2. I MITI DELLA MAFIA
Osso, Mastrosso e Carcagnosso;
Il Padrino;
Salvatore Giuliano.
3. La leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso.
I padri della Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra
4. La nostra leggenda affonda le sue radici a Toledo, nella Spagna del XV secolo,
sede di un’ associazione cavalleresca denominata la Garduna, fondata nel
1412.
Il racconto è incentrato sulla vicenda di tre fratelli membri di questa società:
Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Questi cavalieri agivano seguendo un preciso
modello comportamentale ed avevano una loro legge morale. Un giorno, l’
onore della sorella dei nostri protagonisti venne oltraggiato da un uomo. I tre
fratelli, desiderosi di vendicare la violenza subita dalla loro consanguinea,
stabilirono che l’ offesa subita sarebbe stata lavata col sangue dello
sciagurato. Consumato il delitto, essi vennero riconosciuti colpevoli di
omicidio e condannati a scontare una lunga prigionia nella lontana isola di
Favignana. La piccola isola delle Egadi fu la dimora dei tre uomini per quasi
trent’anni.
5. Dopo quel soggiorno forzato sul suolo siciliano, i fratelli risultarono profondamente cambiati;
invece di pentirsi e rimboccare il sentiero della galanteria cavalleresca, la violenza, che li aveva
portati ad uccidere un uomo a sangue freddo, si radicalizzò in modo definitivo nelle loro anime.
Nessuno sa dire cosa sia realmente successo, ma leggenda vuole che i tre cavalieri fossero
diventati , di fatto, uomini nuovi, depositari di conoscenze, saperi ed usanze particolarissimi. Il
filo che collegava questi elementi, apparentemente incomunicabili tra loro, erano l’ onore e l’
omertà. La storia si conclude con la separazione dei tre fratelli.
Osso decise di restare in Sicilia per divenire il fondatore di Cosa Nostra. Mastrosso, superato lo
stretto di Messina, giunse sul continente e si stabilì in Calabria dove gettò le basi per la creazione
della ‘Ndrangheta. Carcagnosso invece continuò la sua risalita lungo lo stivale italico per fermarsi
in Campania ove diede vita alle primordiali strutture malavitose dalle quali discenderà la
Camorra. Evidenti sono i richiami in questa storia all’ epica cavalleresca ed alle sue principali
peculiarità, relative all’ onore ed a un forte legame verso la religiosità. Tutte caratteristiche che
le mafie sostengono di possedere. Questa leggenda, infatti, è stata spesso utilizzata con l’
intento di certificare un’ origine antica e quindi «autorevole» delle principali organizzazioni di
criminalità organizzata presenti nel nostro paese.
6. Il Padrino
• Il vero nome del Padrino è Vito Andolini che nasce il 7 dicembre 1891
a Corleone
• I contatti con la vita malavitosa iniziano quando il boss era ancora
bambino: suo padre, infatti, sarà ucciso da don Ciccio, boss locale
affiliato a Cosa Nostra
• Scappa a New York a causa delle minacce di morte da parte di Don
Ciccio
7. • A 18 anni sposa Carmela ed hanno 4 figli: Santino, Fredo, Michael e Connie.
• Lentamente gli affari della famiglia crescono: favoreggiamento, contrabbando,
gioco d’azzardo, droga
• La delinquenza si intreccia con la politica, il padrino riesce ad avere contatti con i
politici newyorkesi
• Il Padrino morirà all’età di 64 anni a causa di un infarto: lascia il suo impero al
figlio Michael, che dovrà scendere a compromessi con le altre Famiglie per i nuovi
progetti di affari legati allo spaccio di droga.
9. Salvatore Giuliano nasce a Montelepre, in provincia di Palermo, il 22 novembre 1922, da una
famiglia di modesti contadini che cresce il ragazzo educandolo ai valori della fede e del lavoro.
Ed è proprio quando è alle prese con le dure fatiche quotidiane che, mentre trasporta due
sacchi di frumento acquistati di contrabbando, nel torrido pomeriggio del 2 settembre 1943,
che viene bloccato da una pattuglia di carabinieri; Turiddu, come lo chiamano in casa,
abbandona frumento e cavallo e si dà alla fuga. Ferito da due dei molti colpi di fucile che i
gendarmi gli sparano, egli estrae la pistola che prudenzialmente porta con sé per difendersi da
eventuali incontri con i briganti e fa fuoco uccidendo accidentalmente uno degli inseguitori. E
infatti, nella notte del 23 dicembre 1943, a Montelepre piombano 800 carabinieri per
catturarlo. Ne fa le spese suo padre che, uscito di casa per verificare la presenza dei militi,
viene da questi bloccato e crudelmente malmenato. Salvatore riesce a fuggire, dopo aver
ucciso un carabiniere e feriti altri due. Si rifugia in una grotta, e inizia così la sua vita di
latitante nei boschi.
10. Raccoglie intorno a sé altri ricercati formando una banda e riuscendo presto,
associando a delitti e rapine una grande generosità verso i poveri, a costruire intorno
al suo nome un alone di leggenda.La repressione durissima che ne segue, nei confronti
del brigantaggio, non riuscirà tuttavia a colpirlo. Sarà trovato morto, il 5 luglio 1950, a
Castelvetrano. Si dirà che l'autore dell'assassinio sia stato un suo cugino e
luogotenente, Gaspare Pisciotta; gli atti processuali indicheranno, invece, il capitano
Antonio Perenze quale autore dell'uccisione, in uno scontro a fuoco fra carabinieri e
briganti; qualcun altro dirà che quel corpo addirittura non fosse il suo, ma la vicenda
rimane avvolta nel mistero. E senza risposta rimane l'interrogativo sull'esistenza e
sull'identità dei mandanti della strage di Portella. Salvatore Giuliano muore dunque
all'età di 28 anni: per i siciliani resterà un eroe romantico, mitico, celebrato in molte
ballate della cultura popolare.