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DALLA SCUOLA DELL’INFANZIA
ALLA SCUOLA ELEMENTARE:
UN CONFRONTO SULL’AREA LOGICO MATEMATICA e SULLA LETTO-SCRITTURA

“Che cosa sono i numeri?”
- Sono delle cose che si leggono
- E che si contano
- E che non finiscono mai,
perché ci sono tanti numeri
- E certo che finiscono
- Quando li hanno fatti tutti, finiscono

Secondo te è più lunga la parola treno o la parola automobile?
Treno
Perché?
Perché ha molti vagoni

“A cosa servono i numeri?”
- A contare
-Per aspettare le ore di numeri:
è ora di lavorare alle sette, o alle dieci
(“Una ricerca sul contare”, Annalisa Marconi, Bambini, dicembre 2006)

dott.sa Francesca Nuccini, C.E.R. - L.Milani
dott.sa Enrica Giaroli, C.E.R. - L.Milani
1. LE INSEGNANTI DI SCUOLA DELL’INFANZIA SI CONFRONTANO…
VIAGGIO IN … PRIMA CLASSE
Quali campanelli d’allarme per le difficoltà d’apprendimento nella scuola dell’infanzia?
Cosa si può fare?

1.1 L’area logico matematica
Questo momento è stato rivolto a favorire un confronto tra le insegnanti delle diverse scuole circa le attività
ed i metodi utilizzati per sviluppare conoscenze logico – matematiche nei bambini al fine di individuare le
competenze che dovrebbero essere possedute al termine del percorso nella scuola dell’infanzia
In generale le insegnati hanno concordato sul fatto che i contenuti logico – matematici vengono affrontati in
diversi momenti della giornata scolastica ed all’interno di diverse attività come ad esempio:
il gioco dell’appello nel quale si deve creare una corrispondenza tra i singoli bambini e le loro
fotografie sul cartellone. Viene poi richiesto di contare i presenti o di compiere semplici operazioni di
addizione e sottrazione. Errori frequenti sono risultati essere quelli di indicazione per cui o non viene
indicato un simbolo da contare e viene considerato più volte. Un’alternativa per i più piccoli è
risultata essere quella di richiedere ad ogni bambino nominato il nome di un elemento appartenente
ad una particolare classe semantica es. nomi di animali).
Il calendario che permette di affrontare i concetti di prima e dopo, ieri e oggi, nonché consente di
familiarizzare con la linea dei numeri fino al 31.
Il mettersi in fila secondo la specifica richiesta di “un bambino si mette in coppia con una bambina”,
che favorisce la riflessione sulla corrispondenza “un maschio, una femmina” e rende possibili
semplici operazioni in base la confronto tra insiemi
Il riordino dei giochi come attività di categorizzazione e di insiemistica
L’apparecchiatura e la distribuzione dei tovaglioli che coinvolge anche bambini di tre anni in
compiti di corrispondenza biunivoca e stimola l’uso di concetti spaziali (sopra, sotto, di fianco)
Il gioco con le carte che può rendere evidente l’associazione tra il numero e la relativa quantità
Attività di compravendita
A queste attività di aggiungono poi quelle specificamente rivolte ad accrescere la conoscenza del numero
quali la proposta di conte e filastrocche.
Al termine di questo momento di confronto è stata fatta una breve esposizione delle principali teorie sullo
sviluppo del numero finalizzata principalmente a fornire conferme e supporti all’azione educativa delle
insegnanti.
Quali conoscenze sviluppare?
In considerazione di quanto riportato dalla ricerca e di quanto emerso durante la discussione di gruppo sono
state individuate alcune competenze che dovrebbero essere consolidate all’uscita della scuola dell’infanzia.
Infatti, significative difficoltà in tali abilità potrebbero rappresentare indici di rischio per i futuri apprendimenti
scolastici e richiedere pertanto un’attenzione particolare nel predisporre percorsi di supporto.
Sono state individuate come importanti:
la conoscenza dei numeri (aspetti lessicali e semantici) e la capacità di muoversi sulla linea dei
numeri almeno fino al 10,
la capacità di conta (saper individuare correttamente la cardinalità di insiemi discreti di elementi),
la capacità di confrontare insiemi attraverso la corrispondenza biunivoca,
saper risolvere compiti di categorizzazione,
la conoscenza di concetti spazio – temporali (sopra / sotto, prima / dopo).
.
L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata alla presentazione ed alla consulatzione di testi che possono
fornire interessanti spunti pratici per le attività in sezione.

Riferimenti teorici
Come da accordo con il gruppo di lavoro, segue un’esposizione delle principali teorie sullo sviluppo del
numero che sono state sinteticamente esposte durante l’incontro.

Lo sviluppo del numero
Negli ultimi vent’anni si è assistito all’emergere di diversi studi che hanno permesso di ampliare
notevolmente le conoscenze relative alla costruzione del numero nel bambino.
In particolare, gli studi sulla conta (processi di quantificazione numerica), sviluppatisi negli anni Ottanta e
divenuti ormai punti di riferimento per la ricerca nel settore, hanno delineato una ricchezza di conoscenza
numerica nel bambino in età prescolare insospettabile sulla base dei lavori di Piaget. L’autore, infatti,
ipotizzando l’acquisizione del numero strettamente correlata con la presenza del pensiero operatorio,
considera tutto ciò che è a livello pre – logico come corrispondente ad un periodo pre – numerico e non
costituisce pertanto oggetto di interesse.
Queste concettualizzazioni sullo sviluppo precoce del conteggio (Gellman e Gallistel; Fuson) mettono, infatti,
in rilievo la crucialità del periodo di età dai 2 ai 7-8 anni circa per lo sviluppo dei concetti numerici e
pongono in luce l’intensa attività cognitiva matematica del bambino in età prescolare e dei primi anni di
scuola.
Esse consentono inoltre di esaurire la spiegazione data da Piaget sull’acquisizione completa del concetto di
numero, che avviene molti anni più tardi, in quanto mettono in luce i precursori dei concetti esaminati
dall’autore (Miller, 1987).
Lo sviluppo del contare
Il contare viene considerato, da diversi autori, come il compito più importante per cui possono essere
utilizzati i numeri ed è, dal punto di vista dello sviluppo, il primo uso dei numeri a comparire.
L’attività di contare implica lo stabilire una relazione uno-uno tra gli oggetti che vengono contati e le parole
che denotano i numeri, le quali hanno due proprietà fondamentali:
sono ordinate (ordinalità)
l’ultima parola della sequenza del conto è una misura del numero di oggetti che
sono stati contati (cardinalità)
Inoltre, secondo la ricerca contemporanea sullo sviluppo del numero, il contare svolge anche un ruolo
centrale nel ragionamento numerico, inteso come la capacità di operare sulle numerosità facendo
inferenze sulle relazioni (ex: maggiore, minore, uguale) e attuando trasformazioni numeriche (ex: operazioni
di addizione e sottrazione) delle collezioni di numeri.
Secondo Gelman e Gallistel l’attività di contare è il risultato della comprensione e dell’applicazione da parte
del bambino dei principi che regolano la conta (Teoria dei principi della conta), che si caratterizzano per
essere:
impliciti, in quanto costituiscono una forma di conoscenza che guida i comportamenti dei
bambini ancor prima che siano in grado di riflettere e discutere specificatamente su di essa.
innati, in quanto “strutture elementari” di conoscenza, specifiche di dominio, innate nell’uomo,
che guidano l’attenzione del bambino verso gli stimoli ambientali rilevanti per la formazione del
concetto di numero quali, ad esempio, le collezioni di elementi discreti e le parole della conta.
Essi, pertanto, contribuiscono soltanto ad incanalare l’apprendimento e le inferenze che il
bambino compie, senza sostituirsi a quest’ultimo.
I principi che costituiscono la competenza nel contare sono cinque (Gelman e Gallistel, 1978):
1. Corrispondenza (associazione) uno a uno: ciascun elemento, e tutti gli elementi, della collezione
devono essere contrassegnati da un indicatore (numero), e uno solo
2. Ordine stabile: gli indicatori (numeri) devono essere organizzati secondo un ordine ripetibile, che
rimane identico tutte le volte che si conta
3. Cardinalità: l’ultimo indicatore utilizzato per contrassegnare gli elementi di un insieme designa la
numerosità dell’insieme stesso
4. Astrazione: qualsiasi tipo di oggetto può essere contato. In altre parole, i tre principi sopra citati
possono essere applicati a qualsiasi tipo di insieme di elementi (omogeneo, eterogeneo, reale,
immaginato), purché questi ultimi siano discreti
5. Irrilevanza dell’ordine: l’ordine con cui gli elementi vengono contati non ha rilevanza, a condizione che i
principi precedenti siano stati rispettati.
Lo sviluppo del contare consiste, pertanto, nello sviluppare procedure di trasferimento nella pratica di tali
principi impliciti della conta, e nell’abilità di eseguire tali procedure. Inoltre, esso presuppone il passaggio da
una conoscenza implicita dei principi ad una esplicita.
Le ricerche condotte dagli autori, hanno evidenziato che i bambini già a 2 anni presentano condotte
conformi ai principi della conta. Tale conformità, però, in bambini di 2 – 3 anniI varia in funzione della
numerosità della collezione: per insiemi di oltre tre-quattro oggetti la conta può mancare di accuratezza.
La padronanza del principio di cardinalità sembra essere successiva a quella dei principi di associazione uno
a uno e di ordine stabile.
Verso i 5 anni, comunque, la maggior parte dei bambini padroneggia in modo coordinato tutti i principi.
Analizziamo, ora, più nel dettaglio i tre principi che determinano il “come” si conta:

Associazione uno a uno
Tale principio implica che ciascun oggetto sia contato una e soltanto una volta.
Questo richiede due importanti sotto-capacità:
associare parole che denotano numeri a oggetti,
separare gli oggetti contati dagli oggetti da contare.
Fondamentale diviene il ruolo svolto dall’indicazione:
Tra i 2 e i 4 anni, i bambini acquistano la capacità di usare l’indicazione in modo regolativo, per associare le
parole che denotano numeri a oggetti.
L’attività di indicazione crea una corrispondenza parola-numero / oggetto, che deriva da una duplice
coordinata corrispondenza:
tra atti indicativi e parole dette,
tra atti indicativi e oggetti (Fuson, 1988).
Secondo l’autrice, gli errori che il bambino commette nella conta si possono classificare in differenti
categorie di violazione di tale corrispondenza:
errori parola-indicazione, nei quali viene svolta correttamente l’indicazione, ma non il conteggio
(es.: il bambino addita un oggetto senza pronunciare il numero o indica un oggetto pronunciando
più numeri);
errori indicazione-oggetto, nei quali il conteggio è accuratamente coordinato con l’indicazione,
ma quest’ultima non è corretta (es.: il bambino nell’additare un oggetto ne salta uno o ne indica
uno più volte);
errori che implicano la violazione di entrambe che corrispondenze citate (es.: il bambino
dirige molti atti d’indicazione generici verso l’insieme degli oggetti, mentre pronuncia parecchie
parole numero non corrispondenti agli atti indicativi)
In generale, l’apprendimento della corretta applicazione della corrispondenza impegna il bambino fin verso i
5 anni.
L’indicazione, inoltre, è uno dei modi attraverso cui i bambini riescono a separare gli oggetti contati da quelli
da contare
Ciò avviene nel modo migliore quando gli oggetti sono posti in modo ordinato (es.: lungo una linea). Quando
gli oggetti sono disposti in modo disordinato, una strategia alternativa può consistere nello spostare gli
oggetti man mano che vengono contati.
Dal punto di vista educativo molte sono le variabili che possono influenzare la produzione di una conta
corretta: il grado di attenzione che il bambino rivolge al compito, la disposizione degli oggetti da contare, le
caratteristiche stesse del compito.

Ordine stabile
La Fuson (1988) sottolinea che per essere in grado di contare, oltre al principio di ordine stabile, i bambini
devono possedere anche una conoscenza specifica della sequenza di parole che denotano i numeri.
L’acquisizione di tale sequenza comprende due momenti:
il primo consiste nell’apprendere a produrre (recitare) correttamente la serie ordinata convenzionale
delle parole numero,
il secondo riguarda la costruzione delle relazioni di sequenza tra le parole-numero (es.: essere
prima, dopo, tra,..).
L’apprendimento della “recita” corretta della sequenza standard richiede, a sua volta, un duplice compito:
distinguere nel linguaggio tra parole-numero e parole-non-numero
apprendere l’ordine stabile e corretto delle parole-numero.
Quest’ultimo apprendimento è di solito contraddistinto dalla produzione di sequenze scorrette che
presentano una struttura caratteristica:
una prima parte, che corrisponde in modo esatto alla sequenza standard (porzione
convenzionale, che contiene parole che denotano i numeri più piccoli);
una successiva porzione , formata da parole-numero in ordine scorretto rispetto a quello
convenzionale, ma mantenuto stabile dal bambino almeno per un certo periodo (porzione nonconvenzionale stabile);
una parte finale, composta da parole-numero poste secondo un ordine che è sia diverso da
quello standard sia non ripetuto nel tempo (porzione non-convenzionale instabile).
I bambini imparano, quindi, a padroneggiare la sequenza delle parole che denotano i numeri in modo
graduale e tra i 6 – 8 anni circa arrivano a conoscere la sequenza fino a 100 e si occupano dei numeri oltre
100.

In che modo possono essere corrette le sequenze di numerali non convenzionali?
Significativo è il fatto che la sequenza delle parole che denotano i numeri possa essere appresa
meccanicamente come una semplice lista, in modo separato dall’atto del contare.
Il centro dell’attenzione del bambino, e dell’insegnante, può essere posto sulla disposizione della lista
stessa, senza carichi cognitivi addizionali imposti dall’atto del contare.
Questo “contare per contare”, che implica l’enunciazione orale e ordinata dei numeri (“filastrocca” dei
numeri”), rappresenta un apprendimento importante per il bambino perché gli consente di acquisire le leggi
di produzione linguistica della sequenza verbale e di procedere continuamente oltre nella recita dei numeri,
sperimentando la sensazione dell’illimitatezza del procedimento.

Cardinalità
La Fuson , in disaccordo con quanto sostenuto da Gellman e Gallistel, sostiene che all’inizio la conta non
riveste per il bambino un significato cardinale.
Sebbene molti bambini, a circa 3 anni, rispondano alla domanda “Quanti sono?” con l’ultima parola-numero
pronunciata nella conta, in realtà non attribuiscono ad essa alcun significato cardinale. Il loro comportamento
segue piuttosto la regola del “rispondere con l’ultima parola-numero pronunciata”, così come vedono fare nel
loro ambiente.
Secondo l’autrice, quindi, lo sviluppo dell’integrazione tra i due significati (conta e cardinale) richiede tempo,
è segnata da differenze individuali, e compare verso i 4 anni.

La teoria dei contesti diversi
Fuson, pur confermando l’importanza delle competenze innate, attribuisce uguale valore alle competenze
apprese, riconoscendo una costante interazione tra le due.
L’autrice rivolge il suo interesse all’acquisizione dei diversi significati numerici e alla loro integrazione da
parte del bambino, elaborando un modello secondo il quale esiste una pluralità di situazioni di uso
(contesti) delle parole numero all’interno dei quali il bambino sviluppa la propria conoscenza dei numeri (es.
contesto cardinale, contesto di misura, contesto simbolico, contesto di conta, contesto non-numerico).
Il bambino inizialmente usa e capisce le parole numero solo all’interno degli specifici contesti. Il compito
evolutivo consiste sia nell’apprendere le parole-numero standard e i loro diversi significati sia, e soprattutto,
nel mettere in relazione e nell’integrare i diversi significati.
E’ un compito reso difficile anche dal fatto che in contesti di uso diverso, quindi con un significato diverso, si
usano parole – numero identiche
Il modello di Fuson descrive in modo dettagliato l’evoluzione nell’acquisizione e nell’integrazione dei
significati numerici legati a tre contesti d’uso: sequenza, conta e cardinale.
Questa impegna il bambino dai 2 agli 8-9 anni circa, secondo il susseguirsi di cinque livelli evolutivi:
A 2 anni circa il bambino produce i numeri solo come sequenza a partire da “uno”. Le parole
numero non sono distinte tra loro: costituiscono un blocco unico, unidirezionale in avanti.
Verso i 3 anni circa le parole- numero vengono differenziate, ma la sequenza continua ad
essere una recita in avanti prodotta a partire da “uno”. Diventa possibile la conta. Verso i 4
compare la capacità di passare dal contesto conta a quello cardinale, utilizzando l’ultima parola
– numero detta proprio come indicativa delle entità contate.
Il bambino può produrre la sequenza a partire da qualsiasi numero; sa stabilire le relazioni
numeriche “subito prima”, “subito dopo”. Si consolida la capacità di passare dal significato
cardinale a quello di conta e viceversa.
Verso i 7 – 8 anni il bambino non ha più bisogno di oggetti concreti per rappresentare i termini
della conta, ma le parole – numero stesso diventano le unità. Può eseguire addizioni e
sottrazione senza bisogno di rappresentare concretamente i termini dell’operazione. I significati
di sequenza, conta e cardinale diventano sempre più interrelati.
Ad un ultimo livello il bambino riesce a produrre la serie numerica con facilità a partire da
qualsiasi numero ed in entrambe le direzioni. Ogni parola – numero diventa sia una parola di
sequenza che un’entità cardinale. La serie numerica si trasforma in una sequenza formata da
unità equivalenti incluse e seriate tra di loro.

IN CONCLUSIONE
Come in parte emerge da quanto detto, manca ancora una teoria della costruzione del numero nel
bambino in grado di considerare all’interno dello stesso modello esplicativo il patrimonio di
conoscenze che si è raccolto.
In generale le ricerche hanno evidenziato che la competenza numerica si configura come una
gamma riccamente composita di abilità e conoscenze diverse ed anche la costruzione del numero si
delinea come un processo sfaccettato e complesso, che ha inizio fin da età precoci.
La comparsa della comprensione logica consente di pensare a uno stabile possesso del concetto di
numero da parte del bambino, poiché riguarda la capacità di affermare l’invarianza numerica a
prescindere dal tipo di stimolo. E’ un’acquisizione che si basa sul ragionamento (non su osservazioni
empiriche) e riguarda in senso pieno la costruzione del numero come entità astratta (Piaget, Fuson).

QUALI COMPETENZE SVILUPPARE ?
Tretti, Terreni, Corcella (in “Materiali IPDA”) considerano come prerequisiti per lo sviluppo della capacità di
calcolo le seguenti abilità:
conoscenza della filastrocca dei numeri (appresa tramite giochi e filastrocche)
associazione tra simbolo numerico grafico e nome del numero: è la capacità di leggere o
riconoscere i numeri; si riferisce alla comprensione e produzione del numero in base a
meccanismi lessicali
corrispondenza biunivoca numero-oggetti contati: il bambino impara ad accoppiare la parola
numero all’atto del contare
conoscenza della numerosità: presuppone che si sappia che la quantità corrisponde all’ultimo
numero pronunciato (cardinalità)
capacità di confrontare insiemi di numerosità diversa (“quale tra due insiemi contiene più
elementi?”): per fare questo non è sufficiente basarsi sulle dimensioni degli insiemi e si deve
prescindere dalla configurazione degli elementi. Fondamentale è la capacità di confrontare gli
elementi di due insiemi attraverso un controllo biunivoco
capacità di confrontare numeri diversi: implica la capacità di riconoscere la quantità associata
a ciascun numero; si riferisce alla comprensione del valore semantico del numero (significato dei
numeri)
capacità di seriare elementi di diversa dimensione e mettere in sequenza ordinata insiemi
contenenti diverse quantità di oggetti

Secondo Biancardi, è bene che il bambino, intorno ai cinque anni, abbia acquisito tali competenze:
conosca qualche etichetta numerica scritta e sappia leggere e scrivere qualche numero
entro il 9
conosca la grandezza del numero sulla linea dei numeri (es.: sappia dire che 5 viene prima
di 6)
sappia contare in vanti fino a 30
sappia contare all’indietro (da 5 a 1, anche contando oggetti)
sappia eseguire piccole operazioni (es.: “quanto fa 3 caramelle più 2 caramelle)
La presenza di tali abilità è un indicatore favorevole, anche se la loro assenza non necessariamente è
significativa di qualche forma di deficit. Il bambino, infatti, può infatti, recuperare prontamente se in
precedenza non è stato adeguatamente stimolato.

D’amore e Caldelli definiscono “protomatematica” la matematica a livello della scuola materna, intendendo
con questa definizione “un’attività che ancora matematica non è e che non vuole esserlo, ma che contiene in
sé il nucleo della matematica. Un insieme di elementi preliminari ed intuitivi di base che precedono la
matematica, senza troppe giustificazioni formali, ma al solo scopo di favorire l’intuizione primordiale, già
presente, ma da evidenziare nel bambino”.
Secondo questi autori quel che conta, in relazione alla conoscenza del sistema dei numeri, non è tanto che il
bambino conosca suono, grafia e simboli dei numerali (es. “uno”, “1”), che rappresentano principalmente
segni rappresentanti nati da accordi e convenzioni.
Quel che conta per una perfetta acquisizione dell’idea di numero cardinale è l’idea di corrispondenza
biunivoca, cioè di una corrispondenza tra due insiemi tale che a ciascun oggetto del primo insieme
corrisponda uno ed un solo oggetto del secondo e viceversa (concetto di equinumerosità).
Solo qualora questa idea risulti facilmente acquisita questa idea, può essere plausibile e naturale far ricorso
al nome dei numeri (es. “uno, due,..”).
1.2 Area letto-scrittura
In questo incontro il confronto fra le insegnanti inizia sottolineando come siano migliorate le abilità dei
bambini e le aspettative dei genitori nel corso degli anni, emerge infatti come molti bambini di 5 anni
sappiano già leggere e scrivere. Questa valutazione però rimanda all’importante riflessione dei compiti
richiesti alla scuola dell’infanzia e delle competenze che possiamo attenderci dai nostri bambini. Si è infatti
condivisa l’idea che da un bambino di 5 anni non ci attendiamo che sappia leggere e scrivere,
competenze su cui si lavora ampiamente alla scuola elementare, ma ci attendiamo piuttosto che abbia
maturato adeguatamente le competenze prerequisite alla letto-scrittura.

Quali sono quindi le conoscenze preliminari (prerequisiti) che il bambino in epoca
prescolare deve possedere per accedere al linguaggio scritto?
Pensando quindi a tutti quei bambini di 5 anni che non sanno scrivere, possiamo comunque riflettere sui
diversi livelli evolutivi che precedono la fase alfabetica, ossia le competenze di scrittura alfabetica, che
richiedano solo la conversione biunivoca grafema-fonema. Riflettere su questi diversi livelli permette di
indagare la possibile presenza di campanelli di rischio per difficoltà di apprendimento.
Imparare a leggere e scrivere non richiede solo l’apprendimento di processi di conversione grafema fonema
ma è piuttosto un processo di costruzione di conoscenze. Attraverso la lettura e la scrittura condividiamo i
nostri pensieri, le emozioni, i significati e quindi è importate che nelle prime fasi passiamo questo messaggio
prioritario ai nostri bambini, riflettendo con loro su domande come queste: come fanno le lettere a esprimere
significati? Sembrano forse riflessioni scontate, eppure, ancora oggi, la maggior parte dei bambini in
prima elementare inizia a “esercitarsi” con le lettere senza che gli adulti si siano chiesti che cosa
abbiano compreso della lingua scritta. Imparare a leggere e scrivere diviene in questa ottica un
apprendimento come molti altri, un processo di sviluppo, una costruzione interna che elabora l’esperienza
“esterna” in maniera organizzata e con cambiamenti sistematici nel tempo. Anche questo apprendimento
chiamerà quindi anche in causa “l’atteggiamento più generale verso l’imparare: dalla sicurezza affettiva, che
permetterà di affrontare la paura delle novità; dalla relazione con gli adulti (genitori e insegnanti) che
sosterrà la motivazione a sopportare le fatiche dell’apprendere e le frustrazioni dello sbagliare” (Orsolini).
La scuola dell’infanzia appare un contesto adeguato e importante in cui le insegnanti possano
organizzare attività a piccolo gruppo in cui i bambini si confrontino fra loro, sostenuti dall’adulto,
proprio sulla lingua scritta, sul suo significato, sulla sua utilità, sulle sue caratteristiche. Per
approfondire queste riflessioni è importate riflettere sulle concettualizzazione della lingua scritta
La concettualizzazione della lingua scritta.
“ Per il bambino che vive in società urbane la scrittura è un oggetto culturale
di cui deve scoprire il significato, deve farsi le proprie teorie che nascono ben
prima dell’ingresso nella scuola elementare ” (Ferreiro, Teberosky)

Secondo Ferreiro E. Teberosky A. (1985) i bambini costruiscono “concettualizzazioni circa la natura
della scrittura” molto prima dell’intervento di un insegnamento sistematico. Queste autrici hanno
compiuto diversi studi in merito a questa tematica, arrivando a descrivere l’esistenza di una progressione
regolare nelle soluzioni che i bambini adottano per scoprire la natura della scrittura. Non esiste comunque un
ritmo determinato, perché ogni bambino ha tempi evolutivi e caratteristiche personali assai diverse. In
particolare le due autrici postulano 4 fasi importanti che precedono la fase alfabetica vera e propria:
1 - La prima tappa si può individuare quando il bambino è in grado di distinguere fra il disegno e il non
disegno acquisita già a tre anni. Questa fase comprende anche produzioni di transizione tra il disegno
e la scrittura come l'
utilizzo di forme stilizzate che non sono veri e propri disegni ma fanno in qualche
modo riferimento alle caratteristiche figurali dell'
oggetto significato in una sorta di scrittura ideografica.
2 - La seconda tappa è contraddistinta dalla comparsa dei segni grafici tipici del sistema scritto. Il
bambino non considera la relazione dei grafemi con i corrispettivi suoni convenzionali, ma si interessa
esclusivamente alle caratteristiche visive della produzione. Insieme alle lettere dell'
alfabeto compaiono le
pseudolettere la cui somiglianza alle prime testimonia lo sforzo di adattamento del bambino al modello
visivo. Il bambino inizia a portare attenzione alla quantità delle lettere utilizzate, ad esempio usa una
lettera per ogni parola che scrive. Compare l'
idea che sia necessaria una quantità minima di lettere per
rappresentare una parola con un significato ( in genere la quantità minima è identificata in tre lettere).
3 - La terza tappa corrisponde alla comparsa delle condotte di differenziazione, quando il bambino cerca
di rappresentare ogni parola diversa con segni diversi, nella convinzione che per leggere cose distinte
debba esserci una differenza oggettiva fra le scritture. In particolare le due autrici hanno individuato dei
principi universali presenti nelle scritture dei bambini di 5 anni:
Principio della quantità minima (almeno tre segni)
Principio della variabilità intrafigurale (bambini usano segni diversi all’interno della stessa
parola)
Principio della variabilità interfigurale (bambini utilizzano segni diversi per parole diverse)
4 - La quarta tappa riguarda la scoperta del rapporto convenzionale del suono con la parola scritta.
Compare l'
ipotesi sillabica che è la prima messa in corrispondenza tra parti dello scritto e parti
dell'
aspetto sonoro delle parole (ad ogni lettera corrisponde una sillaba)
Nella figura che segue sono presenti quindi alcune scritte di bambini di 5 anni, tutte preconvenzionali
(caratteristiche cioè di bambini che non hanno ancora compreso che la scrittura si basa su segni
convenzionali) ma con livelli dissimili, che è utili saper discriminare.
Cosa e quando insegnare al bambino considerando le sue conoscenze precedenti ed il suo
ruolo attivo nell'
apprendimento?
Alla luce delle riflessioni proposte sopra si è condivisa con le insegnanti l’importanza di avvicinarsi a queste
concettualizzazione dei bambini sia per la lettura che per la scrittura. Questo non significa assolutamente
insegnare ai bambini a leggere e scrivere, ne tanto chiedergli di imparare le lettere dell’alfabeto, ma
significa potenziare le loro riflessioni spontanee, stimolare un normale percorso evolutivo di
avvicinamento alla convenzionalità della letto-scrittura: questo si è ritenuto poter essere un obiettivo
importante per la scuola dell’infanzia. Alla scuola elementare le richieste e gli obiettivi didattici non
sempre offrono lo spazio temporale per soffermarsi su queste importanti occasioni di apprendimento, spazi
che invece sarebbero ben collocabili nella realtà della scuola dell’infanzia.
Le insegnanti si sono quindi interrogate su come è possibile stimolare queste concettualizzazione sia per la
scrittura che per la lettura.

La scrittura spontanea
Stella e Pippo nella loro pubblicazione (“Apprendere a leggere e a scrivere - La scrittura”, 1996) offrono
diversi spunti interessanti per realizzare attività di questo genere, finalizzate a fornire al bambino un ruolo
attivo nella costruzione della sua conoscenza della lingua scritta.
In questo volume si propone infatti alle insegnanti di realizzare periodiche attivazioni in cui si richieda ai
bambini delle spontanee produzioni scritte, ad esempio chiedendogli di scrivere il nome di alcuni oggetti da
loro stessi disegnanti.
Di queste produzioni scritte spontanee si valutano poi due principali aspetti:
1. Parametro costruttivo:
Valutazione del tipo di segno usato: scarabocchio, pseudolettere, lettere, numeri, misto
Quantità lettere usate: osservare se utilizzano una quantità dissimile di segni per le parole corte e
lunghe o se utilizzano ancora indici semantici.
Livello di convenzionalità (effettiva corrispondenza col suono):
o

Bambini preconvenzionali

o

Bambini convenzionali sillabici

o

Bambini convenzionali- alfabetici

2. Parametro esecutivo
Direzionalità della scrittura: osservare se i bambini seguono una linea ideale, se scrivono in secondo
una direzionalità casuale, obliqua o verticale.
Orientamento delle lettere nello spazio e occupazione dello spazio sul foglio
Carattere utilizzato: stampato maiuscolo, minuscolo, corsivo, misto
Valutazione sull’adeguatezza del segno: incerto, sicuro.
Da queste periodiche osservazioni sono poi proponibili alcuni suggerimenti operativi in relazione alla natura
delle possibili difficoltà riscontrate nei bambini:
1. Difficoltà esecutive : Qui si raggruppano tutte le difficoltà che il bambino incontra nella realizzazione dei
segni scritti, una sorta di “difficoltà a
disegnare le parole” (Stella, 1996).
Queste

difficoltà

derivano

sia

dai

prerequisiti collegati all’analisi visiva
che dal grado di coordinazione occhiomanuale, a sua volta correlabile ad
impacci

motori

orientamento

o

a

spaziale.

problemi
Le

di

difficoltà

esecutive aumentano o diminuiscono a
seconda del tipo di carattere grafico
utilizzato. Lo stampatello maiuscolo

Difficoltà nella realizzazione dei segni grafici, a “disegnare le
parole” (Stella):
Analisi visiva: occorre superare il sincretismo percettivo,
divenire più flessibili e sviluppare la reversibilità percettiva.
Coordinazione occhio-mano
Impugnatura corretta
Lateralizzazione, organizzazione spaziale in rapporto al
proprio corpo e alla conoscenza degli assi corporei (orriz.,
vert., saggitale)
Orientamento spaziale sinistra- destra
Gestione dello spazio sul foglio
Memoria visiva

rappresenta la tipologia di carattere più semplice, grazie alla sua composizione ad aste orizzontali, verticali e
diagonali. All’estremo opposto il corsivo con la sua composizione caratterizzata da segni irregolari e
difficilmente suddivisibili in segmenti distinti (aspetto che per altro rende più complesso anche la ricerca della
corrispondenza grafema-fonema), rappresenta il carattere più complesso. Difficoltosa è proprio anche la sua
produzione, fondata su un unico gesto molto complesso e variabile nel senso che ogni singola lettera si
modifica in relazione alla propria posizione nella parola (per es. la lettera a cambia conformazione nella
parola banana e ape).
Cosa si può fare per le difficoltà esecutive?
Se emergono difficoltà in quest’area è importante aiutare i bambini a potenziare le singole competenze
implicate, quindi:
Stimolare un’impugnatura corretta
Aiutare il bambino nella gestione dello spazio foglio, ma non solo, concedendogli anche esperienze
dirette, mediate dal proprio corpo, di percezione e analisi dello spazio.
Proporgli attività di coordinazione occhio-mano, come percorsi, labirinti e attivazioni di questo genere
Sensibilizzarlo alla direzionalità sinistra – destra, sempre attraverso proposte ludiche che gli
impongano questa direzionalità
Memoria visiva: sono proponibili a questo proposito per esempio vari memory visivi

2. Difficoltà costruttive: Si riferiscono a tutte le difficoltà collegabili alla creazione di una teoria linguistica
spontanea, di concettualizzazioni mature, come prima descritte. In particolare queste difficoltà possono
riguardare:
Produzione linguistica poco evoluta dal punto di vista costruttivo (non ci si riferisce ai bambini
pre-convenzionali ma a quelli che non hanno ancora maturato i principi di variabilità intrafigurale
e interfigurale, descritti prima).
Difficoltà a modificare le proprie idee sulla lingua nonostante gli stimoli educativi: i bambini con
difficoltà possono presentare a distanza di tempo errori analoghi, evidenziando una scarsa
evoluzione della loro concettualizzazione.
Le maggiori difficoltà che i bambini incontrano nelle prime fasi di apprendimento della letto-scrittura
riguardano principalmente questi ultimi aspetti costruttivi. Il bambino trova complesso riuscire ad
utilizzare le informazioni offerte dall’insegnante per modificare la propria teoria linguistica. Quindi si
evidenziano principalmente carenze nell’analisi sonora della parola, nella sua scomposizione e ricostruzione
secondo una sequenza fissa, piuttosto che difficoltà di memorizzazione.

Cosa si può fare per le difficoltà esecutive?
Il bambino con queste difficoltà ha maggiori difficoltà nel ritrovare elementi di regolarità nella lingua.
Molti bambini preconvenzionali scrivono parole uguali in modo diverso proprio perché privi dei criteri sonori
per la rappresentazione della parola. Questo aspetto di regolarità è uno dei prerequisiti cognitivi necessari
ad un’analisi visiva e fonologica delle parole, è quindi un prerequisito importante per aiutare questi bambini.
Senza di essa è evidente che manchino sia spazi di riflessione sugli aspetti sonori che la possibilità stessa di
crearsi rappresentazioni stabili per ciascun “oggetto” (Stella 1996). I bambini in difficoltà non mostrano
questa costanza neanche per nomi che gli sono molto familiari come il proprio nome proprio.
Si può cercare di aiutare il bambino ad acquisire questa stabilità attraverso alcune azioni, quali:
Proporre al bambino parole che per lui siano quotidiane.
Invitarlo a scrivere spesso nomi propri e altre parole che lui stesso può identificare come uniche a
livello delle proprie rappresentazioni mentali
Utilizzare un numero limitato di parole in contesti variabili (universo linguistico stabile).
Risulta inoltre utile far si che il bambino sia invitato a scrivere spontaneamente la parola per poi
chiedergli di confrontare la sua produzione con un modello preesistente.

La lettura
Come per la scrittura anche per la lettura è consigliabile che la scuola dell’infanzia si proponga di
avvicinarsi alle concettualizzazioni spontanee del bambino, stimolando il suo avvicinamento alla
costruzione di ipotesi convenzionali.
Nel caso della lettura è importante che il bambino impari a utilizzare sempre più indici fonetici,
abbandonando gradualmente l’utilizzo di indici visivi salienti, spesso collegati al senso della parola. Questo
obiettivo è perseguibile stimolando per esempio il confronto con i bambini delle loro ipotesi rispetto ad indizi
fonetici molto semplici di loro conoscenza, per esempio attirando la loro attenzione sul suono iniziale della
parola.
Questo obiettivo è perseguibile attraverso proposte a piccolo gruppo in cui il bambino sia stimolato ad un
confronto dialogico con i compagni. Ogni bambino porterà il suo livello di concettualizzazione, attivando così
uno stimolante confronto fra i diversi livelli evolutivi. Si veda esempio sotto, presentato sotto.

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Prima di proporre le attività suggerite è importante verificare:
che il bambino abbia una competenza fonologica sufficiente almeno per identificare l’inizio della
parola.
l’acquisizione delle corrispondenze suono-segno (a livello prescolare, lavorare sulle abilità di
analisi/discriminazione visiva e cominciare ad introdurre le corrispondenze fonema-grafema: le prime
corrispondenze possono essere introdotte a partire da alcune parole che il bambino ha memorizzato
visivamente e che compaiono con frequenza nel suo universo linguistico scritto, ad es. il proprio
nome).
Che nelle prime fasi il bambino possa raggiungere il riconoscimento della parola decifrando il minimo
indispensabile.

La dimensione metalinguistica (consapevolezza posseduta sulla lingua)
Le insegnanti sono state inoltre stimolate a confrontarsi sull’importanza delle competenze metalinguistiche,
osservando come queste competenze siano favoribili da precise stimolazioni come le scritte presenti
nell’ambiente circostante ed in quello scolastico, gli atti di scrittura e di lettura degli adulti in presenza del
bambino, i giochi di parole; tutte quelle attività che in ultima analisi possono sollecitare le riflessioni
spontanee dei bambini sui suoni che caratterizzano la nostra lingua.
Negli ultimi vent’anni molti studiosi (Liberman, Pontecorvo, Zucchermaglio ed altri) hanno analizzato i
rapporti tra competenza metalinguistica e processo di apprendimento della scrittura e della lettura e sono
giunti alla conclusione che il livello di competenza metalinguistica raggiunto dai singoli bambini
all’ingresso della scuola elementare è un indice predittivo particolarmente significativo nei confronti
dei futuri successi nell’apprendimento in ambito linguistico. Tutto ciò sottolinea la notevole importanza
della scuola dell’infanzia e dell’ambiente circostante nello stimolare il bambino in questo processo di
avvicinamento al “mondo delle scritte”, facilitando la sua riflessione metalinguistica.
All’interno della competenza metalinguistica è poi stata individuata un’abilità molto importante definita in
diversi modi ma ritenuta, da un numero sempre maggiore di studiosi, un fattore determinante per
l’apprendimento dello scrivere e del leggere, si tratta della “conoscenza fonologica” o metafonologia
(Monighetti, 1994). Per imparare a leggere e scrivere il bambino deve avvicinarsi al codice convenzionale
della lingua, sviluppando gradualmente la capacità di compiere analisi, riflessioni, trasformazioni su questo
stesso codice, indipendentemente dal valore semantico dello stesso. In un sistema alfabetico
la scrittura è essenzialmente una rappresentazione diretta del linguaggio orale, della sua struttura
fonologica, senza mediazioni semantiche. Le abilità metafonologiche vengono generalmente indagate ad un
livello fonologico globale (soprasegmentale) che permette la costruzione di rime, la segmentazione e
fusione sillabica e ad un livello analitico (segmentale) che permette la segmentazione e fusione fonemica
(Medeghini, 2005). La consapevolezza fonologica globale è normalmente presente anche nei bambini in
età prescolare, rappresenta una capacità preparatoria all’apprendimento formale della lingua scritta. Mentre
la consapevolezza fonologica analitica non è presente in soggetti che usano sistemi di scrittura non
alfabetici e quindi neppure nel bambino prima dell’esposizione formale al codice alfabetico (Morais)
Cosa si può fare alla scuola dell’infanzia?
In questa fase evolutiva sono proponibili e consigliabili attività di metafonologia globale, come quelle
presentate di seguito:
Rime e filastrocche
Segmentazione sillabica
Identificazione sillaba iniziale
Giochi con parole

In conclusione
Una riflessione importante è emersa a conclusione del lavoro svolto durante la giornata: anche le insegnanti
che temevano di non lavorare a sufficienza su questi aspetti, hanno in realtà concordato nel riconoscere
questi obiettivi come parte delle loro proposte. Si è però riflettuto sulla mancanza di sistematicità collegata
alle medesime proposte. Da loro stesse è emersa la difficoltà di ritrovarsi in mezzo a svariate possibilità e
stimolazioni didattiche che adatte e importanti per i loro bambini. Alcune di loro hanno discusso sul fatto che
si lavorava su questi aspetti, con maggior sistematicità, alcuni anni fa, quando forse c’erano meno
stimolazioni a disposizione dei bambini, ma un maggior potenziamento su tematiche specifiche per gli
apprendimenti, facilitanti la continuità con la scuola elementare.
2. LE INSEGNANTI DI SCUOLA ELEMENTARE SI CONFRONTANO…
Difficoltà di letto-scrittura o afferenti all’area logico-matematica in 1ª elementare:
Come riconoscerle? Come intervenire?

2.1 Area logico-matematica
Questo incontro si proponeva, oltre alle finalità concordate, di riflettere su alcuni elementi individuati come
problematici nel contesto educativo che caratterizza il lavoro delle insegnanti.
L’accento è stato posto in particolare sulle difficoltà che spesso le insegnanti incontrano nel supportare
bambini con difficoltà attraverso una didattica adeguata ed all’interno di contesti classe caratterizzati da
diverse situazioni problematiche.
Da qui la richiesta di soffermarsi a riflettere sulle formulazioni ed i termini, a volte percepiti come un po’
sintetici, utilizzati nelle diagnosi e sull’esigenza di individuare attività e metodologie che possano essere
concretamente utili e realizzabili. L’interesse si è rivolto anche agli strumenti compensativi e dispensativi che
molto spesso vengono consigliati dal neuropsichiatra e che è compito delle insegnanti mettere in atto.
E’ stata proposta la definizione, già in parte condivisa e discussa per il disturbo specifico di lettura, di
“discalculia” al fine di individuare gli elementi che “concretamente” caratterizzano un bambino con difficoltà
specifiche nel calcolo.
Ci si è soffermati tanto sulle competenze che la ricerca ha mostrato essere carenti (capacità di
processamento numerico e la conoscenza degli algoritmi di base del calcolo), quanto sulle abilità che
risultano adeguate (ad esempio buon livello cognitivo generale) e che rappresentano un’importante
riferimento per la definizione di un percorso di supporto.

In relazione a queste considerazioni sono emerse alcune riflessioni interessanti.
Si è, infatti, discusso sul fatto che un’elevata percentuale di bambini segnalati per difficoltà nel calcolo, in
realtà siano invece dei “falsi positivi” (circa il 90%), e cioè “bambini con profili di apprendimento del calcolo
simili a quelli di bambini discalculici, ma che in realtà non presentano davvero tale deficit cognitivo e che non
dovrebbero incontrare difficoltà di apprendimento cosi consistenti” (Lucangeli, Iannitti, “Difficoltà in
matematica”). A riguardo ci si soffermate a riflettere sulle modalità di insegnamento della matematica che
possono risultare talora troppo formalizzate. Quale alternativa sono state riportate esperienze in cui i
bambini dovevano risolvere situazioni di problem – solving caratteristiche della loro vita quotidiana e che
erano risultate oltre che coinvolgenti anche particolarmente utili per far comprendere i contenuti matematici
(cfr. alla didattica della matematica proposta da Bruno d’Amore).
Da qui è emersa la considerazione che spesso di fronte a bambini in difficoltà l’insegnante si trova “solo” nel
produrre materiale per attività di recupero. Questo è in accordo con quanto sostenuto anche dalla ricerca
neuropsicologica dove si afferma che “i disturbi del calcolo non hanno goduto in questi anni di
approfondimenti sufficientemente utili sia in chiave diagnostica che riabilitativa, lasciando gli addetti ai lavori
privi di materiali” (Biancardi, “La discalculia evolutiva”)

Dopo una sintetica descrizione degli errori più caratteristici compiuti dai bambini con disturbo del calcolo, la
seconda parte dell’incontro è stata rivolta a presentare e commentare sussidi didattici (es. software) e testi
per il recupero e l’insegnamento delle conoscenze numeriche e di calcolo.
Il soffermarsi a considerare esercizi utilizzati durante la riabilitazione (spesso svolta individualmente) aveva
lo scopo di fornire nuovi spunti operativi e di valutarne la realizzabilità nel contesto educativo scolastico. Il
confronto con le attività che vengono di solito realizzate in classe ha permesso di evidenziare come le
insegnati propongano già parecchi di questi esercizi (es. trovare la figura nascosta seguendo un percorso
numerico, proporre griglie che facilitano il dettato di numeri) che possono quindi essere rivolti anche ad
attività più specifiche di recupero.
La consultazione di testi ha permesso poi di riflettere sul materiale che potrebbe essere utilizzato per
progettare un percorso di continuità verticale relativo alle competenze logico – matematiche. L’attenzione è
stata rivolta in particolare a quelle serie di testi suddivisi in volumi che trattano lo sviluppo di tali conoscenze
dalla scuola dell’infanzia a quella primaria (es. “L’intelligenza numerica”, Lucangeli e coll. / “Nel mondo dei
numeri e delle oprazioni”, Bozzolo e coll. / “Recupero e sostegno in matematica”, Schminke)

Quali conoscenze sviluppare?
In considerazione di quanto emerso dal confronto con le insegnanti e di quanto evidenziato dalla ricerca si è
concordato sulla necessità di sviluppare durante il primo anno di scuola primaria le seguenti competenze:
eseguire compiti di categorizzazione e di seriazione
conoscere i nomi dei numeri, saperli leggere e scrivere, circa fino al 30 (aspetti lessicali e sintattici)
rappresentare le quantità corrispondenti a tali numeri (aspetti semantici)
saper utilizzare adeguatamente la linea dei numeri (in avanti e all’indietro)
contare correttamente
svolgere calcoli con somme e sottrazioni
Difficoltà significative in queste competenze possono rappresentare segnali di difficoltà per l’apprendimento
del sistema numerico e del calcolo e richiedere pertanto interventi di rinforzo.
In relazione ad eventuali “segnali di rischio” si è riflettuto sul percorso che spesso caratterizza i bambini con
disturbo del calcolo. Come riportato da Biancardi sono quasi sempre individuati tra i bambini con dislessia e
la loro difficoltà nel calcolo viene di solito riconosciuta più tardi rispetto a quella in lettura. Da qui l’importanza
di rivolgere attenzione a quei bambini che nei primi anni di scuola mostrano difficoltà nella letto – scrittura ed
eventualmente, se possibile, proporre loro attività di potenziamento.

Riferimenti teorici
Alcune definizioni

La discalculia, secondo Temple (1992), è “un disturbo delle abilità numeriche e aritmetiche che si manifesta
in bambini di intelligenza normale, che non hanno subito danni neurologici. Essa può presentarsi associata a
dislessia, ma è possibile che ne sia dissociata”.
Da questa descrizione derivano alcune importanti considerazioni:
Il termine discalculia si riferisce a difficoltà relative solo ad alcune abiliità di base quali il
processamento numerico (es. leggere e scrivere numeri) e la conoscenza degli algoritmi di base
del calcolo (es. saper eseguire addizioni e sottrazioni, apprendere le tabelline e il calcolo
mentale rapido)
I bambini discalculici sono intelligenti

Il manuale diagnostico DSM-IV riporta i seguenti criteri per l’individuazione del disturbo del calcolo:
la capacità di calcolo, misurata con test standardizzati somministrati individualmente, è sostanzialmente
inferiore a quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometria
dell’intelligenza e a un’istruzione adeguata all’età
il disturbo del calcolo interferisce in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività della
vita quotidiana che richiedono tale abilità
se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di calcolo vanno al di là di quelle generalmente associate
con esso
Decorso
Sebbene sintomi di difficoltà nel calcolo (es. confusione nei concetti numerici e incapacità di contare con
precisione) possono insorgere anche alla scuola dell infanzia o in prima elementare, il disturbo del calcolo è
 

raramente diagnosticato prima della fine della prima elementare; di solito diviene evidente durante la
seconda o la terza elementare.
Specie quando è associato con un QI alto, il bambino può funzionare al livello della classe o quasi durante le
prime classi e il disturbo del calcolo può non essere evidente (e segnalato) fino alla quarta o addirittura fino
alla quinta elementare.
Secondo Biancardi e coll. i bambini con discalculia condividono esperienze personali molto simili: sono quasi
sempre individuati tra i bambini con dislessia e la loro difficoltà nel calcolo viene riconosciuta più tardi
rispetto alla difficoltà di lettura.
Questo è attribuibile in parte al fatto che nell insegnamento dell aritmetica, a differenza di quanto accade per
 

 

la scrittura e la lettura, il primo ciclo scolastico non esaurisce l apprendimento delle strumentalità di base (ad
 

 

es. vengono affrontati nel secondo ciclo i numeri complessi e nuovi algoritmi).
Come già esposto dal Dott. Bilancia, i recenti modelli riguardanti l’architettura dei processi aritmetici
concordano sulla necessità di riconoscere un’indipendenza funzionale tra il sistema di elaborazione e
processazione numerica e il sistema del calcolo.

Il sistema dei numeri
Il sistema dei numeri costituisce l elemento indispensabile per ogni compito aritmetico, al punto che non è
 

possibile accedere al calcolo senza appoggiarsi ad esso.
I tre ambiti da considerare per predisporre interventi di recupero sono:
•

la linea dei numeri,

•
•

la transcodifica numerica
la codifica semantica

Analizziamo brevemente ognuno di questi ambiti e le difficoltà principali che incontrano in essi i bambini con
disturbo del calcolo.

La linea dei numeri
Saper utilizzare adeguatamente la linea dei numeri permette di accedere rapidamente ed in modo efficace a
informazioni necessarie per moltissimi compiti sia numerici che aritmetici (es. contare, eseguire rapidi calcoli,
apprendere le tabelline).
Fondamentale è anche esercitare la capacità di conta in quanto un adeguata competenza nel conteggio è
 

determinante per ogni attività relativa ai numeri e al calcolo.
I bambini con discalculia evidenziano nel conteggio all indietro difficoltà significativamente superiori rispetto
¡

ai loro coetanei. Compiono molti più errori e sono più lenti. Biancardi e coll. hanno osservato una frequenza
di errore elevata soprattutto nel passaggio da una decina all altra, in quanto occorre recuperare un etichetta
 

 

lessicale primitiva (la decina) e interrompere la sequenza di conteggio precedente. Inoltre spesso
commettono errori o mostrano incertezze nell individuazione del numero che segue o precede un altro.
 

La transcodifica numerica
I meccanismi di transcodifica permettono di trasformare un numero da un codice da un altro (es. dal codice
alfabetico orale al codice arabico), mantenendone inalterata la struttura.
Incertezze ed errori nella scrittura e lettura dei numeri comportano un pesante aggravio nelle attività
scolastiche (es. errori nei calcoli aritmetici, nella risoluzione adeguata dei problemi, ecc.).
I bambini con discalculia evolutiva mostrano evidenti difficoltà nei compiti di transcodifica numerica, e cioè
nelle prove di lettura, scrittura e ripetizione di numeri.
In particolare la prova di ripetizione di numeri rappresenta uno dei compiti più difficili, al punto che non si
osservano miglioramenti significativi anche dopo uno specifico intervento riabilitativo.
Una ricerca condotta da Biancardi e coll. con bambini dislessici del secondo ciclo delle elementari evidenzia
prestazioni peggiori dei compagni di pari classe nelle prove di lettura, scrittura e ripetizione di numeri, per
tutti e tre gli anni considerati.
Solo nella prova di lettura di numeri (in 5 el.) la loro prestazione si avvicina, per correttezza, a quella dei
¢

coetanei, mentre resta significativamente inferiore per i tempi di processamento.
Tali difficoltà possono essere riferite a specifiche caratteristiche del sistema dei numeri quali:
•

le parole numero si differenziano dalle altre etichette lessicali in quanto possono essere molto
lunghe ed impegnare maggiormente la memoria di lavoro e i processi di articolazione. Per cui si
osservano frequentemente errori lessicali nella transcodifica di numeri fonologicamente lunghi: da
es. milleottocentrentadue viene scritto 1532

•

nel codice alfabetico orale tutti gli elementi lessicali vengono enunciati, mentre nel codice arabico gli
elementi miscellanei (es. mila, cento) non prevedono una rappresentazione grafica. Si possono così
presentare errori di lessicalizzazione per cui un numero è scritto in codice arabico così come esso è
udito in codice alfabetico: es. quattrocentoventisei viene scritto 400206

•

lo zero deve essere riprodotto nel codice arabico in considerazione del valore posizionale che le
cifre assumono in questo sistema, ma non in quello alfabetico. Si possono così avere errori sintattici
nelle rappresentazioni in cifre (es. duemilaotto viene scritto 208) o errori nella lettura (es. 7001 è
letto settecentouno)
La codifica semantica
Codificare semanticamente un numero equivale a rappresentare mentalmente la quantità che esso
rappresenta, e a identificarne la posizione che assume all interno della linea dei numeri e le sue relazioni con
 

gli altri numeri.
Le ricerche hanno mostrato come i bambini con discalculia di solito non mostrino particolari difficoltà nei
compiti relativi alla determinazione degli ordini di grandezza del numero (es. stabilire il numero più grande),
anche in presenza i difficoltà nella lettura degli stessi.

Il sistema del calcolo
E funzionalmente indipendente dal sistema dei numeri, dei quali però si avvale sia in entrata che in uscita.
 

E’ organizzato secondo tre livelli non gerarchici, attivati a seconda del compito richiesto:
•

il sottosistema che consente di attribuire al segno algebrico le relative procedure di calcolo (es.
sommare se appare +),

•

i fatti aritmetici, che consistono nel richiamo immediato e automatico del risultato di un’operazione e
sono indagati attraverso la recita delle tabelline e i calcoli a mente entro la decina,
le procedure di calcolo, che fanno rispettare le regole di esecuzione dell algoritmo (es.:
 

•

incolonnamento, prestiti, ecc.).

Calcolo a mente
Il calcolo mentale costituisce uno dei motivi di maggior difficoltà nei bambini discalculici e sembra che il
nucleo del problema sia rappresentato dalla difficoltà di costruire un magazzino di fatti aritmetici .
Nell’esecuzione di calcoli a mente più complessi, la cui risposta non è automatica, il richiamo di una
sequenza di operazioni più semplici volte a semplificare il calcolo (es. suddivisione in addizioni e sottrazioni
più semplici) risulta spesso più di ostacolo che di aiuto.

Calcolo scritto
Anche in questo ambito i bambini con discalculia evolutiva mostrano spesso difficoltà e commettono errori
£

che riguardano tanto gli aspetti grafo

percettivi, quanto gli aspetti esecutivi. Una possibile causa di questi

errori sembra risiedere nella lunga sequenza di regole specifiche per ogni algoritmo, che determinano, come
per i fatti numerici, un sovraccarico della memoria e un interferenza tra compiti contigui.
 

Le principali difficoltà riguardano:
la selezione dell algoritmo: viene applicata una procedura non pertinente al segno algebrico. Questi
¡

•

errori sono rari nei bambini discalculici e si osservano prevalentemente nelle prime fasi di
apprendimento degli algoritmi;
la conoscenza delle procedure di calcolo: vengono compiuti errori relativi all applicazione delle
 

•

regole proprie dei diversi algoritmi (riporto, prestito, incolonnamento, errori direzionali). Vi rientrano
anche gli errori che riguardano la componente spazio - temporale delle operazioni;
l’esecuzione del calcolo: anche l esecuzione dei calcoli scritti non può prescindere dalla capacità di
 

•

eseguire mentalmente le sotto-operazioni necessarie. Le difficoltà nel calcolo a mente pregiudicano
pertanto il conseguimento di un risultato corretto;
•

difficoltà relative al monitoraggio delle procedure: alla risoluzione corretta di un calcolo
contribuiscono significativamente anche le capacità di controllare i compiti svolti man mano che sono
eseguiti. Si evidenzia un’incapacità nel controllare l errore (es. risulta difficile cogliere l adeguatezza
 

 

o meno di un risultato).

Attività per la riabilitazione

Il sistema dei numeri
Qualunque intervento riabilitativo non può prescindere da un lavoro preliminare relativo ai compiti di
transcodifica numerica.
La transcodifica è la prima abilità da insegnare ai bambini con l obiettivo di rinforzare la capacità di leggere
 

e scrivere i numeri, di collocarli sulla retta numerica, di identificarne la ricorsività.
Inoltre, mentre le difficoltà nel calcolo possono essere superate con l uso della calcolatrice, quelle relative al
 

processamento numerico non possono usufruire di strumenti compensativi e necessitano di un intervento
specifico.
Per cui ogni percorso destinato al recupero di difficoltà su numeri e calcolo deve prevedere la verifica ed
eventualmente un training per rendere efficiente il conteggio e la capacità di operare sulla linea dei numeri.
E opportuno che questa competenza sia stimolata precocemente.
 

Proponiamo di seguito alcuni esempi di attività:
Puzzle: si deve ricostruire un puzzle posizionando i diversi pezzi, opportunamente numerati sul retro,
nell esatta sequenza. Una volta terminato l ordinamento delle tessere, in base alla sequenza numerica, il
 

 

bambino dovrà girarle e verificare che la figura composta sia corretta.

Il contatore: si può allenare il bambino a contare in avanti e all indietro enunciando isolatamente le cifre
 

che compongono il numero, senza raggrupparle secondo le regole sintattiche di produzione. Per cui
settantatre viene contato come sette-tre . Questo esercizio facilita l identificazione dei numeri primitivi,
 

¥

¤

¥

¤

alleggerisce il carico di memoria e le difficoltà con i numeri fonologicamente complessi, obbliga ad enunciare
lo 0 (rende evidente il cambio di decina). Può essere utile avere a disposizione un contatore (es. timbro
¥

¤

con datario) per verificare il movimento celle singole cifre nel conteggio
Riconoscimento di numeri: si tratta di un compito di transcodifica in quanto impone il passaggio dal
codice alfabetico orale (il numero pronunciato dal riabilitatore) a quello scritto (il numero riconosciuto dal
bambino). Favorendo le procedure di transcodifica, questi compiti costituiscono una base utile per la lettura
e scrittura di numeri. Si possono concordare con il bambino il numero di ripetizioni consentite, ad esempio
sotto forma di bonus (es. 5 gettoni).
Non sembrano di grande utilità gli esercizi in cui si deve ritrovare su una matrice un numero presentato per
iscritto in codice arabo. Questi, infatti, non incidono sulle abilità dei bambini con disturbo del calcolo che si
dimostrano abili in tali compiti, ma rimangono in difficoltà nella lettura e scrittura di numeri

Lettura di numeri: uno degli elementi che possono rendere più accessibile la lettura dei numeri è l uso del
 

punto o della virgola (per i miscellanei mila e milione , ecc.) quali elementi utili per scomporre il numero in
¥

¤

¥

¤

unità più semplici e già conosciute.
Il miscellaneo cento non consente di usare tale facilitazione. I numeri compresi entro le centinaia sono
§

¦

pertanto i primi da utilizzare nelle attività di supporto.
Può essere utile, a riguardo, allenare il bambino a leggere numeri di questo ordine di grandezza, insistendo
sia sulla ridondanza (esercizio frequente e con numeri simili), sia sul confronto con numeri di grandezza
inferiore (es. 62; 362)
Scrittura di numeri a partire dal dettato di cifre: vengono dettate un certo numero di singole cifre e si
verifica poi il numero prodotto utilizzando la regola della individuazione e collocazione dell elemento
 

miscellaneo ogni tre cifre contate da destra. Queste attività risultano utili perché consentono di individuare
alcuni principi di soluzione del processamento numerico.
Come esposto durante l’incontro, il software allegato al libro “La discalculia evolutiva” (Biancardi e coll.)
consente di creare con facilità matrici di numeri per attività ed esercizi.

Il sistema del calcolo
E doveroso effettuare anche un intervento relativo agli algoritmi del calcolo, almeno nelle prime fasi di
 

apprendimento.
L esercizio delle procedure (come per il calcolo a mente) deve essere sospeso a favore della calcolatrice
 

quando queste non risultano acquisite dopo un certo allenamento.
Il calcolo a mente
Occorre uscire dalla dicotomia relativa al completo possesso o all assenza dei fatti aritmetici per considerare,
 

invece, la maggior o minore efficienza del calcolo mentale. Pertanto, è opportuno cercare di accrescere le
capacità del bambino di usare strategie di compenso in modo efficace, elevando il grado di efficienza del
calcolo mentale, piuttosto che tentare di realizzare un magazzino completo di informazioni. E possibile che
 

un bambino apprenda anche solo alcuni fatti aritmetici, e ciò costituisce una base di partenza adeguata per
l esecuzione degli altri calcoli.
 

Allenare il calcolo mentale rapido con le modalità tradizionali (es. ripetere più volte a voce le tabelline) non
ha un effetto rilevante sui bambini con discalculia.
Alcune attività per favorire il calcolo mentale possono essere:
Uso delle dita: è importante incoraggiare il bambino a usare le mani per contare, stimolandolo a trovare
strategie personali efficaci, oppure suggerendone alcune.
Anche le tabelline possono essere ricostruite con l uso delle dita attraverso semplici regole.
 

Ad es. la tabellina del 9 può essere rappresentata dalle dita delle due mani individuando il dito che
¥

¤

rappresenta il moltiplicatore e che fungerà da separatore tra le decine ( a sinistra) e le unità (a destra) del
risultato dell operazione. Con i bambini nelle prime fasi di apprendimento si può usare un vero anello da
 

infilare nel dito.
Se il calcolo è 9 x 6 si mette l anello nel pollice della mano destra .
 

¤

¥

Riduzione del numero di informazioni da memorizzare: il numero dei risultati da ricordare può essere
ridotto limitando l apprendimento solo ad alcuni fatti aritmetici, più facili, che possono costituire gli elementi
 

pivot a partire dai quali il bambino può costruire i calcoli successivi.
Es: la tabellina del 5 (facile per alternanza dello 0 e del 5 ); alcune moltiplicazioni ( 6 x 8 / 6 x 4 ) più
¥

¤

¥

¤

¥

¤

§

¤

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¤

facilmente recuperabili.
E possibile svolgere degli esercizi per aiutare il bambino ad individuare rapidamente la moltiplicazione più
 

vicina al calcolo da eseguire ed a partire dalla quale verrà avviato il conteggio
Es: 6 x 8

pivot 5 x 8 = 40

resto da aggiungere +8 = 48

Es: 4 x 8

pivot 5 x 8 = 40

resto da togliere - 8 = 32

Altri trucchi possono essere individuati insieme al bambino, seguendo osservazioni personali che possono
che possono rendere i fatti aritmetici più vicini al suo modo di immaginarli.
Uso della tavola pitagorica e delle tavole additive e sottrattive: rappresentano la forma più semplice di
supporto esterno al calcolo. Costituiscono però anche strumenti con cui il bambino può riflettere sulla
struttura dei calcoli (risultano evidenti i criteri con cui vengono costruite le moltiplicazioni e le somme, nonché
l irrilevanza che ha l ordine dei fattori o degli addendi).
 

 

Il calcolo scritto
Aiutare un bambino in difficoltà significa principalmente portarlo a focalizzare l attenzione sul senso delle
 

operazioni che sta effettuando, con l obiettivo in particolare che raggiunga una buona capacità di controllo
 

dei risultati.
Essendo questa impostazione del tutto controproducente dal punto di vista della velocizzazione della
procedura, Biancardi e coll. sostengono che nell ambito del calcolo scritto sia quanto mai opportuno il ricorso
 

alla calcolatrice come strumento non solo compensativo, ma che consente anche di “esplorare la
matematica” (es. permette di controllare la correttezza o meno di un risultato).
Le attività didattiche proposte a scuola (es. lavorare sul significato dei segni delle operazioni, utilizzare
semplici indicatori per evidenziare l’ordine sequenziale in cui deve essere svolta l’operazione) risultano utili
anche per bambini con difficoltà.
2.2 Area letto-scrittura
In questo primo incontro siamo partite dalla definizione clinica di difficoltà di apprendimento, specificando la
differenza fra difficoltà specifiche e aspecifiche.

Il disturbo specifico (Dislessia, disgrafia,
disortografia, discalculia) si presenta:
In bambini di almeno 8 anni
Attraverso una difficoltà specifica
isolata, in contrasto con il livello
scolastico globale
In un quadro di sviluppo intellettivo
normale
In assenza di deficit sensoriali.

Le difficoltà aspecifiche sono collegabili a:
Difficoltà cognitive o sensoriali che giustifichino il
deficit
Problematiche psicologiche, relazionali collegabili ai
livelli di apprendimento
Contesti socioculturali
inadeguati.

deprivati

e

fortemente

Queste difficoltà possono esser presenti anche in
bambini più piccoli di 8 anni
Più in generale vengono generalmente considerate
aspecifiche tutte quelle difficoltà di apprendimento
che non soddisfano i criteri per le difficoltà
specifiche di apprendimento.

Quali campanelli d’allarme? Difficoltà specifiche o aspecifiche?
Queste definizioni volevano stimolare il confronto delle insegnanti sui possibili campanelli d’allarme delle
difficoltà di apprendimento. Si è posta l’attenzione su alcune distinzioni importanti, utili per approfondire la
conoscenza delle difficoltà scolastiche del bambino e soprattutto le possibili azioni educative da attuare.
Alcune di queste distinzioni erano rapportabili alle seguenti riflessioni:
Escludiamo una difficoltà cognitiva nel bambino? Quali possono essere le difficoltà negli
apprendimenti di un bambino con un ritardo cognitivo? Cosa ci attendiamo come insegnanti?
La scolarizzazione fino a quel momento è stata adeguata? Il supporto extrascolastico è efficace
o quantomeno sufficiente?
Escludiamo deficit sensoriali nel bambino? In altri termini il bambino ci sente e ci vede bene?
In merito a queste prime valutazioni si è quindi sottolineata l’importanza di osservare se vi siano prestazioni
disomogenee e discrepanti nelle diverse aree degli apprendimenti. Le insegnanti hanno in altri termini
evidenziato come generalmente i bambini con difficoltà cognitive presentino un generale ritardo
nell’acquisizione della maggior parte delle tappe evolutive e didattiche, senza mostrare prestazioni
discrepanti fra le diverse aree didattiche. Mentre il primo campanello d’allarme caratteristico di possibili
difficoltà specifiche di apprendimento è la caduta in una particolare area (per esempio scrittura o lettura). La
letteratura scientifica mostra come sempre di più le difficoltà specifiche si presentino associate: un bambino
dislessico, con una lettura stentata, mostra frequentemente anche cadute nella scrittura. Nonostante questa
importante considerazione è probabile che l’insegnante comprenda di essere di fronte ad un bambino
intelligente, competente in altri settori didattici ma con diversi errori particolari e persistenti.
Si è inoltre sottolineato come gli apprendimenti strumentali, gli automatismi, caratteristici della Prima e
in parte della Seconda classe elementare, richiedono soprattutto sistematicità e costanza, se questa
viene a mancare risulta difficile stabilire se le difficoltà del bambino sono specifiche o aspecifiche. In
merito agli automatismi è anche importante sottolineare che anche bambini con livelli cognitivi al limite
della norma o con ritardi mentali lievi possono acquisire queste strumentalità di base, mentre avranno
maggiori difficoltà nell’applicare queste strumentalità per compiti più complessi, che richiedano inferenze
cognitive più astratte (ad esempio utilizzare le competenze di scrittura decifrativa per creare una produzione
testuale autonoma)

Quali campanelli d’allarme consideriamo per le difficoltà specifiche in prima elementare
(aspetti qualitativi, quantitativi, tempi di esecuzione)?
In una qualunque prima elementare i bambini che si avvicinano alla letto-scrittura sono fra loro
eterogenei, e l’apprendimento di base è notevolmente influenzato dalle abilità di base, dalla metodologia
utilizzata nell’insegnamento, dall’individuazione dei «punti deboli», su cui è necessario soffermarsi
maggiormente, a seconda del bambino” (Allamandri, 2005).

Una volta considerate queste riflessioni iniziali si è quindi passati a considerare la classe Prima in
particolare, sottolineando come in questa fase evolutiva non si possa parlare di disturbi specifici di
apprendimento ma solo di difficoltà di apprendimento. Questo perché si ritiene importante poter concedere ai
bambini almeno due anni di esposizione formale ai diversi apprendimenti prima di poter valutare se sono
presenti o meno difficoltà specifiche.

Difficoltà d’apprendimento in prima e seconda elementare (Rossi, Malaguti):
Difficoltà di apprendimento della letto-scrittura e/o del calcolo che tendono a risolversi
spontaneamente con la crescita.
Difficoltà di apprendimento della letto-scrittura e/o del calcolo che tendono a risolversi entro il 1° ciclo
della scuola elementare ma con interventi appropriati.
Difficoltà specifiche in lettura, scrittura, calcolo o logica a carattere cronico e persistente, che si
evidenziano già in prima elementare e si stabilizzano negli anni successivi se non si interviene in
modo tempestivo ed adeguato.
Difficoltà cognitive globali che condizionano l’apprendimento in tutti i settori in maniera più o meno
omogenea

Questa riflessione non voleva assolutamente minimizzare l’importanza di riconoscimenti precoci e di
interventi tempestivi, ma piuttosto spostare la discussione sull’importanza, soprattutto in queste prime
fasi didattiche, delle aspettative di ogni insegnante sulle competenze che è giusto attendersi da un
bambino di questa età. A questo proposito le insegnanti si sono confrontate raccontando la loro esperienza
quotidiana, le loro attività abituali e le rispettive aspettative in merito ai livelli attesi dai propri bambini. Per
esempio è stato sottolineato, come in prima elementare:
Sia importante lavorare con sistematicità, anche se per brevi intervalli di tempo, su attività
metafonologiche orali, utili sia per la lettura (processo basato sulla competenza di fusione
fonologica) che per la scrittura (processo basato sulla competenza di segmentazione fonemica).
Anche la letteratura concorda nel ritenere la metafonologia come uno dei prerequisiti più importanti
per lo sviluppo della letto-scrittura.
Stimolare sempre la passione per la lettura, lasciando ai bambini spazi autonomi per la lettura di libri
presenti in classe, o proponendo attività di ascolto dove i bambini possano godere della lettura
dell’insegnante. Soprattutto i bambini con difficoltà nella letto-scrittura arrivano a disinvestire su
quest’area, è fondamentale riuscire a tenere alta la loro motivazione, criterio indispensabile per
qualsiasi miglioramento.
Sottolineare sempre si bambini lo scopo ultimo della lettura, collegato alla comprensione dei testi
scritti, evitando di soffermarsi eccessivamente sulla lettura decifrativa.
Concedere ai bambini spazi per il racconto dei propri vissuti personali. Questi momenti permettono
di potenziare moltissime abilità nei bambini: abilità narrative, abilità di attenzione, rispetto dei turni di
parola, ecc.. Si è inoltre osservato come queste competenze narrative siano i precursori delle abilità
narrative, necessarie nei successivi anni scolastici per creare fantasiose produzioni scritte.
Per approfondire queste riflessioni è stato utile esaminare insieme alcuni modelli (quello evolutivo di Uta
Frith in particolare), alcuni studi scientifici (Rossi e Malaguti di seguito) che potessero fornire alle insegnanti
un ulteriore polo con cui confrontare le loro valutazioni. Per esempio per quanto riguarda la scrittura è
apparso interessante confrontarsi insieme sullo studio di Rossi e Malaguti presentato di seguito. Questo
studio ha permesso di fornire un criterio di confronto che sottolineasse come alcuni errori appaiono ostici alla
maggioranza dei bambini anche senza difficoltà, mentre la persistenza nel tempo, nonostante ripetuti
tentativi di correzione da parte delle insegnanti di altri errori (in 1ª e 2 ª soprattutto quelli fonologici) ci
fornisce un importante campanello d’allarme in merito alla possibile presenza di una difficoltà specifica.
Parlando di persistenza in merito alla lettura è importante sottolineare come la variabile che tende a
mantenersi nel tempo più deficitaria è la velocità di lettura piuttosto che la correttezza, anche questa
appare quindi come un’ulteriore variabile critica da osservare con attenzione.

Analisi degli errori: analisi della frequenza evolutiva di produzione
Studio di Rossi e Malaguti, realizzato su 1300 bambini in E. Romagna
Sostituzioni di lettere simili o dissimili (per es. faso per vaso): frequenti in 1ª, meno in 2ª. Possono
esserci anche in bambini senza difficoltà, 1 o 2 per produzione, ma legate a lettere simili
Omissioni di grafema (pote per ponte): abbastanza frequenti in 1ª e 2ª, in seguito solo nei bambini con
difficoltà e sporadiche nei bambini frettolosi
Aggiunte (trenio per treno): meno frequenti delle omissioni, seguono però lo stesso andamento
Inversioni (li per il): con una certa frequenza solo nei bambini con difficoltà a mantenere la sequenza
fonologica. In 1ª sono legate a qualsiasi parola, mentre in 2ª sono collegate a parole con gruppo
consonantico complesso, in 3ª rare anche nei bambini con difficoltà
Raddoppiamenti (gato per gatto): presenti fin dalla 1ª, presenti indipendentemente dalle capacitò del
bambino
Errori ortografici (o per ho, acua per acqua,...): frequenti nelle prime fasi in tutti i bambini, i bambini
con difficoltà possono continuare a commetterli anche nel secondo ciclo.
Errori di conoscenza lessicale (celo per cielo): frequenti all’inizio ma permangono in generale in tutto
il percorso elementare, anche in bambini senza difficoltà
Parole omofone non omografe (c’era e cera): frequenti fin dalla 1ª in bambini con difficoltà
Assimilazione di due parole (lasera per la sera): frequenti in bambini con difficoltà in 1ª e 2ª, ma non
solo in loro. Possono essere osservati anche dopo in parole sconosciute
Conglutinamento di più parole: errori rari, si rivelano quasi esclusivamente in bambini di 1ª e 2ª, con
difficoltà significative

Ci si è confrontate quindi sull’importanza sia di compiere un’analisi quantitativa degli errori (osservando
il numero totale degli errori commessi dai bambini) che un’indagine qualitativa (errori fonologici, ortografici
o di altra natura?), questo sia per quanto riguarda la scrittura che la lettura. Le difficoltà specifiche si
caratterizzano infatti spesso per la presenza di alcuni errori caratteristici, oltre che per la rilevazione di un
numero significativamente più alto degli stessi.

Alcune osservazioni operative
Le riflessioni sull’importanza dell’indagine
Indagine qualitativa errori:

qualitativa degli errori conduce anche a
suggerimenti pratici.
Osservazioni
sono

FONOLOGICI :

qualitative

infatti

sugli

importanti

errori

anche

per

considerare, a livello evolutivo, quale
tipologia d’errore è utile cercare di
correggere prioritariamente.
Riprendendo

il

modello

di

analizzato

precedentemente,

importante

cercare

Sostituzioni di grafema/fonema:
per somiglianza fonologica (d-t; v-f;) o morfologica (a-o;

n-u) o per

entrambe (b-d; m-n);
Omissioni o aggiunte di grafema o fonema
(teno per treno; trieno per treno)
Inversioni (li per il; crata per carta)

Uta

Frith
appare

inizialmente

di

soffermarsi sugli errori fonologici, per
poi concentrarsi su quelli non fonologici
o ortografici, che richiedono del resto

NON FONOLOGICI :
Fusione/ Separazioni illegali (ilcinema; in versione)
Parole omofone ma non omografe (l’una- luna; c’era-cera)
Utilizzo delle regole ortografiche (H, CQ..)
ALTRO (errori fonetici):
Raddoppiamenti, accenti

un’esposizione formale e diretta alle regole ortografiche. Raddoppiamenti ed accenti rappresentano
infine una tipologia di errore, (detti fonetici, proprio perché collegati al suono, ad aspetti fonetici), faticosa
per molti bambini. Per questi errori è importante cercare di spendere tempo nell’aiutare il bambino alla loro
discriminazione uditiva, magari attraverso attivazioni che richiedano questa sola abilità.

Al fine di ricavare ulteriori spunti pratici è apparso inoltre interessate riflettere con le insegnanti sul rapporto
intercorrente fra le diverse fasi evolutive in lettura e scrittura (si veda tabella sotto). Così per quanto riguarda
la fase alfabetica è la scrittura (attività basata su una frammentazione del codice alfabetico) che stimola
l’acquisizione di questa fase nella lettura, mentre per quanto riguarda la fase ortografica (basata sulla ricerca
di regolarità) è la lettura a stimolare la maturazione della stessa fase nella scrittura. Questi rapporti aprono
importanti spiragli educativi nella scelta delle proposte didattiche.

Modello evolutivo di Uta Frith (si veda descrizione sopra del
modello). Questa autrice descrive 4 fasi principali
nell’acquisizione delle abilità di letto-scrittura:
Logografico (parola come disegno)
Alfabetico (lettera per lettera)
Ortografico (analisi unità ortografiche)
Lessicale (parola come unità dotata di significato)

I “mezzi facili” e l’apprendimento difficile
Alcune riflessioni didattiche importanti, anche se espresse in termini provocatori, sono elencate da Smith
(1973) in dodici principi per rendere difficile l’apprendimento della lettura. Alcuni di questi riportano riflessioni
sono:
•

“Insegnate una lettera alla volta, non andate avanti finché ogni lettera non sarà assimilata”:

In prospettiva associazionistica soffermarsi per un tempo necessario su ogni lettera rappresenta un
incontestabile principio. Ma è anche tener presente che spesso un fonema non rappresenta una
rappresentazione grafica unica, risulta quindi importante che i bambini possano avere modo di fare confronti
fra i diversi fonemi e grafemi, fra le loro diverse configurazioni. Questo concetto è ben esplicitabile se si
pensa all’acquisizione della lingua orale: nessuna madre sceglie di presentare solo alcuni fonemi o alcune
combinazioni di fonemi al proprio bambino per insegnargli a parlare, La madre parla al proprio bambino e
sarà lui a rintracciare tutti i suoni della propria lingua.
Questo principio non sembra però valere per i fonemi simili che si consiglia spesso di presentare in tempi
distinti, soprattutto per bambini con difficoltà di apprendimento.
•

“ È sempre necessario evitare gli errori”

Spesso fornire al bambino il tempo e lo spazio per un’autocorrezione, sostenuta eventualmente dall’adulto,
permette di consolidare nel tempo preziose riflessioni cognitive che gli saranno molto utili anche in seguito.
•

“Non incoraggiate le anticipazioni i bambini devono leggere diligentemente”

Troppo spesso i tentativi di anticipazione dei bambini (sulla base di indici linguistici o extra-linguistici),
soprattutto non sono tenuti nella debita considerazione. In genere si ritiene che l’anticipazione si installi
automaticamente dopo le prime fasi di apprendimento come effetto dell’addestramento alla lettura, ovvero
dopo che è stato raggiunto un buon livello di oralizzazione (dunque di automatizzazione). Difficilmente si
parte dall’insegnamento esplicito di questo meccanismo, anzi, nelle prime fasi di apprendimento ogni attività
di previsione viene decisamente inibita. L’insegnante chiede al bambino di decifrare accuratamente tutte le
lettere di ciascuna parola e richiama coloro che anticipano spontaneamente ad astenersi dal “tirare ad
indovinare”. Le ricerche condotte sullo sviluppo spontaneo delle conoscenze della lingua scritta nel bambino
prescolare hanno mostrato che, contrariamente a quanto si sosteneva, entrambi i meccanismi sono
presenti nell’attività di lettura spontanea del bambino non ancora scolarizzato e vanno potenziati e
valorizzati dall’insegnamento delle prime fasi. Entrambi questi meccanismi sono importanti per la lettura,
nel bambino come nell’adulto (Stella, Pippo, 1996).

Riassumendo: cosa fare quindi a 6-7 anni in letto scrittura?
Considerare sempre che fino ad 8 anni si parla sempre di difficoltà di apprendimento e non di
disturbi di apprendimento, per i motivi già descritti precedentemente.

Prevenire e intervenire precocemente appaiono azioni molto importanti e ormai
unanimamente condivise. Questo per diversi motivi:
o

Per concedere al bambino esperienze di apprendimento serene, che non inficino al sua
autostima e il suo benessere a scuola.

o

per evitare che il bambino in difficoltà produca nel tempo o meglio consolidi strategie e
meccanismi errati, inefficaci o poco economici.

o

Perché la mancanza di controllo e di padronanza sulle funzioni linguistiche e simboliche
collegate alla lettura e alla scrittura, finiscono per impoverire o comunque distorcere
l’accesso alle funzioni astratte o concettuali indispensabili nelle attività di ragionamento

o

Perché le differenze nello sviluppo delle funzioni cognitive che sottostanno agli
apprendimenti di base si accentuano con il passare del tempo. Se a cinque anni un bambino
presenta una carenza nello sviluppo di lieve entità, a otto anni questa può rivelarsi più
severa se non si attuano aiuti
APPRENDIMENTO

compensatori.

PREREQUISITI
Discriminazione visiva e uditiva
Memoria fonologica a breve termine

Concentrarsi inizialmente sui prerequisiti
agli apprendimenti scolastici: conoscere
adeguatamente questi precursori critici e in
generale
processi

le

competenze
di

sottostanti

letto-scrittura

ai

infatti sia di riflettere sulle competenze che è
possibile attendersi da un bambino di questa
e

quindi

consapevolmente

di

riconoscere

un’eventuale

negli apprendimenti, sia per cogliere quali

Accesso lessicale rapido
Elaborazione semantica (anticipazione)

Conoscenza lessicale
LETTURA
COME
COMPRENSIONE
DEL TESTO

Comprensione sintattica
Capacità di fare inferenze
Memoria di lavoro
…

più

difficoltà

Fusione e segmentazione fonemiche
Associazione visivo-verbale

Coordinazione oculo-manuale

appare

fondamentale. Questa conoscenza permette

età

LETTURA E
SCRITTURA
COME
ABILITÀ
STRUMENTALI

SCRITTURA COME
COMPETENZA
NARRATIVA

Competenza espositiva orale
sono le aree da potenziare e sostenere già a scuola.
Si veda a tal proposito sezione teorica presentata di seguito con modelli neuropsicologici

Come migliora? è persistente il suo errore? Nel corso della prima elementare, ma anche della
seconda, le difficoltà di apprendimento sono molto frequenti e spesso legate a fattori di ordine
maturazionale o a difficoltà spaziali, temporali, prassiche o linguistiche. Queste stesse difficoltà
talvolta sono destinate a scomparire con l’età, altre volte invece rappresentano il campanello
d’allarme per difficoltà più consistenti, che rischiano di mantenersi nel tempo. Osserviamo quindi se
gli errori commessi dai bambini sono persistenti, se si concentrano solo in alcune aree o sono sparsi
in un po’ tutte le aree (le difficoltà specifiche sono proprio deficit collegabili ad aree specifiche,
caratterizzati da

difficoltà di automatizzazione e caratterizzate

per la presenza di errori molto

persistenti nonostante l’esercizio). Distinguiamo bene gli errori commessi nelle strumentalità di base
da quelli coinvolgenti inferenze di ordine superiore (così riflettiamo sulla presenza di una difficoltà
specifica o di una difficoltà di altra natura).
Automatismi e continuità (15-30 minuti al giorno tutti i giorni): molte delle competenze affrontate
dai bambini nei primi due anni di scuola elementare coinvolgono apprendimenti destinati a dover
essere automatizzati. Questi apprendimenti richiedono, più di altri, una costanza e una continuità
quotidiana. Non serve in altri termini far leggere il bambino due ore al giorno, per un solo giorno alla
settima, ma occorrono piccoli intervalli di tempo quotidiani. Se questa costanza viene a mancare è
difficile valutare se la difficoltà del bambino non derivi da queste mancanze.
Un’ultima osservazione finale: l’importanza della cornice ludica, o meglio dello stimolare la
motivazione alle nostre proposte didattiche: “ In realtà le emozioni sono gli artefici, le guide o gli
organizzatori interni delle nostre menti. Ci dicono cosa pensare e come pensare, cosa dire e
quando, e cosa fare. “Conosciamo” le cose attraverso le nostre interazioni emotive, quindi
applichiamo tale sapere al mondo cognitivo ” (Brazelton e Greenspan, 2005)
Diamo la parola alla neuropsicologia: due modelli importanti
(Alcune informazioni riportate sotto sono tratte da Orsolini, www.infantiae.org )
Un modello psicologico noto come “modello a due vie”
(Coltheart & Rastle, 1994) descrive la lettura ad alta
voce

di

parole

meccanismi.

Un

isolate

ipotizzando

primo

meccanismo

due

diversi

opera

con

associazioni grafema-fonema: singole lettere o gruppi
di lettere vengono convertiti in unità fonologiche; a loro
volta, queste unità fonologiche vengono assemblate e
pronunciate. E’ un meccanismo definito prelessicale
perché la pronuncia della parola scritta è mediata da
procedure di conversione grafema-fonema piuttosto che da un recupero lessicale della parola nella sua
interezza.
Un secondo meccanismo utilizza un legame diretto tra memoria ortografica e memoria fonologica della
parola. Il riconoscimento delle lettere attiva una rappresentazione lessicale ortografica che ha una diretta
connessione con il “suono” della parola nella sua interezza. E’ un meccanismo definito lessicale perché la
pronuncia della parola è ritrovata nel lessico e non è costruita attraverso associazioni grafema-fonema.
Le due vie di lettura sono definite “prelessicale” o “lessicale” , ma anche fonologica (via prelessicale basata
su un’analisi fonologica della parola e una lettura per assemblaggio) e diretta (via lessicale che implica un
accesso diretto alla parola, un’analisi visiva e globale della stessa).

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0123

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Buffer fonemico o grafemici:
magazzini di memoria a breve
termine dove sono immagazzinati i
fonemi per la lettura specifica di una
parola o i grafemi da utilizzarsi per la
scrittura di una specifica parola.
Lessico ortografico e fonologico:
sorta di "dizionari" in cui le parole
sono immagazzinate nella loro forma
visiva (lessico ortografico) o
fonologica (lessico fonologico).
Il sistema semantico: e' un
magazzino a lungo termine in cui
ogni data parola e'associata ad un
corrispettivo significato
Conversione grafema -fonema: è
un magazzino di memoria a lungo
termine in cui sono immagazzinati i
valori delle associazioni apprese tra
codici
fonologici
e
loro
rappresentazione grafica.

Figura 1 Modello a due vie di Coltheart
L’applicazione del modello a due vie in ambito evolutivo ha portato alla teorizzazione di un modello
evolutivo (Uta Frith, 1985) in cui vengono descritti diversi stadi evolutivi di apprendimento della lettoscrittura, caratterizzati da diversi meccanismi di lettura e scrittura:
In una fase iniziale i bambini utilizzerebbero una meccanismo di natura visiva, definito come
“strategia logografica” (parola come disegno): alcune caratteristiche salienti di una stringa di
lettere vengono memorizzate e in alcune situazioni permettono il riconoscimento istantaneo di una
parola oppure guidano un tentativo di interpretazione. In questa fase il bambino non utilizza alcuna
procedura di conversione grafema-fonema e tratta le lettere come indizi visivi che insieme ad altri
tratti della scritta (ad esempio, il colore o la lunghezza) evocano una memoria visivo-contestuale.
Così, ad esempio, il giallo della lettera M in un cartello pubblicitario può essere un indizio per
riconoscere una scritta e associarla a un significato, a una pronuncia, al ricordo di un particolare
luogo.
In una seconda fase emerge un meccanismo di natura fonologica (lettera per lettera). Sotto
l’effetto degli apprendimenti che sono avvenuti per la scrittura, il bambino apprende una strategia
alfabetica: applica procedure di conversione grafema-fonema in maniera sequenzialmente ordinata,
procedendo da sinistra a destra. La strategia alfabetica non è altro che il meccanismo “prelessicale”
di lettura che abbiamo già considerato per il modello a due vie. La differenza tra l’applicazione di
questo meccanismo in un lettore esperto, e la strategia alfabetica nei bambini, è una questione di
efficienza e di velocità. In un lettore esperto le procedure di conversione possono essere molto
veloci; viceversa, in una fase iniziale di apprendimento, la conversione grafema-fonema e
l’assemblaggio fonetico possono essere molto lenti.
In una terza fase emerge un meccanismo di natura ortografica (analisi per unità ortografiche): le
stringhe di lettere vengono istantaneamente analizzate come parole, o come morfemi, senza
bisogno di una conversione fonologica. Questa strategia ortografica si diversifica da quella
logografica perché non è basata su indizi visivi e perché l’ordine sequenziale delle lettere viene
analizzato e riconosciuto. E’ distinta dalla strategia alfabetica perché è non-fonologica. Con la
strategia ortografica emerge il meccanismo “lessicale” di lettura che abbiamo già considerato
discutendo il modello a due vie.
In una quarta ed ultima fase emerge un meccanismo lessicale (parola come unità dotata di
senso): In questo stadio si utilizza un’analisi in parallelo di alcuni elementi simultaneamente, ossia si
attua contemporaneamente un’analisi fonetico-fonologica ma anche, se si rivela necessario,
un’analisi sintattico-grammaticale o semantica.
UNA GIORNATA D’INCONTRO

Nell’ottica della continuità: una giornata di confronto fra insegnanti della scuola dell’infanzia e della
scuola elementare in merito ad aspettative e obiettivi attesi, metodologie utilizzate e proposte.

Riflessioni e obiettivi trasversali
In generale è emersa fra le insegnanti un buon accordo in relazione alle difficoltà che caratterizzano la loro
professionalità e il loro compito nel definire i percorsi di apprendimento. Le uniche insegnanti della scuola
dell’infanzia e della scuola elementare afferenti alla medesima realtà territoriale, presenti in aula, hanno
espresso una buona concordanza di obiettivi e attività, rivelando soddisfazione per gli attuali momenti di
continuità nelle quali sono coinvolte.
Il confronto delle insegnanti è stato stimolato inizialmente da una serie di domande guida da noi fornite, volte
a indirizzare la loro attenzione su quali prerequisiti ritenessero importanti all’uscita della scuola dell’infanzia e
dai quali poter partire per l’impostazione degli apprendimenti alla scuola elementare. Ancora una volta
l’individuazione e il confronto delle insegnanti in merito alle aspettative sugli apprendimenti era finalizzata a
mettere in evidenza eventuali campanelli d’allarme nel percorso formativo dei bambini.
Nonostante lo stimolo specifico iniziale è emersa con forza l’esigenza, da parte delle insegnanti, di
confrontarsi su tematiche trasversali alla costruzione degli apprendimenti. In particolare:
Lo star bene a scuola: il confronto attuato dalle insegnanti è stato esplicito e sereno, sollecitato
dall’obiettivo comune di garantire in primis il benessere del bambino nel proprio contesto educativo.
In questo senso il dibattito è stato caratterizzato da una reciproca “messa in gioco” del proprio
operato, da parte delle insegnanti di entrambi gli ordini, senza ridurre lo scambio ad un’univoca “lista
di richieste” per le insegnanti della scuola dell’infanzia. In particolare le insegnanti della scuola
elementare hanno esplicitamente sottolineato l’importanza di porre al centro il bambino e non
l’insegnante con le sue esigenze didattiche. È stata sostenuta l’importanza della scuola dell’infanzia
come realtà autonoma, a cui non dover unicamente indirizzare richieste didattiche, facilitanti le
successive proposte della scuola elementare, ma da rispettare e valorizzare.
Il rapporto educativo e il senso del limite: le insegnanti di entrambi gli ordini si sono trovate
d’accordo nel sottolineare l’importanza di un rapporto educativo autorevole, in quanto il ruolo
dell’adulto sembra sempre più sminuito anche nello stesso contesto familiare. Le insegnanti della
scuola elementare hanno pertanto avanzato la possibilità di porre maggiormente l’accento sugli
aspetti asimmetrici del rapporto educativo già nella scuola dell’infanzia, pur mantenendo quelle
caratteristiche di accoglienza e affettuosità, che devono caratterizzare la relazione con bambini
prescolari.
La scuola: quale identità? Viene in generale percepita la perdita di autorevolezza da parte delle
scuola intesa come Istituzione che garantisce un contesto caratterizzato da regole e capace di
definire i rapporti tra i diversi soggetti che vi partecipano.
Il problema delle autonomie: le insegnanti di entrambi gli ordini scolastici hanno sottolineato la
necessità di sviluppare le autonomie nei bambini, che appaiono sempre più in difficoltà sotto questi
aspetti. In particolare le insegnanti della scuola dell’infanzia hanno espresso la difficoltà di lavorare,
con i bambini dell’ultimo anno, su quegli aspetti di autonomia richiesti alla scuola elementare (per es.
gestione del proprio materiale, gestione del compito), poiché spesso non sono ancora state maturate
autonomie più basilari come mettersi la giacca.
Il senso delle stimolazioni e il rischio di eccedere nell’estetizzazione: si è più volto ribadito
l’esigenza di sistematicità da parte della scuola dell’infanzia. Le stesse insegnanti hanno parlato di
“trame più larghe” rispetto agli obiettivi formativi da perseguire e alle relative proposte di attività. Il
rischio sottolineato in modo univoco è quello di dare maggior rilievo a proposte accattivanti, a scapito
di proposte che potrebbero favorire maggiormente la continuità didattica fra i devesi ordini scolastici.

Proposte di attività e metodologie d’insegnamento
Da questo corollario iniziale si è cercato di indirizzare la conversazione verso l’individuazione di spunti
pratici, attività e metodologie di insegnamento che fornissero i presupposti per la stesura di un protocollo
d’intesa, condiviso dalle insegnanti di entrambi gli ordini scolastici. Mantenendo ci si è concentrati sull’ iter
educativo del bambino, tralasciando in questa sede la trattazione di temi, seppur molto importanti, quali il
ruolo della famiglia e il rapporto con essa. Questi temi sono del resto stati affrontati nell’incontro precedente,
realizzato dalla dott.sa Soncini e potrebbero essere oggetto di prossime riflessioni.
Entrando nel merito le insegnanti hanno quindi rivolto la loro attenzione sui contesti e le strategie di
insegnamento, sottolineando:
L’importanza delle modalità con le quali vengono fornite le consegne ai bambini: Si è
concordato di accrescere le occasioni di consegna a grande gruppo nella scuola dell’infanzia, al fine
di stimolar le capacità attentive dei bambini. Mentre la scuola primaria ha sottolineato la non idoneità
degli spazi a loro disposizione, che rende quasi impossibile ricavare per esempio un “angolo
dell’ascolto e della conversazione”, che rappresenterebbe per i bambini un segnale di continuità,
rispetto a quanto abituati nella scuola dell’infanzia.
Utilizzo delle schede: Le schede sono apparse come un ulteriore spunto per favorire la continuità
didattica. Molte insegnanti della scuola dell’infanzia hanno iniziato ad introdurle, anche se si è
unanimamente condivisa l’idea di limitare il loro utilizzo.
Possibilità di utilizzare un strumento comune: Alcune insegnanti della scuola dell’infanzia hanno
descritto in tal senso la loro esperienza. Stanno infatti sperimentando l’introduzione di un quaderno
personale del bambino, mostrandogli il suo possibile utilizzo (per esempio presentandogli il punto
d’inizio dello stesso, il verso di scrittura, la gestione dello spazio nel foglio). Esso può in tal modo
rappresentare uno strumento di lavoro volto a introdurre il bambino in un contesto operativo simile a
quanto verrà proposto alla scuola primaria.
Rientrano in questo ambito anche le osservazioni già espresse sopra in merito alla relazione
educativa, ai contesti di lavoro (gestione degli spazi e relative possibili proposte) e allo sviluppo delle
autonomie.
Allegato n umero
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  • 1. ! * + ", "# $ %&'%('#%%) " #%%)-%,$.'
  • 3. DALLA SCUOLA DELL’INFANZIA ALLA SCUOLA ELEMENTARE: UN CONFRONTO SULL’AREA LOGICO MATEMATICA e SULLA LETTO-SCRITTURA “Che cosa sono i numeri?” - Sono delle cose che si leggono - E che si contano - E che non finiscono mai, perché ci sono tanti numeri - E certo che finiscono - Quando li hanno fatti tutti, finiscono Secondo te è più lunga la parola treno o la parola automobile? Treno Perché? Perché ha molti vagoni “A cosa servono i numeri?” - A contare -Per aspettare le ore di numeri: è ora di lavorare alle sette, o alle dieci (“Una ricerca sul contare”, Annalisa Marconi, Bambini, dicembre 2006) dott.sa Francesca Nuccini, C.E.R. - L.Milani dott.sa Enrica Giaroli, C.E.R. - L.Milani
  • 4.
  • 5. 1. LE INSEGNANTI DI SCUOLA DELL’INFANZIA SI CONFRONTANO… VIAGGIO IN … PRIMA CLASSE Quali campanelli d’allarme per le difficoltà d’apprendimento nella scuola dell’infanzia? Cosa si può fare? 1.1 L’area logico matematica Questo momento è stato rivolto a favorire un confronto tra le insegnanti delle diverse scuole circa le attività ed i metodi utilizzati per sviluppare conoscenze logico – matematiche nei bambini al fine di individuare le competenze che dovrebbero essere possedute al termine del percorso nella scuola dell’infanzia In generale le insegnati hanno concordato sul fatto che i contenuti logico – matematici vengono affrontati in diversi momenti della giornata scolastica ed all’interno di diverse attività come ad esempio: il gioco dell’appello nel quale si deve creare una corrispondenza tra i singoli bambini e le loro fotografie sul cartellone. Viene poi richiesto di contare i presenti o di compiere semplici operazioni di addizione e sottrazione. Errori frequenti sono risultati essere quelli di indicazione per cui o non viene indicato un simbolo da contare e viene considerato più volte. Un’alternativa per i più piccoli è risultata essere quella di richiedere ad ogni bambino nominato il nome di un elemento appartenente ad una particolare classe semantica es. nomi di animali). Il calendario che permette di affrontare i concetti di prima e dopo, ieri e oggi, nonché consente di familiarizzare con la linea dei numeri fino al 31. Il mettersi in fila secondo la specifica richiesta di “un bambino si mette in coppia con una bambina”, che favorisce la riflessione sulla corrispondenza “un maschio, una femmina” e rende possibili semplici operazioni in base la confronto tra insiemi Il riordino dei giochi come attività di categorizzazione e di insiemistica L’apparecchiatura e la distribuzione dei tovaglioli che coinvolge anche bambini di tre anni in compiti di corrispondenza biunivoca e stimola l’uso di concetti spaziali (sopra, sotto, di fianco) Il gioco con le carte che può rendere evidente l’associazione tra il numero e la relativa quantità Attività di compravendita A queste attività di aggiungono poi quelle specificamente rivolte ad accrescere la conoscenza del numero quali la proposta di conte e filastrocche. Al termine di questo momento di confronto è stata fatta una breve esposizione delle principali teorie sullo sviluppo del numero finalizzata principalmente a fornire conferme e supporti all’azione educativa delle insegnanti.
  • 6. Quali conoscenze sviluppare? In considerazione di quanto riportato dalla ricerca e di quanto emerso durante la discussione di gruppo sono state individuate alcune competenze che dovrebbero essere consolidate all’uscita della scuola dell’infanzia. Infatti, significative difficoltà in tali abilità potrebbero rappresentare indici di rischio per i futuri apprendimenti scolastici e richiedere pertanto un’attenzione particolare nel predisporre percorsi di supporto. Sono state individuate come importanti: la conoscenza dei numeri (aspetti lessicali e semantici) e la capacità di muoversi sulla linea dei numeri almeno fino al 10, la capacità di conta (saper individuare correttamente la cardinalità di insiemi discreti di elementi), la capacità di confrontare insiemi attraverso la corrispondenza biunivoca, saper risolvere compiti di categorizzazione, la conoscenza di concetti spazio – temporali (sopra / sotto, prima / dopo). . L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata alla presentazione ed alla consulatzione di testi che possono fornire interessanti spunti pratici per le attività in sezione. Riferimenti teorici Come da accordo con il gruppo di lavoro, segue un’esposizione delle principali teorie sullo sviluppo del numero che sono state sinteticamente esposte durante l’incontro. Lo sviluppo del numero Negli ultimi vent’anni si è assistito all’emergere di diversi studi che hanno permesso di ampliare notevolmente le conoscenze relative alla costruzione del numero nel bambino. In particolare, gli studi sulla conta (processi di quantificazione numerica), sviluppatisi negli anni Ottanta e divenuti ormai punti di riferimento per la ricerca nel settore, hanno delineato una ricchezza di conoscenza numerica nel bambino in età prescolare insospettabile sulla base dei lavori di Piaget. L’autore, infatti, ipotizzando l’acquisizione del numero strettamente correlata con la presenza del pensiero operatorio, considera tutto ciò che è a livello pre – logico come corrispondente ad un periodo pre – numerico e non costituisce pertanto oggetto di interesse. Queste concettualizzazioni sullo sviluppo precoce del conteggio (Gellman e Gallistel; Fuson) mettono, infatti, in rilievo la crucialità del periodo di età dai 2 ai 7-8 anni circa per lo sviluppo dei concetti numerici e pongono in luce l’intensa attività cognitiva matematica del bambino in età prescolare e dei primi anni di scuola. Esse consentono inoltre di esaurire la spiegazione data da Piaget sull’acquisizione completa del concetto di numero, che avviene molti anni più tardi, in quanto mettono in luce i precursori dei concetti esaminati dall’autore (Miller, 1987).
  • 7. Lo sviluppo del contare Il contare viene considerato, da diversi autori, come il compito più importante per cui possono essere utilizzati i numeri ed è, dal punto di vista dello sviluppo, il primo uso dei numeri a comparire. L’attività di contare implica lo stabilire una relazione uno-uno tra gli oggetti che vengono contati e le parole che denotano i numeri, le quali hanno due proprietà fondamentali: sono ordinate (ordinalità) l’ultima parola della sequenza del conto è una misura del numero di oggetti che sono stati contati (cardinalità) Inoltre, secondo la ricerca contemporanea sullo sviluppo del numero, il contare svolge anche un ruolo centrale nel ragionamento numerico, inteso come la capacità di operare sulle numerosità facendo inferenze sulle relazioni (ex: maggiore, minore, uguale) e attuando trasformazioni numeriche (ex: operazioni di addizione e sottrazione) delle collezioni di numeri. Secondo Gelman e Gallistel l’attività di contare è il risultato della comprensione e dell’applicazione da parte del bambino dei principi che regolano la conta (Teoria dei principi della conta), che si caratterizzano per essere: impliciti, in quanto costituiscono una forma di conoscenza che guida i comportamenti dei bambini ancor prima che siano in grado di riflettere e discutere specificatamente su di essa. innati, in quanto “strutture elementari” di conoscenza, specifiche di dominio, innate nell’uomo, che guidano l’attenzione del bambino verso gli stimoli ambientali rilevanti per la formazione del concetto di numero quali, ad esempio, le collezioni di elementi discreti e le parole della conta. Essi, pertanto, contribuiscono soltanto ad incanalare l’apprendimento e le inferenze che il bambino compie, senza sostituirsi a quest’ultimo. I principi che costituiscono la competenza nel contare sono cinque (Gelman e Gallistel, 1978): 1. Corrispondenza (associazione) uno a uno: ciascun elemento, e tutti gli elementi, della collezione devono essere contrassegnati da un indicatore (numero), e uno solo 2. Ordine stabile: gli indicatori (numeri) devono essere organizzati secondo un ordine ripetibile, che rimane identico tutte le volte che si conta 3. Cardinalità: l’ultimo indicatore utilizzato per contrassegnare gli elementi di un insieme designa la numerosità dell’insieme stesso 4. Astrazione: qualsiasi tipo di oggetto può essere contato. In altre parole, i tre principi sopra citati possono essere applicati a qualsiasi tipo di insieme di elementi (omogeneo, eterogeneo, reale, immaginato), purché questi ultimi siano discreti 5. Irrilevanza dell’ordine: l’ordine con cui gli elementi vengono contati non ha rilevanza, a condizione che i principi precedenti siano stati rispettati. Lo sviluppo del contare consiste, pertanto, nello sviluppare procedure di trasferimento nella pratica di tali principi impliciti della conta, e nell’abilità di eseguire tali procedure. Inoltre, esso presuppone il passaggio da una conoscenza implicita dei principi ad una esplicita.
  • 8. Le ricerche condotte dagli autori, hanno evidenziato che i bambini già a 2 anni presentano condotte conformi ai principi della conta. Tale conformità, però, in bambini di 2 – 3 anniI varia in funzione della numerosità della collezione: per insiemi di oltre tre-quattro oggetti la conta può mancare di accuratezza. La padronanza del principio di cardinalità sembra essere successiva a quella dei principi di associazione uno a uno e di ordine stabile. Verso i 5 anni, comunque, la maggior parte dei bambini padroneggia in modo coordinato tutti i principi. Analizziamo, ora, più nel dettaglio i tre principi che determinano il “come” si conta: Associazione uno a uno Tale principio implica che ciascun oggetto sia contato una e soltanto una volta. Questo richiede due importanti sotto-capacità: associare parole che denotano numeri a oggetti, separare gli oggetti contati dagli oggetti da contare. Fondamentale diviene il ruolo svolto dall’indicazione: Tra i 2 e i 4 anni, i bambini acquistano la capacità di usare l’indicazione in modo regolativo, per associare le parole che denotano numeri a oggetti. L’attività di indicazione crea una corrispondenza parola-numero / oggetto, che deriva da una duplice coordinata corrispondenza: tra atti indicativi e parole dette, tra atti indicativi e oggetti (Fuson, 1988). Secondo l’autrice, gli errori che il bambino commette nella conta si possono classificare in differenti categorie di violazione di tale corrispondenza: errori parola-indicazione, nei quali viene svolta correttamente l’indicazione, ma non il conteggio (es.: il bambino addita un oggetto senza pronunciare il numero o indica un oggetto pronunciando più numeri); errori indicazione-oggetto, nei quali il conteggio è accuratamente coordinato con l’indicazione, ma quest’ultima non è corretta (es.: il bambino nell’additare un oggetto ne salta uno o ne indica uno più volte); errori che implicano la violazione di entrambe che corrispondenze citate (es.: il bambino dirige molti atti d’indicazione generici verso l’insieme degli oggetti, mentre pronuncia parecchie parole numero non corrispondenti agli atti indicativi) In generale, l’apprendimento della corretta applicazione della corrispondenza impegna il bambino fin verso i 5 anni. L’indicazione, inoltre, è uno dei modi attraverso cui i bambini riescono a separare gli oggetti contati da quelli da contare
  • 9. Ciò avviene nel modo migliore quando gli oggetti sono posti in modo ordinato (es.: lungo una linea). Quando gli oggetti sono disposti in modo disordinato, una strategia alternativa può consistere nello spostare gli oggetti man mano che vengono contati. Dal punto di vista educativo molte sono le variabili che possono influenzare la produzione di una conta corretta: il grado di attenzione che il bambino rivolge al compito, la disposizione degli oggetti da contare, le caratteristiche stesse del compito. Ordine stabile La Fuson (1988) sottolinea che per essere in grado di contare, oltre al principio di ordine stabile, i bambini devono possedere anche una conoscenza specifica della sequenza di parole che denotano i numeri. L’acquisizione di tale sequenza comprende due momenti: il primo consiste nell’apprendere a produrre (recitare) correttamente la serie ordinata convenzionale delle parole numero, il secondo riguarda la costruzione delle relazioni di sequenza tra le parole-numero (es.: essere prima, dopo, tra,..). L’apprendimento della “recita” corretta della sequenza standard richiede, a sua volta, un duplice compito: distinguere nel linguaggio tra parole-numero e parole-non-numero apprendere l’ordine stabile e corretto delle parole-numero. Quest’ultimo apprendimento è di solito contraddistinto dalla produzione di sequenze scorrette che presentano una struttura caratteristica: una prima parte, che corrisponde in modo esatto alla sequenza standard (porzione convenzionale, che contiene parole che denotano i numeri più piccoli); una successiva porzione , formata da parole-numero in ordine scorretto rispetto a quello convenzionale, ma mantenuto stabile dal bambino almeno per un certo periodo (porzione nonconvenzionale stabile); una parte finale, composta da parole-numero poste secondo un ordine che è sia diverso da quello standard sia non ripetuto nel tempo (porzione non-convenzionale instabile). I bambini imparano, quindi, a padroneggiare la sequenza delle parole che denotano i numeri in modo graduale e tra i 6 – 8 anni circa arrivano a conoscere la sequenza fino a 100 e si occupano dei numeri oltre 100. In che modo possono essere corrette le sequenze di numerali non convenzionali? Significativo è il fatto che la sequenza delle parole che denotano i numeri possa essere appresa meccanicamente come una semplice lista, in modo separato dall’atto del contare. Il centro dell’attenzione del bambino, e dell’insegnante, può essere posto sulla disposizione della lista stessa, senza carichi cognitivi addizionali imposti dall’atto del contare. Questo “contare per contare”, che implica l’enunciazione orale e ordinata dei numeri (“filastrocca” dei numeri”), rappresenta un apprendimento importante per il bambino perché gli consente di acquisire le leggi
  • 10. di produzione linguistica della sequenza verbale e di procedere continuamente oltre nella recita dei numeri, sperimentando la sensazione dell’illimitatezza del procedimento. Cardinalità La Fuson , in disaccordo con quanto sostenuto da Gellman e Gallistel, sostiene che all’inizio la conta non riveste per il bambino un significato cardinale. Sebbene molti bambini, a circa 3 anni, rispondano alla domanda “Quanti sono?” con l’ultima parola-numero pronunciata nella conta, in realtà non attribuiscono ad essa alcun significato cardinale. Il loro comportamento segue piuttosto la regola del “rispondere con l’ultima parola-numero pronunciata”, così come vedono fare nel loro ambiente. Secondo l’autrice, quindi, lo sviluppo dell’integrazione tra i due significati (conta e cardinale) richiede tempo, è segnata da differenze individuali, e compare verso i 4 anni. La teoria dei contesti diversi Fuson, pur confermando l’importanza delle competenze innate, attribuisce uguale valore alle competenze apprese, riconoscendo una costante interazione tra le due. L’autrice rivolge il suo interesse all’acquisizione dei diversi significati numerici e alla loro integrazione da parte del bambino, elaborando un modello secondo il quale esiste una pluralità di situazioni di uso (contesti) delle parole numero all’interno dei quali il bambino sviluppa la propria conoscenza dei numeri (es. contesto cardinale, contesto di misura, contesto simbolico, contesto di conta, contesto non-numerico). Il bambino inizialmente usa e capisce le parole numero solo all’interno degli specifici contesti. Il compito evolutivo consiste sia nell’apprendere le parole-numero standard e i loro diversi significati sia, e soprattutto, nel mettere in relazione e nell’integrare i diversi significati. E’ un compito reso difficile anche dal fatto che in contesti di uso diverso, quindi con un significato diverso, si usano parole – numero identiche Il modello di Fuson descrive in modo dettagliato l’evoluzione nell’acquisizione e nell’integrazione dei significati numerici legati a tre contesti d’uso: sequenza, conta e cardinale. Questa impegna il bambino dai 2 agli 8-9 anni circa, secondo il susseguirsi di cinque livelli evolutivi: A 2 anni circa il bambino produce i numeri solo come sequenza a partire da “uno”. Le parole numero non sono distinte tra loro: costituiscono un blocco unico, unidirezionale in avanti. Verso i 3 anni circa le parole- numero vengono differenziate, ma la sequenza continua ad essere una recita in avanti prodotta a partire da “uno”. Diventa possibile la conta. Verso i 4 compare la capacità di passare dal contesto conta a quello cardinale, utilizzando l’ultima parola – numero detta proprio come indicativa delle entità contate.
  • 11. Il bambino può produrre la sequenza a partire da qualsiasi numero; sa stabilire le relazioni numeriche “subito prima”, “subito dopo”. Si consolida la capacità di passare dal significato cardinale a quello di conta e viceversa. Verso i 7 – 8 anni il bambino non ha più bisogno di oggetti concreti per rappresentare i termini della conta, ma le parole – numero stesso diventano le unità. Può eseguire addizioni e sottrazione senza bisogno di rappresentare concretamente i termini dell’operazione. I significati di sequenza, conta e cardinale diventano sempre più interrelati. Ad un ultimo livello il bambino riesce a produrre la serie numerica con facilità a partire da qualsiasi numero ed in entrambe le direzioni. Ogni parola – numero diventa sia una parola di sequenza che un’entità cardinale. La serie numerica si trasforma in una sequenza formata da unità equivalenti incluse e seriate tra di loro. IN CONCLUSIONE Come in parte emerge da quanto detto, manca ancora una teoria della costruzione del numero nel bambino in grado di considerare all’interno dello stesso modello esplicativo il patrimonio di conoscenze che si è raccolto. In generale le ricerche hanno evidenziato che la competenza numerica si configura come una gamma riccamente composita di abilità e conoscenze diverse ed anche la costruzione del numero si delinea come un processo sfaccettato e complesso, che ha inizio fin da età precoci. La comparsa della comprensione logica consente di pensare a uno stabile possesso del concetto di numero da parte del bambino, poiché riguarda la capacità di affermare l’invarianza numerica a prescindere dal tipo di stimolo. E’ un’acquisizione che si basa sul ragionamento (non su osservazioni empiriche) e riguarda in senso pieno la costruzione del numero come entità astratta (Piaget, Fuson). QUALI COMPETENZE SVILUPPARE ? Tretti, Terreni, Corcella (in “Materiali IPDA”) considerano come prerequisiti per lo sviluppo della capacità di calcolo le seguenti abilità: conoscenza della filastrocca dei numeri (appresa tramite giochi e filastrocche) associazione tra simbolo numerico grafico e nome del numero: è la capacità di leggere o riconoscere i numeri; si riferisce alla comprensione e produzione del numero in base a meccanismi lessicali corrispondenza biunivoca numero-oggetti contati: il bambino impara ad accoppiare la parola numero all’atto del contare conoscenza della numerosità: presuppone che si sappia che la quantità corrisponde all’ultimo numero pronunciato (cardinalità)
  • 12. capacità di confrontare insiemi di numerosità diversa (“quale tra due insiemi contiene più elementi?”): per fare questo non è sufficiente basarsi sulle dimensioni degli insiemi e si deve prescindere dalla configurazione degli elementi. Fondamentale è la capacità di confrontare gli elementi di due insiemi attraverso un controllo biunivoco capacità di confrontare numeri diversi: implica la capacità di riconoscere la quantità associata a ciascun numero; si riferisce alla comprensione del valore semantico del numero (significato dei numeri) capacità di seriare elementi di diversa dimensione e mettere in sequenza ordinata insiemi contenenti diverse quantità di oggetti Secondo Biancardi, è bene che il bambino, intorno ai cinque anni, abbia acquisito tali competenze: conosca qualche etichetta numerica scritta e sappia leggere e scrivere qualche numero entro il 9 conosca la grandezza del numero sulla linea dei numeri (es.: sappia dire che 5 viene prima di 6) sappia contare in vanti fino a 30 sappia contare all’indietro (da 5 a 1, anche contando oggetti) sappia eseguire piccole operazioni (es.: “quanto fa 3 caramelle più 2 caramelle) La presenza di tali abilità è un indicatore favorevole, anche se la loro assenza non necessariamente è significativa di qualche forma di deficit. Il bambino, infatti, può infatti, recuperare prontamente se in precedenza non è stato adeguatamente stimolato. D’amore e Caldelli definiscono “protomatematica” la matematica a livello della scuola materna, intendendo con questa definizione “un’attività che ancora matematica non è e che non vuole esserlo, ma che contiene in sé il nucleo della matematica. Un insieme di elementi preliminari ed intuitivi di base che precedono la matematica, senza troppe giustificazioni formali, ma al solo scopo di favorire l’intuizione primordiale, già presente, ma da evidenziare nel bambino”. Secondo questi autori quel che conta, in relazione alla conoscenza del sistema dei numeri, non è tanto che il bambino conosca suono, grafia e simboli dei numerali (es. “uno”, “1”), che rappresentano principalmente segni rappresentanti nati da accordi e convenzioni. Quel che conta per una perfetta acquisizione dell’idea di numero cardinale è l’idea di corrispondenza biunivoca, cioè di una corrispondenza tra due insiemi tale che a ciascun oggetto del primo insieme corrisponda uno ed un solo oggetto del secondo e viceversa (concetto di equinumerosità). Solo qualora questa idea risulti facilmente acquisita questa idea, può essere plausibile e naturale far ricorso al nome dei numeri (es. “uno, due,..”).
  • 13. 1.2 Area letto-scrittura In questo incontro il confronto fra le insegnanti inizia sottolineando come siano migliorate le abilità dei bambini e le aspettative dei genitori nel corso degli anni, emerge infatti come molti bambini di 5 anni sappiano già leggere e scrivere. Questa valutazione però rimanda all’importante riflessione dei compiti richiesti alla scuola dell’infanzia e delle competenze che possiamo attenderci dai nostri bambini. Si è infatti condivisa l’idea che da un bambino di 5 anni non ci attendiamo che sappia leggere e scrivere, competenze su cui si lavora ampiamente alla scuola elementare, ma ci attendiamo piuttosto che abbia maturato adeguatamente le competenze prerequisite alla letto-scrittura. Quali sono quindi le conoscenze preliminari (prerequisiti) che il bambino in epoca prescolare deve possedere per accedere al linguaggio scritto? Pensando quindi a tutti quei bambini di 5 anni che non sanno scrivere, possiamo comunque riflettere sui diversi livelli evolutivi che precedono la fase alfabetica, ossia le competenze di scrittura alfabetica, che richiedano solo la conversione biunivoca grafema-fonema. Riflettere su questi diversi livelli permette di indagare la possibile presenza di campanelli di rischio per difficoltà di apprendimento. Imparare a leggere e scrivere non richiede solo l’apprendimento di processi di conversione grafema fonema ma è piuttosto un processo di costruzione di conoscenze. Attraverso la lettura e la scrittura condividiamo i nostri pensieri, le emozioni, i significati e quindi è importate che nelle prime fasi passiamo questo messaggio prioritario ai nostri bambini, riflettendo con loro su domande come queste: come fanno le lettere a esprimere significati? Sembrano forse riflessioni scontate, eppure, ancora oggi, la maggior parte dei bambini in prima elementare inizia a “esercitarsi” con le lettere senza che gli adulti si siano chiesti che cosa abbiano compreso della lingua scritta. Imparare a leggere e scrivere diviene in questa ottica un apprendimento come molti altri, un processo di sviluppo, una costruzione interna che elabora l’esperienza “esterna” in maniera organizzata e con cambiamenti sistematici nel tempo. Anche questo apprendimento chiamerà quindi anche in causa “l’atteggiamento più generale verso l’imparare: dalla sicurezza affettiva, che permetterà di affrontare la paura delle novità; dalla relazione con gli adulti (genitori e insegnanti) che sosterrà la motivazione a sopportare le fatiche dell’apprendere e le frustrazioni dello sbagliare” (Orsolini). La scuola dell’infanzia appare un contesto adeguato e importante in cui le insegnanti possano organizzare attività a piccolo gruppo in cui i bambini si confrontino fra loro, sostenuti dall’adulto, proprio sulla lingua scritta, sul suo significato, sulla sua utilità, sulle sue caratteristiche. Per approfondire queste riflessioni è importate riflettere sulle concettualizzazione della lingua scritta
  • 14. La concettualizzazione della lingua scritta. “ Per il bambino che vive in società urbane la scrittura è un oggetto culturale di cui deve scoprire il significato, deve farsi le proprie teorie che nascono ben prima dell’ingresso nella scuola elementare ” (Ferreiro, Teberosky) Secondo Ferreiro E. Teberosky A. (1985) i bambini costruiscono “concettualizzazioni circa la natura della scrittura” molto prima dell’intervento di un insegnamento sistematico. Queste autrici hanno compiuto diversi studi in merito a questa tematica, arrivando a descrivere l’esistenza di una progressione regolare nelle soluzioni che i bambini adottano per scoprire la natura della scrittura. Non esiste comunque un ritmo determinato, perché ogni bambino ha tempi evolutivi e caratteristiche personali assai diverse. In particolare le due autrici postulano 4 fasi importanti che precedono la fase alfabetica vera e propria: 1 - La prima tappa si può individuare quando il bambino è in grado di distinguere fra il disegno e il non disegno acquisita già a tre anni. Questa fase comprende anche produzioni di transizione tra il disegno e la scrittura come l' utilizzo di forme stilizzate che non sono veri e propri disegni ma fanno in qualche modo riferimento alle caratteristiche figurali dell' oggetto significato in una sorta di scrittura ideografica. 2 - La seconda tappa è contraddistinta dalla comparsa dei segni grafici tipici del sistema scritto. Il bambino non considera la relazione dei grafemi con i corrispettivi suoni convenzionali, ma si interessa esclusivamente alle caratteristiche visive della produzione. Insieme alle lettere dell' alfabeto compaiono le pseudolettere la cui somiglianza alle prime testimonia lo sforzo di adattamento del bambino al modello visivo. Il bambino inizia a portare attenzione alla quantità delle lettere utilizzate, ad esempio usa una lettera per ogni parola che scrive. Compare l' idea che sia necessaria una quantità minima di lettere per rappresentare una parola con un significato ( in genere la quantità minima è identificata in tre lettere). 3 - La terza tappa corrisponde alla comparsa delle condotte di differenziazione, quando il bambino cerca di rappresentare ogni parola diversa con segni diversi, nella convinzione che per leggere cose distinte debba esserci una differenza oggettiva fra le scritture. In particolare le due autrici hanno individuato dei principi universali presenti nelle scritture dei bambini di 5 anni: Principio della quantità minima (almeno tre segni) Principio della variabilità intrafigurale (bambini usano segni diversi all’interno della stessa parola) Principio della variabilità interfigurale (bambini utilizzano segni diversi per parole diverse) 4 - La quarta tappa riguarda la scoperta del rapporto convenzionale del suono con la parola scritta. Compare l' ipotesi sillabica che è la prima messa in corrispondenza tra parti dello scritto e parti dell' aspetto sonoro delle parole (ad ogni lettera corrisponde una sillaba) Nella figura che segue sono presenti quindi alcune scritte di bambini di 5 anni, tutte preconvenzionali (caratteristiche cioè di bambini che non hanno ancora compreso che la scrittura si basa su segni convenzionali) ma con livelli dissimili, che è utili saper discriminare.
  • 15. Cosa e quando insegnare al bambino considerando le sue conoscenze precedenti ed il suo ruolo attivo nell' apprendimento? Alla luce delle riflessioni proposte sopra si è condivisa con le insegnanti l’importanza di avvicinarsi a queste concettualizzazione dei bambini sia per la lettura che per la scrittura. Questo non significa assolutamente insegnare ai bambini a leggere e scrivere, ne tanto chiedergli di imparare le lettere dell’alfabeto, ma significa potenziare le loro riflessioni spontanee, stimolare un normale percorso evolutivo di avvicinamento alla convenzionalità della letto-scrittura: questo si è ritenuto poter essere un obiettivo importante per la scuola dell’infanzia. Alla scuola elementare le richieste e gli obiettivi didattici non sempre offrono lo spazio temporale per soffermarsi su queste importanti occasioni di apprendimento, spazi che invece sarebbero ben collocabili nella realtà della scuola dell’infanzia. Le insegnanti si sono quindi interrogate su come è possibile stimolare queste concettualizzazione sia per la scrittura che per la lettura. La scrittura spontanea Stella e Pippo nella loro pubblicazione (“Apprendere a leggere e a scrivere - La scrittura”, 1996) offrono diversi spunti interessanti per realizzare attività di questo genere, finalizzate a fornire al bambino un ruolo attivo nella costruzione della sua conoscenza della lingua scritta.
  • 16. In questo volume si propone infatti alle insegnanti di realizzare periodiche attivazioni in cui si richieda ai bambini delle spontanee produzioni scritte, ad esempio chiedendogli di scrivere il nome di alcuni oggetti da loro stessi disegnanti. Di queste produzioni scritte spontanee si valutano poi due principali aspetti: 1. Parametro costruttivo: Valutazione del tipo di segno usato: scarabocchio, pseudolettere, lettere, numeri, misto Quantità lettere usate: osservare se utilizzano una quantità dissimile di segni per le parole corte e lunghe o se utilizzano ancora indici semantici. Livello di convenzionalità (effettiva corrispondenza col suono): o Bambini preconvenzionali o Bambini convenzionali sillabici o Bambini convenzionali- alfabetici 2. Parametro esecutivo Direzionalità della scrittura: osservare se i bambini seguono una linea ideale, se scrivono in secondo una direzionalità casuale, obliqua o verticale. Orientamento delle lettere nello spazio e occupazione dello spazio sul foglio Carattere utilizzato: stampato maiuscolo, minuscolo, corsivo, misto Valutazione sull’adeguatezza del segno: incerto, sicuro. Da queste periodiche osservazioni sono poi proponibili alcuni suggerimenti operativi in relazione alla natura delle possibili difficoltà riscontrate nei bambini: 1. Difficoltà esecutive : Qui si raggruppano tutte le difficoltà che il bambino incontra nella realizzazione dei segni scritti, una sorta di “difficoltà a disegnare le parole” (Stella, 1996). Queste difficoltà derivano sia dai prerequisiti collegati all’analisi visiva che dal grado di coordinazione occhiomanuale, a sua volta correlabile ad impacci motori orientamento o a spaziale. problemi Le di difficoltà esecutive aumentano o diminuiscono a seconda del tipo di carattere grafico utilizzato. Lo stampatello maiuscolo Difficoltà nella realizzazione dei segni grafici, a “disegnare le parole” (Stella): Analisi visiva: occorre superare il sincretismo percettivo, divenire più flessibili e sviluppare la reversibilità percettiva. Coordinazione occhio-mano Impugnatura corretta Lateralizzazione, organizzazione spaziale in rapporto al proprio corpo e alla conoscenza degli assi corporei (orriz., vert., saggitale) Orientamento spaziale sinistra- destra Gestione dello spazio sul foglio Memoria visiva rappresenta la tipologia di carattere più semplice, grazie alla sua composizione ad aste orizzontali, verticali e diagonali. All’estremo opposto il corsivo con la sua composizione caratterizzata da segni irregolari e difficilmente suddivisibili in segmenti distinti (aspetto che per altro rende più complesso anche la ricerca della corrispondenza grafema-fonema), rappresenta il carattere più complesso. Difficoltosa è proprio anche la sua
  • 17. produzione, fondata su un unico gesto molto complesso e variabile nel senso che ogni singola lettera si modifica in relazione alla propria posizione nella parola (per es. la lettera a cambia conformazione nella parola banana e ape). Cosa si può fare per le difficoltà esecutive? Se emergono difficoltà in quest’area è importante aiutare i bambini a potenziare le singole competenze implicate, quindi: Stimolare un’impugnatura corretta Aiutare il bambino nella gestione dello spazio foglio, ma non solo, concedendogli anche esperienze dirette, mediate dal proprio corpo, di percezione e analisi dello spazio. Proporgli attività di coordinazione occhio-mano, come percorsi, labirinti e attivazioni di questo genere Sensibilizzarlo alla direzionalità sinistra – destra, sempre attraverso proposte ludiche che gli impongano questa direzionalità Memoria visiva: sono proponibili a questo proposito per esempio vari memory visivi 2. Difficoltà costruttive: Si riferiscono a tutte le difficoltà collegabili alla creazione di una teoria linguistica spontanea, di concettualizzazioni mature, come prima descritte. In particolare queste difficoltà possono riguardare: Produzione linguistica poco evoluta dal punto di vista costruttivo (non ci si riferisce ai bambini pre-convenzionali ma a quelli che non hanno ancora maturato i principi di variabilità intrafigurale e interfigurale, descritti prima). Difficoltà a modificare le proprie idee sulla lingua nonostante gli stimoli educativi: i bambini con difficoltà possono presentare a distanza di tempo errori analoghi, evidenziando una scarsa evoluzione della loro concettualizzazione. Le maggiori difficoltà che i bambini incontrano nelle prime fasi di apprendimento della letto-scrittura riguardano principalmente questi ultimi aspetti costruttivi. Il bambino trova complesso riuscire ad utilizzare le informazioni offerte dall’insegnante per modificare la propria teoria linguistica. Quindi si evidenziano principalmente carenze nell’analisi sonora della parola, nella sua scomposizione e ricostruzione secondo una sequenza fissa, piuttosto che difficoltà di memorizzazione. Cosa si può fare per le difficoltà esecutive? Il bambino con queste difficoltà ha maggiori difficoltà nel ritrovare elementi di regolarità nella lingua. Molti bambini preconvenzionali scrivono parole uguali in modo diverso proprio perché privi dei criteri sonori per la rappresentazione della parola. Questo aspetto di regolarità è uno dei prerequisiti cognitivi necessari ad un’analisi visiva e fonologica delle parole, è quindi un prerequisito importante per aiutare questi bambini. Senza di essa è evidente che manchino sia spazi di riflessione sugli aspetti sonori che la possibilità stessa di
  • 18. crearsi rappresentazioni stabili per ciascun “oggetto” (Stella 1996). I bambini in difficoltà non mostrano questa costanza neanche per nomi che gli sono molto familiari come il proprio nome proprio. Si può cercare di aiutare il bambino ad acquisire questa stabilità attraverso alcune azioni, quali: Proporre al bambino parole che per lui siano quotidiane. Invitarlo a scrivere spesso nomi propri e altre parole che lui stesso può identificare come uniche a livello delle proprie rappresentazioni mentali Utilizzare un numero limitato di parole in contesti variabili (universo linguistico stabile). Risulta inoltre utile far si che il bambino sia invitato a scrivere spontaneamente la parola per poi chiedergli di confrontare la sua produzione con un modello preesistente. La lettura Come per la scrittura anche per la lettura è consigliabile che la scuola dell’infanzia si proponga di avvicinarsi alle concettualizzazioni spontanee del bambino, stimolando il suo avvicinamento alla costruzione di ipotesi convenzionali. Nel caso della lettura è importante che il bambino impari a utilizzare sempre più indici fonetici, abbandonando gradualmente l’utilizzo di indici visivi salienti, spesso collegati al senso della parola. Questo obiettivo è perseguibile stimolando per esempio il confronto con i bambini delle loro ipotesi rispetto ad indizi fonetici molto semplici di loro conoscenza, per esempio attirando la loro attenzione sul suono iniziale della parola. Questo obiettivo è perseguibile attraverso proposte a piccolo gruppo in cui il bambino sia stimolato ad un confronto dialogico con i compagni. Ogni bambino porterà il suo livello di concettualizzazione, attivando così uno stimolante confronto fra i diversi livelli evolutivi. Si veda esempio sotto, presentato sotto. 1 . 3 "# ") , . & 2 0 ' + 1 ! "# " ') ( $ * - % ' + $$ , % & ! ' ,,,,,, ' / / / / / 0 + , - 4 , 5 - & ' ' ) / ( % 6 7 7 3 3 7 3 8 / / / 1 ! / 3 % / , ''''' ((( (( + $$ / / / / / , . . / # 1 3 / % ! 3 - 4 5 & ) / ,
  • 19. Prima di proporre le attività suggerite è importante verificare: che il bambino abbia una competenza fonologica sufficiente almeno per identificare l’inizio della parola. l’acquisizione delle corrispondenze suono-segno (a livello prescolare, lavorare sulle abilità di analisi/discriminazione visiva e cominciare ad introdurre le corrispondenze fonema-grafema: le prime corrispondenze possono essere introdotte a partire da alcune parole che il bambino ha memorizzato visivamente e che compaiono con frequenza nel suo universo linguistico scritto, ad es. il proprio nome). Che nelle prime fasi il bambino possa raggiungere il riconoscimento della parola decifrando il minimo indispensabile. La dimensione metalinguistica (consapevolezza posseduta sulla lingua) Le insegnanti sono state inoltre stimolate a confrontarsi sull’importanza delle competenze metalinguistiche, osservando come queste competenze siano favoribili da precise stimolazioni come le scritte presenti nell’ambiente circostante ed in quello scolastico, gli atti di scrittura e di lettura degli adulti in presenza del bambino, i giochi di parole; tutte quelle attività che in ultima analisi possono sollecitare le riflessioni spontanee dei bambini sui suoni che caratterizzano la nostra lingua. Negli ultimi vent’anni molti studiosi (Liberman, Pontecorvo, Zucchermaglio ed altri) hanno analizzato i rapporti tra competenza metalinguistica e processo di apprendimento della scrittura e della lettura e sono giunti alla conclusione che il livello di competenza metalinguistica raggiunto dai singoli bambini all’ingresso della scuola elementare è un indice predittivo particolarmente significativo nei confronti dei futuri successi nell’apprendimento in ambito linguistico. Tutto ciò sottolinea la notevole importanza della scuola dell’infanzia e dell’ambiente circostante nello stimolare il bambino in questo processo di avvicinamento al “mondo delle scritte”, facilitando la sua riflessione metalinguistica. All’interno della competenza metalinguistica è poi stata individuata un’abilità molto importante definita in diversi modi ma ritenuta, da un numero sempre maggiore di studiosi, un fattore determinante per l’apprendimento dello scrivere e del leggere, si tratta della “conoscenza fonologica” o metafonologia (Monighetti, 1994). Per imparare a leggere e scrivere il bambino deve avvicinarsi al codice convenzionale della lingua, sviluppando gradualmente la capacità di compiere analisi, riflessioni, trasformazioni su questo stesso codice, indipendentemente dal valore semantico dello stesso. In un sistema alfabetico la scrittura è essenzialmente una rappresentazione diretta del linguaggio orale, della sua struttura fonologica, senza mediazioni semantiche. Le abilità metafonologiche vengono generalmente indagate ad un livello fonologico globale (soprasegmentale) che permette la costruzione di rime, la segmentazione e fusione sillabica e ad un livello analitico (segmentale) che permette la segmentazione e fusione fonemica (Medeghini, 2005). La consapevolezza fonologica globale è normalmente presente anche nei bambini in età prescolare, rappresenta una capacità preparatoria all’apprendimento formale della lingua scritta. Mentre la consapevolezza fonologica analitica non è presente in soggetti che usano sistemi di scrittura non alfabetici e quindi neppure nel bambino prima dell’esposizione formale al codice alfabetico (Morais)
  • 20. Cosa si può fare alla scuola dell’infanzia? In questa fase evolutiva sono proponibili e consigliabili attività di metafonologia globale, come quelle presentate di seguito: Rime e filastrocche Segmentazione sillabica Identificazione sillaba iniziale Giochi con parole In conclusione Una riflessione importante è emersa a conclusione del lavoro svolto durante la giornata: anche le insegnanti che temevano di non lavorare a sufficienza su questi aspetti, hanno in realtà concordato nel riconoscere questi obiettivi come parte delle loro proposte. Si è però riflettuto sulla mancanza di sistematicità collegata alle medesime proposte. Da loro stesse è emersa la difficoltà di ritrovarsi in mezzo a svariate possibilità e stimolazioni didattiche che adatte e importanti per i loro bambini. Alcune di loro hanno discusso sul fatto che si lavorava su questi aspetti, con maggior sistematicità, alcuni anni fa, quando forse c’erano meno stimolazioni a disposizione dei bambini, ma un maggior potenziamento su tematiche specifiche per gli apprendimenti, facilitanti la continuità con la scuola elementare.
  • 21. 2. LE INSEGNANTI DI SCUOLA ELEMENTARE SI CONFRONTANO… Difficoltà di letto-scrittura o afferenti all’area logico-matematica in 1ª elementare: Come riconoscerle? Come intervenire? 2.1 Area logico-matematica Questo incontro si proponeva, oltre alle finalità concordate, di riflettere su alcuni elementi individuati come problematici nel contesto educativo che caratterizza il lavoro delle insegnanti. L’accento è stato posto in particolare sulle difficoltà che spesso le insegnanti incontrano nel supportare bambini con difficoltà attraverso una didattica adeguata ed all’interno di contesti classe caratterizzati da diverse situazioni problematiche. Da qui la richiesta di soffermarsi a riflettere sulle formulazioni ed i termini, a volte percepiti come un po’ sintetici, utilizzati nelle diagnosi e sull’esigenza di individuare attività e metodologie che possano essere concretamente utili e realizzabili. L’interesse si è rivolto anche agli strumenti compensativi e dispensativi che molto spesso vengono consigliati dal neuropsichiatra e che è compito delle insegnanti mettere in atto. E’ stata proposta la definizione, già in parte condivisa e discussa per il disturbo specifico di lettura, di “discalculia” al fine di individuare gli elementi che “concretamente” caratterizzano un bambino con difficoltà specifiche nel calcolo. Ci si è soffermati tanto sulle competenze che la ricerca ha mostrato essere carenti (capacità di processamento numerico e la conoscenza degli algoritmi di base del calcolo), quanto sulle abilità che risultano adeguate (ad esempio buon livello cognitivo generale) e che rappresentano un’importante riferimento per la definizione di un percorso di supporto. In relazione a queste considerazioni sono emerse alcune riflessioni interessanti. Si è, infatti, discusso sul fatto che un’elevata percentuale di bambini segnalati per difficoltà nel calcolo, in realtà siano invece dei “falsi positivi” (circa il 90%), e cioè “bambini con profili di apprendimento del calcolo simili a quelli di bambini discalculici, ma che in realtà non presentano davvero tale deficit cognitivo e che non dovrebbero incontrare difficoltà di apprendimento cosi consistenti” (Lucangeli, Iannitti, “Difficoltà in matematica”). A riguardo ci si soffermate a riflettere sulle modalità di insegnamento della matematica che possono risultare talora troppo formalizzate. Quale alternativa sono state riportate esperienze in cui i bambini dovevano risolvere situazioni di problem – solving caratteristiche della loro vita quotidiana e che
  • 22. erano risultate oltre che coinvolgenti anche particolarmente utili per far comprendere i contenuti matematici (cfr. alla didattica della matematica proposta da Bruno d’Amore). Da qui è emersa la considerazione che spesso di fronte a bambini in difficoltà l’insegnante si trova “solo” nel produrre materiale per attività di recupero. Questo è in accordo con quanto sostenuto anche dalla ricerca neuropsicologica dove si afferma che “i disturbi del calcolo non hanno goduto in questi anni di approfondimenti sufficientemente utili sia in chiave diagnostica che riabilitativa, lasciando gli addetti ai lavori privi di materiali” (Biancardi, “La discalculia evolutiva”) Dopo una sintetica descrizione degli errori più caratteristici compiuti dai bambini con disturbo del calcolo, la seconda parte dell’incontro è stata rivolta a presentare e commentare sussidi didattici (es. software) e testi per il recupero e l’insegnamento delle conoscenze numeriche e di calcolo. Il soffermarsi a considerare esercizi utilizzati durante la riabilitazione (spesso svolta individualmente) aveva lo scopo di fornire nuovi spunti operativi e di valutarne la realizzabilità nel contesto educativo scolastico. Il confronto con le attività che vengono di solito realizzate in classe ha permesso di evidenziare come le insegnati propongano già parecchi di questi esercizi (es. trovare la figura nascosta seguendo un percorso numerico, proporre griglie che facilitano il dettato di numeri) che possono quindi essere rivolti anche ad attività più specifiche di recupero. La consultazione di testi ha permesso poi di riflettere sul materiale che potrebbe essere utilizzato per progettare un percorso di continuità verticale relativo alle competenze logico – matematiche. L’attenzione è stata rivolta in particolare a quelle serie di testi suddivisi in volumi che trattano lo sviluppo di tali conoscenze dalla scuola dell’infanzia a quella primaria (es. “L’intelligenza numerica”, Lucangeli e coll. / “Nel mondo dei numeri e delle oprazioni”, Bozzolo e coll. / “Recupero e sostegno in matematica”, Schminke) Quali conoscenze sviluppare? In considerazione di quanto emerso dal confronto con le insegnanti e di quanto evidenziato dalla ricerca si è concordato sulla necessità di sviluppare durante il primo anno di scuola primaria le seguenti competenze: eseguire compiti di categorizzazione e di seriazione conoscere i nomi dei numeri, saperli leggere e scrivere, circa fino al 30 (aspetti lessicali e sintattici) rappresentare le quantità corrispondenti a tali numeri (aspetti semantici) saper utilizzare adeguatamente la linea dei numeri (in avanti e all’indietro) contare correttamente svolgere calcoli con somme e sottrazioni
  • 23. Difficoltà significative in queste competenze possono rappresentare segnali di difficoltà per l’apprendimento del sistema numerico e del calcolo e richiedere pertanto interventi di rinforzo. In relazione ad eventuali “segnali di rischio” si è riflettuto sul percorso che spesso caratterizza i bambini con disturbo del calcolo. Come riportato da Biancardi sono quasi sempre individuati tra i bambini con dislessia e la loro difficoltà nel calcolo viene di solito riconosciuta più tardi rispetto a quella in lettura. Da qui l’importanza di rivolgere attenzione a quei bambini che nei primi anni di scuola mostrano difficoltà nella letto – scrittura ed eventualmente, se possibile, proporre loro attività di potenziamento. Riferimenti teorici Alcune definizioni La discalculia, secondo Temple (1992), è “un disturbo delle abilità numeriche e aritmetiche che si manifesta in bambini di intelligenza normale, che non hanno subito danni neurologici. Essa può presentarsi associata a dislessia, ma è possibile che ne sia dissociata”. Da questa descrizione derivano alcune importanti considerazioni: Il termine discalculia si riferisce a difficoltà relative solo ad alcune abiliità di base quali il processamento numerico (es. leggere e scrivere numeri) e la conoscenza degli algoritmi di base del calcolo (es. saper eseguire addizioni e sottrazioni, apprendere le tabelline e il calcolo mentale rapido) I bambini discalculici sono intelligenti Il manuale diagnostico DSM-IV riporta i seguenti criteri per l’individuazione del disturbo del calcolo: la capacità di calcolo, misurata con test standardizzati somministrati individualmente, è sostanzialmente inferiore a quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometria dell’intelligenza e a un’istruzione adeguata all’età il disturbo del calcolo interferisce in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono tale abilità se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di calcolo vanno al di là di quelle generalmente associate con esso
  • 24. Decorso Sebbene sintomi di difficoltà nel calcolo (es. confusione nei concetti numerici e incapacità di contare con precisione) possono insorgere anche alla scuola dell infanzia o in prima elementare, il disturbo del calcolo è   raramente diagnosticato prima della fine della prima elementare; di solito diviene evidente durante la seconda o la terza elementare. Specie quando è associato con un QI alto, il bambino può funzionare al livello della classe o quasi durante le prime classi e il disturbo del calcolo può non essere evidente (e segnalato) fino alla quarta o addirittura fino alla quinta elementare. Secondo Biancardi e coll. i bambini con discalculia condividono esperienze personali molto simili: sono quasi sempre individuati tra i bambini con dislessia e la loro difficoltà nel calcolo viene riconosciuta più tardi rispetto alla difficoltà di lettura. Questo è attribuibile in parte al fatto che nell insegnamento dell aritmetica, a differenza di quanto accade per     la scrittura e la lettura, il primo ciclo scolastico non esaurisce l apprendimento delle strumentalità di base (ad     es. vengono affrontati nel secondo ciclo i numeri complessi e nuovi algoritmi). Come già esposto dal Dott. Bilancia, i recenti modelli riguardanti l’architettura dei processi aritmetici concordano sulla necessità di riconoscere un’indipendenza funzionale tra il sistema di elaborazione e processazione numerica e il sistema del calcolo. Il sistema dei numeri Il sistema dei numeri costituisce l elemento indispensabile per ogni compito aritmetico, al punto che non è   possibile accedere al calcolo senza appoggiarsi ad esso. I tre ambiti da considerare per predisporre interventi di recupero sono: • la linea dei numeri, • • la transcodifica numerica la codifica semantica Analizziamo brevemente ognuno di questi ambiti e le difficoltà principali che incontrano in essi i bambini con disturbo del calcolo. La linea dei numeri Saper utilizzare adeguatamente la linea dei numeri permette di accedere rapidamente ed in modo efficace a informazioni necessarie per moltissimi compiti sia numerici che aritmetici (es. contare, eseguire rapidi calcoli, apprendere le tabelline). Fondamentale è anche esercitare la capacità di conta in quanto un adeguata competenza nel conteggio è   determinante per ogni attività relativa ai numeri e al calcolo.
  • 25. I bambini con discalculia evidenziano nel conteggio all indietro difficoltà significativamente superiori rispetto ¡ ai loro coetanei. Compiono molti più errori e sono più lenti. Biancardi e coll. hanno osservato una frequenza di errore elevata soprattutto nel passaggio da una decina all altra, in quanto occorre recuperare un etichetta     lessicale primitiva (la decina) e interrompere la sequenza di conteggio precedente. Inoltre spesso commettono errori o mostrano incertezze nell individuazione del numero che segue o precede un altro.   La transcodifica numerica I meccanismi di transcodifica permettono di trasformare un numero da un codice da un altro (es. dal codice alfabetico orale al codice arabico), mantenendone inalterata la struttura. Incertezze ed errori nella scrittura e lettura dei numeri comportano un pesante aggravio nelle attività scolastiche (es. errori nei calcoli aritmetici, nella risoluzione adeguata dei problemi, ecc.). I bambini con discalculia evolutiva mostrano evidenti difficoltà nei compiti di transcodifica numerica, e cioè nelle prove di lettura, scrittura e ripetizione di numeri. In particolare la prova di ripetizione di numeri rappresenta uno dei compiti più difficili, al punto che non si osservano miglioramenti significativi anche dopo uno specifico intervento riabilitativo. Una ricerca condotta da Biancardi e coll. con bambini dislessici del secondo ciclo delle elementari evidenzia prestazioni peggiori dei compagni di pari classe nelle prove di lettura, scrittura e ripetizione di numeri, per tutti e tre gli anni considerati. Solo nella prova di lettura di numeri (in 5 el.) la loro prestazione si avvicina, per correttezza, a quella dei ¢ coetanei, mentre resta significativamente inferiore per i tempi di processamento. Tali difficoltà possono essere riferite a specifiche caratteristiche del sistema dei numeri quali: • le parole numero si differenziano dalle altre etichette lessicali in quanto possono essere molto lunghe ed impegnare maggiormente la memoria di lavoro e i processi di articolazione. Per cui si osservano frequentemente errori lessicali nella transcodifica di numeri fonologicamente lunghi: da es. milleottocentrentadue viene scritto 1532 • nel codice alfabetico orale tutti gli elementi lessicali vengono enunciati, mentre nel codice arabico gli elementi miscellanei (es. mila, cento) non prevedono una rappresentazione grafica. Si possono così presentare errori di lessicalizzazione per cui un numero è scritto in codice arabico così come esso è udito in codice alfabetico: es. quattrocentoventisei viene scritto 400206 • lo zero deve essere riprodotto nel codice arabico in considerazione del valore posizionale che le cifre assumono in questo sistema, ma non in quello alfabetico. Si possono così avere errori sintattici nelle rappresentazioni in cifre (es. duemilaotto viene scritto 208) o errori nella lettura (es. 7001 è letto settecentouno)
  • 26. La codifica semantica Codificare semanticamente un numero equivale a rappresentare mentalmente la quantità che esso rappresenta, e a identificarne la posizione che assume all interno della linea dei numeri e le sue relazioni con   gli altri numeri. Le ricerche hanno mostrato come i bambini con discalculia di solito non mostrino particolari difficoltà nei compiti relativi alla determinazione degli ordini di grandezza del numero (es. stabilire il numero più grande), anche in presenza i difficoltà nella lettura degli stessi. Il sistema del calcolo E funzionalmente indipendente dal sistema dei numeri, dei quali però si avvale sia in entrata che in uscita.   E’ organizzato secondo tre livelli non gerarchici, attivati a seconda del compito richiesto: • il sottosistema che consente di attribuire al segno algebrico le relative procedure di calcolo (es. sommare se appare +), • i fatti aritmetici, che consistono nel richiamo immediato e automatico del risultato di un’operazione e sono indagati attraverso la recita delle tabelline e i calcoli a mente entro la decina, le procedure di calcolo, che fanno rispettare le regole di esecuzione dell algoritmo (es.:   • incolonnamento, prestiti, ecc.). Calcolo a mente Il calcolo mentale costituisce uno dei motivi di maggior difficoltà nei bambini discalculici e sembra che il nucleo del problema sia rappresentato dalla difficoltà di costruire un magazzino di fatti aritmetici . Nell’esecuzione di calcoli a mente più complessi, la cui risposta non è automatica, il richiamo di una sequenza di operazioni più semplici volte a semplificare il calcolo (es. suddivisione in addizioni e sottrazioni più semplici) risulta spesso più di ostacolo che di aiuto. Calcolo scritto Anche in questo ambito i bambini con discalculia evolutiva mostrano spesso difficoltà e commettono errori £ che riguardano tanto gli aspetti grafo percettivi, quanto gli aspetti esecutivi. Una possibile causa di questi errori sembra risiedere nella lunga sequenza di regole specifiche per ogni algoritmo, che determinano, come per i fatti numerici, un sovraccarico della memoria e un interferenza tra compiti contigui.   Le principali difficoltà riguardano: la selezione dell algoritmo: viene applicata una procedura non pertinente al segno algebrico. Questi ¡ • errori sono rari nei bambini discalculici e si osservano prevalentemente nelle prime fasi di apprendimento degli algoritmi;
  • 27. la conoscenza delle procedure di calcolo: vengono compiuti errori relativi all applicazione delle   • regole proprie dei diversi algoritmi (riporto, prestito, incolonnamento, errori direzionali). Vi rientrano anche gli errori che riguardano la componente spazio - temporale delle operazioni; l’esecuzione del calcolo: anche l esecuzione dei calcoli scritti non può prescindere dalla capacità di   • eseguire mentalmente le sotto-operazioni necessarie. Le difficoltà nel calcolo a mente pregiudicano pertanto il conseguimento di un risultato corretto; • difficoltà relative al monitoraggio delle procedure: alla risoluzione corretta di un calcolo contribuiscono significativamente anche le capacità di controllare i compiti svolti man mano che sono eseguiti. Si evidenzia un’incapacità nel controllare l errore (es. risulta difficile cogliere l adeguatezza     o meno di un risultato). Attività per la riabilitazione Il sistema dei numeri Qualunque intervento riabilitativo non può prescindere da un lavoro preliminare relativo ai compiti di transcodifica numerica. La transcodifica è la prima abilità da insegnare ai bambini con l obiettivo di rinforzare la capacità di leggere   e scrivere i numeri, di collocarli sulla retta numerica, di identificarne la ricorsività. Inoltre, mentre le difficoltà nel calcolo possono essere superate con l uso della calcolatrice, quelle relative al   processamento numerico non possono usufruire di strumenti compensativi e necessitano di un intervento specifico. Per cui ogni percorso destinato al recupero di difficoltà su numeri e calcolo deve prevedere la verifica ed eventualmente un training per rendere efficiente il conteggio e la capacità di operare sulla linea dei numeri. E opportuno che questa competenza sia stimolata precocemente.   Proponiamo di seguito alcuni esempi di attività: Puzzle: si deve ricostruire un puzzle posizionando i diversi pezzi, opportunamente numerati sul retro, nell esatta sequenza. Una volta terminato l ordinamento delle tessere, in base alla sequenza numerica, il     bambino dovrà girarle e verificare che la figura composta sia corretta. Il contatore: si può allenare il bambino a contare in avanti e all indietro enunciando isolatamente le cifre   che compongono il numero, senza raggrupparle secondo le regole sintattiche di produzione. Per cui settantatre viene contato come sette-tre . Questo esercizio facilita l identificazione dei numeri primitivi,   ¥ ¤ ¥ ¤ alleggerisce il carico di memoria e le difficoltà con i numeri fonologicamente complessi, obbliga ad enunciare
  • 28. lo 0 (rende evidente il cambio di decina). Può essere utile avere a disposizione un contatore (es. timbro ¥ ¤ con datario) per verificare il movimento celle singole cifre nel conteggio Riconoscimento di numeri: si tratta di un compito di transcodifica in quanto impone il passaggio dal codice alfabetico orale (il numero pronunciato dal riabilitatore) a quello scritto (il numero riconosciuto dal bambino). Favorendo le procedure di transcodifica, questi compiti costituiscono una base utile per la lettura e scrittura di numeri. Si possono concordare con il bambino il numero di ripetizioni consentite, ad esempio sotto forma di bonus (es. 5 gettoni). Non sembrano di grande utilità gli esercizi in cui si deve ritrovare su una matrice un numero presentato per iscritto in codice arabo. Questi, infatti, non incidono sulle abilità dei bambini con disturbo del calcolo che si dimostrano abili in tali compiti, ma rimangono in difficoltà nella lettura e scrittura di numeri Lettura di numeri: uno degli elementi che possono rendere più accessibile la lettura dei numeri è l uso del   punto o della virgola (per i miscellanei mila e milione , ecc.) quali elementi utili per scomporre il numero in ¥ ¤ ¥ ¤ unità più semplici e già conosciute. Il miscellaneo cento non consente di usare tale facilitazione. I numeri compresi entro le centinaia sono § ¦ pertanto i primi da utilizzare nelle attività di supporto. Può essere utile, a riguardo, allenare il bambino a leggere numeri di questo ordine di grandezza, insistendo sia sulla ridondanza (esercizio frequente e con numeri simili), sia sul confronto con numeri di grandezza inferiore (es. 62; 362) Scrittura di numeri a partire dal dettato di cifre: vengono dettate un certo numero di singole cifre e si verifica poi il numero prodotto utilizzando la regola della individuazione e collocazione dell elemento   miscellaneo ogni tre cifre contate da destra. Queste attività risultano utili perché consentono di individuare alcuni principi di soluzione del processamento numerico. Come esposto durante l’incontro, il software allegato al libro “La discalculia evolutiva” (Biancardi e coll.) consente di creare con facilità matrici di numeri per attività ed esercizi. Il sistema del calcolo E doveroso effettuare anche un intervento relativo agli algoritmi del calcolo, almeno nelle prime fasi di   apprendimento. L esercizio delle procedure (come per il calcolo a mente) deve essere sospeso a favore della calcolatrice   quando queste non risultano acquisite dopo un certo allenamento.
  • 29. Il calcolo a mente Occorre uscire dalla dicotomia relativa al completo possesso o all assenza dei fatti aritmetici per considerare,   invece, la maggior o minore efficienza del calcolo mentale. Pertanto, è opportuno cercare di accrescere le capacità del bambino di usare strategie di compenso in modo efficace, elevando il grado di efficienza del calcolo mentale, piuttosto che tentare di realizzare un magazzino completo di informazioni. E possibile che   un bambino apprenda anche solo alcuni fatti aritmetici, e ciò costituisce una base di partenza adeguata per l esecuzione degli altri calcoli.   Allenare il calcolo mentale rapido con le modalità tradizionali (es. ripetere più volte a voce le tabelline) non ha un effetto rilevante sui bambini con discalculia. Alcune attività per favorire il calcolo mentale possono essere: Uso delle dita: è importante incoraggiare il bambino a usare le mani per contare, stimolandolo a trovare strategie personali efficaci, oppure suggerendone alcune. Anche le tabelline possono essere ricostruite con l uso delle dita attraverso semplici regole.   Ad es. la tabellina del 9 può essere rappresentata dalle dita delle due mani individuando il dito che ¥ ¤ rappresenta il moltiplicatore e che fungerà da separatore tra le decine ( a sinistra) e le unità (a destra) del risultato dell operazione. Con i bambini nelle prime fasi di apprendimento si può usare un vero anello da   infilare nel dito. Se il calcolo è 9 x 6 si mette l anello nel pollice della mano destra .   ¤ ¥ Riduzione del numero di informazioni da memorizzare: il numero dei risultati da ricordare può essere ridotto limitando l apprendimento solo ad alcuni fatti aritmetici, più facili, che possono costituire gli elementi   pivot a partire dai quali il bambino può costruire i calcoli successivi. Es: la tabellina del 5 (facile per alternanza dello 0 e del 5 ); alcune moltiplicazioni ( 6 x 8 / 6 x 4 ) più ¥ ¤ ¥ ¤ ¥ ¤ § ¤ ¥ ¤ facilmente recuperabili. E possibile svolgere degli esercizi per aiutare il bambino ad individuare rapidamente la moltiplicazione più   vicina al calcolo da eseguire ed a partire dalla quale verrà avviato il conteggio Es: 6 x 8 pivot 5 x 8 = 40 resto da aggiungere +8 = 48 Es: 4 x 8 pivot 5 x 8 = 40 resto da togliere - 8 = 32 Altri trucchi possono essere individuati insieme al bambino, seguendo osservazioni personali che possono che possono rendere i fatti aritmetici più vicini al suo modo di immaginarli. Uso della tavola pitagorica e delle tavole additive e sottrattive: rappresentano la forma più semplice di supporto esterno al calcolo. Costituiscono però anche strumenti con cui il bambino può riflettere sulla
  • 30. struttura dei calcoli (risultano evidenti i criteri con cui vengono costruite le moltiplicazioni e le somme, nonché l irrilevanza che ha l ordine dei fattori o degli addendi).     Il calcolo scritto Aiutare un bambino in difficoltà significa principalmente portarlo a focalizzare l attenzione sul senso delle   operazioni che sta effettuando, con l obiettivo in particolare che raggiunga una buona capacità di controllo   dei risultati. Essendo questa impostazione del tutto controproducente dal punto di vista della velocizzazione della procedura, Biancardi e coll. sostengono che nell ambito del calcolo scritto sia quanto mai opportuno il ricorso   alla calcolatrice come strumento non solo compensativo, ma che consente anche di “esplorare la matematica” (es. permette di controllare la correttezza o meno di un risultato). Le attività didattiche proposte a scuola (es. lavorare sul significato dei segni delle operazioni, utilizzare semplici indicatori per evidenziare l’ordine sequenziale in cui deve essere svolta l’operazione) risultano utili anche per bambini con difficoltà.
  • 31. 2.2 Area letto-scrittura In questo primo incontro siamo partite dalla definizione clinica di difficoltà di apprendimento, specificando la differenza fra difficoltà specifiche e aspecifiche. Il disturbo specifico (Dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia) si presenta: In bambini di almeno 8 anni Attraverso una difficoltà specifica isolata, in contrasto con il livello scolastico globale In un quadro di sviluppo intellettivo normale In assenza di deficit sensoriali. Le difficoltà aspecifiche sono collegabili a: Difficoltà cognitive o sensoriali che giustifichino il deficit Problematiche psicologiche, relazionali collegabili ai livelli di apprendimento Contesti socioculturali inadeguati. deprivati e fortemente Queste difficoltà possono esser presenti anche in bambini più piccoli di 8 anni Più in generale vengono generalmente considerate aspecifiche tutte quelle difficoltà di apprendimento che non soddisfano i criteri per le difficoltà specifiche di apprendimento. Quali campanelli d’allarme? Difficoltà specifiche o aspecifiche? Queste definizioni volevano stimolare il confronto delle insegnanti sui possibili campanelli d’allarme delle difficoltà di apprendimento. Si è posta l’attenzione su alcune distinzioni importanti, utili per approfondire la conoscenza delle difficoltà scolastiche del bambino e soprattutto le possibili azioni educative da attuare. Alcune di queste distinzioni erano rapportabili alle seguenti riflessioni: Escludiamo una difficoltà cognitiva nel bambino? Quali possono essere le difficoltà negli apprendimenti di un bambino con un ritardo cognitivo? Cosa ci attendiamo come insegnanti? La scolarizzazione fino a quel momento è stata adeguata? Il supporto extrascolastico è efficace o quantomeno sufficiente? Escludiamo deficit sensoriali nel bambino? In altri termini il bambino ci sente e ci vede bene? In merito a queste prime valutazioni si è quindi sottolineata l’importanza di osservare se vi siano prestazioni disomogenee e discrepanti nelle diverse aree degli apprendimenti. Le insegnanti hanno in altri termini evidenziato come generalmente i bambini con difficoltà cognitive presentino un generale ritardo nell’acquisizione della maggior parte delle tappe evolutive e didattiche, senza mostrare prestazioni discrepanti fra le diverse aree didattiche. Mentre il primo campanello d’allarme caratteristico di possibili difficoltà specifiche di apprendimento è la caduta in una particolare area (per esempio scrittura o lettura). La letteratura scientifica mostra come sempre di più le difficoltà specifiche si presentino associate: un bambino dislessico, con una lettura stentata, mostra frequentemente anche cadute nella scrittura. Nonostante questa
  • 32. importante considerazione è probabile che l’insegnante comprenda di essere di fronte ad un bambino intelligente, competente in altri settori didattici ma con diversi errori particolari e persistenti. Si è inoltre sottolineato come gli apprendimenti strumentali, gli automatismi, caratteristici della Prima e in parte della Seconda classe elementare, richiedono soprattutto sistematicità e costanza, se questa viene a mancare risulta difficile stabilire se le difficoltà del bambino sono specifiche o aspecifiche. In merito agli automatismi è anche importante sottolineare che anche bambini con livelli cognitivi al limite della norma o con ritardi mentali lievi possono acquisire queste strumentalità di base, mentre avranno maggiori difficoltà nell’applicare queste strumentalità per compiti più complessi, che richiedano inferenze cognitive più astratte (ad esempio utilizzare le competenze di scrittura decifrativa per creare una produzione testuale autonoma) Quali campanelli d’allarme consideriamo per le difficoltà specifiche in prima elementare (aspetti qualitativi, quantitativi, tempi di esecuzione)? In una qualunque prima elementare i bambini che si avvicinano alla letto-scrittura sono fra loro eterogenei, e l’apprendimento di base è notevolmente influenzato dalle abilità di base, dalla metodologia utilizzata nell’insegnamento, dall’individuazione dei «punti deboli», su cui è necessario soffermarsi maggiormente, a seconda del bambino” (Allamandri, 2005). Una volta considerate queste riflessioni iniziali si è quindi passati a considerare la classe Prima in particolare, sottolineando come in questa fase evolutiva non si possa parlare di disturbi specifici di apprendimento ma solo di difficoltà di apprendimento. Questo perché si ritiene importante poter concedere ai bambini almeno due anni di esposizione formale ai diversi apprendimenti prima di poter valutare se sono presenti o meno difficoltà specifiche. Difficoltà d’apprendimento in prima e seconda elementare (Rossi, Malaguti): Difficoltà di apprendimento della letto-scrittura e/o del calcolo che tendono a risolversi spontaneamente con la crescita. Difficoltà di apprendimento della letto-scrittura e/o del calcolo che tendono a risolversi entro il 1° ciclo della scuola elementare ma con interventi appropriati. Difficoltà specifiche in lettura, scrittura, calcolo o logica a carattere cronico e persistente, che si evidenziano già in prima elementare e si stabilizzano negli anni successivi se non si interviene in modo tempestivo ed adeguato. Difficoltà cognitive globali che condizionano l’apprendimento in tutti i settori in maniera più o meno omogenea Questa riflessione non voleva assolutamente minimizzare l’importanza di riconoscimenti precoci e di interventi tempestivi, ma piuttosto spostare la discussione sull’importanza, soprattutto in queste prime fasi didattiche, delle aspettative di ogni insegnante sulle competenze che è giusto attendersi da un bambino di questa età. A questo proposito le insegnanti si sono confrontate raccontando la loro esperienza
  • 33. quotidiana, le loro attività abituali e le rispettive aspettative in merito ai livelli attesi dai propri bambini. Per esempio è stato sottolineato, come in prima elementare: Sia importante lavorare con sistematicità, anche se per brevi intervalli di tempo, su attività metafonologiche orali, utili sia per la lettura (processo basato sulla competenza di fusione fonologica) che per la scrittura (processo basato sulla competenza di segmentazione fonemica). Anche la letteratura concorda nel ritenere la metafonologia come uno dei prerequisiti più importanti per lo sviluppo della letto-scrittura. Stimolare sempre la passione per la lettura, lasciando ai bambini spazi autonomi per la lettura di libri presenti in classe, o proponendo attività di ascolto dove i bambini possano godere della lettura dell’insegnante. Soprattutto i bambini con difficoltà nella letto-scrittura arrivano a disinvestire su quest’area, è fondamentale riuscire a tenere alta la loro motivazione, criterio indispensabile per qualsiasi miglioramento. Sottolineare sempre si bambini lo scopo ultimo della lettura, collegato alla comprensione dei testi scritti, evitando di soffermarsi eccessivamente sulla lettura decifrativa. Concedere ai bambini spazi per il racconto dei propri vissuti personali. Questi momenti permettono di potenziare moltissime abilità nei bambini: abilità narrative, abilità di attenzione, rispetto dei turni di parola, ecc.. Si è inoltre osservato come queste competenze narrative siano i precursori delle abilità narrative, necessarie nei successivi anni scolastici per creare fantasiose produzioni scritte. Per approfondire queste riflessioni è stato utile esaminare insieme alcuni modelli (quello evolutivo di Uta Frith in particolare), alcuni studi scientifici (Rossi e Malaguti di seguito) che potessero fornire alle insegnanti un ulteriore polo con cui confrontare le loro valutazioni. Per esempio per quanto riguarda la scrittura è apparso interessante confrontarsi insieme sullo studio di Rossi e Malaguti presentato di seguito. Questo studio ha permesso di fornire un criterio di confronto che sottolineasse come alcuni errori appaiono ostici alla maggioranza dei bambini anche senza difficoltà, mentre la persistenza nel tempo, nonostante ripetuti tentativi di correzione da parte delle insegnanti di altri errori (in 1ª e 2 ª soprattutto quelli fonologici) ci fornisce un importante campanello d’allarme in merito alla possibile presenza di una difficoltà specifica. Parlando di persistenza in merito alla lettura è importante sottolineare come la variabile che tende a mantenersi nel tempo più deficitaria è la velocità di lettura piuttosto che la correttezza, anche questa appare quindi come un’ulteriore variabile critica da osservare con attenzione. Analisi degli errori: analisi della frequenza evolutiva di produzione Studio di Rossi e Malaguti, realizzato su 1300 bambini in E. Romagna Sostituzioni di lettere simili o dissimili (per es. faso per vaso): frequenti in 1ª, meno in 2ª. Possono esserci anche in bambini senza difficoltà, 1 o 2 per produzione, ma legate a lettere simili Omissioni di grafema (pote per ponte): abbastanza frequenti in 1ª e 2ª, in seguito solo nei bambini con difficoltà e sporadiche nei bambini frettolosi Aggiunte (trenio per treno): meno frequenti delle omissioni, seguono però lo stesso andamento Inversioni (li per il): con una certa frequenza solo nei bambini con difficoltà a mantenere la sequenza fonologica. In 1ª sono legate a qualsiasi parola, mentre in 2ª sono collegate a parole con gruppo consonantico complesso, in 3ª rare anche nei bambini con difficoltà Raddoppiamenti (gato per gatto): presenti fin dalla 1ª, presenti indipendentemente dalle capacitò del bambino
  • 34. Errori ortografici (o per ho, acua per acqua,...): frequenti nelle prime fasi in tutti i bambini, i bambini con difficoltà possono continuare a commetterli anche nel secondo ciclo. Errori di conoscenza lessicale (celo per cielo): frequenti all’inizio ma permangono in generale in tutto il percorso elementare, anche in bambini senza difficoltà Parole omofone non omografe (c’era e cera): frequenti fin dalla 1ª in bambini con difficoltà Assimilazione di due parole (lasera per la sera): frequenti in bambini con difficoltà in 1ª e 2ª, ma non solo in loro. Possono essere osservati anche dopo in parole sconosciute Conglutinamento di più parole: errori rari, si rivelano quasi esclusivamente in bambini di 1ª e 2ª, con difficoltà significative Ci si è confrontate quindi sull’importanza sia di compiere un’analisi quantitativa degli errori (osservando il numero totale degli errori commessi dai bambini) che un’indagine qualitativa (errori fonologici, ortografici o di altra natura?), questo sia per quanto riguarda la scrittura che la lettura. Le difficoltà specifiche si caratterizzano infatti spesso per la presenza di alcuni errori caratteristici, oltre che per la rilevazione di un numero significativamente più alto degli stessi. Alcune osservazioni operative Le riflessioni sull’importanza dell’indagine Indagine qualitativa errori: qualitativa degli errori conduce anche a suggerimenti pratici. Osservazioni sono FONOLOGICI : qualitative infatti sugli importanti errori anche per considerare, a livello evolutivo, quale tipologia d’errore è utile cercare di correggere prioritariamente. Riprendendo il modello di analizzato precedentemente, importante cercare Sostituzioni di grafema/fonema: per somiglianza fonologica (d-t; v-f;) o morfologica (a-o; n-u) o per entrambe (b-d; m-n); Omissioni o aggiunte di grafema o fonema (teno per treno; trieno per treno) Inversioni (li per il; crata per carta) Uta Frith appare inizialmente di soffermarsi sugli errori fonologici, per poi concentrarsi su quelli non fonologici o ortografici, che richiedono del resto NON FONOLOGICI : Fusione/ Separazioni illegali (ilcinema; in versione) Parole omofone ma non omografe (l’una- luna; c’era-cera) Utilizzo delle regole ortografiche (H, CQ..) ALTRO (errori fonetici): Raddoppiamenti, accenti un’esposizione formale e diretta alle regole ortografiche. Raddoppiamenti ed accenti rappresentano infine una tipologia di errore, (detti fonetici, proprio perché collegati al suono, ad aspetti fonetici), faticosa per molti bambini. Per questi errori è importante cercare di spendere tempo nell’aiutare il bambino alla loro discriminazione uditiva, magari attraverso attivazioni che richiedano questa sola abilità. Al fine di ricavare ulteriori spunti pratici è apparso inoltre interessate riflettere con le insegnanti sul rapporto intercorrente fra le diverse fasi evolutive in lettura e scrittura (si veda tabella sotto). Così per quanto riguarda
  • 35. la fase alfabetica è la scrittura (attività basata su una frammentazione del codice alfabetico) che stimola l’acquisizione di questa fase nella lettura, mentre per quanto riguarda la fase ortografica (basata sulla ricerca di regolarità) è la lettura a stimolare la maturazione della stessa fase nella scrittura. Questi rapporti aprono importanti spiragli educativi nella scelta delle proposte didattiche. Modello evolutivo di Uta Frith (si veda descrizione sopra del modello). Questa autrice descrive 4 fasi principali nell’acquisizione delle abilità di letto-scrittura: Logografico (parola come disegno) Alfabetico (lettera per lettera) Ortografico (analisi unità ortografiche) Lessicale (parola come unità dotata di significato) I “mezzi facili” e l’apprendimento difficile Alcune riflessioni didattiche importanti, anche se espresse in termini provocatori, sono elencate da Smith (1973) in dodici principi per rendere difficile l’apprendimento della lettura. Alcuni di questi riportano riflessioni sono: • “Insegnate una lettera alla volta, non andate avanti finché ogni lettera non sarà assimilata”: In prospettiva associazionistica soffermarsi per un tempo necessario su ogni lettera rappresenta un incontestabile principio. Ma è anche tener presente che spesso un fonema non rappresenta una rappresentazione grafica unica, risulta quindi importante che i bambini possano avere modo di fare confronti fra i diversi fonemi e grafemi, fra le loro diverse configurazioni. Questo concetto è ben esplicitabile se si pensa all’acquisizione della lingua orale: nessuna madre sceglie di presentare solo alcuni fonemi o alcune combinazioni di fonemi al proprio bambino per insegnargli a parlare, La madre parla al proprio bambino e sarà lui a rintracciare tutti i suoni della propria lingua. Questo principio non sembra però valere per i fonemi simili che si consiglia spesso di presentare in tempi distinti, soprattutto per bambini con difficoltà di apprendimento. • “ È sempre necessario evitare gli errori” Spesso fornire al bambino il tempo e lo spazio per un’autocorrezione, sostenuta eventualmente dall’adulto, permette di consolidare nel tempo preziose riflessioni cognitive che gli saranno molto utili anche in seguito. • “Non incoraggiate le anticipazioni i bambini devono leggere diligentemente” Troppo spesso i tentativi di anticipazione dei bambini (sulla base di indici linguistici o extra-linguistici), soprattutto non sono tenuti nella debita considerazione. In genere si ritiene che l’anticipazione si installi automaticamente dopo le prime fasi di apprendimento come effetto dell’addestramento alla lettura, ovvero dopo che è stato raggiunto un buon livello di oralizzazione (dunque di automatizzazione). Difficilmente si parte dall’insegnamento esplicito di questo meccanismo, anzi, nelle prime fasi di apprendimento ogni attività
  • 36. di previsione viene decisamente inibita. L’insegnante chiede al bambino di decifrare accuratamente tutte le lettere di ciascuna parola e richiama coloro che anticipano spontaneamente ad astenersi dal “tirare ad indovinare”. Le ricerche condotte sullo sviluppo spontaneo delle conoscenze della lingua scritta nel bambino prescolare hanno mostrato che, contrariamente a quanto si sosteneva, entrambi i meccanismi sono presenti nell’attività di lettura spontanea del bambino non ancora scolarizzato e vanno potenziati e valorizzati dall’insegnamento delle prime fasi. Entrambi questi meccanismi sono importanti per la lettura, nel bambino come nell’adulto (Stella, Pippo, 1996). Riassumendo: cosa fare quindi a 6-7 anni in letto scrittura? Considerare sempre che fino ad 8 anni si parla sempre di difficoltà di apprendimento e non di disturbi di apprendimento, per i motivi già descritti precedentemente. Prevenire e intervenire precocemente appaiono azioni molto importanti e ormai unanimamente condivise. Questo per diversi motivi: o Per concedere al bambino esperienze di apprendimento serene, che non inficino al sua autostima e il suo benessere a scuola. o per evitare che il bambino in difficoltà produca nel tempo o meglio consolidi strategie e meccanismi errati, inefficaci o poco economici. o Perché la mancanza di controllo e di padronanza sulle funzioni linguistiche e simboliche collegate alla lettura e alla scrittura, finiscono per impoverire o comunque distorcere l’accesso alle funzioni astratte o concettuali indispensabili nelle attività di ragionamento o Perché le differenze nello sviluppo delle funzioni cognitive che sottostanno agli apprendimenti di base si accentuano con il passare del tempo. Se a cinque anni un bambino presenta una carenza nello sviluppo di lieve entità, a otto anni questa può rivelarsi più severa se non si attuano aiuti APPRENDIMENTO compensatori. PREREQUISITI Discriminazione visiva e uditiva Memoria fonologica a breve termine Concentrarsi inizialmente sui prerequisiti agli apprendimenti scolastici: conoscere adeguatamente questi precursori critici e in generale processi le competenze di sottostanti letto-scrittura ai infatti sia di riflettere sulle competenze che è possibile attendersi da un bambino di questa e quindi consapevolmente di riconoscere un’eventuale negli apprendimenti, sia per cogliere quali Accesso lessicale rapido Elaborazione semantica (anticipazione) Conoscenza lessicale LETTURA COME COMPRENSIONE DEL TESTO Comprensione sintattica Capacità di fare inferenze Memoria di lavoro … più difficoltà Fusione e segmentazione fonemiche Associazione visivo-verbale Coordinazione oculo-manuale appare fondamentale. Questa conoscenza permette età LETTURA E SCRITTURA COME ABILITÀ STRUMENTALI SCRITTURA COME COMPETENZA NARRATIVA Competenza espositiva orale
  • 37. sono le aree da potenziare e sostenere già a scuola. Si veda a tal proposito sezione teorica presentata di seguito con modelli neuropsicologici Come migliora? è persistente il suo errore? Nel corso della prima elementare, ma anche della seconda, le difficoltà di apprendimento sono molto frequenti e spesso legate a fattori di ordine maturazionale o a difficoltà spaziali, temporali, prassiche o linguistiche. Queste stesse difficoltà talvolta sono destinate a scomparire con l’età, altre volte invece rappresentano il campanello d’allarme per difficoltà più consistenti, che rischiano di mantenersi nel tempo. Osserviamo quindi se gli errori commessi dai bambini sono persistenti, se si concentrano solo in alcune aree o sono sparsi in un po’ tutte le aree (le difficoltà specifiche sono proprio deficit collegabili ad aree specifiche, caratterizzati da difficoltà di automatizzazione e caratterizzate per la presenza di errori molto persistenti nonostante l’esercizio). Distinguiamo bene gli errori commessi nelle strumentalità di base da quelli coinvolgenti inferenze di ordine superiore (così riflettiamo sulla presenza di una difficoltà specifica o di una difficoltà di altra natura). Automatismi e continuità (15-30 minuti al giorno tutti i giorni): molte delle competenze affrontate dai bambini nei primi due anni di scuola elementare coinvolgono apprendimenti destinati a dover essere automatizzati. Questi apprendimenti richiedono, più di altri, una costanza e una continuità quotidiana. Non serve in altri termini far leggere il bambino due ore al giorno, per un solo giorno alla settima, ma occorrono piccoli intervalli di tempo quotidiani. Se questa costanza viene a mancare è difficile valutare se la difficoltà del bambino non derivi da queste mancanze. Un’ultima osservazione finale: l’importanza della cornice ludica, o meglio dello stimolare la motivazione alle nostre proposte didattiche: “ In realtà le emozioni sono gli artefici, le guide o gli organizzatori interni delle nostre menti. Ci dicono cosa pensare e come pensare, cosa dire e quando, e cosa fare. “Conosciamo” le cose attraverso le nostre interazioni emotive, quindi applichiamo tale sapere al mondo cognitivo ” (Brazelton e Greenspan, 2005) Diamo la parola alla neuropsicologia: due modelli importanti (Alcune informazioni riportate sotto sono tratte da Orsolini, www.infantiae.org ) Un modello psicologico noto come “modello a due vie” (Coltheart & Rastle, 1994) descrive la lettura ad alta voce di parole meccanismi. Un isolate ipotizzando primo meccanismo due diversi opera con associazioni grafema-fonema: singole lettere o gruppi di lettere vengono convertiti in unità fonologiche; a loro volta, queste unità fonologiche vengono assemblate e pronunciate. E’ un meccanismo definito prelessicale perché la pronuncia della parola scritta è mediata da
  • 38. procedure di conversione grafema-fonema piuttosto che da un recupero lessicale della parola nella sua interezza. Un secondo meccanismo utilizza un legame diretto tra memoria ortografica e memoria fonologica della parola. Il riconoscimento delle lettere attiva una rappresentazione lessicale ortografica che ha una diretta connessione con il “suono” della parola nella sua interezza. E’ un meccanismo definito lessicale perché la pronuncia della parola è ritrovata nel lessico e non è costruita attraverso associazioni grafema-fonema. Le due vie di lettura sono definite “prelessicale” o “lessicale” , ma anche fonologica (via prelessicale basata su un’analisi fonologica della parola e una lettura per assemblaggio) e diretta (via lessicale che implica un accesso diretto alla parola, un’analisi visiva e globale della stessa). & / ' ( ))# ! . 0123 ! *+ , + $+ - .# # # $ . $ . <$> < > <+> <> < > 9 $9 % ' ( ))# " & $ & 9 ε9 9+9 99 9 9 $ % " Buffer fonemico o grafemici: magazzini di memoria a breve termine dove sono immagazzinati i fonemi per la lettura specifica di una parola o i grafemi da utilizzarsi per la scrittura di una specifica parola. Lessico ortografico e fonologico: sorta di "dizionari" in cui le parole sono immagazzinate nella loro forma visiva (lessico ortografico) o fonologica (lessico fonologico). Il sistema semantico: e' un magazzino a lungo termine in cui ogni data parola e'associata ad un corrispettivo significato Conversione grafema -fonema: è un magazzino di memoria a lungo termine in cui sono immagazzinati i valori delle associazioni apprese tra codici fonologici e loro rappresentazione grafica. Figura 1 Modello a due vie di Coltheart L’applicazione del modello a due vie in ambito evolutivo ha portato alla teorizzazione di un modello evolutivo (Uta Frith, 1985) in cui vengono descritti diversi stadi evolutivi di apprendimento della lettoscrittura, caratterizzati da diversi meccanismi di lettura e scrittura: In una fase iniziale i bambini utilizzerebbero una meccanismo di natura visiva, definito come “strategia logografica” (parola come disegno): alcune caratteristiche salienti di una stringa di lettere vengono memorizzate e in alcune situazioni permettono il riconoscimento istantaneo di una parola oppure guidano un tentativo di interpretazione. In questa fase il bambino non utilizza alcuna procedura di conversione grafema-fonema e tratta le lettere come indizi visivi che insieme ad altri tratti della scritta (ad esempio, il colore o la lunghezza) evocano una memoria visivo-contestuale. Così, ad esempio, il giallo della lettera M in un cartello pubblicitario può essere un indizio per
  • 39. riconoscere una scritta e associarla a un significato, a una pronuncia, al ricordo di un particolare luogo. In una seconda fase emerge un meccanismo di natura fonologica (lettera per lettera). Sotto l’effetto degli apprendimenti che sono avvenuti per la scrittura, il bambino apprende una strategia alfabetica: applica procedure di conversione grafema-fonema in maniera sequenzialmente ordinata, procedendo da sinistra a destra. La strategia alfabetica non è altro che il meccanismo “prelessicale” di lettura che abbiamo già considerato per il modello a due vie. La differenza tra l’applicazione di questo meccanismo in un lettore esperto, e la strategia alfabetica nei bambini, è una questione di efficienza e di velocità. In un lettore esperto le procedure di conversione possono essere molto veloci; viceversa, in una fase iniziale di apprendimento, la conversione grafema-fonema e l’assemblaggio fonetico possono essere molto lenti. In una terza fase emerge un meccanismo di natura ortografica (analisi per unità ortografiche): le stringhe di lettere vengono istantaneamente analizzate come parole, o come morfemi, senza bisogno di una conversione fonologica. Questa strategia ortografica si diversifica da quella logografica perché non è basata su indizi visivi e perché l’ordine sequenziale delle lettere viene analizzato e riconosciuto. E’ distinta dalla strategia alfabetica perché è non-fonologica. Con la strategia ortografica emerge il meccanismo “lessicale” di lettura che abbiamo già considerato discutendo il modello a due vie. In una quarta ed ultima fase emerge un meccanismo lessicale (parola come unità dotata di senso): In questo stadio si utilizza un’analisi in parallelo di alcuni elementi simultaneamente, ossia si attua contemporaneamente un’analisi fonetico-fonologica ma anche, se si rivela necessario, un’analisi sintattico-grammaticale o semantica.
  • 40. UNA GIORNATA D’INCONTRO Nell’ottica della continuità: una giornata di confronto fra insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola elementare in merito ad aspettative e obiettivi attesi, metodologie utilizzate e proposte. Riflessioni e obiettivi trasversali In generale è emersa fra le insegnanti un buon accordo in relazione alle difficoltà che caratterizzano la loro professionalità e il loro compito nel definire i percorsi di apprendimento. Le uniche insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola elementare afferenti alla medesima realtà territoriale, presenti in aula, hanno espresso una buona concordanza di obiettivi e attività, rivelando soddisfazione per gli attuali momenti di continuità nelle quali sono coinvolte. Il confronto delle insegnanti è stato stimolato inizialmente da una serie di domande guida da noi fornite, volte a indirizzare la loro attenzione su quali prerequisiti ritenessero importanti all’uscita della scuola dell’infanzia e dai quali poter partire per l’impostazione degli apprendimenti alla scuola elementare. Ancora una volta l’individuazione e il confronto delle insegnanti in merito alle aspettative sugli apprendimenti era finalizzata a mettere in evidenza eventuali campanelli d’allarme nel percorso formativo dei bambini. Nonostante lo stimolo specifico iniziale è emersa con forza l’esigenza, da parte delle insegnanti, di confrontarsi su tematiche trasversali alla costruzione degli apprendimenti. In particolare: Lo star bene a scuola: il confronto attuato dalle insegnanti è stato esplicito e sereno, sollecitato dall’obiettivo comune di garantire in primis il benessere del bambino nel proprio contesto educativo. In questo senso il dibattito è stato caratterizzato da una reciproca “messa in gioco” del proprio operato, da parte delle insegnanti di entrambi gli ordini, senza ridurre lo scambio ad un’univoca “lista di richieste” per le insegnanti della scuola dell’infanzia. In particolare le insegnanti della scuola elementare hanno esplicitamente sottolineato l’importanza di porre al centro il bambino e non l’insegnante con le sue esigenze didattiche. È stata sostenuta l’importanza della scuola dell’infanzia come realtà autonoma, a cui non dover unicamente indirizzare richieste didattiche, facilitanti le successive proposte della scuola elementare, ma da rispettare e valorizzare. Il rapporto educativo e il senso del limite: le insegnanti di entrambi gli ordini si sono trovate d’accordo nel sottolineare l’importanza di un rapporto educativo autorevole, in quanto il ruolo dell’adulto sembra sempre più sminuito anche nello stesso contesto familiare. Le insegnanti della scuola elementare hanno pertanto avanzato la possibilità di porre maggiormente l’accento sugli aspetti asimmetrici del rapporto educativo già nella scuola dell’infanzia, pur mantenendo quelle caratteristiche di accoglienza e affettuosità, che devono caratterizzare la relazione con bambini prescolari. La scuola: quale identità? Viene in generale percepita la perdita di autorevolezza da parte delle scuola intesa come Istituzione che garantisce un contesto caratterizzato da regole e capace di definire i rapporti tra i diversi soggetti che vi partecipano.
  • 41. Il problema delle autonomie: le insegnanti di entrambi gli ordini scolastici hanno sottolineato la necessità di sviluppare le autonomie nei bambini, che appaiono sempre più in difficoltà sotto questi aspetti. In particolare le insegnanti della scuola dell’infanzia hanno espresso la difficoltà di lavorare, con i bambini dell’ultimo anno, su quegli aspetti di autonomia richiesti alla scuola elementare (per es. gestione del proprio materiale, gestione del compito), poiché spesso non sono ancora state maturate autonomie più basilari come mettersi la giacca. Il senso delle stimolazioni e il rischio di eccedere nell’estetizzazione: si è più volto ribadito l’esigenza di sistematicità da parte della scuola dell’infanzia. Le stesse insegnanti hanno parlato di “trame più larghe” rispetto agli obiettivi formativi da perseguire e alle relative proposte di attività. Il rischio sottolineato in modo univoco è quello di dare maggior rilievo a proposte accattivanti, a scapito di proposte che potrebbero favorire maggiormente la continuità didattica fra i devesi ordini scolastici. Proposte di attività e metodologie d’insegnamento Da questo corollario iniziale si è cercato di indirizzare la conversazione verso l’individuazione di spunti pratici, attività e metodologie di insegnamento che fornissero i presupposti per la stesura di un protocollo d’intesa, condiviso dalle insegnanti di entrambi gli ordini scolastici. Mantenendo ci si è concentrati sull’ iter educativo del bambino, tralasciando in questa sede la trattazione di temi, seppur molto importanti, quali il ruolo della famiglia e il rapporto con essa. Questi temi sono del resto stati affrontati nell’incontro precedente, realizzato dalla dott.sa Soncini e potrebbero essere oggetto di prossime riflessioni. Entrando nel merito le insegnanti hanno quindi rivolto la loro attenzione sui contesti e le strategie di insegnamento, sottolineando: L’importanza delle modalità con le quali vengono fornite le consegne ai bambini: Si è concordato di accrescere le occasioni di consegna a grande gruppo nella scuola dell’infanzia, al fine di stimolar le capacità attentive dei bambini. Mentre la scuola primaria ha sottolineato la non idoneità degli spazi a loro disposizione, che rende quasi impossibile ricavare per esempio un “angolo dell’ascolto e della conversazione”, che rappresenterebbe per i bambini un segnale di continuità, rispetto a quanto abituati nella scuola dell’infanzia. Utilizzo delle schede: Le schede sono apparse come un ulteriore spunto per favorire la continuità didattica. Molte insegnanti della scuola dell’infanzia hanno iniziato ad introdurle, anche se si è unanimamente condivisa l’idea di limitare il loro utilizzo. Possibilità di utilizzare un strumento comune: Alcune insegnanti della scuola dell’infanzia hanno descritto in tal senso la loro esperienza. Stanno infatti sperimentando l’introduzione di un quaderno personale del bambino, mostrandogli il suo possibile utilizzo (per esempio presentandogli il punto d’inizio dello stesso, il verso di scrittura, la gestione dello spazio nel foglio). Esso può in tal modo rappresentare uno strumento di lavoro volto a introdurre il bambino in un contesto operativo simile a quanto verrà proposto alla scuola primaria. Rientrano in questo ambito anche le osservazioni già espresse sopra in merito alla relazione educativa, ai contesti di lavoro (gestione degli spazi e relative possibili proposte) e allo sviluppo delle autonomie.