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PSICOLOGIA
DELL’HANDICAP E
RIABILITAZIONE
APPUNTI
Docente:Dott.ssa Gianfranca Cosenza
UNICAL
SSIS - Corso di Sostegno 400/800ore
Anno Accademico 2007/2008
2
CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI DELLE MALATTIE DELLE
DISABILITA’ DEGLI HANDICAP E DELLA SALUTE
ICD-10 DSM-IV ICIDH ICF
 ICD-10 (ultima versione dell’ICD): International
Classification of Diseases dell’ OMS( Organizzazione
Mondiale della Sanità): riguarda tutte le malattie.
 DSM-IV (ultima versione del DSM) (Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders) dell’ APA
(Associazione Psichiatrica Americana): riguarda solo i
disturbi mentali (malattie psichiatriche).
 ICIDH (International Classification of
Impairement,Disabilities and Handicaps)dell’OMS:
riguarda le conseguenze delle malattie.
 ICF(International Classification of Functioning Disability
and Health) dell’OMS: riguarda il livello di
funzionamento, di abilità e di salute.
3
ICIDH (1980) OMS
INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF IMPAIREMENTS
DISABILITIES AND HANDICAPS (CLASSIFICAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE MENOMAZIONI DELLE DISABILITA’ E
DEGLI HANDICAPS)
L’ICD si occupa solo della
classificazione delle
malattie, ma non delle
conseguenze. Considera la
seguente sequenza di
eventi:
 EZIOLOGIA
 PATOLOGIA
 MANIFESTAZIONE CLINICA
della MALATTIA
L’ICIDH analizza le
conseguenze della malattia
 MALATTIA/INFORTUNIO/
MALFORMAZIONE
 MENOMAZIONE
 DISABILITA’
 HANDICAP
4
DEFINIZIONE
MENOMAZIONE DISABILITA’ HANDICAP
 MENOMAZIONE: Perdita o anomalia a carico di strutture
o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. Può
essere permanente o transitoria.
 DISABILITA’:Riduzione parziale o totale della capacità
di svolgere un’attività nei tempi e nei modi considerati
come normali. Può essere permanente o transitoria,
reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Può
essere una conseguenza diretta di una menomazione o
una reazione psicologica ad essa.
 HANDICAP: Condizione di svantaggio risultante da una
menomazione o da una disabilità, che limita o
impedisce lo svolgimento di un ruolo normale in
rapporto all’età, al sesso, ai fattori sociali e culturali. E’
una condizione soggetta a cambiamenti migliorativi o
peggiorativi.
5
ICF (2001) OMS INTERNATIONAL CLASSIFICATION
OF FUNCTIONING DISABILITY AND HEALTH
CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO DELLA
DISABILITA’ E DELLA SALUTE
 FUNZIONI CORPOREE: sono le funzioni fisiologiche dei
sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche.
 STRUTTURE CORPOREE: sono le parti anatomiche del
corpo (organi, sistemi, apparati).
 ATTIVITA’ e PARTECIPAZIONE: esecuzione di un compito
o di un’azione;coinvolgimento in una situazione di vita.
 FATTORI AMBIENTALI e CONTESTUALI: caratteristiche
del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti cha possono
avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un
determinato contesto.
6
ICF
 RIGUARDA TUTTE LE
PERSONE
 INTRODUCE IL
CONCETTO DI PERSONA
“DIVERSAMENTE ABILE”
 SPIEGA IL
FUNZIONAMENTO
DELLA PERSONA
SECONDO 4
DIMENSIONI:
1. CORPO: Funzioni
corporee e Strutture
corporee
2. ATTIVITA’ :semplici e
complesse
3. PARTECIPAZIONE: nei
vari ambiti di vita
4. FATTORI CONTESTUALI:
caratteristiche
dell’ambiente fisico e
sociale; atteggiamenti;
valori.
7
TIPI DI DISABILITA’
o DIVERSE ABILITA’
 DISABILITA’ FISICHE
menomazioni motorie, per es.: p.c.i., distrofia
muscolare, ecc.
 DISABILITA’ PSICHICHE
menomazioni dell’apparato psichico: Ritardo
Mentale, Disturbi del funzionamento psichico.
 DISABILITA’ SENSORIALI
menomazioni sensoriali visive e uditive.
 DISABILITA’ MISTE
menomazioni complesse.
8
RIABILITAZIONE
 DEFINIZIONE: “Processo di soluzione dei problemi
e di educazione e rieducazione, attraverso cui la
persona disabile raggiunge il miglior livello di vita
possibile sul piano fisico, psichico, funzionale,
sociale ed emozionale.”(SIMFER e AA. VV.,
Manifesto della Riabilitazione).
 SCOPI:
1. Favorire la partecipazione attiva della persona
diversamente abile alla vita di tutti, secondo le sue
capacità.
2. Migliorare la qualità di vita globale della persona
diversamente abile .
9
FASI DEL PROCESSO RIABILITATIVO
 DIAGNOSI CLINICA della menomazione conseguente
ad un evento patologico.
 DIAGNOSI FUNZIONALE nelle varie aree: motorio-
prassica, cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica,
comunicazionale, sensoriale, neuropsicologica,
dell’autonomia.
 PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE (PRI):
formulazione degli Obiettivi da raggiungere e delle
strategie (Interventi) da attuare.
 PROGRAMMI RIABILITATIVI: specifici per singole
aree.
 VERIFICHE PERIODICHE (con riformulazione del PRI)
 VERIFICA FINALE.
10
ELEMENTI INDISPENSABILI DEL PROGETTO
RIABILITATIVO
 STORICITA’: Ogni intervento deve essere strettamente collegato
alla Diagnosi e tener conto di eventuali percorsi riabilitativi,
educativi o terapeutici precedenti.
 GLOBALITA’: La presa in carico coinvolge sempre la persona
nella sua globalità, sia sul versante affettivo, che su quello
cognitivo.
 PARTECIPAZIONE ATTIVA: Il soggetto e la sua famiglia
debbono contribuire attivamente alla formulazione ed attuazione
del PRI.
 QUALITA’ DI VITA: Per migliorare la QV bisogna valutare i
bisogni della persona e le risorse umane e materiali presenti nel
contesto.
 PROGRAMMAZIONE PUNTUALE DEGLI INTERVENTI: Gli
interventi programmati debbono fondarsi su modelli teorici
scientifici,sulla base dei quali stabilire: Obiettivi; Metodologie e
Strumenti di lavoro; Modalità di Verifica dei risultati.
11
EQUIPE MULTIDISCIPLINARE
 MEDICI SPECIALISTI della branca considerata:
neurologo, neuropsichiatra infantile, oculista,
otorinolaringoiatra,ecc.
 PSICOLOGI: psicologo clinico, neuropsicologo,
psicoterapeuta.
 ASSISTENTI SOCIALI
 TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONE:
fisiochinesiterapista (FKT), terapista
occupazionale (OT), logopedista (LT),
neuropsicomotricista dell’età evolutiva (NPM)
 INFERMIERI SPECIALIZZATI.
12
INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE ed
INTERDISCIPLINARE
 L’INTERVENTO MEDICO è prevalentemente finalizzato a:
1. Effettuare la diagnosi clinica
2. Prevenire l’estensione del danno iniziale e la formazione di
danni secondari
3. Curare le forme morbose croniche.
 L’INTERVENTO PSICOLOGICO è prevalentemente finalizzato
a:
1. Valutare i livelli di sviluppo psicologico e neuropsicologici
2. Valutare ed affrontare le problematiche relazionali e
comportamentali (psicoterapia)
3. Supportare i familiari del disabile ed il lavoro di gruppo.
 L’INTERVENTO SOCIALE è prevalentemente finalizzato a:
1. Contribuire a rimuovere le condizioni di handicap
2. Supportare le famiglie dei diversamente abili
3. Valutare i bisogni reali dei diversamente abili e delle loro
famiglie.
13
L’ INTERVENTO TERAPEUTICO-RIABILITATIVO è
prevalentemente finalizzato a:
Attivare e migliorare le funzioni e/o le competenze del
soggetto, affinchè egli possa utilizzare al meglio le proprie
potenzialità.
In particolare:
 LA NEURO e PSICOMOTRICITA’ DELL’ETA’ EVOLUTIVA:
riguarda il processo abilitativo-riabilitativo della prima infanzia
ed è finalizzato alla rieducazione funzionale dei deficit
neuropsicomotori.
 LA FISIOKINESITERAPIA: è finalizzata alla rieducazione
funzionale dei deficit neuromotori.
 LA TERAPIA OCCUPAZIONALE: è finalizzata alla rieducazione
funzionale delle abilità fini-motorie ed all’autonomia nella vita
quotidiana.
 LA LOGOPEDIA: è finalizzata alla rieducazione funzionale del
linguaggio ed all’acquisizione delle abilità comunicative.
14
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (DPR
24/febbraio 1994)
DIAGNOSI FUNZIONALE (DF)
 E’ uno strumento interdisciplinare e non solo medico
 E’ redatta dalla Unità Multidisciplinare delle ASL
 Esula da definizioni generali; descrive una situazione
in un contesto, ossia considera l’individuo per come
funziona in un certo ambiente
 E’ dinamica, soggetta per sua natura a modifiche
periodiche
 Parte dall’esigenza di dare risposte ai bisogni
 Mette in luce le aree di potenzialità e non solo i danni
 Suggerisce modalità e tecniche di intervento.
15
AREE DI VALUTAZIONE DELLA
DIAGNOSI FUNZIONALE
 AREA COGNITIVA
 AREA AFFETTIVO-
RELAZIONALE
 AREA LINGUISTICA
 AREA SENSORIALE
 AREA MOTORIO-
PRASSICA
 AREA
NEUROPSICOLOGICA
 AREA DELL’
AUTONOMIA
SINTESI FINALE
DF redatta in forma
sintetica e conclusiva
16
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE PER L’INTEGRAZIONE
SCOLASTICA (DPR 24 febbraio1994)
PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE (PDF)
 E’ redatto dalla Unità
Multidisciplinare dell’
ASL e dagli Operatori
scolastici con la
collaborazione della
famiglia.
 Comprende l’ analisi
delle competenze, delle
difficoltà e dello sviluppo
potenziale a breve e a
medio termine nei diversi
ambiti, definiti ASSI:
1. ASSE COGNITIVO
2. ASSE AFFETTIVO-
RELAZIONALE
3. ASSE
COMUNICAZIONALE
4. ASSE LINGUISTICO
5. ASSE SENSORIALE
6. ASSE MOTORIO-
PRASSICO
7. ASSE
NEUROPSICOLOGICO
8. ASSE AUTONOMIA
9. ASSE APPRENDIMENTO
17
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV
 CRITERI DIAGNOSTICI secondo il DSM IV (Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders= Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) dell’ APA
(Associazione Psichiatrica Americana):
1. La funzione intellettiva risulta significativamente al di
sotto della media con limitazioni in almeno due delle
seguenti aree: comunicazione; cura della persona; vita in
famiglia; capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse
della comunità, autodeterminazione; capacità di
funzionamento scolastico; lavoro; tempo libero; salute;
ricchezza.
2. Età: Il RM compare prima del 18° anno di età.
18
LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:
 RM Lieve QI: 50/70. Comprende l’80% delle persone
con RM. E’ difficile la individuazione di queste persone
durante la scolarizzazione. Da adulti manifestano
abilità sociali e lavorative sufficienti per l’autonomia
personale.
 RM Moderato QI: 35/49. Comprende il 12% delle
persone con RM. Nella scolarizzazione raggiungono
sufficienti elementi comunicativi (liv. scol.di II
elementare). Se istruiti, da adulti raggiungono
soddisfacenti risultati nel lavoro e nelle relazioni
sociali.
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV
19
RITARDO MENTALE (RM)
DSM IV
LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:
 RM Grave QI: 20/34. Comprende l’7% delle persone
con RM. Difficoltà già evidenti nell’età
prescolare:scarsissime capacità verbali; eloquio ridotto
al minimo; alterazioni gravi dello sviluppo motorio.
Nell’età scolare: scarsa autonomia nelle pratiche
igieniche: Da adulti: non miglioramenti nella formazione
professionale.
 RM Gravissimo QI: <20 Comprende il 1% delle
persone con RM. Capacità minime a livello senso-
motorio. Richiedono assistenza continua e servizi
strutturati in modo particolare.
 RM Non Specificato. Soggetti non valutabili.
20
LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo l’ ICD – 10:
International Classification of Diseases (Classificazione
Internazionale delle Malattie) dell’ OMS (Organizzazione
Mondiale della Sanità):
 RM Lieve - QI: 50/69 ; EM: 9/12 anni (adulti)
 RM Medio - QI: 35/49 ; EM: 6/9 anni (adulti)
 RM Grave - QI: 20/34 ; EM: 3/6 anni (adulti)
 RM Profondo - QI: < 20; EM: < 3 anni(adulti)
RITARDO MENTALE (RM)
ICD - 10
21
CRITERI DIAGNOSTICI secondo l’ AAMD (American
Association of Mental Deficiency) (1992)
1. QI <70/75: Abilità intellettive inferiori alla media.
2. Limitazione in due o più delle seguenti aree di
abilità adattiva: Comunicazione; Cura di se stesso;
Abilità Domestiche; Abilità Sociali; Capacità di
utilizzare le risorse della comunità; Autonomia;
Abilità nel provvedere alla propria salute e
sicurezza; Abilità accademico-scolastiche; Abilità
relative alla gestione del proprio tempo libero;
Abilità lavorative.
3. Manifestazione del deficit prima del 18° anno di età.
RITARDO MENTALE (RM)
AAMD
22
 FATTORI CROMOSOMICI: Fattori che influenzano la
divisione cellulare in senso patologico dal momento del
concepimento. Per esempio:Sindrome di Down o
Trisomia 21; Trisomia 18; Trisomia 13; Sindrome di
Klinefelter, Sindrome di Turner; Sindrome dell’X Fragile.
 FATTORI GENETICI: Hanno effetti biochimici patologici.
Per esempio: Sclerosi Tuberosa; Fenilchetonuria;
Sindrome di Hurler.
 EZIOLOGIA MISTA: Associazione di più fattori. Per
esempio: Microcefalia; Macrocefalia; Ipotiroidismo
congenito.
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI PRENATALI
CROMOSOMICI E GENETICI
23
 INFEZIONI IN GRAVIDANZA: per es.: rosolia,
toxoplasmosi, cytomegalovirus.
 CAUSE IMMUNOLOGICHE: incompatibilità del sangue
materno e fetale, per es.incompatibilità del fattore RH
 ASSUNZIONE IN GRAVIDANZA DI FARMACI
TERATOGENI, DROGHE, ALCOL.
 ESPOSIZIONE IN GRAVIDANZA AD AGENTI FISICI
NOCIVI, per es.irradiazioni.
 PROBLEMI CRONICI DI SALUTE, per es.diabete
materno.
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI DI RISCHIO PRENATALI
24
EZIOLOGIA DEL RM
FATTORI DI RISCHIO
NATALI e POST-NATALI
FATTORI NATALI
 NASCITA PREMATURA
 SOFFERENZA ALLA
NASCITA: asfissia o
ipossemia
 INFEZIONE DA HERPES
GENITALE MATERNO
 TRAUMA CRANICO
DURANTE IL PARTO
FATTORI POST-NATALI
 INFEZIONI (Es:encefalite;
meningite)
 TRAUMA CEREBRALE
 VELENI o TOSSINE
AMBIENTALI
 ANOSSIA
 CARENZA ORMONALE
(es:ipotiroidismo endemico in
aree geografiche con carenze
di iodio)
 MALNUTRIZIONE
25
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
PERCEZIONE ATTENZIONE CONCENTRAZIONE
MEMORIA LINGUAGGIO
PERCEZIONE:
 LENTEZZA
 IMPRECISIONE
 SINCRETISMO: incapacità a
collegare ed integrare diversi
dati percettivi in unità
strutturate.
ATTENZIONE: limitata.
CONCENTRAZIONE: limitata
MEMORIZZAZIONE: limitata
(per incapacità ad usare la
reiterazione).
ABILITA’
COMUNICATIVO-
LINGUISTICHE:
 POVERTA’ LESSICALE
 SEMPLICITA’ e/o
SCORRETTEZZA nella
struttura sintattica
 DIFFICOLTA’ A
LIVELLO
PRAGMATICO
 DIFFICOLTA’
FONOLOGICHE.
26
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
PENSIERO
 CONCRETEZZA o incapacità di raggiungere il
pensiero astratto: permanenza allo stadio operatorio
concreto o allo stadio preoperatorio.
 RIGIDITA’: difficoltà di estendere una conoscenza a
situazioni diverse (tendenza alla pedanteria e
all’ostinazione); incapacità di adattarsi alla mutabilità
del reale; limitata capacità di pianificazione; limitata
attività immaginativa e creativa.
 VISCOSITA’ del pensiero
 INERZIA del pensiero
 TENDENZE REGRESSIVE del pensiero
 PASSIVITA’ del pensiero
27
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM
CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’ E
SOCIALITA’
Il COMPORTAMENTO delle persone con RM spesso è caratterizzato
da:
 RIPETITIVITA’
 PASSIVITA’
 ECCESSIVA DIPENDENZA DALL’AMBIENTE che può manifestarsi come
INFLUENZABILITA’ e SUGGESTIONABILITA’
Il vissuto di frequenti insuccessi può determinare uno stato di ANSIA
che può manifestarsi :
a) nel bambino come: IMPULSIVITA’- IPERATTIVITA’ – BASSA
TOLLERANZA ALLE FRUSTRAZIONI;
b) nel ragazzo e nell’adulto come: PAURA DELL’INSUCCESSO –
TENDENZA AL RITIRO – COMPORTAMENTI COMPULSIVI
Esiste una stretta correlazione tra COMPETENZA SOCIALE
(COOPERATIVITA’, EMPATIA, ASSERTIVITA’, CONTROLLO) E
COMPETENZA COGNITIVA (FUNZIONAMENTO SCOLASTICO):quanto
più il ragazzo con RM è socialmente competente, tanto più è valido il
suo funzionamento scolastico.
 ).
28
AUTISMO o SINDROME DI KANNER
 L’autismo rappresenta una delle più gravi
manifestazioni che colpiscono il bambino nella sua
capacità di comunicare e di instaurare relazioni con
il mondo esterno.
 Kanner riteneva che i bambini autistici: fossero
dotati di un QI superiore alla norma e provenissero
da famiglie di livello socio-culturale alto.
 Ciò è stato smentito dai fatti, in quanto: nel 70 -80%
dei casi di autismo il QI è inferiore alla media e
l’appartenenza alla classe sociale è ininfluente.
29
ASSUNTI DI BASE DELLA SINDROME
AUTISTICA (Freeman,1997)
 E’ una sindrome definita su base comportamentale,
che si caratterizza in sottotipi diversi per eziologia e
trattamento.
 E’ un disturbo a spettro con sintomi combinati in
modi diversi tra loro (Diversi gradi di gravità).
 E’ una diagnosi in evoluzione.
 E’ una diagnosi di tipo retrospettivo.
 E’ un disturbo ubiquitario.
 E’ spesso associata ad altre sindromi.
30
DISTURBO AUTISTICO - DSM IV
Il Disturbo Autistico fa parte dei Disturbi
Generalizzati dello Sviluppo.
Esso va distinto da altri Disturbi:
 Disturbo di Rett, di origine genetica; si
manifesta solo nelle femmine
 Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
 Disturbo di Asperger
31
AUTISMO ICD 10 (1993)
CRITERI DIAGNOSTICI
1.L’autismo è un disturbo delle sviluppo (sviluppo
anormale o blocco dello sviluppo) che si manifesta
prima dei 3 anni in almeno una delle seguenti aree:
 Linguaggio recettivo o espressivo
 Sviluppo di relazioni sociali privilegiate o di
interazioni sociali reciproche
 Gioco funzionale o simbolico.
2.Debbono essere presenti almeno 6 sintomi compresi
nella Triade dei Disturbi:
 Disturbi sociali
 Disturbi linguistici
 Disturbi comportamentali.
32
AUTISMO
TRIADE DEI DISTURBI
 Anomalie di carattere qualitativo nelle interazioni reciproche
(DISTURBI SOCIALI):uso dello sguardo, dell’espressione
facciale, della postura e della gestualità. Assenza di reciprocità
socio-affettiva (emozioni, adattamento al comportamento altrui;
integrazione). Assenza di condivisione di giochi, interessi, ecc.
 Anomalie di carattere qualitativo della comunicazione
(DISTURBI DI LINGUAGGIO):ritardo o assenza del linguaggio
e della gestualità. Mancanza di reciprocità nelle comunicazioni
verbali: Stereotipie ed ecolalie,ecc.
 Insieme limitato, ripetitivo e stereotipato di comportamenti,
interessi e attività (DISTURBI DI COMPORTAMENTO):uno o
più interessi stereotipati ed esclusivi. Rituali specifici e non
funzionali. Manierismi e stereotipie. Attenzione per parti di
oggetti o per elementi non funzionali di materiali di gioco.
33
SVILUPPO PSICOLOGICO DEL BAMBINO
AUTISTICO
 SVILUPPO SOCIALE: Difficoltà iniziale nell’interazione
madre-bambino (disfunzione degli scambi emotivi e
cognitivi). Disturbo nella relazione di attaccamento.
Successive difficoltà nelle relazioni affettive e amicali.
 SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO: Difficoltà
nell’uso della gestualità convenzionale e nell’imitazione
verbale (a livello preverbale). Carenza di attenzione
condivisa. Successivamente: linguaggio verbale assente o
ecolalico o stereotipato e pedante; uso scorretto di
pronomi, grammatica e sintassi. Difficoltà a livello
pragmatico. Spesso: linguaggio non comunicativo.
 SVILUPPO COGNITIVO: Variabilità.Spesso QI < norma.
Spesso QIV < QIP. Spesso deficit cognitivi con QI normale.
Carenze nella teoria della mente.
34
DISABILITA’ MOTORIE
 DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO
ALL’APPARATO ESECUTORE (DANNO PERIFERICO):
il più frequente (Distrofia muscolare di Duchenne) è
causato da una progressiva degenerazione delle fibre
muscolari e nervose fino ad una totale compromissione
motoria, ad eziologia genetica.
 DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO
DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE:
1. Danno specifico: Lesione aree cerebrali motorie
(Paralisi cerebrale infantile)
2. Danno aspecifico: Lesione di aree cerebrali non motorie
(Ritardo Mentale Grave).
35
PARALISI CEREBRALE INFANTILE
 Definizione: E’ “un disordine del movimento dovuto a
un difetto o a una lesione del cervello ancora immaturo”
(Lipkin- 1992).
 Caratteristiche:
1. Precocità (entro il 2°/3° anno di vita)
2. Stabilità.
 Cause
1. Prenatali: malformazioni congenite (es.,spina bifida);
fattori genetici; episodi ischemici.
2. Perinatali: emorragie intracerebrali ed intraventricolari;
asfissia; prematurità.
3. Postnatali: Traumi; eventi anossici; infezioni o agenti
anossici;ecc
36
MANIFESTAZIONI MOTORIE DELLE P.C.I.
TRE FORME PRINCIPALI
Da Pfanner e Paulicelli – 1993:
 Sindrome spastica o ipertonica: Disturbo del tono
muscolare che coinvolge gli arti.
 Sindrome atassica: Disturbo della coordinazione dei
movimenti.
 Sindromi discinetiche: Disfunzioni del sistema
extrapiramile con interessamento dei gangli della base.
 Deficit associati: Ritardo Mentale; Disturbi della
comunicazione; Deficit visivi e uditivi; Strabismo;
Epilessia; Disturbi emotivi e comportamentali (soprattutto
nell’adolescente).
37
SINDROME SPASTICA O IPERTONICA
 Tetraplegia: si evidenzia fin dalla nascita e interessa tutti e 4 gli
arti in uguale misura. Grave. Si associa a disturbi visivi, epilessia;
RM.
 Diplegia Spastica: i disturbi riguardano prevalentemente (ma non
solo) gli arti inferiori.
 Emiplegia spastica: i disturbi riguardano gli arti (sup. e inf.) di un
solo emilato.
SINDROME ATASSICA
Si associa a ritardo psicomotorio e del linguaggio(nel bambino);
talvolta a RM. (nell’adulto).
 Atassia congenita
 Diplegia atassica
SINDROMI DISCINETICHE
 Forma atetosica: ipotonia; movimenti lenti, aritmici, continui,
involontari a carico di volto, lingua e mani.
 Forma distonica: alterazioni della regolazione del tono muscolare.
Sono presenti lente, sostenute, toniche e involontarie contrazioni
muscolari: Ipercinesie della faccia e della lingua. Disartria.
38
ASPETTI COGNITIVI DELLE P.C.I.
 Il funzionamento cognitivo nelle persone con p.c.i. può variare dalla
normalità al deficit mentale (anche grave) in base a molti fattori, tra
cui l’estensione della lesione e la presenza di altri deficit associati.
 In rapporto alle diverse forme nosografiche, il deficit mentale è
maggiore nei teraplegici, mentre relativamente meno colpiti sono i
mono ed emiplegici, e gli atetosici.
 Il bambino con p.c.i. può manifestare disturbi cognitivi direttamente
collegati all’estensione della lesione in aree cerebrali deputate alle
funzioni cognitive superiori: turbe delle funzioni neuropsicologiche.
 Altri disordini cognitivi risultano secondari alle limitazioni imposte dall’
impedimento motorio e dalla conseguente limitazione dell’attività
esplorativa del bambino, che è alla base della formazione della
conoscenza. Ma a tale proposito occorre tenere presente che la
formazione della conoscenza nei primi anni di vita non è tanto legata
all’esecuzione di atti motori, quanto all’intenzione di eseguirli
(formulazione di un’ipotesi e pianificazione per il raggiungimento di
uno scopo).
 Pertanto per il processo educativo e riabilitativo è utile valutare la
presenza di intenzioni, di progetti di conoscenza e di
esplorazione della realtà.
39
TURBE DELLE FUNZIONI
NEUROPSICOLOGICHE NELLE P.C.I.
DISTURBI DEL LINGUAGGIO
 Le disartrie/-anartrie: Turbe dell’articolazione dei fonemi complessi
che consegue ad una compromissione neurofunzionale degli apparati
neurali centrali deputati alla produzione del linguaggio (De Negri,2004).
 I difetti del linguaggio conseguenti ad insufficienza uditiva
 Le disfasie: turbe del linguaggio che riguardano la scelta e
l’elaborazione della parola.
 Le aprassie o le disprassie buccofonatoria: Disordini fonetici
(espressione)
DISTURBI PRATTO-GNOSICI
I più frequenti disturbi prattognosici sono:
 le astereognosie: incapacità ad identificare un oggetto con il tatto
 I disturbi dello schema corporeo o somatognosici: disturbo della
conoscenza o dell’uso del proprio corpo
 I disturbi dell’orientamento spaziale
 I disturbi ritmico-temporali
 I disturbi costruttivo-prassici.
40
ASPETTI EMOTIVI AFFETTIVI SOCIALI E
COMPORTAMENTALI DELLE P.C.I.
Le limitazioni motorie ostacolano il normale processo di
individuazione / separazione (costruzione dell’identità).
A causa dell’ eccessiva dipendenza si possono manifestare:
1. nel bambino: intolleranza verso la separazione dalla madre (rapporto
di fusione-confusione) e scarsa coscienza delle proprie difficoltà;
2. Nell’adolescente:difficoltà emotive per inaccettazione delle proprie
menomazioni.
 Rischio di isolamento sociale, a causa della scarsa condivisione di
esperienze con i pari e carenza di relazioni privilegiate.
 Difficoltà sessuali, per carenza di apprendimenti di comportamenti
appropriati.
 Adattamento sociale povero.
41
DISABILITA’ UDITIVA
ASPETTI TERMINOLOGICI
Sordomuto (sordo+muto): raramente il sordo è anche muto.
Sordo: raramente il deficit della percezione uditiva è totale.
Audioleso: percezione uditiva deficitaria a causa di una
lesione
Ipoacusico: percezione uditiva deficitaria.
TIPI DI SORDITÀ
in base a:
1. Localizzazione del danno: s. trasmissiva; s. percettiva; s.
mista.
2. Grado di gravità: s. leggera; s. media; s. grave; s. profonda.
3. Causa: s. ereditaria, s. acquisita.
4. Epoca di insorgenza: s. da causa prenatale; s. da causa peri-
natale; s. da causa post-natale.
42
TIPI DI SORDITA’
LOCALIZZAZIONE
 Sordità trasmissiva: lesione dell’orecchio esterno e medio;
anomalie di conduzione.
 Sordità percettiva neurosensoriale: anomalie di percezione
per deficit all’orecchio interno e/o alle innervazioni.
 Sordità percettiva centrale: anomalie di percezione per danno
cerebrale
 Sordità mista: percettive e trasmissive
GRADO DI GRAVITÀ
 Leggera: perdita tra 20 e 40 db.
 Media: perdita tra 40 e 70 db.
 Grave: perdita tra 70 e 90 db.
 Profonda: perdita >90db.
43
SVILUPPO AFFETTIVO E SOCIALE
NELL’AUDIOLESO
Nella prima infanzia
Rischio di:
 Attaccamento insicuro
nella diade madre-
bambino
 Interazioni ridotte
 Disturbo della
reciprocità nella
comunicazione
 Insicurezza e dipendenza
(a causadell’ eccessiva
intrusività e direttività
materna).
Nell’ adolescenza e
nell’età adulta
Rischio di:
 Impulsività,
 Iperdipendenza,
 Bassa autostima,
 Aggressività,
 Difficoltà relazionali.
44
Lo sviluppo cognitivo dipende sia dalle capacità di
base del soggetto audioleso, sia dalle modalità
educative e riabilitative. Tradizionalmente sono stati
riscontrati:
 Un ritardo cognitivo di 2/4 anni rispetto ai coetanei.
 Il raggiungimento del pensiero operatorio concreto,
ma non quello operatorio formale.
 Memorizzazione carente non per capacità di base,
ma per mancanza di strategie appropriate di
metamemoria.
SVILUPPO COGNITIVO
NELL’AUDIOLESO
45
NELL’AUDIOLESO SVILUPPO
LINGUISTICO
Caratteristiche del
linguaggio nella sordità
prelinguale grave e
profonda
 I bambini con sordità grave e
profonda prelinguale
smettono di emettere suoni
dopo i sei mesi.
 Se stimolati adeguatamente
(con il linguaggio dei segni ,
opportuna rieducazione e
protesi possono presentare
ritardi di gradi diversi
nell’acquisizione del
linguaggio e,
successivamente,
nell’apprendimento della
letto-scrittura.
Caratteristiche generali
del linguaggio del
sordo
 Vocabolario ridotto, povero e
tendenzialmente concreto
 Presenza di errori:
1. uso scorretto di modi e tempi
dei verbi, errori nella
coniugazione.
2. Omissioni e sostituzioni di
articoli, pronomi, preposizioni.
3. Omissioni degli ausiliari.
4. Imprecisioni lessicali.
46
DISABILITA’ VISIVA
 Acuità visiva: Capacità di distinguere a una distanza
data determinate forme o di discriminare due punti vicini.
Si misura in decimi (in Italia).
Visus normale: 10/10 per ciascun occhio, cioè: capacità
di leggere le prime 10 righe di un ottotipo a 5 metri di
distanza.
Per valutare della percezione visiva nel bambino piccolo
si usano i PEV (potenziali visivi evocati)e il preferential
looking.
 Ampiezza del campo visivo
 Deficit visivi:
1. Ambliopia (riduzione dell’acuità visiva);
2. emianopsia e scotomi (riduzione del campo visivo).
47
CECITA’ E IPOVISIONE
 Cecità totale: Impossibilità di percepire qualsiasi stimolo visivo.
 Cecità legale: Residuo visivo di 1/10 (in Italia). Benefici di
legge.
 Cecità civile: Residuo visivo di 1/20 (in Italia).
 Ipovisione: Capacità visiva parziale. Residuo visivo tra 1/10 e
3/10 oppure campo visivo <30%.
 Cecità reale: E’ oggettivamente cieco colui che non dispone di
nessuna percezione visiva derivante da stimoli ambientali
luminosi.
 Cecità funzionale: E’ funzionalmente cieco colui che, pur
disponendo di percezioni visive (luci e ombre, colori, forme
vaghe,ecc.) non le può organizzare in percezioni utili all’
adattamento quotidiano.
48
SEVERITA’ DEL DIFETTO VISIVO
SECONDO L’OMS
 CECITA’ MODERATA
acuità visiva: 3/10 – 1/10
ampiezza del campo visivo:
30° - 11°
 CECITA’ GRAVE O SEVERA
acuità visiva: < 1/10 – 1/20
ampiezza del campo visivo:
10° - 6°
 CECITA’ MOLTO GRAVE
acuità visiva: < 1/20 – 1/50
ampiezza del campo visivo: 5° -
3°
 CECITA’ QUASI TOTALE
acuità visiva: < 1/50 –
percezione luce
ampiezza del campo
visivo: 2° - 1°
 CECITA’ ASSOLUTA
acuità visiva: assenza di
percezione luminosa
ampiezza del campo
visivo: assenza di campo
visivo
49
DISABILITA’ VISIVA
EZIOLOGIA E EPIDEMIOLOGIA
EZIOLOGIA
 Cause congenite (27/50%) : fattori genetici e prenatali
extragenici.
 Cause perinatali: anossia; prematurità e relativi
trattamenti; diabete materno; ecc.
 Cause postnatali: infezioni virali; fattori immunitari; ecc.
EPIDEMIOLOGIA
Incerta. Si stima una frequenza di 0,02%.
50
SVILUPPO DEL BAMBINO NON
VEDENTE
 Area di sviluppo direttamente colpite dalla cecità (Blind
specific) : coordinazione visuo-motoria (non
completamente compensabile)
 Aree di sviluppo indirettamente colpita dalla cecità (Blind
non specific) : abilità locomotorie e abilità di
motricità fine (completamente compensabili).
51
SVILUPPO MOTORIO NEL BAMBINO NON
VEDENTE
 Effetti diretti della cecità. Inizialmente c’è un ritardo
nella motricità volontaria: sollevarsi sulle braccia,
spostarsi da una posizione all’altra, deambulare,prendere
un oggetto sonoro (“mani cieche”).
 Effetti indiretti della cecità. Successivamente: una
minore elicitazione dell’attività motoria in mancanza di
stimoli visivi; minori stimolazioni sociali iniziali; maggiore
insicurezza nel comportamento esplorativo; ritardo nella
costruzione del reale.
 E’ necessario stimolare la prestazione motoria con
strategie specifiche: incentivare il bambino alla
verbalizzazione delle esperienze;stabilire in modo chiaro
e preciso i punti di partenza e di arrivo di ogni percorso
da eseguire; iniziare l’attività in ambiente protetto;
motivare il bambino al compito.
52
SVILUPPO COGNITIVO AFFETTIVO SOCIALE E
LINGUISTICO NEL BAMBINO NON VEDENTE
 Lo sviluppo cognitivo dei bambini privati della vista nei primi 6 mesi
di vita è differente da quello degli altri b.non vedenti. Il fenomeno
delle mani cieche ed il ritardo motorio determinano un ritardo nello
sviluppo dell’ intelligenza senso-motoria: la ricerca degli oggetti
deve fondarsi su afferenze sensoriali sonore e tattili (soprattutto).
Successivamente lo sviluppo cognitivo è normale, anche se
caratterizzato da egocentrismo (le percezioni e le localizzazioni
hanno come punto di riferimento il proprio corpo.
 Sviluppo affettivo: ritardo poi compensato nella fase di
attaccamento.
 Sviluppo sociale: il permanere dell’ egocentrismo può causare
difficoltà nella socializzazione (compensabile).
 Sviluppo del linguaggio: inizialmente un po’ ritardato,
successivamente normale con tendenza all’iperverbalismo.
53
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ESSENZIALI
 De Negri, M.: Neuropsichiatria dell’età evolutiva, Padova,
Piccin Nuova Libraria, 2004.
 Soresi, S., Nota, L.:La facilitazione dell’ integrazione
scolastica, Pordenone, Erip, 2001.
 Soresi, S.: Psicologia dell’ handicap e della riabilitazione,
Bologna, Il Mulino, 1998.
 Zanobini, M., Usai, M.C.: Psicologia dell’ handicap e
della riabilitazione: i soggetti, le relazioni, i contesti in
prospettiva evolutiva. Nuova edizione riveduta e ampliata,
Milano, Franco Angeli, 1999 (Testo di base).

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  • 1. PSICOLOGIA DELL’HANDICAP E RIABILITAZIONE APPUNTI Docente:Dott.ssa Gianfranca Cosenza UNICAL SSIS - Corso di Sostegno 400/800ore Anno Accademico 2007/2008
  • 2. 2 CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI DELLE MALATTIE DELLE DISABILITA’ DEGLI HANDICAP E DELLA SALUTE ICD-10 DSM-IV ICIDH ICF  ICD-10 (ultima versione dell’ICD): International Classification of Diseases dell’ OMS( Organizzazione Mondiale della Sanità): riguarda tutte le malattie.  DSM-IV (ultima versione del DSM) (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) dell’ APA (Associazione Psichiatrica Americana): riguarda solo i disturbi mentali (malattie psichiatriche).  ICIDH (International Classification of Impairement,Disabilities and Handicaps)dell’OMS: riguarda le conseguenze delle malattie.  ICF(International Classification of Functioning Disability and Health) dell’OMS: riguarda il livello di funzionamento, di abilità e di salute.
  • 3. 3 ICIDH (1980) OMS INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF IMPAIREMENTS DISABILITIES AND HANDICAPS (CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MENOMAZIONI DELLE DISABILITA’ E DEGLI HANDICAPS) L’ICD si occupa solo della classificazione delle malattie, ma non delle conseguenze. Considera la seguente sequenza di eventi:  EZIOLOGIA  PATOLOGIA  MANIFESTAZIONE CLINICA della MALATTIA L’ICIDH analizza le conseguenze della malattia  MALATTIA/INFORTUNIO/ MALFORMAZIONE  MENOMAZIONE  DISABILITA’  HANDICAP
  • 4. 4 DEFINIZIONE MENOMAZIONE DISABILITA’ HANDICAP  MENOMAZIONE: Perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. Può essere permanente o transitoria.  DISABILITA’:Riduzione parziale o totale della capacità di svolgere un’attività nei tempi e nei modi considerati come normali. Può essere permanente o transitoria, reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Può essere una conseguenza diretta di una menomazione o una reazione psicologica ad essa.  HANDICAP: Condizione di svantaggio risultante da una menomazione o da una disabilità, che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo normale in rapporto all’età, al sesso, ai fattori sociali e culturali. E’ una condizione soggetta a cambiamenti migliorativi o peggiorativi.
  • 5. 5 ICF (2001) OMS INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF FUNCTIONING DISABILITY AND HEALTH CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO DELLA DISABILITA’ E DELLA SALUTE  FUNZIONI CORPOREE: sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche.  STRUTTURE CORPOREE: sono le parti anatomiche del corpo (organi, sistemi, apparati).  ATTIVITA’ e PARTECIPAZIONE: esecuzione di un compito o di un’azione;coinvolgimento in una situazione di vita.  FATTORI AMBIENTALI e CONTESTUALI: caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti cha possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto.
  • 6. 6 ICF  RIGUARDA TUTTE LE PERSONE  INTRODUCE IL CONCETTO DI PERSONA “DIVERSAMENTE ABILE”  SPIEGA IL FUNZIONAMENTO DELLA PERSONA SECONDO 4 DIMENSIONI: 1. CORPO: Funzioni corporee e Strutture corporee 2. ATTIVITA’ :semplici e complesse 3. PARTECIPAZIONE: nei vari ambiti di vita 4. FATTORI CONTESTUALI: caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale; atteggiamenti; valori.
  • 7. 7 TIPI DI DISABILITA’ o DIVERSE ABILITA’  DISABILITA’ FISICHE menomazioni motorie, per es.: p.c.i., distrofia muscolare, ecc.  DISABILITA’ PSICHICHE menomazioni dell’apparato psichico: Ritardo Mentale, Disturbi del funzionamento psichico.  DISABILITA’ SENSORIALI menomazioni sensoriali visive e uditive.  DISABILITA’ MISTE menomazioni complesse.
  • 8. 8 RIABILITAZIONE  DEFINIZIONE: “Processo di soluzione dei problemi e di educazione e rieducazione, attraverso cui la persona disabile raggiunge il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, psichico, funzionale, sociale ed emozionale.”(SIMFER e AA. VV., Manifesto della Riabilitazione).  SCOPI: 1. Favorire la partecipazione attiva della persona diversamente abile alla vita di tutti, secondo le sue capacità. 2. Migliorare la qualità di vita globale della persona diversamente abile .
  • 9. 9 FASI DEL PROCESSO RIABILITATIVO  DIAGNOSI CLINICA della menomazione conseguente ad un evento patologico.  DIAGNOSI FUNZIONALE nelle varie aree: motorio- prassica, cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica, comunicazionale, sensoriale, neuropsicologica, dell’autonomia.  PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE (PRI): formulazione degli Obiettivi da raggiungere e delle strategie (Interventi) da attuare.  PROGRAMMI RIABILITATIVI: specifici per singole aree.  VERIFICHE PERIODICHE (con riformulazione del PRI)  VERIFICA FINALE.
  • 10. 10 ELEMENTI INDISPENSABILI DEL PROGETTO RIABILITATIVO  STORICITA’: Ogni intervento deve essere strettamente collegato alla Diagnosi e tener conto di eventuali percorsi riabilitativi, educativi o terapeutici precedenti.  GLOBALITA’: La presa in carico coinvolge sempre la persona nella sua globalità, sia sul versante affettivo, che su quello cognitivo.  PARTECIPAZIONE ATTIVA: Il soggetto e la sua famiglia debbono contribuire attivamente alla formulazione ed attuazione del PRI.  QUALITA’ DI VITA: Per migliorare la QV bisogna valutare i bisogni della persona e le risorse umane e materiali presenti nel contesto.  PROGRAMMAZIONE PUNTUALE DEGLI INTERVENTI: Gli interventi programmati debbono fondarsi su modelli teorici scientifici,sulla base dei quali stabilire: Obiettivi; Metodologie e Strumenti di lavoro; Modalità di Verifica dei risultati.
  • 11. 11 EQUIPE MULTIDISCIPLINARE  MEDICI SPECIALISTI della branca considerata: neurologo, neuropsichiatra infantile, oculista, otorinolaringoiatra,ecc.  PSICOLOGI: psicologo clinico, neuropsicologo, psicoterapeuta.  ASSISTENTI SOCIALI  TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONE: fisiochinesiterapista (FKT), terapista occupazionale (OT), logopedista (LT), neuropsicomotricista dell’età evolutiva (NPM)  INFERMIERI SPECIALIZZATI.
  • 12. 12 INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE ed INTERDISCIPLINARE  L’INTERVENTO MEDICO è prevalentemente finalizzato a: 1. Effettuare la diagnosi clinica 2. Prevenire l’estensione del danno iniziale e la formazione di danni secondari 3. Curare le forme morbose croniche.  L’INTERVENTO PSICOLOGICO è prevalentemente finalizzato a: 1. Valutare i livelli di sviluppo psicologico e neuropsicologici 2. Valutare ed affrontare le problematiche relazionali e comportamentali (psicoterapia) 3. Supportare i familiari del disabile ed il lavoro di gruppo.  L’INTERVENTO SOCIALE è prevalentemente finalizzato a: 1. Contribuire a rimuovere le condizioni di handicap 2. Supportare le famiglie dei diversamente abili 3. Valutare i bisogni reali dei diversamente abili e delle loro famiglie.
  • 13. 13 L’ INTERVENTO TERAPEUTICO-RIABILITATIVO è prevalentemente finalizzato a: Attivare e migliorare le funzioni e/o le competenze del soggetto, affinchè egli possa utilizzare al meglio le proprie potenzialità. In particolare:  LA NEURO e PSICOMOTRICITA’ DELL’ETA’ EVOLUTIVA: riguarda il processo abilitativo-riabilitativo della prima infanzia ed è finalizzato alla rieducazione funzionale dei deficit neuropsicomotori.  LA FISIOKINESITERAPIA: è finalizzata alla rieducazione funzionale dei deficit neuromotori.  LA TERAPIA OCCUPAZIONALE: è finalizzata alla rieducazione funzionale delle abilità fini-motorie ed all’autonomia nella vita quotidiana.  LA LOGOPEDIA: è finalizzata alla rieducazione funzionale del linguaggio ed all’acquisizione delle abilità comunicative.
  • 14. 14 STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (DPR 24/febbraio 1994) DIAGNOSI FUNZIONALE (DF)  E’ uno strumento interdisciplinare e non solo medico  E’ redatta dalla Unità Multidisciplinare delle ASL  Esula da definizioni generali; descrive una situazione in un contesto, ossia considera l’individuo per come funziona in un certo ambiente  E’ dinamica, soggetta per sua natura a modifiche periodiche  Parte dall’esigenza di dare risposte ai bisogni  Mette in luce le aree di potenzialità e non solo i danni  Suggerisce modalità e tecniche di intervento.
  • 15. 15 AREE DI VALUTAZIONE DELLA DIAGNOSI FUNZIONALE  AREA COGNITIVA  AREA AFFETTIVO- RELAZIONALE  AREA LINGUISTICA  AREA SENSORIALE  AREA MOTORIO- PRASSICA  AREA NEUROPSICOLOGICA  AREA DELL’ AUTONOMIA SINTESI FINALE DF redatta in forma sintetica e conclusiva
  • 16. 16 STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (DPR 24 febbraio1994) PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE (PDF)  E’ redatto dalla Unità Multidisciplinare dell’ ASL e dagli Operatori scolastici con la collaborazione della famiglia.  Comprende l’ analisi delle competenze, delle difficoltà e dello sviluppo potenziale a breve e a medio termine nei diversi ambiti, definiti ASSI: 1. ASSE COGNITIVO 2. ASSE AFFETTIVO- RELAZIONALE 3. ASSE COMUNICAZIONALE 4. ASSE LINGUISTICO 5. ASSE SENSORIALE 6. ASSE MOTORIO- PRASSICO 7. ASSE NEUROPSICOLOGICO 8. ASSE AUTONOMIA 9. ASSE APPRENDIMENTO
  • 17. 17 RITARDO MENTALE (RM) DSM IV  CRITERI DIAGNOSTICI secondo il DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders= Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) dell’ APA (Associazione Psichiatrica Americana): 1. La funzione intellettiva risulta significativamente al di sotto della media con limitazioni in almeno due delle seguenti aree: comunicazione; cura della persona; vita in famiglia; capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione; capacità di funzionamento scolastico; lavoro; tempo libero; salute; ricchezza. 2. Età: Il RM compare prima del 18° anno di età.
  • 18. 18 LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:  RM Lieve QI: 50/70. Comprende l’80% delle persone con RM. E’ difficile la individuazione di queste persone durante la scolarizzazione. Da adulti manifestano abilità sociali e lavorative sufficienti per l’autonomia personale.  RM Moderato QI: 35/49. Comprende il 12% delle persone con RM. Nella scolarizzazione raggiungono sufficienti elementi comunicativi (liv. scol.di II elementare). Se istruiti, da adulti raggiungono soddisfacenti risultati nel lavoro e nelle relazioni sociali. RITARDO MENTALE (RM) DSM IV
  • 19. 19 RITARDO MENTALE (RM) DSM IV LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo il DSM IV:  RM Grave QI: 20/34. Comprende l’7% delle persone con RM. Difficoltà già evidenti nell’età prescolare:scarsissime capacità verbali; eloquio ridotto al minimo; alterazioni gravi dello sviluppo motorio. Nell’età scolare: scarsa autonomia nelle pratiche igieniche: Da adulti: non miglioramenti nella formazione professionale.  RM Gravissimo QI: <20 Comprende il 1% delle persone con RM. Capacità minime a livello senso- motorio. Richiedono assistenza continua e servizi strutturati in modo particolare.  RM Non Specificato. Soggetti non valutabili.
  • 20. 20 LIVELLI DI COMPROMISSIONE secondo l’ ICD – 10: International Classification of Diseases (Classificazione Internazionale delle Malattie) dell’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità):  RM Lieve - QI: 50/69 ; EM: 9/12 anni (adulti)  RM Medio - QI: 35/49 ; EM: 6/9 anni (adulti)  RM Grave - QI: 20/34 ; EM: 3/6 anni (adulti)  RM Profondo - QI: < 20; EM: < 3 anni(adulti) RITARDO MENTALE (RM) ICD - 10
  • 21. 21 CRITERI DIAGNOSTICI secondo l’ AAMD (American Association of Mental Deficiency) (1992) 1. QI <70/75: Abilità intellettive inferiori alla media. 2. Limitazione in due o più delle seguenti aree di abilità adattiva: Comunicazione; Cura di se stesso; Abilità Domestiche; Abilità Sociali; Capacità di utilizzare le risorse della comunità; Autonomia; Abilità nel provvedere alla propria salute e sicurezza; Abilità accademico-scolastiche; Abilità relative alla gestione del proprio tempo libero; Abilità lavorative. 3. Manifestazione del deficit prima del 18° anno di età. RITARDO MENTALE (RM) AAMD
  • 22. 22  FATTORI CROMOSOMICI: Fattori che influenzano la divisione cellulare in senso patologico dal momento del concepimento. Per esempio:Sindrome di Down o Trisomia 21; Trisomia 18; Trisomia 13; Sindrome di Klinefelter, Sindrome di Turner; Sindrome dell’X Fragile.  FATTORI GENETICI: Hanno effetti biochimici patologici. Per esempio: Sclerosi Tuberosa; Fenilchetonuria; Sindrome di Hurler.  EZIOLOGIA MISTA: Associazione di più fattori. Per esempio: Microcefalia; Macrocefalia; Ipotiroidismo congenito. EZIOLOGIA DEL RM FATTORI PRENATALI CROMOSOMICI E GENETICI
  • 23. 23  INFEZIONI IN GRAVIDANZA: per es.: rosolia, toxoplasmosi, cytomegalovirus.  CAUSE IMMUNOLOGICHE: incompatibilità del sangue materno e fetale, per es.incompatibilità del fattore RH  ASSUNZIONE IN GRAVIDANZA DI FARMACI TERATOGENI, DROGHE, ALCOL.  ESPOSIZIONE IN GRAVIDANZA AD AGENTI FISICI NOCIVI, per es.irradiazioni.  PROBLEMI CRONICI DI SALUTE, per es.diabete materno. EZIOLOGIA DEL RM FATTORI DI RISCHIO PRENATALI
  • 24. 24 EZIOLOGIA DEL RM FATTORI DI RISCHIO NATALI e POST-NATALI FATTORI NATALI  NASCITA PREMATURA  SOFFERENZA ALLA NASCITA: asfissia o ipossemia  INFEZIONE DA HERPES GENITALE MATERNO  TRAUMA CRANICO DURANTE IL PARTO FATTORI POST-NATALI  INFEZIONI (Es:encefalite; meningite)  TRAUMA CEREBRALE  VELENI o TOSSINE AMBIENTALI  ANOSSIA  CARENZA ORMONALE (es:ipotiroidismo endemico in aree geografiche con carenze di iodio)  MALNUTRIZIONE
  • 25. 25 ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM PERCEZIONE ATTENZIONE CONCENTRAZIONE MEMORIA LINGUAGGIO PERCEZIONE:  LENTEZZA  IMPRECISIONE  SINCRETISMO: incapacità a collegare ed integrare diversi dati percettivi in unità strutturate. ATTENZIONE: limitata. CONCENTRAZIONE: limitata MEMORIZZAZIONE: limitata (per incapacità ad usare la reiterazione). ABILITA’ COMUNICATIVO- LINGUISTICHE:  POVERTA’ LESSICALE  SEMPLICITA’ e/o SCORRETTEZZA nella struttura sintattica  DIFFICOLTA’ A LIVELLO PRAGMATICO  DIFFICOLTA’ FONOLOGICHE.
  • 26. 26 ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM PENSIERO  CONCRETEZZA o incapacità di raggiungere il pensiero astratto: permanenza allo stadio operatorio concreto o allo stadio preoperatorio.  RIGIDITA’: difficoltà di estendere una conoscenza a situazioni diverse (tendenza alla pedanteria e all’ostinazione); incapacità di adattarsi alla mutabilità del reale; limitata capacità di pianificazione; limitata attività immaginativa e creativa.  VISCOSITA’ del pensiero  INERZIA del pensiero  TENDENZE REGRESSIVE del pensiero  PASSIVITA’ del pensiero
  • 27. 27 ASPETTI PSICOLOGICI DEL RM CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’ E SOCIALITA’ Il COMPORTAMENTO delle persone con RM spesso è caratterizzato da:  RIPETITIVITA’  PASSIVITA’  ECCESSIVA DIPENDENZA DALL’AMBIENTE che può manifestarsi come INFLUENZABILITA’ e SUGGESTIONABILITA’ Il vissuto di frequenti insuccessi può determinare uno stato di ANSIA che può manifestarsi : a) nel bambino come: IMPULSIVITA’- IPERATTIVITA’ – BASSA TOLLERANZA ALLE FRUSTRAZIONI; b) nel ragazzo e nell’adulto come: PAURA DELL’INSUCCESSO – TENDENZA AL RITIRO – COMPORTAMENTI COMPULSIVI Esiste una stretta correlazione tra COMPETENZA SOCIALE (COOPERATIVITA’, EMPATIA, ASSERTIVITA’, CONTROLLO) E COMPETENZA COGNITIVA (FUNZIONAMENTO SCOLASTICO):quanto più il ragazzo con RM è socialmente competente, tanto più è valido il suo funzionamento scolastico.  ).
  • 28. 28 AUTISMO o SINDROME DI KANNER  L’autismo rappresenta una delle più gravi manifestazioni che colpiscono il bambino nella sua capacità di comunicare e di instaurare relazioni con il mondo esterno.  Kanner riteneva che i bambini autistici: fossero dotati di un QI superiore alla norma e provenissero da famiglie di livello socio-culturale alto.  Ciò è stato smentito dai fatti, in quanto: nel 70 -80% dei casi di autismo il QI è inferiore alla media e l’appartenenza alla classe sociale è ininfluente.
  • 29. 29 ASSUNTI DI BASE DELLA SINDROME AUTISTICA (Freeman,1997)  E’ una sindrome definita su base comportamentale, che si caratterizza in sottotipi diversi per eziologia e trattamento.  E’ un disturbo a spettro con sintomi combinati in modi diversi tra loro (Diversi gradi di gravità).  E’ una diagnosi in evoluzione.  E’ una diagnosi di tipo retrospettivo.  E’ un disturbo ubiquitario.  E’ spesso associata ad altre sindromi.
  • 30. 30 DISTURBO AUTISTICO - DSM IV Il Disturbo Autistico fa parte dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Esso va distinto da altri Disturbi:  Disturbo di Rett, di origine genetica; si manifesta solo nelle femmine  Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza  Disturbo di Asperger
  • 31. 31 AUTISMO ICD 10 (1993) CRITERI DIAGNOSTICI 1.L’autismo è un disturbo delle sviluppo (sviluppo anormale o blocco dello sviluppo) che si manifesta prima dei 3 anni in almeno una delle seguenti aree:  Linguaggio recettivo o espressivo  Sviluppo di relazioni sociali privilegiate o di interazioni sociali reciproche  Gioco funzionale o simbolico. 2.Debbono essere presenti almeno 6 sintomi compresi nella Triade dei Disturbi:  Disturbi sociali  Disturbi linguistici  Disturbi comportamentali.
  • 32. 32 AUTISMO TRIADE DEI DISTURBI  Anomalie di carattere qualitativo nelle interazioni reciproche (DISTURBI SOCIALI):uso dello sguardo, dell’espressione facciale, della postura e della gestualità. Assenza di reciprocità socio-affettiva (emozioni, adattamento al comportamento altrui; integrazione). Assenza di condivisione di giochi, interessi, ecc.  Anomalie di carattere qualitativo della comunicazione (DISTURBI DI LINGUAGGIO):ritardo o assenza del linguaggio e della gestualità. Mancanza di reciprocità nelle comunicazioni verbali: Stereotipie ed ecolalie,ecc.  Insieme limitato, ripetitivo e stereotipato di comportamenti, interessi e attività (DISTURBI DI COMPORTAMENTO):uno o più interessi stereotipati ed esclusivi. Rituali specifici e non funzionali. Manierismi e stereotipie. Attenzione per parti di oggetti o per elementi non funzionali di materiali di gioco.
  • 33. 33 SVILUPPO PSICOLOGICO DEL BAMBINO AUTISTICO  SVILUPPO SOCIALE: Difficoltà iniziale nell’interazione madre-bambino (disfunzione degli scambi emotivi e cognitivi). Disturbo nella relazione di attaccamento. Successive difficoltà nelle relazioni affettive e amicali.  SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO: Difficoltà nell’uso della gestualità convenzionale e nell’imitazione verbale (a livello preverbale). Carenza di attenzione condivisa. Successivamente: linguaggio verbale assente o ecolalico o stereotipato e pedante; uso scorretto di pronomi, grammatica e sintassi. Difficoltà a livello pragmatico. Spesso: linguaggio non comunicativo.  SVILUPPO COGNITIVO: Variabilità.Spesso QI < norma. Spesso QIV < QIP. Spesso deficit cognitivi con QI normale. Carenze nella teoria della mente.
  • 34. 34 DISABILITA’ MOTORIE  DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO ALL’APPARATO ESECUTORE (DANNO PERIFERICO): il più frequente (Distrofia muscolare di Duchenne) è causato da una progressiva degenerazione delle fibre muscolari e nervose fino ad una totale compromissione motoria, ad eziologia genetica.  DISTURBO DELLA FUNZIONE MOTORIA DA DANNO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE: 1. Danno specifico: Lesione aree cerebrali motorie (Paralisi cerebrale infantile) 2. Danno aspecifico: Lesione di aree cerebrali non motorie (Ritardo Mentale Grave).
  • 35. 35 PARALISI CEREBRALE INFANTILE  Definizione: E’ “un disordine del movimento dovuto a un difetto o a una lesione del cervello ancora immaturo” (Lipkin- 1992).  Caratteristiche: 1. Precocità (entro il 2°/3° anno di vita) 2. Stabilità.  Cause 1. Prenatali: malformazioni congenite (es.,spina bifida); fattori genetici; episodi ischemici. 2. Perinatali: emorragie intracerebrali ed intraventricolari; asfissia; prematurità. 3. Postnatali: Traumi; eventi anossici; infezioni o agenti anossici;ecc
  • 36. 36 MANIFESTAZIONI MOTORIE DELLE P.C.I. TRE FORME PRINCIPALI Da Pfanner e Paulicelli – 1993:  Sindrome spastica o ipertonica: Disturbo del tono muscolare che coinvolge gli arti.  Sindrome atassica: Disturbo della coordinazione dei movimenti.  Sindromi discinetiche: Disfunzioni del sistema extrapiramile con interessamento dei gangli della base.  Deficit associati: Ritardo Mentale; Disturbi della comunicazione; Deficit visivi e uditivi; Strabismo; Epilessia; Disturbi emotivi e comportamentali (soprattutto nell’adolescente).
  • 37. 37 SINDROME SPASTICA O IPERTONICA  Tetraplegia: si evidenzia fin dalla nascita e interessa tutti e 4 gli arti in uguale misura. Grave. Si associa a disturbi visivi, epilessia; RM.  Diplegia Spastica: i disturbi riguardano prevalentemente (ma non solo) gli arti inferiori.  Emiplegia spastica: i disturbi riguardano gli arti (sup. e inf.) di un solo emilato. SINDROME ATASSICA Si associa a ritardo psicomotorio e del linguaggio(nel bambino); talvolta a RM. (nell’adulto).  Atassia congenita  Diplegia atassica SINDROMI DISCINETICHE  Forma atetosica: ipotonia; movimenti lenti, aritmici, continui, involontari a carico di volto, lingua e mani.  Forma distonica: alterazioni della regolazione del tono muscolare. Sono presenti lente, sostenute, toniche e involontarie contrazioni muscolari: Ipercinesie della faccia e della lingua. Disartria.
  • 38. 38 ASPETTI COGNITIVI DELLE P.C.I.  Il funzionamento cognitivo nelle persone con p.c.i. può variare dalla normalità al deficit mentale (anche grave) in base a molti fattori, tra cui l’estensione della lesione e la presenza di altri deficit associati.  In rapporto alle diverse forme nosografiche, il deficit mentale è maggiore nei teraplegici, mentre relativamente meno colpiti sono i mono ed emiplegici, e gli atetosici.  Il bambino con p.c.i. può manifestare disturbi cognitivi direttamente collegati all’estensione della lesione in aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive superiori: turbe delle funzioni neuropsicologiche.  Altri disordini cognitivi risultano secondari alle limitazioni imposte dall’ impedimento motorio e dalla conseguente limitazione dell’attività esplorativa del bambino, che è alla base della formazione della conoscenza. Ma a tale proposito occorre tenere presente che la formazione della conoscenza nei primi anni di vita non è tanto legata all’esecuzione di atti motori, quanto all’intenzione di eseguirli (formulazione di un’ipotesi e pianificazione per il raggiungimento di uno scopo).  Pertanto per il processo educativo e riabilitativo è utile valutare la presenza di intenzioni, di progetti di conoscenza e di esplorazione della realtà.
  • 39. 39 TURBE DELLE FUNZIONI NEUROPSICOLOGICHE NELLE P.C.I. DISTURBI DEL LINGUAGGIO  Le disartrie/-anartrie: Turbe dell’articolazione dei fonemi complessi che consegue ad una compromissione neurofunzionale degli apparati neurali centrali deputati alla produzione del linguaggio (De Negri,2004).  I difetti del linguaggio conseguenti ad insufficienza uditiva  Le disfasie: turbe del linguaggio che riguardano la scelta e l’elaborazione della parola.  Le aprassie o le disprassie buccofonatoria: Disordini fonetici (espressione) DISTURBI PRATTO-GNOSICI I più frequenti disturbi prattognosici sono:  le astereognosie: incapacità ad identificare un oggetto con il tatto  I disturbi dello schema corporeo o somatognosici: disturbo della conoscenza o dell’uso del proprio corpo  I disturbi dell’orientamento spaziale  I disturbi ritmico-temporali  I disturbi costruttivo-prassici.
  • 40. 40 ASPETTI EMOTIVI AFFETTIVI SOCIALI E COMPORTAMENTALI DELLE P.C.I. Le limitazioni motorie ostacolano il normale processo di individuazione / separazione (costruzione dell’identità). A causa dell’ eccessiva dipendenza si possono manifestare: 1. nel bambino: intolleranza verso la separazione dalla madre (rapporto di fusione-confusione) e scarsa coscienza delle proprie difficoltà; 2. Nell’adolescente:difficoltà emotive per inaccettazione delle proprie menomazioni.  Rischio di isolamento sociale, a causa della scarsa condivisione di esperienze con i pari e carenza di relazioni privilegiate.  Difficoltà sessuali, per carenza di apprendimenti di comportamenti appropriati.  Adattamento sociale povero.
  • 41. 41 DISABILITA’ UDITIVA ASPETTI TERMINOLOGICI Sordomuto (sordo+muto): raramente il sordo è anche muto. Sordo: raramente il deficit della percezione uditiva è totale. Audioleso: percezione uditiva deficitaria a causa di una lesione Ipoacusico: percezione uditiva deficitaria. TIPI DI SORDITÀ in base a: 1. Localizzazione del danno: s. trasmissiva; s. percettiva; s. mista. 2. Grado di gravità: s. leggera; s. media; s. grave; s. profonda. 3. Causa: s. ereditaria, s. acquisita. 4. Epoca di insorgenza: s. da causa prenatale; s. da causa peri- natale; s. da causa post-natale.
  • 42. 42 TIPI DI SORDITA’ LOCALIZZAZIONE  Sordità trasmissiva: lesione dell’orecchio esterno e medio; anomalie di conduzione.  Sordità percettiva neurosensoriale: anomalie di percezione per deficit all’orecchio interno e/o alle innervazioni.  Sordità percettiva centrale: anomalie di percezione per danno cerebrale  Sordità mista: percettive e trasmissive GRADO DI GRAVITÀ  Leggera: perdita tra 20 e 40 db.  Media: perdita tra 40 e 70 db.  Grave: perdita tra 70 e 90 db.  Profonda: perdita >90db.
  • 43. 43 SVILUPPO AFFETTIVO E SOCIALE NELL’AUDIOLESO Nella prima infanzia Rischio di:  Attaccamento insicuro nella diade madre- bambino  Interazioni ridotte  Disturbo della reciprocità nella comunicazione  Insicurezza e dipendenza (a causadell’ eccessiva intrusività e direttività materna). Nell’ adolescenza e nell’età adulta Rischio di:  Impulsività,  Iperdipendenza,  Bassa autostima,  Aggressività,  Difficoltà relazionali.
  • 44. 44 Lo sviluppo cognitivo dipende sia dalle capacità di base del soggetto audioleso, sia dalle modalità educative e riabilitative. Tradizionalmente sono stati riscontrati:  Un ritardo cognitivo di 2/4 anni rispetto ai coetanei.  Il raggiungimento del pensiero operatorio concreto, ma non quello operatorio formale.  Memorizzazione carente non per capacità di base, ma per mancanza di strategie appropriate di metamemoria. SVILUPPO COGNITIVO NELL’AUDIOLESO
  • 45. 45 NELL’AUDIOLESO SVILUPPO LINGUISTICO Caratteristiche del linguaggio nella sordità prelinguale grave e profonda  I bambini con sordità grave e profonda prelinguale smettono di emettere suoni dopo i sei mesi.  Se stimolati adeguatamente (con il linguaggio dei segni , opportuna rieducazione e protesi possono presentare ritardi di gradi diversi nell’acquisizione del linguaggio e, successivamente, nell’apprendimento della letto-scrittura. Caratteristiche generali del linguaggio del sordo  Vocabolario ridotto, povero e tendenzialmente concreto  Presenza di errori: 1. uso scorretto di modi e tempi dei verbi, errori nella coniugazione. 2. Omissioni e sostituzioni di articoli, pronomi, preposizioni. 3. Omissioni degli ausiliari. 4. Imprecisioni lessicali.
  • 46. 46 DISABILITA’ VISIVA  Acuità visiva: Capacità di distinguere a una distanza data determinate forme o di discriminare due punti vicini. Si misura in decimi (in Italia). Visus normale: 10/10 per ciascun occhio, cioè: capacità di leggere le prime 10 righe di un ottotipo a 5 metri di distanza. Per valutare della percezione visiva nel bambino piccolo si usano i PEV (potenziali visivi evocati)e il preferential looking.  Ampiezza del campo visivo  Deficit visivi: 1. Ambliopia (riduzione dell’acuità visiva); 2. emianopsia e scotomi (riduzione del campo visivo).
  • 47. 47 CECITA’ E IPOVISIONE  Cecità totale: Impossibilità di percepire qualsiasi stimolo visivo.  Cecità legale: Residuo visivo di 1/10 (in Italia). Benefici di legge.  Cecità civile: Residuo visivo di 1/20 (in Italia).  Ipovisione: Capacità visiva parziale. Residuo visivo tra 1/10 e 3/10 oppure campo visivo <30%.  Cecità reale: E’ oggettivamente cieco colui che non dispone di nessuna percezione visiva derivante da stimoli ambientali luminosi.  Cecità funzionale: E’ funzionalmente cieco colui che, pur disponendo di percezioni visive (luci e ombre, colori, forme vaghe,ecc.) non le può organizzare in percezioni utili all’ adattamento quotidiano.
  • 48. 48 SEVERITA’ DEL DIFETTO VISIVO SECONDO L’OMS  CECITA’ MODERATA acuità visiva: 3/10 – 1/10 ampiezza del campo visivo: 30° - 11°  CECITA’ GRAVE O SEVERA acuità visiva: < 1/10 – 1/20 ampiezza del campo visivo: 10° - 6°  CECITA’ MOLTO GRAVE acuità visiva: < 1/20 – 1/50 ampiezza del campo visivo: 5° - 3°  CECITA’ QUASI TOTALE acuità visiva: < 1/50 – percezione luce ampiezza del campo visivo: 2° - 1°  CECITA’ ASSOLUTA acuità visiva: assenza di percezione luminosa ampiezza del campo visivo: assenza di campo visivo
  • 49. 49 DISABILITA’ VISIVA EZIOLOGIA E EPIDEMIOLOGIA EZIOLOGIA  Cause congenite (27/50%) : fattori genetici e prenatali extragenici.  Cause perinatali: anossia; prematurità e relativi trattamenti; diabete materno; ecc.  Cause postnatali: infezioni virali; fattori immunitari; ecc. EPIDEMIOLOGIA Incerta. Si stima una frequenza di 0,02%.
  • 50. 50 SVILUPPO DEL BAMBINO NON VEDENTE  Area di sviluppo direttamente colpite dalla cecità (Blind specific) : coordinazione visuo-motoria (non completamente compensabile)  Aree di sviluppo indirettamente colpita dalla cecità (Blind non specific) : abilità locomotorie e abilità di motricità fine (completamente compensabili).
  • 51. 51 SVILUPPO MOTORIO NEL BAMBINO NON VEDENTE  Effetti diretti della cecità. Inizialmente c’è un ritardo nella motricità volontaria: sollevarsi sulle braccia, spostarsi da una posizione all’altra, deambulare,prendere un oggetto sonoro (“mani cieche”).  Effetti indiretti della cecità. Successivamente: una minore elicitazione dell’attività motoria in mancanza di stimoli visivi; minori stimolazioni sociali iniziali; maggiore insicurezza nel comportamento esplorativo; ritardo nella costruzione del reale.  E’ necessario stimolare la prestazione motoria con strategie specifiche: incentivare il bambino alla verbalizzazione delle esperienze;stabilire in modo chiaro e preciso i punti di partenza e di arrivo di ogni percorso da eseguire; iniziare l’attività in ambiente protetto; motivare il bambino al compito.
  • 52. 52 SVILUPPO COGNITIVO AFFETTIVO SOCIALE E LINGUISTICO NEL BAMBINO NON VEDENTE  Lo sviluppo cognitivo dei bambini privati della vista nei primi 6 mesi di vita è differente da quello degli altri b.non vedenti. Il fenomeno delle mani cieche ed il ritardo motorio determinano un ritardo nello sviluppo dell’ intelligenza senso-motoria: la ricerca degli oggetti deve fondarsi su afferenze sensoriali sonore e tattili (soprattutto). Successivamente lo sviluppo cognitivo è normale, anche se caratterizzato da egocentrismo (le percezioni e le localizzazioni hanno come punto di riferimento il proprio corpo.  Sviluppo affettivo: ritardo poi compensato nella fase di attaccamento.  Sviluppo sociale: il permanere dell’ egocentrismo può causare difficoltà nella socializzazione (compensabile).  Sviluppo del linguaggio: inizialmente un po’ ritardato, successivamente normale con tendenza all’iperverbalismo.
  • 53. 53 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI  De Negri, M.: Neuropsichiatria dell’età evolutiva, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2004.  Soresi, S., Nota, L.:La facilitazione dell’ integrazione scolastica, Pordenone, Erip, 2001.  Soresi, S.: Psicologia dell’ handicap e della riabilitazione, Bologna, Il Mulino, 1998.  Zanobini, M., Usai, M.C.: Psicologia dell’ handicap e della riabilitazione: i soggetti, le relazioni, i contesti in prospettiva evolutiva. Nuova edizione riveduta e ampliata, Milano, Franco Angeli, 1999 (Testo di base).