2. Un nuovo modello di responsabilità per prevenire la commissione di reati all’interno degli enti collettivi e delle persone giuridiche è stato inserito nel nostro ordinamento con l’importante riforma che ha introdotto la cosiddetta responsabilità amministrativa degli enti collettivi per i reati commessi dai loro organi o dai loro sottoposti. Il D. Lgl. dell’08 giugno 2001 n. 231, che disciplina questa forma di responsabilità, dando attuazione alla legge delega del 29 settembre 2000 n. 330, costituisce, infatti, il risultato di un lungo iter che ha visto l’Italia inserirsi nel quadro internazionale della lotta contro la criminalità d’impresa, imponendo agli Stati aderenti l'assunzione di omogenei mezzi di repressione e prevenzione della criminalità che coinvolge l'economia e la finanza. Ratio ed obiettivi della normativa
3. Tale normativa segna il superamento del brocardo latino societas delinquere non potest . In particolare, essa mira a coinvolgere nella punizione di molteplici reati il patrimonio degli enti e conseguentemente gli interessi economici dei soci, i quali, prima dell'entrata in vigore della norma, non pativano conseguenze dalla realizzazione di illeciti commessi, con vantaggio della società, da amministratori e dipendenti, in base al principio della personalità della responsabilità penale, ex art. 27 della Costituzione
4. Ed infatti, sebbene, il legislatore italiano abbia preferito qualificare questa nuova forma di responsabilità come “amministrativa”, anziché come “penale”, al fine soprattutto di allentare le tensioni del mondo imprenditoriale, preoccupato per le eventuali ricadute economiche della riforma, tuttavia questa responsabilità dissimula la sua natura sostanzialmente penale: si può dunque, affermare che il d.lgs. 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità delle società di natura colposa (si parla della c.d. “colpa organizzativa”) nominalmente di tipo “amministrativo” ma con numerosi punti di contatto con una responsabilità di tipo “penale”, posto che il presupposto è dato dalla commissione di un reato e la sede in cui essa viene accertata è pur sempre il processo penale ( cfr. Cass. 30 gennaio 2006 ). Adesso è opportuno, dunque, tracciare un quadro sintetico delle caratteristiche fondamentali e dei presupposti applicativi essenziali dell’istituto in esame.
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8. C) Criteri di imputazione soggettiva Il modello di colpevolezza delineato risulta essere ritagliato sulle caratteristiche strutturali dell’ente , che a sua volta si inspira in larga misura al sistema dei compliance programs di origine nordamericana: cioè una colpevolezza concepita pur sempre come rimproverabilità soggettiva , ma connessa al fatto che “il reato dovrà costituire anche espressione della politica aziendale o quantomeno derivare da una colpa di organizzazione . In buona sostanza all’ente viene richiesta dunque l’adozione di modelli comportamentali specificamente calibrati sul rischio-reato, e cioè volti ad impedire, attraverso la fissazione di regole di condotta , la commissione di determinati reati. In altri termini, la colpevolezza della persona giuridica si configurerà quando il reato commesso da un suo organo o sottoposto rientra in una decisione imprenditoriale,ovvero esso è conseguenza del fatto che l’ente medesimo non si è dotato di un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati del tipo di quello verificatosi,o ancora che vi è stata al riguardo omessa o insufficiente vigilanza da parte degli organismi dotati di poteri di controllo
9. D) Autonomia della responsabilità dell’ente L’art. 8 del D. Lgs. 231/2001 introduce espressamente il principio dell’autonomia dell’ente, ed infatti esso recita: “La responsabilità dell'ente sussiste anche,quando: 1)l'autore del reato non e' stato identificato o non e' imputabile; 2)il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando e' concessa amnistia per un reato in relazione al quale e' prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione. L’ente può rinunciare all’amnistia
10. E) Ipotesi di reato La responsabilità amministrativa dell’ente non ha portata generale, ma è circoscritta alle ipotesi di reato per le quali è dal legislatore previsto in modo espresso. Delle quattro categorie di reati indicate nella legge n. 300/2000, il Governo ha preso in considerazione soltanto quelle indicate dagli artt. 24 (Indebita percezione di erogazioni pubbliche, Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico) e 25 (Concussione e Corruzione), evidenziando, nella relazione di accompagnamento al D. Lgs. n. 231/2001, la prevedibile estensione della disciplina in questione anche ad altre categorie di reati. In questi due articoli vi si fanno rientrare solo quei reati che producono offese a quell’ambito di beni o interessi, la cui protezione corrisponde agli obbiettivi specifici di tutela delle convenzioni europee oggetto della citata legge di ratifica
11. Tuttavia da subito si è avuto estensione di tale disciplina al reato di "falsità in monete in carte di pubblico credito e in valori di bollo" con l'introduzione dell'art. 25-bis (art. 6, Legge 23 Novembre 2001, n. 409) inoltre si è aggiunta altresì la riforma del diritto societario (D.Lgs. 61/2002) che, all'articolo 3, prevede esplicitamente, mediante l'introduzione del nuovo art. 25-ter, le ipotesi di reato. Ed ancora si sono aggiunti i delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (L. 14 gennaio 2003 n. 7, art. 3); i delitti contro la personalità individuale ( L. 11/08/2003 n. 228, art. 5) e gli abusi di mercato (L. 18 aprile 2005 n. 62, art. 9); il crimine organizzato transnazionale, che ha portato ad includere i reati quali l’associazione a delinquere, l’associazione mafiosa, l’associazione volta al traffico di droga e l’associazione volta al contrabbando (L. 16 marzo 2006, n. 146, artt. 3 e 10). Da ultimo il Decreto Legge 23 maggio 2008 n. 92 ha introdotto al D.lgl. 231/2001 l’art 24-bis, il quale disciplina i delitti informatici e il trattamento illecito di dati.