Classificazione delle fonti
Fonti non
cristiane
Canoniche Non canoniche
Vangeli
Lettere
Atti degli
apostoli
Vangeli apocrifi
Lettera a Diogneto
Didachè
Giudaiche Pagane
Flavio G.
Talmud
Tacito
Plinio
Luciano
Fonti non cristiane: pagane
Cornelio Tacito è comunemente riconosciuto come
storico tra i più scrupolosi; Tacito si dedicò alla raccolta di
informazioni e notizie, utilizzando non solo fonti letterarie, ma
anche documentarie. Per la sua posizione politica, egli aveva
accesso agli acta senatus (i verbali delle sedute del senato romano)
e agli acta diurna populi romani (gli atti governativi e le notizie su
ciò che accadeva giorno per giorno).
Riportando la decisione dell'imperatore Nerone di riversare sui
Cristiani la colpa dell'incendio che distrusse Roma nel 64 d.C.,
Tacito scrisse:
"Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime
coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze,
denominava cristiani. Origine di questo nome era Christus, il quale
sotto l'impero di Tiberio era stato condannato all'estrema
condanna dal procuratore Ponzio Pilato" (Tacito, Annali XV, 44).
Plinio il Giovane era il governatore romano di Bitinia, in Asia
Minore, e del Ponto. Egli ci ha lasciato una raccolta di epistole
contenute in 10 libri, l'ultimo dei quali contiene il carteggio ufficiale
tra lui e l'imperatore Traiano e risalgono al 111-113.
In una delle sue lettere, egli chiede consiglio a Traiano sul modo più
appropriato di condurre le procedure legali contro le persone
accusate di essere Cristiane (cfr. Plinio, Epistole X,96).
E così scrive:
"Essi (i cristiani) avevano l'abitudine di incontrarsi in un certo giorno
prestabilito prima che facesse giorno, e quindi cantavano in versi
alternati a Cristo, come a un dio, e pronunciavano il voto solenne di
non compiere alcun delitto, né frode, furto o adulterio, né di mancare
alla parola data, né di rifiutare la restituzione di un deposito; dopo
ciò, era loro uso sciogliere l'assemblea e riunirsi poi nuovamente per
partecipare al pasto - un cibo di tipo ordinario e innocuo" (Plinio,
Epistole, trad. di W. Melmoth, revis. di W.M.L. Hutchinson, vol. II,
X,96).
Il retore scettico Luciano, nato a Samosata intorno al 120 e
morto dopo il 180, attivo nell'età degli Antonini, ci ha lasciato
un'opera intitolata "La morte di Peregrino".
In essa, egli descrive i primi Cristiani nel seguente modo:
"I Cristiani . . . tutt'oggi adorano un uomo - l'insigne personaggio che introdusse i loro
nuovi riti, e che per questo fu crocifisso. . . . Ad essi fu insegnato dal loro originale
maestro che essi sono tutti fratelli, dal momento della loro conversione, e [perciò]
negano gli dèi della Grecia, e adorano il saggio crocifisso, vivendo secondo le sue
leggi" (Luciano, De morte Per., 11-13, trad. di H.W. Fowler).
Fonti non cristiane: giudaiche
Le prime chiare testimonianze storiche sulla persona di Gesù, ci sono
tramandate dallo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio (37-
103 circa), che fu prima legato del Sinedrio, governatore della Galilea e
comandante dell’esercito giudaico nella rivolta antiromana, ed in seguito
consigliere al servizio dell’imperatore Vespasiano e di suo figlio Tito.
Nella sua opera Antichità giudaiche (93-94), nella quale narra la storia ebraica
da Abramo sino ai suoi tempi, egli fa un accenno indiretto a Gesù
“Anano […] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto
il Cristo, di nome Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di trasgressione della
legge e condannandoli alla lapidazione” (Ant. XX, 200)
Ma la testimonianza di gran lunga più interessante è
contenuta nel capitolo decimottavo della medesima opera, ed
è nota tra gli storici come Testimonium flavianum.
“Ci fu verso quel tempo un uomo saggio che era chiamato Gesù, che dimostrava una
buona condotta di vita ed era considerato virtuoso, e aveva come allievi molta gente dei
Giudei e degli altri popoli. Pilato lo condannò alla crocifissione e alla morte, ma coloro
che erano stati suoi discepoli non rinunciarono al suo discepolato e raccontarono che egli
era loro apparso tre giorni dopo la crocifissione ed era vivo, ed era probabilmente il Cristo
del quale i profeti hanno detto meraviglie” (Ant. XVIII, 116-119)
Talmud Babilonese è una collezione di scritti
rabbinici ebrei, compilata verso il 70-500 d.C. circa. Il
primo periodo di compilazione del Talmud è il 70-200
d.C. (Habermas, ibid.). Il passaggio più significativo che
fa riferimento a Gesù è il seguente:
"Alla vigilia della Pasqua [ebraica], Yeshu fu appeso.
Per quaranta giorni prima dell'esecuzione, un araldo
gridava: "Egli sta per essere lapidato perché ha
praticato la stregoneria e ha condotto Israele verso
l'apostasia" (Talmud Babilonese, trad. di I. Epstein, vol.
III, 43a/281; cfr. Sanhedrin B, 43b).
Conclusioni
• Ricapitoliamo, dunque, ciò che abbiamo appreso su Gesù da questo studio delle
antiche fonti non cristiane.
• Primo: sia Giuseppe Flavio che Luciano riconoscono che Gesù era un saggio.
• Secondo: Plinio, il Talmud, e Luciano, implicano che Egli era un insegnante potente
e riverito.
• Terzo: sia Giuseppe che il Talmud indicano che Egli compì opere miracolose.
• Quarto: Tacito, Giuseppe, il Talmud, e Luciano, menzionano tutti il fatto che Egli fu
crocifisso. Tacito e Giuseppe dichiarano che ciò avvenne sotto Ponzio Pilato. E il
Talmud dichiara che il periodo era quello della vigilia della Pasqua ebraica.
• Quinto: ci sono possibili riferimenti alla risurrezione di Gesù sia negli scritti di
Tacito che in quelli di Giuseppe.
• Sesto: Giuseppe racconta che i seguaci di Gesù credevano che Egli fosse il Cristo,
cioè il Messia.
• Settimo: sia Plinio che Luciano indicano che i Cristiani adoravano Gesù come Dio.
• Rendiamoci conto di come anche prendendo in considerazione alcuni degli antichi
scritti non cristiani, le verità su Gesù riportate nei Vangeli sono da essi avvalorate e
confermate.
Criteri di storicità dei vangeli
1) Criterio di discontinuità.
Un importante e valida prova della storicità dei vangeli e
dell’esistenza di Gesù è data dalla discontinuità che egli ha
dimostrato nei confronti dell’ambiente giudaico nel quale ha
vissuto. La sua posizione, ad esempio, nei confronti del legalismo
giudaico per l’osservanza della legge; la nuova immagine che dà di
Dio chiamandolo Abbà (Padre); la sua predilezione per i deboli e i
poveri considerati, nella mentalità comune del tempo, maledetti ed
abbandonati da Dio; etc. sono tutti elementi che contrastano con la
mentalità del suo ambiente così rigorosamente posto sotto degli
schemi e delle prescrizioni inattaccabili e considerate sacre. E se
dunque Gesù è stato portatore e fondatore di un nuovo modo di
vivere la fede ed ha operato con tale autorità nel dare la Nuova
Legge, possiamo a ragione credere che questi sono elementi molto
sicuri della sua effettiva esistenza storica.
2) Criterio di conformità
Un altro criterio che attesta la storicità di Gesù è quello che ci
offre l’immagine di Gesù come un uomo che ha parlato il
linguaggio del suo tempo, che appare inserito nel suo ambiente,
che è innanzitutto un giudeo, che mostra dei tratti storici che lo
contraddistinguono e che sono riconducibili alla sua epoca.
Questo criterio, che ci da la validità storica di Gesù poiché egli ci
appare una persona che ha vissuto nel suo tempo, è da usare
accanto al primo criterio, quello di discontinuità, per
controbilanciare quest’ultimo nel momento in cui ci da un Gesù
troppo estraneo e quasi fuori dal suo tempo, inserendolo
giustamente nel contesto storico cui Gesù è appartenuto, senza
comunque sottovalutare la notevole novità è superiorità di Gesù
rispetto al suo tempo.
3) Criterio dell’imbarazzo
Tale criterio riguarda la Chiesa primitiva e soprattutto gli
apostoli e i discepoli che per primi hanno annunciato la sua
resurrezione. Infatti, avrebbe creato senz’altro un grande
imbarazzo alla Chiesa farsi portavoce soltanto di un mito come
quello della resurrezione e dell’esistenza straordinaria di Gesù,
se questi fatti non fossero veramente accaduti. Perché un
gruppo di persone avrebbe inventato una storia così fantastica
e scandalosa per quei tempi tanto da rischiare la persecuzione
e la morte come è effettivamente stato? Le conseguenze
drammatiche a cui portò l’annuncio di Gesù morto e risorto da
parte della Chiesa erano ben accette dai primi cristiani poiché
essi stessi erano stati in realtà testimoni di un fatto inaudito e
sconvolgete come quello dell’evento di Gesù, per cui andava la
pena senz’altro di incorrere nel pericolo della persecuzione e
del martirio.
4) Criterio dell’attestazione multipla
Questo criterio tiene conto dei vangeli considerandoli
contemporaneamente. È vero un fatto quando è riportato
da più fonti, nel nostro caso i Vangeli. Fatti uguali sono
riscontrabili nei vangeli ma nonostante tali fatti sono
narrati con diversità dall’uno all’altro vangelo, la presenza
contemporanea e tale diversità insieme sono evidente
prova di autenticità storica del fatto. Le differenze che
possiamo notare nella narrazione di un fatto attestato nei
vari vangeli è da ricollegare alla personalità del redattore,
alle su caratteristiche redazionali e letterarie, alla sua
cultura, nonché alla sua intenzione teologica.
All’origine dei Vangeli
• Alle origini, c’è la figura storica di Gesù, la sua
predicazione e attività pubblica per le strade.
• Nascono i primi testi scritti, sono quasi dei
‘protovangeli’. Certamente nacque subito un
antico racconto della passione - morte -
risurrezione di Gesù; si formarono narrazioni
sull'infanzia di Gesù, trasfigurate alla luce della
fine tragica e gloriosa di quella vita.
Secondo molti studiosi sorsero anche alcune collezioni di ‘detti’ - o, come si dice in greco,
di lòghia - pronunziati da Cristo. Tra di esse è da menzionare quella che gli esegeti denominano
convenzionalmente ‘fonte Q’ (dal tedesco Quelle, cioè ‘fonte’) e che fu anticipata già agli inizi
dell'Ottocento dagli studi sui Vangeli del filosofo tedesco Friedrich Schleiermacher. Questa
raccolta di parole di Gesù è da molti considerata come una delle fonti ben identificabili nei primi
tre Vangeli. Non mancarono forse anche libretti che elencavano una serie di atti miracolosi di
Gesù. E qualche studioso afferma ancora, sulla scia di una convinzione diffusa in passato,
l'esistenza anche di una prima edizione del vangelo di Matteo in aramaico, la lingua popolare
della Palestina di allora.
I sinottici
• Siamo giunti ai Vangeli. Tre di essi si
organizzano secondo una planimetria piuttosto
omogenea, sono i cosiddetti ‘Vangeli sinottici’.
Il termine deriva dal greco e suppone che con
uno sguardo (opsis) d'insieme (syn-) i Vangeli
di Matteo, Marco e Luca possano essere colti
come un trittico parallelo le cui scene sono
sostanzialmente omogenee o per lo meno
rivelano coincidenze significative. Per spiegare
questo fenomeno, detto ‘questione sinottica’,
si è ricorsi a decine e decine di ipotesi tra le
quali particolare fortuna ebbe la cosiddetta
‘teoria delle due fonti’. Contrariamente a
quanto si riteneva nell'antichità cristiana e nei
secoli successivi, il primo Vangelo fu quello di
Marco (non quello di Matteo che apre ancora
oggi il Nuovo Testamento nelle edizioni
ufficiali): non fu, dunque, Marco a sintetizzare
Matteo ma furono Matteo e Luca ad ampliare
Marco, loro fonte primaria, usando un altro
testo di riferimento, la ‘fonte Q’ che
conservava soprattutto parole di Gesù, e altre
fonti proprie a Matteo e Luca.