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Riflessioni sull’importanza del qigong per la comprensione e per la
pratica della medicina cinese
Autore: Roy Jenzen – Journal of Chinese Medicine, n.87, june 2008
Traduzione: Attilio Bernini
Sommario
Nonostante il suo ruolo fondamentale nella genesi della medicina cinese, il qigong è
sorprendentemente poco compreso dai praticanti e dagli studenti di medicina cinese. La pratica del
qigong, che nella sua essenza ci connette al Tao – la via naturale che pervade tutte le cose – può
costituire una via di mezzo vitale, tra gli approcci eccessivamente intellettuali e analitici e quelli
“new age” superficiali, alla formazione e alla pratica in medicina cinese. E’ attraverso la pratica
esperienziale del qigong che i terapeuti possono apprendere come diventare veri guaritori e i
pazienti possono imparare a curare se stessi.
Quando il tuo corpo non è allineato,
Il potere interno non giungerà.
Quando non sei tranquillo dentro di te,
la tua mente non sarà ben ordinata.
Allinea il tuo corpo, sostieni il potere interiore,
Allora esso giungerà gradualmente da solo.
Nei-Yeh (Allenamento interiore, 4° secolo
a.C.), cap. 11
Anche se stanno crescendo in popolarità, i
concetti e le pratiche del qigong sono ancora
oscuri per una popolazione
sorprendentemente ampia di praticanti e
studenti contemporanei di medicina cinese.
Ciò è sorprendente, dato il ruolo
fondamentale che il qigong ha giocato nella
genesi stessa e nello sviluppo successivo di
ciò che essi praticano.
Perciò, cosa, in essenza, è il qigong e qual è la
sua importanza per la medicina cinese, in
particolare per la sua pratica clinica?
La risposta a queste domande può davvero
essere data solo da colui che le formula,
perché il qigong è una realtà esperienziale,
qualcosa che necessita di essere
(correttamente) praticato e sperimentato,
dopodiché il corpo sa di cosa si tratta. E’ nel
praticare che sorgono la conoscenza e
l’importanza.
Possiamo, tuttavia, acquisire un po’ di
comprensione di cosa esso sia e di cosa possa
essere, facendo un breve viaggio a ritroso alle
sue radici.
Qigong (letteralmente “abilità nel coltivare la
forza-vitale dinamica”) è un termine
contemporaneo usato per descrivere un antico
metodo cinese di cura della salute basato sulla
corretta respirazione e su specifici movimenti
studiati per aprire, rilasciare e connettere il
corpo. Quest’integrazione di respiro e
movimento è formulata per influire sul libero
e armonioso movimento di qì e sangue e per
promuovere uno stato di benessere del corpo,
della mente e dello spirito.
Sebbene altre antiche culture riconoscano
simili forme indigene, poche sembrano essere
state raffinate e praticate con continuità come
i metodi cinesi. Gli studiosi e gli
insegnamenti segreti delle tradizioni più
classiche fanno risalire la genesi di quello che
oggi noi chiamiamo qigong al primo
millennio a.C. e probabilmente anche un po’
prima. A quel tempo le pratiche erano note
come esercizi daoyin ed erano un aspetto
essenziale dello yang sheng shu, l’arte di
nutrire la vita. Erano basate sul concetto
sciamanico di stabilire una connessione e una
comunicazione con il mondo che circonda
l’esistenza umana.
Uno degli assiomi della pratica originale e
classica del qigong è la sua capacità di
comunicare con il Tao, la via naturale delle
cose che tutto permea. L’opinione scientifica
(cioè la meccanica quantistica) propone
sempre più intensamente l’idea che noi
viviamo in un campo diffuso di bio-
connettività. Ciò rappresenta uno scostamento
paradigmatico dalla vecchia, alienante
separazione Cartesiana tra mente e corpo e
dalle successive costruzioni (e costrizioni)
della legge Newtoniana. Sembrerebbe che il
pensiero antico e quello moderno stiano
inesorabilmente raggiungendo una
conclusione simile: che, anche se possiamo
sembrare a livello spaziale così insignificanti,
la realtà più grande è che siamo intricati in
modo profondo e inter-dipendente nel vasto
schema delle cose.
Fu l’osservazione ravvicinata, sistematica e
ispirata dei ritmi e dei cicli della natura, dei
movimenti e delle caratteristiche innate degli
animali allo stato selvaggio che divenne la
base di questo metodo di rapporto con
l’universo e si sviluppò in ciò che oggi è
conosciuto come qigong.
Uno dei primi metodi formali, probabilmente
il primo in assoluto, ad emergere e a
svilupparsi da questo primo periodo
sciamanico della storia umana fu la
“Sequenza Ancestrale del qigong dei Cinque
Animali” (wu qin yuan xi) e gli aspetti
essenziali della sua concezione e della pratica
rimangono con noi ancora oggi. Benché sia
stato modificato in una certa misura dai
successivi concetti Taoisti sulla visione del
mondo e, ancora più tardi, da praticanti
dall’approccio più orientato ai principi e alla
pratica della medicina cinese, l’intento
originale di questa forma – accedere allo
spirito ancestrale, risvegliarlo e liberarlo –
rimane intatto. Altri sistemi classici che si
svilupparono direttamente da questo
approccio autorevole – o ne vennero ispirati –
furono la sequenza del Lavaggio dei Midolli
(xi sui jing), la sequenza delle trasformazioni
dei muscoli e dei tendini (yi jin jing) e gli
Otto pezzi di Broccato (ba duan jin), come
pure diverse sequenze di esercizi taoisti per la
longevità, che comprendono anche delle
speciali forme di qigong deambulatorio.
Tutti questi metodi classici furono abbracciati
da diverse scuole e modificati o praticati
selettivamente secondo l’interesse e i bisogni
specifici di ogni scuola: che si trattasse della
salute e della longevità su cui si focalizzava la
scuola medica, la forza e il nei gong (abilità
interna), obiettivi della scuola marziale o le
aspirazioni spirituali della scuola meditativa.
Di fatto, come saprà bene ogni praticante di
qigong con una certa esperienza, esiste uno
sviluppo in ogni aspetto di queste tre
tradizioni, che si manifesta con la pratica
corretta e intensa di qualsiasi di esse, e questo
genere di categorizzazioni appare non
necessario e anche irrilevante se si praticano i
metodi classici correttamente e con attenzione.
La storia moderna del qigong comprende un
periodo in cui la pratica (come pure quella
delle arti marziali) fu bandita ufficialmente
durante la cosiddetta Rivoluzione Culturale,
un periodo particolarmente ignominioso della
storia cinese, dal quale la Cina e il suo popolo
non si sono ancora ripresi. Ciò nonostante,
malgrado rifiniture lungo il percorso, i sistemi
classici di qigong restano oggi,
sostanzialmente immutati.
Comprendendo questo retroterra, studenti,
praticanti e studiosi cominceranno ad avere un
senso più profondo della fondamentale
associazione del qigong con lo sviluppo della
medicina cinese. Capiranno meglio come
queste prime pratiche sciamaniche diedero
origine alle teorie concettuali che formano la
base stessa della medicina cinese, dal concetto
ingannevolmente semplice ma onnipresente di
yin e yang, la sua naturale estensione
nell’osservazione delle quattro (e
successivamente cinque) fasi della
trasformazione di ogni cosa, sino al concetto
di otto direzioni (ba gua). Raggiunta questa
comprensione, i praticanti potranno davvero
iniziare a chiedersi se la pratica del qigong
possa essere benefica per loro stessi, a livello
sia personale, sia professionale e se
intraprendere la sua (corretta) pratica possa
influenzare e sviluppare dentro loro stessi ciò
che essi cercano di raggiungere e sviluppare
negli altri: l’armonioso, pieno e puntuale
movimento di qì, sangue e spirito.
E’ con questa comprensione che la pratica del
qigong può assumere un significato più
profondo. Mentre diveniamo sempre più
consapevoli di aprire, liberare e connettere il
nostro mondo interiore, sia strutturalmente,
sia energeticamente, cominciamo a sentire, a
percepire, a “estenderci al di là di noi stessi” e
a entrare in un mondo a noi prima sconosciuto,
un mondo in cui diventiamo consapevoli di un
cosciente interscambio con tutto ciò che è e
(per estensione naturale) con tutto ciò che è
stato e tutto ciò che sarà.
Per alcuni, questo è l’aspetto “spirituale” del
qigong, tuttavia l’accezione generale
Occidentale del termine “spirituale” non è ciò
a cui si allude nel lavoro classico del qigong e
neppure nella pratica di alto livello delle arti
marziali. Piuttosto, ciò che si intende è che,
attraverso la coltivazione di una pratica
“infusa di spirito”, si ha una naturale
estensione e bio-connessione della nostra
energia vitale innata con il Tao, l’Ignoto
fondamentalmente elusivo che tutto permea.
Questa estensione aldilà (o piuttosto,
estensione dentro) dipende tuttavia non da
concetti e da pratiche orientate
esclusivamente al mentale, ma piuttosto da
solide radici strutturali (fisiche) e funzionali
(energetiche). E’ da questa base che lo spirito
umano può sfolgorare al massimo della sua
pienezza e radiosità. Questo è shen ming, la
radiosità e la proiezione dell’energia vitale
interiore, dipendente in ultima analisi dalla
natura ancorante e sostenente della nostra
essenza. Le pratiche del qigong tradizionale e
delle arti marziali mettono un’attenzione
particolare nella coltivazione di questi fattori
strutturali e funzionali.
Un ammonimento spesso ripetuto è che prima
bisogna rafforzare e approfondire le radici, e
in tale addestramento classico, le pratiche
spirituali sono definite molto meglio come
pratiche infuse di spirito. Di fatto, la maggior
parte delle scuole di pensiero taoiste (per
esempio la scuola long men, della Porta del
Drago) e tutti i sistemi tradizionali di arti
marziali interne, pongono l’accento
sull’importanza di uno sforzo non
spiritualmente orientato, comprendendo che
tali rivelazioni sono conseguenza naturale di
quelle che alla mente Occidentale possono
apparire più come delle pratiche elementari.
In questo contesto, “trattare lo spirito” in
medicina cinese potrebbe essere interpretato
più realisticamente come assicurarsi che le
radici, le fondamenta dello spirito (la spinta a
ricercare e a sostenere la vita) siano in buon
ordine, relativamente all’individuo. E’
quest’ordine, questa sorgente sostenibile che
consente il libero e dispiegato movimento di
un approccio vigoroso e maturante alla vita, a
tutte le sue prove e le sue tribolazioni, così
come alle sue gioie e ai suoi piaceri.
Sviluppare questo sentimento di ordine e di
benessere all’interno di se stessi sembrerebbe
essere un requisito quasi fondamentale –
addirittura una responsabilità – per chiunque
acceda a una professione terapeutica,
particolarmente una dotata della profondità
che la medicina cinese abbraccia nelle sue
manifestazioni piene e olistiche. E’ una
naturale conseguenza di questo impegno da
parte del praticante, che nasca dall’interno
una presenza terapeutica, una che ha un sottile,
ma spesso profondo effetto sopra ogni
incontro clinico e che può davvero condurre il
paziente, sia coscientemente che
inconsciamente, a un differente stato
dell’essere e rendere possibile un diverso
risultato rispetto a quanto sarebbe stato
altrimenti possibile.
L’altro prodotto naturale di questa condizione
più profonda di consapevolezza del terapeuta
è lo svilupparsi e il raffinarsi della propria
capacità diagnostica, attraverso l’aumentata
percezione della sensazione dell’energia che
così spesso accompagna ogni sviluppo
dell’abilità nel qigong. Questo raffinarsi della
diagnosi attraverso il polso, attraverso
l’osservazione e attraverso una conoscenza
che nasce dall’immobilità, ci apre a un nuovo
livello di coinvolgimento terapeutico,
aiutandoci a valutare più a fondo le necessità
e il protocollo terapeutico appropriati per ogni
singolo paziente, per ogni manifestazione
unica di materia ed energia, che cerca il
nostro supporto.
Il terapeuta addestrato nel qigong è anche
nella posizione di poter prescrivere il qigong a
quei pazienti per i quali potrebbe essere, a suo
sentire, di beneficio. Effettivamente, ci sono
numerosi scenari clinici nei quali il qigong è
il trattamento elettivo, data la sua intrinseca
capacità di muovere energicamente qì e
sangue ristagnanti – situazioni che,
naturalmente, risiedono nel nucleo stesso di
molte condizioni di disarmonia e che sono
spesso implicate, direttamente o
indirettamente in molte presentazioni cliniche.
Facendo ciò, educando in questo modo i
nostri pazienti, siamo in grado di offrire loro
non solo una prescrizione personalizzata ed
efficace (molto simile alla fitoterapia classica
cinese), ma anche uno strumento concreto per
aiutare attivamente la loro propria guarigione
e per sostenere la loro stessa consapevolezza.
Ciò costituisce intrinsecamente un
potenziamento dell’individuo e sviluppa sia il
senso del proprio valore, sia quello della
propria responsabilità, due dei doni più grandi
che possiamo offrire a coloro che bussano alla
nostra porta. E’ allora che il terapeuta
comincia a entrare nella dimensione del
guaritore, una parola oggi spesso fraintesa (e
mal utilizzata), che ha poco a che fare con
l’uso comune e superficiale, di stampo “new
age” del termine.
In qualche modo, chi pratica la medicina
cinese ha una responsabilità storica e
personale di “essere tutto ciò che può essere”
in questo contesto e di non solo sostenere e
proseguire questo approccio unico al
promuovere e mantenere il benessere
dell’esistenza, ma di abbracciare e supportare
la spinta innata dello spirito dell’uomo a
sviluppare e raffinare il concetto di benessere,
di “stare bene”, e anche di più.
Tuttavia, siamo stati testimoni di un certo
grado di ingenuità e di ignoranza – e di non
poca invenzione – nello sviluppo e nella
presentazione della medicina cinese in
Occidente e, in misura minore ma
significativa, nella stessa Cina. Da una parte
ciò ha ottenuto e incoraggiato un approccio
più intellettuale, eminentemente analitico,
addirittura scientifico alla comprensione, alla
presentazione e alla pratica della medicina
cinese. D’altra parte ha favorito
un’interpretazione “new age” delle tecniche
cinesi classiche, che è poco concreta e di
dubbio valore clinico. Queste due tendenze ci
hanno allontanato da alcune antiche strade
clinicamente utili e illuminanti, i lao gong
(antiche abilità). Un aspetto di questo
fenomeno è l’abbandono o il fraintendimento
del’importanza fondamentale della
conoscenza e della pratica del qigong classico
per la pratica della medicina cinese o, in
alternativa, la sua rappresentazione come
velata di mistero e imbiancata di “spiritualità”.
Sembrerebbe, tuttavia, che stiamo assistendo
all’ingresso nella formazione in medicina
cinese di una nuova e più consapevole
generazione di studenti. Di conseguenza, può
benissimo darsi che questi due approcci
muoiano di morte naturale. Potremo allora
assistere all’emergere di un approccio classico
più olistico che – sulla base di una solida
conoscenza dei principi e della pratica della
medicina cinese classica – ci chieda di
abbracciare quella saggezza innata del corpo
che ognuno di noi possiede, un “sapere
cellulare” che troppo spesso resta sopito
dentro di noi, attendendo una primavera che
non arriva mai o che arriva solo di sfuggita.
E’ il cammino mediano che dobbiamo cercare.
Questo si otterrà con un impegno di studio e
sarà messo alla prova dall’indagine e dalla
ricerca contemporanee, ma allo stesso tempo
sarà potenziato dalla consapevolezza
esperienziale dell’invisibile (ma non ignoto) e
dall’apertura a esso, al dinamismo che tutto
pervade, che pone la natura umana dentro
l’essere e che rende molto più potenti di
quanto molti di noi si rendano conto.
Come fu detto già dagli antichi Taoisti, “non è
tanto ciò che pensiamo o diciamo a
determinare prevalentemente la nostra vita,
ma ciò che facciamo”.
Roy Jenzen è un dottore in medicina cinese
con 28 anni circa di esperienza clinica. Roy
risiede a Perth, Australia Occidentale, ed è un
praticante di vecchia data di qigong e delle
arti marziali cinesi interne dello xingyi e del
bagua zhang.

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Qigong and chinese medicine

  • 1. Riflessioni sull’importanza del qigong per la comprensione e per la pratica della medicina cinese Autore: Roy Jenzen – Journal of Chinese Medicine, n.87, june 2008 Traduzione: Attilio Bernini Sommario Nonostante il suo ruolo fondamentale nella genesi della medicina cinese, il qigong è sorprendentemente poco compreso dai praticanti e dagli studenti di medicina cinese. La pratica del qigong, che nella sua essenza ci connette al Tao – la via naturale che pervade tutte le cose – può costituire una via di mezzo vitale, tra gli approcci eccessivamente intellettuali e analitici e quelli “new age” superficiali, alla formazione e alla pratica in medicina cinese. E’ attraverso la pratica esperienziale del qigong che i terapeuti possono apprendere come diventare veri guaritori e i pazienti possono imparare a curare se stessi. Quando il tuo corpo non è allineato, Il potere interno non giungerà. Quando non sei tranquillo dentro di te, la tua mente non sarà ben ordinata. Allinea il tuo corpo, sostieni il potere interiore, Allora esso giungerà gradualmente da solo. Nei-Yeh (Allenamento interiore, 4° secolo a.C.), cap. 11 Anche se stanno crescendo in popolarità, i concetti e le pratiche del qigong sono ancora oscuri per una popolazione sorprendentemente ampia di praticanti e studenti contemporanei di medicina cinese. Ciò è sorprendente, dato il ruolo fondamentale che il qigong ha giocato nella genesi stessa e nello sviluppo successivo di ciò che essi praticano. Perciò, cosa, in essenza, è il qigong e qual è la sua importanza per la medicina cinese, in particolare per la sua pratica clinica? La risposta a queste domande può davvero essere data solo da colui che le formula, perché il qigong è una realtà esperienziale, qualcosa che necessita di essere (correttamente) praticato e sperimentato, dopodiché il corpo sa di cosa si tratta. E’ nel praticare che sorgono la conoscenza e l’importanza. Possiamo, tuttavia, acquisire un po’ di comprensione di cosa esso sia e di cosa possa essere, facendo un breve viaggio a ritroso alle sue radici. Qigong (letteralmente “abilità nel coltivare la forza-vitale dinamica”) è un termine contemporaneo usato per descrivere un antico metodo cinese di cura della salute basato sulla corretta respirazione e su specifici movimenti studiati per aprire, rilasciare e connettere il corpo. Quest’integrazione di respiro e movimento è formulata per influire sul libero e armonioso movimento di qì e sangue e per promuovere uno stato di benessere del corpo, della mente e dello spirito. Sebbene altre antiche culture riconoscano simili forme indigene, poche sembrano essere state raffinate e praticate con continuità come i metodi cinesi. Gli studiosi e gli insegnamenti segreti delle tradizioni più classiche fanno risalire la genesi di quello che oggi noi chiamiamo qigong al primo millennio a.C. e probabilmente anche un po’ prima. A quel tempo le pratiche erano note come esercizi daoyin ed erano un aspetto essenziale dello yang sheng shu, l’arte di nutrire la vita. Erano basate sul concetto sciamanico di stabilire una connessione e una comunicazione con il mondo che circonda l’esistenza umana. Uno degli assiomi della pratica originale e classica del qigong è la sua capacità di comunicare con il Tao, la via naturale delle cose che tutto permea. L’opinione scientifica (cioè la meccanica quantistica) propone sempre più intensamente l’idea che noi viviamo in un campo diffuso di bio- connettività. Ciò rappresenta uno scostamento paradigmatico dalla vecchia, alienante separazione Cartesiana tra mente e corpo e dalle successive costruzioni (e costrizioni) della legge Newtoniana. Sembrerebbe che il pensiero antico e quello moderno stiano
  • 2. inesorabilmente raggiungendo una conclusione simile: che, anche se possiamo sembrare a livello spaziale così insignificanti, la realtà più grande è che siamo intricati in modo profondo e inter-dipendente nel vasto schema delle cose. Fu l’osservazione ravvicinata, sistematica e ispirata dei ritmi e dei cicli della natura, dei movimenti e delle caratteristiche innate degli animali allo stato selvaggio che divenne la base di questo metodo di rapporto con l’universo e si sviluppò in ciò che oggi è conosciuto come qigong. Uno dei primi metodi formali, probabilmente il primo in assoluto, ad emergere e a svilupparsi da questo primo periodo sciamanico della storia umana fu la “Sequenza Ancestrale del qigong dei Cinque Animali” (wu qin yuan xi) e gli aspetti essenziali della sua concezione e della pratica rimangono con noi ancora oggi. Benché sia stato modificato in una certa misura dai successivi concetti Taoisti sulla visione del mondo e, ancora più tardi, da praticanti dall’approccio più orientato ai principi e alla pratica della medicina cinese, l’intento originale di questa forma – accedere allo spirito ancestrale, risvegliarlo e liberarlo – rimane intatto. Altri sistemi classici che si svilupparono direttamente da questo approccio autorevole – o ne vennero ispirati – furono la sequenza del Lavaggio dei Midolli (xi sui jing), la sequenza delle trasformazioni dei muscoli e dei tendini (yi jin jing) e gli Otto pezzi di Broccato (ba duan jin), come pure diverse sequenze di esercizi taoisti per la longevità, che comprendono anche delle speciali forme di qigong deambulatorio. Tutti questi metodi classici furono abbracciati da diverse scuole e modificati o praticati selettivamente secondo l’interesse e i bisogni specifici di ogni scuola: che si trattasse della salute e della longevità su cui si focalizzava la scuola medica, la forza e il nei gong (abilità interna), obiettivi della scuola marziale o le aspirazioni spirituali della scuola meditativa. Di fatto, come saprà bene ogni praticante di qigong con una certa esperienza, esiste uno sviluppo in ogni aspetto di queste tre tradizioni, che si manifesta con la pratica corretta e intensa di qualsiasi di esse, e questo genere di categorizzazioni appare non necessario e anche irrilevante se si praticano i metodi classici correttamente e con attenzione. La storia moderna del qigong comprende un periodo in cui la pratica (come pure quella delle arti marziali) fu bandita ufficialmente durante la cosiddetta Rivoluzione Culturale, un periodo particolarmente ignominioso della storia cinese, dal quale la Cina e il suo popolo non si sono ancora ripresi. Ciò nonostante, malgrado rifiniture lungo il percorso, i sistemi classici di qigong restano oggi, sostanzialmente immutati. Comprendendo questo retroterra, studenti, praticanti e studiosi cominceranno ad avere un senso più profondo della fondamentale associazione del qigong con lo sviluppo della medicina cinese. Capiranno meglio come queste prime pratiche sciamaniche diedero origine alle teorie concettuali che formano la base stessa della medicina cinese, dal concetto ingannevolmente semplice ma onnipresente di yin e yang, la sua naturale estensione nell’osservazione delle quattro (e successivamente cinque) fasi della trasformazione di ogni cosa, sino al concetto di otto direzioni (ba gua). Raggiunta questa comprensione, i praticanti potranno davvero iniziare a chiedersi se la pratica del qigong possa essere benefica per loro stessi, a livello sia personale, sia professionale e se intraprendere la sua (corretta) pratica possa influenzare e sviluppare dentro loro stessi ciò che essi cercano di raggiungere e sviluppare negli altri: l’armonioso, pieno e puntuale movimento di qì, sangue e spirito. E’ con questa comprensione che la pratica del qigong può assumere un significato più profondo. Mentre diveniamo sempre più consapevoli di aprire, liberare e connettere il nostro mondo interiore, sia strutturalmente, sia energeticamente, cominciamo a sentire, a percepire, a “estenderci al di là di noi stessi” e a entrare in un mondo a noi prima sconosciuto, un mondo in cui diventiamo consapevoli di un cosciente interscambio con tutto ciò che è e (per estensione naturale) con tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà. Per alcuni, questo è l’aspetto “spirituale” del qigong, tuttavia l’accezione generale Occidentale del termine “spirituale” non è ciò
  • 3. a cui si allude nel lavoro classico del qigong e neppure nella pratica di alto livello delle arti marziali. Piuttosto, ciò che si intende è che, attraverso la coltivazione di una pratica “infusa di spirito”, si ha una naturale estensione e bio-connessione della nostra energia vitale innata con il Tao, l’Ignoto fondamentalmente elusivo che tutto permea. Questa estensione aldilà (o piuttosto, estensione dentro) dipende tuttavia non da concetti e da pratiche orientate esclusivamente al mentale, ma piuttosto da solide radici strutturali (fisiche) e funzionali (energetiche). E’ da questa base che lo spirito umano può sfolgorare al massimo della sua pienezza e radiosità. Questo è shen ming, la radiosità e la proiezione dell’energia vitale interiore, dipendente in ultima analisi dalla natura ancorante e sostenente della nostra essenza. Le pratiche del qigong tradizionale e delle arti marziali mettono un’attenzione particolare nella coltivazione di questi fattori strutturali e funzionali. Un ammonimento spesso ripetuto è che prima bisogna rafforzare e approfondire le radici, e in tale addestramento classico, le pratiche spirituali sono definite molto meglio come pratiche infuse di spirito. Di fatto, la maggior parte delle scuole di pensiero taoiste (per esempio la scuola long men, della Porta del Drago) e tutti i sistemi tradizionali di arti marziali interne, pongono l’accento sull’importanza di uno sforzo non spiritualmente orientato, comprendendo che tali rivelazioni sono conseguenza naturale di quelle che alla mente Occidentale possono apparire più come delle pratiche elementari. In questo contesto, “trattare lo spirito” in medicina cinese potrebbe essere interpretato più realisticamente come assicurarsi che le radici, le fondamenta dello spirito (la spinta a ricercare e a sostenere la vita) siano in buon ordine, relativamente all’individuo. E’ quest’ordine, questa sorgente sostenibile che consente il libero e dispiegato movimento di un approccio vigoroso e maturante alla vita, a tutte le sue prove e le sue tribolazioni, così come alle sue gioie e ai suoi piaceri. Sviluppare questo sentimento di ordine e di benessere all’interno di se stessi sembrerebbe essere un requisito quasi fondamentale – addirittura una responsabilità – per chiunque acceda a una professione terapeutica, particolarmente una dotata della profondità che la medicina cinese abbraccia nelle sue manifestazioni piene e olistiche. E’ una naturale conseguenza di questo impegno da parte del praticante, che nasca dall’interno una presenza terapeutica, una che ha un sottile, ma spesso profondo effetto sopra ogni incontro clinico e che può davvero condurre il paziente, sia coscientemente che inconsciamente, a un differente stato dell’essere e rendere possibile un diverso risultato rispetto a quanto sarebbe stato altrimenti possibile. L’altro prodotto naturale di questa condizione più profonda di consapevolezza del terapeuta è lo svilupparsi e il raffinarsi della propria capacità diagnostica, attraverso l’aumentata percezione della sensazione dell’energia che così spesso accompagna ogni sviluppo dell’abilità nel qigong. Questo raffinarsi della diagnosi attraverso il polso, attraverso l’osservazione e attraverso una conoscenza che nasce dall’immobilità, ci apre a un nuovo livello di coinvolgimento terapeutico, aiutandoci a valutare più a fondo le necessità e il protocollo terapeutico appropriati per ogni singolo paziente, per ogni manifestazione unica di materia ed energia, che cerca il nostro supporto. Il terapeuta addestrato nel qigong è anche nella posizione di poter prescrivere il qigong a quei pazienti per i quali potrebbe essere, a suo sentire, di beneficio. Effettivamente, ci sono numerosi scenari clinici nei quali il qigong è il trattamento elettivo, data la sua intrinseca capacità di muovere energicamente qì e sangue ristagnanti – situazioni che, naturalmente, risiedono nel nucleo stesso di molte condizioni di disarmonia e che sono spesso implicate, direttamente o indirettamente in molte presentazioni cliniche. Facendo ciò, educando in questo modo i nostri pazienti, siamo in grado di offrire loro non solo una prescrizione personalizzata ed efficace (molto simile alla fitoterapia classica cinese), ma anche uno strumento concreto per aiutare attivamente la loro propria guarigione e per sostenere la loro stessa consapevolezza. Ciò costituisce intrinsecamente un
  • 4. potenziamento dell’individuo e sviluppa sia il senso del proprio valore, sia quello della propria responsabilità, due dei doni più grandi che possiamo offrire a coloro che bussano alla nostra porta. E’ allora che il terapeuta comincia a entrare nella dimensione del guaritore, una parola oggi spesso fraintesa (e mal utilizzata), che ha poco a che fare con l’uso comune e superficiale, di stampo “new age” del termine. In qualche modo, chi pratica la medicina cinese ha una responsabilità storica e personale di “essere tutto ciò che può essere” in questo contesto e di non solo sostenere e proseguire questo approccio unico al promuovere e mantenere il benessere dell’esistenza, ma di abbracciare e supportare la spinta innata dello spirito dell’uomo a sviluppare e raffinare il concetto di benessere, di “stare bene”, e anche di più. Tuttavia, siamo stati testimoni di un certo grado di ingenuità e di ignoranza – e di non poca invenzione – nello sviluppo e nella presentazione della medicina cinese in Occidente e, in misura minore ma significativa, nella stessa Cina. Da una parte ciò ha ottenuto e incoraggiato un approccio più intellettuale, eminentemente analitico, addirittura scientifico alla comprensione, alla presentazione e alla pratica della medicina cinese. D’altra parte ha favorito un’interpretazione “new age” delle tecniche cinesi classiche, che è poco concreta e di dubbio valore clinico. Queste due tendenze ci hanno allontanato da alcune antiche strade clinicamente utili e illuminanti, i lao gong (antiche abilità). Un aspetto di questo fenomeno è l’abbandono o il fraintendimento del’importanza fondamentale della conoscenza e della pratica del qigong classico per la pratica della medicina cinese o, in alternativa, la sua rappresentazione come velata di mistero e imbiancata di “spiritualità”. Sembrerebbe, tuttavia, che stiamo assistendo all’ingresso nella formazione in medicina cinese di una nuova e più consapevole generazione di studenti. Di conseguenza, può benissimo darsi che questi due approcci muoiano di morte naturale. Potremo allora assistere all’emergere di un approccio classico più olistico che – sulla base di una solida conoscenza dei principi e della pratica della medicina cinese classica – ci chieda di abbracciare quella saggezza innata del corpo che ognuno di noi possiede, un “sapere cellulare” che troppo spesso resta sopito dentro di noi, attendendo una primavera che non arriva mai o che arriva solo di sfuggita. E’ il cammino mediano che dobbiamo cercare. Questo si otterrà con un impegno di studio e sarà messo alla prova dall’indagine e dalla ricerca contemporanee, ma allo stesso tempo sarà potenziato dalla consapevolezza esperienziale dell’invisibile (ma non ignoto) e dall’apertura a esso, al dinamismo che tutto pervade, che pone la natura umana dentro l’essere e che rende molto più potenti di quanto molti di noi si rendano conto. Come fu detto già dagli antichi Taoisti, “non è tanto ciò che pensiamo o diciamo a determinare prevalentemente la nostra vita, ma ciò che facciamo”. Roy Jenzen è un dottore in medicina cinese con 28 anni circa di esperienza clinica. Roy risiede a Perth, Australia Occidentale, ed è un praticante di vecchia data di qigong e delle arti marziali cinesi interne dello xingyi e del bagua zhang.