anonimi di tre tipologie: rivolti agli infermieri, ai medici ed ai pazienti. Per rendere il campione omogeneo sono stati selezionati professionisti appartenenti alla stessa area specialistica, ovvero infermieri dell’Unità Operativa di Ortopedia, medici dell’area trasfusionale e pazienti sottoposti allo stesso intervento chirurgico in elezione: protesi di anca o revisione di protesi. Sono stati intervistati 50 infermieri, suddivisi in: 13 infermieri a Milano, 16 a Roma e 21 a Napoli. Il campione paziente consta invece di 27 soggetti prevalentemente di età compresa tra i 70 e i 90 anni e ne sono stati intervistati 12 a Milano, 10 a Roma e 5 a Napoli. I questionari rivolti ai medici dell’area trasfusionale, sono stati consegnati solo nelle strutture ospedaliere di Milano e Roma, rispettivamente 3 medici per ogni centro per un totale di 6 intervistati. I questionari sono costituiti da domande a risposta multipla, somministrati dal mese di Giugno al mese di Settembre 2014. RISULTATI Dai dati estrapolati dai questionari rivolti ad infermieri, medici e pazienti, appare subito chiaro come la figura della Coordinatrice del Sangue (o Bloodless Coordinator) sia poco conosciuta in Italia. Tra i professionisti infatti, degli infermieri solo il 16,3% è a conoscenza di questa nuova figura, dei medici invece, il campione si divide equamente tra coloro che la conoscono, quelli che ne hanno solo sentito parlare e chi non la conosce affatto. Il Bloodless Coordinator risulta infine sconosciuto al 77,8% dei pazienti. (figura 1) Figura 1. Grado di conoscenza del bloodless coordinator da parte degli infermieri delle strutture ospedaliere di Milano, Roma e Napoli Dopo essere stati aggiornati riguardo le competenze e l’ambito di azione del Bloodless Coordinator, il 92% degli infermieri intervistati ritiene che questa figura possa determinare benefici per il paziente e per le varie equipe infermieristiche che ruotano attorno al soggetto sottoposto ad intervento chirurgico in elezione. Indagando invece i benefici che questa figura potrebbe portare al bilancio economico della struttura sanitaria, i pareri non sono così netti: il 38% non sa effettuare una stima e quindi non è in grado di dare una risposta, il 32% ritiene che si determinerebbe un risparmio economico mentre il 30% è convinto che questa nuova figura costituisca invece una maggiore spesa per la struttura. (Figura 2)
  • 4. Figura 2. Utilità della figura del Bloodless Coordinator secondo gli infermieri intervistati nelle strutture di Milano, Roma e Napoli. Nonostante il 94% degli infermieri partecipanti dimostra una buona conoscenza delle tecniche alternative alla trasfusione ematica, il 78% sarebbe ulteriormente spronato ad approfondire le proprie conoscenze in campo trasfusionale approfittando delle competenze della Coordinatrice del Sangue. Infine riguardo le cause che si potrebbero ipotizzare circa la mancata introduzione di questa figura, il 54%, ritiene che la ragione sia da attribuire alla struttura sanitaria che preferisce un infermiere che lavori ancora per compiti e non per processi e che quindi non si valorizza l’autonomia, la competenza e la preparazione dei nuovi professionisti. Il 36% pensa che all’origine ci sia invece una mancanza di fondi e il 10% attribuisce la causa agli infermieri stessi che non vogliono assumere questo ruolo e le conseguenti maggiori responsabilità che ne derivano. Infine, nelle due domande che indagano l’applicazione dei metodi alternativi alle trasfusioni nella struttura di appartenenza, tutti gli intervistati affermano che tali metodiche sono applicate ma il 18% ritiene che non siano utilizzate abbastanza. La seconda categoria professionale indagata, quella dei medici, ritiene, nella totalità degli intervistati, che l’introduzione di questa figura professionale, determinerebbe un valido aiuto sia per i professionisti sanitari che per il paziente. Come già era stato evidenziato nel questionario rivolto agli infermieri, anche il 66,7% dei medici individua tra le cause da attribuire alla mancata introduzione del Bloodless Coordinator in Italia, il fatto che le strutture ospedaliere preferiscano ancora un infermiere che lavori per compiti e non per processi, non permettendo così a colleghi validi e competenti di godere della giusta autonomia, mentre il restante 33,3% ritiene che la causa sia legata ad un aspetto economico, ovvero ad una mancanza di fondi stanziati. (figura 3) Figura 3. Possibili cause mancata introduzione della figura della Coordinatrice del Sangue in Italia. Parere degli infermieri intervistati nelle strutture ospedaliere di Milano, Roma e Napoli Le domande riguardanti l’aspetto gestionale ed economico di un centro trasfusionale, hanno invece evidenziato come il centro dell’Azienda ospedaliera San Giovanni – Addolorata di Roma e quello dell’IRCCS Policlinico San Donato in San Donato Milanese, siano perfettamente in grado di soddisfare le richieste di sangue da trasfondere. A questo dato positivo, si contrappone però una scarsa attenzione alle tecniche alternative alla trasfusione o alle metodologie di risparmio sangue: solo uno degli intervistati ritiene che i metodi di risparmio sangue siano applicati a sufficienza nella
  • 5. struttura in cui lavora. Infine due soggetti appartenenti al campione milanese hanno stimato un risparmio del 30-40% del budget attuale, corrispondente a circa 300.000-400.000€, derivante da un sostanzioso calo delle trasfusioni. Dai questionari rivolti ai pazienti, si evince subito una preoccupazione dei soggetti intervistati nei confronti della possibilità di ricevere una trasfusione ematica. Sul totale dei pazienti, il 61,5% riferisce di essere in apprensione principalmente per paura di ricevere una trasfusione errata, il 26,9% teme di contrarre infezioni, e l’11,5% di accusare un malore in seguito alla trasfusione. Il 63% dei pazienti ha ricevuto informazioni circa le procedure esistenti per evitare la tecnica trasfusionale, che sono state fornite nel 58,8% dei casi dal medico e nell’11,8% dall’infermiere. Nel restante 29,4% dei casi, il medico ha spiegato le metodologie alternative alla trasfusione, ma il paziente si è poi rivolto all’infermiere per ottenere maggiori informazioni e chiarire alcuni dubbi. Solo un soggetto intervistato riferisce di non ricordare da quale figura ha ottenuto tali informazioni. Infine, nonostante la maggior parte dei pazienti, il 77,8%, non conosca la figura della Coordinatrice del Sangue, il 74,1% si approccerebbe con più serenità al panorama ospedaliero, alla chirurgia, alla pratica trasfusionale e alle sue alternative, se esistesse questa figura professionale specializzata. DISCUSSIONE Nonostante la scarsa conoscenza della figura della Coordinatrice del Sangue, gli infermieri si sono dimostrati entusiasti ed interessati, volenterosi di apprendere ulteriori informazioni ed incuriositi dalla ricerca. Rattrista il dato che mostra come, tra le possibili ragioni che spingono la sanità italiana a non introdurre il nuovo professionista, sia stata scelta dalla maggior parte, quella che ritiene ancora l’infermiere un lavoratore di “serie B”, legato ai compiti e non abituato a lavorare per processi, attività che invece sicuramente determina l’erogazione di una assistenza di maggiore qualità, come è stato dimostrato e documentato in letteratura ormai da tempo. I dati ottenuti dal questionario, hanno messo in luce le competenze, la professionalità e l’alto grado di preparazione posseduta dagli intervistati, nonché la volontà di apportare cambiamenti che determinano prima di tutto benefici nel paziente e nella sua gestione. Infine, nonostante nelle strutture ospedaliere prese in esame la maggior parte degli intervistati ritenga che le metodiche alternative alla trasfusione ematica siano utilizzate, bisognerebbe lavorare in modo che tali tecniche siano impiegate sistematicamente, per poter valutare in modo concreto i benefici derivati dall’applicazione delle strategie di Patient Blood Management. I risultati ottenuti dal questionario sottoposto ai pazienti sono incoraggianti: la maggior parte infatti vedrebbe l’introduzione di questa figura infermieristica in modo positivo, e si evidenzia come l’infermiere sia in grado di costruire un tale rapporto di fiducia con il paziente, che quest’ultimo è spinto a chiedere consiglio, informazioni e chiarimenti riguardo la pratica trasfusionale a cui potrebbe essere sottoposto o ai diversi metodi alternativi, proprio all’infermiere. Non stupisce la scarsa conoscenza della figura del Bloodless Coordinator tra gli intervistati, i quali si sono però dimostrati attenti e curiosi nei riguardi di questa novità. Infine, nella parte relativa alle domande poste al medico trasfusionale, si evidenzia l’autonomia delle strutture indagate, che sono in grado di soddisfare le richieste trasfusionali, aiutate anche dal Piano Nazionale introdotto dal Ministero della Salute, che periodicamente sviluppa una strategia di programmazione delle donazioni ed un meccanismo di compensazione tra regioni. Al tempo stesso, è impossibile non notare il grande risparmio economico derivante da un utilizzo sistematico di tecniche alternative alle trasfusioni ematiche, e l’ancor più grande beneficio per il paziente e per le diverse equipe coinvolte nell’assistenza, che non può essere quantificato economicamente. CONCLUSIONI La figura della Coordinatrice del Sangue soddisfa tutti: i benefici derivanti da una sua introduzione, sono molteplici ed abbracciano diversi aspetti, da quello prettamente assistenziale a quello economico. Il primo a beneficiare dell’attività del Bloodless Coordinator è sicuramente il paziente, che riceve una assistenza di qualità e vicina alle sue esigenze. Il malato è coinvolto nel proprio processo di guarigione, è informato circa le metodiche che possono essere applicate al suo caso, ed è seguito in ogni fase dalla pre-ospedalizzazione al follow-up. I professionisti sanitari ricaverebbero una grande utilità dall’introduzione della Coordinatrice del Sangue innanzitutto perché questo infermiere lavora come tramite tra le diverse equipe coinvolte nell’assistenza. Inoltre egli si occupa anche della formazione, non solo dei pazienti e dei familiari, ma anche dei colleghi infermieri, medici ed altri professionisti, superando in questo modo il divario tra le diverse figure e permettendo una collaborazione reale per il raggiungimento di un unico obiettivo: il bene per il paziente. La Coordinatrice del Sangue si interessa inoltre della redazione di protocolli e procedure basandosi sulle più recenti evidenze scientifiche, garantendo in questo modo una assistenza efficace ed efficiente. I colleghi poi, grazie al Bloodless Coordinator, sono spinti ad aumentare le proprie conoscenze e a partecipare con entusiasmo alle attività formative, determinando la creazione di una equipe affiatata, che si traduce in una migliore assistenza sanitaria.
  • 6. Infine questa figura determinerebbe un beneficio per la struttura ospedaliera che ne ricaverebbe un miglioramento della propria immagine e quindi del proprio prestigio tramite l’assunzione di una figura professionale all’avanguardia. In particolare poi, non è da sottovalutare il risparmio economico si ottiene da una corretta gestione del sangue e da un sistematico utilizzo dei metodi alternativi alla trasfusione. Sfruttando tali metodi, si elimina infatti anche il rischio di contrarre infezioni e di presentare complicanze legate alla trasfusione, il che determina una diminuzione della spesa legata ad una riduzione delle giornate di degenza. Occorrerebbe perciò utilizzare questa figura per portare l’assistenza sanitaria italiana a livelli di qualità elevati, al pari di altri Paesi, sfruttando il nostro personale sanitario di livello di istruzione elevato, capace e volenteroso, pronto a raccogliere questa sfida professionale.
  • 7. BIBLIOGRAFIA Anon., 2014. Administrative and Clinical Standards for Patient Blood Management Programs. [Online] Available at: http://www.sabm.org/publications. [Consultato il giorno 01 Marzo 2016]. Anon., 2014. Programma di Autosufficienza Nazionale del Sangue e dei suoi Prodotti. [Online] Available at: http://www.centronazionalesangue.it/pagine/autosufficienza. [Consultato il giorno 01 Marzo 2016]. Anon., 2015. Programma di Autosufficienza Nazionale del Sangue e dei suoi Prodotti.[Online] Available at: http://www.centronazionalesangue.it/pagine/autosufficienza. [Consultato il giorno 01 Marzo 2016]. Antonioli, 2014. Vertici di struttura consapevoli del ruolo chiave dei percorsi multidisciplinari. Sole 24 ore - Sanità, 13 - 19 Maggio. Jonsen A., Siegler M., Winslade W., 2003. Etica clinica. Un approccio pratico alle decisioni etiche in medicina clinica. V edizione a cura di Spagnolo A. G.:McGraw-Hill. Lawrence T., Goodnough. et al., 2003. Bloodless medicine: clinical care without allogeneic blood transfusion. Transfusion, 43(6), pp. 668-676. Nelson, 2005. Bloodless medicine – An exiting new field for nurses. AMN Healthcare[Online] Available at: http://www.nursezone.com/nursing-news-events/morefeatures/Bloodless Medicine%E2%80%94An-Exciting-New-Field-for-Nurses_20332.aspx [Consultato il giorno 31 Agosto 2015]. Temple University Hospital, 2014. Job profile Director Blood Management Program. Philadelphia: s.n. Vaglio S., Prisco D., Biancofiore G., et al., 2015. Raccomandazioni per l’implementazione del programma di Patient Blood Management. Applicazione in chirurgia ortopedica maggiore elettiva dell’adulto. I edizione. [Online] Available at: http://www.centronazionalesangue.it/notizie/patient-blood-management-000 [Consultato il giorno 01 Marzo 2016]. Valenti J., 2007. Can a bloodless surgery program work in the trauma setting?. Nursing, 37(3), pp. 54-56.