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IL GIORNALE D’ISTITUTO IN IBOOK
ITCGT G. Salvemini - Molfetta
Numero speciale dedicato a
Gaetano Salvemini, alla scuola,
al valore della cultura
Questo ibook è il il risultato dell’ attività didattica che ha coin-
volto un gruppo di studenti delle classi 1° B Iter e 3° A igea , in oc-
casione del Concorso “Salvemini e i giovani”, promosso dalle rete
delle Scuole Superiori di Molfetta nell’anno scolastico 2013- 2014.
E’ stato coordinato dalle docenti Alina Gadaleta Caldarola e Gra-
ziella La Forgia per la documentazione storica sul pensiero e la per-
sonalità di G. Salvemini e dalla prof.ssa Maria Messere per la rea-
lizzazione grafica e digitale dell’ibook.
La lettera a Giacinto Panunzio del 1911, proposta come input, ha
dato l’opportunità agli studenti, anche delle prime classi, di acco-
starsi nel modo più suggestivo e coinvolgente a Gaetano Salvemi-
ni, uomo dal temperamento indomabile, professore, socialista, stori-
co, meridionalista, antifascista. Attualissimo il suo messaggio a
guardarsi intorno, mettersi in gioco, studiare, capire e puntare al-
l’azione.
Attraversando i momenti salienti della sua vicenda umana e politi-
ca, si è scelto di attualizzare il pensiero di Salvemini riprendendo
la sua instancabile battaglia a sostegno del ruolo centrale e priorita-
rio della scuola laica, moderna, utile alla crescita collettiva della
comunità intera, in una società democratica.
Dalla lettera all’attualità il passaggio di prospettiva si è imposto: i
tempi sono molto cambiati e la tecnologia ha fatto passi da gigante
così come gli strumenti del nostro fare scuola.
Raccogliendone la sfida educativa, per noi la lezione salveminia-
na si è concretizzata nella scelta di mettere in pratica le nuove fron-
tiere della didattica realizzando un ipertesto ibook, nel format del
Giornale d’Istituto Controvoce, con le potenzialità del book in pro-
gress e insieme del taglio giornalistico nella presentazione delle
tesi e riflessioni.
Al rigore della ricostruzione storica si affiancano i pensieri liberi e
le interpretazioni originali degli studenti che con la loro freschezza
intellettuale e conoscitiva hanno reso questo lavoro entusiasmante
e fecondo.
Gli studenti e le professoresse
dell’ITCGT G. Salvemini di Molfetta
i
PRESENTAZIONE
<Occorre – tu dici- rialzare i valori spirituali contro la prosaica
ideologia di un materialismo affaristico e ciarlatanesco...>
2
L’entusiasmo nell’azione
Veduta del porto di Molfetta, 1913
Carissimo,
ecco che finalmente ho l’agio di poterti scrivere un po’ a lungo.
<Occorre – tu dici- rialzare i valori spirituali contro la prosaica
ideologia di un materialismo affaristico e ciarlatanesco> D’accor-
do. Ma come? Isolandosi in se stessi, contentandosi di tenersi estra-
nei all’affarismo e al ciarlatanismo dei più; oppure , contrapponen-
do ad un’azione pratica, da noi ritenuta perni-
ciosa, un’altra azione pratica meglio rispon-
dente alla concezione che noi abbiamo
dei fini della vita?
Ti ricordi che una volta, parlando con te, io
ho deriso i filosofi. Bisogna intendersi. Io deri-
do quei filosofi che si chiudono nella loro stan-
za da studio, e almanaccano comodamente formule su formule, e
lasciano che il mondo vada in rovina, e quando non contribuisco-
no anch’essi a rovinarlo, vivendo egoisticamente, e creando una
barriera altissima tra la teoria e la pratica: teoria ideale e pratica
materiale. Questa gente io la disprezzo. Del suo idealismo non so
che farmene. Quando ero giovane, questa gente dominava in Ita-
lia: non c’era briccone matricolato, che non si proclamasse ideali-
sta, patriota, disprezzatore delle questioni di stomaco, ecc.
Il nostro materialismo giovanile fu una rea- zione idealistica con-
tro l’affarismo ipocrita degli idealisti della
vecchia scuola. Dal momento che tutti i la-
dri della Banca Romana proclamavano
la necessità di disprezzare i problemi
materiali e di guardare solo ai beni idea-
li, noi che non eravamo ladri adottam-
mo un sistema di idee tutto materiali-
stico ed utilitario. Facemmo chassez-croi-
sez. Sono giochetti, che accadono nella storia.
Purtroppo molti di noi sono rimasti prigionieri delle nostre
formule. A furia di predicare utilitarismo concreto contro la
vecchia retorica idealistica, noi abbiamo messo su un siste-
ma di idee, in cui tutti gli egoismi peggiori si trovano giustifi-
cati. Bisogna ormai fare macchina in-
dietro.
Ma come? Ritirandosi dall’azione
o partecipando all’azione? Trastul-
landosi a pubblicare nuove
formule, oppure facendo
una nuova politica impregnata da
San Marcello Pistoiese, 6 agosto 1911
Salvemini a Giacinto Panunzio
3
Clicca sulla foto per leggere il commento
un nuovo spirito e da migliore senti-
mento delle necessità e delle re-
sponsabilità della vita?
Fare della politica: questo ti
ripugna. Eppure è necessa-
rio. La politica è qualco-
sa di ignobile, oggi.
E sarà forse ignobile sempre. Chi fa della poli-
tica deve venire a contatto con gli uomini …
E gli uomini sono, più o meno, quasi tutti co-
me gli uomini del collegio di Albano. Ma omnia
mundia mundis. Bisogna aver fede nella propria buona volon-
tà, saltare nell’acqua e mettersi a nuotare. Sarà quel che sarà; e
non potrà che esse- re bene, se noi avremo buona volontà.
Fare della politica non vuol
dire abbandonare la profes-
sione e gli studi e diven-
tare un politicante. Vuol
dire solo dedica-
re una parte del-
la propria attività a pro-
muovere gli interessi colletti-
vi con desiderio di bene. Per te signifi-
cherebbe limitare un poco i guadagni professionali, che dal tuo in-
gegno puoi sperare, dedicarti allo studio di qualche questione con-
creta meridionale, impadronirti della soluzione di questa questio-
ne, farti banditore di questa soluzione.
Per es. tu sei avvocato. Guarda intorno a te. In che cosa le leggi
attuali schiacciano ingiustamente nel Mezzodì i contadini? Come
mai la procedura attuale dà modo di vivere a tanti mozzorecchi e
azzeccagarbugli malefici? Che fare per purificare i nostri costu-
mi giudiziari? Osserva, critica, coordi-
na le tue osservazioni e le tue criti-
che, e alla fine formula un program-
ma di rifor-
me, da cui
possa esse-
re diminui-
ta in qual-
che modo la po-
tenza della piccola borghesia giudiziaria.
Guarda ancora intorno a te. Noi siamo un
paese agricolo. In che cosa gli attuali sistemi
doganali e tributari ci sono dannosi? Come modificarli? Due anni
di studio di questi argomenti nelle ore libere e poi bandire le solu-
zioni. Non ti dico di trascurare la tua professione. No, no, no. Non
devi essere uno spostato politicamente. Devi essere un uomo indi-
pendente ed equilibrato. Ma devi ricordarti che c’è intorno
a te gente che soffre, che è ingiustamente
calpestata, che deve essere aiutata. E
non dire - per carità – che il benessere
materiale degli altri non merita le tue
cure. Queste sono scuse dell’egoismo
e della prepotenza. Noi non possiamo
agire che sul benessere materiale. Noi non
possiamo dare la felicità agli altri. Gli uo- mini avranno
sempre motivi infiniti per essere infelici. Ma un maggior be-
4
nessere materiale li aiuterà a sopportare i guai e morali. Fare il be-
ne non può avere che due soli significati: 1) dare esempio di
disinteresse e di abnega- zione, 2) aumentare il benessere ma-
teriale degli altri. Il pri- mo è atto individuale: ognuno deve
agire per proprio conto nella sua
zona di vita. Il richiede l’associazio-
ne delle forze. E chi se ne sta a ca-
sa, facendo versi o pubblicando
filosofie astratte, viene me-
no al suo dovere. Hai
tentato una biblioteca po- p o l a-
re. Non ci sei riuscito. Ebbene torna a ritentare. Le leghe vanno ma-
le. Occupati tu di una di esse: e andrà meglio. Ci sono a Molfetta
due uomini intellettualmente e moralmente superiori: Francesco
Picca e Adelchi Valente. Va’ a passare qualche ora con loro ogni
giorno, discutete insieme quel che c’è da fare giorno per giorno …
Anche se non riuscirete a conchiudere nulla, sarete almeno in tre a
non conchiudere nulla. Ci sarà a Molfetta un gruppo di tre galan-
tuomini che un giorno forse troveranno la presa con la realtà. Stu-
diare problemi concreti e preparane le soluzioni ideali. Associarsi
con gli uomini omogenei per qualità morali, sia pure senza scopi
pratici immediati, ma solo per trovarsi insieme e scambiare le idee.
Dove ci sono gruppi di uomini che vogliono agire in
comune, venire a contatto con essi, senza il-
ludersi molto sulle loro capacità di bene
ma cercare di ottenere da essi tutto be-
ne che possono.
Ecco il nostro dovere.
Ma ne parleremo meglio a voce
a Molfetta, nel prossimo ottobre.
Ti sarei grato, se mi procurassi la requisi-
toria scritta da Dandolo. M’interessa
soprattutto quel che dice dei dele-
gati. E anche la sentenza manda-
mela appena puoi.
Andria deve essere un gran por-
caio. E anche quel Prof Ciccarelli de-
ve essere un grande sporcaccione.
Capisco che tu debba aver voglia di uscire da Molfetta, dove si
muore di asfissia e morale. Ma non devi dimenticare il tuo paese.
Devi ritornarci spesso e devi agire es-
so. Non si ha il diritto di disertare
così.
Bisognerebbe fare un’associazione
di tutti i molfettesi espatriati, impe-
gnandoci tutti a stare a Molfetta al-
meno un mese all’anno, e formare
un nuovo partito di esuli che sono
stati cacciati dalla patria, ma vi ritornano per ripulirla e conquistar-
la.
Affezionatissimo
G. Salvemini
5
"Ciascuno troverà nell'avvenire ciò che avrà saputo metterci di se stesso"
6
La forza di rialzarsi sempre
E’ vicino ai settant’anni. Viene dall’Italia
meridionale, essendo nato a Molfetta, pro-
vincia di Bari, nel 1873. La sua famiglia
era ricca di figli e povera di denaro. Era il
maggiore di nove fra fratelli e sorelle. Po-
tette fare gli studi all’Università di Firen-
ze dai 17 ai 22 anni grazie a una borsa di
studio di sessanta lire al mese che fu por-
tata a novanta dopo il primo anno. Natu-
ralmente su quelle sessanta e novanta lire al mese bisognava pa-
gare la ricchezza mobile. Incominciò nel 1895 a insegnare latino a
Palermo ai bambini di 11
anni. L’anno dopo saltò al
liceo a insegnare storia.
Nel 1900 saltò all’Universi-
tà di Messina a insegnare
storia medievale e moder-
na. A Messina nel terremo-
to del 1908 perdette tutta
la sua famiglia: moglie,
cinque figli e una sorella.
Autobiografia e momenti salienti
7
La tragedia del terremoto
“Ero a letto - scrive Gaetano su “L'Avanti” l'8 Gennaio 1909
– allorquando sentii che tutto barcollava intorno a me e un
rumore sinistro che giungeva dal di fuori. In camicia, come
ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per ve-
dere cosa accadeva. Feci appena in tempo a spalancarla che
la casa precipitò come in un vortice, si inabissò e tutto di-
sparve in un nebbione denso, traversato da rumori come di
valanga e da urla di gente che precipitando moriva. Tutto
disparve tranne il muro maestro ove si trovava la finestra
alla cui tenda m'ero avvinghiato con la frenesia della dispe-
razione. Sotto di me – si deve pensare che ero al quarto pia-
no – le macerie avevano fatto un cumulo tale che il mio urto
fu meno forte di quanto potevo aspettarmi. Mi feci male ma
non mi uccisi”. ..
Morirono invece tutti gli altri : la moglie Maria, la sorella Ca-
milla, e i suoi cinque figli. E non furono trovati tra le mace-
rie né Maria, né Camilla, né Ughetto, uno dei piccoli.
All’amico Gentile scrive
Agli amici che gli avevano chiesto un suo cenno biografico, Salvemini rispose nel 1942 inviando queste
scarne notizie che intitolò scherzosamente “Necrologia di Gaetano Salvemini”
La famiglia di Salvemini in campagna, 1901
Un anno dopo la tragedia Salvemini, per ricordare la famiglia
scomparsa, coadiuvato dal suocero, decide di donare un pezzo di
quella ''cocevolina'' avuta in dono da suo zio prete, per far erige-
re una scuola materna, a Molfetta, in memoria di suo figlio mag-
giore: ''Filippetto''.
Nel frattempo, programma ciò che intenderà fare per l'avvenire,
come si ricava da una lettera a Giustino Fortunato, che ha cono-
sciuto da poco e che diverrà il nome tutelare de “L'Unità”.
Nel 1910 riprese l’insegnamento all’Università di Pisa. Nel 1916
fu chiamato all’Università di Firenze. Mentre insegnava pubbli-
cava libri sulla storia del Medioevo, della rivoluzione francese e
del risorgimento italiano, e sui problemi scolastici. Fu uno dei
fondatori della Federazione Nazionale degli Insegnanti delle
scuole secondarie, che raccolse il 98 % della classe e fu tra il 1903
e il 1914 una delle più attive organizzazioni democratiche italia-
ne. Combattè tenacemente Giolitti quando Giolitti era onnipo-
tente e finanche molti deputati socialisti lo ammiravano come un
dio. Si oppose nel 1911 alla conquista della Libia, prevedendo
che la guerra sarebbe stata lunga e dispendiosa, e sostenendo
che il paese, uno scatolone di sabbia, non era adatto al lavoro ita-
liano, salvo in qualche limitata zona in cui sarebbe stato necessa-
rio sterminare gli indigeni. Scoppiata nel 1914 la guerra europea,
seguì Leonida Bissolati nell’ af-
fermare la necessità di opporsi
all’imperialismo germanico. Ma
nello stesso tempo si oppose ai
nazionalisti italiani che voleva-
no conquistare l’Alto Adige abi-
tato da tedeschi e la Dalmazia
abitata da slavi. Così si trovò a
dover lottare nello stesso tempo
contro i socialisti, che erano neu-
tralisti, e i nazionalisti che rende-
vano necessaria una nuova guer-
ra quando la guerra allora in cor-
so fosse finita. Nel 1919 fu eletto
deputato in Puglia sul program-
ma di lasciare la Dalmazia agli
slavi. I nazionalisti pensarono di contrapporgli d’Annunzio, ma
dovettero smetterne l’idea. Si oppose fino dal principio al mo-
mento fascista. Nel luglio 1920 accusò nella Camera Mussolini
di avere sottratto 480 mila lire al milione raccolto in America per
aiutare d’Annunzio in Fiume. Mussolini lo sfidò a duello. I due
padrini di Salvemini sostennero che prima di tutto era necessa-
rio stabilire se l’accusa fatta da Salvemini era vera o no. Solo se
8
“La vita non può avere per me altro scopo, se non quello di dimenticare me stesso in
opere che mi leghino agli altri, in attesa che l'ora suprema mi liberi da un peso conti-
nuo di dolore; e tutto ciò che mi fa sentire legami che mi uniscono agli uomini buoni e
generosi, che io amo e stimo e rispetto, mi dà forza e gioia, dico gioia, non felicità”
l’accusa fosse dimostrata falsa, Salvemini avrebbe avuto il dove-
re di dare una riparazione. I padrini di Mussolini rifiutarono l’in-
chiesta, e così il duello non ebbe luogo. Essendo malato e scorag-
giato, Salvemini si rifiutò di ripresentarsi candidato nel 1921, e
invitò i suoi elettori a votare la lista socialista. Per tre anni si
astenne dalla politica attiva. Dopo l’assassinio di Matteotti ritor-
nò nella lotta. Nel giugno 1925 fu arrestato sotto accusa di aver
partecipato a Firenze alla pubblicazione del foglio clandestino
Non Mollare.
L’amnistia del 31 luglio 1925 destinata a liberare dalla galera gli
assassini di Matteotti mise fine al processo contro Salvemini.
Questi, rimasto libero, sfuggì alla sorveglianza della polizia e si
rifugiò in Francia nell’agosto del 1925. Nonostante l’amnistia che
lo restituì alla libertà, le violenze fasciste contro Salvemini conti-
nuarono. Era continuamente sotto minaccia e non sapeva se torna-
re a Firenze e riprendere le sue lezioni all’Università oppure al-
lontanarsi definitivamente dall’Italia. Per Salvemini sono giorni
di dubbi e incertezze: se dovesse tornare all’insegnamento do-
vrebbe sottostare alle volontà del fascismo e questo per lui è inac-
cettabile. Nessun compromesso è per lui possibile né tollerabile
e tutti gli amici, tutti gli alunni, senza una sola eccezione, gli scri-
vono che a Firenze è meglio non tornare. Troppo pericoloso. A
metà ottobre del 1925 decise di non tornare e di espatriare e co-
municò le sue intenzioni agli amici, ai suoi allievi. Disse loro che
sarebbe riuscito a cavarsela e che avrebbe utilizzato la sua liber-
tà per far sapere all’estero quel che era realmente il regime mus-
soliniano.
9
BREVE STORIA DEL “NON MOLLARE”
NON MOLLARE fu il primo giorna-
le clandestino antifascista, il primo
in Italia, stampato a Firenze tra il
gennaio e l’ottobre del 1925. Le ini-
ziative che ne prepararono e ne ac-
compagnarono la nascita ebbero ori-
gine da un gruppo di intellettuali
salveminiani, Nello Traquandi, Tom-
maso Ramorino, Carlo e Nello Ros-
selli, Ernesto Rossi e lo stesso Salve-
mini, dopo alcune vicende che carat-
terizzarono l’antifascismo fiorentino legate al “ Circolo della
Cultura “ e all’associazione clandestina “ Italia Libera “. Gae-
tano Salvemini, dopo lunghi anni di milizia socialista aveva
abbandonato il partito. Le idealità risorgimentali, l’eredità
mazziniana e l’avversione all’autoritarismo prussiano lo
spinsero a diventare interventista e a partire per il fronte.
Con lo stesso spirito di combattenti , giovani come Piero Ca-
“ Mi toglieranno la nazionalità, mi confischeranno i beni
che non ho, mi condanneranno magari all’impiccagione.
Sarà quel che sarà … Così ricomincio la vita per la terza
volta: la cominciai a 17 anni, quando arrivaia Firenze; la
ricominciai a 35 anni dopo aver perduto tutto a Messina;
la ricomincio a 52 per la terza volta….”
(dalla lettera alla sua amica Mary Berenson dell’ottobre 1925)
Presa questa decisione, pochi giorni dopo mandò la lettera di di-
missioni al Rettore dell’Università di Firenze.
Fra il 1925 e il 1932 visse tra la Francia, l’Inghilterra e gli Stati
Uniti, pubblicando articoli di giornali e riviste, libri, opuscoli e
facendo conferenze per rilevare le vere condizioni dell’Italia sot-
to dittatura fascista. Nell’autunno del 1932 si stabilì definitiva-
mente negli Stati Uniti e nel 1934 fu chiamato a insegnare storia
della civiltà italiana a Harvard nel 1934.
I brevi cenni autobiografici, scritti da Salvemini per gli amici
che glielo avevano chiesto, finiscono qui.
Di lui si sa che nel decennio successivo continuò a pubblicare al-
tri libri. Nel 1939 fondò con altri esuli antifascisti la “Mazzini So-
ciety” per combattere il fascismo in America, far conoscere agli
americani le vere condizioni dell’Italia, “ sotto le scure del fasci-
smo”, e affermare la necessità dell’avvento di una repubblica de-
mocratica nel nostro paese.
Dopo la liberazione nel 1947 venne per una breve visita in Italia.
In una lettera a Nicola Altamura, amico molfettese, scrisse ” Ven-
go a studiare, imparare, a correggermi dove è necessario, non a dar-
mi le arie dell’esule che torna in patria, a sbandierare i suoi meriti.
Secondo me l’esule deve ritornare oggi in Italia con grande umiltà
mettersi in coda, a chi rimase in Italia a soffrire, e non pretendere
per sé nessun privilegio e nessun omaggio. ..Chi rimase in Italia do-
vette soffrire per anni ed anni la vergogna e i danni di un’oppressio-
ne infame. Gli onori sono dovuti non all’esule che torna in patria
ma a chi rimase in Patria e andò in galera o al confino, o rimase
silenzioso ed intransigente, senza vendere l’anima ai padroni del-
l’ora. Essi portarono davvero il peso della sventura comune. Ad es-
si è dovuta la riconoscenza. Ad essi è dovuto il rispetto. Ad essi è
dovuto ogni onore”.
10
Clicca sull’immagine per leggere il testo della lettera
Rientrò poi definitivamente in Italia nel 1949 e dietro invito di
Pietro Calamandrei, allora rettore dell’Università di Firenze, tor-
nò alla sua cattedra di storia moderna e riprese il suo posto come
scrittore politico, collaborando a varie riviste. Non prese la tesse-
ra di alcun partito ma
rimase fedele a quel so-
cialismo della sua giovi-
nezza che, come ripetet-
te ancora sul letto di
morte, “voleva dare un
tozzo di pane alla pove-
ra gente”. La repubblica
nata nel 1946 non era
quello che lui aveva spe-
rato dopo la dittatura.
Continuò a denunciar-
ne i mali: affarismo,
clientelismo. Si impe-
gnò quindi in una assi-
dua battaglia laicista
chiedendo fra l’altro
l’abolizione del Concor-
dato e affrontando con
la consueta lucidità i
problemi della ricostru-
zione democratica di
un’Italia che giudicava
politicamente “ scombi-
nata”. Gli fu restituita
la cittadinanza italiana.
Nel 1955 ottenne il Premio Internazionale Feltrinelli dell’Accade-
mia dei Lincei per la storia e poco dopo fu proposto per la laurea
honoris causa dell’Università di Oxford, che non potette ricevere
per le sue condizioni di salute. L’ultima sua fatica di storico e po-
litico fu la raccolta Degli Scritti sulla questione meridionale, edi-
ta da Einaudi nel 1955. La prefazione è la sua “autobiografia poli-
tica”. L’ultimo capitolo è intitolato “Molfetta 1954”. Nella sua cit-
tà natia, che egli chiama “quel cantuccio di terra che mi ha dato
la vita”, non tornò più. Tuttavia conosceva bene, grazie alle infor-
mazioni che riceveva dai suoi amici, come Molfetta fosse cambia-
ta in tutti questi anni passati lontano. “ Se chiudo gli occhi per
rievocare le condizioni di sessant’anni or sono e le confronto con
quelle di oggi, mi sembra di vivere in un mondo nuovo. Allora la
maggior parte dei giornalieri camminava a piedi nudi: oggi uomi-
ni, donne, bambini portano le scarpe. In un giorno di domenica,
sarebbe difficile distinguere un giovane di famiglia bracciantile
dal figlio di un galantuomo...”
Morì, circondato dagli amici più cari, a Capo di Sorrento, il 6 set-
tembre 1957, aveva ottantaquattro anni.
11
“Il libro del destino è sempre aperto a chi voglia
scrivervi la sua parola. Chi non vi scrive nulla, non
vi trova nulla. Chi va avanti a riempirne le pagine
le riempie in proporzione della propria volontà”
( dal Non Mollare)
Salvemini davanti alla Widner Li-
brary, Università di Cambridge,
1948
12
Clicca sulle immagini per scorrere le pagine
Fumetto realizzato nell’anno scolastico 2004 - 2005 dagli studenti
“La scuola pubblica non ha solamente la funzione di educare gli alunni, ma
soprattutto quello di facilitare l'elevamento sociale degli elementi meglio dotati delle
classi inferiori”
13
Le battaglie di Salvemini per una scuola
moderna
Foto di gruppo del seminario frequentato da Salvemini, 1887
Per tutta la sua vita Salvemini lavorò nella scuola, a contatto con
tantissimi studenti, alcuni dei quali divennero suoi collaborato-
ri. Fu insegnante di latino ai bambini di 11 anni, professore di
Liceo, poi docente universitario. Fu “docente” nel senso autenti-
co del termine, come colui che conduce altri alla scienza. Chiun-
que lo conoscesse rimaneva affascinato dalla sua cultura e dalla
sua grande capacità di ascoltare, ragionare, discutere. E lui era
pronto a cogliere le intelligenze dei suoi studenti, dei giovani,
ne ammirava l’entusiasmo, l’azione, li assecondava nei loro so-
gni di giustizia, libertà, felicità. Salvemini era convinto che cul-
tura e istruzione fossero necessarie affinché tutti gli uomini si
mostrassero cosciente-
mente giusti e uguali.
Socialista, mazzinia-
no, democratico, ri-
spettoso dei diritti dei
singoli e della povera
gente, difese sempre e
fino alla morte l’im-
portanza della scuola,
dell’istruzione e della
cultura.
14
La società della conoscenza secondo Gaetano Salvemini
Esiste un valore forte nella cultura del Novecento rappre-
sentato dallo sviluppo delle scienze e dei saperi. Questa
consapevolezza ha sempre sorvegliato l'elaborazione in-
tellettuale di Salvemini. Il suo nome è spesso collegato
alla passione e all’impegno politico e civile ma anche ad
una riflessione profonda sugli scritti dedicati alla scuola.
L'attenzione rivolta dal Salvemini al mondo della scuola,
all'espansione della scuola, alla promozione della scuola
pubblica contro la scuola clericale e reazionaria, è la chia-
ra indicazione di un programma politico e culturale: dota-
re le nuove classi emergenti, le masse contadine di strut-
ture di alfabetizzazione, di formazione ed emancipazione
culturale. A suo parere, il problema della scuola non pote-
va essere risolto se non era recepito, a livello parlamenta-
re, come una priorità nello sviluppo del paese. La strate-
gia che bisognava perseguire, nella vertenza complessiva
della scuola, era l'individuazione delle alleanze, dei grup-
pi sociali affini, i lavoratori della scuola, i docenti univer-
sitari che cominciavano a presentarsi come la prima
espressione del proletariato intellettuale. Salvemini è una
“La cultura, non può consistere nel numero delle nozioni e nella massa dei materiali grezzi che in un dato mo-
mento ci troviamo ad avere immagazzinato nella memoria, quanto in quella raffinata educazione dello spirito,
reso agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosità, in quella capacità d'imparar cose nuove,
che abbiamo acquistata studiando le antiche.”
Nel 1920, Salvemi-
ni, in un discorso
tenuto alla Lega
d e m o c r a t i c a ,
espresse la convin-
zione che a segui-
to degli sconvolgi-
menti creati dalla
grande guerra, gli
italiani dovessero
promuovere un
cambio di classe
dirigente che dove-
va rinnovarsi e con-
tribuire al migliora-
mento della socie-
tà. Le classi popola-
ri, più della piccola
e media borghesia,
dovevano contribuire a questo rinnovamento. Bisognava però
che fossero preparate e che la scuola potesse dare la formazione
giusta. Accanto alla scuola classica di elite, era necessaria una
scuola moderna, per tutti , aperta alle scienze, alle tecnologie, al
metodo della ricerca, allo studio dei casi, alla prospettiva di un
futuro inserimento nella vita lavorativa. Ci volevano scuole clas-
siche, ma anche istituti tecnici, commerciali, agrari, industriali e
professionali. Scuole che dovevano preparare i giovani ad inse-
rirsi nella vita. Non settarie ma pronte ad accogliere le diversità e
a valorizzarle. Straordinaria forma di riscatto per il Sud che ave-
va bisogno, più che il Nord, di bravi insegnanti e alunni pronti
ad apprendere. La scuola moderna, tecnica, scientifica e professio-
nale doveva andare incontro alle esigenze dei figli dei lavoratori
a cui accanto alla scelta del lavoro dopo la scuola non doveva es-
sere preclusa la possibilità di continuare a studiare all’università,
se meritevoli.
«La scuola pubblica non ha solamente la funzione di educare gli
alunni, ma soprattutto quello di facilitare l'elevamento sociale de-
gli elementi meglio dotati delle classi inferiori, e di classificare i
cittadini secondo le attitudini; essa perciò deve accogliere senza
eccezioni nelle scuole popolari tutti gli alunni delle classi disa-
giate, adattandosi alle loro necessità e sforzandosi di fornir loro
il minimo di cultura indispensabile al cittadino dello Stato mo-
derno; deve correggere la ingiusta sperequazione economica ini-
ziale fra i giovani delle diverse classi sociali, offrendo borse di
studio e premi di perfezionamento agli alunni di famiglie povere
e d'ingegno promettente; ma deve selezionare rigorosamente i
giovani, allontanando senza debolezze dalle scuole medie avvia-
trici per le università tutti gli inetti e i mediocri, a qualunque ce-
to appartengano»
( Il programma educativo della Lega democratica nel 1920, appro-
vato su proposta di Salvemini al convegno del rinnovamento,
chiedeva che l'accesso alla scuola di cultura preparatrice all'uni-
versità fosse aperto a tutti gli studenti «a qualunque ceto appar-
tengano». Questo fatto era stato solennemente riconosciuto dai
«gruppi degli amici de "L'Unità"» nella Dichiarazione di principi
che fu approvata nel primo convegno della Lega democratica nel
1919- cfr. L. Borghi, Educazione e autorità nell'Italia moderna, Fi-
renze, La Nuova Italia, 1951 - fonte internet)
15
Per questo la cultura . –diceva Salvemini – “non può consistere
nel numero delle nozioni e nella massa dei materiali grezzi che
in un dato momento ci troviamo ad avere immagazzinato nella
memoria, quanto in quella raffinata educazione dello spirito, re-
so agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosi-
tà, in quella capacità d'imparar cose nuove, che abbiamo acquista-
ta studiando le antiche.” Tutte le conoscenze, che possono esserci
comunque necessarie o utili o piacevoli nella vita, ce le procuria-
mo poi noi, per conto nostro, dopo la scuola, durante tutta la vita.
“Ma senza quella precedente disciplina intellettuale fornitaci dal-
la scuola, le mille svariatissime e spesso contraddittorie nozioni
che raccogliessimo giorno per giorno, non coordinate da una for-
za organica di pensiero, sarebbero non cultura, ma polvere incoe-
rente e pesante e inutile di cultura” La scuola non deve aggravare
e affaticare il cervello a furia di enciclopedia erudita: deve ricono-
scere nell'alunno il diritto all'ignoranza. Ma deve frattanto dar-
gli la coscienza della sua ignoranza, il desiderio ardente di vincer-
la, la capacità di lavorare da sé. Solo cosi operando essa darà la
vera cultura. Ma non può così operare senza esigere un forte e ru-
de e ostinato lavoro. ….Col sudore della fronte ti guadagnerai il
pane," ha detto all'uomo il Dio della Bibbia. La cultura è il pane
dell'anima. E anch'essa non si trova bella e pronta nella culla: bi-
sogna faticare soffrire sacrificarsi per essere degni di conquistar-
la, per essere capaci di conservarla…
(cfr. Gaetano Salvemini, Che cos’è la cultura ( saggio del 1908) in Scritti per la scuola, a
cura di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966)
16
La scuola pubblica al tempo di Salvemini nel 1923
Scuola materna: è chiamata Grado preparatorio dell'istruzio-
ne elementare per bambini dai 3 ai 6 anni (non obbligatoria
né gratuita). Si tratta del primo impegno organico dello Stato
in questo settore.
- Scuola elementare: di 5 anni, divisa nel grado inferiore (I, II
e III classe) e nel grado superiore (IV e V classe). Il supera-
mento di un esame permette il passaggio da un grado all'al-
tro.
- Scuola media inferiore: 6 tipi:

1) Corso integrativo delle elementari di 3 anni (VI, VII, VIII
classe), chiuso in se stesso.

2) Scuola complementare, che sostituisce la vecchia scuola tec-
nica. Di tre anni, chiusa in sé e « di scarico », non dà possibili-
tà di sbocco in alcun tipo di scuola secondaria superiore (col
Foto di gruppo in laboratorio, ITCGT Gaetano Salvemini 2014
Carissimo Gaetano Salvemini oggi le cose sono radicalmente cambiate se potessi
guardare il mondo attuale, non so come reagiresti.
17
Il disincanto degli studenti di Marco Lodoli  
Per alcuni decenni la scuola è servita anche ad avvicinare le clas-
si sociali: nelle aule convergevano interessi e aspettative, si respi-
rava la stessa cultura, si creavano possibilità per tutti. In fondo al
viale si immaginava un mondo senza crudeli differenze, senza
meschinità e ingiustizie. La conoscenza era garanzia di crescita
intellettuale, e anche sociale ed economica. Chi studiava si sareb-
be affermato, o quantomeno avrebbe fatto un passo in avanti ri-
spetto ai padri.
Tante volte abbiamo sentito quelle storie un po’ retoriche ma au-
tentiche: il padre tranviere che piangeva e rideva il giorno della
laurea in medicina del suo figliolo, la madre che aveva faticato
tanto per tirare su quattro figli, che ora sono tutti dottori. Oggi le
cose sono cambiate radicalmente.
Chi viaggia in prima classe non permette nemmeno che al treno
sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i
suoi simili, con i meritevoli, gli eccellenti, i vincenti. «A me pro-
fessò sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la me-
ritocrazia… ma che significa? E chi non merita? E noi altri che
stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo nien-
te?». Questo mi dice Antonia e neanche mi guarda quando parla,
guarda fuori, verso i palazzoni di questo quartiere di periferia,
«A me professò sto discorso del merito mi fa rodere. La meri-
tocrazia, la meritocrazia… ma che significa? E chi non meri-
ta? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo,
noi non contiamo niente?»
Video-commenti degli studenti
Giada, Anna, Francesca, Nicole, Claudia, Daniela
18
Michele
Smilla Ilenia
 La scuola ha un valore sociale che dobbiamo continuamente affer-
mare: è il valore della relazione fra docenti e studenti, della vita in
comune, dell’aiuto reciproco, delle regole condivise, degli appren-
dimenti che aprono alla conoscenza della vita, delle opportunità.
Apprendere è un modo di conoscere la vita e nello stesso tempo di
viverla. La scuola deve essere radicata nelle comunità di apparte-
nenza con un'idea di partecipazione sociale come impegno di re-
sponsabilità e cura verso il bene comune.
Le parole di Salvemini suonano ancora oggi sorprendentemente
attuali:
Latina, 23 marzo 2014
L’entusiasmo dell’agire per la scuola e nella scuola
19
Ascoltino i nostri alunni le voci che rumoreggiano fuori della scuola.
Siano educati a ben vivere, non nell’ignoranza dei problemi fonda-
mentali della vita, non nell’indifferenza incolore, opportunista e vile,
ma nella conoscenza di quei problemi …
(cfr. G. Salvemini Il programma scolastico dei clericali, in Scritti per la scuola, a cura di L. Bor-
ghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966, p 884)
Passeggiare per il
ghetto ebraico di Ro-
ma insieme a Sandra
Terracina e Lorella
Ascoli, lungo il sentie-
ro di memoria delle
"pietre d'inciampo". E
poi entrare nella casa
di via Portico D'Otta-
via 13 con Anna Foa,
la figlia di Vittorio, a
scoprire ogni detta-
glio di quel 16 ottobre
1943, in cui oltre 1000
ebrei romani furono arrestati e portati verso i campi di sterminio.
Per poi "invadere" di giovani molfettesi casa di Piero Terracina, so-
pravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz- Birchenau
e ascoltarlo raccontare ancora la storia in carne e ossa. E' stata
un'emozione forte. Andare in Campidoglio e incontrare Ignazio
Marino per un saluto istituzionale e per riflettere su come razzismo
e antisemitismo sono mostri che a volte ritornano. Subito dopo alle
Fosse Ardeatine a ricordare l'eccidio nazista del marzo 1944. E poi
tornare a casa, a Molfetta. Più ricchi, certamente diversi, testimoni
anche noi di cose buone da far circolare. Perche' il futuro della no-
stra comunita' passa anche da tutto questo.
( dal saluto del sindaco Paola Natalicchio, che è stata insieme con gli studenti
a Roma il 21 e 22 febbraio 2014 in occasione della Settimana della memoria )
20
Tra i centomila in marcia contro tutte le
mafie…c’eravamo anche noi
Viaggio della memoria, per non dimenticare
Latina, 23 marzo 2014
Ricordo il lungo elenco di vittime innocenti e il silenzio assoluto
quando al microfono sono stati letti i nomi delle 900 vittime della
mafia, dal 1893 ad oggi: da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino a
Peppino Impastato «Oggi siamo tutti responsabili. I mafiosi sono
forti perchè qualcuno si gira dall'altra parte” ha detto Rosy Bin-
di. A spronare politica e cittadini, è stato ancora Don Ciotti: «Ci
vuole coraggio, più atti, meno parole». E rivolto ai mafiosi ha ri-
cordato le parole di Papa Francesco. «Il Papa è stato chiaro: "pian-
gete e convertitevi, in ginocchio vi chiedo di cambiare vita"».
Le voci fuori dalla scuola che entrano nella scuola
xxii
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
• A.A.V.V. , Cultura e società nella formazione di Gaetano Salvemni, a cura di Ettore de Marco, introduzione di Emanuela Angiu-
li, Edizioni Dedalo, Bari febbraio 1983
• M Centrone: “La società della conoscenza di Gaetano Salvemini”, in Gaetano Salvemini, una vita per la democrazia e la libertà,
Atti del convegno di studi per il cinquantenario della morte, Molfetta, 21 novembre 2007, a cura di Marco Ignazio de Santis,
Nuovo centro stampa, Molfetta ottobre 2010
• Marco Lodoli, Il disincanto degli studenti, estratto dall’ultimo libro di Marco Lodoli, “Vento forte tra i banchi” Erickson, novem-
bre 2013, pubblicato da Doppiozero.com
• Gaetano Salvemini, Che cos’è la cultura ( saggio del 1908) e Il programma scolastico dei clericali, in Scritti per la scuola, a cura
di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966
• Gaetano Salvemini. Carteggio 1921-1926, Collezione di Studi Meridionali, Editori Laterza, Bari 1985
• Gaetano Salvemini, Corrispondenze pugliesi a cura di Pasquale Minervini, Centro Studi Molfettesi, Mezzina - Molfetta 1989
• Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, Einaudi, 1955
• Gaetano Salvemini, Dizionario delle idee Storia, società, politica: il pensiero di uno dei grandi eretici del Novecento, a cura di
Sergio Bucchi, , Editori Riuniti L’unità, Roma 2007
• Mary Marangi Gaetano Salvemini. Socialista. Meridionalista Federalista, Edizioni nuove proposte, Martano Editrice, Lecce
2007
• Giovanni Minervini “ Gaetano Salvemini: “Un uomo senza tetto e senza focolare” Centro culturale auditorium –Molfetta, Qua-
derno 3. Mezzina - Molfetta 1989.
• ITCGT Molfetta - La ragione del Sud: vita di G. Salvemini - Lit. A. Minervini, Molfetta 2005
• Mostra su Gaetano Salvemini. “Una vita per la libertà.” Documenti e Testimonianze, Firenze 1969
• Riproduzioni fotografiche dei numeri usciti “1925 Non Mollare”, tre saggi storici a cura di Rossi, Calamandrei, Salvemini. La
nuova Italia, Firenze 1968
Video commento Daniela Hila, Antonio Tattoli
Commenti alla lettera Smilla Basciani, Ilenia Cappelluti, Arianna Ciccolella, Ga-
briele Curatolo, Grazia Sigrisi della 1° B TUR; Giada Ambrosino, Nicole Amoia,
Francesca De Bari, Claudia De Sario, Anna Farinola , Daniela Hila, Felice Francese
, Michele Spadavecchia, Antonio Tattoli della 3° A IGEA
Autobiografia- La tragedia del terremoto Antonella Alipo Tamborra, Francesca
Gallina, Mario Soloperto della 1 B TUR
Breve storia del Non Mollare Lidia Uva, Susanna Altomare della 3 A IGEA
Le battaglie di Salvemini per una scuola moderna Smilla Basciani, Arianna Cic-
colella della 1 B TUR
La Società della conoscenza in Gaetano Salvemini Mariangela Spadavecchia e
Sara Lanza della 3 A IGEA
Video - commenti degli studenti Smilla Basciani, Ilenia Cappelluti - Michele Spa-
davecchia, Giada Ambrosino, Nicole Amoia, Claudia De Sario, Daniela Hila, An-
na Farinola .
Le foto e i video sono tratti dall’ Archivio di documentazione delle attività
formative, a cura dell’ ITCGT “G. Salvemini” di Molfetta
Le foto storiche sono tratte da A.A. V.V. “Gaetano Salvemini. L'uomo, il politi-
co, lo storico”, a cura di M. Grasso, Kurumuny, Lecce 2007 . La foto delle let-
tera originale inviata da Salvemini al Rettore dell'Università di Firenze è in
Scritti per la scuola, a cura di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966
L'ibook è stato realizzato con “ibook author” della Apple.
Gli studenti Antonella Alipo Tamborra, Basciani, Ilenia Cappelluti, Arianna Cicco-
lella, Gabriele Curatolo, Grazia Sigrisi , Francesca Gallina, Mario Soloperto; Giada
Ambrosino, Nicole Amoia, Francesca De Bari, Claudia De Sario, Anna Farinola ,
Daniela Hila, Felice Francese , Michele Spadavecchia, Antonio Tattoli Lidia Uva,
Susanna Altomare, Mariangela Spadavecchia, Francesca Gallina, Mario Soloperto e
Sara Lanza
Le docenti Alina Gadaleta Caldarola, Graziella La Forgia, Maria Messere
Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare va all’Amministrazione Comunale e alla Rete
delle Scuole Superiori di Molfetta che hanno promosso e patrocinato il Con-
corso “Salvemini e i giovani”, 2014.
Siamo grati al Dirigente Scolastico Sabino Lafasciano che ha creduto in que-
sto progetto e al contributo di tutti gli altri studenti delle classi 1 B TUR , 3 A
IGEA.
Molfetta, maggio 2014
La docente referente Il Dirigente Scolastico reggente
Alina Gadaleta Caldarola Arcangelo Fornelli
xxiii
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Numero speciale di Contro Voce in ibook dedicato a Gaetano Salvemini

  • 1. IL GIORNALE D’ISTITUTO IN IBOOK ITCGT G. Salvemini - Molfetta Numero speciale dedicato a Gaetano Salvemini, alla scuola, al valore della cultura
  • 2. Questo ibook è il il risultato dell’ attività didattica che ha coin- volto un gruppo di studenti delle classi 1° B Iter e 3° A igea , in oc- casione del Concorso “Salvemini e i giovani”, promosso dalle rete delle Scuole Superiori di Molfetta nell’anno scolastico 2013- 2014. E’ stato coordinato dalle docenti Alina Gadaleta Caldarola e Gra- ziella La Forgia per la documentazione storica sul pensiero e la per- sonalità di G. Salvemini e dalla prof.ssa Maria Messere per la rea- lizzazione grafica e digitale dell’ibook. La lettera a Giacinto Panunzio del 1911, proposta come input, ha dato l’opportunità agli studenti, anche delle prime classi, di acco- starsi nel modo più suggestivo e coinvolgente a Gaetano Salvemi- ni, uomo dal temperamento indomabile, professore, socialista, stori- co, meridionalista, antifascista. Attualissimo il suo messaggio a guardarsi intorno, mettersi in gioco, studiare, capire e puntare al- l’azione. Attraversando i momenti salienti della sua vicenda umana e politi- ca, si è scelto di attualizzare il pensiero di Salvemini riprendendo la sua instancabile battaglia a sostegno del ruolo centrale e priorita- rio della scuola laica, moderna, utile alla crescita collettiva della comunità intera, in una società democratica. Dalla lettera all’attualità il passaggio di prospettiva si è imposto: i tempi sono molto cambiati e la tecnologia ha fatto passi da gigante così come gli strumenti del nostro fare scuola. Raccogliendone la sfida educativa, per noi la lezione salveminia- na si è concretizzata nella scelta di mettere in pratica le nuove fron- tiere della didattica realizzando un ipertesto ibook, nel format del Giornale d’Istituto Controvoce, con le potenzialità del book in pro- gress e insieme del taglio giornalistico nella presentazione delle tesi e riflessioni. Al rigore della ricostruzione storica si affiancano i pensieri liberi e le interpretazioni originali degli studenti che con la loro freschezza intellettuale e conoscitiva hanno reso questo lavoro entusiasmante e fecondo. Gli studenti e le professoresse dell’ITCGT G. Salvemini di Molfetta i PRESENTAZIONE
  • 3. <Occorre – tu dici- rialzare i valori spirituali contro la prosaica ideologia di un materialismo affaristico e ciarlatanesco...> 2 L’entusiasmo nell’azione Veduta del porto di Molfetta, 1913
  • 4. Carissimo, ecco che finalmente ho l’agio di poterti scrivere un po’ a lungo. <Occorre – tu dici- rialzare i valori spirituali contro la prosaica ideologia di un materialismo affaristico e ciarlatanesco> D’accor- do. Ma come? Isolandosi in se stessi, contentandosi di tenersi estra- nei all’affarismo e al ciarlatanismo dei più; oppure , contrapponen- do ad un’azione pratica, da noi ritenuta perni- ciosa, un’altra azione pratica meglio rispon- dente alla concezione che noi abbiamo dei fini della vita? Ti ricordi che una volta, parlando con te, io ho deriso i filosofi. Bisogna intendersi. Io deri- do quei filosofi che si chiudono nella loro stan- za da studio, e almanaccano comodamente formule su formule, e lasciano che il mondo vada in rovina, e quando non contribuisco- no anch’essi a rovinarlo, vivendo egoisticamente, e creando una barriera altissima tra la teoria e la pratica: teoria ideale e pratica materiale. Questa gente io la disprezzo. Del suo idealismo non so che farmene. Quando ero giovane, questa gente dominava in Ita- lia: non c’era briccone matricolato, che non si proclamasse ideali- sta, patriota, disprezzatore delle questioni di stomaco, ecc. Il nostro materialismo giovanile fu una rea- zione idealistica con- tro l’affarismo ipocrita degli idealisti della vecchia scuola. Dal momento che tutti i la- dri della Banca Romana proclamavano la necessità di disprezzare i problemi materiali e di guardare solo ai beni idea- li, noi che non eravamo ladri adottam- mo un sistema di idee tutto materiali- stico ed utilitario. Facemmo chassez-croi- sez. Sono giochetti, che accadono nella storia. Purtroppo molti di noi sono rimasti prigionieri delle nostre formule. A furia di predicare utilitarismo concreto contro la vecchia retorica idealistica, noi abbiamo messo su un siste- ma di idee, in cui tutti gli egoismi peggiori si trovano giustifi- cati. Bisogna ormai fare macchina in- dietro. Ma come? Ritirandosi dall’azione o partecipando all’azione? Trastul- landosi a pubblicare nuove formule, oppure facendo una nuova politica impregnata da San Marcello Pistoiese, 6 agosto 1911 Salvemini a Giacinto Panunzio 3 Clicca sulla foto per leggere il commento
  • 5. un nuovo spirito e da migliore senti- mento delle necessità e delle re- sponsabilità della vita? Fare della politica: questo ti ripugna. Eppure è necessa- rio. La politica è qualco- sa di ignobile, oggi. E sarà forse ignobile sempre. Chi fa della poli- tica deve venire a contatto con gli uomini … E gli uomini sono, più o meno, quasi tutti co- me gli uomini del collegio di Albano. Ma omnia mundia mundis. Bisogna aver fede nella propria buona volon- tà, saltare nell’acqua e mettersi a nuotare. Sarà quel che sarà; e non potrà che esse- re bene, se noi avremo buona volontà. Fare della politica non vuol dire abbandonare la profes- sione e gli studi e diven- tare un politicante. Vuol dire solo dedica- re una parte del- la propria attività a pro- muovere gli interessi colletti- vi con desiderio di bene. Per te signifi- cherebbe limitare un poco i guadagni professionali, che dal tuo in- gegno puoi sperare, dedicarti allo studio di qualche questione con- creta meridionale, impadronirti della soluzione di questa questio- ne, farti banditore di questa soluzione. Per es. tu sei avvocato. Guarda intorno a te. In che cosa le leggi attuali schiacciano ingiustamente nel Mezzodì i contadini? Come mai la procedura attuale dà modo di vivere a tanti mozzorecchi e azzeccagarbugli malefici? Che fare per purificare i nostri costu- mi giudiziari? Osserva, critica, coordi- na le tue osservazioni e le tue criti- che, e alla fine formula un program- ma di rifor- me, da cui possa esse- re diminui- ta in qual- che modo la po- tenza della piccola borghesia giudiziaria. Guarda ancora intorno a te. Noi siamo un paese agricolo. In che cosa gli attuali sistemi doganali e tributari ci sono dannosi? Come modificarli? Due anni di studio di questi argomenti nelle ore libere e poi bandire le solu- zioni. Non ti dico di trascurare la tua professione. No, no, no. Non devi essere uno spostato politicamente. Devi essere un uomo indi- pendente ed equilibrato. Ma devi ricordarti che c’è intorno a te gente che soffre, che è ingiustamente calpestata, che deve essere aiutata. E non dire - per carità – che il benessere materiale degli altri non merita le tue cure. Queste sono scuse dell’egoismo e della prepotenza. Noi non possiamo agire che sul benessere materiale. Noi non possiamo dare la felicità agli altri. Gli uo- mini avranno sempre motivi infiniti per essere infelici. Ma un maggior be- 4
  • 6. nessere materiale li aiuterà a sopportare i guai e morali. Fare il be- ne non può avere che due soli significati: 1) dare esempio di disinteresse e di abnega- zione, 2) aumentare il benessere ma- teriale degli altri. Il pri- mo è atto individuale: ognuno deve agire per proprio conto nella sua zona di vita. Il richiede l’associazio- ne delle forze. E chi se ne sta a ca- sa, facendo versi o pubblicando filosofie astratte, viene me- no al suo dovere. Hai tentato una biblioteca po- p o l a- re. Non ci sei riuscito. Ebbene torna a ritentare. Le leghe vanno ma- le. Occupati tu di una di esse: e andrà meglio. Ci sono a Molfetta due uomini intellettualmente e moralmente superiori: Francesco Picca e Adelchi Valente. Va’ a passare qualche ora con loro ogni giorno, discutete insieme quel che c’è da fare giorno per giorno … Anche se non riuscirete a conchiudere nulla, sarete almeno in tre a non conchiudere nulla. Ci sarà a Molfetta un gruppo di tre galan- tuomini che un giorno forse troveranno la presa con la realtà. Stu- diare problemi concreti e preparane le soluzioni ideali. Associarsi con gli uomini omogenei per qualità morali, sia pure senza scopi pratici immediati, ma solo per trovarsi insieme e scambiare le idee. Dove ci sono gruppi di uomini che vogliono agire in comune, venire a contatto con essi, senza il- ludersi molto sulle loro capacità di bene ma cercare di ottenere da essi tutto be- ne che possono. Ecco il nostro dovere. Ma ne parleremo meglio a voce a Molfetta, nel prossimo ottobre. Ti sarei grato, se mi procurassi la requisi- toria scritta da Dandolo. M’interessa soprattutto quel che dice dei dele- gati. E anche la sentenza manda- mela appena puoi. Andria deve essere un gran por- caio. E anche quel Prof Ciccarelli de- ve essere un grande sporcaccione. Capisco che tu debba aver voglia di uscire da Molfetta, dove si muore di asfissia e morale. Ma non devi dimenticare il tuo paese. Devi ritornarci spesso e devi agire es- so. Non si ha il diritto di disertare così. Bisognerebbe fare un’associazione di tutti i molfettesi espatriati, impe- gnandoci tutti a stare a Molfetta al- meno un mese all’anno, e formare un nuovo partito di esuli che sono stati cacciati dalla patria, ma vi ritornano per ripulirla e conquistar- la. Affezionatissimo G. Salvemini 5
  • 7. "Ciascuno troverà nell'avvenire ciò che avrà saputo metterci di se stesso" 6 La forza di rialzarsi sempre
  • 8. E’ vicino ai settant’anni. Viene dall’Italia meridionale, essendo nato a Molfetta, pro- vincia di Bari, nel 1873. La sua famiglia era ricca di figli e povera di denaro. Era il maggiore di nove fra fratelli e sorelle. Po- tette fare gli studi all’Università di Firen- ze dai 17 ai 22 anni grazie a una borsa di studio di sessanta lire al mese che fu por- tata a novanta dopo il primo anno. Natu- ralmente su quelle sessanta e novanta lire al mese bisognava pa- gare la ricchezza mobile. Incominciò nel 1895 a insegnare latino a Palermo ai bambini di 11 anni. L’anno dopo saltò al liceo a insegnare storia. Nel 1900 saltò all’Universi- tà di Messina a insegnare storia medievale e moder- na. A Messina nel terremo- to del 1908 perdette tutta la sua famiglia: moglie, cinque figli e una sorella. Autobiografia e momenti salienti 7 La tragedia del terremoto “Ero a letto - scrive Gaetano su “L'Avanti” l'8 Gennaio 1909 – allorquando sentii che tutto barcollava intorno a me e un rumore sinistro che giungeva dal di fuori. In camicia, come ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per ve- dere cosa accadeva. Feci appena in tempo a spalancarla che la casa precipitò come in un vortice, si inabissò e tutto di- sparve in un nebbione denso, traversato da rumori come di valanga e da urla di gente che precipitando moriva. Tutto disparve tranne il muro maestro ove si trovava la finestra alla cui tenda m'ero avvinghiato con la frenesia della dispe- razione. Sotto di me – si deve pensare che ero al quarto pia- no – le macerie avevano fatto un cumulo tale che il mio urto fu meno forte di quanto potevo aspettarmi. Mi feci male ma non mi uccisi”. .. Morirono invece tutti gli altri : la moglie Maria, la sorella Ca- milla, e i suoi cinque figli. E non furono trovati tra le mace- rie né Maria, né Camilla, né Ughetto, uno dei piccoli. All’amico Gentile scrive Agli amici che gli avevano chiesto un suo cenno biografico, Salvemini rispose nel 1942 inviando queste scarne notizie che intitolò scherzosamente “Necrologia di Gaetano Salvemini” La famiglia di Salvemini in campagna, 1901
  • 9. Un anno dopo la tragedia Salvemini, per ricordare la famiglia scomparsa, coadiuvato dal suocero, decide di donare un pezzo di quella ''cocevolina'' avuta in dono da suo zio prete, per far erige- re una scuola materna, a Molfetta, in memoria di suo figlio mag- giore: ''Filippetto''. Nel frattempo, programma ciò che intenderà fare per l'avvenire, come si ricava da una lettera a Giustino Fortunato, che ha cono- sciuto da poco e che diverrà il nome tutelare de “L'Unità”. Nel 1910 riprese l’insegnamento all’Università di Pisa. Nel 1916 fu chiamato all’Università di Firenze. Mentre insegnava pubbli- cava libri sulla storia del Medioevo, della rivoluzione francese e del risorgimento italiano, e sui problemi scolastici. Fu uno dei fondatori della Federazione Nazionale degli Insegnanti delle scuole secondarie, che raccolse il 98 % della classe e fu tra il 1903 e il 1914 una delle più attive organizzazioni democratiche italia- ne. Combattè tenacemente Giolitti quando Giolitti era onnipo- tente e finanche molti deputati socialisti lo ammiravano come un dio. Si oppose nel 1911 alla conquista della Libia, prevedendo che la guerra sarebbe stata lunga e dispendiosa, e sostenendo che il paese, uno scatolone di sabbia, non era adatto al lavoro ita- liano, salvo in qualche limitata zona in cui sarebbe stato necessa- rio sterminare gli indigeni. Scoppiata nel 1914 la guerra europea, seguì Leonida Bissolati nell’ af- fermare la necessità di opporsi all’imperialismo germanico. Ma nello stesso tempo si oppose ai nazionalisti italiani che voleva- no conquistare l’Alto Adige abi- tato da tedeschi e la Dalmazia abitata da slavi. Così si trovò a dover lottare nello stesso tempo contro i socialisti, che erano neu- tralisti, e i nazionalisti che rende- vano necessaria una nuova guer- ra quando la guerra allora in cor- so fosse finita. Nel 1919 fu eletto deputato in Puglia sul program- ma di lasciare la Dalmazia agli slavi. I nazionalisti pensarono di contrapporgli d’Annunzio, ma dovettero smetterne l’idea. Si oppose fino dal principio al mo- mento fascista. Nel luglio 1920 accusò nella Camera Mussolini di avere sottratto 480 mila lire al milione raccolto in America per aiutare d’Annunzio in Fiume. Mussolini lo sfidò a duello. I due padrini di Salvemini sostennero che prima di tutto era necessa- rio stabilire se l’accusa fatta da Salvemini era vera o no. Solo se 8 “La vita non può avere per me altro scopo, se non quello di dimenticare me stesso in opere che mi leghino agli altri, in attesa che l'ora suprema mi liberi da un peso conti- nuo di dolore; e tutto ciò che mi fa sentire legami che mi uniscono agli uomini buoni e generosi, che io amo e stimo e rispetto, mi dà forza e gioia, dico gioia, non felicità”
  • 10. l’accusa fosse dimostrata falsa, Salvemini avrebbe avuto il dove- re di dare una riparazione. I padrini di Mussolini rifiutarono l’in- chiesta, e così il duello non ebbe luogo. Essendo malato e scorag- giato, Salvemini si rifiutò di ripresentarsi candidato nel 1921, e invitò i suoi elettori a votare la lista socialista. Per tre anni si astenne dalla politica attiva. Dopo l’assassinio di Matteotti ritor- nò nella lotta. Nel giugno 1925 fu arrestato sotto accusa di aver partecipato a Firenze alla pubblicazione del foglio clandestino Non Mollare. L’amnistia del 31 luglio 1925 destinata a liberare dalla galera gli assassini di Matteotti mise fine al processo contro Salvemini. Questi, rimasto libero, sfuggì alla sorveglianza della polizia e si rifugiò in Francia nell’agosto del 1925. Nonostante l’amnistia che lo restituì alla libertà, le violenze fasciste contro Salvemini conti- nuarono. Era continuamente sotto minaccia e non sapeva se torna- re a Firenze e riprendere le sue lezioni all’Università oppure al- lontanarsi definitivamente dall’Italia. Per Salvemini sono giorni di dubbi e incertezze: se dovesse tornare all’insegnamento do- vrebbe sottostare alle volontà del fascismo e questo per lui è inac- cettabile. Nessun compromesso è per lui possibile né tollerabile e tutti gli amici, tutti gli alunni, senza una sola eccezione, gli scri- vono che a Firenze è meglio non tornare. Troppo pericoloso. A metà ottobre del 1925 decise di non tornare e di espatriare e co- municò le sue intenzioni agli amici, ai suoi allievi. Disse loro che sarebbe riuscito a cavarsela e che avrebbe utilizzato la sua liber- tà per far sapere all’estero quel che era realmente il regime mus- soliniano. 9 BREVE STORIA DEL “NON MOLLARE” NON MOLLARE fu il primo giorna- le clandestino antifascista, il primo in Italia, stampato a Firenze tra il gennaio e l’ottobre del 1925. Le ini- ziative che ne prepararono e ne ac- compagnarono la nascita ebbero ori- gine da un gruppo di intellettuali salveminiani, Nello Traquandi, Tom- maso Ramorino, Carlo e Nello Ros- selli, Ernesto Rossi e lo stesso Salve- mini, dopo alcune vicende che carat- terizzarono l’antifascismo fiorentino legate al “ Circolo della Cultura “ e all’associazione clandestina “ Italia Libera “. Gae- tano Salvemini, dopo lunghi anni di milizia socialista aveva abbandonato il partito. Le idealità risorgimentali, l’eredità mazziniana e l’avversione all’autoritarismo prussiano lo spinsero a diventare interventista e a partire per il fronte. Con lo stesso spirito di combattenti , giovani come Piero Ca- “ Mi toglieranno la nazionalità, mi confischeranno i beni che non ho, mi condanneranno magari all’impiccagione. Sarà quel che sarà … Così ricomincio la vita per la terza volta: la cominciai a 17 anni, quando arrivaia Firenze; la ricominciai a 35 anni dopo aver perduto tutto a Messina; la ricomincio a 52 per la terza volta….” (dalla lettera alla sua amica Mary Berenson dell’ottobre 1925)
  • 11. Presa questa decisione, pochi giorni dopo mandò la lettera di di- missioni al Rettore dell’Università di Firenze. Fra il 1925 e il 1932 visse tra la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, pubblicando articoli di giornali e riviste, libri, opuscoli e facendo conferenze per rilevare le vere condizioni dell’Italia sot- to dittatura fascista. Nell’autunno del 1932 si stabilì definitiva- mente negli Stati Uniti e nel 1934 fu chiamato a insegnare storia della civiltà italiana a Harvard nel 1934. I brevi cenni autobiografici, scritti da Salvemini per gli amici che glielo avevano chiesto, finiscono qui. Di lui si sa che nel decennio successivo continuò a pubblicare al- tri libri. Nel 1939 fondò con altri esuli antifascisti la “Mazzini So- ciety” per combattere il fascismo in America, far conoscere agli americani le vere condizioni dell’Italia, “ sotto le scure del fasci- smo”, e affermare la necessità dell’avvento di una repubblica de- mocratica nel nostro paese. Dopo la liberazione nel 1947 venne per una breve visita in Italia. In una lettera a Nicola Altamura, amico molfettese, scrisse ” Ven- go a studiare, imparare, a correggermi dove è necessario, non a dar- mi le arie dell’esule che torna in patria, a sbandierare i suoi meriti. Secondo me l’esule deve ritornare oggi in Italia con grande umiltà mettersi in coda, a chi rimase in Italia a soffrire, e non pretendere per sé nessun privilegio e nessun omaggio. ..Chi rimase in Italia do- vette soffrire per anni ed anni la vergogna e i danni di un’oppressio- ne infame. Gli onori sono dovuti non all’esule che torna in patria ma a chi rimase in Patria e andò in galera o al confino, o rimase silenzioso ed intransigente, senza vendere l’anima ai padroni del- l’ora. Essi portarono davvero il peso della sventura comune. Ad es- si è dovuta la riconoscenza. Ad essi è dovuto il rispetto. Ad essi è dovuto ogni onore”. 10 Clicca sull’immagine per leggere il testo della lettera
  • 12. Rientrò poi definitivamente in Italia nel 1949 e dietro invito di Pietro Calamandrei, allora rettore dell’Università di Firenze, tor- nò alla sua cattedra di storia moderna e riprese il suo posto come scrittore politico, collaborando a varie riviste. Non prese la tesse- ra di alcun partito ma rimase fedele a quel so- cialismo della sua giovi- nezza che, come ripetet- te ancora sul letto di morte, “voleva dare un tozzo di pane alla pove- ra gente”. La repubblica nata nel 1946 non era quello che lui aveva spe- rato dopo la dittatura. Continuò a denunciar- ne i mali: affarismo, clientelismo. Si impe- gnò quindi in una assi- dua battaglia laicista chiedendo fra l’altro l’abolizione del Concor- dato e affrontando con la consueta lucidità i problemi della ricostru- zione democratica di un’Italia che giudicava politicamente “ scombi- nata”. Gli fu restituita la cittadinanza italiana. Nel 1955 ottenne il Premio Internazionale Feltrinelli dell’Accade- mia dei Lincei per la storia e poco dopo fu proposto per la laurea honoris causa dell’Università di Oxford, che non potette ricevere per le sue condizioni di salute. L’ultima sua fatica di storico e po- litico fu la raccolta Degli Scritti sulla questione meridionale, edi- ta da Einaudi nel 1955. La prefazione è la sua “autobiografia poli- tica”. L’ultimo capitolo è intitolato “Molfetta 1954”. Nella sua cit- tà natia, che egli chiama “quel cantuccio di terra che mi ha dato la vita”, non tornò più. Tuttavia conosceva bene, grazie alle infor- mazioni che riceveva dai suoi amici, come Molfetta fosse cambia- ta in tutti questi anni passati lontano. “ Se chiudo gli occhi per rievocare le condizioni di sessant’anni or sono e le confronto con quelle di oggi, mi sembra di vivere in un mondo nuovo. Allora la maggior parte dei giornalieri camminava a piedi nudi: oggi uomi- ni, donne, bambini portano le scarpe. In un giorno di domenica, sarebbe difficile distinguere un giovane di famiglia bracciantile dal figlio di un galantuomo...” Morì, circondato dagli amici più cari, a Capo di Sorrento, il 6 set- tembre 1957, aveva ottantaquattro anni. 11 “Il libro del destino è sempre aperto a chi voglia scrivervi la sua parola. Chi non vi scrive nulla, non vi trova nulla. Chi va avanti a riempirne le pagine le riempie in proporzione della propria volontà” ( dal Non Mollare) Salvemini davanti alla Widner Li- brary, Università di Cambridge, 1948
  • 13. 12 Clicca sulle immagini per scorrere le pagine Fumetto realizzato nell’anno scolastico 2004 - 2005 dagli studenti
  • 14. “La scuola pubblica non ha solamente la funzione di educare gli alunni, ma soprattutto quello di facilitare l'elevamento sociale degli elementi meglio dotati delle classi inferiori” 13 Le battaglie di Salvemini per una scuola moderna Foto di gruppo del seminario frequentato da Salvemini, 1887
  • 15. Per tutta la sua vita Salvemini lavorò nella scuola, a contatto con tantissimi studenti, alcuni dei quali divennero suoi collaborato- ri. Fu insegnante di latino ai bambini di 11 anni, professore di Liceo, poi docente universitario. Fu “docente” nel senso autenti- co del termine, come colui che conduce altri alla scienza. Chiun- que lo conoscesse rimaneva affascinato dalla sua cultura e dalla sua grande capacità di ascoltare, ragionare, discutere. E lui era pronto a cogliere le intelligenze dei suoi studenti, dei giovani, ne ammirava l’entusiasmo, l’azione, li assecondava nei loro so- gni di giustizia, libertà, felicità. Salvemini era convinto che cul- tura e istruzione fossero necessarie affinché tutti gli uomini si mostrassero cosciente- mente giusti e uguali. Socialista, mazzinia- no, democratico, ri- spettoso dei diritti dei singoli e della povera gente, difese sempre e fino alla morte l’im- portanza della scuola, dell’istruzione e della cultura. 14 La società della conoscenza secondo Gaetano Salvemini Esiste un valore forte nella cultura del Novecento rappre- sentato dallo sviluppo delle scienze e dei saperi. Questa consapevolezza ha sempre sorvegliato l'elaborazione in- tellettuale di Salvemini. Il suo nome è spesso collegato alla passione e all’impegno politico e civile ma anche ad una riflessione profonda sugli scritti dedicati alla scuola. L'attenzione rivolta dal Salvemini al mondo della scuola, all'espansione della scuola, alla promozione della scuola pubblica contro la scuola clericale e reazionaria, è la chia- ra indicazione di un programma politico e culturale: dota- re le nuove classi emergenti, le masse contadine di strut- ture di alfabetizzazione, di formazione ed emancipazione culturale. A suo parere, il problema della scuola non pote- va essere risolto se non era recepito, a livello parlamenta- re, come una priorità nello sviluppo del paese. La strate- gia che bisognava perseguire, nella vertenza complessiva della scuola, era l'individuazione delle alleanze, dei grup- pi sociali affini, i lavoratori della scuola, i docenti univer- sitari che cominciavano a presentarsi come la prima espressione del proletariato intellettuale. Salvemini è una “La cultura, non può consistere nel numero delle nozioni e nella massa dei materiali grezzi che in un dato mo- mento ci troviamo ad avere immagazzinato nella memoria, quanto in quella raffinata educazione dello spirito, reso agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosità, in quella capacità d'imparar cose nuove, che abbiamo acquistata studiando le antiche.”
  • 16. Nel 1920, Salvemi- ni, in un discorso tenuto alla Lega d e m o c r a t i c a , espresse la convin- zione che a segui- to degli sconvolgi- menti creati dalla grande guerra, gli italiani dovessero promuovere un cambio di classe dirigente che dove- va rinnovarsi e con- tribuire al migliora- mento della socie- tà. Le classi popola- ri, più della piccola e media borghesia, dovevano contribuire a questo rinnovamento. Bisognava però che fossero preparate e che la scuola potesse dare la formazione giusta. Accanto alla scuola classica di elite, era necessaria una scuola moderna, per tutti , aperta alle scienze, alle tecnologie, al metodo della ricerca, allo studio dei casi, alla prospettiva di un futuro inserimento nella vita lavorativa. Ci volevano scuole clas- siche, ma anche istituti tecnici, commerciali, agrari, industriali e professionali. Scuole che dovevano preparare i giovani ad inse- rirsi nella vita. Non settarie ma pronte ad accogliere le diversità e a valorizzarle. Straordinaria forma di riscatto per il Sud che ave- va bisogno, più che il Nord, di bravi insegnanti e alunni pronti ad apprendere. La scuola moderna, tecnica, scientifica e professio- nale doveva andare incontro alle esigenze dei figli dei lavoratori a cui accanto alla scelta del lavoro dopo la scuola non doveva es- sere preclusa la possibilità di continuare a studiare all’università, se meritevoli. «La scuola pubblica non ha solamente la funzione di educare gli alunni, ma soprattutto quello di facilitare l'elevamento sociale de- gli elementi meglio dotati delle classi inferiori, e di classificare i cittadini secondo le attitudini; essa perciò deve accogliere senza eccezioni nelle scuole popolari tutti gli alunni delle classi disa- giate, adattandosi alle loro necessità e sforzandosi di fornir loro il minimo di cultura indispensabile al cittadino dello Stato mo- derno; deve correggere la ingiusta sperequazione economica ini- ziale fra i giovani delle diverse classi sociali, offrendo borse di studio e premi di perfezionamento agli alunni di famiglie povere e d'ingegno promettente; ma deve selezionare rigorosamente i giovani, allontanando senza debolezze dalle scuole medie avvia- trici per le università tutti gli inetti e i mediocri, a qualunque ce- to appartengano» ( Il programma educativo della Lega democratica nel 1920, appro- vato su proposta di Salvemini al convegno del rinnovamento, chiedeva che l'accesso alla scuola di cultura preparatrice all'uni- versità fosse aperto a tutti gli studenti «a qualunque ceto appar- tengano». Questo fatto era stato solennemente riconosciuto dai «gruppi degli amici de "L'Unità"» nella Dichiarazione di principi che fu approvata nel primo convegno della Lega democratica nel 1919- cfr. L. Borghi, Educazione e autorità nell'Italia moderna, Fi- renze, La Nuova Italia, 1951 - fonte internet) 15
  • 17. Per questo la cultura . –diceva Salvemini – “non può consistere nel numero delle nozioni e nella massa dei materiali grezzi che in un dato momento ci troviamo ad avere immagazzinato nella memoria, quanto in quella raffinata educazione dello spirito, re- so agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosi- tà, in quella capacità d'imparar cose nuove, che abbiamo acquista- ta studiando le antiche.” Tutte le conoscenze, che possono esserci comunque necessarie o utili o piacevoli nella vita, ce le procuria- mo poi noi, per conto nostro, dopo la scuola, durante tutta la vita. “Ma senza quella precedente disciplina intellettuale fornitaci dal- la scuola, le mille svariatissime e spesso contraddittorie nozioni che raccogliessimo giorno per giorno, non coordinate da una for- za organica di pensiero, sarebbero non cultura, ma polvere incoe- rente e pesante e inutile di cultura” La scuola non deve aggravare e affaticare il cervello a furia di enciclopedia erudita: deve ricono- scere nell'alunno il diritto all'ignoranza. Ma deve frattanto dar- gli la coscienza della sua ignoranza, il desiderio ardente di vincer- la, la capacità di lavorare da sé. Solo cosi operando essa darà la vera cultura. Ma non può così operare senza esigere un forte e ru- de e ostinato lavoro. ….Col sudore della fronte ti guadagnerai il pane," ha detto all'uomo il Dio della Bibbia. La cultura è il pane dell'anima. E anch'essa non si trova bella e pronta nella culla: bi- sogna faticare soffrire sacrificarsi per essere degni di conquistar- la, per essere capaci di conservarla… (cfr. Gaetano Salvemini, Che cos’è la cultura ( saggio del 1908) in Scritti per la scuola, a cura di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966) 16 La scuola pubblica al tempo di Salvemini nel 1923 Scuola materna: è chiamata Grado preparatorio dell'istruzio- ne elementare per bambini dai 3 ai 6 anni (non obbligatoria né gratuita). Si tratta del primo impegno organico dello Stato in questo settore. - Scuola elementare: di 5 anni, divisa nel grado inferiore (I, II e III classe) e nel grado superiore (IV e V classe). Il supera- mento di un esame permette il passaggio da un grado all'al- tro. - Scuola media inferiore: 6 tipi:
 1) Corso integrativo delle elementari di 3 anni (VI, VII, VIII classe), chiuso in se stesso.
 2) Scuola complementare, che sostituisce la vecchia scuola tec- nica. Di tre anni, chiusa in sé e « di scarico », non dà possibili- tà di sbocco in alcun tipo di scuola secondaria superiore (col Foto di gruppo in laboratorio, ITCGT Gaetano Salvemini 2014
  • 18. Carissimo Gaetano Salvemini oggi le cose sono radicalmente cambiate se potessi guardare il mondo attuale, non so come reagiresti. 17 Il disincanto degli studenti di Marco Lodoli   Per alcuni decenni la scuola è servita anche ad avvicinare le clas- si sociali: nelle aule convergevano interessi e aspettative, si respi- rava la stessa cultura, si creavano possibilità per tutti. In fondo al viale si immaginava un mondo senza crudeli differenze, senza meschinità e ingiustizie. La conoscenza era garanzia di crescita intellettuale, e anche sociale ed economica. Chi studiava si sareb- be affermato, o quantomeno avrebbe fatto un passo in avanti ri- spetto ai padri. Tante volte abbiamo sentito quelle storie un po’ retoriche ma au- tentiche: il padre tranviere che piangeva e rideva il giorno della laurea in medicina del suo figliolo, la madre che aveva faticato tanto per tirare su quattro figli, che ora sono tutti dottori. Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Chi viaggia in prima classe non permette nemmeno che al treno sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i suoi simili, con i meritevoli, gli eccellenti, i vincenti. «A me pro- fessò sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la me- ritocrazia… ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo nien- te?». Questo mi dice Antonia e neanche mi guarda quando parla, guarda fuori, verso i palazzoni di questo quartiere di periferia, «A me professò sto discorso del merito mi fa rodere. La meri- tocrazia, la meritocrazia… ma che significa? E chi non meri- ta? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo niente?»
  • 19. Video-commenti degli studenti Giada, Anna, Francesca, Nicole, Claudia, Daniela 18 Michele Smilla Ilenia
  • 20.  La scuola ha un valore sociale che dobbiamo continuamente affer- mare: è il valore della relazione fra docenti e studenti, della vita in comune, dell’aiuto reciproco, delle regole condivise, degli appren- dimenti che aprono alla conoscenza della vita, delle opportunità. Apprendere è un modo di conoscere la vita e nello stesso tempo di viverla. La scuola deve essere radicata nelle comunità di apparte- nenza con un'idea di partecipazione sociale come impegno di re- sponsabilità e cura verso il bene comune. Le parole di Salvemini suonano ancora oggi sorprendentemente attuali: Latina, 23 marzo 2014 L’entusiasmo dell’agire per la scuola e nella scuola 19 Ascoltino i nostri alunni le voci che rumoreggiano fuori della scuola. Siano educati a ben vivere, non nell’ignoranza dei problemi fonda- mentali della vita, non nell’indifferenza incolore, opportunista e vile, ma nella conoscenza di quei problemi … (cfr. G. Salvemini Il programma scolastico dei clericali, in Scritti per la scuola, a cura di L. Bor- ghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966, p 884)
  • 21. Passeggiare per il ghetto ebraico di Ro- ma insieme a Sandra Terracina e Lorella Ascoli, lungo il sentie- ro di memoria delle "pietre d'inciampo". E poi entrare nella casa di via Portico D'Otta- via 13 con Anna Foa, la figlia di Vittorio, a scoprire ogni detta- glio di quel 16 ottobre 1943, in cui oltre 1000 ebrei romani furono arrestati e portati verso i campi di sterminio. Per poi "invadere" di giovani molfettesi casa di Piero Terracina, so- pravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz- Birchenau e ascoltarlo raccontare ancora la storia in carne e ossa. E' stata un'emozione forte. Andare in Campidoglio e incontrare Ignazio Marino per un saluto istituzionale e per riflettere su come razzismo e antisemitismo sono mostri che a volte ritornano. Subito dopo alle Fosse Ardeatine a ricordare l'eccidio nazista del marzo 1944. E poi tornare a casa, a Molfetta. Più ricchi, certamente diversi, testimoni anche noi di cose buone da far circolare. Perche' il futuro della no- stra comunita' passa anche da tutto questo. ( dal saluto del sindaco Paola Natalicchio, che è stata insieme con gli studenti a Roma il 21 e 22 febbraio 2014 in occasione della Settimana della memoria ) 20 Tra i centomila in marcia contro tutte le mafie…c’eravamo anche noi Viaggio della memoria, per non dimenticare Latina, 23 marzo 2014 Ricordo il lungo elenco di vittime innocenti e il silenzio assoluto quando al microfono sono stati letti i nomi delle 900 vittime della mafia, dal 1893 ad oggi: da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino a Peppino Impastato «Oggi siamo tutti responsabili. I mafiosi sono forti perchè qualcuno si gira dall'altra parte” ha detto Rosy Bin- di. A spronare politica e cittadini, è stato ancora Don Ciotti: «Ci vuole coraggio, più atti, meno parole». E rivolto ai mafiosi ha ri- cordato le parole di Papa Francesco. «Il Papa è stato chiaro: "pian- gete e convertitevi, in ginocchio vi chiedo di cambiare vita"».
  • 22. Le voci fuori dalla scuola che entrano nella scuola
  • 23. xxii RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI • A.A.V.V. , Cultura e società nella formazione di Gaetano Salvemni, a cura di Ettore de Marco, introduzione di Emanuela Angiu- li, Edizioni Dedalo, Bari febbraio 1983 • M Centrone: “La società della conoscenza di Gaetano Salvemini”, in Gaetano Salvemini, una vita per la democrazia e la libertà, Atti del convegno di studi per il cinquantenario della morte, Molfetta, 21 novembre 2007, a cura di Marco Ignazio de Santis, Nuovo centro stampa, Molfetta ottobre 2010 • Marco Lodoli, Il disincanto degli studenti, estratto dall’ultimo libro di Marco Lodoli, “Vento forte tra i banchi” Erickson, novem- bre 2013, pubblicato da Doppiozero.com • Gaetano Salvemini, Che cos’è la cultura ( saggio del 1908) e Il programma scolastico dei clericali, in Scritti per la scuola, a cura di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966 • Gaetano Salvemini. Carteggio 1921-1926, Collezione di Studi Meridionali, Editori Laterza, Bari 1985 • Gaetano Salvemini, Corrispondenze pugliesi a cura di Pasquale Minervini, Centro Studi Molfettesi, Mezzina - Molfetta 1989 • Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, Einaudi, 1955 • Gaetano Salvemini, Dizionario delle idee Storia, società, politica: il pensiero di uno dei grandi eretici del Novecento, a cura di Sergio Bucchi, , Editori Riuniti L’unità, Roma 2007 • Mary Marangi Gaetano Salvemini. Socialista. Meridionalista Federalista, Edizioni nuove proposte, Martano Editrice, Lecce 2007 • Giovanni Minervini “ Gaetano Salvemini: “Un uomo senza tetto e senza focolare” Centro culturale auditorium –Molfetta, Qua- derno 3. Mezzina - Molfetta 1989. • ITCGT Molfetta - La ragione del Sud: vita di G. Salvemini - Lit. A. Minervini, Molfetta 2005 • Mostra su Gaetano Salvemini. “Una vita per la libertà.” Documenti e Testimonianze, Firenze 1969 • Riproduzioni fotografiche dei numeri usciti “1925 Non Mollare”, tre saggi storici a cura di Rossi, Calamandrei, Salvemini. La nuova Italia, Firenze 1968
  • 24. Video commento Daniela Hila, Antonio Tattoli Commenti alla lettera Smilla Basciani, Ilenia Cappelluti, Arianna Ciccolella, Ga- briele Curatolo, Grazia Sigrisi della 1° B TUR; Giada Ambrosino, Nicole Amoia, Francesca De Bari, Claudia De Sario, Anna Farinola , Daniela Hila, Felice Francese , Michele Spadavecchia, Antonio Tattoli della 3° A IGEA Autobiografia- La tragedia del terremoto Antonella Alipo Tamborra, Francesca Gallina, Mario Soloperto della 1 B TUR Breve storia del Non Mollare Lidia Uva, Susanna Altomare della 3 A IGEA Le battaglie di Salvemini per una scuola moderna Smilla Basciani, Arianna Cic- colella della 1 B TUR La Società della conoscenza in Gaetano Salvemini Mariangela Spadavecchia e Sara Lanza della 3 A IGEA Video - commenti degli studenti Smilla Basciani, Ilenia Cappelluti - Michele Spa- davecchia, Giada Ambrosino, Nicole Amoia, Claudia De Sario, Daniela Hila, An- na Farinola . Le foto e i video sono tratti dall’ Archivio di documentazione delle attività formative, a cura dell’ ITCGT “G. Salvemini” di Molfetta Le foto storiche sono tratte da A.A. V.V. “Gaetano Salvemini. L'uomo, il politi- co, lo storico”, a cura di M. Grasso, Kurumuny, Lecce 2007 . La foto delle let- tera originale inviata da Salvemini al Rettore dell'Università di Firenze è in Scritti per la scuola, a cura di L. Borghi e B. Finocchiaro, Feltrinelli, 1966 L'ibook è stato realizzato con “ibook author” della Apple. Gli studenti Antonella Alipo Tamborra, Basciani, Ilenia Cappelluti, Arianna Cicco- lella, Gabriele Curatolo, Grazia Sigrisi , Francesca Gallina, Mario Soloperto; Giada Ambrosino, Nicole Amoia, Francesca De Bari, Claudia De Sario, Anna Farinola , Daniela Hila, Felice Francese , Michele Spadavecchia, Antonio Tattoli Lidia Uva, Susanna Altomare, Mariangela Spadavecchia, Francesca Gallina, Mario Soloperto e Sara Lanza Le docenti Alina Gadaleta Caldarola, Graziella La Forgia, Maria Messere Ringraziamenti Un ringraziamento particolare va all’Amministrazione Comunale e alla Rete delle Scuole Superiori di Molfetta che hanno promosso e patrocinato il Con- corso “Salvemini e i giovani”, 2014. Siamo grati al Dirigente Scolastico Sabino Lafasciano che ha creduto in que- sto progetto e al contributo di tutti gli altri studenti delle classi 1 B TUR , 3 A IGEA. Molfetta, maggio 2014 La docente referente Il Dirigente Scolastico reggente Alina Gadaleta Caldarola Arcangelo Fornelli xxiii CREDITS