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APPELLO AL GOVERNO:
SUBITO IL PATTO PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI1

                             Network Non Autosufficienza (NNA) 2, giugno 2012




Il rischio del declino
Il sistema italiano di assistenza alle persone non autosufficienti – anziani e adulti con disabilità -
viene da un decennio di lento ma costante miglioramento. Gli interventi oggi disponibili, tuttavia,
sono ancora lontani dal rispondere adeguatamente ai bisogni, mentre il numero degli anziani
continua ad aumentare. Per lungo tempo si è pensato che i prossimi anni avrebbero visto il sistema
consolidarsi ma lo scenario, ora, è cambiato. Si manifestano, infatti, i primi segni di un declino che
– se non contrastato – ridurrà la qualità e l’ampiezza degli interventi.


Dato che la realtà degli anziani non autosufficienti riguarda già oggi tante famiglie, e ne toccherà
ancor più domani, stupisce il silenzio intorno al rischio del declino. Quest’ultimo trova la sua
origine, innanzitutto, nell’assenza di quella riforma nazionale necessaria a mettere il welfare locale
in condizione di operare al meglio, compiuta, nelle ultime due decadi, da gran parte dei paesi
europei. Su tale mancanza si sono innestate le scelte di finanza pubblica operate dallo Stato negli
anni più recenti, che hanno penalizzato i servizi per i non autosufficienti rispetto ad altri settori.


Paradossalmente, il ritardo accumulato dal nostro paese, dall’inizio degli anni ’90 a oggi, offre
all’attuale Esecutivo l’opportunità di fare la differenza. Proprio perché la riforma nazionale non è
mai stata realizzata, infatti, avviarla ora avrebbe un impatto molto forte contro il rischio del declino.
Il Network Non Autosufficienza (NNA), pertanto, chiede al Governo Monti di dare il via alla
riforma nazionale dell’assistenza alle persone non autosufficienti, così da disegnarne un diverso
futuro.


A questo scopo ci vuole un Patto per le persone non autosufficienti, sottoscritto dallo Stato insieme
a Regioni e Comuni. Il Patto si può siglare in pochi mesi. Esiste, infatti, ampio consenso tra gli

1
  Questo testo contiene la proposta per un rinnovato intervento nell’assistenza alle persone non autosufficienti. I dati
sullo stato del settore nel nostro paese, con riferimento agli anziani, si trovano nel documento che lo accompagna,
intitolato “10 domande sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia”. Il Patto dovrebbe riguardare le persone
non autosufficienti di ogni età. Poiché NNA si occupa di anziani, gli esempi proposti in queste pagine, così come il
documento di accompagnamento, riguardano principalmente tale categoria.
2
  Il Network Non Autosufficienza (NNA) è nato – da un’idea di Cristiano Gori – per promuovere riflessioni scientifiche
sull’assistenza agli anziani non autosufficienti che siano utili all’operatività. Lo compongono anche Anna Banchero,
Enrico Brizioli, Antonio Guaita, Franco Pesaresi e Marco Trabucchi. Ha pubblicato sinora tre rapporti sull’assistenza
agli anziani non autosufficienti in Italia (scaricabili gratuitamente da www.maggioli.it/rna).
                                                                                                                         1
esperti sulle azioni da compiere per riformare l’assistenza alle persone non autosufficienti; tutti
sanno “cosa bisognerebbe fare”, il punto è “cominciare a farlo”. Inoltre, per avviare la riforma
sarebbe necessario uno sforzo economico marginale per il bilancio pubblico.



Il Patto per le persone non autosufficienti
Il Governo ha quasi ultimato la riforma dell’Isee, lo strumento per misurare le condizioni di chi
richiede il welfare. Si tratta di un risultato importante, che ora va collocato in un più ampio
progetto: il Patto per le persone non autosufficienti. Il Patto deve contenere una visione strategica di
medio periodo (cinque anni) e alcune azioni per iniziare a tradurla in pratica. Lo compongono
quattro parti.

1.La Road Map 2012-2017
Il cuore del Patto è una Road Map che disegni il percorso di potenziamento del settore nel periodo
2012-2017. Si supererebbe così l’anomalia che vede lo Stato italiano privo di una propria strategia
d’azione su “cosa fare” a favore del sempre più ampio numero di anziani non autosufficienti e dei
loro familiari. La Road Map si fonda su alcuni obiettivi chiave: 1. assicurare interventi di qualità,
sia a casa degli utenti che nelle strutture residenziali; 2. insieme agli interventi, fornire alle persone
non autosufficienti e alle loro famiglie le informazioni, l’orientamento e i consigli che richiedono;
3. prestare particolare attenzione alle situazioni più gravi (equità). Tutti questi obiettivi sono da
declinare tenendo conto dell’eterogeneità territoriale che contraddistingue il nostro paese.
Va seguita una prospettiva di gradualità. Lo richiedono il quadro della finanza pubblica, l’impegno
attuativo necessario e le menzionate difformità territoriali. Si tratta, quindi, di fissare il punto di
arrivo e di disegnare il cammino per giungervi progressivamente, progettando percorsi “disegnati su
misura” per ciascuna delle Regioni. Nel primo anno bastano solo 400 milioni (necessari al Fondo
per il futuro della non autosufficienza, illustrato più avanti, mentre le altre azioni previste –
sperimentazione di una nuova indennità di accompagnamento e riforma dell’ISEE - sono a costo
zero). Detto altrimenti, con soli 400 milioni - cifra marginale per il bilancio statale - si può avviare
una riforma di portata storica. Al potenziamento del sistema saranno successivamente necessarie
risorse ulteriori, la cui tempistica di reperimento potrà essere definita in base all’evoluzione del
quadro economico.
Il punto di arrivo del percorso pluriennale è condiviso da tutti gli esperti e dalla miriade di proposte
presentate negli ultimi anni. Consiste nel definire i livelli essenziali di assistenza per le persone non
autosufficienti, stabilendo standard adeguati di presenza di servizi per le Regioni, che riguardino
l’offerta domiciliare, le strutture residenziali e i centri diurni. Ciò permetterebbe di introdurre, nei
servizi dedicati agli anziani e agli adulti disabili, garanzie analoghe a quelle oggi assicurate dagli
standard ospedalieri (ad esempio la disponibilità di posti letto). Allo stesso modo, sono da definire
protocolli, linee guida e altri strumenti che promuovano la qualità dei servizi nei diversi territori.


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Parlare di Patto significa presupporre un sforzo condiviso da parte dei due Ministeri interessati alla
non autosufficienza, Salute e Welfare, delle Regioni e dei Comuni. È solo il lavoro congiunto tra i
diversi soggetti istituzionali, infatti, che può portare alla stesura della Road Map. In forza di questo
accordo Regioni e Comuni dovranno accompagnare gli stanziamenti dello Stato con propri impegni
concernenti il rafforzamento dell’offerta, la promozione della qualità e le risorse economiche da
rendere disponibili.


2. Il Fondo per il futuro della non autosufficienza
Vediamo adesso cosa mettere subito in campo. Nell’assistenza alle persone non autosufficienti i
tagli degli ultimi anni si sono concentrati sui servizi alla persona (a domicilio e in strutture
residenziali). Non è realistico, pertanto, pensare di avviare un cammino di rafforzamento senza un,
sia pur limitato, nuovo stanziamento.
L’idea è quella di introdurre subito un finanziamento nazionale di dimensioni contenute, dunque
compatibile con le attuali ristrettezze di bilancio, ma che possa svolgere una funzione di volano,
spingendo Stato e Regioni a iniziare il percorso condiviso di sviluppo. L’ammontare – come
anticipato – è inizialmente di 400 milioni annui. Piuttosto che di introduzione, però, bisogna parlare
di re-introduzione, dato che si tratta dello stesso ammontare previsto dal, pur esile, “Fondo
nazionale per la non autosufficienza”, abolito nel 2011.
Il nuovo fondo si chiama “Fondo per il futuro della non autosufficienza”, a indicare il suo ruolo
propulsivo per un progressivo sviluppo del sistema. Rispetto alle regole previste dal “Fondo
nazionale per la non autosufficienza”, nel nuovo scenario gli obiettivi per l’utilizzo delle risorse
statali vengono definiti in modo maggiormente preciso e si istituisce un sistema di monitoraggio più
rigoroso.
Le risorse del “Fondo per il futuro della non autosufficienza”, crescenti nel tempo, sono destinate
alla progressiva introduzione dei livelli essenziali dei servizi, sulla base della Road Map. I
finanziamenti di questo nuovo fondo statale vengono utilizzati in modo coordinato con quelli di
Regioni e Comuni, come previsto dal Patto.


3. Il modello europeo dell’indennità di accompagnamento
Tra gli esperti c’è concordanza di vedute in merito a come migliorare l’indennità di
accompagnamento, riprendendo le indicazioni univoche che arrivano dagli altri paesi europei.
Accordo, è utile precisarlo alla luce di alcune polemiche degli ultimi mesi, sulla necessità non di
tagliare bensì di rafforzare questa misura. La nuova indennità europea – così definita perché
raccoglie le indicazioni delle altre esperienze internazionali – si basa sui seguenti caposaldi: a)
criterio di accesso: come oggi, esclusivamente il bisogno di assistenza e non le condizioni
economiche (vige cioè il principio di cittadinanza: il sostegno pubblico deve rivolgersi a tutti i
cittadini non autosufficienti, non solo a quelli con possibilità economiche limitate); b) importo:
graduato secondo il bisogno di assistenza e le condizioni economiche (attualmente l’importo è
uguale per tutti, in futuro chi ha maggiori necessità sia di assistenza che finanziarie riceverà di più);
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c) informazione e consulenza: offrire agli utenti dell’indennità e ai loro familiari la possibilità di
ottenere informazioni, suggerimenti, counseling da operatori adeguatamente formati (opportunità
richiesta dalle famiglie e oggi mancante); d) badanti: prevedere un incentivo economico affinché
quando l’indennità viene utilizzata per il pagamento delle badanti questo avvenga nei confronti di
persone impiegate in modo regolare e adeguatamente formate.
Il passaggio al modello europeo è da condurre gradualmente, per comprenderne le migliori modalità
di concreta applicazione nel contesto italiano. Bisogna avviarne, pertanto, una sperimentazione
della durata di 12 mesi in vari contesti locali, rappresentativi delle nostre diverse realtà territoriali. I
risultati della sperimentazione offriranno le indicazioni necessarie per definire operativamente, nel
migliore dei modi, la successiva introduzione della nuova indennità in tutto il paese.



4. Il nuovo Isee
Il Governo sta lavorando da tempo al ridisegno dell’Indicatore della Situazione Economica
Equivalente (Isee) per rendere più equo l’accesso ai servizi per la non autosufficienza, dimostrando
una competenza e una capacità di dialogo raramente riscontrate in passato. Le scelte compiute sono,
perlopiù, condivisibili e ci si augura che il nuovo Isee venga presto approvato, così da diventare un
cruciale tassello del Patto.




Il Patto o il declino
Il Patto per le persone non autosufficienti dovrebbe essere sottoscritto entro l’autunno. Non farlo
significherà assecondare il precoce declino di questo cruciale ambito del welfare. Il Patto o il
declino: questo è il bivio davanti al quale si trova il Governo Monti.


L’auspicio è che l’Esecutivo agisca. In caso contrario, bisognerà chiedergli: “perché avete perso
l’occasione di avviare un percorso di riforma di importanza storica, a un costo contenuto per il
bilancio pubblico, in una materia di grande rilievo sociale e con un ampio consenso tra gli esperti
sulle cose da fare?”




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IL PATTO PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI 2012-2017

                                   2012 2013 2014 2015 2016 2017
Sottoscrizione del Patto           XX


Riforma dell’Isee                  XX

Fondo per il futuro della non XX        XX   XX   XX   XX   XX
autosufficienza

Progressiva    introduzione  dei        XX   XX   XX   XX   XX
livelli essenziali (standard di
servizi)

Sperimentazione dell’indennità di XX    XX
accompagnamento Europea
Introduzione dell’indennità di               XX   XX   XX   XX
accompagnamento Europea




                                                                   5
10 DOMANDE
    SULL’ASSISTENZA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI
                        IN ITALIA3

                            Network Non Autosufficienza (NNA)4, giugno 2012



1.Perchè la politica dimentica gli anziani non autosufficienti?
Non certo per i numeri. Gli ultra-ottantenni, i principali utenti dell’assistenza, sono – da tempo – in
costante crescita: da 1.8 milioni nel 1990 (3% della popolazione) a 3.5 milioni nel 2010 (6%) e agli
attesi 4.5 milioni del 2020 (7,5%) (tab. 1).
La politica non ne parla perché asseconda un sentimento di rimozione collettiva, che riguarda tutti
coloro i quali non siano - in qualche modo – coinvolti nella realtà degli anziani non autosufficienti.
La ragione è semplice: nessuno di noi ama pensare che potrebbe esserne, un giorno, toccato né
immaginarsi – ad esempio – come un 85enne con l’Alzheimer.
La politica non ne parla, nondimeno, perché nel nostro paese i Governi hanno tradizionalmente una
ridotta capacità di decidere in autonomia e sono assai soggetti all’influenza di lobbies e
corporazioni di vario genere. Non esistono, però, incisivi gruppi di pressione a favore degli anziani
non autosufficienti.


2. Perché oggi bisogna parlarne?
Perché il Governo Monti si trova davanti a un bivio, poco visibile ma cruciale. Deve decidere se
lasciare che il sistema pubblico di assistenza agli anziani non autosufficienti inizi il proprio declino
- di cui già si vedono i primi segni – o se porre le basi per il suo consolidamento. Scegliere la
seconda possibilità vorrebbe dire dar vita a un Patto per le persone autosufficienti insieme a Regioni
e Comuni. Un Patto che definisca una visione strategica di questo cruciale ambito del welfare nel
medio periodo (cinque anni) e che preveda alcune azioni per cominciare a tradurla in pratica.
Nell’altro documento reso disponibile presentiamo una proposta concreta che va in questa
direzione.


3. Cos’è l’assistenza agli anziani non autosufficienti?
L’assistenza alle persone anziane non autosufficienti (long-term care) comprende la varietà di
servizi e interventi - sociali e sanitari - forniti con continuità a persone anziane che hanno bisogno
3
   Le domande presentano, insieme alle successive tabelle, le principali informazioni e i più importanti dati
sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. La proposta per un rinnovato intervento nel settore si trova
nell’altro documento, intitolato: “Appello al Governo: subito il Patto per i non autosufficienti”.
4
  Il Network Non Autosufficienza (NNA) è nato – da un’idea di Cristiano Gori – per promuovere riflessioni scientifiche
sull’assistenza agli anziani non autosufficienti che siano utili all’operatività. Lo compongono anche Anna Banchero,
Enrico Brizioli, Antonio Guaita, Franco Pesaresi e Marco Trabucchi. Ha pubblicato sinora tre rapporti sull’assistenza
agli anziani non autosufficienti in Italia (scaricabili gratuitamente da www.maggioli.it/rna).
                                                                                                                      6
di assistenza costante a causa di disabilità fisica o psichica. I principali interventi a (almeno
parziale) finanziamento pubblico sono i servizi territoriali (servizi domiciliari e centri diurni), le
strutture residenziali e l’indennità di accompagnamento. I principali interventi privati sono
l’assistenza fornita direttamente dalle famiglie e il ricorso alle badanti. Ai fini statistici vengono
definite anziane le persone con almeno 65 anni ma la maggior parte degli utenti dell’assistenza
continuativa ne ha almeno 80 (tab. 2).


4. Perché fate riferimento al Governo nazionale, se i servizi per gli anziani competono a
Regioni e Comuni?
Perché lo Stato può svolgere un ruolo decisivo per la promozione dell’assistenza agli anziani,
attraverso una riforma nazionale che metta il welfare locale in condizione di operare
adeguatamente. Riforme di questo tipo, negli ultimi 20 anni, sono state compiute in gran parte dei
paesi europei (a partire da Francia e Germania, sino allo Spagna). Tutte hanno condiviso i medesimi
ingredienti:
- la definizione di alcuni standard (quantitativi e, a volte, qualitativi) validi per l’intera nazione;
- lo sviluppo dei servizi alla persona, a lato dei trasferimenti monetari;
- il maggior coinvolgimento finanziario dello Stato, in forma di co-finanziamento;
- il ruolo di cabina di regia svolto dallo Stato (monitoraggio, accompagnamento dei territori,
verifica).
In Italia l’ipotesi di una riforma è stata discussa durante gran parte della Seconda Repubblica (in
particolare tra il 1997 e il 2008) senza mai venire realizzata. Tra i paesi dell’Europa centro-
meridionale, quelli più simili al nostro, solo due non hanno introdotto una riforma nazionale: Italia e
Grecia (tab. 3).


5. Perché le recenti scelte dello Stato in materia di finanza pubblica hanno penalizzato
particolarmente i servizi per gli anziani non autosufficienti?
La responsabilità di questi servizi è suddivisa tra le politiche sociali (Ministero del Welfare) e la
sanità. Il precedente Esecutivo ha ridotto del 92% i fondi dello Stato dedicati alle politiche sociali,
delle quali gli anziani costituiscono il più ampio gruppo di utenti. I finanziamenti sono in discesa da
2.526 milioni di Euro annui (2008) a 200 (2013) (tab. 4). Tra le diverse linee di finanziamento per
il sociale ne esisteva una interamente dedicata alla non autosufficienza (il fondo nazionale per la
non autosufficienza, 400 milioni nel 2010), che non esiste più (tab. 5)
Per quanto riguarda la salute, invece, la preoccupazione per le scelte nazionali riguarda il futuro
prossimo venturo. L’atto fondamentale dello Stato per determinare finanziamenti e interventi in
sanità è il Patto per la Salute, che ha valore triennale. Il Patto per la Salute 2013-2015 deve essere
approvato in autunno: la bozza esistente non contiene obiettivi a favore della non autosufficienza.




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6. Quali sono i primi segni del declino?
A livello generale, nello scorso decennio gran parte delle Regioni (responsabili del maggior numero
dei servizi) ha avviato, autonomamente, propri percorsi di riforma per potenziare il sistema. Mentre
- fino a qualche tempo - fa l’aspettativa era che tali percorsi continuassero, oggi si registrano
difficoltà crescenti a procedere con quanto previsto e, sempre più spesso, anche a mantenere ciò che
è stato sinora realizzato (tab. 6).
A livello concreto, in numerosi territori già si rilevano diversi sintomi dell’inizio del declino, la cui
presenza, se non s’interverrà, è destinata a diffondersi. Essi riguardano: a) l’impossibilità per le
famiglie di trovare le informazioni e consigli che richiedono, b) l’abbassamento della qualità, c) il
peggioramento delle condizioni di lavoro, d) la non autosufficienza come causa di diseguaglianza
(le conseguenze sono presentate più in dettaglio in tabella 7)
Si tende sovente a ritenere che il rischio di declino costituirebbe un problema principalmente per il
Meridione, dove il sistema dei servizi risulta più fragile e, dunque, più facilmente danneggiabile. In
realtà non è così, e non solo perché le Regioni meridionali possono beneficiare di fondi europei
destinati ai servizi domiciliari. Il punto, oggi e nel prossimo futuro, è che in assenza di un robusto
intervento dello Stato anche il sistema di welfare delle Regioni settentrionali è destinato ad un
notevole peggioramento.


7. Perché dite che nell’assistenza alle persone non autosufficienti tutti sanno “cosa
bisognerebbe fare” mentre il punto è “cominciare a farlo”?
Di una riforma nazionale del settore si discute da 15 anni, a partire dal 1997. Se ne sono occupate
Commissioni di matrice politica (le principali sono la commissione Onofri, 1997, con il Governo
Prodi I, e la commissione Maroni-Sirchia, 2003, con il Governo Berlusconi), i sindacati dei
pensionati (che hanno presentato proprie proposte), commissioni tecniche (in particolare quelle
istituite presso il Ministero della Salute per la revisione dei Lea, 2006-2007), sino ad arrivare al
disegno di legge presentato dal Ministro Ferrero (Governo Prodi II nel 2007).
Sono state elaborate, nondimeno, numerose analisi e proposte presentate autonomamente da esperti.
Inoltre, le riforme realizzate negli altri paesi offrono numerosi spunti, con riferimento alle strade da
seguire così come agli errori da non ripetere. Complessivamente, in questo settore emerge tra chi se
ne occupa una notevole consonanza di vedute sulle cose da fare, che si ritrova in ben pochi altri
ambiti delle politiche pubbliche.
In Italia, dunque, non sono necessarie ulteriori analisi e riflessioni, ora bisogna iniziare a
confrontarsi con la concreta attuazione dei necessari percorsi di riforma.




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8. In che senso questa riforma costa poco?
A soffrire di un finanziamento inadeguato sono i servizi alla persona, nel territorio (a domicilio,
centri diurni) e nelle strutture residenziali. I servizi assorbono oggi una quota assai limitata di spesa
pubblica e ciò produce un paradossale “vantaggio” (tab. 8). Poiché gli stanziamenti dedicati sono
esigui, se ne potrebbe produrre una robusta crescita con sforzi marginali rispetto alla torta
complessiva del bilancio pubblico. Infatti, si può avviare una riforma storica con uno stanziamento
di soli 400 milioni di Euro.
Nel tempo, sarà necessario incrementare ulteriormente le risorse dedicate. Le esigenze dei conti
pubblici potranno impedire di farlo nell’immediato ma lo sviluppo potrà essere modulato negli anni
in base all’evoluzione del quadro economico. D’altra parte rispondere alla non autosufficienza non
costituisce un’esigenza solo di breve periodo, dato che stiamo parlando della sfida principale del
welfare italiano nei prossimi 20 anni. Peraltro, neppure in prospettiva si tratta di un settore
particolarmente oneroso: oggi la spesa pubblica dedicata rappresenta il 1,28% del Pil e – secondo
uno studio svolto per il Ministero del Welfare – la soglia minima da raggiungere nei prossimi dieci
anni per rispondere adeguatamente ai bisogni della popolazione anziana ammonta allo 1,5% mentre
quella auspicabile allo 1,7%. Per valutarne l’impatto sulla finanza pubblica, basta confrontare
queste cifre con le voci del bilancio complessivo in tabella 8


9. Non si potrebbero affrontare le maggiori necessità di assistenza con il ricorso ad
assicurazioni private?
Alcuni ritengono che lo sviluppo delle assicurazioni private possa costituire la principale risposta
all’invecchiamento. Gli studi concordano nel ritenere che non sia così e che alle assicurazioni debba
essere riservata una funzione esclusivamente integrativa di un maggiore sforzo pubblico. Anche
l’OCSE è recentemente intervenuta - con un autorevole rapporto (Help Wanted?Providing and
paying for long-term care) - per smontare l’illusione che le assicurazioni private possano far venir
meno la necessità di maggiore spesa pubblica.
In proposito, peraltro, c’è ampio consenso in Europa mentre solo in Italia - da più parti - si continua
a sostenere il contrario. Dunque, la vera domanda è: perché se in tutta Europa si riconosce che le
assicurazioni private non possono costituire la principale soluzione, nel nostro paese questa
opinione è così diffusa?




                                                                                                       9
10. Cosa rispondete a chi afferma che ottenere anche un incremento contenuto di risorse per
la non autosufficienza sarà difficile nei prossimi anni?
Rispondiamo che bisogna mettere meglio a fuoco cosa accadrebbe in caso contrario. Senza il
necessario aumento dei finanziamenti pubblici, infatti, la qualità dell’assistenza peggiorerà e la
possibilità di essere assistiti adeguatamente dipenderà sempre più dalle disponibilità economiche di
ognuno. In sintesi: incremento della spesa pubblica o welfare residuale, non ci sono alternative.
Rispondiamo, inoltre, che è una questione di scelte. Durante la “Seconda Repubblica”, le persone
non autosufficienti sono rimaste escluse dalle priorità della politica. La mancata introduzione della
riforma nazionale costituisce, infatti, il sintomo della difficoltà della politica di vedere il
cambiamento della società, con la sempre più ampia diffusione della non autosufficienza. Non è un
destino che ciò accada anche in futuro. Qualora vi fosse una scelta politica a favore delle persone
non autosufficienti e dei loro familiari, si noterebbe che 400 milioni sono una cifra risibile per
l’avviamento della riforma e che il passaggio delle risorse dedicate dall’attuale 1,28% del Pil
all’1,7%, attraverso un percorso graduale di 10 anni, è assolutamente fattibile.




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DATI E INFORMAZIONI PER SAPERNE DI PIU’


Tab. 1 – L’incremento della popolazione 80+ in Italia
                    Anno                         1990                2010                2020
Persone con almeno 80 anni                         1.8                3.5                 4.5
(milioni)
% sul totale della popolazione                      3                  6                  7.5
Fonte: Istat


Tab. 2 – Percentuale di persone 65+ che ricevono interventi per la non autosufficienza
(interventi pubblici e badanti)5 , 2008-2009
                                                             %
Strutture residenziali                                       2,6
Servizi di assistenza domiciliare (SAD) del 4,1
Comune
Assistenza domiciliare integrata (ADI) della 2,8
ASL
Indennità di accompagnamento                                 9,5
Badanti                                                      7,6
Fonte: www.maggioli.it/rna


Tab. 3 - Le riforme nazionali dell’assistenza ai non autosufficienti nei paesi dell’Europa a 15
più simili all’Italia
Paese           Anno
Austria         1993
Germania        1995
Francia         2001
Spagna          2006
Portogallo 2006
Grecia          -
Italia          -
Fonte: www.forumterzosettore.it

5
  Gli anziani che vivono nel territorio (escludendo quelli ospiti di strutture residenziali) non di rado ricevono
contemporaneamente più di uno degli interventi elencati (sad, adi, indennità, badanti); l’indennità, in particolare. viene
impiegata molto spesso per coprire parte della remunerazione delle badanti. Con la denominazione di strutture
residenziali s’intendono qui tutte le diverse tipologie di residenze per anziani esistenti (residenze protette, residenze
assistenziali e residenze sanitario-assistenziali). L’indennità è un contributo monetario di 492 euro mensili, erogato –
indipendentemente dalle loro condizioni economiche - agli anziani che hanno bisogno di assistenza continua per
deambulare e/o svolgere gli altri atti quotidiani della vita.
                                                                                                                       11
Tab 4 -La riduzione dei fondi statali per le politiche sociali, 2008-20136
                                                  Milioni di Euro                    Numero indice (2008=100)
2008                                                     2.526                                      100
2010                                                     1.472                                       58
2013                                                      200                                        8
Fonte: Elaborazioni di Misiani in www.astrid.eu




Tab 5 – Il fondo nazionale per la non autosufficienza
Anno                    Stanziamento
2008                    300
2009                    400
2010                    400
2011                    0




Tabella 6 – Le incertezze nelle riforme regionali per le persone non autosufficienti
Legislatura regionale                    Legislatura regionale           Legislatura regionale
2005-2010                                2010-2105: aspettative iniziali 2010-2105: realtà attuale



In molte Regioni avviamento Attesa di consolidamento delle Invece, difficoltà a procedere
di percorsi di riforma basati su riforme                   con i percorsi previsti e/o a
nuova              progettualità,                          mantenere       quanto     già
incremento della spesa,         e                          realizzato
rafforzamento dei servizi


Fonte: www.maggioli.it/rna




6
  La tabella considera l’insieme dei diversi fondi statali per il sociale. Prima delle decurtazioni, i principali di questi
erano il Fondo Nazionale Politiche Sociali, il Fondo per i Non Autosufficienti, il Fondo Politiche per la Famiglia, il
Fondo per il Servizio Civile.
                                                                                                                        12
Tab. 7 – Quali sono le concrete conseguenze che il declino dell’ assistenza agli anziani non
autosufficienti produce?

                Le conseguenze                                   Esempi pratici

       Le    famiglie     non     ricevono     le       -   Indebolimento dei       servizi di
       informazioni e i consigli che richiedono             informazione/consulenza
                                                        -   Servizi domiciliari sempre più
                                                            concentrati solo sulle singole
                                                            prestazioni

       Un welfare in declino è di bassa qualità         -   La riduzione dei finanziamenti
                                                            spinge a diminuire la qualità dei
                                                            servizi

       Un lavoro spesso sfruttato                       -   Meno risorse nei servizi si scaricano
                                                            (anche) sugli operatori

       La non autosufficienza come origine di           -   Nelle strutture residenziali un gruppo
       diseguaglianza                                       crescente di famiglie non riesce a
                                                            pagare retta o lo fa solo a costo del
                                                            proprio impoverimento
                                                        -   In generale, aumentano gli anziani
                                                            che rimangono esclusi dai servizi
                                                            pubblici

Fonte: www.maggioli.it/rna



Tabella 8 - Spesa pubblica per l’assistenza agli anziani, per la protezione sociale e spesa
complessiva, Italia, 2009-2010
Intervento                                           % del PIL
Servizi alla persona                                 0,64 [AREA IN DIFFICOLTA’]
di cui:
          Servizi territoriali (0,24)
          Strutture residenziali (0,40)
Indennità di accompagnamento                         0,66
Totale spesa assistenza anziani                      1,28


Spesa protezione sociale                             27,5
(pensioni, sanità e altro)


Spesa pubblica complessiva                           50,9
Fonte: Ragioneria Generale dello Stato



                                                                                                13

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Appello al Governo: patto per le persone non autosufficienti (NNA)

  • 1. APPELLO AL GOVERNO: SUBITO IL PATTO PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI1 Network Non Autosufficienza (NNA) 2, giugno 2012 Il rischio del declino Il sistema italiano di assistenza alle persone non autosufficienti – anziani e adulti con disabilità - viene da un decennio di lento ma costante miglioramento. Gli interventi oggi disponibili, tuttavia, sono ancora lontani dal rispondere adeguatamente ai bisogni, mentre il numero degli anziani continua ad aumentare. Per lungo tempo si è pensato che i prossimi anni avrebbero visto il sistema consolidarsi ma lo scenario, ora, è cambiato. Si manifestano, infatti, i primi segni di un declino che – se non contrastato – ridurrà la qualità e l’ampiezza degli interventi. Dato che la realtà degli anziani non autosufficienti riguarda già oggi tante famiglie, e ne toccherà ancor più domani, stupisce il silenzio intorno al rischio del declino. Quest’ultimo trova la sua origine, innanzitutto, nell’assenza di quella riforma nazionale necessaria a mettere il welfare locale in condizione di operare al meglio, compiuta, nelle ultime due decadi, da gran parte dei paesi europei. Su tale mancanza si sono innestate le scelte di finanza pubblica operate dallo Stato negli anni più recenti, che hanno penalizzato i servizi per i non autosufficienti rispetto ad altri settori. Paradossalmente, il ritardo accumulato dal nostro paese, dall’inizio degli anni ’90 a oggi, offre all’attuale Esecutivo l’opportunità di fare la differenza. Proprio perché la riforma nazionale non è mai stata realizzata, infatti, avviarla ora avrebbe un impatto molto forte contro il rischio del declino. Il Network Non Autosufficienza (NNA), pertanto, chiede al Governo Monti di dare il via alla riforma nazionale dell’assistenza alle persone non autosufficienti, così da disegnarne un diverso futuro. A questo scopo ci vuole un Patto per le persone non autosufficienti, sottoscritto dallo Stato insieme a Regioni e Comuni. Il Patto si può siglare in pochi mesi. Esiste, infatti, ampio consenso tra gli 1 Questo testo contiene la proposta per un rinnovato intervento nell’assistenza alle persone non autosufficienti. I dati sullo stato del settore nel nostro paese, con riferimento agli anziani, si trovano nel documento che lo accompagna, intitolato “10 domande sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia”. Il Patto dovrebbe riguardare le persone non autosufficienti di ogni età. Poiché NNA si occupa di anziani, gli esempi proposti in queste pagine, così come il documento di accompagnamento, riguardano principalmente tale categoria. 2 Il Network Non Autosufficienza (NNA) è nato – da un’idea di Cristiano Gori – per promuovere riflessioni scientifiche sull’assistenza agli anziani non autosufficienti che siano utili all’operatività. Lo compongono anche Anna Banchero, Enrico Brizioli, Antonio Guaita, Franco Pesaresi e Marco Trabucchi. Ha pubblicato sinora tre rapporti sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia (scaricabili gratuitamente da www.maggioli.it/rna). 1
  • 2. esperti sulle azioni da compiere per riformare l’assistenza alle persone non autosufficienti; tutti sanno “cosa bisognerebbe fare”, il punto è “cominciare a farlo”. Inoltre, per avviare la riforma sarebbe necessario uno sforzo economico marginale per il bilancio pubblico. Il Patto per le persone non autosufficienti Il Governo ha quasi ultimato la riforma dell’Isee, lo strumento per misurare le condizioni di chi richiede il welfare. Si tratta di un risultato importante, che ora va collocato in un più ampio progetto: il Patto per le persone non autosufficienti. Il Patto deve contenere una visione strategica di medio periodo (cinque anni) e alcune azioni per iniziare a tradurla in pratica. Lo compongono quattro parti. 1.La Road Map 2012-2017 Il cuore del Patto è una Road Map che disegni il percorso di potenziamento del settore nel periodo 2012-2017. Si supererebbe così l’anomalia che vede lo Stato italiano privo di una propria strategia d’azione su “cosa fare” a favore del sempre più ampio numero di anziani non autosufficienti e dei loro familiari. La Road Map si fonda su alcuni obiettivi chiave: 1. assicurare interventi di qualità, sia a casa degli utenti che nelle strutture residenziali; 2. insieme agli interventi, fornire alle persone non autosufficienti e alle loro famiglie le informazioni, l’orientamento e i consigli che richiedono; 3. prestare particolare attenzione alle situazioni più gravi (equità). Tutti questi obiettivi sono da declinare tenendo conto dell’eterogeneità territoriale che contraddistingue il nostro paese. Va seguita una prospettiva di gradualità. Lo richiedono il quadro della finanza pubblica, l’impegno attuativo necessario e le menzionate difformità territoriali. Si tratta, quindi, di fissare il punto di arrivo e di disegnare il cammino per giungervi progressivamente, progettando percorsi “disegnati su misura” per ciascuna delle Regioni. Nel primo anno bastano solo 400 milioni (necessari al Fondo per il futuro della non autosufficienza, illustrato più avanti, mentre le altre azioni previste – sperimentazione di una nuova indennità di accompagnamento e riforma dell’ISEE - sono a costo zero). Detto altrimenti, con soli 400 milioni - cifra marginale per il bilancio statale - si può avviare una riforma di portata storica. Al potenziamento del sistema saranno successivamente necessarie risorse ulteriori, la cui tempistica di reperimento potrà essere definita in base all’evoluzione del quadro economico. Il punto di arrivo del percorso pluriennale è condiviso da tutti gli esperti e dalla miriade di proposte presentate negli ultimi anni. Consiste nel definire i livelli essenziali di assistenza per le persone non autosufficienti, stabilendo standard adeguati di presenza di servizi per le Regioni, che riguardino l’offerta domiciliare, le strutture residenziali e i centri diurni. Ciò permetterebbe di introdurre, nei servizi dedicati agli anziani e agli adulti disabili, garanzie analoghe a quelle oggi assicurate dagli standard ospedalieri (ad esempio la disponibilità di posti letto). Allo stesso modo, sono da definire protocolli, linee guida e altri strumenti che promuovano la qualità dei servizi nei diversi territori. 2
  • 3. Parlare di Patto significa presupporre un sforzo condiviso da parte dei due Ministeri interessati alla non autosufficienza, Salute e Welfare, delle Regioni e dei Comuni. È solo il lavoro congiunto tra i diversi soggetti istituzionali, infatti, che può portare alla stesura della Road Map. In forza di questo accordo Regioni e Comuni dovranno accompagnare gli stanziamenti dello Stato con propri impegni concernenti il rafforzamento dell’offerta, la promozione della qualità e le risorse economiche da rendere disponibili. 2. Il Fondo per il futuro della non autosufficienza Vediamo adesso cosa mettere subito in campo. Nell’assistenza alle persone non autosufficienti i tagli degli ultimi anni si sono concentrati sui servizi alla persona (a domicilio e in strutture residenziali). Non è realistico, pertanto, pensare di avviare un cammino di rafforzamento senza un, sia pur limitato, nuovo stanziamento. L’idea è quella di introdurre subito un finanziamento nazionale di dimensioni contenute, dunque compatibile con le attuali ristrettezze di bilancio, ma che possa svolgere una funzione di volano, spingendo Stato e Regioni a iniziare il percorso condiviso di sviluppo. L’ammontare – come anticipato – è inizialmente di 400 milioni annui. Piuttosto che di introduzione, però, bisogna parlare di re-introduzione, dato che si tratta dello stesso ammontare previsto dal, pur esile, “Fondo nazionale per la non autosufficienza”, abolito nel 2011. Il nuovo fondo si chiama “Fondo per il futuro della non autosufficienza”, a indicare il suo ruolo propulsivo per un progressivo sviluppo del sistema. Rispetto alle regole previste dal “Fondo nazionale per la non autosufficienza”, nel nuovo scenario gli obiettivi per l’utilizzo delle risorse statali vengono definiti in modo maggiormente preciso e si istituisce un sistema di monitoraggio più rigoroso. Le risorse del “Fondo per il futuro della non autosufficienza”, crescenti nel tempo, sono destinate alla progressiva introduzione dei livelli essenziali dei servizi, sulla base della Road Map. I finanziamenti di questo nuovo fondo statale vengono utilizzati in modo coordinato con quelli di Regioni e Comuni, come previsto dal Patto. 3. Il modello europeo dell’indennità di accompagnamento Tra gli esperti c’è concordanza di vedute in merito a come migliorare l’indennità di accompagnamento, riprendendo le indicazioni univoche che arrivano dagli altri paesi europei. Accordo, è utile precisarlo alla luce di alcune polemiche degli ultimi mesi, sulla necessità non di tagliare bensì di rafforzare questa misura. La nuova indennità europea – così definita perché raccoglie le indicazioni delle altre esperienze internazionali – si basa sui seguenti caposaldi: a) criterio di accesso: come oggi, esclusivamente il bisogno di assistenza e non le condizioni economiche (vige cioè il principio di cittadinanza: il sostegno pubblico deve rivolgersi a tutti i cittadini non autosufficienti, non solo a quelli con possibilità economiche limitate); b) importo: graduato secondo il bisogno di assistenza e le condizioni economiche (attualmente l’importo è uguale per tutti, in futuro chi ha maggiori necessità sia di assistenza che finanziarie riceverà di più); 3
  • 4. c) informazione e consulenza: offrire agli utenti dell’indennità e ai loro familiari la possibilità di ottenere informazioni, suggerimenti, counseling da operatori adeguatamente formati (opportunità richiesta dalle famiglie e oggi mancante); d) badanti: prevedere un incentivo economico affinché quando l’indennità viene utilizzata per il pagamento delle badanti questo avvenga nei confronti di persone impiegate in modo regolare e adeguatamente formate. Il passaggio al modello europeo è da condurre gradualmente, per comprenderne le migliori modalità di concreta applicazione nel contesto italiano. Bisogna avviarne, pertanto, una sperimentazione della durata di 12 mesi in vari contesti locali, rappresentativi delle nostre diverse realtà territoriali. I risultati della sperimentazione offriranno le indicazioni necessarie per definire operativamente, nel migliore dei modi, la successiva introduzione della nuova indennità in tutto il paese. 4. Il nuovo Isee Il Governo sta lavorando da tempo al ridisegno dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) per rendere più equo l’accesso ai servizi per la non autosufficienza, dimostrando una competenza e una capacità di dialogo raramente riscontrate in passato. Le scelte compiute sono, perlopiù, condivisibili e ci si augura che il nuovo Isee venga presto approvato, così da diventare un cruciale tassello del Patto. Il Patto o il declino Il Patto per le persone non autosufficienti dovrebbe essere sottoscritto entro l’autunno. Non farlo significherà assecondare il precoce declino di questo cruciale ambito del welfare. Il Patto o il declino: questo è il bivio davanti al quale si trova il Governo Monti. L’auspicio è che l’Esecutivo agisca. In caso contrario, bisognerà chiedergli: “perché avete perso l’occasione di avviare un percorso di riforma di importanza storica, a un costo contenuto per il bilancio pubblico, in una materia di grande rilievo sociale e con un ampio consenso tra gli esperti sulle cose da fare?” 4
  • 5. IL PATTO PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI 2012-2017 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Sottoscrizione del Patto XX Riforma dell’Isee XX Fondo per il futuro della non XX XX XX XX XX XX autosufficienza Progressiva introduzione dei XX XX XX XX XX livelli essenziali (standard di servizi) Sperimentazione dell’indennità di XX XX accompagnamento Europea Introduzione dell’indennità di XX XX XX XX accompagnamento Europea 5
  • 6. 10 DOMANDE SULL’ASSISTENZA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI IN ITALIA3 Network Non Autosufficienza (NNA)4, giugno 2012 1.Perchè la politica dimentica gli anziani non autosufficienti? Non certo per i numeri. Gli ultra-ottantenni, i principali utenti dell’assistenza, sono – da tempo – in costante crescita: da 1.8 milioni nel 1990 (3% della popolazione) a 3.5 milioni nel 2010 (6%) e agli attesi 4.5 milioni del 2020 (7,5%) (tab. 1). La politica non ne parla perché asseconda un sentimento di rimozione collettiva, che riguarda tutti coloro i quali non siano - in qualche modo – coinvolti nella realtà degli anziani non autosufficienti. La ragione è semplice: nessuno di noi ama pensare che potrebbe esserne, un giorno, toccato né immaginarsi – ad esempio – come un 85enne con l’Alzheimer. La politica non ne parla, nondimeno, perché nel nostro paese i Governi hanno tradizionalmente una ridotta capacità di decidere in autonomia e sono assai soggetti all’influenza di lobbies e corporazioni di vario genere. Non esistono, però, incisivi gruppi di pressione a favore degli anziani non autosufficienti. 2. Perché oggi bisogna parlarne? Perché il Governo Monti si trova davanti a un bivio, poco visibile ma cruciale. Deve decidere se lasciare che il sistema pubblico di assistenza agli anziani non autosufficienti inizi il proprio declino - di cui già si vedono i primi segni – o se porre le basi per il suo consolidamento. Scegliere la seconda possibilità vorrebbe dire dar vita a un Patto per le persone autosufficienti insieme a Regioni e Comuni. Un Patto che definisca una visione strategica di questo cruciale ambito del welfare nel medio periodo (cinque anni) e che preveda alcune azioni per cominciare a tradurla in pratica. Nell’altro documento reso disponibile presentiamo una proposta concreta che va in questa direzione. 3. Cos’è l’assistenza agli anziani non autosufficienti? L’assistenza alle persone anziane non autosufficienti (long-term care) comprende la varietà di servizi e interventi - sociali e sanitari - forniti con continuità a persone anziane che hanno bisogno 3 Le domande presentano, insieme alle successive tabelle, le principali informazioni e i più importanti dati sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. La proposta per un rinnovato intervento nel settore si trova nell’altro documento, intitolato: “Appello al Governo: subito il Patto per i non autosufficienti”. 4 Il Network Non Autosufficienza (NNA) è nato – da un’idea di Cristiano Gori – per promuovere riflessioni scientifiche sull’assistenza agli anziani non autosufficienti che siano utili all’operatività. Lo compongono anche Anna Banchero, Enrico Brizioli, Antonio Guaita, Franco Pesaresi e Marco Trabucchi. Ha pubblicato sinora tre rapporti sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia (scaricabili gratuitamente da www.maggioli.it/rna). 6
  • 7. di assistenza costante a causa di disabilità fisica o psichica. I principali interventi a (almeno parziale) finanziamento pubblico sono i servizi territoriali (servizi domiciliari e centri diurni), le strutture residenziali e l’indennità di accompagnamento. I principali interventi privati sono l’assistenza fornita direttamente dalle famiglie e il ricorso alle badanti. Ai fini statistici vengono definite anziane le persone con almeno 65 anni ma la maggior parte degli utenti dell’assistenza continuativa ne ha almeno 80 (tab. 2). 4. Perché fate riferimento al Governo nazionale, se i servizi per gli anziani competono a Regioni e Comuni? Perché lo Stato può svolgere un ruolo decisivo per la promozione dell’assistenza agli anziani, attraverso una riforma nazionale che metta il welfare locale in condizione di operare adeguatamente. Riforme di questo tipo, negli ultimi 20 anni, sono state compiute in gran parte dei paesi europei (a partire da Francia e Germania, sino allo Spagna). Tutte hanno condiviso i medesimi ingredienti: - la definizione di alcuni standard (quantitativi e, a volte, qualitativi) validi per l’intera nazione; - lo sviluppo dei servizi alla persona, a lato dei trasferimenti monetari; - il maggior coinvolgimento finanziario dello Stato, in forma di co-finanziamento; - il ruolo di cabina di regia svolto dallo Stato (monitoraggio, accompagnamento dei territori, verifica). In Italia l’ipotesi di una riforma è stata discussa durante gran parte della Seconda Repubblica (in particolare tra il 1997 e il 2008) senza mai venire realizzata. Tra i paesi dell’Europa centro- meridionale, quelli più simili al nostro, solo due non hanno introdotto una riforma nazionale: Italia e Grecia (tab. 3). 5. Perché le recenti scelte dello Stato in materia di finanza pubblica hanno penalizzato particolarmente i servizi per gli anziani non autosufficienti? La responsabilità di questi servizi è suddivisa tra le politiche sociali (Ministero del Welfare) e la sanità. Il precedente Esecutivo ha ridotto del 92% i fondi dello Stato dedicati alle politiche sociali, delle quali gli anziani costituiscono il più ampio gruppo di utenti. I finanziamenti sono in discesa da 2.526 milioni di Euro annui (2008) a 200 (2013) (tab. 4). Tra le diverse linee di finanziamento per il sociale ne esisteva una interamente dedicata alla non autosufficienza (il fondo nazionale per la non autosufficienza, 400 milioni nel 2010), che non esiste più (tab. 5) Per quanto riguarda la salute, invece, la preoccupazione per le scelte nazionali riguarda il futuro prossimo venturo. L’atto fondamentale dello Stato per determinare finanziamenti e interventi in sanità è il Patto per la Salute, che ha valore triennale. Il Patto per la Salute 2013-2015 deve essere approvato in autunno: la bozza esistente non contiene obiettivi a favore della non autosufficienza. 7
  • 8. 6. Quali sono i primi segni del declino? A livello generale, nello scorso decennio gran parte delle Regioni (responsabili del maggior numero dei servizi) ha avviato, autonomamente, propri percorsi di riforma per potenziare il sistema. Mentre - fino a qualche tempo - fa l’aspettativa era che tali percorsi continuassero, oggi si registrano difficoltà crescenti a procedere con quanto previsto e, sempre più spesso, anche a mantenere ciò che è stato sinora realizzato (tab. 6). A livello concreto, in numerosi territori già si rilevano diversi sintomi dell’inizio del declino, la cui presenza, se non s’interverrà, è destinata a diffondersi. Essi riguardano: a) l’impossibilità per le famiglie di trovare le informazioni e consigli che richiedono, b) l’abbassamento della qualità, c) il peggioramento delle condizioni di lavoro, d) la non autosufficienza come causa di diseguaglianza (le conseguenze sono presentate più in dettaglio in tabella 7) Si tende sovente a ritenere che il rischio di declino costituirebbe un problema principalmente per il Meridione, dove il sistema dei servizi risulta più fragile e, dunque, più facilmente danneggiabile. In realtà non è così, e non solo perché le Regioni meridionali possono beneficiare di fondi europei destinati ai servizi domiciliari. Il punto, oggi e nel prossimo futuro, è che in assenza di un robusto intervento dello Stato anche il sistema di welfare delle Regioni settentrionali è destinato ad un notevole peggioramento. 7. Perché dite che nell’assistenza alle persone non autosufficienti tutti sanno “cosa bisognerebbe fare” mentre il punto è “cominciare a farlo”? Di una riforma nazionale del settore si discute da 15 anni, a partire dal 1997. Se ne sono occupate Commissioni di matrice politica (le principali sono la commissione Onofri, 1997, con il Governo Prodi I, e la commissione Maroni-Sirchia, 2003, con il Governo Berlusconi), i sindacati dei pensionati (che hanno presentato proprie proposte), commissioni tecniche (in particolare quelle istituite presso il Ministero della Salute per la revisione dei Lea, 2006-2007), sino ad arrivare al disegno di legge presentato dal Ministro Ferrero (Governo Prodi II nel 2007). Sono state elaborate, nondimeno, numerose analisi e proposte presentate autonomamente da esperti. Inoltre, le riforme realizzate negli altri paesi offrono numerosi spunti, con riferimento alle strade da seguire così come agli errori da non ripetere. Complessivamente, in questo settore emerge tra chi se ne occupa una notevole consonanza di vedute sulle cose da fare, che si ritrova in ben pochi altri ambiti delle politiche pubbliche. In Italia, dunque, non sono necessarie ulteriori analisi e riflessioni, ora bisogna iniziare a confrontarsi con la concreta attuazione dei necessari percorsi di riforma. 8
  • 9. 8. In che senso questa riforma costa poco? A soffrire di un finanziamento inadeguato sono i servizi alla persona, nel territorio (a domicilio, centri diurni) e nelle strutture residenziali. I servizi assorbono oggi una quota assai limitata di spesa pubblica e ciò produce un paradossale “vantaggio” (tab. 8). Poiché gli stanziamenti dedicati sono esigui, se ne potrebbe produrre una robusta crescita con sforzi marginali rispetto alla torta complessiva del bilancio pubblico. Infatti, si può avviare una riforma storica con uno stanziamento di soli 400 milioni di Euro. Nel tempo, sarà necessario incrementare ulteriormente le risorse dedicate. Le esigenze dei conti pubblici potranno impedire di farlo nell’immediato ma lo sviluppo potrà essere modulato negli anni in base all’evoluzione del quadro economico. D’altra parte rispondere alla non autosufficienza non costituisce un’esigenza solo di breve periodo, dato che stiamo parlando della sfida principale del welfare italiano nei prossimi 20 anni. Peraltro, neppure in prospettiva si tratta di un settore particolarmente oneroso: oggi la spesa pubblica dedicata rappresenta il 1,28% del Pil e – secondo uno studio svolto per il Ministero del Welfare – la soglia minima da raggiungere nei prossimi dieci anni per rispondere adeguatamente ai bisogni della popolazione anziana ammonta allo 1,5% mentre quella auspicabile allo 1,7%. Per valutarne l’impatto sulla finanza pubblica, basta confrontare queste cifre con le voci del bilancio complessivo in tabella 8 9. Non si potrebbero affrontare le maggiori necessità di assistenza con il ricorso ad assicurazioni private? Alcuni ritengono che lo sviluppo delle assicurazioni private possa costituire la principale risposta all’invecchiamento. Gli studi concordano nel ritenere che non sia così e che alle assicurazioni debba essere riservata una funzione esclusivamente integrativa di un maggiore sforzo pubblico. Anche l’OCSE è recentemente intervenuta - con un autorevole rapporto (Help Wanted?Providing and paying for long-term care) - per smontare l’illusione che le assicurazioni private possano far venir meno la necessità di maggiore spesa pubblica. In proposito, peraltro, c’è ampio consenso in Europa mentre solo in Italia - da più parti - si continua a sostenere il contrario. Dunque, la vera domanda è: perché se in tutta Europa si riconosce che le assicurazioni private non possono costituire la principale soluzione, nel nostro paese questa opinione è così diffusa? 9
  • 10. 10. Cosa rispondete a chi afferma che ottenere anche un incremento contenuto di risorse per la non autosufficienza sarà difficile nei prossimi anni? Rispondiamo che bisogna mettere meglio a fuoco cosa accadrebbe in caso contrario. Senza il necessario aumento dei finanziamenti pubblici, infatti, la qualità dell’assistenza peggiorerà e la possibilità di essere assistiti adeguatamente dipenderà sempre più dalle disponibilità economiche di ognuno. In sintesi: incremento della spesa pubblica o welfare residuale, non ci sono alternative. Rispondiamo, inoltre, che è una questione di scelte. Durante la “Seconda Repubblica”, le persone non autosufficienti sono rimaste escluse dalle priorità della politica. La mancata introduzione della riforma nazionale costituisce, infatti, il sintomo della difficoltà della politica di vedere il cambiamento della società, con la sempre più ampia diffusione della non autosufficienza. Non è un destino che ciò accada anche in futuro. Qualora vi fosse una scelta politica a favore delle persone non autosufficienti e dei loro familiari, si noterebbe che 400 milioni sono una cifra risibile per l’avviamento della riforma e che il passaggio delle risorse dedicate dall’attuale 1,28% del Pil all’1,7%, attraverso un percorso graduale di 10 anni, è assolutamente fattibile. 10
  • 11. DATI E INFORMAZIONI PER SAPERNE DI PIU’ Tab. 1 – L’incremento della popolazione 80+ in Italia Anno 1990 2010 2020 Persone con almeno 80 anni 1.8 3.5 4.5 (milioni) % sul totale della popolazione 3 6 7.5 Fonte: Istat Tab. 2 – Percentuale di persone 65+ che ricevono interventi per la non autosufficienza (interventi pubblici e badanti)5 , 2008-2009 % Strutture residenziali 2,6 Servizi di assistenza domiciliare (SAD) del 4,1 Comune Assistenza domiciliare integrata (ADI) della 2,8 ASL Indennità di accompagnamento 9,5 Badanti 7,6 Fonte: www.maggioli.it/rna Tab. 3 - Le riforme nazionali dell’assistenza ai non autosufficienti nei paesi dell’Europa a 15 più simili all’Italia Paese Anno Austria 1993 Germania 1995 Francia 2001 Spagna 2006 Portogallo 2006 Grecia - Italia - Fonte: www.forumterzosettore.it 5 Gli anziani che vivono nel territorio (escludendo quelli ospiti di strutture residenziali) non di rado ricevono contemporaneamente più di uno degli interventi elencati (sad, adi, indennità, badanti); l’indennità, in particolare. viene impiegata molto spesso per coprire parte della remunerazione delle badanti. Con la denominazione di strutture residenziali s’intendono qui tutte le diverse tipologie di residenze per anziani esistenti (residenze protette, residenze assistenziali e residenze sanitario-assistenziali). L’indennità è un contributo monetario di 492 euro mensili, erogato – indipendentemente dalle loro condizioni economiche - agli anziani che hanno bisogno di assistenza continua per deambulare e/o svolgere gli altri atti quotidiani della vita. 11
  • 12. Tab 4 -La riduzione dei fondi statali per le politiche sociali, 2008-20136 Milioni di Euro Numero indice (2008=100) 2008 2.526 100 2010 1.472 58 2013 200 8 Fonte: Elaborazioni di Misiani in www.astrid.eu Tab 5 – Il fondo nazionale per la non autosufficienza Anno Stanziamento 2008 300 2009 400 2010 400 2011 0 Tabella 6 – Le incertezze nelle riforme regionali per le persone non autosufficienti Legislatura regionale Legislatura regionale Legislatura regionale 2005-2010 2010-2105: aspettative iniziali 2010-2105: realtà attuale In molte Regioni avviamento Attesa di consolidamento delle Invece, difficoltà a procedere di percorsi di riforma basati su riforme con i percorsi previsti e/o a nuova progettualità, mantenere quanto già incremento della spesa, e realizzato rafforzamento dei servizi Fonte: www.maggioli.it/rna 6 La tabella considera l’insieme dei diversi fondi statali per il sociale. Prima delle decurtazioni, i principali di questi erano il Fondo Nazionale Politiche Sociali, il Fondo per i Non Autosufficienti, il Fondo Politiche per la Famiglia, il Fondo per il Servizio Civile. 12
  • 13. Tab. 7 – Quali sono le concrete conseguenze che il declino dell’ assistenza agli anziani non autosufficienti produce? Le conseguenze Esempi pratici Le famiglie non ricevono le - Indebolimento dei servizi di informazioni e i consigli che richiedono informazione/consulenza - Servizi domiciliari sempre più concentrati solo sulle singole prestazioni Un welfare in declino è di bassa qualità - La riduzione dei finanziamenti spinge a diminuire la qualità dei servizi Un lavoro spesso sfruttato - Meno risorse nei servizi si scaricano (anche) sugli operatori La non autosufficienza come origine di - Nelle strutture residenziali un gruppo diseguaglianza crescente di famiglie non riesce a pagare retta o lo fa solo a costo del proprio impoverimento - In generale, aumentano gli anziani che rimangono esclusi dai servizi pubblici Fonte: www.maggioli.it/rna Tabella 8 - Spesa pubblica per l’assistenza agli anziani, per la protezione sociale e spesa complessiva, Italia, 2009-2010 Intervento % del PIL Servizi alla persona 0,64 [AREA IN DIFFICOLTA’] di cui: Servizi territoriali (0,24) Strutture residenziali (0,40) Indennità di accompagnamento 0,66 Totale spesa assistenza anziani 1,28 Spesa protezione sociale 27,5 (pensioni, sanità e altro) Spesa pubblica complessiva 50,9 Fonte: Ragioneria Generale dello Stato 13