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Generalmente per peer-to-
  peer (o P2P), cioè rete
paritaria, si intende una rete
     informatica che non
 possiede nodi gerarchizzati
come client o server fissi ma
      un numero di nodi
   equivalenti, alias peer.

  Questo modello di rete è
  l'antitesi dell'architettura
          client-server.
        Mediante questa
   configurazione qualsiasi
nodo è in grado di avviare o
completare una transazione.
 L'esempio classico di P2P è
la rete per la condivisione di
    file detto File sharing.
Un esempio? Il protocollo
      NNTP utilizzato per il
  trasferimento delle notizie
       ARPANET, live chat
 decentralizzate o le BBS di
             Fido Net.
 Il termine frequentemente
    viene riferito alle reti di
     condivisione file come
     Gnutella, FastTrack, e
l'ormai defunto Napster che
forniscono il libero scambio
      di file tra i computer
      connessi a Internet.
      Utilizzi più innovativi
  prevedono l'utilizzo per la
diffusione di elevati flussi di
dati generati in tempo reale
       come per esempio
programmi televisivi o film.
La maggioranza dei
   programmi peer-to-peer
   garantisce un insieme di
     funzionalità minime:
   supporto multipiattaforma,
multiserver, multicanale: il
programma è compatibili con tutti i
sistemi operativi, server e dispositivi
hardware (PC, laptop portatili,
palmari, cellulari);
   supporto protocollo IPv6;
   download dello stesso file da più
reti contemporaneamente;
   offuscamento dell'ID di rete;
   offuscamento del protocollo P2P;
   supporto proxy e Tor;
   supporto crittografia SSL;
   gestione da remoto, sia da
PC/notebook che da cellulari e
palmari.
   assegnazione di una priorità delle
fonti, privilegiando quelle con
connessione a banda larga (ad
esempio, BitTyrant per i file torrent).
Alcune reti e canali, come per
esempio Napster, OpenNap o IRC
usano il modello client-server per
  alcuni compiti (per esempio la
ricerca) e il modello p2p per tutti
gli altri. Questa doppia presenza
di modelli fa sì che tali reti siano
           definite "ibride".
   Quando il termine p2p venne
 utilizzato per descrivere la rete
 Napster, implicava la natura del
protocollo, ma in realtà la grande
conquista di Napster fu quella di
mettere tutti i computer collegati
 sullo stesso piano. Il protocollo
   "peer" era il modo giusto per
             realizzarlo.
  Reti come Gnutella o Freenet,
  vengono definite come il vero
 modello di rete peer-to-peer in
 quanto utilizzano una struttura
   peer-to-peer per tutti i tipi di
transazione, e per questo motivo
     vengono definite "pure“.
Dalle indagini di riviste di
computer e dalle lamentele degli
      utenti nei forum, blog,
 newsgroup e delle associazioni
  dei consumatori si è scoperto
 che i provider italiani limitano il
   traffico P2P. In particolare,
    Fastweb, SiAdsl, Vodafone
    (mobile), Alice e Tiscali si
oppongono duramente ad esso e
     cercano il più possibile di
bloccarlo (in particolare Fastweb,
   ha bisogno di configurazioni
   aggiuntive sui client P2P). I
provider Libero, Tele2 e Ngi sono
 invece meno contrari al traffico
 P2P e non lo bloccano se non in
casi particolari (Libero permette
però il traffico P2P solo sulle reti
    non unbundling). Infine, i
provider Aruba, Mc-link e Wooow
     non esprimono la propria
     opinione sul problema, e
      concedono il P2P senza
            limitazioni.
I tipi di file maggiormente
condivisi in questa rete sono gli
  mp3, o file musicali, e i DivX i
 file contenenti i film. Questo ha
     portato molti, soprattutto le
     compagnie discografiche e i
media, ad affermare che queste
 reti sarebbero potute diventare
      una minaccia contro i loro
       interessi e il loro modello
   industriale. Di conseguenza il
        peer-to-peer divenne il
         bersaglio legale delle
   organizzazioni che riuniscono
queste aziende, come la RIAA e
la MPAA. Per esempio il servizio
 di Napster venne chiuso da una
 causa intentata dalla RIAA. Sia
    la RIAA che la MPAA spesero
    ingenti quantità di denaro al
fine di convincere i legislatori ad
     approvare restrizioni legali.
La manifestazione più estrema
di questi sforzi risale al gennaio
2003, quando venne introdotto,
   negli U.S.A., un disegno di
     legge dal senatore della
 California Berman nel quale si
 garantivano, al detentore del
   copyright, i diritti legali per
     fermare i computer che
distribuivano materiale tutelato
dai diritti d'autore. Il disegno di
  legge venne respinto da una
    commissione governativa
   Statunitense nel 2002, ma
    Berman lo ripropose nella
        sessione del 2003.
Nel 2004 la "Legge Urbani" nella
quale viene sancita la possibilità di
 incorrere in sanzioni penali anche
    per chi fa esclusivamente uso
       personale di file protetti.
 Il 31 marzo 2005 fu approvata la
    legge n. 43 che ripristinava lo
  scopo di lucro in luogo del trarne
profitto ed inserì due commi (a-bis
       e uno dopo la lettera f),
   nell'articolo 171 della legge sul
diritto d'autore, che, pur lasciando
queste violazioni nel campo penale,
      eliminano la "detenzione".
Però nel 2007 la III sezione penale
  della Cassazione con la sentenza
   numero 149/2007, ha accolto il
ricorso presentato da due studenti
 torinesi, condannati in appello ad
 una pena detentiva, sostituita da
un’ammenda, per avere «duplicato
     abusivamente e distribuito»
 programmi illecitamente duplicati,
   giochi per psx, video cd e film,
 «immagazzinandoli» su un server
del tipo Ftp (File transfer protocol).
Oltre agli attacchi che una rete
    aperta può subire, anche i
computer che ad essa accedono
    possono essere soggetti a
   problematiche di security e
  privacy. Per la stessa filosofia
del P2P quasi tutti i programmi
di file-sharing richiedono per la
  sopravvivenza del sistema di
 avere sul proprio computer dei
     file condivisi e che quindi
 possano essere a disposizione
     degli utenti che ne fanno
richiesta. Questo implica da un
 lato la condivisione di un’area
 del disco sulla quale mettere i
   file a disposizione, dall’altro
 consentire il libero accesso ad
 alcune porte del computer. Già
di per sé questo porta ad avere
   un aumento dei problemi di
security, in quanto chiunque ha
    la possibilità di entrare su
            quelle porte.
Se poi si considera l’enorme
incremento degli utenti e l’utilizzo di
     linee a banda larga, ormai alla
portata di tutti, questi problemi, che
        una volta potevano essere
trascurabili, diventano prioritari. Ciò
    rende fondamentale l’utilizzo di
   sistemi di difesa come antivirus,
firewall, programmi di pulizia dei file
     di registro e di rimozione degli
    agenti infettivi: virus, spyware,
            trojan o malware.
             Infatti gli hacker
malintenzionati,Black Hat, sfruttano
 queste tipo di reti per mandare dei
 virus o degli spyware agli utenti dei
  programmi P2P, infatti essi creano
dei programmi eseguibili infettati e li
               condividono.
   Più recenti sono i casi di musiche
    MP3 infettate, una volta aperte
      costringono il programma per
 ascoltare musiche audio a scaricare
  un "aggiornamento" che contiene
             invece dei virus.
È fondamentale poi, a salvaguardia
 della privacy, la propria attenzione
nell’evitare di condividere porzioni di
 disco nelle quali incautamente sono
    stati depositati dati personali o
  aziendali (nel caso di chi utilizza il
 computer dell’ufficio), riferimenti a
   conti correnti o a password. Una
   frase diventata famosa riassume
        bene il concetto: “inutile
criminalizzare sistemi di file-sharing,
     nati proprio come strumento
collaborativo, laddove è assente una
  politica aziendale improntata alla
      sicurezza e alla conoscenza”
(pubblicato sul Punto Informatico del
           29 ottobre 2004).
BitTorrent (BT) è ritenuto un
     protocollo p2p finalizzato alla
distribuzione e condivisione di file in
   rete (anche se in realtà non è un
vero e proprio protocollo in quanto è
 presente un server). Sviluppato da
         Bram Cohen nel 2002
  originariamente fu rilasciato sotto
licenza MIT (Massachusetts Institute
  of Technology), dal 2005 la licenza
    diventa BitTorrent Open Source
                License.

 Rispetto ai tradizionali sistemi file
    sharing, BitTorrent ha come
   obiettivo quello di realizzare e
  fornire un sistema efficiente per
  distribuire il file su un maggiore
numero di utenti sia in download sia
              in upload.
Tra BitTorrent e gli altri sistemi p2p ci
        sono 2 principali differenze:
   1- BitTorrent non ricerca i file per
 nome, l'utente deve prima prelevare
da un sito web apposito il file .torrent
    2- BitTorrent non tenta affatto di
nascondere l'ultimo host responsabile
della disponibilità di un dato file: una
       persona che desidera rendere
 disponibile un file infatti deve prima
    eseguire un server traccia su uno
  specifico host (o serie) e distribuire
l'indirizzo della traccia (o gli indirizzi)
               in un file .torrent
Uno dei grossi svantaggi invece e che
    i file muoiono con molta facilità a
causa dell'obiettivo che si è prefissato
Cohen, ovvero quello di diffondere file
          piuttosto che condividerli.
       Con BitTorrent è più semplice
   scaricare file protetti da copyright
(attraverso il seeding (inseminazione)
 il protocollo scarica la responsabilità
 su altri protocolli), mentre con i p2p
tradizionali, a causa della loro natura
      più individualista questo non è
                   possibile.
Il metodo adoperato da BitTorrent per
la distribuzione dei file somiglia molto
a quella che viene adoperata dalle reti
       eDonkey e Kad, ma oltre alle
    similitudini presenta anche tante
                 differenze:
    - Con BitTorrent gli scambi sono
      sempre molto veloci per tutti i
               partecipanti;
     - Con eMule il nodo condivide e
  scarica una grande quantità di dati
 senza alcun bilanciamento fra i nodi
                  presenti
  - standard protocollo eDonkey/Kad
causa bassa “leech resistance” (utenti
              sanguisughe);
    - grazie all'assenza dei crediti, in
    BitTorrent, è possibile avere una
   buona velocità in download sin da
 subito (per chi ha una connessione a
   banda larga), in eMule questo non
                  avviene;
 - i file su BitTorrent sono destinati a
    morire prima dei file condivisi su
                    eMule
BitTorrent, per la sua natura
    trasparente e per il risparmio di
 banda, probabilmente è il protocollo
più adoperato a livello di condivisione
dei file per scopi legali (GNU/Linux –
    trailer cinematografici) anche se
   nell'ultimo periodo viene utilizzato
   anche per scambio di file musicali,
 film e software coperti da copyright.
   Un problema di BitTorrent è la non
  implementazione dell'occultamento
   degli utilizzatori, per cui la privacy
dell'utente finale non viene tutelata e
    perciò soggetto a violazioni della
   propria privacy da parte di società
                spia anti p2p
The Pirate Bay (in italiano La baia dei
pirati) nasce in Svezia il 21 novembre
2003, per mano di Gottfrid Svartholm,
Fredrik Neij e Peter Sunde con
l'obiettivo di diventare il tracker più
importante a livello mondiale
sull'indicizzazione dei file .torrent.

Fin dalla nascita, il sito e la dirigenza
vengono presi di mira, in particolar
modo dalle case discografiche, in
quanto distribuendo torrent senza
alcun tipo di regolamentazione violano
le leggi sui diritti d'autore. Tra le varie
società che hanno aperto controversie
giudiziarie contro The Pirate Bay
segnalo:
Microsoft, Apple, Dreamworks, EA
Games, Sublimal Sounds, Uppsala
Universetet, ADV Films, SEGA, White
Stripes, Warner Bros, iRacing,
Linotype, Governo Svedese e Governo
Italiano

I titolari di The Pirate Bay subiscono
per questa causa vari processi e, nel
Marzo 2006, rischiano il collasso e la
perdita di tutto a causa dell'arresto di
alcuni componenti dello staff e del
sequestro di tutti i server.
Tra i vari processi, sicuramente
quello più significativo è quello che i
titolari di The Pirate Bay subiscono
nell'aprile del 2009 quando vengono
condannati dal Tribunale di
Stoccolma per complicità in
violazione della legge sul diritto
d'autore con la detenzione per un
anno ai quattro condannati (infatti
oltre ai tre fondatori viene
condannato Carl Lundstrm, reo di
aver investito sul sito) e con un
ammenda di circa tre milioni di euro
da versare alle varie industrie
discografiche, cinematografiche e di
videogiochi.
Naturalmente i quattro condannati
hanno annunciato il ricorso in
appello che è stato spostato
all'estate del 2010 a causa di
un'anomalia riguardante uno dei
giudici che avrebbero presieduto la
corte (pare infatti che uno dei giudici
abbia a che fare con Spotify, azienda
legata al servizio legale di streaming
online)
Oltre ai vari processi che The
Pirate Bay ha subito nel corso
degli anni, sicuramente
nell'ultimo periodo (in particolar
modo nel 2009) ha subito vari
attacchi su vari fronti. Per
esempio, per cercare di salvarsi
da una probabile chiusura (la
corte distrettuale svedese ha
costretto due provider a cessare
la fornitura dei servizi a The
Pirate Bay), questa ha spostato
fisicamente i propri server in
Ucraina, dove le leggi sul diritto
d'autore sono molto più
permissive (sul proprio suolo
sono già presenti i server di
Demonoid, altro nome
importante nell'ambito del file
sharing) rispetto all'asfissiante
morsa che la legislatura
scandinava propone.
Un altro colpo ricevuto è
sicuramente quello ricevuto da
Google, che ha escluso
l'homepage dai risultati delle
ricerche, così da non
permettere l'accesso agli utenti
all'homepage del sito. Google
ha giustificato questa mancanza
con un errore a livello
procedurale ma uno dei
fondatori, Peter Sunde, ha
accusato senza mezzi termini
Google di limitare la libertà di
espressione mettendo delle
censure tra i risultati delle
proprie ricerche
Tra i vari progetti (andati in porto o non)
  di The Pirate Bay, meritano citazione la
      tentata acquisizione nel 2006 del
  principato di Sealand, con l'obiettivo di
farne un baluardo del p2p libero e legale.
 Il tentativo di acquisizione però fallisce a
     causa del disinteresse mostrato dal
proprietario nei confronti di The Pirate Bay
  e ancora oggi sono in cerca di un luogo
                 alternativo.

 Un altro progetto importante riguarda la
creazione di un portale di nome Playable,
nel quale è possibile scaricare liberamente
 opere protette da diritto d'autore, a un
     prezzo mensile che viene scelto
          liberamente dall'utente

    Il futuro di The Pirate Bay però non
 sembra essere molto roseo, ma non per i
problemi citati in precedenza, ma a causa
 della cessione della stessa a favore della
Global Gaming Factory di cui fa parte Hans
     Pandeya (amministratore delegato
 dell'azienda) per circa 8 milioni di dollari
con una società che produce mediamente
  un fatturato annuale di 800mila dollari.
  Oltre a The Pirate Bay, infatti, Pandeya
  stava cercando finanziamenti per circa
  14milioni di dollari per l'acquisizione di
   Peerialism, società che sviluppa una
           speciale tecnologia p2p.
Ma i problemi principali sono
             due:

   La mancanza di certezze sugli
investitori (infatti Pandeya ha
dichiarato che gli investitori si
erano tirati indietro ma che
nonostante tutto ha assicurato
di averne trovato di nuovi (il
tutto naturalmente top secret));
l'unico nome è quello di John
Fanning, co-fondatore di
Napster, che però nega ogni
coinvolgimento al progetto di
Pandeya.
  Pandeya deve pagare delle
tasse arretrate al governo
svedese, in più l'ex CTO
(manager di primo livello della
GGF) chiede a Pandeya e alla
società di aumentare di molto il
fatturato di 800mila dollari
E in Italia quale è la situazione?

Attualmente da The Pirate Bay
è possibile scaricare tutto il
materiale anche se è stato
fortemente dimezzato a livello
di fonti.

Anche in Italia c'è stato il blocco
dell'accesso sul sito (10 agosto
2008) da parte del sostituto
procuratore di Bergamo, ma nel
settembre dello stesso anno il
tribunale di Bergamo accoglie il
ricorso degli avvocati di The
Pirate Bay revocando il
provvedimento di sequestro
preventivo, anche se già prima
di questa data il sito aveva
costruito un nuovo dominio così
da ristabilire la raggiungibilità
con gli utenti italiani.
Michel Bauwens sull’ economia
P2P guardando alle opportunità
che l’economia P2P fornisce in
rapporto ai nuovi mercati creati
dal surplus informativo, alle
tecnologie distribuite e a quei
settori in cui il processo di
progettazione è separato da
quello di produzione.
Il P2P, come nuova forza
economica può emergere dove i
capitali finanziari possono
essere distribuiti. Iniziative
come la banca ZOPA puntano in
questa direzione. L’acquisto
cooperativo e l’uso di grandi
capitali sono una possibilità. Il
supporto di stato e lo sviluppo
open source sono un altro
esempio.
Il P2P può essere aumentato e
sostenuto attraverso
l’introduzione di un reddito di
base universale.
Questo è realmente possibile?
Quali sono i fondamenti politici
ed economici che permettono la
realizzazione di questa visione ?
Quali sono i pro e i contro del
modello economico P2P ?
Queste ed altre sono le
domande alle quali Michel
Bauwens tenta di rispondere.
Michel Bauwens (1958) è un
filosofo belga e teorico del Peer-
to-Peer. Ha lavorato come
consulente Internet,
information analyst per la
United States Information
Agency, information manager
per British Petroleum (dove ha
creato uno dei primi centri di
informazione virtuale), ed è ex
editor-in-chief del primo
magazine per la convergenza
digitale Europea Wave. Con
Frank Theys, è il co-creatore di
di un documentario di tre ore
TechnoCalyps,
un’esamina della 'metafisica
della tecnologia'. Ha curato due
antologie in lingua francese
sulla Antropologia della Società
Digitale.
Gli scambi P2P possono essere
considerati in termini di
mercato solo nel senso che gli
individui sono liberi di
contribuire, prendere quello di
cui hanno bisogno, seguire le
inclinazioni individuali, con una
mano invisibile che mette tutto
insieme ma senza alcun
meccanismo monetario.
Non esistono mercati reali:
Non sono richiesti prezzi di mercato,
né decisioni manageriali per
decidere a chi vanno le risorse:

o I mercati non funzionano secondo i criteri
dell’intelligenza collettiva, ma piuttosto nella forma
di uno sciame di insetti. Tutti hanno la loro
autonomia in un ambiente distribuito, ma ogni
individuo può vedere solo il suo beneficio
immediato.
o I mercati sono basati su di una cooperazione
“neutrale”, e non sulla sinergia cooperativa: non è
creata nessuna reciprocità
o I mercati funzionano per lo scambio di valore e
di profitto , non direttamente per il valore d’uso.
o Mentre l’obiettivo del P2P è la piena
partecipazione, i mercati soddisfano solo il bisogno
di coloro che hanno un potere di acquisto.


Gli svantaggi dei mercati includono:

o Non funzionano bene per i bisogni comuni che
non coinvolgono il pagamento diretto (difesa
nazionale, politica generale, educazione e salute
pubblica).
o In aggiunta non tengono conto di esternalità
negative (l’ambiente, i costi sociali, le generazioni
future).
o Dal momento che i mercati aperti tendono ad
abbassare i profitti danno sempre la spinta alla
crescita di anti-mercati in cui oligopoli e monopoli
tendono a manipolare il mercato a loro beneficio.
Nonostante le differenze
significative, il P2P e il mercato
capitalista sono altamente
interconnessi. Il P2P dipende
dal mercato e il mercato
dipende dal P2P.

La produzione Peer dipende
altamente dal mercato che
produce valore d’uso attraverso
una produzione per la maggior
parte immateriale, senza che
venga fornito direttamente un
reddito ai produttori.

I Participanti non possono
vivere della produzione peer,
nonostante ottengano significati
e valori da essa e nonostante
essa possa essere più efficiente
e produttiva del normale
mercato.
La produzione peer copre solo
una parte della produzione,
mentre il mercato copre tutte le
sezioni.
Ma anche i mercati e il
capitalismo sono dipendenti dal
P2P.
Il capitalismo è diventato un
sistema che si affida ai network
distribuiti, in particolare alle
infrastrutture P2P per quanto
riguarda l’informatica e la
comunicazione. La produttività
dipende da team di lavoro
cooperativi, spesso organizzati
in modi derivati dalla modalità
di produzione peer. Il supporto
dato dalle grandi compagnie IT
allo sviluppo open source
testimonia l’uso derivato da
questi regimi di proprietà
comune.
Il modello generale di business
si basa sulle infrastrutture P2P e
crea un valore di surplus che
può essere pacchettizzato per lo
scambio di valore. Comunque il
supporto al software libero e
open source da parte delle
aziende pone dei problemi
interessanti.

Quando un software FS/OS è
sponsorizzato o gestito da
un’azienda si può parlare
ancora di P2P?. Solo
parzialmente.

Se utilizza le strutture legali
GPL/OSI risulta come regime di
proprietà comune. Se i
produttori dipendono da un
reddito, o se la produzione
subisce una gerarchia
aziendale, non si può più
parlare di produzione peer.
Dobbiamo dire che quando l’intera
struttura sottostante del capitalismo
diviene distribuita genera pratiche
P2P e dipende da esse.
La scuola italo-francese di
‘capitalismo cognitivo’ afferma che il
valore della creazione non è più
confinato all’impresa, ma appartiene
all’intellettualità di massa dei
lavoratori della conoscenza, che,
attraverso la loro esperienza di
apprendimento permanente e la
connettività sistemica, innovano
costantemente all’interno o
all’esterno dell’azienda.

Questo è un argomento importante,
dal momento che giustificherebbe
quella che noi vediamo come unica
soluzione per l’espansione della
sfera P2P all’interno della società: il
reddito di base universale. Solo
l’indipendenza del lavoro e la
struttura del salario possono
garantire che i produttori peer
possano continuare a creare questa
sfera di valore d’uso altamente
produttiva.
La produzione peer copre solo
una parte della produzione,
mentre il mercato copre tutte le
sezioni.
Ma anche i mercati e il
capitalismo sono dipendenti dal
P2P.
Il capitalismo è diventato un
sistema che si affida ai network
distribuiti, in particolare alle
infrastrutture P2P per quanto
riguarda l’informatica e la
comunicazione. La produttività
dipende da team di lavoro
cooperativi, spesso organizzati
in modi derivati dalla modalità
di produzione peer. Il supporto
dato dalle grandi compagnie IT
allo sviluppo open source
testimonia l’uso derivato da
questi regimi di proprietà
comune.
Più importante della relazione che
abbiamo trattato precedentemente,è
il fatto che i processi peer to peer
contribuiscono anche a forme più
specifiche di capitalismo distribuito.

L’uso massiccio di software open
source nel business,
supportato entusiasticamente da
capitali e grandi compagnie IT come
IBM, sta creando una piattaforma
software distribuita che taglierà
drasticamente gli affitti monopolistici
di compagnie come Microsoft e
Oracle, mentre
Skype e il VoIP redistribuiranno
drasticamente l’infrastruttura di
telecomunicazione.

In aggiunta, questo evidenzia un
nuovo modello di business che va
oltre i prodotti e si focalizza sui
servizi associati con i modelli
software nominalmente free FS/OS
Le forze per il profitto che stanno
costruendo ed abilitando queste
nuove piattaforme di partecipazione
rappresentano una nuova
sottoclasse, che io chiamo classe
netarchica. Se il capitalismo
cognitivo è definito dall’importanza
degli assetti intellettuali nei
confronti degli assetti industriali del
capitale fisso, e dall’affidabilità di
un’estensione dei diritti IP per
stabilire affitti monopolistici (come i
capitalisti vettoriali descritti da
Mackenzie Wark) ne deriva che
questi nuovi capitalisti netarchici
prosperano in base allo sviluppo di
network partecipatori.

E’ significativo che Amazon
costruisca se stessa attorno alle
recensioni degli utenti, eBay viva su
di una piattaforma di acquisti
distribuiti in tutto il mondo e Google
sia costituito da contenuto generato
dagli utenti.
Comunque, sebbene queste
compagnie si affidino ai diritti IP, il
loro potere dipende dalla proprietà
della piattaforma.

In modo più esteso, il capitalismo
netarchico è una parte del capitale
che abbraccia la rivoluzione peer. E’
la forza dietro all’immanenza peer to
peer. All’opposto, sebbene collegate
con un’allenaza temporanea,sono le
forze del Common-ism, che
inseriscono il loro destino nella
trascendenza del peer to peer, in
una riforma dell’economia politica
che va oltre il dominio del mercato.
Il P2P ha importanti aspetti trascendenti
che vanno oltre i limiti dell’economia del
profitto:

• La produzione peer permette efficacemente la
libera cooperazione di produttori che hanno
accesso ai loro significati di produzione
• E il risultante valore d’uso dei progetti supera le
alternative per il profitto.

Storicamente, sebbene le forze di alta
produttività possano essere
temporaneamente inserite in vecchi
sistemi produttivi, queste conducono a
profondi sconvolgimenti dell’economia
politica. La nascita di modelli capitalistici
all’interno del sistema feudale rappresenta
un caso. Questo è particolarmente
significativo perchè settori leader
dell’economia di profitto stanno
deliberatamente abbassando la loro
crescita produttiva (nella musica
attraverso i brevetti) e provando a
legiferare la produzione P2P e le pratiche
di condivisione:

   * il sistema di governo peer trascende sia
l’autorità del mercato che lo stato
   * le nuove forme di proprietà comune universale
trascendono i limiti sia dei modelli privati che
pubblici e stanno ricostituendo i campi dinamici dei
Commons
L’emergere del P2P è pertanto
accompagnato da una nuova
etnia di lavoratori (Etica Hacker
di Pekka Himanen), da nuove
pratiche culturali come circoli
peer in ricerche spirituali , ma
soprattutto da un nuovo
movimento sociale e politico, il
cui intento è promuovere la sua
espansione.

Questo movimento P2P ancora
nascente, (che include il
movimento Free Software e
Open Source, il movimento
open access, il movimento free
culture e altri) riflette gli
obiettivi di un movimento di che
va oltre la gobalizzazione, e sta
divenendo l’equivalente del
movimento socialista nell’età
industriale.
Si erge come alternativa
permanente allo status quo, ed è
espressione di una crescita di una
nuova forza sociale: i lavoratori della
conoscenza.

Infatti, l’obiettivo della teoria peer è
dare una spiegazione teorica alle
pratiche trasformative di questo
movimento. E’ il tentativo di far
comprendere un nuovo tipo di
società, basata sulla centralità dei
Commons, e all’interno di un
mercato riformato è una possibilità.

Tale teoria dovrebbe spiegare non
solo la dinamica dei processi peer,
ma anche come si adattano alle altre
dinamiche intersoggettive. Per
esempio il rapporto tra il P2P e i
modelli di reciprocità, i modelli di
mercato e i modelli di gerarchia; su
quali trasformazioni ontologiche,
epistemologiche e assiologiche
questa evoluzione si basa; e che
cosa un’etica P2P può ottenere.
Data la dipendenza del P2P dal
modello di mercato esistente,
quali sono le possibilità che vada
oltre la sfera esistente delle merci
immateriali?

   Il P2P può emergere non solo nella sfera
immateriale della produzione software e
intellettuale, ma dovunque ci sia accesso ad
una tecnologia distribuita: telecomunicazioni
distribuite e ogni tipo di comunicazione
virale.
   Il P2P può crescere dove sono disponibili
altre forme di capitale fisso distribuito: è il
caso della “condivisione della macchina”, che
è il secondo modello di trasporto più
utilizzato negli Stati Uniti.
   Il P2P può crescere dove il processo di
progettazione è separato da quello di
produzione fisica. I grandi capitali per la
produzione possono coesistere affidandosi ai
processi P2P per la progettazione.
   Il P2P può crescere dove i capitali
finanziari possono essere distribuiti come nel
caso della banca ZOPA. Gli acquisti
cooperativi, l’uso di merci ad alto capitale, il
supporto dello stato e fondi per lo sviluppo
open source sono un altro esempio.
   Il P2P potrebbe espandersi e sostenersi
attraverso l’introduzione di un reddito di
base universale
Quest’ultimo che crea un lavoro
salariato ed un reddito indipendente
ha la potenzialità di sostenere un
ulteriore sviluppo del valore d’uso
generato dal P2P. Attraverso un’etica
di 'piena attività’ (piuttosto che di
pieno impiego) il reddito di base
viene giustificato: non solo è efficace
in termini di povertà e
disoccupazione, ma ha un
importante valore d’uso per la
comunità umana.

Comunque, mentre è difficile vedere
quanto la produzione del valore
d’uso e lo scambio possa essere la
sola forma di produzione, è più
realistico vedere il peer to peer
come parte del processo di scambio.
In questo scenario il peer to peer
potrebbe coesistere e trasformare
profondamente altri modelli
intersoggettivi.
Un’economia politica basata sui
Commons dovrebbe essere centrata
attorno al peer to peer e coesistere
con:

      Una sfera potente di reciprocità
(economia del dono) centrata attorno
all’introduzione di valute complementari
basate sul tempo.

    Una sfera riformata per lo scambio di
mercato, il tipo di ‘capitalismo naturale’
descritto da Paul Hawken, David Korten e
Hazel Henderson,

      Dove i costi della riproduzione
sociale e naturale non sono più
esternalizzati e abbandonano l’imperativo
di crescita per un nuovo tipo di economia
come descritto da Herman Daly.

      Uno stato riformato che funziona
all’interno di uno stato di azionisti multipli,
non più sottomesso agli interessi delle
grandi aziende, ma che agisce come
arbitro tra Commons, Mercato ed
Economia del dono.
Bibliografia
--------------------
Barbrook, Richard. Media Freedom. London: Pluto, 1995
Ferrer, Jorge N. Revisioning Transpersonal Theory: A Participatory
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Paris: La Dispute, 2003
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MA: MIT Press, 2004
Wark, McKenzie. A Hacker Manifesto. Cambridge, MA: Harvard
University Press, 2004
Weber, Steve. The Success of Open Source. Cambridge, MA:
Harvard University Press, 2004

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P2P

  • 1.
  • 2.
  • 3. Generalmente per peer-to- peer (o P2P), cioè rete paritaria, si intende una rete informatica che non possiede nodi gerarchizzati come client o server fissi ma un numero di nodi equivalenti, alias peer. Questo modello di rete è l'antitesi dell'architettura client-server. Mediante questa configurazione qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione. L'esempio classico di P2P è la rete per la condivisione di file detto File sharing.
  • 4.
  • 5. Un esempio? Il protocollo NNTP utilizzato per il trasferimento delle notizie ARPANET, live chat decentralizzate o le BBS di Fido Net. Il termine frequentemente viene riferito alle reti di condivisione file come Gnutella, FastTrack, e l'ormai defunto Napster che forniscono il libero scambio di file tra i computer connessi a Internet. Utilizzi più innovativi prevedono l'utilizzo per la diffusione di elevati flussi di dati generati in tempo reale come per esempio programmi televisivi o film.
  • 6. La maggioranza dei programmi peer-to-peer garantisce un insieme di funzionalità minime: supporto multipiattaforma, multiserver, multicanale: il programma è compatibili con tutti i sistemi operativi, server e dispositivi hardware (PC, laptop portatili, palmari, cellulari); supporto protocollo IPv6; download dello stesso file da più reti contemporaneamente; offuscamento dell'ID di rete; offuscamento del protocollo P2P; supporto proxy e Tor; supporto crittografia SSL; gestione da remoto, sia da PC/notebook che da cellulari e palmari. assegnazione di una priorità delle fonti, privilegiando quelle con connessione a banda larga (ad esempio, BitTyrant per i file torrent).
  • 7. Alcune reti e canali, come per esempio Napster, OpenNap o IRC usano il modello client-server per alcuni compiti (per esempio la ricerca) e il modello p2p per tutti gli altri. Questa doppia presenza di modelli fa sì che tali reti siano definite "ibride". Quando il termine p2p venne utilizzato per descrivere la rete Napster, implicava la natura del protocollo, ma in realtà la grande conquista di Napster fu quella di mettere tutti i computer collegati sullo stesso piano. Il protocollo "peer" era il modo giusto per realizzarlo. Reti come Gnutella o Freenet, vengono definite come il vero modello di rete peer-to-peer in quanto utilizzano una struttura peer-to-peer per tutti i tipi di transazione, e per questo motivo vengono definite "pure“.
  • 8. Dalle indagini di riviste di computer e dalle lamentele degli utenti nei forum, blog, newsgroup e delle associazioni dei consumatori si è scoperto che i provider italiani limitano il traffico P2P. In particolare, Fastweb, SiAdsl, Vodafone (mobile), Alice e Tiscali si oppongono duramente ad esso e cercano il più possibile di bloccarlo (in particolare Fastweb, ha bisogno di configurazioni aggiuntive sui client P2P). I provider Libero, Tele2 e Ngi sono invece meno contrari al traffico P2P e non lo bloccano se non in casi particolari (Libero permette però il traffico P2P solo sulle reti non unbundling). Infine, i provider Aruba, Mc-link e Wooow non esprimono la propria opinione sul problema, e concedono il P2P senza limitazioni.
  • 9. I tipi di file maggiormente condivisi in questa rete sono gli mp3, o file musicali, e i DivX i file contenenti i film. Questo ha portato molti, soprattutto le compagnie discografiche e i media, ad affermare che queste reti sarebbero potute diventare una minaccia contro i loro interessi e il loro modello industriale. Di conseguenza il peer-to-peer divenne il bersaglio legale delle organizzazioni che riuniscono queste aziende, come la RIAA e la MPAA. Per esempio il servizio di Napster venne chiuso da una causa intentata dalla RIAA. Sia la RIAA che la MPAA spesero ingenti quantità di denaro al fine di convincere i legislatori ad approvare restrizioni legali.
  • 10. La manifestazione più estrema di questi sforzi risale al gennaio 2003, quando venne introdotto, negli U.S.A., un disegno di legge dal senatore della California Berman nel quale si garantivano, al detentore del copyright, i diritti legali per fermare i computer che distribuivano materiale tutelato dai diritti d'autore. Il disegno di legge venne respinto da una commissione governativa Statunitense nel 2002, ma Berman lo ripropose nella sessione del 2003.
  • 11. Nel 2004 la "Legge Urbani" nella quale viene sancita la possibilità di incorrere in sanzioni penali anche per chi fa esclusivamente uso personale di file protetti. Il 31 marzo 2005 fu approvata la legge n. 43 che ripristinava lo scopo di lucro in luogo del trarne profitto ed inserì due commi (a-bis e uno dopo la lettera f), nell'articolo 171 della legge sul diritto d'autore, che, pur lasciando queste violazioni nel campo penale, eliminano la "detenzione". Però nel 2007 la III sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 149/2007, ha accolto il ricorso presentato da due studenti torinesi, condannati in appello ad una pena detentiva, sostituita da un’ammenda, per avere «duplicato abusivamente e distribuito» programmi illecitamente duplicati, giochi per psx, video cd e film, «immagazzinandoli» su un server del tipo Ftp (File transfer protocol).
  • 12. Oltre agli attacchi che una rete aperta può subire, anche i computer che ad essa accedono possono essere soggetti a problematiche di security e privacy. Per la stessa filosofia del P2P quasi tutti i programmi di file-sharing richiedono per la sopravvivenza del sistema di avere sul proprio computer dei file condivisi e che quindi possano essere a disposizione degli utenti che ne fanno richiesta. Questo implica da un lato la condivisione di un’area del disco sulla quale mettere i file a disposizione, dall’altro consentire il libero accesso ad alcune porte del computer. Già di per sé questo porta ad avere un aumento dei problemi di security, in quanto chiunque ha la possibilità di entrare su quelle porte.
  • 13. Se poi si considera l’enorme incremento degli utenti e l’utilizzo di linee a banda larga, ormai alla portata di tutti, questi problemi, che una volta potevano essere trascurabili, diventano prioritari. Ciò rende fondamentale l’utilizzo di sistemi di difesa come antivirus, firewall, programmi di pulizia dei file di registro e di rimozione degli agenti infettivi: virus, spyware, trojan o malware. Infatti gli hacker malintenzionati,Black Hat, sfruttano queste tipo di reti per mandare dei virus o degli spyware agli utenti dei programmi P2P, infatti essi creano dei programmi eseguibili infettati e li condividono. Più recenti sono i casi di musiche MP3 infettate, una volta aperte costringono il programma per ascoltare musiche audio a scaricare un "aggiornamento" che contiene invece dei virus.
  • 14. È fondamentale poi, a salvaguardia della privacy, la propria attenzione nell’evitare di condividere porzioni di disco nelle quali incautamente sono stati depositati dati personali o aziendali (nel caso di chi utilizza il computer dell’ufficio), riferimenti a conti correnti o a password. Una frase diventata famosa riassume bene il concetto: “inutile criminalizzare sistemi di file-sharing, nati proprio come strumento collaborativo, laddove è assente una politica aziendale improntata alla sicurezza e alla conoscenza” (pubblicato sul Punto Informatico del 29 ottobre 2004).
  • 15.
  • 16. BitTorrent (BT) è ritenuto un protocollo p2p finalizzato alla distribuzione e condivisione di file in rete (anche se in realtà non è un vero e proprio protocollo in quanto è presente un server). Sviluppato da Bram Cohen nel 2002 originariamente fu rilasciato sotto licenza MIT (Massachusetts Institute of Technology), dal 2005 la licenza diventa BitTorrent Open Source License. Rispetto ai tradizionali sistemi file sharing, BitTorrent ha come obiettivo quello di realizzare e fornire un sistema efficiente per distribuire il file su un maggiore numero di utenti sia in download sia in upload.
  • 17. Tra BitTorrent e gli altri sistemi p2p ci sono 2 principali differenze: 1- BitTorrent non ricerca i file per nome, l'utente deve prima prelevare da un sito web apposito il file .torrent 2- BitTorrent non tenta affatto di nascondere l'ultimo host responsabile della disponibilità di un dato file: una persona che desidera rendere disponibile un file infatti deve prima eseguire un server traccia su uno specifico host (o serie) e distribuire l'indirizzo della traccia (o gli indirizzi) in un file .torrent Uno dei grossi svantaggi invece e che i file muoiono con molta facilità a causa dell'obiettivo che si è prefissato Cohen, ovvero quello di diffondere file piuttosto che condividerli. Con BitTorrent è più semplice scaricare file protetti da copyright (attraverso il seeding (inseminazione) il protocollo scarica la responsabilità su altri protocolli), mentre con i p2p tradizionali, a causa della loro natura più individualista questo non è possibile.
  • 18. Il metodo adoperato da BitTorrent per la distribuzione dei file somiglia molto a quella che viene adoperata dalle reti eDonkey e Kad, ma oltre alle similitudini presenta anche tante differenze: - Con BitTorrent gli scambi sono sempre molto veloci per tutti i partecipanti; - Con eMule il nodo condivide e scarica una grande quantità di dati senza alcun bilanciamento fra i nodi presenti - standard protocollo eDonkey/Kad causa bassa “leech resistance” (utenti sanguisughe); - grazie all'assenza dei crediti, in BitTorrent, è possibile avere una buona velocità in download sin da subito (per chi ha una connessione a banda larga), in eMule questo non avviene; - i file su BitTorrent sono destinati a morire prima dei file condivisi su eMule
  • 19. BitTorrent, per la sua natura trasparente e per il risparmio di banda, probabilmente è il protocollo più adoperato a livello di condivisione dei file per scopi legali (GNU/Linux – trailer cinematografici) anche se nell'ultimo periodo viene utilizzato anche per scambio di file musicali, film e software coperti da copyright. Un problema di BitTorrent è la non implementazione dell'occultamento degli utilizzatori, per cui la privacy dell'utente finale non viene tutelata e perciò soggetto a violazioni della propria privacy da parte di società spia anti p2p
  • 20.
  • 21. The Pirate Bay (in italiano La baia dei pirati) nasce in Svezia il 21 novembre 2003, per mano di Gottfrid Svartholm, Fredrik Neij e Peter Sunde con l'obiettivo di diventare il tracker più importante a livello mondiale sull'indicizzazione dei file .torrent. Fin dalla nascita, il sito e la dirigenza vengono presi di mira, in particolar modo dalle case discografiche, in quanto distribuendo torrent senza alcun tipo di regolamentazione violano le leggi sui diritti d'autore. Tra le varie società che hanno aperto controversie giudiziarie contro The Pirate Bay segnalo: Microsoft, Apple, Dreamworks, EA Games, Sublimal Sounds, Uppsala Universetet, ADV Films, SEGA, White Stripes, Warner Bros, iRacing, Linotype, Governo Svedese e Governo Italiano I titolari di The Pirate Bay subiscono per questa causa vari processi e, nel Marzo 2006, rischiano il collasso e la perdita di tutto a causa dell'arresto di alcuni componenti dello staff e del sequestro di tutti i server.
  • 22. Tra i vari processi, sicuramente quello più significativo è quello che i titolari di The Pirate Bay subiscono nell'aprile del 2009 quando vengono condannati dal Tribunale di Stoccolma per complicità in violazione della legge sul diritto d'autore con la detenzione per un anno ai quattro condannati (infatti oltre ai tre fondatori viene condannato Carl Lundstrm, reo di aver investito sul sito) e con un ammenda di circa tre milioni di euro da versare alle varie industrie discografiche, cinematografiche e di videogiochi. Naturalmente i quattro condannati hanno annunciato il ricorso in appello che è stato spostato all'estate del 2010 a causa di un'anomalia riguardante uno dei giudici che avrebbero presieduto la corte (pare infatti che uno dei giudici abbia a che fare con Spotify, azienda legata al servizio legale di streaming online)
  • 23. Oltre ai vari processi che The Pirate Bay ha subito nel corso degli anni, sicuramente nell'ultimo periodo (in particolar modo nel 2009) ha subito vari attacchi su vari fronti. Per esempio, per cercare di salvarsi da una probabile chiusura (la corte distrettuale svedese ha costretto due provider a cessare la fornitura dei servizi a The Pirate Bay), questa ha spostato fisicamente i propri server in Ucraina, dove le leggi sul diritto d'autore sono molto più permissive (sul proprio suolo sono già presenti i server di Demonoid, altro nome importante nell'ambito del file sharing) rispetto all'asfissiante morsa che la legislatura scandinava propone.
  • 24. Un altro colpo ricevuto è sicuramente quello ricevuto da Google, che ha escluso l'homepage dai risultati delle ricerche, così da non permettere l'accesso agli utenti all'homepage del sito. Google ha giustificato questa mancanza con un errore a livello procedurale ma uno dei fondatori, Peter Sunde, ha accusato senza mezzi termini Google di limitare la libertà di espressione mettendo delle censure tra i risultati delle proprie ricerche
  • 25. Tra i vari progetti (andati in porto o non) di The Pirate Bay, meritano citazione la tentata acquisizione nel 2006 del principato di Sealand, con l'obiettivo di farne un baluardo del p2p libero e legale. Il tentativo di acquisizione però fallisce a causa del disinteresse mostrato dal proprietario nei confronti di The Pirate Bay e ancora oggi sono in cerca di un luogo alternativo. Un altro progetto importante riguarda la creazione di un portale di nome Playable, nel quale è possibile scaricare liberamente opere protette da diritto d'autore, a un prezzo mensile che viene scelto liberamente dall'utente Il futuro di The Pirate Bay però non sembra essere molto roseo, ma non per i problemi citati in precedenza, ma a causa della cessione della stessa a favore della Global Gaming Factory di cui fa parte Hans Pandeya (amministratore delegato dell'azienda) per circa 8 milioni di dollari con una società che produce mediamente un fatturato annuale di 800mila dollari. Oltre a The Pirate Bay, infatti, Pandeya stava cercando finanziamenti per circa 14milioni di dollari per l'acquisizione di Peerialism, società che sviluppa una speciale tecnologia p2p.
  • 26. Ma i problemi principali sono due: La mancanza di certezze sugli investitori (infatti Pandeya ha dichiarato che gli investitori si erano tirati indietro ma che nonostante tutto ha assicurato di averne trovato di nuovi (il tutto naturalmente top secret)); l'unico nome è quello di John Fanning, co-fondatore di Napster, che però nega ogni coinvolgimento al progetto di Pandeya. Pandeya deve pagare delle tasse arretrate al governo svedese, in più l'ex CTO (manager di primo livello della GGF) chiede a Pandeya e alla società di aumentare di molto il fatturato di 800mila dollari
  • 27. E in Italia quale è la situazione? Attualmente da The Pirate Bay è possibile scaricare tutto il materiale anche se è stato fortemente dimezzato a livello di fonti. Anche in Italia c'è stato il blocco dell'accesso sul sito (10 agosto 2008) da parte del sostituto procuratore di Bergamo, ma nel settembre dello stesso anno il tribunale di Bergamo accoglie il ricorso degli avvocati di The Pirate Bay revocando il provvedimento di sequestro preventivo, anche se già prima di questa data il sito aveva costruito un nuovo dominio così da ristabilire la raggiungibilità con gli utenti italiani.
  • 28.
  • 29. Michel Bauwens sull’ economia P2P guardando alle opportunità che l’economia P2P fornisce in rapporto ai nuovi mercati creati dal surplus informativo, alle tecnologie distribuite e a quei settori in cui il processo di progettazione è separato da quello di produzione. Il P2P, come nuova forza economica può emergere dove i capitali finanziari possono essere distribuiti. Iniziative come la banca ZOPA puntano in questa direzione. L’acquisto cooperativo e l’uso di grandi capitali sono una possibilità. Il supporto di stato e lo sviluppo open source sono un altro esempio. Il P2P può essere aumentato e sostenuto attraverso l’introduzione di un reddito di base universale.
  • 30. Questo è realmente possibile? Quali sono i fondamenti politici ed economici che permettono la realizzazione di questa visione ? Quali sono i pro e i contro del modello economico P2P ? Queste ed altre sono le domande alle quali Michel Bauwens tenta di rispondere.
  • 31. Michel Bauwens (1958) è un filosofo belga e teorico del Peer- to-Peer. Ha lavorato come consulente Internet, information analyst per la United States Information Agency, information manager per British Petroleum (dove ha creato uno dei primi centri di informazione virtuale), ed è ex editor-in-chief del primo magazine per la convergenza digitale Europea Wave. Con Frank Theys, è il co-creatore di di un documentario di tre ore TechnoCalyps, un’esamina della 'metafisica della tecnologia'. Ha curato due antologie in lingua francese sulla Antropologia della Società Digitale.
  • 32. Gli scambi P2P possono essere considerati in termini di mercato solo nel senso che gli individui sono liberi di contribuire, prendere quello di cui hanno bisogno, seguire le inclinazioni individuali, con una mano invisibile che mette tutto insieme ma senza alcun meccanismo monetario.
  • 33. Non esistono mercati reali: Non sono richiesti prezzi di mercato, né decisioni manageriali per decidere a chi vanno le risorse: o I mercati non funzionano secondo i criteri dell’intelligenza collettiva, ma piuttosto nella forma di uno sciame di insetti. Tutti hanno la loro autonomia in un ambiente distribuito, ma ogni individuo può vedere solo il suo beneficio immediato. o I mercati sono basati su di una cooperazione “neutrale”, e non sulla sinergia cooperativa: non è creata nessuna reciprocità o I mercati funzionano per lo scambio di valore e di profitto , non direttamente per il valore d’uso. o Mentre l’obiettivo del P2P è la piena partecipazione, i mercati soddisfano solo il bisogno di coloro che hanno un potere di acquisto. Gli svantaggi dei mercati includono: o Non funzionano bene per i bisogni comuni che non coinvolgono il pagamento diretto (difesa nazionale, politica generale, educazione e salute pubblica). o In aggiunta non tengono conto di esternalità negative (l’ambiente, i costi sociali, le generazioni future). o Dal momento che i mercati aperti tendono ad abbassare i profitti danno sempre la spinta alla crescita di anti-mercati in cui oligopoli e monopoli tendono a manipolare il mercato a loro beneficio.
  • 34. Nonostante le differenze significative, il P2P e il mercato capitalista sono altamente interconnessi. Il P2P dipende dal mercato e il mercato dipende dal P2P. La produzione Peer dipende altamente dal mercato che produce valore d’uso attraverso una produzione per la maggior parte immateriale, senza che venga fornito direttamente un reddito ai produttori. I Participanti non possono vivere della produzione peer, nonostante ottengano significati e valori da essa e nonostante essa possa essere più efficiente e produttiva del normale mercato.
  • 35. La produzione peer copre solo una parte della produzione, mentre il mercato copre tutte le sezioni. Ma anche i mercati e il capitalismo sono dipendenti dal P2P. Il capitalismo è diventato un sistema che si affida ai network distribuiti, in particolare alle infrastrutture P2P per quanto riguarda l’informatica e la comunicazione. La produttività dipende da team di lavoro cooperativi, spesso organizzati in modi derivati dalla modalità di produzione peer. Il supporto dato dalle grandi compagnie IT allo sviluppo open source testimonia l’uso derivato da questi regimi di proprietà comune.
  • 36. Il modello generale di business si basa sulle infrastrutture P2P e crea un valore di surplus che può essere pacchettizzato per lo scambio di valore. Comunque il supporto al software libero e open source da parte delle aziende pone dei problemi interessanti. Quando un software FS/OS è sponsorizzato o gestito da un’azienda si può parlare ancora di P2P?. Solo parzialmente. Se utilizza le strutture legali GPL/OSI risulta come regime di proprietà comune. Se i produttori dipendono da un reddito, o se la produzione subisce una gerarchia aziendale, non si può più parlare di produzione peer.
  • 37. Dobbiamo dire che quando l’intera struttura sottostante del capitalismo diviene distribuita genera pratiche P2P e dipende da esse. La scuola italo-francese di ‘capitalismo cognitivo’ afferma che il valore della creazione non è più confinato all’impresa, ma appartiene all’intellettualità di massa dei lavoratori della conoscenza, che, attraverso la loro esperienza di apprendimento permanente e la connettività sistemica, innovano costantemente all’interno o all’esterno dell’azienda. Questo è un argomento importante, dal momento che giustificherebbe quella che noi vediamo come unica soluzione per l’espansione della sfera P2P all’interno della società: il reddito di base universale. Solo l’indipendenza del lavoro e la struttura del salario possono garantire che i produttori peer possano continuare a creare questa sfera di valore d’uso altamente produttiva.
  • 38. La produzione peer copre solo una parte della produzione, mentre il mercato copre tutte le sezioni. Ma anche i mercati e il capitalismo sono dipendenti dal P2P. Il capitalismo è diventato un sistema che si affida ai network distribuiti, in particolare alle infrastrutture P2P per quanto riguarda l’informatica e la comunicazione. La produttività dipende da team di lavoro cooperativi, spesso organizzati in modi derivati dalla modalità di produzione peer. Il supporto dato dalle grandi compagnie IT allo sviluppo open source testimonia l’uso derivato da questi regimi di proprietà comune.
  • 39. Più importante della relazione che abbiamo trattato precedentemente,è il fatto che i processi peer to peer contribuiscono anche a forme più specifiche di capitalismo distribuito. L’uso massiccio di software open source nel business, supportato entusiasticamente da capitali e grandi compagnie IT come IBM, sta creando una piattaforma software distribuita che taglierà drasticamente gli affitti monopolistici di compagnie come Microsoft e Oracle, mentre Skype e il VoIP redistribuiranno drasticamente l’infrastruttura di telecomunicazione. In aggiunta, questo evidenzia un nuovo modello di business che va oltre i prodotti e si focalizza sui servizi associati con i modelli software nominalmente free FS/OS
  • 40. Le forze per il profitto che stanno costruendo ed abilitando queste nuove piattaforme di partecipazione rappresentano una nuova sottoclasse, che io chiamo classe netarchica. Se il capitalismo cognitivo è definito dall’importanza degli assetti intellettuali nei confronti degli assetti industriali del capitale fisso, e dall’affidabilità di un’estensione dei diritti IP per stabilire affitti monopolistici (come i capitalisti vettoriali descritti da Mackenzie Wark) ne deriva che questi nuovi capitalisti netarchici prosperano in base allo sviluppo di network partecipatori. E’ significativo che Amazon costruisca se stessa attorno alle recensioni degli utenti, eBay viva su di una piattaforma di acquisti distribuiti in tutto il mondo e Google sia costituito da contenuto generato dagli utenti.
  • 41. Comunque, sebbene queste compagnie si affidino ai diritti IP, il loro potere dipende dalla proprietà della piattaforma. In modo più esteso, il capitalismo netarchico è una parte del capitale che abbraccia la rivoluzione peer. E’ la forza dietro all’immanenza peer to peer. All’opposto, sebbene collegate con un’allenaza temporanea,sono le forze del Common-ism, che inseriscono il loro destino nella trascendenza del peer to peer, in una riforma dell’economia politica che va oltre il dominio del mercato.
  • 42. Il P2P ha importanti aspetti trascendenti che vanno oltre i limiti dell’economia del profitto: • La produzione peer permette efficacemente la libera cooperazione di produttori che hanno accesso ai loro significati di produzione • E il risultante valore d’uso dei progetti supera le alternative per il profitto. Storicamente, sebbene le forze di alta produttività possano essere temporaneamente inserite in vecchi sistemi produttivi, queste conducono a profondi sconvolgimenti dell’economia politica. La nascita di modelli capitalistici all’interno del sistema feudale rappresenta un caso. Questo è particolarmente significativo perchè settori leader dell’economia di profitto stanno deliberatamente abbassando la loro crescita produttiva (nella musica attraverso i brevetti) e provando a legiferare la produzione P2P e le pratiche di condivisione: * il sistema di governo peer trascende sia l’autorità del mercato che lo stato * le nuove forme di proprietà comune universale trascendono i limiti sia dei modelli privati che pubblici e stanno ricostituendo i campi dinamici dei Commons
  • 43. L’emergere del P2P è pertanto accompagnato da una nuova etnia di lavoratori (Etica Hacker di Pekka Himanen), da nuove pratiche culturali come circoli peer in ricerche spirituali , ma soprattutto da un nuovo movimento sociale e politico, il cui intento è promuovere la sua espansione. Questo movimento P2P ancora nascente, (che include il movimento Free Software e Open Source, il movimento open access, il movimento free culture e altri) riflette gli obiettivi di un movimento di che va oltre la gobalizzazione, e sta divenendo l’equivalente del movimento socialista nell’età industriale.
  • 44. Si erge come alternativa permanente allo status quo, ed è espressione di una crescita di una nuova forza sociale: i lavoratori della conoscenza. Infatti, l’obiettivo della teoria peer è dare una spiegazione teorica alle pratiche trasformative di questo movimento. E’ il tentativo di far comprendere un nuovo tipo di società, basata sulla centralità dei Commons, e all’interno di un mercato riformato è una possibilità. Tale teoria dovrebbe spiegare non solo la dinamica dei processi peer, ma anche come si adattano alle altre dinamiche intersoggettive. Per esempio il rapporto tra il P2P e i modelli di reciprocità, i modelli di mercato e i modelli di gerarchia; su quali trasformazioni ontologiche, epistemologiche e assiologiche questa evoluzione si basa; e che cosa un’etica P2P può ottenere.
  • 45. Data la dipendenza del P2P dal modello di mercato esistente, quali sono le possibilità che vada oltre la sfera esistente delle merci immateriali? Il P2P può emergere non solo nella sfera immateriale della produzione software e intellettuale, ma dovunque ci sia accesso ad una tecnologia distribuita: telecomunicazioni distribuite e ogni tipo di comunicazione virale. Il P2P può crescere dove sono disponibili altre forme di capitale fisso distribuito: è il caso della “condivisione della macchina”, che è il secondo modello di trasporto più utilizzato negli Stati Uniti. Il P2P può crescere dove il processo di progettazione è separato da quello di produzione fisica. I grandi capitali per la produzione possono coesistere affidandosi ai processi P2P per la progettazione. Il P2P può crescere dove i capitali finanziari possono essere distribuiti come nel caso della banca ZOPA. Gli acquisti cooperativi, l’uso di merci ad alto capitale, il supporto dello stato e fondi per lo sviluppo open source sono un altro esempio. Il P2P potrebbe espandersi e sostenersi attraverso l’introduzione di un reddito di base universale
  • 46. Quest’ultimo che crea un lavoro salariato ed un reddito indipendente ha la potenzialità di sostenere un ulteriore sviluppo del valore d’uso generato dal P2P. Attraverso un’etica di 'piena attività’ (piuttosto che di pieno impiego) il reddito di base viene giustificato: non solo è efficace in termini di povertà e disoccupazione, ma ha un importante valore d’uso per la comunità umana. Comunque, mentre è difficile vedere quanto la produzione del valore d’uso e lo scambio possa essere la sola forma di produzione, è più realistico vedere il peer to peer come parte del processo di scambio. In questo scenario il peer to peer potrebbe coesistere e trasformare profondamente altri modelli intersoggettivi.
  • 47. Un’economia politica basata sui Commons dovrebbe essere centrata attorno al peer to peer e coesistere con: Una sfera potente di reciprocità (economia del dono) centrata attorno all’introduzione di valute complementari basate sul tempo. Una sfera riformata per lo scambio di mercato, il tipo di ‘capitalismo naturale’ descritto da Paul Hawken, David Korten e Hazel Henderson, Dove i costi della riproduzione sociale e naturale non sono più esternalizzati e abbandonano l’imperativo di crescita per un nuovo tipo di economia come descritto da Herman Daly. Uno stato riformato che funziona all’interno di uno stato di azionisti multipli, non più sottomesso agli interessi delle grandi aziende, ma che agisce come arbitro tra Commons, Mercato ed Economia del dono.
  • 48. Bibliografia -------------------- Barbrook, Richard. Media Freedom. London: Pluto, 1995 Ferrer, Jorge N. Revisioning Transpersonal Theory: A Participatory Vision of Human Spirituality. Albany: SUNY, 2001 Fiske, Alan Page. Structures of Social Life. New York: Free Press, 1993 Gunderson, Lance H. and C.S. Holling. Panarchy: Understanding Transformations in Systems of Humans and Nature. Washington, D.C.: Island Press, 2001 Heron, John. Sacred Science. Llangarron, Ross-on-Wye, UK: PCCS Books, 1998 Galloway, Alexander. Protocol: How Control Exists After Decentralization Cambridge, Mass.: MIT Press, 2004 Himanen, Pekka. The Hacker Ethic and the Spirit of the Information Age. New York: Random House, 2002 Inglehart, Ronald. Culture Shift in Advanced Industrial Society. Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1989 Kane, Pat. The Play Ethic: A Manifesto for a Different Way of Living. London: Macmillan, 2003 Lazzarato, Maurizio. Les révolutions du capitalisme. Paris: Les Empêcheurs de penser en rond, 2004 Lessig, Lawrence. The Future of Ideas. New York: Vintage, 2002 Lessig, Lawrence. Free Culture. New York: Penguin U.S.A., 2004 Raymond, Eric. The Cathedral and the Bazaar. Sebastopol, CA: O'Reilly, 2001 Sagot-Duvauroux, Jean-Louis. Pour la gratuité. Paris: Desclée-De Brouwer, 1995 Sahlins, Marshall D. Stone Age Economics. Chicago: Aldine, 1972 Skolimowski, Henryk. The Participatory Mind. New York: Penguin USA, 1995 Skrbina, David. Panpsychism in the West. Cambridge, MA: MIT Press, 2005 Stallman, Richard. Free Software, Free Society. Boston, MA: GNU Press, 2002 Stewart, John. Evolution's Arrow. Canberra: Chapman Press, 2000 Surowiecki, James. The Wisdom of Crowds. New York: Anchor, 2005 Tuomi, Ilkka. Networks of Innovation. Oxford: Oxford University Press, 2003 Vercelonne, Carlo, dir. Sommes-nous sorti du capitalisme industriel? Paris: La Dispute, 2003 von Hippel, Eric. The Democratization of Innovation. Cambridge, MA: MIT Press, 2004 Wark, McKenzie. A Hacker Manifesto. Cambridge, MA: Harvard University Press, 2004 Weber, Steve. The Success of Open Source. Cambridge, MA: Harvard University Press, 2004