V.E.D.U.T.A. Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e Assistenza
•0 j'aime•399 vues
Signaler
Partager
Télécharger pour lire hors ligne
Presentazione di Maria Giulia Marini al congresso di Federdolore (Taorimina 5 ottobre 2012) del progetto VEDUTA Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e Assistenza
V.E.D.U.T.A. Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e Assistenza
1. V.E.D.U.T.A.
Valori Esistenziali
contro il Dolore
nelle Unità di Terapia e
Assistenza
Maria Giulia Marini
Taormina,
5 ottobre 2012
2. Obiettivi di V.E.D.U.T.A.,
indagine qualitativa e narrativa
• Ricostruzione dell’identità professionale dei
terapisti del dolore in Italia
• Comprendere i bisogni individuali e organizzativi
• Creare una situazione favorente la costruzione di
una rete relazionale tra i professionisti (come
categoria e all’interno delle strutture)
3. Identità, clima e organizzazione
Dal latino idem, medesimo, stesso. Al di là della
maschera e del ruolo. Passato, presente e
aspettative future e valori esistenziali,
Dal greco inclinazione, piegamento: un clima
organizzativo è quindi l’inclinazione strutturale di un
sistema organizzato.
Dal greco , strumento, arnese e che si
riconnette a opera, lavoro.
4. Ministero Federdolore-
Professionisti SICD
della
sanitari
salute
Terapia
del SIAARTI
dolore
ISAL
CittadinazAttiva
ESRA
5. Fasi di progetto
-Istituzione del comitato di indirizzo
Dicembre 2011 -Coinvolgimento delle associazioni che si occupano di
FASE 1 Gennaio 2012 dolore
FASE Gennaio 2012 - Definizione del campione
2-3 Febbraio 2012 - Messa a punto degli strumenti
Marzo 2012
FASE 4 - Conduzione della survey
Giugno 2012
Giugno 2012 -Analisi dei dati
FASE 5 -Scrittura del report e condivisione con il
Luglio 2012 comitato di indirizzo
FASE 6 Agosto 2012 - Comunicazione e diffusione dei risultati
Ottobre 2012
6. Il 53.7% dei professionisti intercettati dei
ha risposto: 184 interviste and 87 storie
Tutte le regioni italiane hanno contribuito al progetto, ma in particolar
modo il Nord Italia.
100%
86% 83% 80%
75% 75% 68%
60% 62% 67% 62% 54%
50% 43%
35% 37% 40%
13% 19%
10%
7. La professione: il 21% preferisce
mantenere l’anonimato
21%
4%
0% medici
amministrativi
infermieri
75% non risposte
8. Una possibile fotografia dei terapisti
del dolore
• 63% di uomini, 34% di donne
• Età media dei professionisti avanzata: 50,9 anni
• Composizione familiare “tradizionale”: 70%
coniugato e il 93% ha figli
• Nel 87.7% anestesia è la specialità di provenienza
• Nel 87% dei casi, la struttura di appartenenza è
pubblica
• Nel 85% dei casi contratto a tempo indeterminato
9. Ruolo di coordinamento tra
prospettive di genere: ancora lontane
le pari opportunità
4%
18%
40%
56%
82%
professionista con ruolo di responsabilità Donne con responsabilità Uomini con responsabilità
professionista senza ruolo di responsabilità
Non risposte
10. Stima di sé e fiducia nell’ Altro tra Uomo e
Donna emerse dalle narrazioni
21
9
F
16 M
13 3
3 1
1
I am OK, you are OK I am OK, You are not I am not OK, you are I am not Ok, you are
Ok OK Not OK
“Donne più serene e fiduciose degli uomini?”
11. Identità sulla presenza e assenza di ruolo di
coordinamento
Con ruolo di RESPONSABILITA’ Senza ruolo di RESPONSABILITA’
78% uomini 22% donne 46% uomini 54% donne
Età media: 53 anni Età media: 47 anni
mediana: 54 anni mediana: 48 anni
82% sono medici, 2% infermieri, 2% altro 73% sono medici, 8% infermieri,
14% non specifica 19% non specifica
91% ha un contratto a tempo indeterminato 84% ha un contratto a tempo indeterminato
1% Anestesia e rianimazione Anestesia e
1% rianimazione
1% 1% Anestesia e terapia del 2% Anestesia e terapia del
1% 1%
2% 1% dolore/antalgica 2% 2% 2% dolore/antalgica
6%
Algologo 2% 2% reumatologia
19%
Fisioterapia 17% patologia generale
65%
72% Geriatria oncologia
Medicina Generale Altro
Neurochirurgia Malattie infettive
12. Identità di chi si dedica esclusivamente o
parzialmente alla terapia del dolore
Dedicata FULL TIME alla terapia del dolore Dedicata PART TIME alla terapia del dolore
61% uomini 39% donne 66% uomini 34% donne
Età media: 52 anni Età media: 49 anni
mediana : 54 anni mediana: 51 anni
87% sono medici, 11% infermieri, 2% altro 80% sono medici 20% non specifica
86% ha un contratto a tempo indeterminato 90% ha un contratto a tempo indeterminato
neurochirurgia
reumatologia
1%
2% 1% 1% 4% 1%
3% 2% 3% terapia dell dolore patologia generale
2% 3% 2% 1%
19% 2% 20%
psichiatria oncologia
2%
neurologia
oncologia
geriatria
60% cure palliative 71%
fisioterapia
medicina generale Anestesia e
rianimazione
malattie infettive Anestesia e terapia del
dolore/antalgica
13. La legge 38/2012 – secondo il 68% dei compilatori la
terapia del dolore è poco visibile per chi amministra o
non è visibile per nulla, per il 24% è abbastanza visibile o
lo è molto.
“Se ne sono accorti dopo l'arrivo dei NAS a Luglio 2011. Era tutto a posto
ed il lavoro lo avevo fatto io (formazione, linee giuda, aumento oppiacei
etc... ). L'amministrazione si era completamente disinteressata del
problema.”
“Non è cambiato nulla sebbene la legge sia chiara; non per carenze della
legge ma per inerzia degli amministratori con l'eccezione, nella mia realtà
regionale, della rete di dolore e cure palliative pediatriche.”
“La figura del terapista del dolore non è ancora riconosciuta, non ha
dignità professionale, e questo penalizza soprattutto i giovani
professionisti che vorrebbero dedicarsi a questa specialità.”
14. La legge 38/2010 – il 52% dei partecipanti ritiene che sia
stata abbastanza utile e molto utile, mentre il 38% pensa
che abbia agevolato la visibilità poco o per nulla della
terapia del dolore tra professionisti sanitari
“Purtroppo la legge non fa cambiare la mentalità. Serve tanta
formazione e sensibilizzazione.”
“Solo a livello informativo. Non ha cambiato nulla in merito ad un
necessario ampliamento dell'organico per garantire un vero ospedale
senza dolore, e neanche in merito ad una implementazione degli
strumenti (farmaci e tecnologie invasive) necessari per controllare le
diverse tipologie di dolore.”
“Penso che avere bisogno di una legge per " curare il dolore" non è
certo indice di civiltà del nostro paese. Non ci sono leggi per il dolore
in Spagna, Francia, etc eppure fanno molto più di noi per il paziente
algico.”
15. Come lavoriamo?
11% 5%
In equipe Part-time
28% 40%
61% Da soli 55% Full-Time
Non risposte Non risposte
11% 5%
Senza libertà decisionale
30%
Professionista 39%
industrioso
Eroe 14%
Non classificabile
2%
L’ 11%, dalle metafore narrative, esprime immagini riconducibili alla
solitudine, che trova riscontro nel 28% di terapisti del dolore che
lavorano ancora in completa autonomia senza avere un equipe di
riferimento e confronto.
16. La collaborazione con i medici di medicina
generale: un 40% di comunicazioni telefoniche
a testimoniare il costruirsi della continuità
assistenziale
41%
31%
13%
6%
4% 3%
2%
Di persona Solo telefonica Solo email/fax Non c'è Tramite Non risposte In ospedale
anche in collaborazione refertazione alla presenza
ospedale senza del paziente e
la presenza del della famiglia
paziente
17. I pazienti e i familiari; non fonte di stress ma
di energia, il senso di una professione
Fonte di stress… Fonte di energia…
38%
63%
23%
35%
16%
12%
8%
3%
0% 1% 1%
Paziente Familiari Entrambi Nessuno Altro Non Paziente Familiari Entrambi Nessuno Altro:
risposte lavoro
corale
“Practictioners must be prepared to offer the self as a therapeutic
instrument."
Rita Charon, Narrative medicine: Honoring the stories of illness: Oxford
University Press, 2006
18. Domande alternative; come curare il dolore?
Il dolore può avere un’origine psicosomatica?
agopuntura
1% 1%
7% 5%
Mi è capitato di
22% messaggi pensarlo
39%
Ne sono certa/o
26% 7% fisioterapia
59%
27% Non credo in questo
psicoterapia legame
Non risposte
terapia olistica
19. Come abbiamo scelto di
diventare terapisti del dolore?
38%
34%
9%
6% 6%
2% 2% 1% 2%
Forte Era la mia Era destino E' un ramo C'era Per motivi Per caso Altro Non risposte
motivazione strada anche specialistico possibilità di pratici (es.
professionale se non lo in espansione lavoro orari comodi)
sapevo
Il 46 % dei terapisti del dolore decide di intraprendere questa strada
con una motivazione collegata ad un desiderio di esercizio della
professione, ad una ricerca di senso e significato esistenziale, e si
riconduce al quadro valoriale solido e stabile del “chi siamo”. Il 9 %
esprime una dimensione pratica.
20. La trama lineare della narrazione: il paese
scelto a metafora di una comunità organizzata
Il testo è stato segmentato secondo le fasi della Morfologia della
Fiaba di Propp:
• C’era una volta un/una– equilibrio iniziale
• Attraverso un lungo viaggio – la rottura dell’equilibrio e il
percorso
• Arrivò al paese delle cure alle persone che soffrono– l’incontro
con la descrizione minuziosa degli abitanti e dei luoghi
• Ma un brutto giorno accadde che- la prova
• Poi però successe anche che- le risorse messe in campo per
il superamento della prova
• Ora quel paese è- finale
• Quel paese sarà felice a condizione di
21. La scelta dell’individuo verso la comunità
organizzata: cosa offre e riceve?
4%
• “Allora decise che si sarebbe fermato in
20% 27% quel paese perché avrebbe potuto essere
se stessa , dare amore e poteva aiutare a
15%
creare altra polvere magica…”
34%
• “ Allora decise che valeva la pena fermarsi
a Paina perché la sua freschezza avrebbe
potuto portare un'ondata di novità per tutti
aiutare curare imparare dolore missione
e in particolare per i Lenitori...”
• “Allora decise che si sarebbe fermato in
quel paese perché avrebbe potuto
diventare come loro, aiutare ad alleviare il
dolore, ridare forza a coloro che non
riuscivano a curare più…”
22. Il copione dominante
nelle narrazioni raccolte….
l'organizzazione si sconvolge
7%
20% 43% la sofferenza degli operatori
la cura dei malati
25%
5%
la storia di un percorso
incomplete
23. “C‟era una volta un bambino che attraverso un lungo viaggio, raggiunse
il nonno che abitava nel paese delle cure alle persone che soffrivano
[…].Un giorno il bimbo arrivò dal nonno; ma il nonno non era in casa.
Allora chiese ai genitori dove fosse. loro risposero: in ospedale, non
riusciva più a potare la vite per il dolore alle braccia. „Voglio andare a
trovarlo‟ disse il bimbo. Allora scoprì l'ospedale. Lì c'erano molte
persone e non tutte soffrivano...”
“Ma un brutto giorno accadde che arrivò una terribile tempesta.
Poi però successe anche che il gabbiano si rifugiò in un anfratto
dell‟altra scogliera. Ora quel paese è tornato a rivivere.
Quel paese sarà felice a condizione di continuare ad aprirsi verso
l'esterno, proteggendosi ma non chiudendosi.”
“Ma un brutto giorno accadde che il mare si gonfiò di lacrime. Poi però
successe anche che il sole asciugò le lacrime. Ora quel paese è felice e
sereno. Quel paese sarà felice a condizione di dedizione e
apprendimento continui.”
24. Gli ideatipi nelle metafore
La metafora maggiormente ricorrente (39%) è l’aiuto al malato “ultima
spiaggia”, “la luce dopo il tunnel” “un grande ombrello”, “il porto per un
mare in tempesta” “un‟ancora di salvezza”- l’icona del
benefattore.
La seconda immagine maggiormente ricorrente (30%) è quella di un
professionista industrioso che lavora instancabilmente
“un sarto industrioso senza attrezzi”, “pronto a far tutto la notte e il
giorno sempre d'intorno in giro sto... (Barbiere di Siviglia)”, “un
amalgama tra gli altri specialisti”, “a volte mi sento come il vigile
all'incrocio trafficato che deve cercare il modo migliore per rendere
fluido ed efficace la circolazione”.
25. Gli ideatipi nelle metafore
Segue la metafora dell’eroe, icona del salvatore -declinato da
don Chisciotte con i suoi mulini a vento, al Crociato al Paladino- che
rappresenta il 14% delle risposte e descrive un animo idealista e
orientato a grandi obiettivi a volte non sempre realizzabili. Un altro
11% esprime invece immagini riconducibili alla solitudine.
L’ultimo 5% rappresentato restituisce immagini di prigionia o
limitazioni classificabili come mancanza di libertà decisionale nel
contesto professionale.
26. Le metafore e i sentimenti: dal dolore del
professionista industrioso alla rabbia di chi è
prigioniero
8%
17%
8%
33%
40%
50%
28%
gioia
75% rabbia
30%
28% dolore
67%
paura
50%
30% 28%
8%
professionista eroe senza libertà solitudine sollievo
industrioso decisionale
27. Un confronto di autostima e stima nell’Altro
tra Chi si dedica esclusivamente o
parzialmente alla cura del dolore
53%
51%
48% 47%
37%
32% Dedicati full time alla terapia del
dolore
Dedicati part-time alla terapia del
16% dolore
9% Campione totale
4% 3%
I am OK you I am OK you I am NOT OK I am NOT OK
are OK are NOT OK you are OK you are NOT
OK
28. Un confronto tra autostima e stima nel
percepito altro in assenza di chi ha
funzioni di coordinamento
50% 51%
48%
42%
37%
33%
Con funzioni di responsabilità
Senza funzioni di responsabilità
14% Totale Terapisti
8% 9%
5% 3%
I am OK you I am OK you I am NOT OK I am NOT OK
are OK are NOT OK you are OK you are NOT
OK
29. I sentimenti più presenti nei racconti:
più addolorati le persone senza
funzione di responsabilità?
52%
39%
Con funzioni di
32% responsabilità
29%
26% Senza funzioni di
23% 24% responsabilità
22%
Campione totale
14% 15%
13%
10%
GIOIA RABBIA DOLORE PAURA
30. I sentimenti più presenti nei racconti: più
arrabbiati le persone non esclusivamente
dedite alla cura del dolore?
39%
37%
31%
27% 26%
23% 23% Dedicati full time alla terapia del
22%
21% dolore
19%
Dedicati part-time alla terapia
16%15% del dolore
Campione totale
GIOIA RABBIA DOLORE PAURA
31. Quel paese idealmente sarà felice a
condizione di…
• Aumentare il personale
• Potenziare le conoscenze ed il know how delle
risorse umane che lavorano nell’ambito della
terapia del dolore
• Aumentare i letti dedicati alla terapia del dolore e gli
spazi per i pazienti ambulatoriali
• Creare e potenziare una rete con un gli altri servizi
e sul territorio
32. Uomo, 46 anni, medico con funzioni di
coordinamento dedicato part time alla terapia del
dolore
“C'era una volta un ragazzino di dodici anni che attraverso un lungo viaggio arrivò
davanti al mare in una sera di primavera, al paese delle cure alle persone che soffrivano: poco
distante dalla spiaggia c‟era un piccolo villaggio di pescatori dove ognuno era partecipe della vita
degli altri.
Il paese era vicino al villaggio, dava sul mare, dietro una pianura e poi le montagne.
In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da ogni città vicina ed
erano persone fatte di acqua, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di aria.
E poi, in quel paese, vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì per curare quelli che ne avevano
bisogno ed erano fatti di terra.
Quando il ragazzino vide per la prima volta i visi delle persone intente a curare e pensò che quei
visi fossero sereni, e poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero capaci, e poi guardò ciò
che facevano, e ascoltò le loro parole che erano parole di rassicurazione.
Allora decise che si sarebbe fermato in quel paese perché avrebbe potuto essere come loro.
Ma un brutto giorno accadde che gli uomini grigi della città decisero di costruire qualcosa che lui
sapeva sarebbe stato inutile, lì in quel posto.
Poi però successe anche che quegli uomini grigi non riuscivano a sopportare la luce, il profumo del
mare, l‟aria fresca che scendeva dalle montagne e andarono a costruire ciò che era inutile nel
deserto al di là delle montagne.
Ora quel paese è tornato alla tranquillità.
Quel paese sarà felice a condizione di saperne leggere la bellezza.”
33. Donna, 43 anni, senza responsabilità di
coordinamento dedicata full time alla terapia del dolore
“C'era una volta una donna che attraverso un lungo viaggio tra paesi e colline arrivò al paese delle
cure alle persone che soffrivano di solitudine. Il paese era vicino al mare. Nel paese non c'erano solo
le persone che soffrivano che erano venute dai luoghi vicino alle rocce desolate ed erano persone
fatte di grigio, ma c'erano anche i loro cari attorno e erano fatti di carta velina. E poi, in quel paese,
vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì per curare quelli che ne avevano bisogno ed erano fatti di
crema pasticcera, burro e cioccolato. Quando arrivò vide per la prima volta i visi delle persone
intente a curare e pensò che quei visi fossero luminosi e poi guardò le mani e pensò che quelle mani
fossero esperte di vita e poi guardò i loro occhi e ne vide lo sforzo di guardare, le loro bocche e
scoprì che sorridevano e sapevano tacere e ascoltò le loro parole che erano nella stessa lingua di
chi soffriva, da qualunque parte del mondo venissero i sofferenti.
Allora decise che si sarebbe fermata in quel paese perché avrebbe potuto imparare ed insegnare.
Ma un brutto giorno accadde che la solitudine contagiò anche le persone che curavano. Poi però
successe anche che le persone che curavano si fermarono a guardarsi l’un l’altra e capirono che
dovevano prendersi molta cura di sé per curare gli altri e iniziarono a parlare tra loro ricordandosi
che erano persone come le altre, solo collocate in un momento diverso della vita.
Ora quel paese è pieno di armonia. Quel paese sarà felice a condizione di non dimenticarsi che
curati e curanti sono persone, accomunate da un senso profondo dell’esistenza.”
34. Donna, 44 anni, Infermiera professionale
“C'era una volta una farfalla con grandi ali e colori allegri e splendenti che attraverso un lungo
viaggio fra fiori profumati e sgargianti, frutti colorati e fili d'erba arrivò al paese delle cure alle
persone che soffrivano perché una brutta malattia aveva spento i loro colori e non riuscivano più a
vedere nulla attorno a loro. Il paese era circondato da colline verdi punteggiate di fiori, specchi
d'acqua limpidissima, animaletti colorati che zampettavano allegramente ovunque. In quel paese
non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da tutti quei paesi che prima erano
allegri colorati, pieni di vita e di armonia ed erano fatte di colori spenti, tristi, opachi e sempre più
bui, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di vibrazioni di ansia, di moti di
preoccupazione, di sorrisi e rassicurazioni dipinte di giallo per nascondere la verità. ...... Quando la
farfalla, attraverso gli occhi delle persone che soffrivano vide per la prima volta i visi delle persone
che curavano, pensò che quei visi fossero come un raggio di sole che fa risplendere i colori, poi
guardò le mani e pensò che quelle mani fossero lì per stringere le tue e portare via la paura e
l'angoscia e poi guardò i loro occhi che non nascondevano la verità e ascoltò le loro parole
quando gli dissero che poteva parlare liberamente, chiedere tutto ciò che voleva sapere, dire
quando si sentiva pronto per rivedere tutti i colori nel paese attorno a sé e nel volto e nel cuore dei
suoi cari. Allora decise che era il paese giusto per fermarsi perché avrebbe potuto tornare tutto
come prima. Ma un brutto giorno accadde che i colori sparirono di nuovo, la luce si offuscò, la
paura ritornò. Poi però successe anche che tutti si strinsero attorno a lui e con i loro occhi e le loro
mani riportarono la serenità e la consapevolezza che anche il sole ogni giorno se ne va..e un
giorno tutti ce ne andremo..ma finché si è in questo paese, i colori e la luce devono esserci
sempre..dentro e attorno a noi. Ora quel paese è conosciuto da tutti coloro che soffrono.
Quel paese sarà felice a condizione di poter sempre essere nelle condizioni di restituire colore,
luce e serenità.”
35. La necessità di una leadership
diversificata
VEDUTA non ha dato risposte ma ha desiderato essere
uno specchio in cui vi è l’identità riflessa di una categoria
professionale con la propria complessità, pluralismo e
confusione: l’eterogeneità delle risposte porta a ipotizzare
la gestione da parte delle società scientifiche secondo una
logica di diversity management, per inclusione delle
differenze identitarie e di ruolo. Vi sono i curanti positivisti,
industriosi, consapevoli e forse un po’ rassegnati e
doloranti e i curanti titanici, eroi, illusi, che ogni tanto
girano a vuoto, ma che si rialzano pieni di energia e di
rabbia. Vi sono i full time e i part time.
Una buona leadership deve contare sul mix di entrambe
queste attitudini.
36. La straordinaria attenzione al paziente
L’orientamento al paziente è straordinariamente
evoluto, sia a partire delle risposte quantitative che, in
modo ancora più coinvolgente dalle narrazioni: il
professionista ha chiaro che non esiste il paziente “da
solo” ma anche la sua costellazione
familiare.
L’apparato valoriale che sostiene questi professionisti
è resistente e consente loro di farsi appena sfiorare
dal burnout come risulta dal test di Maslach.
37. Convivere con la spending review
• Le posizioni esistenziali (autostima e fiducia nel prossimo)
dei professionisti sono “sane” anche in questo tempo
difficile di spending review: hanno fiducia in sé stessi e
fiducia negli altri, forse quelli più vicini. Più sfiducia invece
c’è nella costruzione della rete allargata dei terapisti del
dolore che a volte non avviene perché “i paesi vicini” sono
vittime del campanilismo.
• La buona notizia invece è che si sta già collaborando con i
medici di famiglia, con i farmacisti ospedalieri
• E’ oggi troppo spesso muro il dialogo con gli
amministrativi: possibili azioni di coinvolgimento
“empatico” potrebbero essere funzionali al pieno decollo
della terapia del dolore.
38. La VEDUTA è un quadro di John
Constable che così scrive
definendosi un paesaggista:
«Non ho tentato di rappresentare
la natura con la stessa
elevazione della mente con la
quale mi ero proposto, ma ho
piuttosto cercato di fare le mie
esecuzioni considerandole allo
stesso modo del lavoro di altri
uomini… Il grande vizio del
presente è l'ostentazione, un
tentativo di fare qualcosa oltre
la verità. »