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PFAS negli alimenti dell’area rossa del Veneto
Per più di quattro anni la popolazione che vive nelle aree del Veneto contaminate
da Pfas ha chiesto di conoscere gli esiti dei monitoraggi eseguiti dalle autorità.
Finalmente Mamme NO PFAS e Greenpeace sono riuscite ad avere accesso ai dati
analitici completi e alla georeferenziazione delle matrici analizzate riguardanti il
“Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchili-
che” eseguito dalla Regione Veneto nel 2016-17 nei comuni dell’area rossa, quella
classificata come la più contaminata da PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), situati
nelle province di Vicenza, Padova e Verona.
Dopo un accesso agli atti (14 luglio 2020) respinto dalla Regione Veneto, l’accogli-
mento del ricorso al Garante per la Difesa dei Diritti della persona e Difesa civica
della Regione (28 settembre 2020) è seguito un nuovo diniego regionale e infine
la sentenza del TAR del Veneto, (8 aprile 2021) che ha definitivamente accertato
l’illegittimità del comportamento regionale. Eppure, gli esiti dei monitoraggi, mai
pubblicati in forma integrale dalle autorità, vengono resi noti per garantire traspa-
renza e accessibilità alle informazioni. A maggior ragione in quei casi in cui sono
coinvolte comunità e migliaia di persone gravemente colpite da decenni di inqui-
namento.
Secondo la relazione finale sulla “Valutazione dell’esposizione alimentare e ca-
ratterizzazione del rischio” redatta dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2019, sono
state effettuate analisi su 1.248 alimenti, 614 di origine vegetale e 634 di origine
animale1
. I campioni vegetali sono stati analizzati dal laboratorio Arpav di Verona,
mentre quelli animali dal dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità
Pubblica Veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità a Roma su richiesta dell’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD) che ha svolto anch’es-
so alcune analisi. I dati sono stati forniti dalle tre ULSS che hanno eseguito i prelievi
dei campioni: ULSS 8 Berica, ULSS 6 Euganea e ULSS 9 Scaligera.
Alle Mamme NO PFAS e a Greenpeace sono stati consegnati un numero inferiore
di dati rispetto a quelli contenuti nella relazione del 2019 dell’Istituto Superiore
di Sanità. Tuttavia, nonostante la mancanza di gran parte dei rilevamenti effettuati
sul pescato, le due associazioni hanno effettuato delle semplici elaborazioni e una
mappatura di tali dati2
e, pur non entrando in valutazioni squisitamente tecniche
da demandare ad esperti del settore, alcune criticità risultano lampanti.
1. https://sian.aulss9.veneto.it/index.cfm?method=mys.apridoc&iddoc=3191
2. bit.ly/3zohRFI
2
Inerzia istituzionale
I campionamenti sono stati effettuati negli anni 2016 e 2017. Da allora non sono
seguite ulteriori indagini su vasta scala nonostante numerose matrici siano
risultate fortemente contaminate. A ciò si aggiunge l’assenza di azioni risolu-
tive volte ad azzerare l’inquinamento e a ridurre, almeno progressivamente,
la contaminazione delle acque non destinate ad uso potabile. Una tale man-
canza risulta sorprendente. Dalle informazioni fornite dalla Regione Veneto lo
scorso maggio, sarebbe al momento in fase di programmazione un nuovo cam-
pionamento con successive indagini analitiche, nonostante già nel 2019, cioè due
anni fa, una deliberazione della Giunta Regionale indicasse di procedere con nuo-
ve indagini3
. Si tratterebbe, quindi, di un nuovo e ulteriore incomprensibile ritardo.
Da più di quattro anni, quindi, non è stata fatta nessuna ulteriore analisi sugli
alimenti. L’inerzia istituzionale dimostrata dalla Regione stride con quanto stanno
facendo altri enti pubblici; l’Europa, ad esempio, introdurrà presto il divieto per
più di 200 PFAS; al contrario in Veneto non si riesce ad effettuare nemmeno un
monitoraggio degli alimenti, con cadenza almeno annuale, volto a tutelare la po-
polazione contaminata e le filiere zootecniche e agroalimentari.
Non solo PFOA e PFOS tra gli inquinanti
Come emerge dall’elaborazione delle Mamme NO PFAS e di Greenpeace, nei
campioni analizzati sono state rinvenute altre molecole oltre a PFOA e PFOS (le
uniche due molecole oggetto dell’indagine resa pubblica dall’Istituto Superiore di
Sanità nel 2019), sia a catena lunga che a catena corta (si veda la Tabella a pag. 5).
Sono ormai sempre più numerosi gli studi che dimostrano la pericolosità anche
dei PFAS di più recente utilizzo, quelli a catena corta. Il più recente parere EFSA
2020 fissa l’assunzione settimanale tollerabile (TWI, Tolerable weekly intake) attra-
verso la dieta a 4,4 ng/kg di peso corporeo per quattro molecole4
(PFOA, PFOS,
PFNA, PFHxS). Tale valutazione riduce di più di quattro volte il limite precedente-
mente fissato dalla stessa autorità europea nel 2018 per soli due composti (somma
PFOA e PFOS 19 ng/Kg di peso corporeo).
Nonostante la forte revisione al ribasso dei parametri di sicurezza sia avve-
nuta da più di un anno non è comprensibile, e tantomeno accettabile, che
non sia seguita alcuna nuova valutazione né tantomeno un’azione concreta di
tutela della popolazione e delle filiere agroalimentari e zootecniche da parte
della Regione Veneto.
3. https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=405762
4. https://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/6223
3
Come devono comportarsi i cittadini?
Non ci risulta siano state adottate misure di precauzione in seguito ai risultati
delle analisi (con l’esclusione del divieto di consumo del pescato); nemmeno in-
dicazioni ai cittadini per tutte quelle matrici autoprodotte che mostrano i livelli più
elevati di contaminazione (ad esempio uova, etc).
Per valutazioni future riteniamo che l’applicazione del parere di EFSA non sia cau-
telativo: non si può considerare sicuro questo parametro per quella che è attual-
mente nota come la popolazione più esposta a livello mondiale ai PFAS. Non si
possono considerare gli stessi livelli di rischio per persone con un’esposizio-
ne “di fondo” e quelle con elevati livelli di tali contaminanti già accertati nel
sangue e probabilmente anche nei tessuti. I residenti nell’area rossa e arancione
dovrebbero essere trattati con particolare attenzione per evitare ogni possibile ul-
teriore assunzione di PFAS. Per questo motivo gli enti preposti dovrebbero mette-
re in atto misure che garantiscano una reale prevenzione, facendo tutto il possibile
per azzerare l’esposizione ai PFAS della popolazione già contaminata.
Il problema non riguarda solo l’area rossa
Il monitoraggio mostra altri limiti evidenti legati all’area geografica seleziona-
ta, che non include l’area arancione e altre zone toccate dalla contaminazione
oltre a rivelare una logica difficilmente comprensibile riguardo la scelta dei siti di
campionamento e la presumibile mancanza di indagini su prodotti riconducibili a
filiere di grandi aziende alimentari presenti sul mercato nazionale.
Matrici non considerate
Il monitoraggio risulta inoltre carente in quanto non risultano essere state analiz-
zate alcune importanti matrici di produzione diffusa in zona: spinaci (solo un
campionamento effettuato), radicchio (solo un campionamento effettuato), kiwi,
meloni, angurie, grano (è stato analizzato solo un campione di farro), soia, mele,
altri vegetali a foglia larga. Infine, si evidenzia che la valutazione dell’esposizione a
PFAS dei residenti in area rossa attraverso l’assunzione di alimenti è stata condotta
sulla base di una dieta media stimata per l’area Nord-Est nell’Indagine nazionale
INRAN-SCAI 2005-2006, mentre sarebbe stato molto più efficace avviare da subi-
to uno studio con somministrazione di diari per avere una stima più dettagliata e
reale.
4
Servono screening e monitoraggi
Riteniamo che sia compito delle autorità non limitarsi a rassicurare i produttori
locali, la cittadinanza e tutti coloro che allevano o coltivano per autoconsumo in
area rossa: c’è un problema sanitario rilevante e chi è responsabile della salute
pubblica ha il dovere di mettere in atto tutte le migliori strategie e misure per
affrontarlo concretamente. In questo le pubbliche autorità, la Regione in primis,
dovrebbero effettuare continui screening e monitoraggi, a cui far seguire azioni
efficaci di prevenzione e precauzione. A ciò si aggiunge il potenziale rischio per
l’intera comunità nazionale (ed anche straniera) derivante dal consumo di tutti quei
prodotti provenienti dall’area contaminata da PFAS. Un rischio che l’operato del-
le istituzioni ha finora (per quanto noto) del tutto ignorato.
Chiediamo quindi che si avvii al più presto un nuovo monitoraggio sugli ali-
menti coltivati in area rossa e arancione e, partendo dai dati del 2017, si in-
traprendano fin da subito tutte quelle misure volte a ridurre i rischi sanitari.
Infine, considerando che la valutazione degli effetti sanitari dei dati della contami-
nazione è molto complessa e richiede competenze specifiche, invitiamo pubbli-
camente la comunità scientifica a farsi interprete dell’intero set di dati. Chiunque
appartenga al mondo della ricerca può fare richiesta dei dati completi a Gre-
enpeace e alle Mamme NO PFAS.
(Segue tabella)
5
TABELLA
Per i soli alimenti risultati positivi alla contaminazione per almeno una molecola di PFAS, vengono riportati i valori mi-
nimi e massimi della somma dei PFAS (espressi in nanogrammi per chilo) e delle quattro molecole incluse nel parere
EFSA. Per ogni alimento sono inoltre riportati il numero di campioni positivi rispetto a quelli analizzati. Laddove è
riportato un valore pari a zero questo si riferisce agli esiti delle indagini con livelli di contaminazione risultati inferiori
al limite di rilevabilità analitica.
ALIMENTO NUMERO CAMPIONI
positivi /totale campioni
Somma PFAS
min-max in ng/kg*
Somma PFAS TWI EFSA
min-max in ng/kg**
Albicocche 5/9 600-3500 0-700
Asparagi 2/61 300-500 300
Cavolo Verza 1/2 100 0
Cavolo Fiolaro 1/1 0,2 0
Cavolo cappuccio 2/2 100-600 0
Ciliege 3/42 600-2,700 0
Fagiolini 4/5 100-2600 0
Lattuga 3/13 100-1300 0
Mais 9/55 100-1900 0-1200
Patate 3/59 100 0-100
Pere 1/42 2600 0
Piselli 2/14 800 0
Pomodori 7/35 100-800 0
Uva da vino 4/12 800-2900 0-200
Zucchine 1/9 800 0
Fegato vitello/vitellone 65/80 100-5500 100-3000
Fegato polli/galline 6/22 100-1300 100-1300
Fegato suini 15/26 100-36800 100-31800
Fegato tacchino 3/25 100-500 100-500
Latte 1/57 100 100
Muscolo bovino 6/95 100-400 100-400
Muscolo pollo 1/28 270 270
Carpe 3/3 1090-18600 1090-17720
Muscolo suino 2/26 1200-4300 600-3700
Uova anatre 1/1 3000 3000
Uova galline 53/68 100-37100 100-35500
* Somma dei seguenti composti: PFBA, PFPeA, PFBS, PFHxA, PFHpA, PFHxS, PFOA, PFNA, PFDeA, PFOS, PFUnA, PF-
DoA. I valori mostrati si riferiscono ai soli campioni in cui almeno uno dei PFAS analizzati era presente in quantità supe-
riore al limite di rilevabilità analitica
** I soli PFAS considerati dall’EFSA per stabilire il valore di TWI (assunzione settimanale tollerabile) sono: PFOA, PFOS,
PFNA e PFHxS. Il valore di TWI è pari a 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo, pertanto una persona di 60 Kg di
peso può assumere, per rientrare nella soglia tollerabile di EFSA, fino a un massimo di 264 ng di PFAS ogni settimana.
A titolo di esempio, consumando in una sola settimana mezzo chilo delle albicocche più contaminate si supererebbe
il valore di TWI.

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News SA 39 2016
 

Pfas negli alimenti dell'area rossa del veneto

  • 1. 1 PFAS negli alimenti dell’area rossa del Veneto Per più di quattro anni la popolazione che vive nelle aree del Veneto contaminate da Pfas ha chiesto di conoscere gli esiti dei monitoraggi eseguiti dalle autorità. Finalmente Mamme NO PFAS e Greenpeace sono riuscite ad avere accesso ai dati analitici completi e alla georeferenziazione delle matrici analizzate riguardanti il “Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchili- che” eseguito dalla Regione Veneto nel 2016-17 nei comuni dell’area rossa, quella classificata come la più contaminata da PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), situati nelle province di Vicenza, Padova e Verona. Dopo un accesso agli atti (14 luglio 2020) respinto dalla Regione Veneto, l’accogli- mento del ricorso al Garante per la Difesa dei Diritti della persona e Difesa civica della Regione (28 settembre 2020) è seguito un nuovo diniego regionale e infine la sentenza del TAR del Veneto, (8 aprile 2021) che ha definitivamente accertato l’illegittimità del comportamento regionale. Eppure, gli esiti dei monitoraggi, mai pubblicati in forma integrale dalle autorità, vengono resi noti per garantire traspa- renza e accessibilità alle informazioni. A maggior ragione in quei casi in cui sono coinvolte comunità e migliaia di persone gravemente colpite da decenni di inqui- namento. Secondo la relazione finale sulla “Valutazione dell’esposizione alimentare e ca- ratterizzazione del rischio” redatta dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2019, sono state effettuate analisi su 1.248 alimenti, 614 di origine vegetale e 634 di origine animale1 . I campioni vegetali sono stati analizzati dal laboratorio Arpav di Verona, mentre quelli animali dal dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità a Roma su richiesta dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD) che ha svolto anch’es- so alcune analisi. I dati sono stati forniti dalle tre ULSS che hanno eseguito i prelievi dei campioni: ULSS 8 Berica, ULSS 6 Euganea e ULSS 9 Scaligera. Alle Mamme NO PFAS e a Greenpeace sono stati consegnati un numero inferiore di dati rispetto a quelli contenuti nella relazione del 2019 dell’Istituto Superiore di Sanità. Tuttavia, nonostante la mancanza di gran parte dei rilevamenti effettuati sul pescato, le due associazioni hanno effettuato delle semplici elaborazioni e una mappatura di tali dati2 e, pur non entrando in valutazioni squisitamente tecniche da demandare ad esperti del settore, alcune criticità risultano lampanti. 1. https://sian.aulss9.veneto.it/index.cfm?method=mys.apridoc&iddoc=3191 2. bit.ly/3zohRFI
  • 2. 2 Inerzia istituzionale I campionamenti sono stati effettuati negli anni 2016 e 2017. Da allora non sono seguite ulteriori indagini su vasta scala nonostante numerose matrici siano risultate fortemente contaminate. A ciò si aggiunge l’assenza di azioni risolu- tive volte ad azzerare l’inquinamento e a ridurre, almeno progressivamente, la contaminazione delle acque non destinate ad uso potabile. Una tale man- canza risulta sorprendente. Dalle informazioni fornite dalla Regione Veneto lo scorso maggio, sarebbe al momento in fase di programmazione un nuovo cam- pionamento con successive indagini analitiche, nonostante già nel 2019, cioè due anni fa, una deliberazione della Giunta Regionale indicasse di procedere con nuo- ve indagini3 . Si tratterebbe, quindi, di un nuovo e ulteriore incomprensibile ritardo. Da più di quattro anni, quindi, non è stata fatta nessuna ulteriore analisi sugli alimenti. L’inerzia istituzionale dimostrata dalla Regione stride con quanto stanno facendo altri enti pubblici; l’Europa, ad esempio, introdurrà presto il divieto per più di 200 PFAS; al contrario in Veneto non si riesce ad effettuare nemmeno un monitoraggio degli alimenti, con cadenza almeno annuale, volto a tutelare la po- polazione contaminata e le filiere zootecniche e agroalimentari. Non solo PFOA e PFOS tra gli inquinanti Come emerge dall’elaborazione delle Mamme NO PFAS e di Greenpeace, nei campioni analizzati sono state rinvenute altre molecole oltre a PFOA e PFOS (le uniche due molecole oggetto dell’indagine resa pubblica dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2019), sia a catena lunga che a catena corta (si veda la Tabella a pag. 5). Sono ormai sempre più numerosi gli studi che dimostrano la pericolosità anche dei PFAS di più recente utilizzo, quelli a catena corta. Il più recente parere EFSA 2020 fissa l’assunzione settimanale tollerabile (TWI, Tolerable weekly intake) attra- verso la dieta a 4,4 ng/kg di peso corporeo per quattro molecole4 (PFOA, PFOS, PFNA, PFHxS). Tale valutazione riduce di più di quattro volte il limite precedente- mente fissato dalla stessa autorità europea nel 2018 per soli due composti (somma PFOA e PFOS 19 ng/Kg di peso corporeo). Nonostante la forte revisione al ribasso dei parametri di sicurezza sia avve- nuta da più di un anno non è comprensibile, e tantomeno accettabile, che non sia seguita alcuna nuova valutazione né tantomeno un’azione concreta di tutela della popolazione e delle filiere agroalimentari e zootecniche da parte della Regione Veneto. 3. https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=405762 4. https://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/6223
  • 3. 3 Come devono comportarsi i cittadini? Non ci risulta siano state adottate misure di precauzione in seguito ai risultati delle analisi (con l’esclusione del divieto di consumo del pescato); nemmeno in- dicazioni ai cittadini per tutte quelle matrici autoprodotte che mostrano i livelli più elevati di contaminazione (ad esempio uova, etc). Per valutazioni future riteniamo che l’applicazione del parere di EFSA non sia cau- telativo: non si può considerare sicuro questo parametro per quella che è attual- mente nota come la popolazione più esposta a livello mondiale ai PFAS. Non si possono considerare gli stessi livelli di rischio per persone con un’esposizio- ne “di fondo” e quelle con elevati livelli di tali contaminanti già accertati nel sangue e probabilmente anche nei tessuti. I residenti nell’area rossa e arancione dovrebbero essere trattati con particolare attenzione per evitare ogni possibile ul- teriore assunzione di PFAS. Per questo motivo gli enti preposti dovrebbero mette- re in atto misure che garantiscano una reale prevenzione, facendo tutto il possibile per azzerare l’esposizione ai PFAS della popolazione già contaminata. Il problema non riguarda solo l’area rossa Il monitoraggio mostra altri limiti evidenti legati all’area geografica seleziona- ta, che non include l’area arancione e altre zone toccate dalla contaminazione oltre a rivelare una logica difficilmente comprensibile riguardo la scelta dei siti di campionamento e la presumibile mancanza di indagini su prodotti riconducibili a filiere di grandi aziende alimentari presenti sul mercato nazionale. Matrici non considerate Il monitoraggio risulta inoltre carente in quanto non risultano essere state analiz- zate alcune importanti matrici di produzione diffusa in zona: spinaci (solo un campionamento effettuato), radicchio (solo un campionamento effettuato), kiwi, meloni, angurie, grano (è stato analizzato solo un campione di farro), soia, mele, altri vegetali a foglia larga. Infine, si evidenzia che la valutazione dell’esposizione a PFAS dei residenti in area rossa attraverso l’assunzione di alimenti è stata condotta sulla base di una dieta media stimata per l’area Nord-Est nell’Indagine nazionale INRAN-SCAI 2005-2006, mentre sarebbe stato molto più efficace avviare da subi- to uno studio con somministrazione di diari per avere una stima più dettagliata e reale.
  • 4. 4 Servono screening e monitoraggi Riteniamo che sia compito delle autorità non limitarsi a rassicurare i produttori locali, la cittadinanza e tutti coloro che allevano o coltivano per autoconsumo in area rossa: c’è un problema sanitario rilevante e chi è responsabile della salute pubblica ha il dovere di mettere in atto tutte le migliori strategie e misure per affrontarlo concretamente. In questo le pubbliche autorità, la Regione in primis, dovrebbero effettuare continui screening e monitoraggi, a cui far seguire azioni efficaci di prevenzione e precauzione. A ciò si aggiunge il potenziale rischio per l’intera comunità nazionale (ed anche straniera) derivante dal consumo di tutti quei prodotti provenienti dall’area contaminata da PFAS. Un rischio che l’operato del- le istituzioni ha finora (per quanto noto) del tutto ignorato. Chiediamo quindi che si avvii al più presto un nuovo monitoraggio sugli ali- menti coltivati in area rossa e arancione e, partendo dai dati del 2017, si in- traprendano fin da subito tutte quelle misure volte a ridurre i rischi sanitari. Infine, considerando che la valutazione degli effetti sanitari dei dati della contami- nazione è molto complessa e richiede competenze specifiche, invitiamo pubbli- camente la comunità scientifica a farsi interprete dell’intero set di dati. Chiunque appartenga al mondo della ricerca può fare richiesta dei dati completi a Gre- enpeace e alle Mamme NO PFAS. (Segue tabella)
  • 5. 5 TABELLA Per i soli alimenti risultati positivi alla contaminazione per almeno una molecola di PFAS, vengono riportati i valori mi- nimi e massimi della somma dei PFAS (espressi in nanogrammi per chilo) e delle quattro molecole incluse nel parere EFSA. Per ogni alimento sono inoltre riportati il numero di campioni positivi rispetto a quelli analizzati. Laddove è riportato un valore pari a zero questo si riferisce agli esiti delle indagini con livelli di contaminazione risultati inferiori al limite di rilevabilità analitica. ALIMENTO NUMERO CAMPIONI positivi /totale campioni Somma PFAS min-max in ng/kg* Somma PFAS TWI EFSA min-max in ng/kg** Albicocche 5/9 600-3500 0-700 Asparagi 2/61 300-500 300 Cavolo Verza 1/2 100 0 Cavolo Fiolaro 1/1 0,2 0 Cavolo cappuccio 2/2 100-600 0 Ciliege 3/42 600-2,700 0 Fagiolini 4/5 100-2600 0 Lattuga 3/13 100-1300 0 Mais 9/55 100-1900 0-1200 Patate 3/59 100 0-100 Pere 1/42 2600 0 Piselli 2/14 800 0 Pomodori 7/35 100-800 0 Uva da vino 4/12 800-2900 0-200 Zucchine 1/9 800 0 Fegato vitello/vitellone 65/80 100-5500 100-3000 Fegato polli/galline 6/22 100-1300 100-1300 Fegato suini 15/26 100-36800 100-31800 Fegato tacchino 3/25 100-500 100-500 Latte 1/57 100 100 Muscolo bovino 6/95 100-400 100-400 Muscolo pollo 1/28 270 270 Carpe 3/3 1090-18600 1090-17720 Muscolo suino 2/26 1200-4300 600-3700 Uova anatre 1/1 3000 3000 Uova galline 53/68 100-37100 100-35500 * Somma dei seguenti composti: PFBA, PFPeA, PFBS, PFHxA, PFHpA, PFHxS, PFOA, PFNA, PFDeA, PFOS, PFUnA, PF- DoA. I valori mostrati si riferiscono ai soli campioni in cui almeno uno dei PFAS analizzati era presente in quantità supe- riore al limite di rilevabilità analitica ** I soli PFAS considerati dall’EFSA per stabilire il valore di TWI (assunzione settimanale tollerabile) sono: PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS. Il valore di TWI è pari a 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo, pertanto una persona di 60 Kg di peso può assumere, per rientrare nella soglia tollerabile di EFSA, fino a un massimo di 264 ng di PFAS ogni settimana. A titolo di esempio, consumando in una sola settimana mezzo chilo delle albicocche più contaminate si supererebbe il valore di TWI.