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LA VERA STORIA DI CASCINAZZA
Luglio 2006
2
Indice
1. Premessa.................................................................3
2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza .............5
3. La cascina............................................................. 10
4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza ...................... 11
5. Nel frattempo cosa “succede” in città.......................... 13
6. Il Comune di Monza e la Regione ................................. 17
7. Il Piano di Lottizzazione presentato ............................. 18
8 . Gli altri strumenti di governo vigenti ........................... 22
9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)............. 24
10 Fatto e svolgimento del giudizio ................................. 25
11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info . 40
12 . I ricorsi............................................................... 43
Appendice: Brevi cenni di storia urbanistica di Monza .......... 46
3
1. Premessa
L’area cosiddetta “cascinazza” è, notoriamente, situata a sud-est di Monza,
sul lato destro del tratto del fiume Lambro che attraversa il territorio del
Comune al margine esterno del centro edificato. Quel che rimane di proprietà
di ISTEDIN è l’esito di vicende storiche, complesse da comprendere e
necessariamente lunghe da narrare1
.
L’area, la cui proprietà (ISTEDIN) fa capo al gruppo Paolo Berlusconi, in
origine aveva un estensione di circa mq 800.000. Attualmente ha
un’estensione circa di mq 500.000. La differenza è stata, sostanzialmente,
ceduta a titolo gratuito al Comune.
Nell’anno 1962 venne stipulata tra la proprietà ed il Comune di Monza - in
attuazione delle previsioni urbanistiche dell’epoca – una convenzione di
lottizzazione per la edificazione sull’area di un insediamento residenziale
della consistenza di circa 1.600.000. mc., oltre a mc. 200.000. per
attrezzature; ed in adempimento degli obblighi assunti con la convenzione la
Società lottizzante cedette gratuitamente al Comune di Monza aree per circa
300.000. mq, oltre ad altre aree in pagamento dell’imposta sull’incremento di
valore delle aree fabbricabili. Per contro il Comune di Monza provvide
successivamente a modificare la destinazione urbanistica delle aree
disciplinate dalla lottizzazione, riducendo a meno di un quarto la edificabilità
ivi prevista.
1
Il documento che segue è stato redatto consultando tutti i documenti originali: chiunque
fosse interessato ad approfondire l’argomento può liberamente chiedere di prenderne
visione.
4
Cascinazza, progetto di zonizzazione e planivolumetria – 1964
5
2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza
Prof. Pier Luigi Dall’Aglio, Bologna 2001
Dipartimento di archeologia Università di Bologna
L'area oggetto dell'intervento faceva parte in età romana del territorio di
Mediolanum, la attuale Milano. Già centro principale dei Galli Insubri,
Mediolanum diventa municipium, cioè una città con un proprio territorio, nel
corso del 1 sec. a.C. in seguito alla progressiva estensione della cittadinanza
romana e latina ai vari popoli italici e alle genti della "Gallia Cisalpina" dopo
il c.d. “bellum sociale” e le prime guerre civili. E' probabilmente in occasione
della sua erezione a municipio che il territorio milanese vede l'intervento
degli agrimensori romani con il tracciamento della centuriazione.
Centuriare un territorio significava, come noto, tracciare una serie di limiti, i
cardini e i decumani, tra loro paralleli e perpendicolari in modo da ottenere
dei quadrati, le centurie appunto, di 20 actus di lato, corrispondenti a circa
710 metri. Tracciando altri limiti all'interno delle varie centurie, i c.d.
“limites intercisivi”, erano ricavati i vari appezzamenti da assegnare ai
coloni. In origine gli appezzamenti erano di 2 jugera quadrati, circa 2500 mq,
in modo che ogni quadrato di 20 actus di lato accoglieva 100 famiglie di
coloni, da cui il nome "centuria". In seguito però ampiezza dei vani
appezzamenti, detti “sortes” perché assegnati al coloni per sorteggio,
aumenta e comunque viene fissato di volta in volta dal Senato con l'atto che
stabiliva la deduzione della colonia o l'assegnazione di una parte dell'ager
pubblicus a dei privati cittadini. La centuriazione, quindi, serviva per
individuare i vari lotti, ma nello stesso tempo era una grande opera di
sistemazione territoriale che comportava disboscamenti e, soprattutto, una
rigorosa regimazione delle acque di superficie. Ciò richiedeva che i cardini e i
decumani, che erano materializzati sul terreno da strade e canali, fossero
tracciati in modo da rispettare la naturale pendenza del terreno, così da
consentire il regolare deflusso delle acque evitando ristagni e impaludamenti.
Accanto a questi interventi c'era poi la regimazione dei corsi d'acqua con la
costruzione di argini e talora di fossati scolmatori in modo da ridurre al
minimo i pericoli di inondazioni.
La centuriazione è dunque un grande intervento di bonifica e la sua perfetta
aderenza alla geografia fisica ha fatto in modo che si sia sostanzialmente
conservata sino a noi: quella regolarità del paesaggio rurale che ancora oggi
caratterizza le nostre pianure ricalca la regolarità della divisione di età
romana e là dove viene meno è perché tra l'età romana e oggi sono
intervenute trasformazioni fisiografiche che hanno modificato l'andamento del
piano topografico portando ad una nuova sistemazione del territorio.
Stando a quanto si è detto, ricostruire la centuriazione di un territorio
significa in sostanza riconoscere all'interno del paesaggio attuale i "segni" che
6
appunto ne ricalcano i limiti di età romana. Tali segni sono in pratica
costituiti da strade e canali tra loro paralleli e perpendicolari, che corrono ad
una distanza di circa 710 m o a distanze che sono multipli o sottomultipli dei
20 actus originari.
Nel territorio milanese questa operazione di riconoscimento apparentemente
semplice è resa particolarmente difficoltosa dalla forte antropizzazione che
ha profondamente modificato il paesaggio più antico e che, con la sua grande
molteplicità di segni, maschera le tracce dell'intervento degli agrimensori
romani. A questo si aggiunga che spesso le nuove pianificazioni sono
condizionate da elementi diversi e quindi finiscono con il coprire il catasto
originano con orientamenti differenti.
Per tutti questi motivi per una ricostruzione puntuale della centuriazione
dell'ager Mediolanensis sarebbe necessario poter disporre di una cartografia
storica a grande scala e di un panorama completo del popolamento di età
romana e di età altomedievale. Pur in assenza di questa documentazione
un'analisi delle tavolette IGM permette di riconoscere ugualmente tutta una
serie di allineamenti riconducibili all'organizzazione territoriale di età
romana.
Innanzi tutto va evidenziato come nel territorio attorno alla metropoli siano
riconoscibili diversi orientamenti dovuti al diverso andamento del piano
topografico. Così a nord del centro urbano, all'incirca tra le attuali strade
statali 36 e 35, l'orientamento prevalente della campagna va da NNO a SSE e
lo stesso accade a sud di Milano, mentre ad ovest e a sud della città, ad
occidente della via Emilia, l'inclinazione si accentua e i cardini della
centuriazione si dispongono da NO a SE. Nel settore a NE di Milano, che è
quello che qui interessa, l'orientamento della centuriazione è invece
sostanzialmente "secundum coelum", cioè secondo i punti cardinali e quindi
con i cardi orientati N-S e i decumani E-O. Ancora diverso è l'orientamento nel
settore attorno ad Arcore e Vimercate dove la vicinanza con le colline
moreniche che delimitano a sud il Lago di Como porta le strade e i canali ad
assumere prevalentemente un orientamento NE-SO.
In ogni caso, come si è accennato, le persistenze centuriali sono di difficile
riconoscimento e comunque non sono conservate integralmente, ma abbiamo
solo frammenti di cardini e decumani, che comunque testimoniano con la loro
presenza come il territorio sia stato diviso e assegnato in età romana.
Venendo al settore che qui interessa, vale a dire la zona a NE di Milano, le
persistenze della centuriazione, per quanto lacunose, sono comunque ben
presenti in quello che è l'orientamento attuale della campagna così come
attestato dalle tavolette dell'IGM, che risalendo quella di Sesto San Giovanni
al 1950 e quella di Gorgonzola addirittura al 1937 ci restituiscono una
situazione non ancora disturbata dalla forte antropizzazione della seconda
metà del secolo scorso.
Tra le varie tracce di limiti centuriali un posto di rilevo per la sua
conservazione sembra avere proprio l'asse che da C. Cassina, a sud di Monza,
prosegue fino San Cristoforo, per poi ricomparire poco più a sud come un
canale e poi ancora nella zona di Cologno Monzese sotto forma di strade di
diverso tipo e canali. Ad essi può essere aggiunta la strada tra Casa Nuova e
7
Cologno, il cui andamento, pur non coincidendo geometricamente con il
cardine, sembra comunque essere legato alla presenza di questo limite.
L'importanza dell'asse C.Cassina-Cologno è in qualche modo confermata dal
fatto che la sua geometrica prosecuzione verso nord, passa per il centro di
Monza, che dunque finisce per avere nel cardine uno dei suoi assi generatori.
Considerando l'asse C.Cassina-Cologno come un cardine principale della
centuriazione, finiscono con l'essere un altro cardine principale l'asse che
passa per San Damiano e quello che 710 m più ad est, coincide con la strada
lungo la quale sorge Icrea e, ancora più ad est, le tracce riconoscibili a sud e
a nord di Cernusco.
Più difficile trovare criteri per stabilire una gerarchia tra le persistenze di
decumani. La scelta di privilegiare le strade per S. Maurizio al Lambro e
Guzzina è dovuta al fatto che a questi assi si appoggiano anche i confini
comunali e che quindi vengono ad avere una duplice funzione, forse
testimonianza di una loro antichità e importanza.
Tutte le altre tracce riconoscibili sulla cartografia al 25.000 vanno considerate
come persistenze di cardini e decumani secondari, vale a dire di quei limites
intercisivi che dividevano le arie centurie nel vari lotti e poderi. Nel caso
specifico ci si è limitati a mettere in evidenza solo quei segni che cadono a ¼,
½, e ¾ di centuria, ma analisi più accurate condotte su carte a maggiore ,:ala
potrebbero consentire di riconoscere altre ripartizioni interne, ad esempio
1/3 e 2/3. Pur trattandosi di limiti minori, essi erano pur sempre
materializzati sul terreno da strade e canali e condizionavano direttamente
forma e ampiezza dei singoli campi.
Complessivamente le persistenze centuriali riconoscibili nel territorio a NE di
Milano, anche se frammentarie, sono abbastanza numerose e, soprattutto,
hanno una diffusione sostanzialmente omogenea. priva di importanti e
significative lacune. L'immagine quindi che si ricava è quella di una zona
regolarmente divisa e assegnata in età romana e che non ha subito nelle
epoche successive grandi stravolgimenti, mantenendo il suo assetto originario.
Le uniche modifiche che, stando alle persistenze centuriali, si possono
rilevare sembrano riguardare il corso del Lambro.
La presenza di alcuni limiti bruscamente tagliati dal fiume e che proseguono
poi sulla riva opposta, come quello che sulla sinistra del fiume passa per C.
Moglia e sulla destra per S. Alessandro o quello riconoscibile subito a sud nella
zona di C. Pelucca, e il fatto che in taluni casi il Lambro vada a sovrapporsi a
tracce di antichi cardini, sembrerebbero indicare che il fiume abbia assunto il
corso odierno in un momento successivo all'età romana. Se però il Lambro
all'epoca della centuriazione non aveva il corso attuale, è necessario
individuare quale fosse allora il suo andamento. E' evidente che una tale
ricostruzione non può essere fatta esclusivamente sulla base della
centuriazione, tuttavia l'orientamento e la diversa conservazione degli assi
centuriali forniscono a questo proposito altri utili suggerimenti che devono
essere poi analizzati da un punto di vista geomorfologico e storico in
generale. Nel nostro caso, ad esempio, la sostanziale continuità delle
persistenze centuriali tra la zona dell'attuale corso e il T. Molgora impedisce
di pensare che il Lambro abbia solcato questa zona in età romana. D'altra
parte se si osserva il tracciato del Lambro a nord di Monza, si può notare
8
come il fiume fino nella zona di Peregallo si diriga verso SE, per poi deviare
bruscamente verso SO. Se si prolunga a valle di Peregallo l'andamento NO-SE,
il Lambro finisce per confluire nel Molgora poco a sud di Burago, passando così
a nord del blocco centuriale che abbiamo qui esaminato. Sulla base quindi del
rapporto tra corso d'acqua e centuriazione non si può escludere che in età
romana il Lambro scendesse verso SE fino nella zona dell'attuale Burago e poi
proseguisse seguendo all'incirca quello che oggi è il corso del Molgora.
Sarebbe stato quindi il Lambro e non il più modesto Molgora a fungere da
confine tra la nostra zona e quella con diverso orientamento riconoscibile tra
il Molgora e l'Adda. Si tratta, va precisato, di un'ipotesi di lavoro che ha
bisogno di essere verificata prima di tutto su base geomorfologica e poi da
una più accurata analisi storicotopografica del territorio.
Un'altra considerazione che può essere fatta sulla base del riconoscimento dei
limiti centuriali è come questi abbiano condizionato l'andamento del Naviglio
della Martesana. In diversi tratti e per una considerevole lunghezza, infatti,
questo canale finisce per coincidere con antichi decumani. Ciò avviene
soprattutto tra Cernusco e la zona di Cassina de' Pecchi, ad est della quale la
Martesana piega assumendo l'orientamento generale del settore alla sinistra
del Molgora. Lo stesso accade più a nord con il Canale Villoresi, il cui
andamento "a gradini" è dovuto alla necessità di passare da un decumano
all'altro. Questa aderenza della Martesana e del Villoresi con la centuriazione
introduce un problema che è di tutti i vari "Navigli" della pianura padana e
cioè se essi fossero già presenti in età romana e siano poi stati risistemati e
riattati nel secoli successivi o se siano nati completamente ex-novo in epoca
medievale o rinascimentale. E' un problema di difficile soluzione, ma il fatto
stesso che sia possibile porlo, ribadisce una volta di più l'aderenza della
centuriazione alla geografia fisica e nello stesso tempo conferma come non si
siano verificati in questo settore dei grandi mutamento fisiografici dopo la
fine del mondo romano.
Un ultimo dato che è possibile rilevare è legato alla posizione dei centri
demici più importanti, a cominciare dalla stessa Monza. E' infatti evidente
come questo centro si trovi lungo un asse stradale che usciva da MedioIanum
e tagliava obliquamente il territorio andando verosimilmente a convergere
nella strada che da Bergamo puntava verso Lecco. Monza, però, oltre che
lungo questa strada, la cui romanità è d'altra parte dimostrata dal toponimo
Sesto San Giovanni e dalla sua ubicazione effettivamente a 6 miglia da Milano,
si trova anche, come si è detto, lungo il ,cardine le cui persistenze sono state
riconosciute tra Cologno e C. Cassina. Non solo, ma nel centro di Monza passa
anche il decumano parzialmente riconoscibile a nord di C.ne Bastoni. Monza
oltre che lungo una strada di una certa importanza, viene ad essere collocata
all'incrocio di due assi centuriali e quindi in una posizione particolarmente
importante da un punto di vista itinerario.
Monza però non è il solo centro che si trova all'incrocio di due assi centuriali:
altrettanto accade per tutti gli altri abitati più importanti della zona, come
S.Damiano, Brugherio, Cologno, Vimodrone, Cernusco, Carugate, Caponago e
9
per numerosi centri minori e cascina isolate, come Baraggia, S. Ambrogio o
Icrea. Questa particolare collocazione è un'ulteriore dimostrazione di come la
centuriazione si sia conservata, visto che la demografia moderna ha
continuato ad essere da lei condizionata. Il problema sarebbe quello di sapere
quando questi centri sono nati e se si sono sviluppati da un precedente
insediamento romano o se invece sono sorti ex-novo in epoche più recenti.
Anche in assenza però di queste verifiche, la posizione degli abitati che
abbiamo citato è un'ulteriore prova di come il disegno impresso al nostro
territorio dagli agrimensori romani abbia continuato ad esistere nei periodi
successivi e come dunque non si siano verificati eventi in grado di modificare
la generale struttura del paesaggio.
In conclusione una sia pur sommaria analisi delle persistenze della
centuriazione, porta a ritenere che tutto il settore compreso l'allineamento
Monza-Burago a nord, il Molgora ad est, la strada per Liscate a sud e quella
che unisce Sesto San Giovanni a Monza ad ovest, sia stato regolarmente diviso
e assegnato in età romana e quindi densamente popolato. La crisi economica
e demografica che ha caratterizzato il tardoantico e il primo medioevo tra il
IV e il VII secolo e che ha portato ad una diminuita presenza antropica e
quindi al venir meno del controllo dell'uomo sulla rete idrografica della
pianura con variazioni di corso dei fiumi, impaludamenti e con un generale
ritorno dell'incolto, pur avendo anche qui portato ad una cancellazione
parziale della centuriazione, non ha comunque provocato variazioni
fisiografiche sígnificative e di conseguenza la nascita di una nuova geografia
del territorio. Per essere più esatti una variazione idrografica importante può
essere avvenuta e riguarda il Lambro, ma la sua eventuale deviazione si è
verificata più a monte, nella zona di Peregallo, e il nostro settore non è stato
interessato direttamente dal passaggio dei fiume.
Perché siamo partiti dalla ricerca della centuriazione di matrice romana?
Perché come ci ha dimostrato il Prof. Luigi Dall’Aglio:
1. l’area non è mai stata interessata direttamente dal passaggio del
fiume.
2. l’area è divisa con un “segno” netto da nord a sud dalla persistenza
della centuriazione romana e lo studio dell’andamento del Lambro
impedisce di pensare che il fiume abbia mai solcato il cardine della
centuriazione stessa, oltre il quale, ed anticipiamo alcuni concetti
sviluppati in seguito, è prevista l’edificazione.
10
3. La cascina
Nell’area non sono riconoscibili elementi di interesse storico – ambientale, se
si eccettuano i manufatti della Cascina Cascinazza e, come abbiamo detto, il
“cardine romano”.
La Cascina Cascinazza, a doppia corte rettangolare chiusa, una variante della
tradizionale forma della cascina lombarda (a semplice corte chiusa), si
allunga in direzione nord – sud, con avancorpi e superfetazioni sia sul lato
orientale che, più modesti, sul lato settentrionale; i manufatti della Cascina
risultano circondata dal sistema dei canali irrigui a servizio dei fondi agricoli.
La Cascina risulta inoltre leggermente ribassata rispetto al piano di campagna
circostante.
La Cascinazza presenta di fatto un valore più ambientale e tipologico –
testimoniale che storico – architettonico in senso stretto, e non solo per
l’attuale stato di degrado.
La Cascina è in pessimo stato di conservazione e presenta un elevato livello
di degrado, con vari corpi diroccati ed altri in pericolo imminente di crollo,
con puntellature provvisorie.
Le aree agricole dell’azienda agricola Cascinazza facevano parte di un fondo
molto più vasto, che giungeva fino a Bettolino Freddo (nel Comune di Cologno
Monzese). I fondi costituenti la proprietà risultano come detto serviti da un
complesso sistema di canali irrigui, fra i quali le Rogge Lupa e Decima.
Uno degli effetti della politica della città sull’area Cascinazza è lo stato di
abbandono e obsolescenza in cui versa la Cascina.
11
4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza
Cosa ci restituisce la complessa ricostruzione2
delle vicende che hanno
segnato la storia urbanistica –ma non solo- della città di Monza?
1. Ripercorrere la storia di Monza, ha significato evidenziare da una parte
la “tormentata” storia urbanistica della città caratterizzata da un susseguirsi
di atti spesso difficili da interpretare, con “adozioni”, “approvazioni a
stralcio”, “studi” spesso inefficaci che hanno avuto come esito lo stallo delle
pratiche e delle procedure. Città, si deve ricordare, che nonostante le
difficoltà urbanistiche, ha vissuto un periodo di grande operosità edilizia cui
ha corrisposto un cospicuo aumento demografico passando da 73.114 abitanti
del 1951 a 121.233 abitanti del 2002, con l’incremento più considerevole tra il
1951 ed il 1971 (+ 56.36%) quando aveva già raggiunto 114.327 abitanti;
dall’altra ha significato evidenziare l’impossibilità per la lottizzante di
concludere la convenzione di lottizzazione regolarmente stipulata con il
Comune.
Senza dilungarsi ulteriormente sul complicato iter dei procedimenti
amministrativi riguardanti il Piano Regolatore Generale che si sono succeduti
(e spesso sovrapposti e “accavallati” come abbiamo visto) nel tempo, è
possibile affermare che all’oggi l’unico strumento urbanistico “quasi
compiuto” e vigente sia rappresentato dal PRG approvato con Decreto
Ministeriale 4150 del 22 novembre 1971 e comunemente noto con il nome del
tecnico estensore, l’Architetto Piccinato. Quasi compiuto perché anche il
“piano Piccinato” pur essendo l’unico approvato nella storia di Monza, lo fu a
stralci…
2. Una delle poche aree da “sempre” edificabili ed acquistata con tali
requisiti è quella di “Cascinazza”. Di più: è l’unica area attualmente a Monza
oggetto di convenzione regolarmente stipulata col Comune (che ha incassato
integralmente gli oneri di urbanizzazione e acquisito le aree a titolo gratuito.
E’ bene ricordare che le aree già cedute al Comune di Monza e di cui gran
parte hanno subito una trasformazione irreversibile) e regolarmente oggetto
da quarant’anni, ogni qualvolta il Comune adotta un piano urbanistico, del
tentativo di “azzeramento” della sua capacità edificatoria, con motivi che di
volta in volta cambiano. La penultima volta era il Lambro che esondava a
motivarne l’inedificabilità; in quell’occasione , caso unico nella storia,
qualcuno ha tentato di far credere che a Monza l’acqua “defluisse in salita”.
Ora è la volta della tutela delle poche zone rimaste inedificate a Monza;
dimenticando che l’area è rimasta tale non per particolari requisiti ambientali
da rispettare, ma solo perché è stato gravemente leso un diritto stipulato con
convenzione, mentre altri, nella stessa città, hanno edificato anche laddove
non c’erano diritti acquisiti. Con buona pace di tutti.
3. La proposta di piano di lottizzazione presentata con le integrazioni
richieste dal Comune di Monza, è perfettamente conforme alla disciplina
2
Gli interessati potranno avventurarsi nella lettura dell’appendice
12
urbanistica vigente (l’unico piano approvato a Monza è il “Piccinato”) e
prevede un’ edificazione notevolmente inferiore a quella prevista nella
convenzione già stipulata nel 1964.
13
5. Nel frattempo cosa “succede” in città
Durante il periodo ultratrentennale trascorso, diversi sono stati i tentativi di
proporre per la città di Monza un nuovo strumento urbanistico che potesse
attualizzare la disciplina urbanistica e interpretare l’evoluzione territoriale,
economica, sociale, legislativa e disciplinare nel frattempo intervenuta: il
termine “tentativi” chiarisce che nessuna delle proposte di variante generale
si è all’oggi concretizzata in un PRG legittimamente efficace. Lo stesso piano
adottato nel 2002 non è mai stato pubblicato e dopo essere stato più volte
annullato dal TAR Lombardia è sempre tornato efficace esclusivamente
perché i ricorrenti una volta arrivati in Consiglio di Stato hanno ritirato la lite
e rinunciato al ricorso (nel frattempo avevano trovato un accordo col comune
su cosa ”fare”… )
Anzi, le vicende che hanno contraddistinto l’evoluzione della disciplina
urbanistica comunale, sono caratterizzate da una serie di contenziosi che
hanno determinato diverse pronunce e sentenze sia dei giudici amministrativi
che del tribunale civile, decisioni che hanno a volte sottolineato
comportamenti non consoni dell’amministrazione comunale e che comunque
hanno determinato un clima certamente non assertivo e favorevole per un
costruttivo e serio confronto sul tema dello sviluppo della città.
Di più, l’incertezza sugli esiti di alcuni procedimenti ancora in corso e di cui si
è in attesa delle sentenze definitive, determinano sicuramente un ulteriore
fattore di indeterminatezza derivante dalla necessità di rivedere una qualsiasi
previsione a causa dell’esito di un giudizio nel frattempo emesso.
Le conseguenze sul piano pratico di questa situazione sono molteplici ma
merita d’essere sottolineato che a causa del rilevante periodo temporale
intercorso dalla data di approvazione del PRG Piccinato, la città di Monza si
trova in uno stato di impasse con gravi pregiudizi per una corretta
programmazione di governo del territorio. Peraltro, adattamenti episodici e
varianti parziali che si sono succeduti nel tempo, hanno comunque “stravolto”
il progetto di città contenuto nel PRG vigente, tanto da evidenziare uno
sviluppo urbanistico non pianificato. Il progetto di città ora vigente è un
progetto vecchio di oltre quarant’anni.
Ma quale urbanistica ha fatto l’attuale Giunta comunale?
1. non ha pubblicato (come doveva essere) il Piano Regolatore approvato dalla
precedente Amministrazione Comunale.
Ovvio che il PRG elaborato ed adottato (marzo 2002) dalla precedente
Amministrazione Comunale, trasmesso in Consiglio Comunale due anni prima
ed oggetto di duro ostruzionismo da parte dell’allora opposizione, dovesse
essere adeguato. Lo strumento per migliorarlo, adeguarlo ed anche
finalizzarlo alla sensibilità della sopraggiunta amministrazione comunale c’era
e passava per la sua pubblicazione, per le osservazioni cui avevano diritto i
cittadini monzesi (come il resto dei cittadini italiani e lombardi) e per le
controdeduzioni (che potevano anche modificare scelte eventualmente
14
sbagliate contenute nel piano adottato), da approvare dal nuovo Consiglio
Comunale.
Invece mai sapremo cosa non funzionava del vecchio piano perché la scelta
fatta dalla Giunta Comunale è stata quella di non sottoporlo al giudizio
pubblico (ad oggi resta da capire la correttezza giuridica della procedura che
nessuno ha voluto indagare: si può non pubblicare un atto pubblico per
esteso, la cui pubblicazione è obbligatoria per legge?).
Banalmente l’Assessore interessato ha più volte ricordato che il piano sarebbe
stato bloccato dalla Regione Lombardia perché illegittimo omettendo due
particolari significativi: il primo è che se conteneva errori questi potevano
essere tranquillamente corretti durante le controdeduzioni; il secondo è che il
PRG comunque non sarebbe andato in Regione perché nel frattempo
l’approvazione del piano territoriale della Provincia di Milano delegava la
verifica di compatibilità dei piani alla stessa Provincia di Milano (peraltro
guidata da un’amministrazione dell’Unione). Ed il cittadino non capisce
perché, se il PRG era effettivamente illegittimo, questa Amministrazione
Comunale l’abbia difeso in questi 4 lunghi anni in ogni sede giurisdizionale. Ma
allora cosa ha difeso e perché l’ha fatto? Incredibile poi è la motivazione del
parco di cintura. Se la nuova Amministrazione Comunale non voleva la
perequazione (che in realtà continua in tutte le sedi a definire uno dei cardini
del nuovo PGT) poteva modificare l’articolo delle norme tecniche che la
disciplinava. Singolare sarebbe invocare il blocco della perequazione e quindi
della procedura di approvazione con la necessità di difendere il parco di
cintura urbana da Cascinazza (che non è stata attuata) per poi permettere ad
altri soggetti attuatori di utilizzare proprio quella norma per cedere aree a
titolo di standard a basso costo imprenditoriale.
E’ forse utile dire (perché fatto poco conosciuto) che ISTEDIN ha impugnato al
competente Tribunale Amministrativo Regionale il piano adottato dalla
precedente Amministrazione Comunale, reputandolo lesivo dei propri
interessi.
2. Ad ogni modo il primo atto amministrativo compiuto dalla Giunta Comunale
è la deliberazione di G.C. 989 del 29/8/2002 con la quale il Comune di Monza
ha avviato il procedimento per:
- trasposizione in formato digitale delle tavole di azzonamento del
P.R.G. Piccinato;
- rettificazione e correzione di errori materiali nonché interpretazioni
del PRG vigente ai sensi della l.r. 23/97;
- adeguamento del PRG vigente alla l.r. 1/2001 con elaborazione del
Piano dei servizi;
- adeguamento del PRG alla normativa vigente in materia di PAI, PTC
Parco Naturale della Valle del Lambro, distributori di carburante,
urbanistica commerciale, Piano Urbano dei servizi del sottosuolo, ERIR,
inquinamento elettromagnetico, inquinamento luminoso e acustico;
- Documento di Inquadramento previsto dalla l.r. 9/99 per la redazione
dei P.I.I..
La scelta dell’Amministrazione comunale è apparsa da subito non consona,
perché lo strumento di governo del territorio scelto (PII), poneva due ordini di
15
problemi che determinavano, ad ogni modo, incertezza nei tempi e nella
reale fattibilità degli interventi:
a) i PII, in quanto tali, non avrebbero risolto i problemi legati alle
paventate necessità di adeguamento della variante generale adottata;
b) proprio in quanto i PII si ponevano in variante al PRG vigente ed a quello
adottato, per la loro approvazione era necessaria, comunque, l’attivazione di
procedure di accordi di programma con la Regione Lombardia, con tempi
lunghi ed imprevedibili (come per tutti gli accordi di programma).
Nel merito della “proposta di documento di inquadramento” emergeva che
“lo standard era dimensionato, per valori minimi, ai sensi della legge
regionale 1/2001, salvo che per il caso delle attività produttive per le quali
non poteva comunque essere inferiore al 10% delle superfici utili. Tale
dimensionamento doveva essere effettuato con il Piano dei Servizi secondo le
procedure di approvazione disciplinate dalla legge regionale 23/97 (allora
vigente) . Tale artificioso meccanismo consentiva, in realtà, di diminuire la
dotazione complessiva di aree per strutture e infrastrutture di interesse
generale (standard), a discapito della qualità della vita dei cittadini di Monza.
In altre parole, modificando il rapporto abitanti/standard, a parità di volume
residenziale edificabile, sarebbero diminuite le quantità di aree a standard
da cedere a titolo gratuito al Comune.
Inoltre, nella “proposta di documento di inquadramento si prevedeva che i
valori dimensionali dell'intervento fossero riferiti all'indice territoriale,
comprendendo anche aree di proprietà pubblica ed assumendo, in particolare,
che le proprietà pubbliche (comprese le strade e le urbanizzazioni esistenti)
generassero una propria disponibilità volumetrica desunta dall’indice
territoriale. Tale determinazione costituiva, in realtà, un meccanismo per
incrementare l’edificabilità (assegnando diritti volumetrici ad aree che ne
sono sprovviste). Legittimo, per carità!
Ovviamente il tutto è finito mestamente nel nulla, come spesso ha insegnato
la storia urbanistica di Monza.
3. Successivamente la Giunta Comunale ha più volte tentato di proporre alla
discussione del consiglio comunale piani attuativi, sistematicamente oggetto
di ferme prese di posizione da parte dell’apposizione che ne metteva in
discussione la legittimità. Alcuni sono tuttora in attesa del giudizio di merito
presso il competente tribunale amministrativo.
4. Dopo l’approvazione della legge regionale n° 12/2005 la Giunta Comunale
ha approvato una serie di piani attuativi per oltre mc 300.000 (ma c’è chi dice
anche 500.000) oltre le DIA ed i permessi di costruire.
5. Ora il Consiglio Comunale si appresta ad adottare un nuovo P.G.T., con le
stesse modalità della precedente Amministrazione, giudicato da esperti che
hanno avuto modo di studiarlo, di basso profilo e privo di pensiero strategico.
La cosa certa è che non entrerà nei libri di storia dell’urbanistica; peraltro
16
non è (di fatto) di salvaguardia ambientale-territoriale e non ha visioni
strategiche adeguate alla terza città della Lombardia che si appresta a
divenire Capoluogo di provincia.
Infine vi è (sin da ora) l’obbligo d’adeguare il PGT alle modalità per la
pianificazione comunale approvate dalla Regione Lombardia (con i criteri
attuativi). E l’ironia diventa beffa. Proprio chi ha avuto l’ardire di affermare
di non aver provveduto a pubblicare il piano dell’Amministrazione Comunale
precedente perché auto-definito illegittimo, ora deve fare i conti con un
piano ancora distante dalle norme vigenti…
17
6. Il Comune di Monza e la Regione
Da tempo leggiamo l’incredibile accusa che la Regione Lombardia compia atti
vessatori contro il Comune di Monza pregiudicandone la facoltà
amministrativa. Accusa in realtà datata 2005 quando il Sindaco,
accompagnato dal vice-Sindaco, e forse da qualcun altro, presidiarono il
consiglio regionale “reo” di prestarsi ad approvare la nuova legge regionale di
governo del territorio che avrebbe, nel merito, “penalizzato” Monza a
vantaggio di un privato (parliamo della legge regionale 12/2005) .
La cronaca dei mesi seguenti avrebbe dimostrato esattamente il contrario.
La nuova legge regionale, per il famoso privato, è stata del tutto ininfluente,
mentre beneficiando della facoltà di approvare i piani attuativi in Giunta ha
permesso alla Giunta Comunale di portare ad approvazione tutti quei piani
attuativi fino ad allora bloccati in Consiglio Comunale. E nella città di Monza,
a dispetto del tanto promesso contenimento delle espansioni residenziali, si è
visto arrivare la colata di cemento più consistente da quaranta anni a questa
parte (ovviamente tutte le colate sono legittime…) . A tal proposito
vorremmo, nel merito, dire la nostra. Ma chi l’ha detto che trasformare
un’area dismessa in una colata di abitazioni sia un segno di corretta
pianificazione e di rispetto per l’ambiente? Proprio perché si tratta di un’area
dismessa che ha già fruito della famosa “rendita immobiliare”, e per
definizione si trova in tessuto urbano già compromesso (spesso le aree
dismesse sono aree “industriali” situate in ambiti che si sono trasformati per
successive addizioni urbane e sono caratterizzati dalla solita carenza di
standard pubblici), la sua riconversione può avvenire anche prevedendo
parchi, campi gioco, parcheggi etc al servizio del quartiere. E’ ora di finirla di
nascondere dietro l’ineludibile riconversione delle aree industriali dismesse,
incrementi del carico insediativo che, per i quartieri che ne sono interessati,
spesso si traducono in veri e propri “massacri” urbanistici.
Ora, e tornando al tema, in un recente dibattito in Consiglio regionale, la
proposta di legge in discussione è stata definita da un consigliere regionale
afferente al gruppo ds “una marchetta della maggioranza a Paolo Berlusconi”.
Il consigliere regionale in un intervento successivo ha chiarito la portata delle
sue affermazioni: “una marchetta politica intendevo dire” (evidentemente
ciascuno conosce le proprie abitudini e, a volte, pensa che la realtà si possa
leggere partendo dalle proprie esperienze negative).
Prima che si ripeta lo stesso effetto del 2005, dove alcuni rappresentati della
giunta comunale manifestarono in Regione il loro scandalo per poi beneficiare
degli effetti della legge, è bene anticipare sin da subito che le legge regionale
in discussione non avrà alcun effetto sulla vocazione edificatoria di
“Cascinazza”; il cui requisito di edificabilità è dato dalla convenzione
legittimamente stipulata tra le parti nel 1964 (!!!) e mai negata da nessun
strumento urbanistico vigente, confermata dal P.R.G. adottato nel 2002 ed
oggetto di piano di lottizzazione regolarmente presentato in Comune nel 2004
(integrato).
18
7. Il Piano di Lottizzazione presentato
Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 ha inizio l’elaborazione del piano di
lottizzazione, attuativo del Piano Regolatore Vigente.
Perché elaborare un piano attuativo?
1. Perché si susseguivano le sentenze del TAR Lombardia di
annullamento della Variante al Piano Regolatore Generale adottato nel
2002;
2. Perché ara chiaro a tutti che gli eventi alluvionali cha hanno colpito
la città di Monza nel novembre 2002 avevano inequivocabilmente
dimostrato che l’area oggetto dell’edificazione (oltre il cardine romano)
non poteva essere interessata dall’esondazione del fiume Lambro;
3. Perché lo strumento di attuazione del piano regolatore è il piano di
lottizzazione. E le procedure sono state perfettamente rispettate.
Così, ISTEDIN ha presentato il Piano attuativo, denominato piano di
lottizzazione “Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04
Il Piano presentato prevede in sintesi:
La realizzazione di circa 900 alloggi (con 40 palazzi e non 60 come
erroneamente qualcuno continua a scrivere) su una superficie complessiva di
oltre mq 500.000 e la cessione a titolo gratuito al Comune del 77% delle aree
interessate dal Piano di Lottizzazione (circa mq 387.855).
Prevede inoltre il recupero con finalità pubbliche ed al servizio del quartiere
della cascina per circa mc 15.000.
Il disegno urbanistico proposto si fonda su quattro scelte principali:
- la costituzione del Parco fluviale del Lambro;
- la realizzazione di un grande Parco Attrezzato;
- la definizione di un nuovo bordo edificato;
- la nuova centralità urbana affidata alla Cascina Cascinazza.
E’ prevista la costituzione del parco fluviale del Lambro oltre il “cardine
romano”, tale scelta consentirà di realizzare concretamente il sistema della
rete ecologica – ambientale individuato negli strumenti di programmazione
urbanistica, e dal nuovo PTCP in particolare.
19
Il sistema urbano
La Cascinazza risulta il fulcro e la cerniera attorno alla quale è costruito il
progetto. L’utilizzo polifunzionale con attrezzature e servizi pubblici del
complesso Cascina dà luogo ad una integrazione funzionale con il quartiere e
la città; la comodità dei percorsi ciclopedonali, degli accessi e delle aree di
parcheggio ne favoriscono la funzione come nuovo polo di centralità urbana.
Si noti in tal senso come sia possibile paragonare nel disegno urbano, la
Cascina alla Villa Reale a nord, nel senso che la posizione ne fa la naturale
porta di accesso al Parco e la struttura di attività di servizio allo stesso.
L’attuale composizione della Cascina, caratterizzata dai due ampi cortili,
viene articolata e completata formando un terzo cortile laterale in
successione a quelli esistenti ed un grande spazio antistante.
La lettura a grande scala evidenzia come il progetto parta dalla volontà di
completare il disegno urbano di Monza, realizzando una nuova ampia area a
20
parco a sud della città, in stretto rapporto con il centro storico, facilmente
raggiungibile tramite percorsi ciclopedonali in pochi minuti e riqualificare la
frangia urbana non finita del quartiere San Donato, ponendo il quartiere in
grado di usufruire delle nuove attrezzature e di essere inserito in un contesto
urbanistico di qualità.
Il progetto attua un significativo asse di verde che attraversata la zona
pedonale del centro storico, si colleghi al Parco della Villa Reale, al Lambro
valorizzato come corridoio ecologico, al “cardine romano” come elemento di
supporto di grande significato nel disegno della città.
Il complesso a parco pubblico a servizio dell’intera città si fonde con le
residenze e trova una naturale continuità con la città.
Il Planivolumetrico
La localizzazione dei nuovi insediamenti sul lato della città, verso il quartiere
di San Donato, riqualificando la maglia sfrangiata della periferia, definisce un
nuovo, qualificato e ordinato bordo urbano, che prende come limite
dell’edificazione il filo occidentale della Cascina Cascinazza.
21
Il bordo così ridefinito è attraversato da varchi ed aperture -funzionali,
fruitive, ma anche paesaggistiche ed ambientali-, verso gli spazi aperti e del
sistema del Lambro e del suo parco.
Il nuovo bordo edificato occupa il 23 % (meno di mq 100.000) dell’area
oggetto del Pdl: il 77% della superficie interessata dal Pdl è invece
rappresentata nel suo complesso da verde (attrezzato e ambientale) e da altri
standard urbanistici (parcheggi e attrezzatura collettiva).
Il progetto raggiunge l’obiettivo di dare continuità ed integrazione fra gli
spazi aperti e i sistemi ambientali, i nuovi insediamenti, il quartiere di San
Donato (che risulta collegato e inserito nei sistemi ambientali e paesaggistici
di cui oggi non fruisce recuperando la viabilità locale e con percorsi ciclo-
pedonali), tramite i percorsi pedonali e ciclabili, il parco attrezzato a ridosso
dei nuovi insediamenti, il Parco del Lambro.
Per ottenere questi risultati, il Pdl ridisegna l’assetto urbanistico previsto nel
Piano Piccinato, redatto più di trenta anni fa, ricomponendo le aree pubbliche
al fine di migliorare il disegno e la qualità urbanistica, ambientale e
prestazionale nel suo complesso.
22
8 . Gli altri strumenti di governo vigenti
Il Piano paesistico regionale
Con D.G.R. 25 luglio 1997 – N. 6/30195, viene adottato il progetto di Piano
Territoriale Paesistico Regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27
maggio 1985, n° 57.
Con D.G.R. 5 dicembre 1997 – n° 6/32935 vengono approvate le rettifiche,
integrazioni e correzioni di errori materiali agli elaborati del progetto di Piano
Territoriale Paesistico Regionale.
Con D.G.R. 18 giugno 1999 – n° 43799 viene approvata la proposta definitiva
di Piano Territoriale Paesistico Regionale e la presentazione al Consiglio
regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27 maggio 1985, n° 57.
Con D.G.R. 3 agosto 2000 – n° VII/753 vengono riassunte le deliberazioni
concernenti alcune proposte di atto amministrativo presentate nel corso della
VI legislatura e non approvare dal Consiglio Regionale nel corso della stessa.
Con D.C.R. 6 marzo 2001 – n° VII/197 viene approvato il Piano Territoriale
Paesistico Regionale.
Con D.G.R. 21 dicembre 2001 – n° VII/7582 viene approvato il Documento
integrativo alle “linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi
dell’art. 3 della legge regionale 1/2000 approvate con D.G.R. 49509 del 7
aprile 2000.
L’area c.d. Cascinazza non è inserita tra gli ambiti di elevata naturalità di cui
all’art. 17 delle norme di attuazione.
E’ considerata viabilità storica ai sensi del comma 6 dell’art. 20 il cardine
della centuriazione romana che attraversa da nord a sud l’area.
Ai sensi del comma 8 dell’art.20 non è individuata viabilità di fruizione
panoramica ed ambientale. Nel Comune di Monza non risulta vigente un Piano
Regolatore Generale con valenza paesistica ai sensi dell’art. 24.
L’area oggetto del presente Piano di Lottizzazione non è compresa in alcuna
area protetta, ai sensi della legge regionale 30 novembre 1983 n° 86 “Piano
generale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione
delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di
particolare rilevanza naturale e ambientale” .
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) è stato approvato
con deliberazione consiliare n° 55 del 14/10/2003 e pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione Lombardia, Serie Inserzioni – n°45- 5 novembre 2003,
ai sensi dell’art. 3 comma 36 della legge regionale 5 gennaio 2000, n°1.
Il PTCP ai sensi del comma 26 dell’art.3 “definisce gli indirizzi strategici di
assetto del territorio a livello sovracomunale con riferimento al quadro delle
infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia paesistico-ambientale, all’assetto
idrico, idrogeologico ed idraulico-forestale… ed in particolare contiene:
a) l’indicazione delle vocazioni generali del territorio con riguardo agli ambiti
di area vasta;
23
b) il programma generale delle maggiori infrastrutture e delle principali linee
di comunicazione e la relativa localizzazione di massima sul territorio;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-
forestale ed in generale per il consolidamento del suolo e la regimazione delle
acque”.
Il PTCP può altresì individuare le zone di particolare interesse paesistico-
ambientale di cui alla lettera b) dell’art. 13 della legge regionale 18/97 ed
indicare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di parchi
locali di interesse sovracomunale …”
Nell’area sono previsti filari (art. 64). E’ altresì rilevato, per la Cascina
diroccata, un insediamento rurale di interesse storico (art. 38).
Per quanto riguarda gli ambiti di rilevanza paesistica di cui all’art. 31, essi
assumono efficacia di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell’
art. 4. Il quale prevede che le “prescrizioni dirette riguardano, ad esclusione
del territorio compreso all’interno dei parchi regionali disciplinati dai relativi
piani territoriali vigenti, gli ambiti e gli elementi di valenza paesistica del
suolo nel caso di: a) aree soggette a vincoli vigenti di cui al D.Lgs 490/99 artt.
2, 139, 146; b) aree sottoposte alla disciplina del P.A.I. vigente di cui al
succesivo art. 16 …”
Con deliberazione n° 3 del 25 febbraio 2003 il Comitato istituzionale
dell’Autorità di Bacino del fiume Po ha adottato il progetto di variante al
piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI) approvato con D.C.P.M. 24
maggio 2001 – fasce fluviali del fiume Lambro nel tratto dal lago di Pusiano
alla confluenza con il deviatore “Redefossi”, ai sensi degli articoli 17 e 18
della legge 18 maggio 1989, n° 183 e successive modificazioni ed integrazioni
e dell’art. 1 bis del decreto legge 12 ottobre 2000, n° 279, convertito in legge
l’ 11 dicembre 2002, n° 365. Tale deliberazione è stata pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 16 agosto 2003.
Tutto quanto suddetto a dimostrazione che il Piano di lottizzazione
presentato è pienamente conforme alle direttive ed agli indirizzi contenuti
nel PTCP e non è interessato, per la parte oggetto dell’intervento
edificatorio, da prescrizioni dirette.
E’ infine utile sottolineare che l’area in oggetto non è interessata da alcuna
previsione contenuta nel Programma Regionale di Sviluppo della VII
legislatura. Il PRS rappresenta l'inquadramento generale del Programma di
governo i cui aggiornamenti vengono adottati annualmente con l'approvazione
del Documento di Programmazione Economico Finanziario Regionale (DPEFR).
24
9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)
Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), redatto ai sensi della legge
183/89 dall’Autorità di Bacino del fiume Po, persegue l’obiettivo di garantire
al territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di
dissesto idraulico ed idrogeologico.
Cosa succede al PAI a Monza?
Tenteremo di spiegarlo, partendo dall’origine, con i decisivi contributi
dell’Avvocato Rinaldo Bonatti e del Prof. Paolo Ghilardi.
In data 12.10.2000 viene pubblicato il D.L. in pari data n. 279 (convertito con
legge 11.12.2000 n. 365), che allo scopo di accelerare la adozione di tutti gli
strumenti idonei a prevenire eventi calamitosi in zone ad alto rischio
idrogeologico ed a riparare i danni già verificatisi per calamità naturali
mediante interventi urgenti, stabilisce un termine perentorio (30 aprile 2001)
per l’adozione dei progetti di piano stralcio per l’assetto idrogeologico: ed
entro lo stesso termine debbono essere adottati i PAI il cui progetto sia stato
già adottato prima dell’entrata in vigore del D.L. (art.1, 2° comma).
Quanto al procedimento per l’adozione dei piani stralcio, il successivo 3°
comma stabilisce che, “ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di
bacino e pianificazione territoriale”, le Regioni convocano una “conferenza
programmatica” cui partecipano comuni e province interessati; detta
conferenza (4° comma) “esprime un parere sul progetto di piano con
particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei
contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed
urbanistiche”. Il comma aggiunge che detto parere “tiene luogo” di quello
che la Regione è tenuta ad esprimere sul progetto di PAI in sede di esame
delle osservazioni presentate riguardo al progetto medesimo.
Di fatto la conferenza programmatica si è tenuta il 6 marzo 2001, ed alla
stessa il Comune di Monza non ha partecipato, benchè ritualmente
invitato. L’esito della conferenza risulta descritto negli allegati della
deliberazione regionale 20 aprile 2001, tra i quali figura il n. 5 relativo a :
“Cartografie contenenti le proposte di modifica alle Fasce Fluviali del
Progetto di PAI”.
Dalla cartografia allegata al PAI adottato dal Comitato istituzionale della
Autorità di bacino pochi giorni dopo (deliberazione n.18 del 26 aprile 2001:
doc. 3 – provvedimento impugnato) risulta che, per l’area di Cascinazza, le
“Modifiche e integrazioni al Progetto di Piano stralcio per l’Assetto
Idrogeologico (PAI)” consistono nello spostamento della fascia fluviale A fino
a ricomprendervi l’intera proprietà di ISTEDIN
Perché era sbagliata la ri-perimetrazione effettuata nel corso della
conferenza programmatica?
A riguardo citiamo ampi stralci della memoria presentata al tribunale
superiore delle acque pubbliche dagli Avv.ti Rinaldo Bonatti e Prof. Riccardo
Villata.
25
10 Fatto e svolgimento del giudizio
…omissis…
- sempre nel corso dell’istruttoria, all’udienza del 19 marzo 2003, sia il
Comune di Monza che la ricorrente Ist.Edilizia Industrializzata s.p.a.
hanno prodotto un ulteriore Studio tecnico (Relazione ed allegati)
commissionato dal Comune di Monza ad un gruppo di esperti (Prof.
Fabio Conti, Dr. Fabrizio Giorgini, Ing. Daniele Sturla della Soc.
Soilexpert) avente ad oggetto: “Caratterizzazione geometrica,
geomorfologica ed idraulica del Fiume Lambro in Monza”. Tale studio
ha rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto idrogeologico
del Fiume Lambro in Monza, ivi comprese quelle già considerate dal
precedente Studio del Prof. Paoletti e dal successivo Studio
commissionato dalla ricorrente ai Proff. Marchetti e Ghilardi già
menzionati, integrate da ulteriori approfondimenti e rilievi. Tale
materiale ha fornito un quadro esaustivo della realtà idrogeologica
delle aree considerate (ivi compresa quella di proprietà della
ricorrente), ed ha avuto altresì l’opportunità di essere aggiornato con
riguardo al grave evento alluvionale ed esondativo del Lambro
verificatosi nei giorni 26 e 27 novembre 2002.
- … omissis…
Conclusioni per la ricorrente
omissis
Considerazioni in diritto
omissis
4. - Sul primo motivo di ricorso
4.1. - Le censure proposte dalla ricorrente con questo motivo sono tutte
riconducibili alla correttezza del procedimento utilizzato nel caso concreto -
e concretamente riferito alle previsioni del PAI interessanti la proprietà della
ricorrente - alla luce della normativa (preesistente e sopravvenuta nel corso
del procedimento stesso) in tema di formazione dei Piani stralcio per l’assetto
idrogeologico.
Le norme applicabili sono note e sono illustrate con dovizia anche nelle difese
delle parti resistenti: e tuttavia, per una puntuale illustrazione delle censure
proposte, sembra utile ricordare alcuni dati salienti della normativa stessa. In
particolare:
a) L’art. 1, comma 1° della legge 267/98 ha previsto che i piani stralcio per
l’assetto idrogeologico contengano “l’individuazione delle aree a rischio
idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di
salvaguardia, nonché le misure medesime”.
b) L’art. 1-bis della legge 365/2000 disciplina, al 3° comma, un particolare
momento del procedimento, istituendo una “conferenza programmatica” su
base regionale, che ha il compito di esprimere “un parere sul progetto di
piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e
comunale dei contenuti del piano”.
26
4.2. - Sul piano dei fatti occorre ricordare:
- che il progetto di PAI di cui all’impugnativa è stato predisposto dalla
Autorità di Bacino e adottato dal Comitato istituzionale della stessa in data 11
maggio 1999;
- che lo studio “Paoletti” per la individuazione e perimetrazione delle aree a
rischio idrogeologico risale al settembre 1999;
- che per le aree a rischio idrogeologico molto elevato è stato approvato
dall’Autorità di Bacino un Piano Straordinario in data 26 ottobre 1999, con
previsione di misure di salvaguardia per le aree perimetrate (come riferisce e
documenta la Avvocatura erariale, pag. 9 memoria di costituzione, doc. 5);
- che la Regione Lombardia con deliberazione 5 agosto 1999 ha conferito gli
incarichi ai professionisti “per la perimetrazione delle aree a rischio e la
progettazione preliminare degli interventi di cui alla legge 267/98” (doc. 5
Regione Lombardia);
- che l’incarico conferito allo Studio Paoletti con decreto dirigenziale 9
settembre 1999 e di cui sopra concerneva esclusivamente la “perimetrazione
delle aree a rischio idraulico del fiume Lambro a valle di Villasanta”, e non la
progettazione di interventi od opere (doc. 6 Regione).
4.3. - Alla stregua dei dati riferiti, deve innanzitutto rilevarsi la erroneità e
non corrispondenza al vero della affermazione regionale (pag. 13 della
memoria, par. d, righe 5-6) secondo cui l’incarico al Prof. Paoletti sarebbe
stato affidato con il “duplice scopo di evidenziare le aree a rischio
idrogeologico molto elevato. .e di verificare il tracciamento delle fasce
fluviali del Progetto di PAI. ” Non vi è traccia di tale incarico, che la Regione
prospetta a posteriori per giustificare l’uso (anomalo) che dello studio
Paoletti è stato fatto.
4.4. - Ricordiamo poi che il Progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino,
pubblicato e fatto oggetto di osservazioni, ed approdato alla Conferenza
Programmatica regionale con l’accompagnamento delle osservazioni
presentate, delle relative controdeduzioni regionali e con l’espressione del
relativo parere, conteneva una delimitazione delle fasce fluviali interessante
l’area della ricorrente ineccepibile, in relazione ai criteri ed alle regole che
sovrintendono a tale operazione: e per questo non vi sono state osservazioni
sulla delimitazione del Progetto medesimo.
In quella sede la legge prevede che la Conferenza programmatica esprima un
parere per attuare una “necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e
pianificazione territoriale”: tale parere “sul progetto di piano” deve essere
espresso “con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e
comunale dei contenuti del piano” (le parti in corsivo sono testo di legge).
Scopo del parere, quindi, è quello di attuare coerenza tra pianificazione di
bacino e pianificazione territoriale (ambientale, urbanistica, di livello locale);
ed il limite oggettivo del parere è costituito dall’esigenza di un miglior
raccordo e integrazione tra previsioni a differente livello di scala.
4.5. - Orbene, come, in tale disciplina del procedimento, le Amministrazioni
resistenti possano individuare una potestà della Conferenza di modificare il
Progetto di PAI, non è dato assolutamente di comprendere.
Ad escludere categoricamente tale potestà, o anche la sola facoltà, appare
sufficiente la stessa qualificazione dell’attività della Conferenza (come è
27
quella della Regione in ordine alle osservazioni presentate sul progetto di PAI)
quale attività consultiva, che si esaurisce nella formulazione di un parere.
Nel caso di specie, per contro:
a) non vi erano osservazioni sulla delimitazione delle fasce fluviali;
b) sul punto la Regione non era quindi chiamata ad esprimere un parere;
c) era stato acquisito dalla Regione uno studio di perimetrazione delle aree a
rischio idrogeologico per la programmazione di necessarie misure di
salvaguardia e interventi di riduzione del rischio (studio Paoletti);
d) tale studio non era stato commissionato per la delimitazione o la verifica
delle fasce fluviali, e l’autore dello studio non considera mai tale aspetto, né
si propone di dare indicazioni a quel fine, né di fatto ne fornisce alcuna;
e) in ogni caso la modifica delle fasce fluviali non poteva mai giustificarsi
quale operazione richiesta ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione
di bacino e pianificazione territoriale locale, e tantomeno dalla necessità di
integrare a livello di scala locale le previsioni del Progetto di PAI.
4.6. - Dal verbale della Conferenza nulla risulta riguardo ad una “proposta”
regionale di modifica delle fasce fluviali come tracciate nel Progetto del PAI,
che la difesa erariale dà invece per scontata ed esistente, senza peraltro
minimamente indicare un supporto documentale in proposito. Non solo: nel
corso della Conferenza, come riferito da un partecipante, ed asseverato dal
medesimo con atto formale , la Regione non esibisce alcuna planimetria di
modifica delle fasce fluviali: la ricorrente viene a conoscenza solo a PAI
approvato che un allegato “uscito” dalla Conferenza programmatica contiene
una radicale modifica delle fasce fluviali di progetto, che estende a tutta la
proprietà una fascia A che il Progetto, logicamente e correttamente,
disegnava in corrispondenza delle aree aventi le caratteristiche tipiche di tale
fascia lungo l’alveo del fiume.
4.7. - La Regione, quando acquisì lo studio Paoletti, lo sottopose - come tutti
gli altri studi - al parere della Sottocommissione Assetto Idrogeologico
presso l’Autorità di Bacino : la quale espresse un parere che, per tutta la sua
estensione, si configura come meramente descrittivo delle operazioni
effettuate dagli esperti e descritte nello studio. La Commissione, alla fine,
accenna al fatto (peraltro risultato in seguito inesistente) che i rilevi
topografici contenuti nello studio sarebbero “maggiormente approfonditi”
rispetto a quelli a carattere più generale utilizzati per la definizione delle
fasce fluviali nel tratto considerato: per concludere che si ritengono
accoglibili “le proposte contenute nello studio medesimo”. Ma, a parte il
fatto - come detto - che lo studio successivo eseguito per incarico della
ricorrente e prodotto in giudizio (Proff.ri Marchetti e Ghilardi) ha smentito il
dato di fatto del ritenuto “maggior approfondimento”, è comunque certo che
nessuna proposta è contenuta nello studio Paoletti tendente ad una modifica
delle fasce fluviali come definite nel Progetto di PAI; per cui in nessun caso
detto parere potrebbe valere allo scopo di dare una parvenza di motivazione
all’arbitraria modifica autonomamente operata (in condizioni e con modalità
rimaste ignote) nella sede Regionale relativamente al sistema delle fasce
fluviali come configurato nel Progetto di PAI per le aree di proprietà della
ricorrente.
28
4.8. - Concludendo sul primo motivo: vi è stata violazione di legge, perché la
Conferenza programmatica deve solo esprimere un parere sul progetto,
limitato: o alla materia di osservazioni presentate e controdedotte dalla
Regione; ovvero all’esigenza di assicurare coerenza tra pianificazione di
Bacino e pianificazione territoriale locale; ovvero alla necessità di integrare a
livello di scala locale le previsioni del progetto esaminato. Nessuna di queste
tre condizioni ricorreva nel caso di specie.
Vi è stata, ancora, violazione di legge con la iniziativa assunta dalla Regione
di modificare la cartografia delle fasce fluviali, non essendo prevista dalla
legge tale iniziativa regionale.
Vi è stata violazione di legge con la sottrazione della modifica sostanziale
introdotta nel progetto ad ogni possibilità di esame, critica ed opposizione da
parte dei soggetti (e nella specie: della ricorrente) ai quali la legge assicura
tali garanzie partecipative in presenza di un progetto di Piano regolarmente
pubblicato.
Né varrebbe obbiettare che la legge non prevede tale ulteriore partecipazione
in sede di Conferenza programmatica: perché ciò significa solo che, essendo
detta partecipazione assistita da garanzie fondamentali discendenti dalla
legge n 241/90, deve per ciò solo essere esclusa una facoltà di modifica
radicale del progetto quando non sia contemporaneamente assicurata quella
garanzia che è garantita riguardo al progetto.
*****
5. - Sul secondo motivo di ricorso
5.1. - Con tale motivo la ricorrente, premesse alcune considerazioni in ordine
alla funzione della delimitazione delle fasce fluviali (par. II.1 ricorso), sui
rapporti tra delimitazione delle fasce stesse contenuta nel Progetto di PAI e i
contenuti dello studio del Prof. Paoletti (par. II.2), ha concluso denunziando -
nei riguardi della modifica del Progetto PAI introdotta in sede di Conferenza
programmatica - il vizio di eccesso di potere per difetto di presupposti,
carenza di istruttoria e difetto di motivazione, e totale incoerenza tra
premesse metodologiche del PAI in tema di delimitazione delle fasce fluviali e
la concreta delimitazione operata della fascia “A” riguardo all’area della
ricorrente: con conseguente illegittimità del PAI stesso sotto tutti i profili
denunziati (par. II.3).
Sotto un ulteriore profilo ha denunziato la totale mancanza di motivazione in
ordine alla vistosa e sostanziale innovazione cartografica introdotta riguardo
nell’allegato del progetto del PAI riguardante le fasce fluviali, innovazione
della quale peraltro manca addirittura la menzione (oltre che qualsiasi
motivazione) negli atti della Conferenza programmatica.
Per render conto della gravità di tale circostanza è sufficiente tale rilievo:
con la modifica (solo cartografica, e non giustificata in alcun atto o
documento scritto!!) del progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino si è
resa totalmente inedificabile l’intera proprietà della ricorrente, senza che
questa abbia mai potuto conoscere - se non dopo la definitiva approvazione
del PAI - la circostanza. Né varrebbe opporre - come si legge nella difesa
regionale (pag. 11 memoria - righe 5-7) - che “La Conferenza programmatica
può quindi considerarsi la sede legittima in cui possano essere esaminate le
precedenti osservazioni, ma non per presentarne di nuove”: a siffatto rilievo
29
può opporsi, ben più fondatamente, che la Conferenza programmatica è bensì
la sede legittima per l’esame delle osservazioni presentate riguardo ai
contenuti del progetto, ma non è la sede legittima per introdurre nel
progetto, a totale insaputa degli interessati, modifiche di sorta, (con la sola
eccezione di quelle conseguenti all’accoglimento di osservazioni): e
tantomeno quelle che non trovino alcun fondamento negli accertamenti e
studi commissionati dalla stessa autorità che organizza la Conferenza. E a tal
proposito appare gratuita - a fronte delle gravi illegittimità denunziate - e
quasi provocatoria - la asserzione regionale di aver proceduto “nel pieno
rispetto della normativa vigente, comprese quelle norme che sono finalizzate
ad assicurare la più ampia partecipazione al procedimento di tutti i soggetti
interessati” ( pag. 11 citata).
5.2. - Sempre con riferimento alle censure proposte con il secondo motivo, ed
a proposito di alcuni rilievi critici mossi nei confronti di alcuni aspetti dello
studio del Prof. Paoletti, potranno trarsi argomenti significativi della
fondatezza dei rilievi stessi nella sintetica esposizione dedicata, più appresso,
alle risultanze tecniche acquisite nel presente giudizio attraverso la
produzione di altri due importanti studi tecnici eseguiti sulla materia
controversa.
Preme invece chiarire - a fronte di una dichiarazione della difesa erariale
(pag.17 memoria, righe 2 e segg) che qualifica come “grave” una
affermazione della ricorrente (circa imperdonabili distrazioni o una arbitraria
delimitazione delle fasce fluviali) - che la dichiarazione stessa è palese frutto
di equivoco: l’Avvocatura dello Stato infatti erroneamente ritiene che quel
giudizio sia stato formulato a carico dello studio del Prof. Paoletti, del quale -
giustamente - si ricordano qualità e meriti, mentre lo stesso ha per oggetto -
esattamente - l’operazione condotta in sede di Conferenza programmatica (o
comunque in vista - o in conseguenza della stessa) da parte della Regione per
realizzare la modifica del progetto di PAI riguardo alle fasce fluviali sulle aree
della ricorrente. Abbiamo infatti scritto: (pag. 15 ricorso righe da quintultima
in fine, e pag. successiva): “Inammissibile appare allora - e motivo
invalidante dell’intera Conferenza per il punto in contestazione - il fatto che
della suddetta modifica dell’estensione della fascia A, e della corrispondente
variazione cartografica (che comporta conseguenze sostanziali di enorme
portata per gli interessi incisi) non si faccia nemmeno cenno negli atti della
conferenza medesima: con la conseguente invalidità (sotto i profili indicati in
epigrafe) della previsione del PAI nella parte in cui appare aver
automaticamente recepito la modificazione cartografica in parola.
La abnormità della contestata previsione giustifica il sospetto di
imperdonabili distrazioni o, cosa ancor più grave, di una arbitraria
delimitazione effettuata - in assenza ed in contrasto con le risultanze
istruttorie- al di fuori del procedimento nel quale la modifica di tale
delimitazione avrebbe dovuto trovare adeguata illustrazione, supporto
conoscitivo e soprattutto argomentativo: elementi questi invece tutti
completamente assenti nei documenti che dovrebbero dar conto della
modificazione delle fasce che risulta inspiegabilmente raffigurata
nell’apparato cartografico finale del PAI”.
30
Confermiamo integralmente il giudizio sopra esposto, che non ha certo avuto
quale bersaglio il lavoro o la persona del Prof. Paoletti: tranquillizzando nel
contempo la difesa erariale sulla piena condivisione da parte nostra della
stima e dell’apprezzamento che vengono giustamente riservati all’illustre
studioso.
*****
6. - Sul terzo motivo di ricorso
Con questa censura si è denunziata - al di là delle censure attinenti la
correttezza e legittimità del procedimento - la oggettiva inesistenza dei
presupposti di fatto per la ricomprensione dell’area della ricorrente nella
fascia fluviale “A”. Si confermano la censura e le motivazioni che la
sostanziano, rinviando comunque ai punti successivi relativi all’esame delle
risultanze degli studi tecnici acquisiti al giudizio.
*****
omissis
*****
8. - Elementi tecnici di valutazione acquisiti nel corso del giudizio.
Attesa la natura anche tecnica dell’Ill.mo Tribunale Superiore adito, e
comunque per completezza di illustrazione dell’impugnativa proposta, sembra
utile una breve esposizione di quanto è emerso, sul piano tecnico, dagli studi
eseguiti in corso di giudizio ed acquisiti allo stesso a seguito della produzione
degli stessi da parte - rispettivamente - della ricorrente e del Comune di
Monza.
8.1. - Studio dei Professori Marchetti e Ghilardi (anno 2001)
Nello studio si esaminano le modifiche apportate nel Progetto originario del
PAI ai limiti di fascia, e si sottolinea che tali modifiche sono state introdotte
sulla base dei risultati dello studio commissionato dalla Regione al Prof.
Paoletti. In proposito si richiama l’attenzione sul fatto che lo studio del Prof.
Paoletti non era stato affidato per studiare una modifica del PAI: di
conseguenza, e coerentemente, nello studio stesso non era contenuta alcuna
specifica indicazione circa eventuali modifiche ai limiti di fascia.
Nello studio in esame vengono confrontati i criteri previsti dalla normativa del
PAI per il tracciamento delle fasce fluviali e quelli utilizzati dal Prof. Paoletti
per i calcoli relativi alla perimetrazione di aree a rischio di esondazione.
Scopo di tale confronto è stato quello di verificare se fra i due studi potevano
sussistere presupposti di compatibilità tali da giustificare l’uso che è stato
fatto dei risultati delle indagini del Prof. Paoletti. Una volta riscontrate
notevoli differenze fra le due metodologie, e verificato che lo studio Paoletti
non conteneva i parametri necessari al tracciamento dei limiti di fascia A,
Marchetti e Ghilardi hanno applicato un modello di calcolo, basandosi anche
su nuovi rilievi topografici nell’area della “Cascinazza”, con il duplice scopo
di verificare i risultati di precedenti studi e di analizzare la sensitività dei
risultati dei calcoli dai dati utilizzati per descrivere la geometria dell’alveo e
delle aree limitrofe.
31
In tutte le analisi effettuate dai Prof. Marchetti e Ghilardi si è tenuto conto
del fatto che l’Autorità di Bacino richiede, per eventuali modifiche del PAI,
rilievi di maggior dettaglio di quelli utilizzati in precedenza3
.
In sintesi, le conclusioni dello studio dei Proff. Marchetti e Ghilardi hanno
consentito di appurare quanto segue.
A. - Le modifiche introdotte ai limiti di fascia contenuti nel Progetto 1999
del PAI sono state effettuate in modo approssimativo e non adeguatamente
documentato.
Come premesso, chi ha proposto le modifiche ha fatto riferimento - come
noto - al recente studio del Prof. Paoletti. In detto studio l’analisi statistica
delle piogge e lo studio della relazione fra piogge e portate risultano essere
quanto di più accurato finora prodotto per quanto riguarda il bacino
idrografico in esame (Fiume Lambro). Al contrario, i dati topografici utilizzati
per la determinazione delle quote del pelo libero non si possono definire più
accurati di quelli impiegati in precedenti analisi idrauliche, come invece
richiesto dalle norme PAI nell’eventualità che si vogliano introdurre
modifiche, anche perché non riferiti agli stessi oggetti.
Dalla lettura della Relazione del Prof. Paoletti risulta infatti come egli si sia
basato, per descrivere la geometria del Lambro ai fini del calcolo, su rilievi sì
nuovi, ma effettuati solo in corrispondenza dei manufatti di attraversamento
(ponti, briglie, ecc.) presenti sul Lambro, non facendo uso della grande
quantità di dati disponibili relativi alle molte sezioni rilevate in passato per la
stesura del “Piano Lambro”, e nemmeno di quelli delle sezioni fluviali usate
dall’Autorità di Bacino per i calcoli alla base del tracciamento delle fasce
fluviali del PAI. Ciò ha comportato, ad esempio, per il tratto di Lambro
compreso fra il ponte del Canale Villoresi e il ponte stradale di Via Monte
Santo, lungo circa due chilometri e limitrofo all’area oggetto della
controversia, una descrizione dell’alveo basata su due sole
sezioni rilevate (i due ponti citati) invece delle 14 (quattordici) usate nel
Piano Lambro. Ne consegue, da questo punto di vista, che non sembra
possibile definire lo studio in questione come “di maggior dettaglio”, come
invece richiesto dalle norme tecniche PAI per l’elaborazione di proposte
finalizzate alla modifica delle fasce fluviali.
La ripercussione di questa semplificazione sui risultati è ovvia: la descrizione
geometrica di un lungo tratto di Lambro basata solo sulle sezioni rilevate in
corrispondenza dei manufatti di attraversamento, ossia dove l’alveo è più
stretto, introduce nel modello di calcolo un alveo meno largo di quello reale;
nelle formule entrano quindi sezioni più strette, e la corrente simulata non
3
Giova rammentare che qualsiasi modello per calcoli idraulici si basa su una rappresentazione
schematica della geometria dell’alveo: la geometria è ricavata da rilevi topografici, che per forza di cose
non possono essere effettuati in maniera da cogliere anche i minimi particolari. Ragioni connesse alle
tecniche di misura e al loro costo inducono infatti a limitarsi ad una descrizione geometrica approssimata,
tanto più precisa qunto più fedelmente segue la morfologia naturale.
32
riesce a stare nell’alveo: in altre parole, dal calcolo risultano quote di pelo
libero maggiori e, di conseguenza, aree potenzialmente allagabili più estese.
B. - La modifica apportata al limite tra fascia A e B non è in alcun modo
giustificabile con argomentazioni tecniche e non risulta conforme a quanto
previsto dalla vigente normativa del PAI, in quanto essa è stata introdotta
sulla base di studi idraulici che non contengono - né volevano contenere - gli
elementi indispensabili al tracciamento della fascia A.
Premesso e ribadito che nello studio del Prof. Paoletti non è contenuta alcuna
proposta di modifica delle fasce fluviali del Lambro, si sottolinea che Paoletti
non presenta alcun calcolo utile all’identificazione dell’estensione della
fascia A: egli invece pone a confronto, ma senza proporre alcunché, la fascia
B del PAI con l’area potenzialmente esondabile da lui calcolata in
corrispondenza della piena bicentenaria; non pone invece a confronto la
fascia A del PAI con la sua area di esondazione con tempo di ritorno di 50
anni: solo da altri, quindi, è derivata la proposta di modificare il PAI, non
certamente in relazione all’area di esondazione da lui calcolata (con tempo di
ritorno di 50 anni):
C. - Anche la modifica apportata al limite orientale di fascia B, ammessa ma
non concessa la sua validità, dovrebbe essere sostanzialmente rivista sulla
base delle caratteristiche plano-altimetriche della zona, spostando il limite
verso est almeno fino a Via M. Buonarroti, comprendendo in tal modo una
vasta area già intensamente urbanizzata (questo aspetto potrebbe giustificare
l’individuazione di un “Limite di progetto della fascia B” in corrispondenza del
limite già individuato nel Progetto del PAI 1999.
D. - Le nuove verifiche tecniche eseguite da Marchetti-Ghilardi, basate su
criteri geomorfologici e idraulici e su rilievi di maggior dettaglio, hanno
consentito di confermare la sostanziale validità dei limiti delle fasce riportati
nel progetto 1999 del PAI, fatto salvo un ampliamento della fascia A (nella
zona di Casa Cassina).
E. - Un ulteriore elemento a sostegno della validità della posizione del limite
della fascia B del Progetto 1999 del PAI deriva dal fatto che è stato accertato
che esso corrisponde ad un cardine della centuriazione romana, che non ha
subito nel tempo alcuna sensibile deformazione ad opera delle correnti di
piena, fatta eccezione per la già richiamata zona situata nei pressi di Casa
Cassina (vecchia ansa del Lambro).
F. - Gli studi idraulici precedenti (Prof. Paoletti) hanno mostrato l’inutilità di
utilizzare l’area in oggetto per ricavarne un’eventuale “cassa di espansione”
per la laminazione delle piene locali.
In estrema sintesi: dallo studio Marchetti e Ghilardi si ricavano i seguenti
elementi:
a) la sostanziale validità delle fasce precedenti la modifica;
b) l’errato utilizzo dello Studio Paoletti ai fini di giustificare la predetta
modifica;
c) l’inutilità dell’area della Cascinazza ai fini della prevenzione del rischio
idrogeologico qualora la si volesse identificare come “area di laminazione
delle piene” (quest’ultima conclusione è invero ripresa dal precedente studio
idraulico di Paoletti).
33
8.2. - Studio commissionato dal Comune di Monza (Soc. Soilexpert - Anno
2002)
Lo studio in esame è finalizzato, come si legge nella “Premessa”,
“all’adeguamento del Piano Regolatore Comunale ai contenuti del Piano
Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del Bacino del Po” (PAI). L’impostazione
del lavoro rispetta il cosiddetto “Metodo di approfondimento” per la
valutazione delle condizioni di rischio nei territori della fascia C […..] nonché
nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all’interno dei centri
edificati, così come proposto dall’allegato 3 alla Deliberazione della Giunta
Regionale 11 dicembre 2001 n. 7/7365 (“Attuazione del Piano Stalcio per
l’Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Po (PAI) in campo urbanistico”.
Sempre nella premessa si specifica che lo studio è predisposto anche per il
“raggiungimento di un livello di approfondimento superiore a quanto finora
realizzato”. Conseguentemente lo studio riprende ed analizza i dati
geometrici di tutti gli studi precedenti (Piano Lambro, Studio Paoletti,
Autorità di Bacino) ad esclusione di quello di Marchetti e Ghilardi, che non
viene mai citato.
L’indagine aggiunge nuovi rilievi geometrici, effettuati in corrispondenza
delle sezioni a suo tempo autorizzate dall’Autorità di Bacino, per poter
aggiungere dettaglio proprio a quelle sezioni che furono utilizzate per la
prima stesura delle fasce fluviali del Lambro.
E’ interessante notare come l’analisi comparata dei dati geometrici trovi
maggiori concordanze fra le vecchie sezioni del Piano Lambro e quelle oggetto
dei nuovi rilievi, piuttosto che fra queste ultime e le sezioni utilizzate
dall’Autorità di Bacino.
Sulla scorta di questo approfondito studio della morfologia dell’alveo e del
territorio ad esso circostante gli Autori dimostrano di essere in possesso dei
requisiti richiesti per formulare proposte di modifica al PAI (ultima versione
proposta).
Nello studio si legge testualmente, a pag. 10 della Relazione cosiddetta di “3a
Fase” (R3 - Relazione idraulica), che “I risultati ricavati per mezzo di questa
metodologia di calcolo potranno di conseguenza essere confrontati con quelli
pubblicati nel PAI. I risultati potranno inoltre essere confrontati con parte di
quelli dello studio Paoletti, anche se quest’ultimo non era finalizzato al
tracciamento delle fasce fluviali, e precisamente con la fascia di esondazione
della piena con tempo di ritorno di 200 anni; lo Studio Paoletti contiene
anche risultati calcolati a partire dalla portata con tempo di ritorno di 50
anni che, naturalmente, non sono in alcun modo confrontabili con quelli qui
esposti
Si rileva dunque che anche lo studio commissionato dal Comune di Monza
osserva che lo studio Paoletti non era finalizzato al tracciamento delle fasce
fluviali, e che i risultati di Paoletti non erano dunque confrontabili con quelli
ottenuti applicando invece le metodologie previste dalle Norme tecniche del
PAI.
A pag. 11 è oltretutto rilevabile un’osservazione che conferma quanto esposto
dello studio Marchetti-Ghilardi circa il dettaglio della caratterizzazione
geometrica ai fini dei calcoli idraulici: “lo studio Paoletti contiene dati
recenti riguardo alla geometria dei manufatti esistenti quali ponti, traverse
34
ecc., e riporta dati sulla geometria del fondo in corrispondenza della maggior
parte dei manufatti; nello studio Paoletti sono riportate unicamente sezioni
che coincidono con qualche manufatto, mentre non sono riportati dati
relativi a sezioni coincidenti con quelle del PAI o del Piano Lambro”.
Questa frase esprime molto chiaramente la mancanza dei requisiti di
“maggior dettaglio” nello studio Paoletti.
Lo studio commissionato dal Comune di Monza riporta i profili di pelo libero
calcolati in corrispondenza delle portate previste dall’Autorità di Bacino per il
tracciamento delle fasce A, B e C e, nelle tavole 5.3. e 6.3, le proposte di
nuove fasce fluviali che riguardano anche l’area della Cascinazza (Tav. 5.3) e
il confronto fra queste fasce e quelle contenute nell’ultima versione del PAI
modificato (Tav. 6.3).
Se ci limitiamo ad osservare l’area della Cascinazza, gli estensori dello studio
propongono una fascia A molto vicina al Lambro ed una fascia B con il limite
esterno coincidente in sostanza con il cardine romano di cui si parla
ampiamente nella Relazione Marchetti-Ghilardi.
Dal confronto tra le fasce emerge che quelle proposte nello studio qui in
esame coincidono praticamente con quelle a suo tempo ricavate dall’Autorità
di Bacino, mentre risultano molto più vicine al fiume di quanto lo siano quelle
tracciate sulla base dello studio Paoletti.
Confrontando i dati dello studio Soilexpert con quelli dello studio Marchetti-
Ghilardi (allegato 6) che, si ribadisce, non viene mai menzionato nel primo, il
limite esterno di fascia A risulta in alcuni punti più vicino al fiume di quanto
lo sia il limite proposto dagli stessi Marchetti e Ghilardi; vi è invece
coincidenza fra i limiti esterni di fascia B.
Scendendo nei dettagli, lo studio Soilexpert descrive sinteticamente i risultati
del calcolo relativo alla determinazione delle fasce, mettendo in luce come
l’acqua possa anche arrivare a lambire la Casa Cassina, ma con profondità del
tutto trascurabili e senza l’impeto necessario per causare situazioni di serio
pericolo: a pag. 72 si legge infatti: “Supponendo comunque che vi sia
esondazione di sinistra, il pelo d’acqua raggiungerebbe una quota
praticamente identica a quella della strada che corre in prossimità della
Cascinazza. Ipotizzando comunque che la strada venga sommersa,
l’esondazione si fermerebbe comunque pochi metri più in là a causa
dell’altimetria del terreno. La medesima altimetria evita anche che la piena
catastrofica (T500) si spinga oltre”.
Ancora, a pag. 77 dello studio, si sottolinea che: “In sinistra le piene
raggiungerebbero il rilevato stradale di V.le E. Fermi, però superando di soli
2 cm. (T200) o 9 cm (T500) la strada che corre in direzione da nord a sud
congiungendo V.le Fermi alla Cascinazza. Tenendo conto del modesto rilevo
ad est di quest’ultima strada (v. foto pag. seguente), non incluso nei dati
altimetrici, e del canale subito ad est di questo, nonché di quanto previsto
nel calcolo per la sezione 55 più a monte, i limiti delle fasce sono stati
tracciati proprio in coincidenza del rilevo citato”.
Un ultimo importante rilievo occorre fare riguardo allo studio in esame: in
relazione al tempo durante il quale lo stesso è stato effettuato, gli autori
dello stesso hanno avuto la possibilità di verificare gli effetti dell’evento
alluvionale - con vistosa esondazione del Lambro - verificatosi nei giorni 26-27
35
novembre. Gli ultimi tre allegati cartografici dello studio descrivono appunto
gli effetti dell’evento. In particolare la planimetria n. 3 (Carta
dell’esondazione nel territorio comunale) descrive il fenomeno come
verificatosi (sulla base dei rilevi effettuati in loco il giorno stesso in cui
accadeva) sulle aree della ricorrente. Orbene, è possibile rilevare che
l’esondazione (che ha investito tutto il territorio urbano) ha lasciato
completamente indenne l’area ad est della strada corrispondente al tracciato
della centuriazione romana. Il che costituisce una decisiva dimostrazione “in
vivo” di quanto la ricorrente ed i suoi tecnici hanno ampiamente dedotto e
sostenuto sul piano tecnico. La planimetria in questione costituisce la più
sicura prova della fondatezza del ricorso.
Conclusioni
Vi è una sostanziale concordanza fra le conclusioni dei due studi considerati:
ambedue riconoscono la completezza e il dettaglio dei risultati dello studio
Paoletti riguardo alle portate di piena, sottolineando nel contempo
l’impossibilità del confronto fra le fasce A da essi proposte e i risultati dello
studio Paoletti, che non contiene alcun dato utile per il tracciamento di un
limite di fascia A.
I due studi si differenziano per la geometria utilizzata per i calcoli: mentre
Marchetti e Ghilardi hanno scelto di approfondire il dettaglio geomorfologico
dell’area esondabile della Cascinazza, gli estensori dello studio Soilexpert
hanno effettuato nuovi rilievi in alveo. In ciò risiede, probabilmente, la
ragione delle differenze riscontrabili nel tracciamento dei profili di pelo
libero e nella perimetrazione della fascia A, differenze che risultano però
assolutamente non significative.
In definitiva, i risultati dei due studi concordano sostanzialmente e si
discostano entrambi dalla modifica al PAI a suo tempo proposta (e poi
attuata) sulla base di alcuni risultati dello studio Paoletti.
*****
omissis
Per concludere il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico è stato adottato
con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 18 del 26 aprile 2001 ed è
stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2001.
Successivamente il DPCM del 30 giugno 2003 (pubblicata su Gazzetta Ufficiale
dell’11 dicembre 2003) ha avuto lo scopo di attuare il PAI per verificarne la
congruità rispetto ai problemi idrogeologici.
Per quanto riguarda la città di Monza cosa è successo tra la prima e la
seconda deliberazione?
1. nel corso dell’evento alluvionale ed esondativo del Lambro verificatosi
nei giorni 26 e 27 novembre 2002 si è potuto dimostrare che la
perimetrazione delle fasce fluviali del 2001 non era corretta (peraltro,
ed è bene cominciare a ricordarlo, diversa da quella effettuata nel
1999 di cui l’Amministrazione comunale era a perfetta conoscenza).
36
Con sommo dispiacere (supponiamo) dell’Amministrazione neo-eletta,
mentre la città andava inesorabilmente sott’acqua (ed una persona
moriva), le aree poste a sud del Comune (Cascinazza) non venivano
interessate dall’alluvione. Dimostrando così (empiricamente) che non
possono costituire vasca di laminazione.
Cascinazza, il cardine romano e la Cascina Cascinazza
37
Cascinazza, il cardine romano
Monza, Centro città
38
2. conclusione cui è arrivato lo stesso comune di Monza (già guidato da
Faglia) quando nell’udienza del 19 marzo 2003 presso il Tribunale
Superiore delle Acque pubbliche in Roma, ha depositato una studio
affidato ad un gruppo di esperti guidati dal prof. Fabio Conti,che ha
rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto del fiume Lambro
con approfondimenti e rilievi, ha dimostrato che l’area a sud di Monza
non sarebbe mai stata interessata da esondazioni e che quindi il piano
del 2001 era scorretto e quello del 99 corretto.
39
Quindi con la deliberazione del 2003 l’Autorità di bacino ha semplicemente
fatto il suo dovere sulla base dei dati empirici a disposizione; “Il PAI si
configura come piano "cornice", che vede la sua attuazione nella dimensione
dei Piani redatti dalle Amministrazioni locali (Piani territoriali, Strumenti
urbanistici vedi PRG, Piani di settore) che, attraverso la verifica di
compatibilità, ne realizzano un aggiornamento continuo. A seguito
dell'approvazione del PAI nelle Regioni maggiormente interessate (Emilia-
Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto), è stata
avviata la revisione degli strumenti urbanistici e di area vasta, oggi vigenti,
per verificarne la congruità rispetto ai problemi idrogeologici. Conseguenza di
questa operazione di vasta portata, considerando la particolarità del bacino
sul piano nazionale per le sue dimensioni, ma anche per gli eventi idrologici
che lo hanno interessato e che continuano a manifestarsi, è l’aggiornamento
del Piano, che si è tradotto in termini di varianti e/o integrazioni dei
contenuti sia normativi che tecnici”.
40
11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info
“Riassumendo, e nel caso non fossimo stati chiari: La costruzione di canale di
7 km è stata pensata per mettere Monza in sicurezza non per autorizzare il
fratello del Cavaliere a costruire...”
Milena Gabanelli, Report, 23 ottobre 2005
( a cura del Prof. Paolo Ghilardi, docente di …)
I testi pubblicati sul sito web contengono varie inesattezze.
In particolare, l’articolo “Uno scolmatore lungo 168.294.491 euro” afferma
che tale scolmatore sarebbe stato progettato per poter modificare il PAI, che
la Cascinazza potrebbe essere un’area di espansione naturale, che l’uso della
Cascinazza come area di espansione sarebbe stato trascurato nello studio di
fattibilità dello scolmatore.
La realtà è completamente differente.
Innanzitutto, lo studio di fattibilità afferma chiaramente che
“…l’attività di modellazione [idraulica] ha riguardato inizialmente le
condizioni attuali dell’alveo con la conseguente delimitazione delle
aree di allagamento che lungo il tratto si producono per eventi di
differente tempo di ritorno (10, 200 e 500 anni).”
Ciò significa che le fasce fluviali sono state tracciate solamente in base
all’assetto idraulico attuale e quindi trascurando completamente la presenza
dello scolmatore.
Al proposito vale la pena di sottolineare come i calcoli idraulici del tutto
analoghi a quelli alla base del PAI siano stati effettuati anche nell’ambito di
vari studi indipendenti da quello di fattibilità dello scolmatore. Fra questi
figura anche quello per la “zonazione del rischio idraulico” depositato dal
Comune di Monza al Tribunale delle Acque Pubbliche: in esso, riguardo
all’area della Cascinazza, sono pienamente confermati i risultati che hanno
portato al tracciamento delle fasce fluviali del vigente PAI.
Tornando alla studio di fattibilità, questo evidenzia in modo molto chiaro e
inequivocabile che lo scolmatore è una soluzione pensata per porre rimedio
alla verificata impossibilità di far transitare il Lambro in piena attraverso il
centro di Monza, a causa dell’esiguità dei canali:
“…In particolare, si ha che il tratto che attraversa il centro urbano
di Monza risulta essere compatibile con portate di circa 80 ÷ 90
m3/s, a fronte di portate idrauliche con tempo di ritorno di 200
anni pari a circa 200 ÷ 210 m3/s. Tale insufficienza è la causa dei
frequenti e vasti allagamenti che interessano la città di Monza. Si
segnala inoltre che i livelli di piena correlati alla precedente portata
compatibile non rispettano comunque i franchi di sicurezza sui ponti.
In altri termini con la portata di 100 m3/s numerosi manufatti in
41
Monza presentano funzionamento in pressione. Diversi manufatti di
attraversamento di notevole importanza risultano essere incompatibili
con le portate di piena: tra tutti si segnala il ponte dell’autostrada A4
(sezione LA91), il quale per portate duecentennali risulta essere
scavalcato dalla corrente idrica…”
“…Appare evidente la necessità di realizzare un’opera a monte di
Monza che sia in grado di limitare la portata all’interno del centro di
Monza entro valori compatibili con la situazione in atto…”
Al contrario di quanto affermato sul sito web, lo studio di fattibilità prende
direttamente in considerazione tutte le possibili aree di espansione. Ad
esempio:
“…la presenza di aree naturali (parco di Monza e Cascinazza) di
estensione significativa in valore assoluto, ma modesta in rapporto
alle volumetrie delle onde di piena attese…”.
La situazione è chiarita ancor meglio dal seguente brano anch’esso tratto
dallo studio di fattibilità:
“…Proseguendo verso valle si hanno esondazioni diffuse su tutto il
territorio di Monza, a partire dalla zona del parco, coinvolgendo il
territorio del centro abitato di Monza (soprattutto in destra idraulica)
e le aree naturali poste tra il Canale Villoresi e l’autostrada A4, in
destra e sinistra.
L’intera superficie del territorio di Monza interessato da allagamenti è
pari a circa 300 ettari (95 ha nel parco di Monza, 160 ha nel centro
abitato di Monza e 45 ha nella zona sud).
Considerando unicamente le aree di esondazioni censite come aree di
espansione naturale si ottiene un volume di invaso pari a circa 500.000
m3 all’interno del Parco di Monza e circa 250.000 m3 per quanto
riguarda l’area sud.
Si evidenzia come tali volumi siano irrilevanti rispetto alle
necessità di laminazione del Lambro. Il volume eccedente la portata
compatibile del tronco in esame e in quello successivo è pari infatti a
circa 6.000.000 m3…”
LOCALITA’ DA SEZIONE A SEZIONE AREA (HA) VOLUME (m3
)
LAMBRUGO LA126.1 LA124.4 30 300.000
NIBIONNO,
INVERIGO
LA124.3 LA120.1 80 800.000
VEDUGGIO LA120.1 LA117.3 30 200.000
LESMO LA102.4 LA101.8 20 100.000
PARCO DI MONZA LA100.1 LA96.4 95 500.000
MONZA SUD LA93.3 LA91.3 45 250.000
PARCO LAMBRO LA81 LA78 70 700.000
TOTALE 370 2.850.00
42
Lo studio di fattibilità afferma ancora:
“È anche da sottolineare come l’intero volume idrico di esondazione
nel centro storico di Monza e nelle citate aree a valle della città sia di
entità assolutamente ininfluente ai fini della regimazione generale
del Lambro a valle di Monza, in quanto i tiranti idrici di tali
allagamenti sono abbastanza contenuti e determinano quindi volumi di
laminazione ininfluenti rispetto al volume della piena di
riferimento.”
In sintesi:
- Le fasce fluviali sono state tracciate senza considerare la presenza
di alcuno scolmatore o opera analoga;
- Le fasce fluviali del vigente PAI sono in accordo con i calcoli idraulici
effettuati nell’ambito di vari studi idraulici, ivi compreso lo studio
effettuato dal Comune di Monza;
- la proposta di scolmatore nasce per difendere il centro di Monza,
non l’area della Cascinazza;
- l’area della Cascinazza non può immagazzinare un volume di acqua
sufficiente a laminare la piena del Lambro – occorrerebbe un volume
24 volte superiore;
- anche se l’area della Cascinazza fosse in grado di contenere un
volume enorme di acqua, l’effetto della laminazione, in base ai più
elementari principi di idraulica fluviale, si manifesterebbe a sud di
tale area e non a nord.
43
12 . I ricorsi
1. Cassazione
La vertenza, prendendo spunto dalla convenzione di lottizzazione del
1962 tra Comune e originaria proprietà dell’area di “Cascina Cascinazza”,
riguarda le richieste formulate sin dal 1993 da ISTEDIN al fine di ottenere un
equo indennizzo e/o un risarcimento per la compressione della qualità
edificatoria delle aree ad essa rimaste in proprietà, senza poterne sfruttare le
consistenti potenzialità edificatorie, e dunque per la restituzione o il rimborso
del valore economico di quanto, in adempimento della predetta convenzione
urbanistica, era stato per tempo trasferito al Comune di Monza nell’ottica di
realizzare quella edificabilità che, però, è stata bloccata
dall’Amministrazione con vari mezzi, nonché per il ristoro della loro
diminuzione di valore conseguente alla mancata manutenzione oltre che per
la restituzione o il rimborso del valore delle aree trasferite al Comune in forza
della convenzione.
La sentenza della Corte d’Appello di Milano è stata impugnata con
ricorso per Cassazione. Entro l’estate dovrebbe essere fissata l’udienza di
discussione della causa.
2. La sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez. III n. 2776 del
29.10.2004 sulla causa per danni
Pur se sotto più aspetti censurabile, la sentenza d’appello conferma
alcune circostanze di particolare rilievo per la vicenda in questione:
- sussistenza della convenzione di lottizzazione che ha conferito
edificabilità alle aree IEI (punto 5 della sentenza);
- tra le ragioni per cui il giudice di appello del 2004 ha motivato di non
accogliere le domande di ISTEDIN vi è anche il fatto che la stessa ISTEDIN da una
parte dispone comunque di una edificabilità pari a 388.485 mc. assegnata
dal PRG “Piccinato” del 1971, dall’altra ha rinunciato al ricorso TAR contro
il PRG del 1971 che riduceva la cubatura da 1 milione a 388mila mc. Ciò non è
più messo in dubbio dal Piano dei Servizi del 1980 perché quest’ultimo è da
tempo divenuto inefficace con la conseguente riespansione del diritto (punto
8);
- viene dato correttamente atto che la natura ablatoria dei vincoli
imposti dal Comune alle aree di proprietà della ISTEDIN era già stata accertata
in primo grado dal Tribunale di Monza con statuizione non impugnata e da
ritenersi passata in giudicato (p. 50 sentenza n. 2776/2004).
- pur rigettando la domanda di indennizzo di ISTEDIN (ragion per cui è
stato proposto ricorso per Cassazione), la predetta sentenza rammenta
correttamente che “secondo principi ormai consolidati sia a livello di diritto
interno, che nell’ambito del diritto comunitario, pur in presenza di atti
legittimi, la posizione soggettiva del proprietario – mentre può essere
piegata a subire i superiori interessi della collettività – non deve essere a
ciò ridotta senza alcun tipo di ristoro.” (pag. 50). Ciò posto la stessa
44
sentenza dà atto (ibidem) che quanto meno il c.d. Piano dei Servizi del 1980
impose sulle aree ISTEDIN un “vincolo ablativo e non meramente
conformativo”, sottolineando che il relativo accertamento fu operato dal
Tribunale di Monza e passò in giudicato poiché il Comune omise poi di
censurare specificamente la relativa statuizione;
- nella sentenza della Corte d’Appello si sostiene che ciò che “fa
sorgere il diritto all’indennizzo è la reiterazione del medesimo [vincolo] dopo
il primo quinquennio di efficacia del primo provvedimento”, ma che nel caso
in questione non sarebbe stato “allegato e provato che il vincolo sia stato
nuovamente imposto negli anni precedenti alla data della citazione” risalente
al gennaio 1993 (p. 51 sentenza). Con ciò però risulta evidente che, ove dopo
quella data si protraesse il blocco edilizio dell’area, , come in effetti è
accaduto, per ciò stesso sarebbe dovuto un adeguato ristoro.
Ma la cosa più importante da dire è che la Corte di Appello di Milano ha
valutato che per ora non ci sono danni perché la convenzione di
lottizzazione non è risolta e costituisce tuttora titolo e diritto
all’edificabilità.
La Corte ha stabilito che l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata dal
comune non può essere condivisa … perché … “ricorrendo in cassazione, il
comune non ha sollevato alcuna censura in proposito, pur potendo (tentare
di) soffocare ancora in quella sede – con la prescrizione ancor prima che con
altre difese – la condanna al risarcimento pronunciata dalla Corte
territoriale”. Ed ancora, cito testualmente, “ Nel caso di specie, infatti –
come è stato già detto- le aree rimaste di proprietà dell’istituto hanno
conseguito, per effetto della convenzione di lottizzazione, la
classificazione urbanistica in termini di edificabilità: e certamente è
mutata la qualità dei suoli, sia sotto il profilo economico che giuridico,
tanto che sarebbe ammissibile, in ipotesi, un danno, anche prima del
rilascio di una concessione edilizia”.
3. Nuovo PdL 2004.
- ISTEDIN presentava il Piano attuativo, denominato piano di lottizzazione
“Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04
- il TAR Lombardia-Milano, Sez. II, con sentenza 15.3.2005 n. 533,
oramai passata in giudicato, ha accolto il ricorso con cui ISTEDIN ha chiesto
l’annullamento dell’atto dirigenziale 27.12.2004 prot. 61239 con cui veniva
sospesa ogni determinazione sul PdL ritenendo che a ciò ostasse la variante
Tomè del 2002. Il TAR annullava il provvedimento soprassessorio assunto dal
dirigente e nell’occasione concludeva espressamente circa l’attribuzione del
«potere deliberativo in materia al Consiglio Comunale»;
- successivamente il provvedimento soprassessorio è stato reiterato con
provvedimento di Giunta comunale del 24 maggio 2005, sempre sulla base del
preteso contrasto fra esso «e la variante adottata il 25/03/2002 in ordine al
peso insediativo proposto nettamente superiore a quello previsto dalla
variante adottata». Questo provvedimento è stato impugnato con ricorso al
TAR che con ordinanza ha sospeso la delibera della Giunta Comunale in
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Cascinazza storia

  • 1. LA VERA STORIA DI CASCINAZZA Luglio 2006
  • 2. 2 Indice 1. Premessa.................................................................3 2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza .............5 3. La cascina............................................................. 10 4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza ...................... 11 5. Nel frattempo cosa “succede” in città.......................... 13 6. Il Comune di Monza e la Regione ................................. 17 7. Il Piano di Lottizzazione presentato ............................. 18 8 . Gli altri strumenti di governo vigenti ........................... 22 9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)............. 24 10 Fatto e svolgimento del giudizio ................................. 25 11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info . 40 12 . I ricorsi............................................................... 43 Appendice: Brevi cenni di storia urbanistica di Monza .......... 46
  • 3. 3 1. Premessa L’area cosiddetta “cascinazza” è, notoriamente, situata a sud-est di Monza, sul lato destro del tratto del fiume Lambro che attraversa il territorio del Comune al margine esterno del centro edificato. Quel che rimane di proprietà di ISTEDIN è l’esito di vicende storiche, complesse da comprendere e necessariamente lunghe da narrare1 . L’area, la cui proprietà (ISTEDIN) fa capo al gruppo Paolo Berlusconi, in origine aveva un estensione di circa mq 800.000. Attualmente ha un’estensione circa di mq 500.000. La differenza è stata, sostanzialmente, ceduta a titolo gratuito al Comune. Nell’anno 1962 venne stipulata tra la proprietà ed il Comune di Monza - in attuazione delle previsioni urbanistiche dell’epoca – una convenzione di lottizzazione per la edificazione sull’area di un insediamento residenziale della consistenza di circa 1.600.000. mc., oltre a mc. 200.000. per attrezzature; ed in adempimento degli obblighi assunti con la convenzione la Società lottizzante cedette gratuitamente al Comune di Monza aree per circa 300.000. mq, oltre ad altre aree in pagamento dell’imposta sull’incremento di valore delle aree fabbricabili. Per contro il Comune di Monza provvide successivamente a modificare la destinazione urbanistica delle aree disciplinate dalla lottizzazione, riducendo a meno di un quarto la edificabilità ivi prevista. 1 Il documento che segue è stato redatto consultando tutti i documenti originali: chiunque fosse interessato ad approfondire l’argomento può liberamente chiedere di prenderne visione.
  • 4. 4 Cascinazza, progetto di zonizzazione e planivolumetria – 1964
  • 5. 5 2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza Prof. Pier Luigi Dall’Aglio, Bologna 2001 Dipartimento di archeologia Università di Bologna L'area oggetto dell'intervento faceva parte in età romana del territorio di Mediolanum, la attuale Milano. Già centro principale dei Galli Insubri, Mediolanum diventa municipium, cioè una città con un proprio territorio, nel corso del 1 sec. a.C. in seguito alla progressiva estensione della cittadinanza romana e latina ai vari popoli italici e alle genti della "Gallia Cisalpina" dopo il c.d. “bellum sociale” e le prime guerre civili. E' probabilmente in occasione della sua erezione a municipio che il territorio milanese vede l'intervento degli agrimensori romani con il tracciamento della centuriazione. Centuriare un territorio significava, come noto, tracciare una serie di limiti, i cardini e i decumani, tra loro paralleli e perpendicolari in modo da ottenere dei quadrati, le centurie appunto, di 20 actus di lato, corrispondenti a circa 710 metri. Tracciando altri limiti all'interno delle varie centurie, i c.d. “limites intercisivi”, erano ricavati i vari appezzamenti da assegnare ai coloni. In origine gli appezzamenti erano di 2 jugera quadrati, circa 2500 mq, in modo che ogni quadrato di 20 actus di lato accoglieva 100 famiglie di coloni, da cui il nome "centuria". In seguito però ampiezza dei vani appezzamenti, detti “sortes” perché assegnati al coloni per sorteggio, aumenta e comunque viene fissato di volta in volta dal Senato con l'atto che stabiliva la deduzione della colonia o l'assegnazione di una parte dell'ager pubblicus a dei privati cittadini. La centuriazione, quindi, serviva per individuare i vari lotti, ma nello stesso tempo era una grande opera di sistemazione territoriale che comportava disboscamenti e, soprattutto, una rigorosa regimazione delle acque di superficie. Ciò richiedeva che i cardini e i decumani, che erano materializzati sul terreno da strade e canali, fossero tracciati in modo da rispettare la naturale pendenza del terreno, così da consentire il regolare deflusso delle acque evitando ristagni e impaludamenti. Accanto a questi interventi c'era poi la regimazione dei corsi d'acqua con la costruzione di argini e talora di fossati scolmatori in modo da ridurre al minimo i pericoli di inondazioni. La centuriazione è dunque un grande intervento di bonifica e la sua perfetta aderenza alla geografia fisica ha fatto in modo che si sia sostanzialmente conservata sino a noi: quella regolarità del paesaggio rurale che ancora oggi caratterizza le nostre pianure ricalca la regolarità della divisione di età romana e là dove viene meno è perché tra l'età romana e oggi sono intervenute trasformazioni fisiografiche che hanno modificato l'andamento del piano topografico portando ad una nuova sistemazione del territorio. Stando a quanto si è detto, ricostruire la centuriazione di un territorio significa in sostanza riconoscere all'interno del paesaggio attuale i "segni" che
  • 6. 6 appunto ne ricalcano i limiti di età romana. Tali segni sono in pratica costituiti da strade e canali tra loro paralleli e perpendicolari, che corrono ad una distanza di circa 710 m o a distanze che sono multipli o sottomultipli dei 20 actus originari. Nel territorio milanese questa operazione di riconoscimento apparentemente semplice è resa particolarmente difficoltosa dalla forte antropizzazione che ha profondamente modificato il paesaggio più antico e che, con la sua grande molteplicità di segni, maschera le tracce dell'intervento degli agrimensori romani. A questo si aggiunga che spesso le nuove pianificazioni sono condizionate da elementi diversi e quindi finiscono con il coprire il catasto originano con orientamenti differenti. Per tutti questi motivi per una ricostruzione puntuale della centuriazione dell'ager Mediolanensis sarebbe necessario poter disporre di una cartografia storica a grande scala e di un panorama completo del popolamento di età romana e di età altomedievale. Pur in assenza di questa documentazione un'analisi delle tavolette IGM permette di riconoscere ugualmente tutta una serie di allineamenti riconducibili all'organizzazione territoriale di età romana. Innanzi tutto va evidenziato come nel territorio attorno alla metropoli siano riconoscibili diversi orientamenti dovuti al diverso andamento del piano topografico. Così a nord del centro urbano, all'incirca tra le attuali strade statali 36 e 35, l'orientamento prevalente della campagna va da NNO a SSE e lo stesso accade a sud di Milano, mentre ad ovest e a sud della città, ad occidente della via Emilia, l'inclinazione si accentua e i cardini della centuriazione si dispongono da NO a SE. Nel settore a NE di Milano, che è quello che qui interessa, l'orientamento della centuriazione è invece sostanzialmente "secundum coelum", cioè secondo i punti cardinali e quindi con i cardi orientati N-S e i decumani E-O. Ancora diverso è l'orientamento nel settore attorno ad Arcore e Vimercate dove la vicinanza con le colline moreniche che delimitano a sud il Lago di Como porta le strade e i canali ad assumere prevalentemente un orientamento NE-SO. In ogni caso, come si è accennato, le persistenze centuriali sono di difficile riconoscimento e comunque non sono conservate integralmente, ma abbiamo solo frammenti di cardini e decumani, che comunque testimoniano con la loro presenza come il territorio sia stato diviso e assegnato in età romana. Venendo al settore che qui interessa, vale a dire la zona a NE di Milano, le persistenze della centuriazione, per quanto lacunose, sono comunque ben presenti in quello che è l'orientamento attuale della campagna così come attestato dalle tavolette dell'IGM, che risalendo quella di Sesto San Giovanni al 1950 e quella di Gorgonzola addirittura al 1937 ci restituiscono una situazione non ancora disturbata dalla forte antropizzazione della seconda metà del secolo scorso. Tra le varie tracce di limiti centuriali un posto di rilevo per la sua conservazione sembra avere proprio l'asse che da C. Cassina, a sud di Monza, prosegue fino San Cristoforo, per poi ricomparire poco più a sud come un canale e poi ancora nella zona di Cologno Monzese sotto forma di strade di diverso tipo e canali. Ad essi può essere aggiunta la strada tra Casa Nuova e
  • 7. 7 Cologno, il cui andamento, pur non coincidendo geometricamente con il cardine, sembra comunque essere legato alla presenza di questo limite. L'importanza dell'asse C.Cassina-Cologno è in qualche modo confermata dal fatto che la sua geometrica prosecuzione verso nord, passa per il centro di Monza, che dunque finisce per avere nel cardine uno dei suoi assi generatori. Considerando l'asse C.Cassina-Cologno come un cardine principale della centuriazione, finiscono con l'essere un altro cardine principale l'asse che passa per San Damiano e quello che 710 m più ad est, coincide con la strada lungo la quale sorge Icrea e, ancora più ad est, le tracce riconoscibili a sud e a nord di Cernusco. Più difficile trovare criteri per stabilire una gerarchia tra le persistenze di decumani. La scelta di privilegiare le strade per S. Maurizio al Lambro e Guzzina è dovuta al fatto che a questi assi si appoggiano anche i confini comunali e che quindi vengono ad avere una duplice funzione, forse testimonianza di una loro antichità e importanza. Tutte le altre tracce riconoscibili sulla cartografia al 25.000 vanno considerate come persistenze di cardini e decumani secondari, vale a dire di quei limites intercisivi che dividevano le arie centurie nel vari lotti e poderi. Nel caso specifico ci si è limitati a mettere in evidenza solo quei segni che cadono a ¼, ½, e ¾ di centuria, ma analisi più accurate condotte su carte a maggiore ,:ala potrebbero consentire di riconoscere altre ripartizioni interne, ad esempio 1/3 e 2/3. Pur trattandosi di limiti minori, essi erano pur sempre materializzati sul terreno da strade e canali e condizionavano direttamente forma e ampiezza dei singoli campi. Complessivamente le persistenze centuriali riconoscibili nel territorio a NE di Milano, anche se frammentarie, sono abbastanza numerose e, soprattutto, hanno una diffusione sostanzialmente omogenea. priva di importanti e significative lacune. L'immagine quindi che si ricava è quella di una zona regolarmente divisa e assegnata in età romana e che non ha subito nelle epoche successive grandi stravolgimenti, mantenendo il suo assetto originario. Le uniche modifiche che, stando alle persistenze centuriali, si possono rilevare sembrano riguardare il corso del Lambro. La presenza di alcuni limiti bruscamente tagliati dal fiume e che proseguono poi sulla riva opposta, come quello che sulla sinistra del fiume passa per C. Moglia e sulla destra per S. Alessandro o quello riconoscibile subito a sud nella zona di C. Pelucca, e il fatto che in taluni casi il Lambro vada a sovrapporsi a tracce di antichi cardini, sembrerebbero indicare che il fiume abbia assunto il corso odierno in un momento successivo all'età romana. Se però il Lambro all'epoca della centuriazione non aveva il corso attuale, è necessario individuare quale fosse allora il suo andamento. E' evidente che una tale ricostruzione non può essere fatta esclusivamente sulla base della centuriazione, tuttavia l'orientamento e la diversa conservazione degli assi centuriali forniscono a questo proposito altri utili suggerimenti che devono essere poi analizzati da un punto di vista geomorfologico e storico in generale. Nel nostro caso, ad esempio, la sostanziale continuità delle persistenze centuriali tra la zona dell'attuale corso e il T. Molgora impedisce di pensare che il Lambro abbia solcato questa zona in età romana. D'altra parte se si osserva il tracciato del Lambro a nord di Monza, si può notare
  • 8. 8 come il fiume fino nella zona di Peregallo si diriga verso SE, per poi deviare bruscamente verso SO. Se si prolunga a valle di Peregallo l'andamento NO-SE, il Lambro finisce per confluire nel Molgora poco a sud di Burago, passando così a nord del blocco centuriale che abbiamo qui esaminato. Sulla base quindi del rapporto tra corso d'acqua e centuriazione non si può escludere che in età romana il Lambro scendesse verso SE fino nella zona dell'attuale Burago e poi proseguisse seguendo all'incirca quello che oggi è il corso del Molgora. Sarebbe stato quindi il Lambro e non il più modesto Molgora a fungere da confine tra la nostra zona e quella con diverso orientamento riconoscibile tra il Molgora e l'Adda. Si tratta, va precisato, di un'ipotesi di lavoro che ha bisogno di essere verificata prima di tutto su base geomorfologica e poi da una più accurata analisi storicotopografica del territorio. Un'altra considerazione che può essere fatta sulla base del riconoscimento dei limiti centuriali è come questi abbiano condizionato l'andamento del Naviglio della Martesana. In diversi tratti e per una considerevole lunghezza, infatti, questo canale finisce per coincidere con antichi decumani. Ciò avviene soprattutto tra Cernusco e la zona di Cassina de' Pecchi, ad est della quale la Martesana piega assumendo l'orientamento generale del settore alla sinistra del Molgora. Lo stesso accade più a nord con il Canale Villoresi, il cui andamento "a gradini" è dovuto alla necessità di passare da un decumano all'altro. Questa aderenza della Martesana e del Villoresi con la centuriazione introduce un problema che è di tutti i vari "Navigli" della pianura padana e cioè se essi fossero già presenti in età romana e siano poi stati risistemati e riattati nel secoli successivi o se siano nati completamente ex-novo in epoca medievale o rinascimentale. E' un problema di difficile soluzione, ma il fatto stesso che sia possibile porlo, ribadisce una volta di più l'aderenza della centuriazione alla geografia fisica e nello stesso tempo conferma come non si siano verificati in questo settore dei grandi mutamento fisiografici dopo la fine del mondo romano. Un ultimo dato che è possibile rilevare è legato alla posizione dei centri demici più importanti, a cominciare dalla stessa Monza. E' infatti evidente come questo centro si trovi lungo un asse stradale che usciva da MedioIanum e tagliava obliquamente il territorio andando verosimilmente a convergere nella strada che da Bergamo puntava verso Lecco. Monza, però, oltre che lungo questa strada, la cui romanità è d'altra parte dimostrata dal toponimo Sesto San Giovanni e dalla sua ubicazione effettivamente a 6 miglia da Milano, si trova anche, come si è detto, lungo il ,cardine le cui persistenze sono state riconosciute tra Cologno e C. Cassina. Non solo, ma nel centro di Monza passa anche il decumano parzialmente riconoscibile a nord di C.ne Bastoni. Monza oltre che lungo una strada di una certa importanza, viene ad essere collocata all'incrocio di due assi centuriali e quindi in una posizione particolarmente importante da un punto di vista itinerario. Monza però non è il solo centro che si trova all'incrocio di due assi centuriali: altrettanto accade per tutti gli altri abitati più importanti della zona, come S.Damiano, Brugherio, Cologno, Vimodrone, Cernusco, Carugate, Caponago e
  • 9. 9 per numerosi centri minori e cascina isolate, come Baraggia, S. Ambrogio o Icrea. Questa particolare collocazione è un'ulteriore dimostrazione di come la centuriazione si sia conservata, visto che la demografia moderna ha continuato ad essere da lei condizionata. Il problema sarebbe quello di sapere quando questi centri sono nati e se si sono sviluppati da un precedente insediamento romano o se invece sono sorti ex-novo in epoche più recenti. Anche in assenza però di queste verifiche, la posizione degli abitati che abbiamo citato è un'ulteriore prova di come il disegno impresso al nostro territorio dagli agrimensori romani abbia continuato ad esistere nei periodi successivi e come dunque non si siano verificati eventi in grado di modificare la generale struttura del paesaggio. In conclusione una sia pur sommaria analisi delle persistenze della centuriazione, porta a ritenere che tutto il settore compreso l'allineamento Monza-Burago a nord, il Molgora ad est, la strada per Liscate a sud e quella che unisce Sesto San Giovanni a Monza ad ovest, sia stato regolarmente diviso e assegnato in età romana e quindi densamente popolato. La crisi economica e demografica che ha caratterizzato il tardoantico e il primo medioevo tra il IV e il VII secolo e che ha portato ad una diminuita presenza antropica e quindi al venir meno del controllo dell'uomo sulla rete idrografica della pianura con variazioni di corso dei fiumi, impaludamenti e con un generale ritorno dell'incolto, pur avendo anche qui portato ad una cancellazione parziale della centuriazione, non ha comunque provocato variazioni fisiografiche sígnificative e di conseguenza la nascita di una nuova geografia del territorio. Per essere più esatti una variazione idrografica importante può essere avvenuta e riguarda il Lambro, ma la sua eventuale deviazione si è verificata più a monte, nella zona di Peregallo, e il nostro settore non è stato interessato direttamente dal passaggio dei fiume. Perché siamo partiti dalla ricerca della centuriazione di matrice romana? Perché come ci ha dimostrato il Prof. Luigi Dall’Aglio: 1. l’area non è mai stata interessata direttamente dal passaggio del fiume. 2. l’area è divisa con un “segno” netto da nord a sud dalla persistenza della centuriazione romana e lo studio dell’andamento del Lambro impedisce di pensare che il fiume abbia mai solcato il cardine della centuriazione stessa, oltre il quale, ed anticipiamo alcuni concetti sviluppati in seguito, è prevista l’edificazione.
  • 10. 10 3. La cascina Nell’area non sono riconoscibili elementi di interesse storico – ambientale, se si eccettuano i manufatti della Cascina Cascinazza e, come abbiamo detto, il “cardine romano”. La Cascina Cascinazza, a doppia corte rettangolare chiusa, una variante della tradizionale forma della cascina lombarda (a semplice corte chiusa), si allunga in direzione nord – sud, con avancorpi e superfetazioni sia sul lato orientale che, più modesti, sul lato settentrionale; i manufatti della Cascina risultano circondata dal sistema dei canali irrigui a servizio dei fondi agricoli. La Cascina risulta inoltre leggermente ribassata rispetto al piano di campagna circostante. La Cascinazza presenta di fatto un valore più ambientale e tipologico – testimoniale che storico – architettonico in senso stretto, e non solo per l’attuale stato di degrado. La Cascina è in pessimo stato di conservazione e presenta un elevato livello di degrado, con vari corpi diroccati ed altri in pericolo imminente di crollo, con puntellature provvisorie. Le aree agricole dell’azienda agricola Cascinazza facevano parte di un fondo molto più vasto, che giungeva fino a Bettolino Freddo (nel Comune di Cologno Monzese). I fondi costituenti la proprietà risultano come detto serviti da un complesso sistema di canali irrigui, fra i quali le Rogge Lupa e Decima. Uno degli effetti della politica della città sull’area Cascinazza è lo stato di abbandono e obsolescenza in cui versa la Cascina.
  • 11. 11 4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza Cosa ci restituisce la complessa ricostruzione2 delle vicende che hanno segnato la storia urbanistica –ma non solo- della città di Monza? 1. Ripercorrere la storia di Monza, ha significato evidenziare da una parte la “tormentata” storia urbanistica della città caratterizzata da un susseguirsi di atti spesso difficili da interpretare, con “adozioni”, “approvazioni a stralcio”, “studi” spesso inefficaci che hanno avuto come esito lo stallo delle pratiche e delle procedure. Città, si deve ricordare, che nonostante le difficoltà urbanistiche, ha vissuto un periodo di grande operosità edilizia cui ha corrisposto un cospicuo aumento demografico passando da 73.114 abitanti del 1951 a 121.233 abitanti del 2002, con l’incremento più considerevole tra il 1951 ed il 1971 (+ 56.36%) quando aveva già raggiunto 114.327 abitanti; dall’altra ha significato evidenziare l’impossibilità per la lottizzante di concludere la convenzione di lottizzazione regolarmente stipulata con il Comune. Senza dilungarsi ulteriormente sul complicato iter dei procedimenti amministrativi riguardanti il Piano Regolatore Generale che si sono succeduti (e spesso sovrapposti e “accavallati” come abbiamo visto) nel tempo, è possibile affermare che all’oggi l’unico strumento urbanistico “quasi compiuto” e vigente sia rappresentato dal PRG approvato con Decreto Ministeriale 4150 del 22 novembre 1971 e comunemente noto con il nome del tecnico estensore, l’Architetto Piccinato. Quasi compiuto perché anche il “piano Piccinato” pur essendo l’unico approvato nella storia di Monza, lo fu a stralci… 2. Una delle poche aree da “sempre” edificabili ed acquistata con tali requisiti è quella di “Cascinazza”. Di più: è l’unica area attualmente a Monza oggetto di convenzione regolarmente stipulata col Comune (che ha incassato integralmente gli oneri di urbanizzazione e acquisito le aree a titolo gratuito. E’ bene ricordare che le aree già cedute al Comune di Monza e di cui gran parte hanno subito una trasformazione irreversibile) e regolarmente oggetto da quarant’anni, ogni qualvolta il Comune adotta un piano urbanistico, del tentativo di “azzeramento” della sua capacità edificatoria, con motivi che di volta in volta cambiano. La penultima volta era il Lambro che esondava a motivarne l’inedificabilità; in quell’occasione , caso unico nella storia, qualcuno ha tentato di far credere che a Monza l’acqua “defluisse in salita”. Ora è la volta della tutela delle poche zone rimaste inedificate a Monza; dimenticando che l’area è rimasta tale non per particolari requisiti ambientali da rispettare, ma solo perché è stato gravemente leso un diritto stipulato con convenzione, mentre altri, nella stessa città, hanno edificato anche laddove non c’erano diritti acquisiti. Con buona pace di tutti. 3. La proposta di piano di lottizzazione presentata con le integrazioni richieste dal Comune di Monza, è perfettamente conforme alla disciplina 2 Gli interessati potranno avventurarsi nella lettura dell’appendice
  • 12. 12 urbanistica vigente (l’unico piano approvato a Monza è il “Piccinato”) e prevede un’ edificazione notevolmente inferiore a quella prevista nella convenzione già stipulata nel 1964.
  • 13. 13 5. Nel frattempo cosa “succede” in città Durante il periodo ultratrentennale trascorso, diversi sono stati i tentativi di proporre per la città di Monza un nuovo strumento urbanistico che potesse attualizzare la disciplina urbanistica e interpretare l’evoluzione territoriale, economica, sociale, legislativa e disciplinare nel frattempo intervenuta: il termine “tentativi” chiarisce che nessuna delle proposte di variante generale si è all’oggi concretizzata in un PRG legittimamente efficace. Lo stesso piano adottato nel 2002 non è mai stato pubblicato e dopo essere stato più volte annullato dal TAR Lombardia è sempre tornato efficace esclusivamente perché i ricorrenti una volta arrivati in Consiglio di Stato hanno ritirato la lite e rinunciato al ricorso (nel frattempo avevano trovato un accordo col comune su cosa ”fare”… ) Anzi, le vicende che hanno contraddistinto l’evoluzione della disciplina urbanistica comunale, sono caratterizzate da una serie di contenziosi che hanno determinato diverse pronunce e sentenze sia dei giudici amministrativi che del tribunale civile, decisioni che hanno a volte sottolineato comportamenti non consoni dell’amministrazione comunale e che comunque hanno determinato un clima certamente non assertivo e favorevole per un costruttivo e serio confronto sul tema dello sviluppo della città. Di più, l’incertezza sugli esiti di alcuni procedimenti ancora in corso e di cui si è in attesa delle sentenze definitive, determinano sicuramente un ulteriore fattore di indeterminatezza derivante dalla necessità di rivedere una qualsiasi previsione a causa dell’esito di un giudizio nel frattempo emesso. Le conseguenze sul piano pratico di questa situazione sono molteplici ma merita d’essere sottolineato che a causa del rilevante periodo temporale intercorso dalla data di approvazione del PRG Piccinato, la città di Monza si trova in uno stato di impasse con gravi pregiudizi per una corretta programmazione di governo del territorio. Peraltro, adattamenti episodici e varianti parziali che si sono succeduti nel tempo, hanno comunque “stravolto” il progetto di città contenuto nel PRG vigente, tanto da evidenziare uno sviluppo urbanistico non pianificato. Il progetto di città ora vigente è un progetto vecchio di oltre quarant’anni. Ma quale urbanistica ha fatto l’attuale Giunta comunale? 1. non ha pubblicato (come doveva essere) il Piano Regolatore approvato dalla precedente Amministrazione Comunale. Ovvio che il PRG elaborato ed adottato (marzo 2002) dalla precedente Amministrazione Comunale, trasmesso in Consiglio Comunale due anni prima ed oggetto di duro ostruzionismo da parte dell’allora opposizione, dovesse essere adeguato. Lo strumento per migliorarlo, adeguarlo ed anche finalizzarlo alla sensibilità della sopraggiunta amministrazione comunale c’era e passava per la sua pubblicazione, per le osservazioni cui avevano diritto i cittadini monzesi (come il resto dei cittadini italiani e lombardi) e per le controdeduzioni (che potevano anche modificare scelte eventualmente
  • 14. 14 sbagliate contenute nel piano adottato), da approvare dal nuovo Consiglio Comunale. Invece mai sapremo cosa non funzionava del vecchio piano perché la scelta fatta dalla Giunta Comunale è stata quella di non sottoporlo al giudizio pubblico (ad oggi resta da capire la correttezza giuridica della procedura che nessuno ha voluto indagare: si può non pubblicare un atto pubblico per esteso, la cui pubblicazione è obbligatoria per legge?). Banalmente l’Assessore interessato ha più volte ricordato che il piano sarebbe stato bloccato dalla Regione Lombardia perché illegittimo omettendo due particolari significativi: il primo è che se conteneva errori questi potevano essere tranquillamente corretti durante le controdeduzioni; il secondo è che il PRG comunque non sarebbe andato in Regione perché nel frattempo l’approvazione del piano territoriale della Provincia di Milano delegava la verifica di compatibilità dei piani alla stessa Provincia di Milano (peraltro guidata da un’amministrazione dell’Unione). Ed il cittadino non capisce perché, se il PRG era effettivamente illegittimo, questa Amministrazione Comunale l’abbia difeso in questi 4 lunghi anni in ogni sede giurisdizionale. Ma allora cosa ha difeso e perché l’ha fatto? Incredibile poi è la motivazione del parco di cintura. Se la nuova Amministrazione Comunale non voleva la perequazione (che in realtà continua in tutte le sedi a definire uno dei cardini del nuovo PGT) poteva modificare l’articolo delle norme tecniche che la disciplinava. Singolare sarebbe invocare il blocco della perequazione e quindi della procedura di approvazione con la necessità di difendere il parco di cintura urbana da Cascinazza (che non è stata attuata) per poi permettere ad altri soggetti attuatori di utilizzare proprio quella norma per cedere aree a titolo di standard a basso costo imprenditoriale. E’ forse utile dire (perché fatto poco conosciuto) che ISTEDIN ha impugnato al competente Tribunale Amministrativo Regionale il piano adottato dalla precedente Amministrazione Comunale, reputandolo lesivo dei propri interessi. 2. Ad ogni modo il primo atto amministrativo compiuto dalla Giunta Comunale è la deliberazione di G.C. 989 del 29/8/2002 con la quale il Comune di Monza ha avviato il procedimento per: - trasposizione in formato digitale delle tavole di azzonamento del P.R.G. Piccinato; - rettificazione e correzione di errori materiali nonché interpretazioni del PRG vigente ai sensi della l.r. 23/97; - adeguamento del PRG vigente alla l.r. 1/2001 con elaborazione del Piano dei servizi; - adeguamento del PRG alla normativa vigente in materia di PAI, PTC Parco Naturale della Valle del Lambro, distributori di carburante, urbanistica commerciale, Piano Urbano dei servizi del sottosuolo, ERIR, inquinamento elettromagnetico, inquinamento luminoso e acustico; - Documento di Inquadramento previsto dalla l.r. 9/99 per la redazione dei P.I.I.. La scelta dell’Amministrazione comunale è apparsa da subito non consona, perché lo strumento di governo del territorio scelto (PII), poneva due ordini di
  • 15. 15 problemi che determinavano, ad ogni modo, incertezza nei tempi e nella reale fattibilità degli interventi: a) i PII, in quanto tali, non avrebbero risolto i problemi legati alle paventate necessità di adeguamento della variante generale adottata; b) proprio in quanto i PII si ponevano in variante al PRG vigente ed a quello adottato, per la loro approvazione era necessaria, comunque, l’attivazione di procedure di accordi di programma con la Regione Lombardia, con tempi lunghi ed imprevedibili (come per tutti gli accordi di programma). Nel merito della “proposta di documento di inquadramento” emergeva che “lo standard era dimensionato, per valori minimi, ai sensi della legge regionale 1/2001, salvo che per il caso delle attività produttive per le quali non poteva comunque essere inferiore al 10% delle superfici utili. Tale dimensionamento doveva essere effettuato con il Piano dei Servizi secondo le procedure di approvazione disciplinate dalla legge regionale 23/97 (allora vigente) . Tale artificioso meccanismo consentiva, in realtà, di diminuire la dotazione complessiva di aree per strutture e infrastrutture di interesse generale (standard), a discapito della qualità della vita dei cittadini di Monza. In altre parole, modificando il rapporto abitanti/standard, a parità di volume residenziale edificabile, sarebbero diminuite le quantità di aree a standard da cedere a titolo gratuito al Comune. Inoltre, nella “proposta di documento di inquadramento si prevedeva che i valori dimensionali dell'intervento fossero riferiti all'indice territoriale, comprendendo anche aree di proprietà pubblica ed assumendo, in particolare, che le proprietà pubbliche (comprese le strade e le urbanizzazioni esistenti) generassero una propria disponibilità volumetrica desunta dall’indice territoriale. Tale determinazione costituiva, in realtà, un meccanismo per incrementare l’edificabilità (assegnando diritti volumetrici ad aree che ne sono sprovviste). Legittimo, per carità! Ovviamente il tutto è finito mestamente nel nulla, come spesso ha insegnato la storia urbanistica di Monza. 3. Successivamente la Giunta Comunale ha più volte tentato di proporre alla discussione del consiglio comunale piani attuativi, sistematicamente oggetto di ferme prese di posizione da parte dell’apposizione che ne metteva in discussione la legittimità. Alcuni sono tuttora in attesa del giudizio di merito presso il competente tribunale amministrativo. 4. Dopo l’approvazione della legge regionale n° 12/2005 la Giunta Comunale ha approvato una serie di piani attuativi per oltre mc 300.000 (ma c’è chi dice anche 500.000) oltre le DIA ed i permessi di costruire. 5. Ora il Consiglio Comunale si appresta ad adottare un nuovo P.G.T., con le stesse modalità della precedente Amministrazione, giudicato da esperti che hanno avuto modo di studiarlo, di basso profilo e privo di pensiero strategico. La cosa certa è che non entrerà nei libri di storia dell’urbanistica; peraltro
  • 16. 16 non è (di fatto) di salvaguardia ambientale-territoriale e non ha visioni strategiche adeguate alla terza città della Lombardia che si appresta a divenire Capoluogo di provincia. Infine vi è (sin da ora) l’obbligo d’adeguare il PGT alle modalità per la pianificazione comunale approvate dalla Regione Lombardia (con i criteri attuativi). E l’ironia diventa beffa. Proprio chi ha avuto l’ardire di affermare di non aver provveduto a pubblicare il piano dell’Amministrazione Comunale precedente perché auto-definito illegittimo, ora deve fare i conti con un piano ancora distante dalle norme vigenti…
  • 17. 17 6. Il Comune di Monza e la Regione Da tempo leggiamo l’incredibile accusa che la Regione Lombardia compia atti vessatori contro il Comune di Monza pregiudicandone la facoltà amministrativa. Accusa in realtà datata 2005 quando il Sindaco, accompagnato dal vice-Sindaco, e forse da qualcun altro, presidiarono il consiglio regionale “reo” di prestarsi ad approvare la nuova legge regionale di governo del territorio che avrebbe, nel merito, “penalizzato” Monza a vantaggio di un privato (parliamo della legge regionale 12/2005) . La cronaca dei mesi seguenti avrebbe dimostrato esattamente il contrario. La nuova legge regionale, per il famoso privato, è stata del tutto ininfluente, mentre beneficiando della facoltà di approvare i piani attuativi in Giunta ha permesso alla Giunta Comunale di portare ad approvazione tutti quei piani attuativi fino ad allora bloccati in Consiglio Comunale. E nella città di Monza, a dispetto del tanto promesso contenimento delle espansioni residenziali, si è visto arrivare la colata di cemento più consistente da quaranta anni a questa parte (ovviamente tutte le colate sono legittime…) . A tal proposito vorremmo, nel merito, dire la nostra. Ma chi l’ha detto che trasformare un’area dismessa in una colata di abitazioni sia un segno di corretta pianificazione e di rispetto per l’ambiente? Proprio perché si tratta di un’area dismessa che ha già fruito della famosa “rendita immobiliare”, e per definizione si trova in tessuto urbano già compromesso (spesso le aree dismesse sono aree “industriali” situate in ambiti che si sono trasformati per successive addizioni urbane e sono caratterizzati dalla solita carenza di standard pubblici), la sua riconversione può avvenire anche prevedendo parchi, campi gioco, parcheggi etc al servizio del quartiere. E’ ora di finirla di nascondere dietro l’ineludibile riconversione delle aree industriali dismesse, incrementi del carico insediativo che, per i quartieri che ne sono interessati, spesso si traducono in veri e propri “massacri” urbanistici. Ora, e tornando al tema, in un recente dibattito in Consiglio regionale, la proposta di legge in discussione è stata definita da un consigliere regionale afferente al gruppo ds “una marchetta della maggioranza a Paolo Berlusconi”. Il consigliere regionale in un intervento successivo ha chiarito la portata delle sue affermazioni: “una marchetta politica intendevo dire” (evidentemente ciascuno conosce le proprie abitudini e, a volte, pensa che la realtà si possa leggere partendo dalle proprie esperienze negative). Prima che si ripeta lo stesso effetto del 2005, dove alcuni rappresentati della giunta comunale manifestarono in Regione il loro scandalo per poi beneficiare degli effetti della legge, è bene anticipare sin da subito che le legge regionale in discussione non avrà alcun effetto sulla vocazione edificatoria di “Cascinazza”; il cui requisito di edificabilità è dato dalla convenzione legittimamente stipulata tra le parti nel 1964 (!!!) e mai negata da nessun strumento urbanistico vigente, confermata dal P.R.G. adottato nel 2002 ed oggetto di piano di lottizzazione regolarmente presentato in Comune nel 2004 (integrato).
  • 18. 18 7. Il Piano di Lottizzazione presentato Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 ha inizio l’elaborazione del piano di lottizzazione, attuativo del Piano Regolatore Vigente. Perché elaborare un piano attuativo? 1. Perché si susseguivano le sentenze del TAR Lombardia di annullamento della Variante al Piano Regolatore Generale adottato nel 2002; 2. Perché ara chiaro a tutti che gli eventi alluvionali cha hanno colpito la città di Monza nel novembre 2002 avevano inequivocabilmente dimostrato che l’area oggetto dell’edificazione (oltre il cardine romano) non poteva essere interessata dall’esondazione del fiume Lambro; 3. Perché lo strumento di attuazione del piano regolatore è il piano di lottizzazione. E le procedure sono state perfettamente rispettate. Così, ISTEDIN ha presentato il Piano attuativo, denominato piano di lottizzazione “Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04 Il Piano presentato prevede in sintesi: La realizzazione di circa 900 alloggi (con 40 palazzi e non 60 come erroneamente qualcuno continua a scrivere) su una superficie complessiva di oltre mq 500.000 e la cessione a titolo gratuito al Comune del 77% delle aree interessate dal Piano di Lottizzazione (circa mq 387.855). Prevede inoltre il recupero con finalità pubbliche ed al servizio del quartiere della cascina per circa mc 15.000. Il disegno urbanistico proposto si fonda su quattro scelte principali: - la costituzione del Parco fluviale del Lambro; - la realizzazione di un grande Parco Attrezzato; - la definizione di un nuovo bordo edificato; - la nuova centralità urbana affidata alla Cascina Cascinazza. E’ prevista la costituzione del parco fluviale del Lambro oltre il “cardine romano”, tale scelta consentirà di realizzare concretamente il sistema della rete ecologica – ambientale individuato negli strumenti di programmazione urbanistica, e dal nuovo PTCP in particolare.
  • 19. 19 Il sistema urbano La Cascinazza risulta il fulcro e la cerniera attorno alla quale è costruito il progetto. L’utilizzo polifunzionale con attrezzature e servizi pubblici del complesso Cascina dà luogo ad una integrazione funzionale con il quartiere e la città; la comodità dei percorsi ciclopedonali, degli accessi e delle aree di parcheggio ne favoriscono la funzione come nuovo polo di centralità urbana. Si noti in tal senso come sia possibile paragonare nel disegno urbano, la Cascina alla Villa Reale a nord, nel senso che la posizione ne fa la naturale porta di accesso al Parco e la struttura di attività di servizio allo stesso. L’attuale composizione della Cascina, caratterizzata dai due ampi cortili, viene articolata e completata formando un terzo cortile laterale in successione a quelli esistenti ed un grande spazio antistante. La lettura a grande scala evidenzia come il progetto parta dalla volontà di completare il disegno urbano di Monza, realizzando una nuova ampia area a
  • 20. 20 parco a sud della città, in stretto rapporto con il centro storico, facilmente raggiungibile tramite percorsi ciclopedonali in pochi minuti e riqualificare la frangia urbana non finita del quartiere San Donato, ponendo il quartiere in grado di usufruire delle nuove attrezzature e di essere inserito in un contesto urbanistico di qualità. Il progetto attua un significativo asse di verde che attraversata la zona pedonale del centro storico, si colleghi al Parco della Villa Reale, al Lambro valorizzato come corridoio ecologico, al “cardine romano” come elemento di supporto di grande significato nel disegno della città. Il complesso a parco pubblico a servizio dell’intera città si fonde con le residenze e trova una naturale continuità con la città. Il Planivolumetrico La localizzazione dei nuovi insediamenti sul lato della città, verso il quartiere di San Donato, riqualificando la maglia sfrangiata della periferia, definisce un nuovo, qualificato e ordinato bordo urbano, che prende come limite dell’edificazione il filo occidentale della Cascina Cascinazza.
  • 21. 21 Il bordo così ridefinito è attraversato da varchi ed aperture -funzionali, fruitive, ma anche paesaggistiche ed ambientali-, verso gli spazi aperti e del sistema del Lambro e del suo parco. Il nuovo bordo edificato occupa il 23 % (meno di mq 100.000) dell’area oggetto del Pdl: il 77% della superficie interessata dal Pdl è invece rappresentata nel suo complesso da verde (attrezzato e ambientale) e da altri standard urbanistici (parcheggi e attrezzatura collettiva). Il progetto raggiunge l’obiettivo di dare continuità ed integrazione fra gli spazi aperti e i sistemi ambientali, i nuovi insediamenti, il quartiere di San Donato (che risulta collegato e inserito nei sistemi ambientali e paesaggistici di cui oggi non fruisce recuperando la viabilità locale e con percorsi ciclo- pedonali), tramite i percorsi pedonali e ciclabili, il parco attrezzato a ridosso dei nuovi insediamenti, il Parco del Lambro. Per ottenere questi risultati, il Pdl ridisegna l’assetto urbanistico previsto nel Piano Piccinato, redatto più di trenta anni fa, ricomponendo le aree pubbliche al fine di migliorare il disegno e la qualità urbanistica, ambientale e prestazionale nel suo complesso.
  • 22. 22 8 . Gli altri strumenti di governo vigenti Il Piano paesistico regionale Con D.G.R. 25 luglio 1997 – N. 6/30195, viene adottato il progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27 maggio 1985, n° 57. Con D.G.R. 5 dicembre 1997 – n° 6/32935 vengono approvate le rettifiche, integrazioni e correzioni di errori materiali agli elaborati del progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale. Con D.G.R. 18 giugno 1999 – n° 43799 viene approvata la proposta definitiva di Piano Territoriale Paesistico Regionale e la presentazione al Consiglio regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27 maggio 1985, n° 57. Con D.G.R. 3 agosto 2000 – n° VII/753 vengono riassunte le deliberazioni concernenti alcune proposte di atto amministrativo presentate nel corso della VI legislatura e non approvare dal Consiglio Regionale nel corso della stessa. Con D.C.R. 6 marzo 2001 – n° VII/197 viene approvato il Piano Territoriale Paesistico Regionale. Con D.G.R. 21 dicembre 2001 – n° VII/7582 viene approvato il Documento integrativo alle “linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 1/2000 approvate con D.G.R. 49509 del 7 aprile 2000. L’area c.d. Cascinazza non è inserita tra gli ambiti di elevata naturalità di cui all’art. 17 delle norme di attuazione. E’ considerata viabilità storica ai sensi del comma 6 dell’art. 20 il cardine della centuriazione romana che attraversa da nord a sud l’area. Ai sensi del comma 8 dell’art.20 non è individuata viabilità di fruizione panoramica ed ambientale. Nel Comune di Monza non risulta vigente un Piano Regolatore Generale con valenza paesistica ai sensi dell’art. 24. L’area oggetto del presente Piano di Lottizzazione non è compresa in alcuna area protetta, ai sensi della legge regionale 30 novembre 1983 n° 86 “Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale” . Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) è stato approvato con deliberazione consiliare n° 55 del 14/10/2003 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, Serie Inserzioni – n°45- 5 novembre 2003, ai sensi dell’art. 3 comma 36 della legge regionale 5 gennaio 2000, n°1. Il PTCP ai sensi del comma 26 dell’art.3 “definisce gli indirizzi strategici di assetto del territorio a livello sovracomunale con riferimento al quadro delle infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia paesistico-ambientale, all’assetto idrico, idrogeologico ed idraulico-forestale… ed in particolare contiene: a) l’indicazione delle vocazioni generali del territorio con riguardo agli ambiti di area vasta;
  • 23. 23 b) il programma generale delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione e la relativa localizzazione di massima sul territorio; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico- forestale ed in generale per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque”. Il PTCP può altresì individuare le zone di particolare interesse paesistico- ambientale di cui alla lettera b) dell’art. 13 della legge regionale 18/97 ed indicare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale …” Nell’area sono previsti filari (art. 64). E’ altresì rilevato, per la Cascina diroccata, un insediamento rurale di interesse storico (art. 38). Per quanto riguarda gli ambiti di rilevanza paesistica di cui all’art. 31, essi assumono efficacia di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell’ art. 4. Il quale prevede che le “prescrizioni dirette riguardano, ad esclusione del territorio compreso all’interno dei parchi regionali disciplinati dai relativi piani territoriali vigenti, gli ambiti e gli elementi di valenza paesistica del suolo nel caso di: a) aree soggette a vincoli vigenti di cui al D.Lgs 490/99 artt. 2, 139, 146; b) aree sottoposte alla disciplina del P.A.I. vigente di cui al succesivo art. 16 …” Con deliberazione n° 3 del 25 febbraio 2003 il Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Po ha adottato il progetto di variante al piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI) approvato con D.C.P.M. 24 maggio 2001 – fasce fluviali del fiume Lambro nel tratto dal lago di Pusiano alla confluenza con il deviatore “Redefossi”, ai sensi degli articoli 17 e 18 della legge 18 maggio 1989, n° 183 e successive modificazioni ed integrazioni e dell’art. 1 bis del decreto legge 12 ottobre 2000, n° 279, convertito in legge l’ 11 dicembre 2002, n° 365. Tale deliberazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 16 agosto 2003. Tutto quanto suddetto a dimostrazione che il Piano di lottizzazione presentato è pienamente conforme alle direttive ed agli indirizzi contenuti nel PTCP e non è interessato, per la parte oggetto dell’intervento edificatorio, da prescrizioni dirette. E’ infine utile sottolineare che l’area in oggetto non è interessata da alcuna previsione contenuta nel Programma Regionale di Sviluppo della VII legislatura. Il PRS rappresenta l'inquadramento generale del Programma di governo i cui aggiornamenti vengono adottati annualmente con l'approvazione del Documento di Programmazione Economico Finanziario Regionale (DPEFR).
  • 24. 24 9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), redatto ai sensi della legge 183/89 dall’Autorità di Bacino del fiume Po, persegue l’obiettivo di garantire al territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico ed idrogeologico. Cosa succede al PAI a Monza? Tenteremo di spiegarlo, partendo dall’origine, con i decisivi contributi dell’Avvocato Rinaldo Bonatti e del Prof. Paolo Ghilardi. In data 12.10.2000 viene pubblicato il D.L. in pari data n. 279 (convertito con legge 11.12.2000 n. 365), che allo scopo di accelerare la adozione di tutti gli strumenti idonei a prevenire eventi calamitosi in zone ad alto rischio idrogeologico ed a riparare i danni già verificatisi per calamità naturali mediante interventi urgenti, stabilisce un termine perentorio (30 aprile 2001) per l’adozione dei progetti di piano stralcio per l’assetto idrogeologico: ed entro lo stesso termine debbono essere adottati i PAI il cui progetto sia stato già adottato prima dell’entrata in vigore del D.L. (art.1, 2° comma). Quanto al procedimento per l’adozione dei piani stralcio, il successivo 3° comma stabilisce che, “ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale”, le Regioni convocano una “conferenza programmatica” cui partecipano comuni e province interessati; detta conferenza (4° comma) “esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche”. Il comma aggiunge che detto parere “tiene luogo” di quello che la Regione è tenuta ad esprimere sul progetto di PAI in sede di esame delle osservazioni presentate riguardo al progetto medesimo. Di fatto la conferenza programmatica si è tenuta il 6 marzo 2001, ed alla stessa il Comune di Monza non ha partecipato, benchè ritualmente invitato. L’esito della conferenza risulta descritto negli allegati della deliberazione regionale 20 aprile 2001, tra i quali figura il n. 5 relativo a : “Cartografie contenenti le proposte di modifica alle Fasce Fluviali del Progetto di PAI”. Dalla cartografia allegata al PAI adottato dal Comitato istituzionale della Autorità di bacino pochi giorni dopo (deliberazione n.18 del 26 aprile 2001: doc. 3 – provvedimento impugnato) risulta che, per l’area di Cascinazza, le “Modifiche e integrazioni al Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)” consistono nello spostamento della fascia fluviale A fino a ricomprendervi l’intera proprietà di ISTEDIN Perché era sbagliata la ri-perimetrazione effettuata nel corso della conferenza programmatica? A riguardo citiamo ampi stralci della memoria presentata al tribunale superiore delle acque pubbliche dagli Avv.ti Rinaldo Bonatti e Prof. Riccardo Villata.
  • 25. 25 10 Fatto e svolgimento del giudizio …omissis… - sempre nel corso dell’istruttoria, all’udienza del 19 marzo 2003, sia il Comune di Monza che la ricorrente Ist.Edilizia Industrializzata s.p.a. hanno prodotto un ulteriore Studio tecnico (Relazione ed allegati) commissionato dal Comune di Monza ad un gruppo di esperti (Prof. Fabio Conti, Dr. Fabrizio Giorgini, Ing. Daniele Sturla della Soc. Soilexpert) avente ad oggetto: “Caratterizzazione geometrica, geomorfologica ed idraulica del Fiume Lambro in Monza”. Tale studio ha rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto idrogeologico del Fiume Lambro in Monza, ivi comprese quelle già considerate dal precedente Studio del Prof. Paoletti e dal successivo Studio commissionato dalla ricorrente ai Proff. Marchetti e Ghilardi già menzionati, integrate da ulteriori approfondimenti e rilievi. Tale materiale ha fornito un quadro esaustivo della realtà idrogeologica delle aree considerate (ivi compresa quella di proprietà della ricorrente), ed ha avuto altresì l’opportunità di essere aggiornato con riguardo al grave evento alluvionale ed esondativo del Lambro verificatosi nei giorni 26 e 27 novembre 2002. - … omissis… Conclusioni per la ricorrente omissis Considerazioni in diritto omissis 4. - Sul primo motivo di ricorso 4.1. - Le censure proposte dalla ricorrente con questo motivo sono tutte riconducibili alla correttezza del procedimento utilizzato nel caso concreto - e concretamente riferito alle previsioni del PAI interessanti la proprietà della ricorrente - alla luce della normativa (preesistente e sopravvenuta nel corso del procedimento stesso) in tema di formazione dei Piani stralcio per l’assetto idrogeologico. Le norme applicabili sono note e sono illustrate con dovizia anche nelle difese delle parti resistenti: e tuttavia, per una puntuale illustrazione delle censure proposte, sembra utile ricordare alcuni dati salienti della normativa stessa. In particolare: a) L’art. 1, comma 1° della legge 267/98 ha previsto che i piani stralcio per l’assetto idrogeologico contengano “l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime”. b) L’art. 1-bis della legge 365/2000 disciplina, al 3° comma, un particolare momento del procedimento, istituendo una “conferenza programmatica” su base regionale, che ha il compito di esprimere “un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano”.
  • 26. 26 4.2. - Sul piano dei fatti occorre ricordare: - che il progetto di PAI di cui all’impugnativa è stato predisposto dalla Autorità di Bacino e adottato dal Comitato istituzionale della stessa in data 11 maggio 1999; - che lo studio “Paoletti” per la individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico risale al settembre 1999; - che per le aree a rischio idrogeologico molto elevato è stato approvato dall’Autorità di Bacino un Piano Straordinario in data 26 ottobre 1999, con previsione di misure di salvaguardia per le aree perimetrate (come riferisce e documenta la Avvocatura erariale, pag. 9 memoria di costituzione, doc. 5); - che la Regione Lombardia con deliberazione 5 agosto 1999 ha conferito gli incarichi ai professionisti “per la perimetrazione delle aree a rischio e la progettazione preliminare degli interventi di cui alla legge 267/98” (doc. 5 Regione Lombardia); - che l’incarico conferito allo Studio Paoletti con decreto dirigenziale 9 settembre 1999 e di cui sopra concerneva esclusivamente la “perimetrazione delle aree a rischio idraulico del fiume Lambro a valle di Villasanta”, e non la progettazione di interventi od opere (doc. 6 Regione). 4.3. - Alla stregua dei dati riferiti, deve innanzitutto rilevarsi la erroneità e non corrispondenza al vero della affermazione regionale (pag. 13 della memoria, par. d, righe 5-6) secondo cui l’incarico al Prof. Paoletti sarebbe stato affidato con il “duplice scopo di evidenziare le aree a rischio idrogeologico molto elevato. .e di verificare il tracciamento delle fasce fluviali del Progetto di PAI. ” Non vi è traccia di tale incarico, che la Regione prospetta a posteriori per giustificare l’uso (anomalo) che dello studio Paoletti è stato fatto. 4.4. - Ricordiamo poi che il Progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino, pubblicato e fatto oggetto di osservazioni, ed approdato alla Conferenza Programmatica regionale con l’accompagnamento delle osservazioni presentate, delle relative controdeduzioni regionali e con l’espressione del relativo parere, conteneva una delimitazione delle fasce fluviali interessante l’area della ricorrente ineccepibile, in relazione ai criteri ed alle regole che sovrintendono a tale operazione: e per questo non vi sono state osservazioni sulla delimitazione del Progetto medesimo. In quella sede la legge prevede che la Conferenza programmatica esprima un parere per attuare una “necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale”: tale parere “sul progetto di piano” deve essere espresso “con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano” (le parti in corsivo sono testo di legge). Scopo del parere, quindi, è quello di attuare coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale (ambientale, urbanistica, di livello locale); ed il limite oggettivo del parere è costituito dall’esigenza di un miglior raccordo e integrazione tra previsioni a differente livello di scala. 4.5. - Orbene, come, in tale disciplina del procedimento, le Amministrazioni resistenti possano individuare una potestà della Conferenza di modificare il Progetto di PAI, non è dato assolutamente di comprendere. Ad escludere categoricamente tale potestà, o anche la sola facoltà, appare sufficiente la stessa qualificazione dell’attività della Conferenza (come è
  • 27. 27 quella della Regione in ordine alle osservazioni presentate sul progetto di PAI) quale attività consultiva, che si esaurisce nella formulazione di un parere. Nel caso di specie, per contro: a) non vi erano osservazioni sulla delimitazione delle fasce fluviali; b) sul punto la Regione non era quindi chiamata ad esprimere un parere; c) era stato acquisito dalla Regione uno studio di perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico per la programmazione di necessarie misure di salvaguardia e interventi di riduzione del rischio (studio Paoletti); d) tale studio non era stato commissionato per la delimitazione o la verifica delle fasce fluviali, e l’autore dello studio non considera mai tale aspetto, né si propone di dare indicazioni a quel fine, né di fatto ne fornisce alcuna; e) in ogni caso la modifica delle fasce fluviali non poteva mai giustificarsi quale operazione richiesta ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale locale, e tantomeno dalla necessità di integrare a livello di scala locale le previsioni del Progetto di PAI. 4.6. - Dal verbale della Conferenza nulla risulta riguardo ad una “proposta” regionale di modifica delle fasce fluviali come tracciate nel Progetto del PAI, che la difesa erariale dà invece per scontata ed esistente, senza peraltro minimamente indicare un supporto documentale in proposito. Non solo: nel corso della Conferenza, come riferito da un partecipante, ed asseverato dal medesimo con atto formale , la Regione non esibisce alcuna planimetria di modifica delle fasce fluviali: la ricorrente viene a conoscenza solo a PAI approvato che un allegato “uscito” dalla Conferenza programmatica contiene una radicale modifica delle fasce fluviali di progetto, che estende a tutta la proprietà una fascia A che il Progetto, logicamente e correttamente, disegnava in corrispondenza delle aree aventi le caratteristiche tipiche di tale fascia lungo l’alveo del fiume. 4.7. - La Regione, quando acquisì lo studio Paoletti, lo sottopose - come tutti gli altri studi - al parere della Sottocommissione Assetto Idrogeologico presso l’Autorità di Bacino : la quale espresse un parere che, per tutta la sua estensione, si configura come meramente descrittivo delle operazioni effettuate dagli esperti e descritte nello studio. La Commissione, alla fine, accenna al fatto (peraltro risultato in seguito inesistente) che i rilevi topografici contenuti nello studio sarebbero “maggiormente approfonditi” rispetto a quelli a carattere più generale utilizzati per la definizione delle fasce fluviali nel tratto considerato: per concludere che si ritengono accoglibili “le proposte contenute nello studio medesimo”. Ma, a parte il fatto - come detto - che lo studio successivo eseguito per incarico della ricorrente e prodotto in giudizio (Proff.ri Marchetti e Ghilardi) ha smentito il dato di fatto del ritenuto “maggior approfondimento”, è comunque certo che nessuna proposta è contenuta nello studio Paoletti tendente ad una modifica delle fasce fluviali come definite nel Progetto di PAI; per cui in nessun caso detto parere potrebbe valere allo scopo di dare una parvenza di motivazione all’arbitraria modifica autonomamente operata (in condizioni e con modalità rimaste ignote) nella sede Regionale relativamente al sistema delle fasce fluviali come configurato nel Progetto di PAI per le aree di proprietà della ricorrente.
  • 28. 28 4.8. - Concludendo sul primo motivo: vi è stata violazione di legge, perché la Conferenza programmatica deve solo esprimere un parere sul progetto, limitato: o alla materia di osservazioni presentate e controdedotte dalla Regione; ovvero all’esigenza di assicurare coerenza tra pianificazione di Bacino e pianificazione territoriale locale; ovvero alla necessità di integrare a livello di scala locale le previsioni del progetto esaminato. Nessuna di queste tre condizioni ricorreva nel caso di specie. Vi è stata, ancora, violazione di legge con la iniziativa assunta dalla Regione di modificare la cartografia delle fasce fluviali, non essendo prevista dalla legge tale iniziativa regionale. Vi è stata violazione di legge con la sottrazione della modifica sostanziale introdotta nel progetto ad ogni possibilità di esame, critica ed opposizione da parte dei soggetti (e nella specie: della ricorrente) ai quali la legge assicura tali garanzie partecipative in presenza di un progetto di Piano regolarmente pubblicato. Né varrebbe obbiettare che la legge non prevede tale ulteriore partecipazione in sede di Conferenza programmatica: perché ciò significa solo che, essendo detta partecipazione assistita da garanzie fondamentali discendenti dalla legge n 241/90, deve per ciò solo essere esclusa una facoltà di modifica radicale del progetto quando non sia contemporaneamente assicurata quella garanzia che è garantita riguardo al progetto. ***** 5. - Sul secondo motivo di ricorso 5.1. - Con tale motivo la ricorrente, premesse alcune considerazioni in ordine alla funzione della delimitazione delle fasce fluviali (par. II.1 ricorso), sui rapporti tra delimitazione delle fasce stesse contenuta nel Progetto di PAI e i contenuti dello studio del Prof. Paoletti (par. II.2), ha concluso denunziando - nei riguardi della modifica del Progetto PAI introdotta in sede di Conferenza programmatica - il vizio di eccesso di potere per difetto di presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione, e totale incoerenza tra premesse metodologiche del PAI in tema di delimitazione delle fasce fluviali e la concreta delimitazione operata della fascia “A” riguardo all’area della ricorrente: con conseguente illegittimità del PAI stesso sotto tutti i profili denunziati (par. II.3). Sotto un ulteriore profilo ha denunziato la totale mancanza di motivazione in ordine alla vistosa e sostanziale innovazione cartografica introdotta riguardo nell’allegato del progetto del PAI riguardante le fasce fluviali, innovazione della quale peraltro manca addirittura la menzione (oltre che qualsiasi motivazione) negli atti della Conferenza programmatica. Per render conto della gravità di tale circostanza è sufficiente tale rilievo: con la modifica (solo cartografica, e non giustificata in alcun atto o documento scritto!!) del progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino si è resa totalmente inedificabile l’intera proprietà della ricorrente, senza che questa abbia mai potuto conoscere - se non dopo la definitiva approvazione del PAI - la circostanza. Né varrebbe opporre - come si legge nella difesa regionale (pag. 11 memoria - righe 5-7) - che “La Conferenza programmatica può quindi considerarsi la sede legittima in cui possano essere esaminate le precedenti osservazioni, ma non per presentarne di nuove”: a siffatto rilievo
  • 29. 29 può opporsi, ben più fondatamente, che la Conferenza programmatica è bensì la sede legittima per l’esame delle osservazioni presentate riguardo ai contenuti del progetto, ma non è la sede legittima per introdurre nel progetto, a totale insaputa degli interessati, modifiche di sorta, (con la sola eccezione di quelle conseguenti all’accoglimento di osservazioni): e tantomeno quelle che non trovino alcun fondamento negli accertamenti e studi commissionati dalla stessa autorità che organizza la Conferenza. E a tal proposito appare gratuita - a fronte delle gravi illegittimità denunziate - e quasi provocatoria - la asserzione regionale di aver proceduto “nel pieno rispetto della normativa vigente, comprese quelle norme che sono finalizzate ad assicurare la più ampia partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati” ( pag. 11 citata). 5.2. - Sempre con riferimento alle censure proposte con il secondo motivo, ed a proposito di alcuni rilievi critici mossi nei confronti di alcuni aspetti dello studio del Prof. Paoletti, potranno trarsi argomenti significativi della fondatezza dei rilievi stessi nella sintetica esposizione dedicata, più appresso, alle risultanze tecniche acquisite nel presente giudizio attraverso la produzione di altri due importanti studi tecnici eseguiti sulla materia controversa. Preme invece chiarire - a fronte di una dichiarazione della difesa erariale (pag.17 memoria, righe 2 e segg) che qualifica come “grave” una affermazione della ricorrente (circa imperdonabili distrazioni o una arbitraria delimitazione delle fasce fluviali) - che la dichiarazione stessa è palese frutto di equivoco: l’Avvocatura dello Stato infatti erroneamente ritiene che quel giudizio sia stato formulato a carico dello studio del Prof. Paoletti, del quale - giustamente - si ricordano qualità e meriti, mentre lo stesso ha per oggetto - esattamente - l’operazione condotta in sede di Conferenza programmatica (o comunque in vista - o in conseguenza della stessa) da parte della Regione per realizzare la modifica del progetto di PAI riguardo alle fasce fluviali sulle aree della ricorrente. Abbiamo infatti scritto: (pag. 15 ricorso righe da quintultima in fine, e pag. successiva): “Inammissibile appare allora - e motivo invalidante dell’intera Conferenza per il punto in contestazione - il fatto che della suddetta modifica dell’estensione della fascia A, e della corrispondente variazione cartografica (che comporta conseguenze sostanziali di enorme portata per gli interessi incisi) non si faccia nemmeno cenno negli atti della conferenza medesima: con la conseguente invalidità (sotto i profili indicati in epigrafe) della previsione del PAI nella parte in cui appare aver automaticamente recepito la modificazione cartografica in parola. La abnormità della contestata previsione giustifica il sospetto di imperdonabili distrazioni o, cosa ancor più grave, di una arbitraria delimitazione effettuata - in assenza ed in contrasto con le risultanze istruttorie- al di fuori del procedimento nel quale la modifica di tale delimitazione avrebbe dovuto trovare adeguata illustrazione, supporto conoscitivo e soprattutto argomentativo: elementi questi invece tutti completamente assenti nei documenti che dovrebbero dar conto della modificazione delle fasce che risulta inspiegabilmente raffigurata nell’apparato cartografico finale del PAI”.
  • 30. 30 Confermiamo integralmente il giudizio sopra esposto, che non ha certo avuto quale bersaglio il lavoro o la persona del Prof. Paoletti: tranquillizzando nel contempo la difesa erariale sulla piena condivisione da parte nostra della stima e dell’apprezzamento che vengono giustamente riservati all’illustre studioso. ***** 6. - Sul terzo motivo di ricorso Con questa censura si è denunziata - al di là delle censure attinenti la correttezza e legittimità del procedimento - la oggettiva inesistenza dei presupposti di fatto per la ricomprensione dell’area della ricorrente nella fascia fluviale “A”. Si confermano la censura e le motivazioni che la sostanziano, rinviando comunque ai punti successivi relativi all’esame delle risultanze degli studi tecnici acquisiti al giudizio. ***** omissis ***** 8. - Elementi tecnici di valutazione acquisiti nel corso del giudizio. Attesa la natura anche tecnica dell’Ill.mo Tribunale Superiore adito, e comunque per completezza di illustrazione dell’impugnativa proposta, sembra utile una breve esposizione di quanto è emerso, sul piano tecnico, dagli studi eseguiti in corso di giudizio ed acquisiti allo stesso a seguito della produzione degli stessi da parte - rispettivamente - della ricorrente e del Comune di Monza. 8.1. - Studio dei Professori Marchetti e Ghilardi (anno 2001) Nello studio si esaminano le modifiche apportate nel Progetto originario del PAI ai limiti di fascia, e si sottolinea che tali modifiche sono state introdotte sulla base dei risultati dello studio commissionato dalla Regione al Prof. Paoletti. In proposito si richiama l’attenzione sul fatto che lo studio del Prof. Paoletti non era stato affidato per studiare una modifica del PAI: di conseguenza, e coerentemente, nello studio stesso non era contenuta alcuna specifica indicazione circa eventuali modifiche ai limiti di fascia. Nello studio in esame vengono confrontati i criteri previsti dalla normativa del PAI per il tracciamento delle fasce fluviali e quelli utilizzati dal Prof. Paoletti per i calcoli relativi alla perimetrazione di aree a rischio di esondazione. Scopo di tale confronto è stato quello di verificare se fra i due studi potevano sussistere presupposti di compatibilità tali da giustificare l’uso che è stato fatto dei risultati delle indagini del Prof. Paoletti. Una volta riscontrate notevoli differenze fra le due metodologie, e verificato che lo studio Paoletti non conteneva i parametri necessari al tracciamento dei limiti di fascia A, Marchetti e Ghilardi hanno applicato un modello di calcolo, basandosi anche su nuovi rilievi topografici nell’area della “Cascinazza”, con il duplice scopo di verificare i risultati di precedenti studi e di analizzare la sensitività dei risultati dei calcoli dai dati utilizzati per descrivere la geometria dell’alveo e delle aree limitrofe.
  • 31. 31 In tutte le analisi effettuate dai Prof. Marchetti e Ghilardi si è tenuto conto del fatto che l’Autorità di Bacino richiede, per eventuali modifiche del PAI, rilievi di maggior dettaglio di quelli utilizzati in precedenza3 . In sintesi, le conclusioni dello studio dei Proff. Marchetti e Ghilardi hanno consentito di appurare quanto segue. A. - Le modifiche introdotte ai limiti di fascia contenuti nel Progetto 1999 del PAI sono state effettuate in modo approssimativo e non adeguatamente documentato. Come premesso, chi ha proposto le modifiche ha fatto riferimento - come noto - al recente studio del Prof. Paoletti. In detto studio l’analisi statistica delle piogge e lo studio della relazione fra piogge e portate risultano essere quanto di più accurato finora prodotto per quanto riguarda il bacino idrografico in esame (Fiume Lambro). Al contrario, i dati topografici utilizzati per la determinazione delle quote del pelo libero non si possono definire più accurati di quelli impiegati in precedenti analisi idrauliche, come invece richiesto dalle norme PAI nell’eventualità che si vogliano introdurre modifiche, anche perché non riferiti agli stessi oggetti. Dalla lettura della Relazione del Prof. Paoletti risulta infatti come egli si sia basato, per descrivere la geometria del Lambro ai fini del calcolo, su rilievi sì nuovi, ma effettuati solo in corrispondenza dei manufatti di attraversamento (ponti, briglie, ecc.) presenti sul Lambro, non facendo uso della grande quantità di dati disponibili relativi alle molte sezioni rilevate in passato per la stesura del “Piano Lambro”, e nemmeno di quelli delle sezioni fluviali usate dall’Autorità di Bacino per i calcoli alla base del tracciamento delle fasce fluviali del PAI. Ciò ha comportato, ad esempio, per il tratto di Lambro compreso fra il ponte del Canale Villoresi e il ponte stradale di Via Monte Santo, lungo circa due chilometri e limitrofo all’area oggetto della controversia, una descrizione dell’alveo basata su due sole sezioni rilevate (i due ponti citati) invece delle 14 (quattordici) usate nel Piano Lambro. Ne consegue, da questo punto di vista, che non sembra possibile definire lo studio in questione come “di maggior dettaglio”, come invece richiesto dalle norme tecniche PAI per l’elaborazione di proposte finalizzate alla modifica delle fasce fluviali. La ripercussione di questa semplificazione sui risultati è ovvia: la descrizione geometrica di un lungo tratto di Lambro basata solo sulle sezioni rilevate in corrispondenza dei manufatti di attraversamento, ossia dove l’alveo è più stretto, introduce nel modello di calcolo un alveo meno largo di quello reale; nelle formule entrano quindi sezioni più strette, e la corrente simulata non 3 Giova rammentare che qualsiasi modello per calcoli idraulici si basa su una rappresentazione schematica della geometria dell’alveo: la geometria è ricavata da rilevi topografici, che per forza di cose non possono essere effettuati in maniera da cogliere anche i minimi particolari. Ragioni connesse alle tecniche di misura e al loro costo inducono infatti a limitarsi ad una descrizione geometrica approssimata, tanto più precisa qunto più fedelmente segue la morfologia naturale.
  • 32. 32 riesce a stare nell’alveo: in altre parole, dal calcolo risultano quote di pelo libero maggiori e, di conseguenza, aree potenzialmente allagabili più estese. B. - La modifica apportata al limite tra fascia A e B non è in alcun modo giustificabile con argomentazioni tecniche e non risulta conforme a quanto previsto dalla vigente normativa del PAI, in quanto essa è stata introdotta sulla base di studi idraulici che non contengono - né volevano contenere - gli elementi indispensabili al tracciamento della fascia A. Premesso e ribadito che nello studio del Prof. Paoletti non è contenuta alcuna proposta di modifica delle fasce fluviali del Lambro, si sottolinea che Paoletti non presenta alcun calcolo utile all’identificazione dell’estensione della fascia A: egli invece pone a confronto, ma senza proporre alcunché, la fascia B del PAI con l’area potenzialmente esondabile da lui calcolata in corrispondenza della piena bicentenaria; non pone invece a confronto la fascia A del PAI con la sua area di esondazione con tempo di ritorno di 50 anni: solo da altri, quindi, è derivata la proposta di modificare il PAI, non certamente in relazione all’area di esondazione da lui calcolata (con tempo di ritorno di 50 anni): C. - Anche la modifica apportata al limite orientale di fascia B, ammessa ma non concessa la sua validità, dovrebbe essere sostanzialmente rivista sulla base delle caratteristiche plano-altimetriche della zona, spostando il limite verso est almeno fino a Via M. Buonarroti, comprendendo in tal modo una vasta area già intensamente urbanizzata (questo aspetto potrebbe giustificare l’individuazione di un “Limite di progetto della fascia B” in corrispondenza del limite già individuato nel Progetto del PAI 1999. D. - Le nuove verifiche tecniche eseguite da Marchetti-Ghilardi, basate su criteri geomorfologici e idraulici e su rilievi di maggior dettaglio, hanno consentito di confermare la sostanziale validità dei limiti delle fasce riportati nel progetto 1999 del PAI, fatto salvo un ampliamento della fascia A (nella zona di Casa Cassina). E. - Un ulteriore elemento a sostegno della validità della posizione del limite della fascia B del Progetto 1999 del PAI deriva dal fatto che è stato accertato che esso corrisponde ad un cardine della centuriazione romana, che non ha subito nel tempo alcuna sensibile deformazione ad opera delle correnti di piena, fatta eccezione per la già richiamata zona situata nei pressi di Casa Cassina (vecchia ansa del Lambro). F. - Gli studi idraulici precedenti (Prof. Paoletti) hanno mostrato l’inutilità di utilizzare l’area in oggetto per ricavarne un’eventuale “cassa di espansione” per la laminazione delle piene locali. In estrema sintesi: dallo studio Marchetti e Ghilardi si ricavano i seguenti elementi: a) la sostanziale validità delle fasce precedenti la modifica; b) l’errato utilizzo dello Studio Paoletti ai fini di giustificare la predetta modifica; c) l’inutilità dell’area della Cascinazza ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico qualora la si volesse identificare come “area di laminazione delle piene” (quest’ultima conclusione è invero ripresa dal precedente studio idraulico di Paoletti).
  • 33. 33 8.2. - Studio commissionato dal Comune di Monza (Soc. Soilexpert - Anno 2002) Lo studio in esame è finalizzato, come si legge nella “Premessa”, “all’adeguamento del Piano Regolatore Comunale ai contenuti del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del Bacino del Po” (PAI). L’impostazione del lavoro rispetta il cosiddetto “Metodo di approfondimento” per la valutazione delle condizioni di rischio nei territori della fascia C […..] nonché nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all’interno dei centri edificati, così come proposto dall’allegato 3 alla Deliberazione della Giunta Regionale 11 dicembre 2001 n. 7/7365 (“Attuazione del Piano Stalcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Po (PAI) in campo urbanistico”. Sempre nella premessa si specifica che lo studio è predisposto anche per il “raggiungimento di un livello di approfondimento superiore a quanto finora realizzato”. Conseguentemente lo studio riprende ed analizza i dati geometrici di tutti gli studi precedenti (Piano Lambro, Studio Paoletti, Autorità di Bacino) ad esclusione di quello di Marchetti e Ghilardi, che non viene mai citato. L’indagine aggiunge nuovi rilievi geometrici, effettuati in corrispondenza delle sezioni a suo tempo autorizzate dall’Autorità di Bacino, per poter aggiungere dettaglio proprio a quelle sezioni che furono utilizzate per la prima stesura delle fasce fluviali del Lambro. E’ interessante notare come l’analisi comparata dei dati geometrici trovi maggiori concordanze fra le vecchie sezioni del Piano Lambro e quelle oggetto dei nuovi rilievi, piuttosto che fra queste ultime e le sezioni utilizzate dall’Autorità di Bacino. Sulla scorta di questo approfondito studio della morfologia dell’alveo e del territorio ad esso circostante gli Autori dimostrano di essere in possesso dei requisiti richiesti per formulare proposte di modifica al PAI (ultima versione proposta). Nello studio si legge testualmente, a pag. 10 della Relazione cosiddetta di “3a Fase” (R3 - Relazione idraulica), che “I risultati ricavati per mezzo di questa metodologia di calcolo potranno di conseguenza essere confrontati con quelli pubblicati nel PAI. I risultati potranno inoltre essere confrontati con parte di quelli dello studio Paoletti, anche se quest’ultimo non era finalizzato al tracciamento delle fasce fluviali, e precisamente con la fascia di esondazione della piena con tempo di ritorno di 200 anni; lo Studio Paoletti contiene anche risultati calcolati a partire dalla portata con tempo di ritorno di 50 anni che, naturalmente, non sono in alcun modo confrontabili con quelli qui esposti Si rileva dunque che anche lo studio commissionato dal Comune di Monza osserva che lo studio Paoletti non era finalizzato al tracciamento delle fasce fluviali, e che i risultati di Paoletti non erano dunque confrontabili con quelli ottenuti applicando invece le metodologie previste dalle Norme tecniche del PAI. A pag. 11 è oltretutto rilevabile un’osservazione che conferma quanto esposto dello studio Marchetti-Ghilardi circa il dettaglio della caratterizzazione geometrica ai fini dei calcoli idraulici: “lo studio Paoletti contiene dati recenti riguardo alla geometria dei manufatti esistenti quali ponti, traverse
  • 34. 34 ecc., e riporta dati sulla geometria del fondo in corrispondenza della maggior parte dei manufatti; nello studio Paoletti sono riportate unicamente sezioni che coincidono con qualche manufatto, mentre non sono riportati dati relativi a sezioni coincidenti con quelle del PAI o del Piano Lambro”. Questa frase esprime molto chiaramente la mancanza dei requisiti di “maggior dettaglio” nello studio Paoletti. Lo studio commissionato dal Comune di Monza riporta i profili di pelo libero calcolati in corrispondenza delle portate previste dall’Autorità di Bacino per il tracciamento delle fasce A, B e C e, nelle tavole 5.3. e 6.3, le proposte di nuove fasce fluviali che riguardano anche l’area della Cascinazza (Tav. 5.3) e il confronto fra queste fasce e quelle contenute nell’ultima versione del PAI modificato (Tav. 6.3). Se ci limitiamo ad osservare l’area della Cascinazza, gli estensori dello studio propongono una fascia A molto vicina al Lambro ed una fascia B con il limite esterno coincidente in sostanza con il cardine romano di cui si parla ampiamente nella Relazione Marchetti-Ghilardi. Dal confronto tra le fasce emerge che quelle proposte nello studio qui in esame coincidono praticamente con quelle a suo tempo ricavate dall’Autorità di Bacino, mentre risultano molto più vicine al fiume di quanto lo siano quelle tracciate sulla base dello studio Paoletti. Confrontando i dati dello studio Soilexpert con quelli dello studio Marchetti- Ghilardi (allegato 6) che, si ribadisce, non viene mai menzionato nel primo, il limite esterno di fascia A risulta in alcuni punti più vicino al fiume di quanto lo sia il limite proposto dagli stessi Marchetti e Ghilardi; vi è invece coincidenza fra i limiti esterni di fascia B. Scendendo nei dettagli, lo studio Soilexpert descrive sinteticamente i risultati del calcolo relativo alla determinazione delle fasce, mettendo in luce come l’acqua possa anche arrivare a lambire la Casa Cassina, ma con profondità del tutto trascurabili e senza l’impeto necessario per causare situazioni di serio pericolo: a pag. 72 si legge infatti: “Supponendo comunque che vi sia esondazione di sinistra, il pelo d’acqua raggiungerebbe una quota praticamente identica a quella della strada che corre in prossimità della Cascinazza. Ipotizzando comunque che la strada venga sommersa, l’esondazione si fermerebbe comunque pochi metri più in là a causa dell’altimetria del terreno. La medesima altimetria evita anche che la piena catastrofica (T500) si spinga oltre”. Ancora, a pag. 77 dello studio, si sottolinea che: “In sinistra le piene raggiungerebbero il rilevato stradale di V.le E. Fermi, però superando di soli 2 cm. (T200) o 9 cm (T500) la strada che corre in direzione da nord a sud congiungendo V.le Fermi alla Cascinazza. Tenendo conto del modesto rilevo ad est di quest’ultima strada (v. foto pag. seguente), non incluso nei dati altimetrici, e del canale subito ad est di questo, nonché di quanto previsto nel calcolo per la sezione 55 più a monte, i limiti delle fasce sono stati tracciati proprio in coincidenza del rilevo citato”. Un ultimo importante rilievo occorre fare riguardo allo studio in esame: in relazione al tempo durante il quale lo stesso è stato effettuato, gli autori dello stesso hanno avuto la possibilità di verificare gli effetti dell’evento alluvionale - con vistosa esondazione del Lambro - verificatosi nei giorni 26-27
  • 35. 35 novembre. Gli ultimi tre allegati cartografici dello studio descrivono appunto gli effetti dell’evento. In particolare la planimetria n. 3 (Carta dell’esondazione nel territorio comunale) descrive il fenomeno come verificatosi (sulla base dei rilevi effettuati in loco il giorno stesso in cui accadeva) sulle aree della ricorrente. Orbene, è possibile rilevare che l’esondazione (che ha investito tutto il territorio urbano) ha lasciato completamente indenne l’area ad est della strada corrispondente al tracciato della centuriazione romana. Il che costituisce una decisiva dimostrazione “in vivo” di quanto la ricorrente ed i suoi tecnici hanno ampiamente dedotto e sostenuto sul piano tecnico. La planimetria in questione costituisce la più sicura prova della fondatezza del ricorso. Conclusioni Vi è una sostanziale concordanza fra le conclusioni dei due studi considerati: ambedue riconoscono la completezza e il dettaglio dei risultati dello studio Paoletti riguardo alle portate di piena, sottolineando nel contempo l’impossibilità del confronto fra le fasce A da essi proposte e i risultati dello studio Paoletti, che non contiene alcun dato utile per il tracciamento di un limite di fascia A. I due studi si differenziano per la geometria utilizzata per i calcoli: mentre Marchetti e Ghilardi hanno scelto di approfondire il dettaglio geomorfologico dell’area esondabile della Cascinazza, gli estensori dello studio Soilexpert hanno effettuato nuovi rilievi in alveo. In ciò risiede, probabilmente, la ragione delle differenze riscontrabili nel tracciamento dei profili di pelo libero e nella perimetrazione della fascia A, differenze che risultano però assolutamente non significative. In definitiva, i risultati dei due studi concordano sostanzialmente e si discostano entrambi dalla modifica al PAI a suo tempo proposta (e poi attuata) sulla base di alcuni risultati dello studio Paoletti. ***** omissis Per concludere il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico è stato adottato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 18 del 26 aprile 2001 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2001. Successivamente il DPCM del 30 giugno 2003 (pubblicata su Gazzetta Ufficiale dell’11 dicembre 2003) ha avuto lo scopo di attuare il PAI per verificarne la congruità rispetto ai problemi idrogeologici. Per quanto riguarda la città di Monza cosa è successo tra la prima e la seconda deliberazione? 1. nel corso dell’evento alluvionale ed esondativo del Lambro verificatosi nei giorni 26 e 27 novembre 2002 si è potuto dimostrare che la perimetrazione delle fasce fluviali del 2001 non era corretta (peraltro, ed è bene cominciare a ricordarlo, diversa da quella effettuata nel 1999 di cui l’Amministrazione comunale era a perfetta conoscenza).
  • 36. 36 Con sommo dispiacere (supponiamo) dell’Amministrazione neo-eletta, mentre la città andava inesorabilmente sott’acqua (ed una persona moriva), le aree poste a sud del Comune (Cascinazza) non venivano interessate dall’alluvione. Dimostrando così (empiricamente) che non possono costituire vasca di laminazione. Cascinazza, il cardine romano e la Cascina Cascinazza
  • 37. 37 Cascinazza, il cardine romano Monza, Centro città
  • 38. 38 2. conclusione cui è arrivato lo stesso comune di Monza (già guidato da Faglia) quando nell’udienza del 19 marzo 2003 presso il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche in Roma, ha depositato una studio affidato ad un gruppo di esperti guidati dal prof. Fabio Conti,che ha rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto del fiume Lambro con approfondimenti e rilievi, ha dimostrato che l’area a sud di Monza non sarebbe mai stata interessata da esondazioni e che quindi il piano del 2001 era scorretto e quello del 99 corretto.
  • 39. 39 Quindi con la deliberazione del 2003 l’Autorità di bacino ha semplicemente fatto il suo dovere sulla base dei dati empirici a disposizione; “Il PAI si configura come piano "cornice", che vede la sua attuazione nella dimensione dei Piani redatti dalle Amministrazioni locali (Piani territoriali, Strumenti urbanistici vedi PRG, Piani di settore) che, attraverso la verifica di compatibilità, ne realizzano un aggiornamento continuo. A seguito dell'approvazione del PAI nelle Regioni maggiormente interessate (Emilia- Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto), è stata avviata la revisione degli strumenti urbanistici e di area vasta, oggi vigenti, per verificarne la congruità rispetto ai problemi idrogeologici. Conseguenza di questa operazione di vasta portata, considerando la particolarità del bacino sul piano nazionale per le sue dimensioni, ma anche per gli eventi idrologici che lo hanno interessato e che continuano a manifestarsi, è l’aggiornamento del Piano, che si è tradotto in termini di varianti e/o integrazioni dei contenuti sia normativi che tecnici”.
  • 40. 40 11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info “Riassumendo, e nel caso non fossimo stati chiari: La costruzione di canale di 7 km è stata pensata per mettere Monza in sicurezza non per autorizzare il fratello del Cavaliere a costruire...” Milena Gabanelli, Report, 23 ottobre 2005 ( a cura del Prof. Paolo Ghilardi, docente di …) I testi pubblicati sul sito web contengono varie inesattezze. In particolare, l’articolo “Uno scolmatore lungo 168.294.491 euro” afferma che tale scolmatore sarebbe stato progettato per poter modificare il PAI, che la Cascinazza potrebbe essere un’area di espansione naturale, che l’uso della Cascinazza come area di espansione sarebbe stato trascurato nello studio di fattibilità dello scolmatore. La realtà è completamente differente. Innanzitutto, lo studio di fattibilità afferma chiaramente che “…l’attività di modellazione [idraulica] ha riguardato inizialmente le condizioni attuali dell’alveo con la conseguente delimitazione delle aree di allagamento che lungo il tratto si producono per eventi di differente tempo di ritorno (10, 200 e 500 anni).” Ciò significa che le fasce fluviali sono state tracciate solamente in base all’assetto idraulico attuale e quindi trascurando completamente la presenza dello scolmatore. Al proposito vale la pena di sottolineare come i calcoli idraulici del tutto analoghi a quelli alla base del PAI siano stati effettuati anche nell’ambito di vari studi indipendenti da quello di fattibilità dello scolmatore. Fra questi figura anche quello per la “zonazione del rischio idraulico” depositato dal Comune di Monza al Tribunale delle Acque Pubbliche: in esso, riguardo all’area della Cascinazza, sono pienamente confermati i risultati che hanno portato al tracciamento delle fasce fluviali del vigente PAI. Tornando alla studio di fattibilità, questo evidenzia in modo molto chiaro e inequivocabile che lo scolmatore è una soluzione pensata per porre rimedio alla verificata impossibilità di far transitare il Lambro in piena attraverso il centro di Monza, a causa dell’esiguità dei canali: “…In particolare, si ha che il tratto che attraversa il centro urbano di Monza risulta essere compatibile con portate di circa 80 ÷ 90 m3/s, a fronte di portate idrauliche con tempo di ritorno di 200 anni pari a circa 200 ÷ 210 m3/s. Tale insufficienza è la causa dei frequenti e vasti allagamenti che interessano la città di Monza. Si segnala inoltre che i livelli di piena correlati alla precedente portata compatibile non rispettano comunque i franchi di sicurezza sui ponti. In altri termini con la portata di 100 m3/s numerosi manufatti in
  • 41. 41 Monza presentano funzionamento in pressione. Diversi manufatti di attraversamento di notevole importanza risultano essere incompatibili con le portate di piena: tra tutti si segnala il ponte dell’autostrada A4 (sezione LA91), il quale per portate duecentennali risulta essere scavalcato dalla corrente idrica…” “…Appare evidente la necessità di realizzare un’opera a monte di Monza che sia in grado di limitare la portata all’interno del centro di Monza entro valori compatibili con la situazione in atto…” Al contrario di quanto affermato sul sito web, lo studio di fattibilità prende direttamente in considerazione tutte le possibili aree di espansione. Ad esempio: “…la presenza di aree naturali (parco di Monza e Cascinazza) di estensione significativa in valore assoluto, ma modesta in rapporto alle volumetrie delle onde di piena attese…”. La situazione è chiarita ancor meglio dal seguente brano anch’esso tratto dallo studio di fattibilità: “…Proseguendo verso valle si hanno esondazioni diffuse su tutto il territorio di Monza, a partire dalla zona del parco, coinvolgendo il territorio del centro abitato di Monza (soprattutto in destra idraulica) e le aree naturali poste tra il Canale Villoresi e l’autostrada A4, in destra e sinistra. L’intera superficie del territorio di Monza interessato da allagamenti è pari a circa 300 ettari (95 ha nel parco di Monza, 160 ha nel centro abitato di Monza e 45 ha nella zona sud). Considerando unicamente le aree di esondazioni censite come aree di espansione naturale si ottiene un volume di invaso pari a circa 500.000 m3 all’interno del Parco di Monza e circa 250.000 m3 per quanto riguarda l’area sud. Si evidenzia come tali volumi siano irrilevanti rispetto alle necessità di laminazione del Lambro. Il volume eccedente la portata compatibile del tronco in esame e in quello successivo è pari infatti a circa 6.000.000 m3…” LOCALITA’ DA SEZIONE A SEZIONE AREA (HA) VOLUME (m3 ) LAMBRUGO LA126.1 LA124.4 30 300.000 NIBIONNO, INVERIGO LA124.3 LA120.1 80 800.000 VEDUGGIO LA120.1 LA117.3 30 200.000 LESMO LA102.4 LA101.8 20 100.000 PARCO DI MONZA LA100.1 LA96.4 95 500.000 MONZA SUD LA93.3 LA91.3 45 250.000 PARCO LAMBRO LA81 LA78 70 700.000 TOTALE 370 2.850.00
  • 42. 42 Lo studio di fattibilità afferma ancora: “È anche da sottolineare come l’intero volume idrico di esondazione nel centro storico di Monza e nelle citate aree a valle della città sia di entità assolutamente ininfluente ai fini della regimazione generale del Lambro a valle di Monza, in quanto i tiranti idrici di tali allagamenti sono abbastanza contenuti e determinano quindi volumi di laminazione ininfluenti rispetto al volume della piena di riferimento.” In sintesi: - Le fasce fluviali sono state tracciate senza considerare la presenza di alcuno scolmatore o opera analoga; - Le fasce fluviali del vigente PAI sono in accordo con i calcoli idraulici effettuati nell’ambito di vari studi idraulici, ivi compreso lo studio effettuato dal Comune di Monza; - la proposta di scolmatore nasce per difendere il centro di Monza, non l’area della Cascinazza; - l’area della Cascinazza non può immagazzinare un volume di acqua sufficiente a laminare la piena del Lambro – occorrerebbe un volume 24 volte superiore; - anche se l’area della Cascinazza fosse in grado di contenere un volume enorme di acqua, l’effetto della laminazione, in base ai più elementari principi di idraulica fluviale, si manifesterebbe a sud di tale area e non a nord.
  • 43. 43 12 . I ricorsi 1. Cassazione La vertenza, prendendo spunto dalla convenzione di lottizzazione del 1962 tra Comune e originaria proprietà dell’area di “Cascina Cascinazza”, riguarda le richieste formulate sin dal 1993 da ISTEDIN al fine di ottenere un equo indennizzo e/o un risarcimento per la compressione della qualità edificatoria delle aree ad essa rimaste in proprietà, senza poterne sfruttare le consistenti potenzialità edificatorie, e dunque per la restituzione o il rimborso del valore economico di quanto, in adempimento della predetta convenzione urbanistica, era stato per tempo trasferito al Comune di Monza nell’ottica di realizzare quella edificabilità che, però, è stata bloccata dall’Amministrazione con vari mezzi, nonché per il ristoro della loro diminuzione di valore conseguente alla mancata manutenzione oltre che per la restituzione o il rimborso del valore delle aree trasferite al Comune in forza della convenzione. La sentenza della Corte d’Appello di Milano è stata impugnata con ricorso per Cassazione. Entro l’estate dovrebbe essere fissata l’udienza di discussione della causa. 2. La sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez. III n. 2776 del 29.10.2004 sulla causa per danni Pur se sotto più aspetti censurabile, la sentenza d’appello conferma alcune circostanze di particolare rilievo per la vicenda in questione: - sussistenza della convenzione di lottizzazione che ha conferito edificabilità alle aree IEI (punto 5 della sentenza); - tra le ragioni per cui il giudice di appello del 2004 ha motivato di non accogliere le domande di ISTEDIN vi è anche il fatto che la stessa ISTEDIN da una parte dispone comunque di una edificabilità pari a 388.485 mc. assegnata dal PRG “Piccinato” del 1971, dall’altra ha rinunciato al ricorso TAR contro il PRG del 1971 che riduceva la cubatura da 1 milione a 388mila mc. Ciò non è più messo in dubbio dal Piano dei Servizi del 1980 perché quest’ultimo è da tempo divenuto inefficace con la conseguente riespansione del diritto (punto 8); - viene dato correttamente atto che la natura ablatoria dei vincoli imposti dal Comune alle aree di proprietà della ISTEDIN era già stata accertata in primo grado dal Tribunale di Monza con statuizione non impugnata e da ritenersi passata in giudicato (p. 50 sentenza n. 2776/2004). - pur rigettando la domanda di indennizzo di ISTEDIN (ragion per cui è stato proposto ricorso per Cassazione), la predetta sentenza rammenta correttamente che “secondo principi ormai consolidati sia a livello di diritto interno, che nell’ambito del diritto comunitario, pur in presenza di atti legittimi, la posizione soggettiva del proprietario – mentre può essere piegata a subire i superiori interessi della collettività – non deve essere a ciò ridotta senza alcun tipo di ristoro.” (pag. 50). Ciò posto la stessa
  • 44. 44 sentenza dà atto (ibidem) che quanto meno il c.d. Piano dei Servizi del 1980 impose sulle aree ISTEDIN un “vincolo ablativo e non meramente conformativo”, sottolineando che il relativo accertamento fu operato dal Tribunale di Monza e passò in giudicato poiché il Comune omise poi di censurare specificamente la relativa statuizione; - nella sentenza della Corte d’Appello si sostiene che ciò che “fa sorgere il diritto all’indennizzo è la reiterazione del medesimo [vincolo] dopo il primo quinquennio di efficacia del primo provvedimento”, ma che nel caso in questione non sarebbe stato “allegato e provato che il vincolo sia stato nuovamente imposto negli anni precedenti alla data della citazione” risalente al gennaio 1993 (p. 51 sentenza). Con ciò però risulta evidente che, ove dopo quella data si protraesse il blocco edilizio dell’area, , come in effetti è accaduto, per ciò stesso sarebbe dovuto un adeguato ristoro. Ma la cosa più importante da dire è che la Corte di Appello di Milano ha valutato che per ora non ci sono danni perché la convenzione di lottizzazione non è risolta e costituisce tuttora titolo e diritto all’edificabilità. La Corte ha stabilito che l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata dal comune non può essere condivisa … perché … “ricorrendo in cassazione, il comune non ha sollevato alcuna censura in proposito, pur potendo (tentare di) soffocare ancora in quella sede – con la prescrizione ancor prima che con altre difese – la condanna al risarcimento pronunciata dalla Corte territoriale”. Ed ancora, cito testualmente, “ Nel caso di specie, infatti – come è stato già detto- le aree rimaste di proprietà dell’istituto hanno conseguito, per effetto della convenzione di lottizzazione, la classificazione urbanistica in termini di edificabilità: e certamente è mutata la qualità dei suoli, sia sotto il profilo economico che giuridico, tanto che sarebbe ammissibile, in ipotesi, un danno, anche prima del rilascio di una concessione edilizia”. 3. Nuovo PdL 2004. - ISTEDIN presentava il Piano attuativo, denominato piano di lottizzazione “Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04 - il TAR Lombardia-Milano, Sez. II, con sentenza 15.3.2005 n. 533, oramai passata in giudicato, ha accolto il ricorso con cui ISTEDIN ha chiesto l’annullamento dell’atto dirigenziale 27.12.2004 prot. 61239 con cui veniva sospesa ogni determinazione sul PdL ritenendo che a ciò ostasse la variante Tomè del 2002. Il TAR annullava il provvedimento soprassessorio assunto dal dirigente e nell’occasione concludeva espressamente circa l’attribuzione del «potere deliberativo in materia al Consiglio Comunale»; - successivamente il provvedimento soprassessorio è stato reiterato con provvedimento di Giunta comunale del 24 maggio 2005, sempre sulla base del preteso contrasto fra esso «e la variante adottata il 25/03/2002 in ordine al peso insediativo proposto nettamente superiore a quello previsto dalla variante adottata». Questo provvedimento è stato impugnato con ricorso al TAR che con ordinanza ha sospeso la delibera della Giunta Comunale in