1. Liceo “Simone-Morea” – Conversano
Classe IV B Liceo Classico
BIANCO IPOCRITA
PROLOGO
Sottofondo musicale con suoni di un corteo reale di sciopero contro le morti sul
lavoro. Entrano marciando dalle quinte laterali gli scioperanti con tamburi,
megafoni, bandiere. I ragazzi indossano abiti da lavoro, elmetti, in mano alcuni
con oggetti simbolo, alcuni sono vestiti di nero, in tre invece indossano abiti
bianchi. Si riuniscono in posizione centrale disponendosi su più righe. La fila
centrale ha uno striscione con la scritta “BIANCO IPOCRITA”.
ATTO UNICO
SCENA 1
Musica: “A bocca chiusa” di D. Silvestri (instrumental)
(Il corteo si chiude a semicerchio , si abbassano lo striscione e le bandiere. Dal
corteo esce Leonardo, vestito di bianco che si porta sul proscenio)
Leondardo : (con una palla da calcio sotto il braccio) Sono nato il 7 aprile 2005,
due mesi prima del previsto, allora i miei genitori hanno deciso di chiamarmi
Leonardo…Forte come un leone! Questa forza la sento dentro di me quando
corro dietro al pallone; quando segno, la folla esulta: mi sento invincibile! (In
ginocchio, esulta) Liberooooo!
(Prende uno zaino da dietro le quinte e lo mette in spalla. Torna a centro scena) È
così che vorrei sentirmi sempre, anche a scuola, ma stare tra i banchi non è
proprio cosa per me! Poi, la mia occasione di riscatto: l’alternanza scuola lavoro.
È il mio primo giorno! (cambiando timbro di voce) “È qui dentro che metterete il
primo mattone per costruire il vostro futuro, è tutto nelle vostre mani”.
Forza, impegno e dedizione: è questo quello che ci chiedono! Mi sembra di
sentire il mio mister. (ride in modo sarcastico)
Ma forse non era abbastanza…Chissà cosa ho sbagliato e se davvero sono io
quello che ha sbagliato. Alla fine quella partita l’ho persa. (Calcia la palla dietro
le quinte poi camminando lentamente si siede davanti al corteo, a sinistra dello
striscione).
2. La musica continua salendo di volume, i ragazzi mimano il testo, fino a sfumare.
Suono di ambulanza.
Buio.
SCENA 2
Musica “Ovunque tu sarai” di Irama (versione violino)
Luana : ( In scena uno sgabello. Luana entra con una camicia, ago e filo tra le
mani e si siede) “Fai con calma, attenta a non pungerti!”. Me lo diceva sempre la
nonna guidando le mie mani, mentre mi insegnava a cucire. Andavo da lei tutti i
giovedì sera, ci sedevamo lì sul divano nel salotto e le ore passavano.
Nonna, la macchina da cucire non me la faceva usare per paura che mi facessi
male e quando io dicevo “ma nonna è più veloce!”, lei rispondeva sempre “e che
fretta c’è?”.
Ai miei vent’anni mia nonna se ne andò. Mi lasciò tutto ciò che aveva: la sua
macchina da cucire e i risparmi di una vita.
“Realizza i tuoi sogni”, mi diceva, e io ho realizzato il nostro o almeno ci ho
provato! (rivolge lo sguardo verso l’alto) Nonna…lo sai, ho aperto una sartoria!
Poi…mi sono innamorata, sono rimasta incinta! (si tocca la pancia) Per lei…qui,
dentro di me… ho pregato tutto il giorno, ma l’affitto del locale non si paga da
solo… Così, dopo il parto, ho chiuso la sartoria. Mio marito fa il pescatore, non
guadagna poi tanto… Perciò appena ho potuto lasciare la bambina al nido, mi
sono cercata un lavoro: “Cercasi operaia specializzata nel settore tessile” diceva
l’ annuncio… Perché no, mi sono detta…
Però nonna, non era come mi avevi insegnato tu. Otto ore di lavoro
pesantissime, circondata da tutte quelle macchine! Mi sono sentita una
macchina anch’io… Le manomettono lo sai? Per velocizzare la produzione! (con
tono amareggiato) Nonna la tua macchina da cucire non me la facevi usare. “Che
fretta c’è? mi dicevi sempre. “Cuci con calma, attenta a non pungerti”…
(La camicia che sta cucendo si macchia di sangue. Luana si alza e camminando
lentamente si siede al pubblico a destra dello striscione).
La musica continua salendo di volume, i ragazzi mimano il testo fino a sfumare.
Suono di ambulanza. Buio. Tolgo lo sgabello.
SCENA 3
Musica “Le tasche piene di sassi” di Jovanotti (instrumental)
Filippo: (indossa un elmetto da lavoro e porta una scala di legno sotto il braccio)
3. (Guardando verso l’alto) I grattacieli di Milano….! Il mio sogno: volevo fare
l’ingegnere! I miei amici mi dicevano ‘’Dai, esci un pò, stai sempre sui libri,
andiamoci a divertire, a ballare, a bere, un paio di ragazze…dai’’. Ma io, no, ero
solo un ragazzo con tante ambizioni … Poi quando avevo 19 anni, papà si è
ammalato. A casa c’era bisogno di almeno una persona che portasse lo stipendio,
così il cantiere è stata l’unica strada possibile. E’ vero, il lavoro è duro: inizio alle
6 di mattina; finisco quando sono sfinito, tardi, senza un orario fisso. Solo un
giorno a settimana per trascorrere un po’ di tempo con la famiglia, e poi adesso
ho una ragazza, bellissima! Le ho regalato un orsacchiotto, le piaceva così
tanto…è così dolce… (posa la scala)
(Prende dalla tasca il cellulare che squilla e lo mostra al pubblico): E’ il capo!?
Vorrà sicuramente che vada in cantiere anche oggi, ma no, no, non se ne parla,
adesso rispondo e glielo dico!
(Risponde alla chiamata) Buongiorno, mi dica. No guardi, io oggi non posso
propr-, ah un aumento dice? (rivolgendosi al pubblico) Si, si, allora va benissimo
posso venire anche adesso. D’accordo, arrivo subito. (rimette il cellulare in tasca)
Il denaro in più non si rifiuta mai, ho fatto bene ad accettare!
(Riprende la scala sotto il braccio e comincia a camminare)
(rassegnato) Si , non vedrò neanche oggi la mia famiglia, la mia fidanzata, ma in
fondo è per loro che lo faccio…
(Mette la scala in posizione verticale, la lascia cadere. Cade anche lui.)
Padre vestito di nero: Respira ancora! Fate qualcosa! Vi prego! Aiutatelo! (si
inginocchia a sinistra del ragazzo steso al suolo).
Madre vestita di nero: (coprendolo con un lenzuolo bianco) Mio figlio era
giovane, si sentiva immortale, pensava di poter cambiare il mondo... Ora ha
perso tutto, il denaro, la famiglia, gli amici, l’amore … (si inginocchia a destra
dietro il ragazzo).
Ragazza vestita di nero: (si inginocchia al centro, porta un peluche).
E l’unica cosa che conta davvero, la vita…
Aumento volume della canzone il cui testo viene mimato dai ragazzi.
Suono di ambulanza. Buio.
SCENA 4
I ragazzi del corteo, nuovamente in marcia, con i tre ragazzi vestiti di bianco che si
danno la mano in prima fila, intonano una canzone mentre vengono proiettate
immagini tratte dagli scioperi, delle vittime e dei luoghi reali di incidenti sul
lavoro. (testo e musica scritta dagli alunni)
4. Ho 16 anni, 37, 48
Un fratello, una madre, una figlia
Un pallone, un ago, una matita
Vedo una strada, uno stop, una foglia.
Difficile pensare che questa sia vita
Maledico quello Pseudo-Virgilio
causa del mio sanguinare
Privo del suo utile ausilio
ora mi trovo a non respirare.
Ho 16 anni, 37, 48
Impensabile come ultimo giorno
Inconcepibile un non-ritorno.
Per mio padre vale solo il mio sudore
Per mia madre l'educazione e il cuore
Marco mi chiama per fare casino
Per la scuola sono solo un burattino
Messo peggio della mia tuta consumata
La mia fatica alla fine è soltanto sprecata
Cosa abbiamo se non speranze vuote
Cosa siamo se non risorse ignote
Fuggir non si può
Se fossi stata io
Quale fine farò?
Non c'è alcun riavvio
Mi chiedo solo se
fosse stato diverso
mia mamma e mio papà
non mi avrebbero perso.
(I ragazzi stendono lo striscione per terra e tutti si prendono per mano).
FINE