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La sostenibilità
della filiera orticola
I FORUM
DI LARGO CONSUMO
EstrattodaLargoConsumon.7-8/2014
Valori ambientali e sociali si intrecciano
in un delicato equilibrio che va preservato.
Trascurarlo comporta costi economici addizionali.
© Editoriale Largo Consumo srl
AGRICOLTURA
Il reparto orticoli è un generatore naturale di traffico e di fe-
deltà per i punti vendita della Gdo, ma il consumatore di-
spone delle informazioni per valutare il giusto prezzo? I pat-
ti di filiera tra retail e fornitori assicurano continuità produttiva
e permettono gli investimenti varietali? Le produzioni a “km 0”
possono servire la grande distribuzione? La lotta integrata è una
alternativa sostenibile, rispetto al biologico, per riduzione dei
pesticidi, quantità rese, sicurezza e costi? Su questi e altri argo-
menti Largo Consumo, in collaborazione con Smea,Alta Scuo-
la di Management ed Economia Agro-Alimentare dell’Univer-
sità Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, ha riunito un pa-
nel di retailer e aziende di marca in una tavola rotonda a porte
chiuse sul tema: “La sostenibilità della filiera orticola”, mode-
rata dal nostro giornalista Armando Garosci, di cui in queste
pagine vi diamo conto. La sintesi video di tutti gli interventi è
disponibile sul nostro canale www.youtube.com/largoconsumo.
SMEA: UNA RIFLESSIONE A 360° SULL’ORTOFRUTTA
Nel saluto che ha dato il via al dibattito, Davide Mambriani,
responsabile stage & placement Smea, ha sottolineato che
«l’Alta scuola è attiva ormai da trent’anni: in particolare, il Ma-
ster in Management Agro-Alimentare ha diplomato oltre 600
studenti che si sono via via inseriti nelle aziende della filiera
agroalimentare e non solo.Anche per questo il tema della soste-
nibilità e della qualità dei prodotti della filiera ortofrutticola è,
per noi, indubbiamente strategico».
Oggi la sostenibilità è di moda: questo concetto è diventato
una sorta di “passepartout”, un po’come 10-15 anni fa accadde
per la qualità. «L’origine del tema della sostenibiità – ha sotto-
lineato Gabriele Canali, docente Smea – deriva dall’emergen-
za delle problematiche ambientali che, a partire dagli anni Set-
tanta, sono andate acquisendo un impatto nella nostra vita e nei
nostri modelli di consumo. Nel tempo ci siamo resi conto che
tutte le scelte – dei produttori, dei distributori e di noi consuma-
tori – hanno un effetto in termini di sostenibilità, intesa in senso
ambientale, economico e sociale».
Va detto che, in nome di una supposta sostenibilità, talvolta si
è caduti in alcune “trappole”: basti pensare all’incessante ricer-
ca di risorse energetiche rinnovabili rivelatasi spesso rischiosa o
alla produzione integrata, nata per un’ottima causa, cioè per sti-
molare il mondo agricolo a usare meglio gli agrofarmaci, ma
ben presto sfociata in una molteplicità di disciplinari diversi che
hanno determinato un aumento ingiustificato di costi e si ap-
poggiavano su una base scientifica dubbia. «Il fatto è che la so-
stenibilità, al pari della qualità, ha una natura multidimensiona-
le: se ci si concentra su un solo aspetto, si finisce con il perdere
la visione d’insieme. Ecco perchè oggi è richiesta una capacità
di visione più aperta. Anche sull’ortofrutta siamo quindi chia-
mati a una riflessione a 360 gradi, che porti valore a un com-
parto molto importante per la nostra economia».
APOFRUIT: VINCE L’AGRICOLTORE IMPRENDITORE
«Per noi la sostenibilità – ha esorditoAndrea Grassi, diretto-
re tecnico Apofruit – è in primis quella economica, indispensa-
PRODUZIONE
La sostenibilità della filiera orticola
AGRICOLTURA
Valori ambientali e sociali si intrecciano in un delicato equilibrio che va preservato.
Trascurarlo comporta costi economici addizionali.
di Leonardo Rastelli e Armando Garosci
IFORUM
DILARGO
CONSUM
O
Percorso di lettura:
www.largoconsumo.info/032012/PL-0312-002.pdf (Orticoltura)
32 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla
tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo
Largo Consumo organizza delle Tavole Rotonde non aperte al pubblico
(a porte chiuse) i cui partecipanti, su invito, sono chiamati a confrontar-
si su temi di carattere organizzativo o gestionale riguardanti il mercato
dei beni di consumo food e non food nei suoi aspetti progettuali, indu-
striali, distributivi. I resoconti ragionati di tali Tavole Rotonde sono pub-
blicati in questa serie di articoli denominata I Forum di Largo Consumo.
Scaricato da
www.largoconsumo.info
bile per sostenere la nostra realtà. In questi anni abbiamo diver-
sificato molto l’offerta per dare capacità e reddito agli agricol-
tori, anche attraverso la produzione integrata e quella biologica:
importante è capire ciò che avviene a livello mondiale, sapere
leggere i mercati per agire al meglio e nei tempi giusti a livello
locale, al fine di soddisfare le esigenze della distribuzione e del
consumo». Per le aziende agricole socie di Apofruit è fonda-
mentale potersi sostenere economicamente, affrontando una
forte crescita dei costi. Si può fare reddito anche attraverso la
sostenibilità: tutto dipende da quanto si è disposti a investire
nella propria attività. «Oggi il contadino deve trasformarsi in
imprenditore. Un passaggio che richiede conoscenze, capacità e
soprattutto grande dedizione, senza le quali è difficile sopravvi-
vere in un mondo molto dinamico come quello che stiamo vi-
vendo».Apofruit punta molto sul biologico, tanto da essere lea-
der a livello nazionale. «Va detto – ha riflettuto Grassi – che da
piccola nicchia per pochi cultori del “vivere sano”, il biologico
si è trasformato in un vero e proprio sistema economico». Nel
frattempo sono cambiate le regole del gioco: oggi il consumato-
re è sempre più attento alla salute e al benessere e vuole una ga-
ranzia sul sistema di produzione. «Non dimentichiamo che il
biologico incarna una visione della sostenibilità a 360 gradi, ov-
vero cura per l’ambiente, il territorio, le generazioni future. Da
qui il grande impegno per implementare controlli ferrei, che in-
nanzitutto le aziende devono fare proprio».
In questo senso, la marca svolge un ruolo importante, «ma
dietro ci vuole sostanza. La marca è garante di certi valori e de-
ve avere un messaggio chiaro e comprensibile. Lo sforzo delle
aziende deve andare proprio in questo senso».
ASPIAG: COME TRASMETTERE LA SOSTENIBILITÀ
La sostenibilità è importante ma non è un messaggio facile da
trasmettere, perché andando su un terreno troppo tecnico si ri-
schia di ingenerare confusione nel consumatore. Ne è convinto
Nicola Faccio, responsabile acquisti food fresco di Aspiag Ser-
vice, che ha sottolineato il ruolo fondamentale del reparto orto-
frutta, perché «sviluppa fatturato – una quota pari al 10,5% – e
redditività, insieme con gli altri segmenti del fresco. Oggi i con-
sumatori razionalizzano, comprano meno e meglio. Anche noi
vendiamo prodotti di alta qualità, Igp, biologici: questo si tradu-
ce in un aumento della battuta di cassa, mentre le quantità sono
cambiate. È vero che la verdura è diventata molto spesso un’al-
ternativa a carne e latticini: questo ci ha consentito di ampliare
e diversificare gli assortimenti».
Come realtà operante in quattro regioni (Veneto Trentino-Al-
to Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), Aspiag cer-
ca di prediligere il prodotto locale, a meno che non rispetti gli
standard richiesti. «La-
voriamo con una forte
programmazione della
produzione. I contratti
con i fornitori, spesso
consolidati negli anni,
non sono vincolanti, ma
noi ci impegniamo a ri-
spettarli. Per fare solo un
esempio di successo, sia-
mo molto attivi in Emi-
lia-Romagna, dove con-
tiamo fornitori impor-
tanti. Per molti dei loro
prodotti abbiamo deciso
di evidenziare l’origine:
una scelta premiata dai consumatori». Questo non significa en-
fatizzare il concetto di km zero. «Teniamo conto che andiamo
da Bolzano a Bologna – ha puntualizzato Faccio – e quindi se
volessimo sposare questa filosofia dovremmo avere un produt-
tore in ogni zona. La verità è che non credo al mito del km zero
a 360 gradi». Anche quello dei farmer market è un fenomeno
che va guardato con realismo: «Ne sono nati molti, alcuni van-
no bene e altri meno, ma resta il fatto che anche lì si vendono
certi prodotti 12 mesi all’anno. Esattamente come fa la gdo».
REWE: INNOVARE IN UN REPARTO STRATEGICO
Rewe ha fatto la scelta di puntare sul format supermercato
a insegna Billa: un
punto di vendita di ser-
vizio e di vicinato, con
alta frequenza di con-
sumatori e scontrino
medio piuttosto basso.
«L’ortofrutta per noi è
un reparto strategico –
ha affermato Roberto
Bonalumi, responsa-
bile acquisti freschissi-
mi – capace di genera-
re il 13% del fatturato
globale.
Il nostro primo obiet-
tivo è gestirlo al me-
33LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
PRODUZIONE
̈
• Il reparto orticoli è un generatore naturale di traffico e di fe-
deltà per i punti vendita della Gdo.
• Il consumatore ha le informazioni per valutare il giusto prezzo?
• I patti di filiera tra retail e fornitori assicurano continuità pro-
duttiva e permettono gli investimenti varietali? Le produzioni a
“km 0” possono servire la grande distribuzione?
• La lotta integrata è una alternativa sostenibile rispetto al biolo-
gico, per riduzione dei pesticidi, quantità rese, sicurezza e co-
sti? Come comunicarla nel modo più chiaro e corretto?
Le motivazioni della tavola rotonda
I partecipanti
nome funzione azienda
Andrea Grassi Direttore Tecnico Apofruit
Nicola Faccio Reponsabile Acquisti Food Fresco Aspiag Service
Laura Bettazzoli Direttore Marketing Bonduelle
Angelo Arrigoni Responsabile Marketing Carrefour
Prodotti Freschi marchio Carrefour
Emanuele Tulli Buyer Ortofrutta Ce.Di. Marche
Nadia Caraffi Responsabile Acquisti Coop Centrale
e Vendite Ortofrutta Adriatica
Germano Fabiani Responsabile Ortofruttadi Distretto Coop Italia
Giovanni Roncareggi Direttore Qualità La Linea Verde
Silver Giorgini Direttore Qualità e Innovazione Orogel
Marco Fuso Responsabile Qualità Ortofin
Roberto Bonalumi Responsabile Acquisti Freschissimi Rewe
Duilio Faggin Buyer Ortofrutta Rewe
Monica Fochessati Responsabile Sicurezza e Qualità Selex
Roberto Baggio Head of Sales Syngenta
Fabio Berta Stewardship & Sustainable Syngenta
Agriculture Manager
Gabriele Canali Docente Università Cattolica
Davide Mambriani Responsabile Stage e Placement del Sacro Cuore - SMEA
Servizio fotografico: Michele Ravasio. Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)
Da sinistra, Gabriele Canali e Davide Mambriani (SMEA - Università Cattolica del
Sacro Cuore), Andrea Grassi (Apofruit), Daniele Faccio (Aspiag Service) e Duilio
Faggin (Rewe).
PRODUZIONE
glio, anche se non riu-
sciamo a presidiarlo
sempre con un addet-
to. Stiamo lavorando
per coprire certe fasce
orarie: ciò migliore-
rebbe il servizio e in-
crementerebbe le ven-
dite».
Il confronto con i
competitor non è tanto
sul prezzo o sulle pro-
mozioni, quanto sul
servizio e sull’innova-
zione in senso lato: non
solo quella varietale,
«che ormai è sviluppata
senza sosta, tanto che alcune varietà hanno una classificazio-
ne numerica». Sul giro d’affari di Billa l’ortofrutta confe-
zionata pesa soltanto il 10%. «La utilizziamo in chiave di
diversificazione, come nel caso delle Prelibatezze, una linea
di marca privata di alta gamma per la quale il packaging ser-
ve a proteggere la qualità ma anche a fare comunicazione».
L’importante è stimolare il sell-out: in Rewe i buyer colla-
borano con le vendite, attraverso riunioni settimanali, per
studiare insieme strumenti e iniziative in tal senso. Tra que-
ste, va sottolineato il progetto delle “filiali a un euro”, av-
viato in sordina ma così apprezzato da essere stato esteso a
60 realtà. Duilio Faggin, buyer ortofrutta, ha confermato
che «l’iniziativa dell’ortofrutta sfusa a un euro ha determi-
nato un aumento del traffico e dello scontrino medio, mi-
gliorando il conto economico della filiale, anche perché i
consumatori richiamati da quell’offerta spesso arricchisco-
no la loro spesa con altri acquisti». Nessuna distruzione di
valore, insomma, ma un aumento delle vendite complessive.
«Naturalmente sta alle singole filiali sorvegliare la qualità
del prodotto e pensare in futuro a una collocazione del pro-
dotto sfuso non necessariamente concentrata nell’area di in-
gresso, dove rischia di creare troppo affollamento, ma ma-
gari spostata verso l’area centrale».
Rewe ha così potuto rivalutare il mercato all’ingrosso – per
ora sulla piazza di Milano – utilizzato non solo come solu-
zione di ripiego in caso di problemi imprevisti sull’approvvi-
gionamento abituale, ma proprio per sostenere l’operazione
filiali a un euro. «Alcuni grossisti qualificati – ha raccontato
Bonalumi – ci contattano dai mercati generali con le offerte
migliori e noi ne approfittiamo».
SYNGENTA:VALORIZZAREL’AMBIENTEEFARESISTEMA
Syngenta è uno dei principali attori dell’agro-industria
mondiale ed è impegnata nello sviluppo di un’agricoltura
sostenibile attraverso ricerca e tecnologie innovative.
Nel 2013 il fatturato è stato pari a 14,7 miliardi di dolla-
ri, di cui oltre 1,4 miliardi investiti in ricerca e sviluppo.
Solo in Europa la società conta due grandi strutture di
R&S in Svizzera e in Gran Bretagna e diversi centri per lo
sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni integrate. «In Italia –
ha affermato Fabio Berta, stewardship & sustainable agri-
culture manager – le attività R&S sono volte a valorizzare
e adattare a livello locale i risultati conseguiti in sede inter-
nazionale.
Tre sono i centri di sviluppo: Casalmorano per il mais, Ar-
gelato per i cereali (sede Produttori Sementi Bologna) e
Foggia per le colture or-
ticole.
Nel 2012 l’azienda
ha integrato i business
delle sementi, della pro-
tezione delle colture e
degli insetti ausiliari, ri-
spondendo così alle mu-
tate necessità della filie-
ra e dell’agricoltore, po-
nendo l’imprenditore
agricolo al centro della
propria strategia.
Anche l’organizzazio-
ne a livello mondiale è
stata ristrutturata e sud-
divisa in territori: l’Ita-
lia è stata considerata un paese strategico per le sue numero-
se potenzialità sia di innovazione e sviluppo, sia in fatto di
qualità e varietà dei prodotti».
Secondo Berta, il concetto di sostenibilità deve essere de-
clinato sulle singole attività che ogni giorno vengono svolte e
deve essere percepito come modus operandi quotidiano. «Il
fatto è che le risorse per quanto riguarda le produzioni agri-
cole stanno diventando sempre più limitate.
Per questo in Syngenta lavoriamo perché si produca in mo-
do innovativo, ottimizzando l’uso delle risorse e valorizzan-
do quindi l’ambiente, il territorio e la società». In Italia, Syn-
genta ha declinato il concetto di sostenibilità nelle attività di
Agricoltura Responsabile: un approccio culturale in agricol-
tura che coniuga benefici economici, attenzione alla salva-
guardia dell’ambiente e responsabilità sociale. Molti im-
prenditori agricoli vivono il concetto di sostenibilità come
un aspetto di valore della propria attività. «L’obiettivo di
fondo è riuscire a trasferire lungo la filiera le necessità di tut-
ti gli attori, che dovrebbero fare sistema e sinergia più di
quanto non avvenga oggi».
SINERGIE PER L’ORTICOLTURA IN SICILIA
Syngenta sta promuovendo in Sicilia un progetto chiamato
“Sinergie per l’orticoltura”, applicato per ora a coltivazioni
in serra di pomodoro per consumo fresco. “L’azienda agrico-
la ci chiede di trasformare concetti come la sostenibilità e le
iniziative a sostegno – è intervenuto Roberto Baggio, head
of sales Syngenta – in prodotti vendibili: così riusciamo a
creare vantaggi competitivi lungo la filiera. È un esercizio
molto difficile, in quanto offriamo un sostegno completo al-
l’azienda: dalla scelta della varietà migliore, ad un program-
ma completo di protezione integrata monitorato e garantito
anche da un ente terzo.
L’esempio siciliano esprime bene questo sforzo e ci sta
dando i primi risultati: Sinergie è un programma agronomi-
co caratterizzato dal fatto che la difesa è condotta da agrono-
mi esperti che hanno messo a punto negli anni un program-
ma di difesa in cui ai migliori agrofarmaci associamo l’uti-
lizzo di insetti utili, biofungicidi e bioinsetticidi.
«Lo stiamo offrendo con un prezzo per ettaro, per snellire
anche la gestione finanziaria dell’azienda. Il pacchetto com-
prende la genetica, la difesa, l’assistenza tecnica, il monito-
raggio costante, l’analisi dei residui, oltre ad azioni di co-
marketing». L’obiettivo è arrivare il prossimo anno a coprire
un’ importante superficie per avere una quantità significativa
di prodotto sul mercato. «L’idea è che il brand Sinergie, ven-
34 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
Da sinistra, Roberto Bonalumi (Rewe), Fabio Berta e Roberto Baggio (Syngenta).
35LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
PRODUZIONE
ga riconosciuto sui mercati nazionali e internazionali come
marchio di prodotti sostenibili e affidabili».
COOP ITALIA: LA SOSTENIBILITÀ VA REMUNERATA
La sostenibilità per Coop Italia – un sistema di 8 milioni di
soci consumatori, che ricercano qualità come la sapidità nella
frutta e la freschezza nella verdura – è tutto ciò che si aspetta il
consumatore: un’agricoltura sana, rispettosa per l’ambiente,
che abbia una peculiarità territoriale. «Nella seconda metà degli
anni Ottanta – ha spiegato Germano Fabiani, responsabile or-
tofrutta di distretto – Coop è stata la prima a progettare la mar-
ca privata che allora era un marchio ombrello, inserendo quegli
aspetti valoriali inizialmente concentrati sulla tutela della salu-
brità dei prodotti e quindi del consumatore.Abbiamo recepito il
primo disciplinare di lotta integrata in Emilia-Romagna, antici-
pando in un certo senso le istituzioni».
Per Fabiani la sostenibilità va sostenuta, vuole essere pagata.
«Coop Italia ha acquisito dimensioni veramente importanti, ep-
pure nell’ultimo decennio, pur aumentando la rete di punti di
vendita, siamo passati da oltre 80 a sole 10 destinazioni delle
merci, il che ha comportato un dimezzamento dei costi logisti-
co-distributivi, un recupero dei costi e una trasformazione del
profilo delle aziende di fornitura. Ciò significa permettere a
soggetti agricoli da sempre orientati all’export, di proporsi an-
che sul mercato italiano. Molte le sorprese positive: abbiamo in-
contrato una grande professionalità sulle scelte varietali e sul-
l’educazione alla salubrità dei prodotti. Certo, abbiamo bisogno
di aziende molto ben organizzate, armonizzate e omogeneizza-
te nella qualità da fornire e talvolta non è facile riversare su di
loro le richieste dei consumatori. Così come è difficile fare co-
municazione su questi temi, ovvero trasferire tutto quello che si
cela dietro il nostro lavoro». Quanto alle private label, in Coop
Italia nell’ortofrutta rappresentano il 35-40% del totale reparto,
con categorie che raggiungono anche il 70%.
COOP CENTRALE ADRIATICA PUNTA SUL VALORE
Nadia Caraffi, responsabile acquisti e vendite ortofrutta di
Coop Centrale Adriatica, è tornata sul tema della comunica-
zione, ricordando che «con i nostri soci facciamo tantissima at-
tività di conoscenza e di educazione all’acquisto attento e al
consumo consapevole. Quando siamo partiti con la lotta inte-
grata abbiamo cercato di trasferire questi valori ai consumatori
soci più interessati e coinvolti. Anche con le scuole siamo da
sempre molto attivi: l’obiettivo di fondo è trasmettere cultura e
qui, a dispetto degli sforzi profusi, dobbiamo lavorare ancora
molto». Il punto è capire
se il retailer è davvero
capace di indagare e
comprendere la doman-
da, fino a che punto co-
nosce davvero il proprio
cliente. «La mia sensa-
zione è di conoscerlo
sempre troppo poco. E
d’altronde, i clienti cam-
biano a seconda del pe-
riodo storico e della col-
locazione geografica:
basti pensare che noi
presidiamo una costa
che va da Gorizia a Lec-
ce. Diciamo che cresce
la richiesta di una rassicurazione fondata: il consumatore ha bi-
sogno di capire». In questo senso, fra gli strumenti attivati da
Coop c’è laApp sulla tracciabilità, che consente al cliente di co-
noscere l’origine delle materie prime dei nostri prodotti: questo
lo aiuta a fare una scelta consapevole. Le richieste e le aspetta-
tive sulla qualità e la salubrità sono quindi molto elevate e in
crescita. «Tutto ciò ha un costo – ha concluso Caraffi – che re-
sta elevato a dispetto di tutti gli interventi che abbiamo fatto per
razionalizzare la filiera. Come sostenerlo? Con il valore: se non
cominciamo a parlare di valore e non di solo prezzo, rischiamo
di arrivare al collasso del sistema. Dobbiamo restituire valore
alla filiera in termini di gusto, origine, differenziazione, qualità
nutritive e, naturalmente, mantenere la promessa».
LA LINEA VERDE: COME GESTIRE LA FILIERA
La Linea Verde è un’azienda italiana che ha sviluppato pro-
dotti freschi e freschissimi di diverse categorie merceologiche,
a partire dal core business dell’ortofrutta di quarta gamma. «Per
i nostri prodotti abbiamo bisogno di una materia prima di quali-
tà elevata – ha affermato Giovanni Roncareggi, direttore qua-
lità – e questo comporta una preventiva programmazione delle
coltivazioni e degli approvvigionamenti, differenziandoli nelle
numerose aree geografiche vocate presenti in Italia, oltre che in
altre zone d’Europa per specifiche materie prime e stagioni.Ab-
biamo aziende di proprietà soprattutto per le insalatine tenere,
che arrivano a coprire circa il 50% del fabbisogno, ma negli an-
ni abbiamo consolidato anche un’importante filiera controllata,
con circa 200 aziende agricole indipendenti qualificate: con es-
se condividiamo preventivamente i Disciplinari di Produzione,
che comprendono precisi riferimenti tecnici, agronomici e qua-
li-quantitativi». Questo consente di rafforzare il rapporto di col-
laborazione, in modo da potere affrontare insieme anche perio-
di difficili, come la primavera 2013, piovosa fino ai primi di giu-
gno, e il successivo inverno, particolarmente tiepido e umido,
con conseguenti necessità di rimodulazione delle attività di pro-
duzione. «Anche il mercato propone sempre nuove sfide, con
continue necessità di innovazione e sviluppo. E in questo ambi-
to, il potere contare su una filiera consolidata, fidelizzata e con
rapporti di partnership continuativi, permette di trovare le forze
e gli stimoli giusti per valorizzare le sinergie, programmare gli
investimenti necessari nelle singole aziende, così da trovare le
soluzioni utili per continuare nel perseguimento degli obiettivi
di miglioramento».
CE.DI. MARCHE: LA MARCA COSTRUISCE VALORE
Emanuele Tulli, buyer
ortofrutta di Ce.Di. Mar-
che, retailer con una rete
di supermarket, super-
store e market a insegna
“Sì con te”, ha posto
l’attenzione sul rapporto
tra prezzo e valore, due
elementi con cui quoti-
dianamente gli operatori
del mercato si scontra-
no. «Quello che dobbia-
mo sforzarci di fare è
trasferire al consumato-
re la peculiarità del no-
stro lavoro lungo la fi-
liera e quindi trasmet- ̈
Da sinistra, Germano Fabiani (Coop Italia), Nadia Caraffi (Coop Centrale Adriatica)
e Giovanni Roncareggi (La Linea Verde).
PRODUZIONE
tergli il valore del prodot-
to, rispetto a quello che
gli propone il dettaglio
tradizionale, che sul ter-
reno della comunicazio-
ne spesso è più efficace
di noi».
Nel mondo dell’orto-
frutta l’assenza della
marca può essere un pro-
blema. «Per certi aspetti
è vero, sarebbe utile co-
struire più valore sul pro-
dotto attraverso un brand
che potrebbe meglio tra-
sferire, per esempio, la
qualità. Un concetto che
in ortofrutta rappresenta un insieme di valori che spesso non ar-
rivano al destinatario finale ed è comunque sempre collegato al
prezzo». Tutto questo senza dimenticare che il consumatore og-
gi chiede sempre più garanzie sulla sicurezza e la salubrità del
prodotto ortofrutticolo, anche sulla scorta di recenti scandali co-
me quello della “terra dei fuochi” in Campania. Il rapporto con
il fornitore è quindi fondamentale: quello ideale per Tulli deve
garantire il servizio, che vuole dire prezzo, rispetto degli orari di
consegna, degli impegni presi, della disponibilità del prodotto
in promozione, per fare solo alcuni esempi.
Ce.Di Marche ha sviluppato un’interessante esperienza sul
pomodoro: «Siamo partiti dalla ricerca genetica, concordando
con il fornitore la produzione di una nuova varietà, che si carat-
terizza per dimensioni costanti, durata del prodotto, compattez-
za, giusta acidità, pochi scarti. Abbiamo lavorato sulle quantità
da produrre in modo da evitare sprechi, ma anche sul packaging
per dare al consumatore informazioni semplici e chiare sulle pe-
culiarità di quel pomodoro rispetto a un prodotto standard».
OROGEL: URGONO GIOVANI LEVE PER LA FILIERA
«La sostenibilità si costruisce giorno per giorno – ha sottoli-
neato Silver Giorgini, direttore qualità e innovazione di Orogel
– e secondo me c’è ancora molto da fare su questo fronte, a co-
minciare dalla sostenibilità economica. Purtroppo dobbiamo af-
frontare alcune emergenze, a cominciare dallo scarso ricambio
generazionale: constato che non sono molti i figli che vogliono
subentrare ai padri nella conduzione delle azienda agricole,
complice la scarsa redditività di questa attività». Urge quindi
l’inserimento di giovani leve nella filiera, «che possibilmente
non si facciano distrarre da attività come il fotovoltaico, che sot-
traggono terreno all’agricoltura. Ha ragione Carlo Petrini di
Slow Food quando sostiene che l’agricoltore bisogna pagarlo,
occorre riconoscere il valore del suo lavoro, perché non solo ge-
stisce il territorio, ma è colui che produce ciò che mangiamo».
Non mancano per fortuna le eccezioni: vedi i giovani che han-
no deciso di investire nell’agricoltura, cercando di dare nuovo
impulso a coltivazioni anche apparentemente banali. È il caso di
un imprenditore della provincia di Parma, che ha rilevato dal pa-
dre un’azienda in difficoltà puntando sull’aglio. «Sembrerebbe
una coltura banalità, eppure il 90% dell’aglio fresco e lavorato
commercializzato in Italia viene dalla Cina, anche se pochi lo
sanno. Questa è la strada: per emergere bisogna distinguersi, es-
sere innovativi».
Il biologico anche per Orogel è un tema delicato. «I consu-
matori non accettano il fatto che nella frutta ci siano pesticidi e
residui: dobbiamo migliorare la comunicazione al riguardo. Per
la verità, il biologico
vero non è facile da tro-
vare: in Orogel siamo
più inclini a una più
decisa lotta integrata,
con riduzione drastica
dei limiti rispetto alle
indicazioni dell’Unio-
ne europea: una sensi-
bilità che non riscon-
triamo nei mercati
esteri, dove gli opera-
tori si fanno meno
scrupoli. Va detto che
l’Italia vanta una bio-
diversità straordinaria,
che peraltro si traduce
nell’avere le difese registrate per i prodotti marginali, come la
cicoria o il friariello, complice una normativa europea che non
tiene conto delle esigenze di difesa dalle malattie o dalle pro-
blematiche relative a insetti e parassiti».
ORTOFIN: CERTIFICARSI NON È INDISPENSABILE
Marco Fuso, responsabile qualità di Ortofin, l’azienda che
si occupa degli acquisti e della logistica dei prodotti ortofrutti-
coli del gruppo Finiper, è intervenuto sul tema delle certifica-
zioni, sottolineando di non approvare l’uso che se ne fa. «La
certificazione è un percorso che l’azienda deve intraprendere
per migliorare il proprio sistema di lavoro e garantire al cliente
un certo livello di servizio. A volte, invece, viene conseguita
per un semplice scopo commerciale e ciò finisce con l’appiat-
tirla. Per quanto riguarda Ortofin, ho deciso di non chiedere al-
cun tipo di certificazione ai nostri fornitori: ammetto che mi-
gliora il giudizio dell’azienda, ma la sua assenza non compro-
mette la fornitura. Infatti, sono convinto che molte aziende non
certificate hanno implementato sistemi e procedure magari
semplici, ma molto efficaci. È vero che per operare in certi Pae-
si è necessaria, ma allo stesso tempo conosco non poche azien-
de che non l’hanno rinnovata perché non gli veniva richiesta».
Ortofin ha una partecipazione in Ortoverde, un’azienda del
Lodigiano che produce quarta gamma e oggi fornisce a Orto-
fin l’assortimento di marca privata: «Si tratta di una sfida che
stiamo iniziando a vincere, dopo l’acquisizione avvenuta al-
cuni anni fa, legata al forte desiderio dell’imprenditore di in-
tegrare la produzione nella distribuzione. Quando gli si è
aperta questa opportunità ne ha approfittato e, dopo alcuni er-
rori iniziali nel presidio della produzione, adesso comincia-
mo a vedere buoni risultati».
In Ortofin, Fuso si occupa di selezionare i fornitori e ovvia-
mente fare il controllo qualità, avvalendosi di uno staff compo-
sto da nove addetti e senza un budget fisso dedicato. «L’azienda
mi permette di sostenere tutte le spese necessarie per il control-
lo dei fornitori: ogni anno lo staff tecnico di Ortofin visita circa
200 aziende, mentre il nucleo di controllo qualità lavora di not-
te nelle diverse piattaforme. La mia attività viene valutata sulla
base della soddisfazione del cliente».
BONDUELLE:INNOVAREECOMUNICAREINIVGAMMA
Azienda fondata da una famiglia del Nord della Francia con
una forte estrazione agro-industriale e specializzata nelle ver-
dure, Bonduelle vive un rapporto peculiare con i retailer, non
solo clienti ma anche competitor con le loro marche provate,
36 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
Da sinistra, Emanuele Tulli (Ce.Di. Marche), Silver Giorgini (Orogel) e Marco
Fuso (Ortofin).
che oggi coprono ben il 65% della categoria. «Bonduelle – ha
sottolineato Laura Bettazzoli, direttore marketing – ha intro-
dotto la garanzia del prodotto, l’innovazione e la comunica-
zione, come un’azienda di marca deve fare, contribuendo al-
la crescita del comparto. Se dieci anni fa il mercato valeva
circa 10.000 tonnellate, oggi la sola gdo assorbe 80.000 ton-
nellate. In valore, la categoria si attesta tra i 700 milioni e il
miliardo di euro». Il mercato è cresciuto molto fino al 2008-
2009, stabilizzandosi negli ultimi anni. «Ultimamente sono
emersi tre fenomeni: l’avvento dei prodotti unbranded a bas-
so prezzo, che hanno sottratto quote alla marca privata, l’au-
mento della promozionalità e l’affermarsi del discount. Tutto
questo ha devalorizzato il mercato, ma non ha portato a un
aumento dei volumi».
Bonduelle punta molto sull’Italia: le attività agricole e le la-
vorazioni del fresco sono concentrate negli stabilimenti di
San Paolo d’Argon e Battipaglia, cui si affianca la comparte-
cipazione in un’azienda sarda. «Complessivamente vi lavora-
no 400 persone, cui vanno aggiunte le circa 100 della sede
centrale. Va ricordato che Bonduelle ha investito ingenti capi-
tali nella ricostruzione dell’impianto bergamasco, colpito an-
ni fa da un terribile incendio, dimostrando il suo concreto in-
teresse per il nostro Paese».
Un’ultima annotazione sulla comunicazione: se il posizio-
namento di Bonduelle si è spostato dal benessere all’ispira-
zione culinaria, «molto spazio è dedicato alla passione per il
nostro lavoro, che vogliamo trasmettere anche perché il con-
sumatore ci chiede di raccontare la nostra attività e la nostra
qualità: non a caso, sul sito Internet abbiamo i filmati della
produzione e le interviste agli agricoltori. In futuro lavorere-
mo anche sulla versatilità di utilizzo: la quarta gamma ha an-
cora molte cose da dire».
CARREFOUR: VARIETÀ BOTANICHE E TERRITORIALITÀ
Angelo Arrigoni, da pochi mesi nominato responsabile
marketing prodotti freschi a marchio Carrefour, per molti
anni ha diretto lo sviluppo di Terre d’Italia, progetto che il
retailer francese ha lanciato, insieme a Finiper, nel 1999 con
l’obiettivo di valorizzare le tipicità e le eccellenze dell’agroa-
limentare italiano. «In un’epoca in cui dominava il global, ab-
biamo puntato sul local: partiti dallo scatolame abbiamo suc-
cessivamente allargato la gamma al fresco e al freschissi-
mo.Oggi siamo arrivati a più di 400 referenze tra tutti i repar-
ti per un fatturato complessivo di oltre 60 milioni di euro».
Non sempre facile, almeno in Italia, è comunicare il con-
cetto di varietà botanica nell’ortofrutta, con alcuni distinguo:
«Sulla mela e sulla pera
è stato fatto un lavoro
notevolissimo dagli
operatori, percorso faci-
litato anche dalle carat-
teristiche cromatiche e
morfologiche di questi
frutti, molto più ‘varie’
e riconoscibili dal con-
sumatore, che oggi co-
nosce ed è in grado di
distinguere una Mela
Royal Gala da una Gol-
den Delicious, o una
Pera Abate da una Kai-
ser. Più difficile è inve-
ce comunicare le diffe-
renze varietali nell’ambito delle fragole. In questo caso si è
pertanto deciso di enfatizzare principalmente la territorialità,
molto più facile da fare comprendere, e solo in seconda bat-
tuta la tipologia varietale. Le Fragole della Sila e le Fragole
della Basilicata Terre d’Italia sono rispettivamente delle va-
rietà Albion e Candonga, informazioni che il consumatore
può trovare scritte sull’etichetta peso prezzo».
In generale, con Terre d’Italia si è riusciti a valorizzare il lo-
cale sul globale: «Le specialità vengono distribuite a livello
nazionale e vengono conosciute in ambiti territoriali molto
distanti da quelli in cui sono nate. Abbiamo anche privilegia-
to aziende di eccellenza di piccole dimensioni, talvolta do-
vendo lavorare per convincerli a produrre per noi, in quanto
fino a quel momento non avevano mai operato con la Gdo.
Terre d’Italia è sicuramente un caso di successo che dimostra
che tra ‘grande’ e ‘piccolo’ ci può essere un percorso di par-
tnership di reciproco interesse».
SELEX: IL CONFRONTO TRA FUNZIONI È UTILE
«Il confronto trasversale tra commerciale e qualità è profi-
cuo – ha affermato Monica Fochessati, responsabile assicu-
razione qualità di Selex, chiudendo l’incontro – soprattutto
quando c’è parità tra le diverse funzioni, nella misura in cui
porta a un risultato corretto, efficace e non sbilanciato su un
solo ambito. In un contesto di commercio associato com’è
quello di Selex, distribuito su tutto il territorio nazionale, ciò
determina una condivisione di preziose conoscenze e scam-
bio di informazioni che, attraverso il confronto e un’analisi
dell’andamento del mercato e degli obiettivi strategici del-
l’impresa, vengono rielaborati e messi a fattore comune.
Non sempre il processo è semplice e immediato, ma porta
indubbi vantaggi».
Quando si devono affrontare situazioni di crisi, scatta la ge-
stione delle allerte, ormai consolidata anche per le relative di-
sposizioni di legge: «In tutte le aziende esistono procedure,
tempistiche, modalità operative e di feedback. Talvolta si de-
vono gestire allerte non puntuali veicolate dai media: della
“terra dei fuochi”, per esempio, si è parlato a fine 2013, ma
già da tempo era sotto il controllo degli operatori e delle isti-
tuzioni, tant’è che già all’inizio dell’anno il Ministero aveva
pubblicato una relazione al riguardo. A ogni modo, quando è
necessario, si interviene con l’implementazione di un giro di
verifiche e una raccolta di riscontri, per consolidare il presi-
dio all’interno dell’azienda, verso i soci e in tutto il sistema».
Infine, in tema di certificazioni, Fochessati è convinta che
costituiscono un valido elemento distintivo per la qualifica
delle aziende che le
possiedono e un model-
lo di riferimento per le
aziende che necessitano
di consolidare il siste-
ma qualità.
Le certificazioni oggi
hanno assunto sicura-
mente una valenza mol-
to importante, ma rima-
ne fondamentale l’im-
pegno fattivo delle sin-
gole aziende a soste-
nerne le premesse orga-
nizzative e strutturali e
fare propri gli obiettivi
di riferimento. I
37LARGO CONSUMO n. 7-8/2014
PRODUZIONE
Da sinistra, Laura Bettazzoli (Bondulle), Angelo Arrigoni (Carrefour) e Monica
Fochessati (Selex).

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Orticoli e Gdo: filiera sostenibile?

  • 1. La sostenibilità della filiera orticola I FORUM DI LARGO CONSUMO EstrattodaLargoConsumon.7-8/2014 Valori ambientali e sociali si intrecciano in un delicato equilibrio che va preservato. Trascurarlo comporta costi economici addizionali. © Editoriale Largo Consumo srl AGRICOLTURA
  • 2. Il reparto orticoli è un generatore naturale di traffico e di fe- deltà per i punti vendita della Gdo, ma il consumatore di- spone delle informazioni per valutare il giusto prezzo? I pat- ti di filiera tra retail e fornitori assicurano continuità produttiva e permettono gli investimenti varietali? Le produzioni a “km 0” possono servire la grande distribuzione? La lotta integrata è una alternativa sostenibile, rispetto al biologico, per riduzione dei pesticidi, quantità rese, sicurezza e costi? Su questi e altri argo- menti Largo Consumo, in collaborazione con Smea,Alta Scuo- la di Management ed Economia Agro-Alimentare dell’Univer- sità Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, ha riunito un pa- nel di retailer e aziende di marca in una tavola rotonda a porte chiuse sul tema: “La sostenibilità della filiera orticola”, mode- rata dal nostro giornalista Armando Garosci, di cui in queste pagine vi diamo conto. La sintesi video di tutti gli interventi è disponibile sul nostro canale www.youtube.com/largoconsumo. SMEA: UNA RIFLESSIONE A 360° SULL’ORTOFRUTTA Nel saluto che ha dato il via al dibattito, Davide Mambriani, responsabile stage & placement Smea, ha sottolineato che «l’Alta scuola è attiva ormai da trent’anni: in particolare, il Ma- ster in Management Agro-Alimentare ha diplomato oltre 600 studenti che si sono via via inseriti nelle aziende della filiera agroalimentare e non solo.Anche per questo il tema della soste- nibilità e della qualità dei prodotti della filiera ortofrutticola è, per noi, indubbiamente strategico». Oggi la sostenibilità è di moda: questo concetto è diventato una sorta di “passepartout”, un po’come 10-15 anni fa accadde per la qualità. «L’origine del tema della sostenibiità – ha sotto- lineato Gabriele Canali, docente Smea – deriva dall’emergen- za delle problematiche ambientali che, a partire dagli anni Set- tanta, sono andate acquisendo un impatto nella nostra vita e nei nostri modelli di consumo. Nel tempo ci siamo resi conto che tutte le scelte – dei produttori, dei distributori e di noi consuma- tori – hanno un effetto in termini di sostenibilità, intesa in senso ambientale, economico e sociale». Va detto che, in nome di una supposta sostenibilità, talvolta si è caduti in alcune “trappole”: basti pensare all’incessante ricer- ca di risorse energetiche rinnovabili rivelatasi spesso rischiosa o alla produzione integrata, nata per un’ottima causa, cioè per sti- molare il mondo agricolo a usare meglio gli agrofarmaci, ma ben presto sfociata in una molteplicità di disciplinari diversi che hanno determinato un aumento ingiustificato di costi e si ap- poggiavano su una base scientifica dubbia. «Il fatto è che la so- stenibilità, al pari della qualità, ha una natura multidimensiona- le: se ci si concentra su un solo aspetto, si finisce con il perdere la visione d’insieme. Ecco perchè oggi è richiesta una capacità di visione più aperta. Anche sull’ortofrutta siamo quindi chia- mati a una riflessione a 360 gradi, che porti valore a un com- parto molto importante per la nostra economia». APOFRUIT: VINCE L’AGRICOLTORE IMPRENDITORE «Per noi la sostenibilità – ha esorditoAndrea Grassi, diretto- re tecnico Apofruit – è in primis quella economica, indispensa- PRODUZIONE La sostenibilità della filiera orticola AGRICOLTURA Valori ambientali e sociali si intrecciano in un delicato equilibrio che va preservato. Trascurarlo comporta costi economici addizionali. di Leonardo Rastelli e Armando Garosci IFORUM DILARGO CONSUM O Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/032012/PL-0312-002.pdf (Orticoltura) 32 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo Largo Consumo organizza delle Tavole Rotonde non aperte al pubblico (a porte chiuse) i cui partecipanti, su invito, sono chiamati a confrontar- si su temi di carattere organizzativo o gestionale riguardanti il mercato dei beni di consumo food e non food nei suoi aspetti progettuali, indu- striali, distributivi. I resoconti ragionati di tali Tavole Rotonde sono pub- blicati in questa serie di articoli denominata I Forum di Largo Consumo. Scaricato da www.largoconsumo.info
  • 3. bile per sostenere la nostra realtà. In questi anni abbiamo diver- sificato molto l’offerta per dare capacità e reddito agli agricol- tori, anche attraverso la produzione integrata e quella biologica: importante è capire ciò che avviene a livello mondiale, sapere leggere i mercati per agire al meglio e nei tempi giusti a livello locale, al fine di soddisfare le esigenze della distribuzione e del consumo». Per le aziende agricole socie di Apofruit è fonda- mentale potersi sostenere economicamente, affrontando una forte crescita dei costi. Si può fare reddito anche attraverso la sostenibilità: tutto dipende da quanto si è disposti a investire nella propria attività. «Oggi il contadino deve trasformarsi in imprenditore. Un passaggio che richiede conoscenze, capacità e soprattutto grande dedizione, senza le quali è difficile sopravvi- vere in un mondo molto dinamico come quello che stiamo vi- vendo».Apofruit punta molto sul biologico, tanto da essere lea- der a livello nazionale. «Va detto – ha riflettuto Grassi – che da piccola nicchia per pochi cultori del “vivere sano”, il biologico si è trasformato in un vero e proprio sistema economico». Nel frattempo sono cambiate le regole del gioco: oggi il consumato- re è sempre più attento alla salute e al benessere e vuole una ga- ranzia sul sistema di produzione. «Non dimentichiamo che il biologico incarna una visione della sostenibilità a 360 gradi, ov- vero cura per l’ambiente, il territorio, le generazioni future. Da qui il grande impegno per implementare controlli ferrei, che in- nanzitutto le aziende devono fare proprio». In questo senso, la marca svolge un ruolo importante, «ma dietro ci vuole sostanza. La marca è garante di certi valori e de- ve avere un messaggio chiaro e comprensibile. Lo sforzo delle aziende deve andare proprio in questo senso». ASPIAG: COME TRASMETTERE LA SOSTENIBILITÀ La sostenibilità è importante ma non è un messaggio facile da trasmettere, perché andando su un terreno troppo tecnico si ri- schia di ingenerare confusione nel consumatore. Ne è convinto Nicola Faccio, responsabile acquisti food fresco di Aspiag Ser- vice, che ha sottolineato il ruolo fondamentale del reparto orto- frutta, perché «sviluppa fatturato – una quota pari al 10,5% – e redditività, insieme con gli altri segmenti del fresco. Oggi i con- sumatori razionalizzano, comprano meno e meglio. Anche noi vendiamo prodotti di alta qualità, Igp, biologici: questo si tradu- ce in un aumento della battuta di cassa, mentre le quantità sono cambiate. È vero che la verdura è diventata molto spesso un’al- ternativa a carne e latticini: questo ci ha consentito di ampliare e diversificare gli assortimenti». Come realtà operante in quattro regioni (Veneto Trentino-Al- to Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), Aspiag cer- ca di prediligere il prodotto locale, a meno che non rispetti gli standard richiesti. «La- voriamo con una forte programmazione della produzione. I contratti con i fornitori, spesso consolidati negli anni, non sono vincolanti, ma noi ci impegniamo a ri- spettarli. Per fare solo un esempio di successo, sia- mo molto attivi in Emi- lia-Romagna, dove con- tiamo fornitori impor- tanti. Per molti dei loro prodotti abbiamo deciso di evidenziare l’origine: una scelta premiata dai consumatori». Questo non significa en- fatizzare il concetto di km zero. «Teniamo conto che andiamo da Bolzano a Bologna – ha puntualizzato Faccio – e quindi se volessimo sposare questa filosofia dovremmo avere un produt- tore in ogni zona. La verità è che non credo al mito del km zero a 360 gradi». Anche quello dei farmer market è un fenomeno che va guardato con realismo: «Ne sono nati molti, alcuni van- no bene e altri meno, ma resta il fatto che anche lì si vendono certi prodotti 12 mesi all’anno. Esattamente come fa la gdo». REWE: INNOVARE IN UN REPARTO STRATEGICO Rewe ha fatto la scelta di puntare sul format supermercato a insegna Billa: un punto di vendita di ser- vizio e di vicinato, con alta frequenza di con- sumatori e scontrino medio piuttosto basso. «L’ortofrutta per noi è un reparto strategico – ha affermato Roberto Bonalumi, responsa- bile acquisti freschissi- mi – capace di genera- re il 13% del fatturato globale. Il nostro primo obiet- tivo è gestirlo al me- 33LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 PRODUZIONE ̈ • Il reparto orticoli è un generatore naturale di traffico e di fe- deltà per i punti vendita della Gdo. • Il consumatore ha le informazioni per valutare il giusto prezzo? • I patti di filiera tra retail e fornitori assicurano continuità pro- duttiva e permettono gli investimenti varietali? Le produzioni a “km 0” possono servire la grande distribuzione? • La lotta integrata è una alternativa sostenibile rispetto al biolo- gico, per riduzione dei pesticidi, quantità rese, sicurezza e co- sti? Come comunicarla nel modo più chiaro e corretto? Le motivazioni della tavola rotonda I partecipanti nome funzione azienda Andrea Grassi Direttore Tecnico Apofruit Nicola Faccio Reponsabile Acquisti Food Fresco Aspiag Service Laura Bettazzoli Direttore Marketing Bonduelle Angelo Arrigoni Responsabile Marketing Carrefour Prodotti Freschi marchio Carrefour Emanuele Tulli Buyer Ortofrutta Ce.Di. Marche Nadia Caraffi Responsabile Acquisti Coop Centrale e Vendite Ortofrutta Adriatica Germano Fabiani Responsabile Ortofruttadi Distretto Coop Italia Giovanni Roncareggi Direttore Qualità La Linea Verde Silver Giorgini Direttore Qualità e Innovazione Orogel Marco Fuso Responsabile Qualità Ortofin Roberto Bonalumi Responsabile Acquisti Freschissimi Rewe Duilio Faggin Buyer Ortofrutta Rewe Monica Fochessati Responsabile Sicurezza e Qualità Selex Roberto Baggio Head of Sales Syngenta Fabio Berta Stewardship & Sustainable Syngenta Agriculture Manager Gabriele Canali Docente Università Cattolica Davide Mambriani Responsabile Stage e Placement del Sacro Cuore - SMEA Servizio fotografico: Michele Ravasio. Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl) Da sinistra, Gabriele Canali e Davide Mambriani (SMEA - Università Cattolica del Sacro Cuore), Andrea Grassi (Apofruit), Daniele Faccio (Aspiag Service) e Duilio Faggin (Rewe).
  • 4. PRODUZIONE glio, anche se non riu- sciamo a presidiarlo sempre con un addet- to. Stiamo lavorando per coprire certe fasce orarie: ciò migliore- rebbe il servizio e in- crementerebbe le ven- dite». Il confronto con i competitor non è tanto sul prezzo o sulle pro- mozioni, quanto sul servizio e sull’innova- zione in senso lato: non solo quella varietale, «che ormai è sviluppata senza sosta, tanto che alcune varietà hanno una classificazio- ne numerica». Sul giro d’affari di Billa l’ortofrutta confe- zionata pesa soltanto il 10%. «La utilizziamo in chiave di diversificazione, come nel caso delle Prelibatezze, una linea di marca privata di alta gamma per la quale il packaging ser- ve a proteggere la qualità ma anche a fare comunicazione». L’importante è stimolare il sell-out: in Rewe i buyer colla- borano con le vendite, attraverso riunioni settimanali, per studiare insieme strumenti e iniziative in tal senso. Tra que- ste, va sottolineato il progetto delle “filiali a un euro”, av- viato in sordina ma così apprezzato da essere stato esteso a 60 realtà. Duilio Faggin, buyer ortofrutta, ha confermato che «l’iniziativa dell’ortofrutta sfusa a un euro ha determi- nato un aumento del traffico e dello scontrino medio, mi- gliorando il conto economico della filiale, anche perché i consumatori richiamati da quell’offerta spesso arricchisco- no la loro spesa con altri acquisti». Nessuna distruzione di valore, insomma, ma un aumento delle vendite complessive. «Naturalmente sta alle singole filiali sorvegliare la qualità del prodotto e pensare in futuro a una collocazione del pro- dotto sfuso non necessariamente concentrata nell’area di in- gresso, dove rischia di creare troppo affollamento, ma ma- gari spostata verso l’area centrale». Rewe ha così potuto rivalutare il mercato all’ingrosso – per ora sulla piazza di Milano – utilizzato non solo come solu- zione di ripiego in caso di problemi imprevisti sull’approvvi- gionamento abituale, ma proprio per sostenere l’operazione filiali a un euro. «Alcuni grossisti qualificati – ha raccontato Bonalumi – ci contattano dai mercati generali con le offerte migliori e noi ne approfittiamo». SYNGENTA:VALORIZZAREL’AMBIENTEEFARESISTEMA Syngenta è uno dei principali attori dell’agro-industria mondiale ed è impegnata nello sviluppo di un’agricoltura sostenibile attraverso ricerca e tecnologie innovative. Nel 2013 il fatturato è stato pari a 14,7 miliardi di dolla- ri, di cui oltre 1,4 miliardi investiti in ricerca e sviluppo. Solo in Europa la società conta due grandi strutture di R&S in Svizzera e in Gran Bretagna e diversi centri per lo sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni integrate. «In Italia – ha affermato Fabio Berta, stewardship & sustainable agri- culture manager – le attività R&S sono volte a valorizzare e adattare a livello locale i risultati conseguiti in sede inter- nazionale. Tre sono i centri di sviluppo: Casalmorano per il mais, Ar- gelato per i cereali (sede Produttori Sementi Bologna) e Foggia per le colture or- ticole. Nel 2012 l’azienda ha integrato i business delle sementi, della pro- tezione delle colture e degli insetti ausiliari, ri- spondendo così alle mu- tate necessità della filie- ra e dell’agricoltore, po- nendo l’imprenditore agricolo al centro della propria strategia. Anche l’organizzazio- ne a livello mondiale è stata ristrutturata e sud- divisa in territori: l’Ita- lia è stata considerata un paese strategico per le sue numero- se potenzialità sia di innovazione e sviluppo, sia in fatto di qualità e varietà dei prodotti». Secondo Berta, il concetto di sostenibilità deve essere de- clinato sulle singole attività che ogni giorno vengono svolte e deve essere percepito come modus operandi quotidiano. «Il fatto è che le risorse per quanto riguarda le produzioni agri- cole stanno diventando sempre più limitate. Per questo in Syngenta lavoriamo perché si produca in mo- do innovativo, ottimizzando l’uso delle risorse e valorizzan- do quindi l’ambiente, il territorio e la società». In Italia, Syn- genta ha declinato il concetto di sostenibilità nelle attività di Agricoltura Responsabile: un approccio culturale in agricol- tura che coniuga benefici economici, attenzione alla salva- guardia dell’ambiente e responsabilità sociale. Molti im- prenditori agricoli vivono il concetto di sostenibilità come un aspetto di valore della propria attività. «L’obiettivo di fondo è riuscire a trasferire lungo la filiera le necessità di tut- ti gli attori, che dovrebbero fare sistema e sinergia più di quanto non avvenga oggi». SINERGIE PER L’ORTICOLTURA IN SICILIA Syngenta sta promuovendo in Sicilia un progetto chiamato “Sinergie per l’orticoltura”, applicato per ora a coltivazioni in serra di pomodoro per consumo fresco. “L’azienda agrico- la ci chiede di trasformare concetti come la sostenibilità e le iniziative a sostegno – è intervenuto Roberto Baggio, head of sales Syngenta – in prodotti vendibili: così riusciamo a creare vantaggi competitivi lungo la filiera. È un esercizio molto difficile, in quanto offriamo un sostegno completo al- l’azienda: dalla scelta della varietà migliore, ad un program- ma completo di protezione integrata monitorato e garantito anche da un ente terzo. L’esempio siciliano esprime bene questo sforzo e ci sta dando i primi risultati: Sinergie è un programma agronomi- co caratterizzato dal fatto che la difesa è condotta da agrono- mi esperti che hanno messo a punto negli anni un program- ma di difesa in cui ai migliori agrofarmaci associamo l’uti- lizzo di insetti utili, biofungicidi e bioinsetticidi. «Lo stiamo offrendo con un prezzo per ettaro, per snellire anche la gestione finanziaria dell’azienda. Il pacchetto com- prende la genetica, la difesa, l’assistenza tecnica, il monito- raggio costante, l’analisi dei residui, oltre ad azioni di co- marketing». L’obiettivo è arrivare il prossimo anno a coprire un’ importante superficie per avere una quantità significativa di prodotto sul mercato. «L’idea è che il brand Sinergie, ven- 34 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 Da sinistra, Roberto Bonalumi (Rewe), Fabio Berta e Roberto Baggio (Syngenta).
  • 5. 35LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 PRODUZIONE ga riconosciuto sui mercati nazionali e internazionali come marchio di prodotti sostenibili e affidabili». COOP ITALIA: LA SOSTENIBILITÀ VA REMUNERATA La sostenibilità per Coop Italia – un sistema di 8 milioni di soci consumatori, che ricercano qualità come la sapidità nella frutta e la freschezza nella verdura – è tutto ciò che si aspetta il consumatore: un’agricoltura sana, rispettosa per l’ambiente, che abbia una peculiarità territoriale. «Nella seconda metà degli anni Ottanta – ha spiegato Germano Fabiani, responsabile or- tofrutta di distretto – Coop è stata la prima a progettare la mar- ca privata che allora era un marchio ombrello, inserendo quegli aspetti valoriali inizialmente concentrati sulla tutela della salu- brità dei prodotti e quindi del consumatore.Abbiamo recepito il primo disciplinare di lotta integrata in Emilia-Romagna, antici- pando in un certo senso le istituzioni». Per Fabiani la sostenibilità va sostenuta, vuole essere pagata. «Coop Italia ha acquisito dimensioni veramente importanti, ep- pure nell’ultimo decennio, pur aumentando la rete di punti di vendita, siamo passati da oltre 80 a sole 10 destinazioni delle merci, il che ha comportato un dimezzamento dei costi logisti- co-distributivi, un recupero dei costi e una trasformazione del profilo delle aziende di fornitura. Ciò significa permettere a soggetti agricoli da sempre orientati all’export, di proporsi an- che sul mercato italiano. Molte le sorprese positive: abbiamo in- contrato una grande professionalità sulle scelte varietali e sul- l’educazione alla salubrità dei prodotti. Certo, abbiamo bisogno di aziende molto ben organizzate, armonizzate e omogeneizza- te nella qualità da fornire e talvolta non è facile riversare su di loro le richieste dei consumatori. Così come è difficile fare co- municazione su questi temi, ovvero trasferire tutto quello che si cela dietro il nostro lavoro». Quanto alle private label, in Coop Italia nell’ortofrutta rappresentano il 35-40% del totale reparto, con categorie che raggiungono anche il 70%. COOP CENTRALE ADRIATICA PUNTA SUL VALORE Nadia Caraffi, responsabile acquisti e vendite ortofrutta di Coop Centrale Adriatica, è tornata sul tema della comunica- zione, ricordando che «con i nostri soci facciamo tantissima at- tività di conoscenza e di educazione all’acquisto attento e al consumo consapevole. Quando siamo partiti con la lotta inte- grata abbiamo cercato di trasferire questi valori ai consumatori soci più interessati e coinvolti. Anche con le scuole siamo da sempre molto attivi: l’obiettivo di fondo è trasmettere cultura e qui, a dispetto degli sforzi profusi, dobbiamo lavorare ancora molto». Il punto è capire se il retailer è davvero capace di indagare e comprendere la doman- da, fino a che punto co- nosce davvero il proprio cliente. «La mia sensa- zione è di conoscerlo sempre troppo poco. E d’altronde, i clienti cam- biano a seconda del pe- riodo storico e della col- locazione geografica: basti pensare che noi presidiamo una costa che va da Gorizia a Lec- ce. Diciamo che cresce la richiesta di una rassicurazione fondata: il consumatore ha bi- sogno di capire». In questo senso, fra gli strumenti attivati da Coop c’è laApp sulla tracciabilità, che consente al cliente di co- noscere l’origine delle materie prime dei nostri prodotti: questo lo aiuta a fare una scelta consapevole. Le richieste e le aspetta- tive sulla qualità e la salubrità sono quindi molto elevate e in crescita. «Tutto ciò ha un costo – ha concluso Caraffi – che re- sta elevato a dispetto di tutti gli interventi che abbiamo fatto per razionalizzare la filiera. Come sostenerlo? Con il valore: se non cominciamo a parlare di valore e non di solo prezzo, rischiamo di arrivare al collasso del sistema. Dobbiamo restituire valore alla filiera in termini di gusto, origine, differenziazione, qualità nutritive e, naturalmente, mantenere la promessa». LA LINEA VERDE: COME GESTIRE LA FILIERA La Linea Verde è un’azienda italiana che ha sviluppato pro- dotti freschi e freschissimi di diverse categorie merceologiche, a partire dal core business dell’ortofrutta di quarta gamma. «Per i nostri prodotti abbiamo bisogno di una materia prima di quali- tà elevata – ha affermato Giovanni Roncareggi, direttore qua- lità – e questo comporta una preventiva programmazione delle coltivazioni e degli approvvigionamenti, differenziandoli nelle numerose aree geografiche vocate presenti in Italia, oltre che in altre zone d’Europa per specifiche materie prime e stagioni.Ab- biamo aziende di proprietà soprattutto per le insalatine tenere, che arrivano a coprire circa il 50% del fabbisogno, ma negli an- ni abbiamo consolidato anche un’importante filiera controllata, con circa 200 aziende agricole indipendenti qualificate: con es- se condividiamo preventivamente i Disciplinari di Produzione, che comprendono precisi riferimenti tecnici, agronomici e qua- li-quantitativi». Questo consente di rafforzare il rapporto di col- laborazione, in modo da potere affrontare insieme anche perio- di difficili, come la primavera 2013, piovosa fino ai primi di giu- gno, e il successivo inverno, particolarmente tiepido e umido, con conseguenti necessità di rimodulazione delle attività di pro- duzione. «Anche il mercato propone sempre nuove sfide, con continue necessità di innovazione e sviluppo. E in questo ambi- to, il potere contare su una filiera consolidata, fidelizzata e con rapporti di partnership continuativi, permette di trovare le forze e gli stimoli giusti per valorizzare le sinergie, programmare gli investimenti necessari nelle singole aziende, così da trovare le soluzioni utili per continuare nel perseguimento degli obiettivi di miglioramento». CE.DI. MARCHE: LA MARCA COSTRUISCE VALORE Emanuele Tulli, buyer ortofrutta di Ce.Di. Mar- che, retailer con una rete di supermarket, super- store e market a insegna “Sì con te”, ha posto l’attenzione sul rapporto tra prezzo e valore, due elementi con cui quoti- dianamente gli operatori del mercato si scontra- no. «Quello che dobbia- mo sforzarci di fare è trasferire al consumato- re la peculiarità del no- stro lavoro lungo la fi- liera e quindi trasmet- ̈ Da sinistra, Germano Fabiani (Coop Italia), Nadia Caraffi (Coop Centrale Adriatica) e Giovanni Roncareggi (La Linea Verde).
  • 6. PRODUZIONE tergli il valore del prodot- to, rispetto a quello che gli propone il dettaglio tradizionale, che sul ter- reno della comunicazio- ne spesso è più efficace di noi». Nel mondo dell’orto- frutta l’assenza della marca può essere un pro- blema. «Per certi aspetti è vero, sarebbe utile co- struire più valore sul pro- dotto attraverso un brand che potrebbe meglio tra- sferire, per esempio, la qualità. Un concetto che in ortofrutta rappresenta un insieme di valori che spesso non ar- rivano al destinatario finale ed è comunque sempre collegato al prezzo». Tutto questo senza dimenticare che il consumatore og- gi chiede sempre più garanzie sulla sicurezza e la salubrità del prodotto ortofrutticolo, anche sulla scorta di recenti scandali co- me quello della “terra dei fuochi” in Campania. Il rapporto con il fornitore è quindi fondamentale: quello ideale per Tulli deve garantire il servizio, che vuole dire prezzo, rispetto degli orari di consegna, degli impegni presi, della disponibilità del prodotto in promozione, per fare solo alcuni esempi. Ce.Di Marche ha sviluppato un’interessante esperienza sul pomodoro: «Siamo partiti dalla ricerca genetica, concordando con il fornitore la produzione di una nuova varietà, che si carat- terizza per dimensioni costanti, durata del prodotto, compattez- za, giusta acidità, pochi scarti. Abbiamo lavorato sulle quantità da produrre in modo da evitare sprechi, ma anche sul packaging per dare al consumatore informazioni semplici e chiare sulle pe- culiarità di quel pomodoro rispetto a un prodotto standard». OROGEL: URGONO GIOVANI LEVE PER LA FILIERA «La sostenibilità si costruisce giorno per giorno – ha sottoli- neato Silver Giorgini, direttore qualità e innovazione di Orogel – e secondo me c’è ancora molto da fare su questo fronte, a co- minciare dalla sostenibilità economica. Purtroppo dobbiamo af- frontare alcune emergenze, a cominciare dallo scarso ricambio generazionale: constato che non sono molti i figli che vogliono subentrare ai padri nella conduzione delle azienda agricole, complice la scarsa redditività di questa attività». Urge quindi l’inserimento di giovani leve nella filiera, «che possibilmente non si facciano distrarre da attività come il fotovoltaico, che sot- traggono terreno all’agricoltura. Ha ragione Carlo Petrini di Slow Food quando sostiene che l’agricoltore bisogna pagarlo, occorre riconoscere il valore del suo lavoro, perché non solo ge- stisce il territorio, ma è colui che produce ciò che mangiamo». Non mancano per fortuna le eccezioni: vedi i giovani che han- no deciso di investire nell’agricoltura, cercando di dare nuovo impulso a coltivazioni anche apparentemente banali. È il caso di un imprenditore della provincia di Parma, che ha rilevato dal pa- dre un’azienda in difficoltà puntando sull’aglio. «Sembrerebbe una coltura banalità, eppure il 90% dell’aglio fresco e lavorato commercializzato in Italia viene dalla Cina, anche se pochi lo sanno. Questa è la strada: per emergere bisogna distinguersi, es- sere innovativi». Il biologico anche per Orogel è un tema delicato. «I consu- matori non accettano il fatto che nella frutta ci siano pesticidi e residui: dobbiamo migliorare la comunicazione al riguardo. Per la verità, il biologico vero non è facile da tro- vare: in Orogel siamo più inclini a una più decisa lotta integrata, con riduzione drastica dei limiti rispetto alle indicazioni dell’Unio- ne europea: una sensi- bilità che non riscon- triamo nei mercati esteri, dove gli opera- tori si fanno meno scrupoli. Va detto che l’Italia vanta una bio- diversità straordinaria, che peraltro si traduce nell’avere le difese registrate per i prodotti marginali, come la cicoria o il friariello, complice una normativa europea che non tiene conto delle esigenze di difesa dalle malattie o dalle pro- blematiche relative a insetti e parassiti». ORTOFIN: CERTIFICARSI NON È INDISPENSABILE Marco Fuso, responsabile qualità di Ortofin, l’azienda che si occupa degli acquisti e della logistica dei prodotti ortofrutti- coli del gruppo Finiper, è intervenuto sul tema delle certifica- zioni, sottolineando di non approvare l’uso che se ne fa. «La certificazione è un percorso che l’azienda deve intraprendere per migliorare il proprio sistema di lavoro e garantire al cliente un certo livello di servizio. A volte, invece, viene conseguita per un semplice scopo commerciale e ciò finisce con l’appiat- tirla. Per quanto riguarda Ortofin, ho deciso di non chiedere al- cun tipo di certificazione ai nostri fornitori: ammetto che mi- gliora il giudizio dell’azienda, ma la sua assenza non compro- mette la fornitura. Infatti, sono convinto che molte aziende non certificate hanno implementato sistemi e procedure magari semplici, ma molto efficaci. È vero che per operare in certi Pae- si è necessaria, ma allo stesso tempo conosco non poche azien- de che non l’hanno rinnovata perché non gli veniva richiesta». Ortofin ha una partecipazione in Ortoverde, un’azienda del Lodigiano che produce quarta gamma e oggi fornisce a Orto- fin l’assortimento di marca privata: «Si tratta di una sfida che stiamo iniziando a vincere, dopo l’acquisizione avvenuta al- cuni anni fa, legata al forte desiderio dell’imprenditore di in- tegrare la produzione nella distribuzione. Quando gli si è aperta questa opportunità ne ha approfittato e, dopo alcuni er- rori iniziali nel presidio della produzione, adesso comincia- mo a vedere buoni risultati». In Ortofin, Fuso si occupa di selezionare i fornitori e ovvia- mente fare il controllo qualità, avvalendosi di uno staff compo- sto da nove addetti e senza un budget fisso dedicato. «L’azienda mi permette di sostenere tutte le spese necessarie per il control- lo dei fornitori: ogni anno lo staff tecnico di Ortofin visita circa 200 aziende, mentre il nucleo di controllo qualità lavora di not- te nelle diverse piattaforme. La mia attività viene valutata sulla base della soddisfazione del cliente». BONDUELLE:INNOVAREECOMUNICAREINIVGAMMA Azienda fondata da una famiglia del Nord della Francia con una forte estrazione agro-industriale e specializzata nelle ver- dure, Bonduelle vive un rapporto peculiare con i retailer, non solo clienti ma anche competitor con le loro marche provate, 36 LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 Da sinistra, Emanuele Tulli (Ce.Di. Marche), Silver Giorgini (Orogel) e Marco Fuso (Ortofin).
  • 7. che oggi coprono ben il 65% della categoria. «Bonduelle – ha sottolineato Laura Bettazzoli, direttore marketing – ha intro- dotto la garanzia del prodotto, l’innovazione e la comunica- zione, come un’azienda di marca deve fare, contribuendo al- la crescita del comparto. Se dieci anni fa il mercato valeva circa 10.000 tonnellate, oggi la sola gdo assorbe 80.000 ton- nellate. In valore, la categoria si attesta tra i 700 milioni e il miliardo di euro». Il mercato è cresciuto molto fino al 2008- 2009, stabilizzandosi negli ultimi anni. «Ultimamente sono emersi tre fenomeni: l’avvento dei prodotti unbranded a bas- so prezzo, che hanno sottratto quote alla marca privata, l’au- mento della promozionalità e l’affermarsi del discount. Tutto questo ha devalorizzato il mercato, ma non ha portato a un aumento dei volumi». Bonduelle punta molto sull’Italia: le attività agricole e le la- vorazioni del fresco sono concentrate negli stabilimenti di San Paolo d’Argon e Battipaglia, cui si affianca la comparte- cipazione in un’azienda sarda. «Complessivamente vi lavora- no 400 persone, cui vanno aggiunte le circa 100 della sede centrale. Va ricordato che Bonduelle ha investito ingenti capi- tali nella ricostruzione dell’impianto bergamasco, colpito an- ni fa da un terribile incendio, dimostrando il suo concreto in- teresse per il nostro Paese». Un’ultima annotazione sulla comunicazione: se il posizio- namento di Bonduelle si è spostato dal benessere all’ispira- zione culinaria, «molto spazio è dedicato alla passione per il nostro lavoro, che vogliamo trasmettere anche perché il con- sumatore ci chiede di raccontare la nostra attività e la nostra qualità: non a caso, sul sito Internet abbiamo i filmati della produzione e le interviste agli agricoltori. In futuro lavorere- mo anche sulla versatilità di utilizzo: la quarta gamma ha an- cora molte cose da dire». CARREFOUR: VARIETÀ BOTANICHE E TERRITORIALITÀ Angelo Arrigoni, da pochi mesi nominato responsabile marketing prodotti freschi a marchio Carrefour, per molti anni ha diretto lo sviluppo di Terre d’Italia, progetto che il retailer francese ha lanciato, insieme a Finiper, nel 1999 con l’obiettivo di valorizzare le tipicità e le eccellenze dell’agroa- limentare italiano. «In un’epoca in cui dominava il global, ab- biamo puntato sul local: partiti dallo scatolame abbiamo suc- cessivamente allargato la gamma al fresco e al freschissi- mo.Oggi siamo arrivati a più di 400 referenze tra tutti i repar- ti per un fatturato complessivo di oltre 60 milioni di euro». Non sempre facile, almeno in Italia, è comunicare il con- cetto di varietà botanica nell’ortofrutta, con alcuni distinguo: «Sulla mela e sulla pera è stato fatto un lavoro notevolissimo dagli operatori, percorso faci- litato anche dalle carat- teristiche cromatiche e morfologiche di questi frutti, molto più ‘varie’ e riconoscibili dal con- sumatore, che oggi co- nosce ed è in grado di distinguere una Mela Royal Gala da una Gol- den Delicious, o una Pera Abate da una Kai- ser. Più difficile è inve- ce comunicare le diffe- renze varietali nell’ambito delle fragole. In questo caso si è pertanto deciso di enfatizzare principalmente la territorialità, molto più facile da fare comprendere, e solo in seconda bat- tuta la tipologia varietale. Le Fragole della Sila e le Fragole della Basilicata Terre d’Italia sono rispettivamente delle va- rietà Albion e Candonga, informazioni che il consumatore può trovare scritte sull’etichetta peso prezzo». In generale, con Terre d’Italia si è riusciti a valorizzare il lo- cale sul globale: «Le specialità vengono distribuite a livello nazionale e vengono conosciute in ambiti territoriali molto distanti da quelli in cui sono nate. Abbiamo anche privilegia- to aziende di eccellenza di piccole dimensioni, talvolta do- vendo lavorare per convincerli a produrre per noi, in quanto fino a quel momento non avevano mai operato con la Gdo. Terre d’Italia è sicuramente un caso di successo che dimostra che tra ‘grande’ e ‘piccolo’ ci può essere un percorso di par- tnership di reciproco interesse». SELEX: IL CONFRONTO TRA FUNZIONI È UTILE «Il confronto trasversale tra commerciale e qualità è profi- cuo – ha affermato Monica Fochessati, responsabile assicu- razione qualità di Selex, chiudendo l’incontro – soprattutto quando c’è parità tra le diverse funzioni, nella misura in cui porta a un risultato corretto, efficace e non sbilanciato su un solo ambito. In un contesto di commercio associato com’è quello di Selex, distribuito su tutto il territorio nazionale, ciò determina una condivisione di preziose conoscenze e scam- bio di informazioni che, attraverso il confronto e un’analisi dell’andamento del mercato e degli obiettivi strategici del- l’impresa, vengono rielaborati e messi a fattore comune. Non sempre il processo è semplice e immediato, ma porta indubbi vantaggi». Quando si devono affrontare situazioni di crisi, scatta la ge- stione delle allerte, ormai consolidata anche per le relative di- sposizioni di legge: «In tutte le aziende esistono procedure, tempistiche, modalità operative e di feedback. Talvolta si de- vono gestire allerte non puntuali veicolate dai media: della “terra dei fuochi”, per esempio, si è parlato a fine 2013, ma già da tempo era sotto il controllo degli operatori e delle isti- tuzioni, tant’è che già all’inizio dell’anno il Ministero aveva pubblicato una relazione al riguardo. A ogni modo, quando è necessario, si interviene con l’implementazione di un giro di verifiche e una raccolta di riscontri, per consolidare il presi- dio all’interno dell’azienda, verso i soci e in tutto il sistema». Infine, in tema di certificazioni, Fochessati è convinta che costituiscono un valido elemento distintivo per la qualifica delle aziende che le possiedono e un model- lo di riferimento per le aziende che necessitano di consolidare il siste- ma qualità. Le certificazioni oggi hanno assunto sicura- mente una valenza mol- to importante, ma rima- ne fondamentale l’im- pegno fattivo delle sin- gole aziende a soste- nerne le premesse orga- nizzative e strutturali e fare propri gli obiettivi di riferimento. I 37LARGO CONSUMO n. 7-8/2014 PRODUZIONE Da sinistra, Laura Bettazzoli (Bondulle), Angelo Arrigoni (Carrefour) e Monica Fochessati (Selex).