1. AL BIVIO DELLA VITA,PREVENIRE O CURARE?
Le mie uniche parole sono fiumi di lacrime piene di rabbia e tristezza. Galleggio nel mare che ogni giorno
creo con la forza dei rimpianti e rimorsi.
Rimpiango di non essere stata responsabile ed invece essermi abbandonata alla presunzione nel credermi
immune alle sfortune della vita, a cui io stessa ho dato vita. Ho mille rimorsi per aver scelto al bivio che ogni
giorno la possibilità di vivere mi poneva, il rischio; e ho rischiato fino a perdere totalmente il mio vivere.
Se qualcuno provasse a guardare dentro la mia mente, rivivrebbe un’unica scena del film della mia vita che
rimbomba come un’eco continuo: il mio corpo improvvisamente nel vuoto, l’elastico che legava la mia
lunga coda vola via, e porta con sè la mia vita. Non avevo il casco, ho sfidato la sorte e lei ha risposto con un
colpo secco, sulla mia testa.
E’ bastata una distrazione, un passo falso, per far cedere tutto il mio credermi superiore al destino
beffardo. E se spostasse l’obiettivo sul mio cuore verrebbe immerso da un flusso di luce buia, colma di
tristezza,angoscia, rimorsi,rimpianti,dolore.
Su questa sedia a rotelle,che adesso è la mia miglior nemica, non posso far altro che scrivere. Scrivere per
chi preferisce curare al prevenire, per invertire la loro scelta, per chi ha ancora la possibilità di essere
responsabile e cosciente.
Io ho perso il duello con la vita, o meglio, ho scelto di perdere lasciando ai margini della vita la mia spada ed
il mio scudo preferendo di combattere a mani nude.
Allora scrivo per essere la sveglia di chi si è immerso nell’irresponsabilità e nell’incoscienza, di come me ha
ceduto e cede alla superficialità; ricordando che le regole non sono un dovere, come tutti crediamo, che
dover indossare un casco o delle scarpe antinfortunistiche sul posto di lavoro, è un diritto: diritto alla vita.
Io l’ho accartocciato e ci ho giocato come una palla, di qua e di là. A me è finito di là.
Oggi sono morta, dentro. Un corpo paralizzato incapace di comunicare, le mie uniche parole sono lacrime
scritte. Ogni giorno, con le mie scelte, ho costruito ed infine ho aperto le porte della mia caverna. Sono in
un letargo infinito, e risento l’urlo di tre anni fa. Un urlo che continua silenzioso dentro me.