LEPS: IL PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO. Parte 2
L'assistenza domiciliare e residenziale agli anziani
1. L’ASSISTENZA DOMICILIARE E RESIDENZIALE AGLI ANZIANI
di Franco Pesaresi
Il costante invecchiamento della popolazione italiana, di per sé fenomeno estremamente positivo,
porta con sé come processo naturale un aumento delle patologie croniche e delle conseguenti
disabilità che chiamano i servizi pubblici ad un intervento sempre più ampio ed integrato. A questa
situazione occorre dare risposte promuovendo l’assistenza domiciliare ed incentivando l’impegno
diretto delle famiglie con l’obiettivo di mantenere il più possibile l’anziano nel proprio ambiente di
vita. In Italia, i servizi per l’assistenza agli anziani ed in particolare a quelli non autosufficienti,
nonostante gli sforzi di comuni e regioni, sono tra i meno sviluppati rispetto ai paesi dell’Unione
Europea. Tutto questo nonostante che gli anziani costituiscano il 18,2% della popolazione italiana,
una percentuale che è la più alta tra i paesi dell’Unione Europea.
Prendiamo l’assistenza domiciliare considerando sia quella sanitaria che quella erogata dai comuni
(SAD). I paesi del nord Europa come la Danimarca, la Finlandia, l’Olanda, e la Norvegia assistono
al loro domicilio oltre il 12% di anziani. La Danimarca arriva addirittura al 20,3%. Paesi come il
Regno Unito, la Francia, la Svezia e la Germania assistono al loro domicilio fra il 7% e il 10% di
anziani. L’Italia, stimiamo che assista al domicilio solamente il 2,8% di tutta la popolazione
anziana, di cui l’1,8% con l’ADI. Ad un livello più basso troviamo solo gli altri paesi mediterranei
dell’Unione Europea: la Grecia, la Spagna e forse il Portogallo.
Ma non si tratta solamente di un problema quantitativo che l’Italia deve superare al più presto ma si
pone anche un problema di qualità dell’assistenza domiciliare. In questi anni in Europa l’assistenza
domiciliare ha vissuto un processo di trasformazione qualitativa per adeguarsi alle necessità degli
assistiti. I comuni norvegesi e svedesi forniscono servizi domiciliari che funzionano 24 ore su 24
per tutti i giorni della settimana. In Svezia, nel 1997, il 32% degli assistiti ricevevano un intervento
domiciliare di sera o di notte. In questi paesi i servizi domiciliari oltre allla pulizia, agli acquisti,
alla cucina, alla lavanderia e all’igiene personale includono anche le cure di sollievo, i servizi
infermieristici e di fisioterapia, l’attività di educazione per le attività della vita quotidiana e
l’assistenza personale. Si registra anche un consistente aumento dell’uso di tecnologie informatiche,
promosso per migliorare la sicurezza e l’indipendenza dell’anziano al proprio domicilio. Per coloro
che ne hanno bisogno sono infatti disponibili sistemi di telecontrollo, collegati a centrali dove il
personale risponde alle richieste o agli allarmi ricevuti. I servizi domiciliari sono molto sviluppati
anche in Olanda. In particolare si segnala oltre all’assistenza domiciliare infermieristica che prevede
fino ad un massimo di 2-3 visite al giorno anche l’assistenza domiciliare intensiva che prevede
l’assistenza infermieristica anche di notte per un periodo che può arrivare fino a tre mesi.
Assai interessante anche la più recente esperienza francese legata all’applicazione del nuovo
programma di assistenza per le persone non autosufficienti denominato Allocation personnalisée
d’autonomie (APA). Nel caso di anziano da assistere al domicilio l’equipe medico-sociale definisce
il piano di assistenza. Il piano di assistenza può prevedere ore di aiuto domestico o di “custodia” a
domicilio (di giorno come di notte) effettuate da una terza persona, le spese di accoglienza
temporanea in una struttura residenziale, un servizio di pasti a domicilio, il teleallarme da installare,
dei lavori di adattamento dell’alloggio, un servizio di lavanderia a domicilio, un servizio di
trasporto, delle riparazione e dei piccoli lavori. Il piano di assistenza può prevedere anche degli aiuti
tecnici come una sedia a rotelle, dei bastoni da passeggio, un deambulatore, un letto articolato, un
sollevatore per malati.
In definitiva dunque, per favorire il mantenimento al domicilio delle persone anziane non
autosufficienti piuttosto che la loro collocazione in strutture residenziali i vari paesi europei hanno
realizzato una gamma di servizi sociali e sanitari domiciliari.
2. Questo è stato fatto al fine di permettere agli anziani con problemi di non autosufficienza di
partecipare ad una vita sociale “normale” nei limiti del possibile ma anche per realizzare altri
obiettivi, quali:
1. migliorare la qualità della vita degli anziani e alleviare le famiglie di parte del carico
assistenziale;
2. realizzare delle economie nelle spese assistenziali;
3. sostituire con l’assistenza domiciliare altre modalità e luoghi di cura (ospedale, strutture
residenziali) (Pesaresi, Gori, in corso di pubblicazione).
Questi esempi possono essere assai importanti anche per l’Italia che ha l’assoluta necessità di
sviluppare l’assistenza domiciliare sia in termini quantitativi per raggiungere un numero ben più
ampio di anziani sia in termini qualitativi per offrire un servizio più flessibile ed articolato che
sappia mettere in campo ogni risorsa per evitare la solitudine e l’istituzionalizzazione.
Il desiderio di evitare l’istituzionalizzazione degli anziani e di promuovere la qualità della vita degli
anziani con i primi problemi di autonomia, ha portato numerosi paesi a sviluppare anche l’offerta
di alloggi protetti per anziani dove gli stessi possano vivere autonomamente con l’aiuto
dell’assistenza domiciliare e con la garanzia di una maggiore sicurezza che può derivare da un
collegamento ad un sistema di telesoccorso o teleassistenza ed altro. Si tratta di alloggi adattati alle
esigenze degli anziani che perdono autonomia che spesso derivano dalla trasformazione delle
tradizionali residenze collettive. In Olanda, nel 1996, ben l’11% degli anziani erano ospitati in
alloggi protetti ma una offerta importante – fra il 3 e il 6% degli anziani - era ravvisabile anche in
altri paesi come la Svezia, l’Inghilterra, la Norvegia e la Danimarca.
La volontà di trovare strutture alternative alla tradizionale istituzionalizzazione ha portato la Francia
a realizzare 2.800 “Case appartamento” che dispongono di 153.000 posti. Queste strutture ospitano
persone anziane, in genere autonome, in alloggi indipendenti. I residenti pagano generalmente un
affitto, come in qualsiasi altro appartamento ma godono di prestazioni specifiche come la mensa, il
cambio biancheria ed altri aiuti che sono pagati dal beneficiario a parte.
Negli ultimi anni hanno cominciato a diffondersi sempre più le politiche per la diffusione delle
tecnologie applicate agli alloggi per anziani. Le nuove tecnologie non comprendono solo le
tecnologie informatiche o telematiche ma anche strumenti automatizzati di ausilio allo svolgimento
delle attività quotidiane all’interno dell’abitazione, come l’apertura o chiusura delle serrande con
telecomando o lo spostamento con sistema automatizzato del piano di lavoro della cucina. Il
mercato di tali prodotti e le politiche nazionali sono ancora poco sviluppate ma le sperimentazioni
non mancano e lasciano intravedere gli sviluppi per il futuro. In Danimarca (Sophie House), in
Norvegia (progetto Besta) ed in Olanda sono stati realizzati dei prototipi specifici di abitazione per
anziani provvista di numerosissimi supporti tecnologici innovativi in grado di aiutare un anziano
non autosufficiente a vivere nella propria abitazione. Recentemente anche in Italia alcune aziende
lungimiranti hanno cominciato a lavorare in questa direzione con iniziative sperimentali. In
Danimarca sono i poteri pubblici che sostengono l’utilizzo delle nuove tecnologie. In questo paese i
supporti tecnici sono concessi a tutti coloro che hanno necessità particolari, senza una verifica delle
possibilità economiche. Se un anziano ha bisogno di un supporto (ad esempio, del meccanismo di
apertura della porta a distanza o dell’allarme per la sicurezza personale) il reparto comunale dei
“supporti tecnici” provvede a pagarlo, installarlo e mantenerlo in funzione. Ma non basta. Migliaia
di persone anziane hanno attualmente un sistema di allarme trasmittente/ricevente che li mette in
connessione con il dipartimento del servizio sociale di giorno e i servizi di emergenza di notte
(Morini, 1998).
Quando sono esaurite tutte le possibilità di mantenere gli anziani non autosufficienti al proprio
domicilio o in un alloggio protetto occorre prevedere anche una rete di strutture residenziali. In
questo campo occorre però essere cauti perché la priorità rimane l’assistenza domiciliare.
Nell’Unione Europea la media non ponderata degli anziani ospitati nelle strutture residenziali
sociali e sanitarie è del 5,0% del totale complessivo degli anziani. Si registra però una tendenza dei
paesi del nord Europa (Norvegia, Finlandia, Olanda, ecc.) a collocarsi al di sopra del 6% (e fino al
3. 7,9%) ed una corrispondente tendenza dei paesi del sud d’Europa (Grecia, Spagna, Portogallo,
Italia) a collocarsi ad un livello basso di sviluppo della residenzialità collettiva per anziani, inferiore
al 3%. Nell’Unione Europea solo la Grecia ha un numero di posti letto residenziali più bassi
dell’Italia che sono pari al 2,5% degli anziani.
I dati a disposizione ci suggeriscono una inversione di tendenza negli anni ’90 circa l’andamento
degli anziani ricoverati delle strutture residenziali europee. Mentre per tutti gli anni ’80 essi hanno
continuato a crescere con l’eccezione di soli tre paesi, negli anni ’90 la maggioranza dei paesi
dell’Unione Europea sembrano aver ridotto la quota degli anziani collocati in istituzione.
Una delle scelte più innovative è stata portata avanti dalla Danimarca il cui Parlamento ha deciso
che dal 1° gennaio 1988 non si dovevano più costruire RSA e case protette, salvo situazioni
eccezionali. Le strutture residenziali tradizionali dovevano essere sostituite con abitazioni adeguate
agli anziani e servizi flessibili adatti alle loro esigenze. Lo slogan era “un habitat adatto ai grandi
anziani”. Così non solo non si sono costruite più nuove strutture ma si sono riconvertite alcune di
quelle esistenti in abitazioni per anziani. Un percorso simile è stato seguito anche dalla Norvegia.
Queste ultime esperienze che possono rappresentare dei punti di riferimento strategici non sono
però immediatamente applicabili all’Italia che si trova invece in una situazione di grave ritardo ed
inadeguatezza quantitativa e qualitativa rispetto alla domanda di assistenza residenziale da parte
degli anziani non autosufficienti. Abbiamo infatti una rete piuttosto diffusa di case di riposo (che
ospita 220.900 anziani) teoricamente per autosufficienti ma in realtà sovraccarica di soggetti
totalmente o parzialmente non autosufficienti insieme ad una rete assai modesta di residenze
sanitarie assistenziali per anziani non autosufficienti. Infatti nel 1999 i posti letto nelle residenze
sanitarie erano complessivamente 86.997 pari a 0,85 posti letto per ogni 100 anziani.
Occorre sottolineare la notevole distanza fra gli obiettivi delle regioni italiane e quanto finora è
stato realizzato (il 49%) e che le strutture realizzate sono concentrate in 4 regioni, le stesse che
hanno puntato soprattutto sull’utilizzo, la ristrutturazione e la riconversione di strutture residenziali
preesistenti. In realtà noi oggi abbiamo bisogno di una drastica riduzione delle case di riposo e di un
aumento delle residenze sanitarie per anziani non autosufficienti.
La priorità è quella di fornire oggi una assistenza qualitativamente e quantitativamente adeguata
agli anziani non autosufficienti. Questo risultato non è raggiungibile in tempi accettabili puntando
solo ed esclusivamente sulla realizzazione di nuove RSA che crescono in modo troppo lento;
l’unica soluzione tempestiva è quella che punta nello stesso tempo anche alla qualificazione
dell’esistente. Questa urgente necessità si incontra positivamente con la nuova normativa sulle
strutture residenziali del sistema sociale che nel volgere del prossimo quinquennio indurrà
obbligatoriamente le stesse a classificarsi come strutture a prevalente accoglienza alberghiera o
come strutture protette. Tenuto conto che attualmente nelle case di riposo l’ospite è nella
maggioranza dei casi un anziano non autosufficiente dobbiamo aspettarci che nel prossimo futuro
almeno 120.000 posti letto saranno riclassificati come case/residenze protette. Queste ultime
assistono, come abbiamo visto, anziani non autosufficienti, hanno standard strutturali simili a quelli
delle RSA differenziandosi da queste solo per i livelli assistenziali mediamente più bassi (Pesaresi,
2002). In questo modo si può fare un primo passo verso la qualificazione di una parte rilevante delle
strutture residenziali per anziani.
Bibliografia
Morini A. 1998, Requisiti per abitazioni per anziani, DEI, Roma.
Pesaresi F. 2002, L’evoluzione normativa nazionale e la classificazione delle regioni, in “Residenze sanitarie per
anziani” a cura di Trabucchi M., Brizioli E., Pesaresi F., Il Mulino, Bologna.
Pesaresi F., Gori C., Le politiche per gli anziani non autosufficienti in Europa, in corso di pubblicazione.
dirigente servizi sociali, educativi e sanità comune di Ancona. E.mail: fpesaresi@tin.it .
Articolo pubblicato nel volume : AA.VV. , « La sfida dell’innovazione per un servizio sanitario nazionale più efficace e
solidale », Editoriale Il Ponte, Roma, 2003.