1. LEZIONI DI STORIA DELL’ARTE
DADA
e
DUCHAMP
(1887-1968)
Il Dada rifiuta ogni atteggiamento razionale,
e per poter continuare a produrre opere (d’arte) si affida ad un
meccanismo ben preciso: la casualità.
2. 1
Il Dada è un movimento artistico che
nasce in Svizzera, a Zurigo, nel 1916.
La situazione storica in cui il
movimento ha origine è quello della
Prima Guerra Mondiale, con un
gruppo di intellettuali europei che si
rifugiano in Svizzera per sfuggire alla
guerra. Il gruppo è formato da Hans
Arp, Tristan Tzara, Marcel Janco,
Richard Huelsenbeck, Hans Richter, e
il loro esordio ufficiale viene fissato al
5 febbraio 1916, giorno in cui fu
inaugurato il Cabaret Voltaire fondato
dal regista teatrale Hugo Ball.
Nasce per caso, nasce ma non è mai nato: è DADA.
3. 2 Le serate al Cabaret
Voltaire non sono molto
diverse dalle serate
organizzate dai futuristi:
in entrambe vi è l’intento
di stupire con
manifestazioni inusuali e
provocatorie, così da
proporre un’arte nuova
ed originale. Ed in effetti i
due movimenti,
futurismo e dada, hanno
diversi punti comuni
(quale l’intento
dissacratorio e la ricerca
di meccanismi nuovi del
fare arte) ma anche
qualche punto di
notevole differenza:
soprattutto il diverso
atteggiamento nei
confronti della guerra.
4. 3 La parola Dada, che
identificò il movimento, non
significava assolutamente
nulla, e già in ciò vi è una
prima caratteristica del
movimento: quella di
rifiutare ogni atteggiamento
razionalistico. Il rifiuto della
razionalità è provocatorio e
viene usato come una clava
per abbattere le
convenzioni borghesi
intorno all’arte. Pur di
rinnegare la razionalità i
Dada non rifiutano alcun
atteggiamento
dissacratorio, e tutti i mezzi
sono idonei per giungere al
loro fine ultimo: distruggere
l’arte.
6. 5
La vita del movimento è
breve (del resto non
poteva essere
diversamente) ma non le
idee Dada. La funzione
principale del Dada era
quello di distruggere una
concezione oramai vecchia
e desueta dell’arte. E
questa è una funzione che
svolge in maniera egregia,
ma per poter divenire
propositiva necessitava di
una trasformazione, e ciò
avvenne tra il 1922 e il
1924, quando molti artisti
Dada aderirono al nascente
Surrealismo.
7. 5
Il movimento, dopo il suo
esordio a Zurigo, si diffuse
ben presto in tutta Europa,
soprattutto in Germania e
quindi a Parigi. Benché il
Dada sia un movimento ben
circoscritto e definito in area
europea, vi è la tendenza di
far ricadere nel medesimo
ambito anche alcune
esperienze artistiche che,
negli stessi anni, ebbero
luogo a New York negli Stati
Uniti.
8. 7 La poetica del caso
Tristan Tzara descrive il
modo Dada di produrre una
poesia:
«Prendete un giornale. Prendete
delle forbici. Scegliete nel giornale
un articolo che abbia la lunghezza
che contate di dare al vostro
poema.
Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi
con cura ognuna delle parole che
formano questo articolo e
mettetele in un sacco. Agitate
piano.
Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno
dopo l’altro, disponendoli
nell’ordine in cui hanno lasciato il
sacco.
Copiate coscienziosamente. Il
poema vi assomiglierà.»
Ed eccovi "uno scrittore
infinitamente originale e d’una
sensibilità affascinante, sebbene
incompresa dall’uomo della strada".
9. 8
Hans Arp afferma:
«La legge del caso, che
racchiude in sé tutte le
leggi e resta a noi
incomprensibile come la
causa prima onde origina
la vita, può essere
conosciuta soltanto in un
completo abbandono
all’inconscio. Io affermo
che chi segue questa
legge creerà la vita vera e
propria».
10. 9
I «ready-made»
nascono ancor prima del
movimento Dada, dato che
il primo «ready-made» di
Duchamp, la ruota di
bicicletta, è del 1913. Essi
diventano, nell’ambito
dell’estetica Dada, uno dei
meccanismi di maggior
dissacrazione dei concetti
tradizionali dell’arte.
Soprattutto quando
Duchamp, nel 1917,
propose uno dei suoi più
noti «ready-made»:
Fontana.
11. 10
Con i «ready-made» si
ruppe il concetto per cui
l’arte era il prodotto di una
attività manuale coltivata e
ben finalizzata. Opera
d’arte poteva essere
qualsiasi cosa: posizione
che aveva la sua
conseguenza che nulla è
arte. Ma questa evidente
tautologia era superata dal
capire che, innanzitutto
l’arte non deve separarsi
altezzosamente dalla vita
reale ma confondersi con
questa, e che l’opera
dell’artista non consiste
nella sua abilità manuale,
ma nelle idee che riesce a
proporre.
12. 11
Abolendo qualsiasi
significato o valore alla
manualità dell’artista, l’artista
sempre che esso sia tale,
non è più colui che sa fare
delle cose con le proprie
mani, ma è colui che sa
proporre nuovi significati alle
cose, anche per quelle già
esistenti.
13. MARCEL DUCHAMP
LA PETICA DEL CASO E DEL CONCETTO
Il francese Marcel Duchamp
(1887-1968) viene
considerato uno dei maggiori
rappresentanti del Dada,
benché egli non abbia mai
accettato l’appartenenza a
questo gruppo.
La cosa, non deve stupire
affatto visto che la
personalità di Duchamp è
assolutamente impossibile
da inquadrare in un qualsiasi
schema di «normalità».
14. In realtà, è stato uno dei più grandi artisti del Novecento, proprio per il suo modo
di essere. Ha, di fatto, interpretato un nuovo modo di essere artista da intendersi
come intellettuale sempre pronto a proporsi in maniera inaspettata, anche solo
per il piacere di essere diverso dal «normale». Ha elevato l’anormalità, intesa
come rifiuto di qualsiasi norma, a pratica sia di arte che di vita.
Allevamento di polvere-1920
15. Dal 1904 a Parigi si
occupa di cose diverse:
esegue caricature per i
giornali, si interessa di
teatro, gioca a biliardo,
lavora presso una
biblioteca, viaggia in
automobile. Le sue prime
esperienze pittoriche
mostrano una facilità di
assimilazione delle
principali novità stilistiche
del momento: dal
neoimpressionismo al
fauvismo, dal simbolismo
al futurismo. Ma è
soprattutto nell’ambito del
cubismo che egli si muove
con maggior sicurezza.
16. Nell’opera pittorica del primo Duchamp vi sono diversi elementi che realmente
lo avvicinano al futurismo italiano. Tra questi vi è la predilezione per le
macchine e gli ingranaggi, che sono di ispirazione per opere quali la
«Macinatrice di cioccolato n. 2» o «Apparato scorrevole contenente un mulino
ad acqua in metalli vicini». Ma anche il tema della rappresentazione del
movimento, così caro ai futuristi, ispira alcune opere di Duchamp.
17. Nudo che scende le scale n. 2, 1912
L’opera provocò il distacco di
Duchamp dal movimento
cubista, ma nel contempo gli
diede fama in America.
L’opera, rifiutata al Salon des
Indépendants, fu inserita tra
quelle che, l’anno
successivo, furono inviate in
America per una esposizione
presso l’«Armoury Show».
Gli americani, all’oscuro delle
rivoluzioni artistiche che in
quegli anni si svolgevano in
Europa, rimasero confusi nel
vedere questi quadri, e
quello che più sconvolse il
pubblico fu proprio questa
tela di Duchamp.
18. Naturalmente dal punto di vista
concettuale Duchamp non
ignora i principi cubisti di
scomposizione della forma
secondo piani visivi e
rappresentazione di essi sulla
tela. Cubista è la tecnica che
prevede di suddividere la
superficie pittorica in tanti piani
che registrino ognuno una
diversa prospettiva spaziale.
Tuttavia, egli utilizza la
scomposizione per rendere la
dimensione temporale: il
movimento.
Questa visione rende il
soggetto(la donna
nuda)sgradito alla critica e
rompe con le abituali
convenzioni.
19. Nella capitale statunitense
Duchamp arriva nel 1915,
preceduto dalla notorietà
procuratagli dal «Nudo che
scende le scale n. 2».
In America entra in contatto con
il gallerista Alfred Stieglitz ma
soprattutto con Man Ray e
Francis Picabia, già conosciuto
a Parigi.
In questo periodo diviene
soprattutto un operatore
artistico, impegnato più come
consulente di collezionisti e
gallerie che non come artista.
La sua attività, pur saltuaria,
non perde mai il gusto della
provocazione e della scoperta.
Lavora alla realizzazione
dell’opera «Grande Vetro» fino
al 1923.
20. Opera dai significati complessi e di non facile descrizione, il Grande Vetro ha un titolo che dice
«La Sposa messa a nudo dai sui Scapoli, anche».
21. Nell’opera vi è un evidente
intento antologico, dato che
molti degli elementi che vi
compaiono erano già stati
utilizzati per opere precedenti.
In realtà questa è un’opera che
non assomiglia ad alcunché
prodotto in arte. È una specie di
rompicapo, creato forse apposta
per disorientare i critici
portandoli ad esercizi
interpretativi iperbolici come
salti mortali. Ma la impossibilità
di una lettura visiva diretta ci
esime, in linea con lo spirito
duchampiano, dal porci il
problema di cosa significa
quest’opera.
23. L'opera è composta da una vecchia porta di legno, velluto, ramoscelli, vetro,
linoleum, un motore elettrico alloggiato in una scatola di biscotti che ruota un
disco forato, un assortimento di luci, elementi fotografici e dipinti a mano che
formano il paesaggio e una forma femminile in pelle.
24. L'opera si presenta all'osservatore
come una porta in legno, ma se la si
esamina più da vicino si possono
individuare due spioncini attraverso i
quali è possibile spiare cosa c'è dietro.
All’interno è presente una costruzione
tridimensionale: una donna nuda
distesa su di un letto di rami secchi,
con le gambe spalancate a mostrare i
genitali, il volto non è visibile, con la
mano sinistra tiene sollevata una
lampada ad olio che emette luce, e
dietro di lei si apre un paesaggio
forestale montano con in lontananza
una cascata zampillante.
L'artista vi lavorò per circa venti anni
fino a poco prima della sua morte
senza parlarne mai a nessuno, in un
periodo in cui anche i suoi amici più
stretti erano convinti che egli avesse
abbandonato l'arte.
25. «La pittura non dovrebbe essere
solamente retinica o visiva;
dovrebbe aver a che fare con la
materia grigia della nostra
comprensione invece di essere
puramente visiva [...] Per
approccio retinico intendo il
piacere estetico che dipende
quasi esclusivamente dalla
sensibilità della retina senza
alcuna interpretazione
ausiliaria.»
26. Riproduzione fotografica della Gioconda
di Leonardo da Vinci alla quale sono
stati aggiunti provocatoriamente dei
baffi e un pizzetto. Il titolo è
sostanzialmente un gioco di parole:
L.H.O.O.Q.
(pronunciando in francese)
Elle a chaud au cul .
Opera manifesto contro il conformismo
che dissacrando uno dei miti artistici più
consolidati, non intende negare l'arte di
Leonardo ma rendergli omaggio, a
modo suo, mettendo in ridicolo gli
estimatori superficiali e ignoranti che
apprezzano la Gioconda solo perché
tutti dicono che è bella, conformandosi
acriticamente al gusto della
maggioranza.
27. In Mariée emergono tendenze
all’astrazione in una direzione
diversa, appare evidente il richiamo
alla pittura metafisica, alle forme dei
manichini dechirichiani calati entro
atmosfere stranianti e atemporali.
Lo stesso interesse per l’ingranaggio,
per il congegno meccanico, presente
in Mariée (sebbene declinato
diversamente), lo ritroviamo
nel Grande Vetro, inteso come un
elemento della realtà indagato nelle
sue componenti strutturali
intrinseche. È lo stesso spirito dei
primi ready made che si pongono
dichiaratamente al di fuori del criterio
meramente estetico, secondo
un’impostazione del tutto indifferente
a questa prospettiva, rappresentando
solo se stessi.
28. P. Haviland scriveva:
«viviamo nell’era delle
macchine. L’uomo ha
creato le macchine a sua
immagine e somiglianza.
Le membra si muovono, i
polmoni respirano, il cuore
batte, il sistema nervoso è
attraversato da impulsi
elettrici. Il grammofono
imita la sua voce, la
macchina fotografica imita
i suoi occhi. La macchina
è partenogenesi
dell’uomo»
29. Duchamp muore nel 1968 a Neuilly-sur-Seine e venne sepolto nel cimitero di Rouen.
Sulla sua tomba si legge l'epitaffio:
«D'ailleurs c'est toujours les autres qui meurent»
("D'altronde sono sempre gli altri che muoiono").
presentazione
a cura di
ANTONIO CURRELI