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        Corso di base di ME – Latina 2012




Conclusioni a cura del direttore del corso: Roberto Giannatelli. Professore emerito
di pedagogia religiosa e di comunicazione sociale presso l’Università Pontificia
salesiana, della quale è stato anche Rettore. Nel 1996 ha fondato il MED,
Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione. Attualmente
è condirettore della Rivista “Media educazione: studi, ricerche e buone pratiche” e
della Summer School di Media Education, giunta alla XXI edizione (Corvara, 7-14
luglio 2012. Tema: Mediaemozioni). Giannatelli@Unisal.it
Che cosa portiamo “a casa” da questo corso?

Un testo più ampio lo trovate di seguito nella cartella: Roberto Giannatelli: Perché,
come, che cosa della media education. Qui vorrei fissare alcune idee che mi
sembrano importanti e da portare “a casa”.



   1. Una definizione di media education. “indica sia l’educazione con i media (tutti
      i media), considerati come strumenti da utilizzare nei processi educativi
      generali, sia l’educazione ai media che fa riferimento alla comprensione critica
      dei media, intesi non solo come strumenti, ma come linguaggio, ambiente,
      cultura” (R.Giannatelli in: Dizionario di scienze e tecniche della comunicazione,
      LAS, Roma 2002).
   2. I concetti chiave (il framework) della media education. La lezione che viene
      da Len Masterman (A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997) è la seguente:
      studiare i media è studiare la nozione centrale: i media non sono la realtà, ma
      la sua rappresentazione. E porsi quattro domande fondamentali:
   3. La produzione: chi produce la rappresentazione e perché la produce? Le
      domande riguardano le motivazioni ideologiche, gli interessi economici, la
      professionalità dei produttori, il controllo che è stato esercitato…
   4. Il modo con cui la rappresentazione e il suo linguaggio sono costruiti. I media
      sono costruiti attraverso una serie di codici e di regole linguistiche: simboli,
      metafore, relazioni tra parole, immagini, suoni… La domanda da fare ai ragazzi
      è: che cosa significa questo? e come arriva a significare questa cosa?
5. La questione ideologica e dei valori. Domande: quali sono i valori di base di
   questo mondo che ci viene rappresentato? Che tipo di mondo è questo? I
   media sono sempre mezzi di propaganda: non sono neutrali e neppure
   l’insegnante può essere neutrale. L’educatore ha il dovere di proporre
   argomentazioni e di presentare le conclusioni della ricerca (etica della
   comunicazione). Poi i ragazzi decideranno autonomamente, ma saranno
   almeno consapevoli delle potenti ragioni a favore o contro una determinata
   visione della vita.
6. L’audience. Domande: a chi è indirizzato il messaggio? Con quale linguaggio?
   Con quale ideologia? Quale sarà il pubblico che riceverà il messaggio? Ci sono
   altri modi di leggere questo messaggio?
7. I ragazzi hanno così una struttura concettuale per ragionare e un modo per
   organizzare le domande chiave relative al testo (da un film allo spot
   pubblicitario). Questa è la base su cui i media sono stati studiati in questi
   ultimi trent’anni e continueranno ad esserlo se la scuola vuole formare il
   cittadino democratico.
8. Leggere e scrivere con i media. Sono i due metodi fondamentali della media
   education: analizzare i media secondo un framework ben assimilato, produrre
   testi mediali nell’ambito delle attività di un laboratorio di media education.
9. La cultura digitale. La novità può essere paragonata alla scoperta della
   Americhe nel secolo XV. Un nuovo mondo di linguaggi e di relazioni che ha
   poco a che fare con la cultura letteraria e della carta stampata e neppure con
   quella dei mass media…
10. Futuro: la Summer School di Corvara in Val Badia (7-14 luglio 2012), il
   MED_LATINA, presentazione del libro sul corso di base di media education a
   Latina (settembre 2012).
Perché, come, che cosa della media education



In Italia l’interesse per il rapporto media-minori si è sviluppato, almeno in
un primo tempo, in chiave difensiva (i media sono un pericolo:
“difendiamoci” attraverso la censura, i codici di autoregolamentazione,
ecc.). Tuttavia negli ultimi anni è cresciuto un atteggiamento costruttivo che
si è polarizzato attorno alla proposta della media education (la proposta
viene dal MED. Cf Roberto Giannatelli, La media education “sbarca” in Italia,
in: Len Masterman, A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997). La media
education (ME) considera i media come un ambiente con cui deve interagire
e in cui deve essere “inculturato” il ragazzo d’oggi, una risorsa per la sua
educazione, un linguaggio che caratterizza il nostro tempo, una sfida per
l’educazione e una proposta per la cittadinanza attiva. Il nuovo compito
dell’educazione è, appunto, alfabetizzare i ragazzi nella nuova cultura dei
media, dar loro una autonomia critica di fronte ai messaggi dei media,
fornire una nuova competenza per “leggere e scrivere” con i media come un
tempo avveniva con le lettere classiche. Alfabetizzazione, coscienza critica,
nuova cittadinanza: sono gli obiettivi della media education.

Ci spiace che questa “emergenza educativa” (Benedetto XVI alla diocesi di
Roma, 23 gennaio 2008) non sia stata assunta in modo sistematico dal MIUR
nonostante i diversi tentativi compiuti anche dal MED per chiedere una
adeguata formazione degli insegnanti e l’inserimento della media education
tra i saperi di base (cfr Cinque proposte al Ministro Moratti sulla media
education, “Intermed”, dicembre 2003).
Come avviene sovente in Italia, la ME si è sviluppata per iniziativa e il
volontariato degli educatori, degli insegnanti, dei media educator. Si sono
moltiplicati i corsi di aggiornamento (la Summer School di Corvara è al XXI
anno e ha formato centinaia di educatori), si sono fatte ricerche e promosse
pubblicazioni, si sono attuati corsi accademici nelle università (a livello di
laurea triennale o magistrale e di master), gruppi di insegnanti e di genitori
si sono persino autotassati per promuovere conferenze e minicorsi...
Vorrei ora presentare alcune informazioni sulla media education, sui
concetti chiave, i metodi di cui si avvale, una sua definizione. I miei principali
riferimenti saranno: L.Masterman, A scuola di media, La Scuola, Brescia
1997; D.Buckingham, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e
cultura contemporanea, Erickson, Trento 2006; gli otto volumi della collana
di media education che il MED ha promosso presso l’editrice Erickson (ai soci
MED: 15% di sconto e spese di spedizione gratis; chiamare il numero verde:
800 844052), la nostra Rivista semestrale: Media Education. Studi, ricerche,
buone pratiche, Edizioni Erickson, Trento (dal 2010).. Si consulti anche il sito
dell’associazione: www.medmediaeducation.it da cui si possono scaricare gli
articoli della rivista del MED “Intermed” (dal 1996 al 2009) e alcuni miei
contributii. Tra gli autori italiani è doveroso ricordare l’opera pionieristica di
Pier Cesare Rivoltella (Media education, Carocci, Roma 2001) e l’approccio
pedagogico di D.Felini (Pedagogia dei media, La Scuola, Brescia 2004). Una
proposta di curricolo di ME è contenuta nel volume a cura di F.Ceretti,
D.Felini e R.Giannatelli, Primi passi nella media education, Edizioni Erickson,
Trento 2006. Negli ultimi anni l’interesse si è rivolto ai nuovi media e alla
digital education . La bibliografia è vastissima. Ricordiamo solo: Paolo Ferri,
Nativi digitali, Mondadori, Milano 2011 e Maria Ranieri, Le insidie dell’ovvio.
Tecnologie educative e critica della retorica tecnocentrica, Edizioni ETS, Pisa
2011)
1. Una definizione di media education

L’espressione media education indica un’azione, educativa e didattica,
finalizzata a sviluppare negli alunni una nuova competenza comunicativa,
cioè l’informazione e la comprensione critica circa la natura, le categorie dei
media e le tecniche da essi impiegate per costruire messaggi e comunicarli.
ME segnala anche la competenza dell’alunno nel produrre testi attraverso i
media. Si è così aggiornato l’antico “leggere e scrivere” della scuola
tradizionale: leggere e scrivere con i media, nella cultura dei media, con i
loro linguaggi, le loro tecnologie.

Il termine inglese di         media education, come quella tedesco di
Medienerziehung, si presta meglio di altri usati nelle lingue latine (come:
educazione ai media, éducation aux médias, éducation à l’actualité,
educación para los medios, lectura critica, ecc.) perché indica, in modo
diretto e sintetico, il rapporto tra il mondo antico dell’educazione e quello
nuovo della comunicazione sociale.
La media education di riferisce sia all’“educazione con i media”, considerati
come strumenti da utilizzare nei processi educativi e didattici generali, sia
all’“educazione ai media”, con riferimento alla comprensione critica dei
media stessi, intesi non solo come strumenti, ma come linguaggio, risorsa,
ambiente e cultura. ME talora si riferisce anche al terzo livello di
“educazione per i media”, cioè alla formazione dei professionisti dei media.

Della media education sono state date varie definizioni, che differiscono a
seconda del punto di vista adottato. Pier Cesare Rivoltella, ad esempio, ha
proposto una definizione di ME che si pone all’incrocio tra scienze
dell’educazione e lavoro educativo: “quel particolare ambito delle scienze
dell’educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessione
e strategie operative in ordine ai media intesi come risorsa integrale per
l’intervento formativo” (Media education. Modelli, esperienze, profilo
disciplinare, Carocci editore, Roma 2001, p.37). Mentre Damiano Felini,
ponendosi nell’ottica della pedagogia dei media, definisce la ME come
“quell’area della pedagogia che, in termini interpretativi e progettuali, si
occupa di studiare il campo delle relazioni intercorrenti tra educatore,
educando e strumenti/linguaggi mediali” (Pedagogia dei media. Questioni,
percorsi e sviluppi, Editrice La Scuola, Brescia 2004, p.157). Finalmente
Mario Morcellini, più che una definizione teorica ci offre un suggestivo
manifesto per la media education: “La media education è centrale per come
è nata: non un’istituzione o una fedeltà ideologica, ma un movimento
collettivo… L’espressione media education è importante per le parole che
compongono questa singolare coppia semantica: il termine media rimanda
ovviamente alla comunicazione e ben raffigura un elemento centrale della
modernità… Il termine education interpella la nostra fiducia nel
cambiamento… offrendo all’educazione la chance di tornare al centro della
scena… La media education è un territorio di cambiamento nella misura in
cui diventa un’azione concreta. Essa mette in discussione la comunicazione
mediale dal punto di vista etico e dei valori, e interviene per reinvestire
sull’educazione” (La scuola della modernità. Per un manifesto della media
education, FrancoAngeli, Milano 2004, pp. 23-26).
2. Concetti chiave della media education

Come Len Masterman insegna, la ME si costruisce attorno a concetti chiave.
Così ha proposto in Teaching the media, 1985 e A scuola di media, 1997. Un
altro studioso inglese del Dipartimento di educazione dell’Università di
Londra, ha aggiornato recentemente le tesi di Masterman. Si tratta di David
Buckingham e del suo fondamentale studio: Media education.
Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea, Erickson, Trento
2006.

Buckingham propone quattro concetti chiave da tener presenti nello studio
dei media: produzione, linguaggio, rappresentazione e pubblico.” (cf. pp.73-
88; utilizzerò anche la relazione del Presidente del MED Gianna Cappello, A
Rationale and a Method for Media Education in XXIth Century Society, al
“China-Italy Symposium on Youth learning and the Media”, Zhejiang
University, Hangzhou 27-28 marzo 2008).


Produzione

La prima domanda che gli studenti devono farsi per entrare nel mondo dei
media è la seguente: chi li ha prodotti e perché sono stati prodotti? Si tratta
di analizzare gli aspetti economici dei media, le istituzioni che sono in gioco,
le ragioni della produzione. Due logiche contrastanti le comandano: la
logica del “servizio pubblico” (il cui scopo è informare, educare, promuovere
la cultura) oppure la logica “commerciale” (il cui scopo è, invece, il profitto
attraverso la pubblicità e la connessione con le industrie e le reti
commerciali).
La globalizzazione ha reso ancora più complessa la lettura dei media.
L’omogenizzazione degli stili e delle mode, il livellamento delle informazioni,
ecc. sono le nuove problematiche che vengono poste dalla globalizzazione
della comunicazione.
Studiare la “produzione” significa scoprire i differenti target a cui essa è
rivolta, conoscere come avviene il lavoro dei professionisti. Una visita a una
redazione giornalistica o televisiva locale, sarà illuminante per capire come
funziona la “macchina della produzione”.
Se, poi, gli studenti stessi diventeranno produttori di media; se, ad esempio,
organizzeranno il giornalino della scuola o la radio scolastica, ecc., potranno
verificare personalmente come avviene il lavoro con i media: le logiche, i
condizionamenti, le limitazioni, ecc. in cui essi operano e producono il
linguaggio mediale.

David Buckingham propone alcune domande per avviare l’analisi degli
studenti:

•     tecnologie: quali tecnologie sono impiegate per produrre i media
texts? quale influsso esse hanno sulla produzione?
•     pratica dei professionisti: chi ha realizzato i testi dei media? c’è stato
un lavoro individuale o di squadra?
•     industria dei media: chi sono i proprietari dei media? chi produce,
vende, compera?
•     regolamentazione: esistono leggi e codici sull’argomento? come
vengono osservati?
•     circolazione e distribuzione: in che modo i produttori dei media
riescono a raggiungere il pubblico? in che misura il pubblico ha possibilità di
controllo e di scelta?
•     accesso e partecipazione: a quali argomenti e pareri i media danno
spazio? quali sono esclusi e perché?


Linguaggio

Ogni medium usa una particolare combinazione di linguaggi per comunicare
dei significati. La tv, ad esempio, usa il linguaggio delle immagini in
movimento e dei suoni, oltre il linguaggio verbale e scritto, il colore, ecc. Gli
studenti devono essere incoraggiati a guardare in modo sistematico tutti gli
elementi del linguaggio televisivo e filmico: le inquadrature, l’uso del colore,
gli effetti speciali, ecc. Un esercizio utile è l’analisi dei telegiornali: la
scenografia adottata, l’uso delle luci, la posizione della telecamera, l’abito
del conduttore e il linguaggio corporeo, la sequenza data alle notizie, ecc.
Tuttavia la comprensione del linguaggio dei media non si ottiene solo
attraverso l’analisi. L’esperienza della produzione dei testi, offre nuove e più
dirette intuizioni. Fare una fotografia, ad esempio, implica una serie di scelte
“linguistiche”: composizione degli oggetti da riprendere, inquadratura e
angolazione della macchina fotografica, luce, messa a fuoco dell’obiettivo,
ecc.

Domande da rivolgere agli studenti per approfondire il linguaggio dei media:

•      significati: come le differenti forme di linguaggio comunicano idee e
significati?
•      convenzioni: in che modo i linguaggi audiovisivi divengono familiari e
accettati?
•      codici: quali regole grammaticali e sintattiche governano il linguaggio
dei media? cosa capita quando vengono infrante?
•      generi: come i codici e le convenzioni vengono usate in differenti
media texts, come sono le news, la pubblicità, le telenovelas, ecc.?
•      scelte: quali effetti produce una scelta linguistica, ad es. un particolare
tipo di ripresa?
•      combinazioni: come i media creano significati attraverso il montaggio?
•      tecnologia: in quale misura la tecnologia scelta influisce sul
significato?


Rappresentazione

Il concetto di rappresentazione è uno dei concetti-chiave della media
education. Come si è già ricordato, i media non sono una “finestra
trasparente sul mondo”; i media offrono una visione “mediata” del mondo.
Non “presentano” la realtà, la “mediano”, la “rappresentano” secondo
determinate ideologie, valori, stereotipi. I media, inevitabilmente, danno
una versione “costruita” della realtà. Tuttavia, non necessariamente i media
ingannano il pubblico. Infatti il pubblico non assorbe ciecamente i messaggi
dei media. Piuttosto li interpreta alla luce della propria esperienza e del
proprio background socioculturale. Il pubblico “educato” conserva la propria
autonomia di giudizio, come dimostrano le recenti ricerche sull’audience. In
ogni caso l’influsso dei media sul pubblico è grande.
Un esercizio che si può fare con gli studenti è quello di identificare la linea
politica di un giornale o di un TG, di scoprire gli stereotipi che ispirano la
“rappresentazione” di una classe sociale, di una minoranza etnica o
religiosa, della donna, ecc.
Si possono organizzare anche attività di produzione mirate a far
sperimentare come sia possibile costruire differenti “rappresentazione” di
una persona (uomo-donna, di destra o di sinistra…), di un luogo (nord o
sud), di una situazione (il tempo della cena in una famiglia…), ecc.

Domande:
•     realismo: il testo intende essere realistico o si tratta di una fiction?
perché e come alcuni testi ci appaiono più realistici di altri?
•     presenza e assenza: che cosa viene incluso o escluso nella
rappresentazione dei media? a chi viene data la parola e chi viene messo a
tacere?
•     parzialità e obiettività: i media sostengono particolari visioni del
mondo? trasmettono particolari valori etici e politici? sono obiettivi o di
parte? (si veda il testo di Benedetto XVI per la 42.ma giornata mondiale
delle comunicazioni sociali: I mezzi di comunicazione sociale al bivio tra
protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla, 4 maggio 2008)
•     stereotipi: come i media rappresentano particolari gruppi sociali? le
loro rappresentazioni sono accurate o obbediscono acriticamente a certi
stereotipi?
•     influenze: le rappresentazioni dei media hanno influito a creare la
nostra cultura corrente?


Pubblico-Audience

Le recenti ricerche sull’audience hanno messo in discussione, come si è
ricordato, una certa visione del pubblico dei media. Sovente il “pubblico di
massa” è stato considerato come acritico, credulone, facilmente
influenzabile dai media. In realtà, il pubblico è molto più critico e
diversificato di quello che è astrattamente ritenuto. In ogni caso il pubblico
va educato. La media education è necessaria sia nel periodo formativo sia
lungo la vita.
Il rapporto del pubblico con i media non si esaurisce nella fruizione e
interpretazione dei testi; è fatto anche di pratiche sociali, di usi familiari, di
routines, ecc. Per queste ragioni, lo studio del target è necessario per
l’industria dei media.
Lo studio del “pubblico” fa parte della media education. Gli studenti
dovranno imparare che ogni testo ha un suo proprio target; che nella
produzione dei media non vi sono solo ragioni estetiche, ma anche
economiche e ideologiche a seconda del target prefissato. Anche in questo
caso, gli studenti potranno fare un’esperienza diretta su cosa significhi
produrre determinati testi per determinati pubblici.

Domande:
•     target: come i media si rivolgono a un determinato pubblico, cosa
fanno per attirarlo e intrattenerlo?
•     circolazione: in che modo il pubblico viene a conoscenza della
proposta dei media?
•     fruizione: in che modo i media sono utilizzati nella vita quotidiana?
quali sono le abitudini e le modalità d’uso?
•     godimento: in che modo il pubblico ottiene “piacere” dai media? che
cosa gli piace oppure no? come si diverte o si annoia?
•     dare senso: come il pubblico interpreta i media? quale significato
attribuisce loro?
•     differenze sociali: che influsso hanno il genere, la classe sociale, l’età,
la matrice etnica e culturale nel rapporto media e pubblico?
3. I metodi della media education

Quando la media education entra nella scuola deve poter esibire le ragioni
del proprio accreditamento: gli obiettivi, i concetti-chiave che la ispirano, i
metodi del suo insegnamento. Fin dalle origini la ME ha privilegiato due
gruppi di metodi: analisi del testo (per decostruire e capire il linguaggio dei
media) e produzione di testi (è il processo opposto a quello della
scomposizione del testo; si sperimenta, in qualche modo, il lavoro fatto dai i
professionisti).
Seguirò qui la proposta di David Buckingham (Media education, cap.5°) che
aggiorna l’insegnamento di Masterman. C’è un aspetto del metodo che
Buckingham sottolinea con vigore: gli studenti non sono tabula rasa in fatto
di media. Il media educator parte necessariamente da ciò che gli studenti già
conoscono sui media, per farli passare da una conoscenza “spontanea” e
acritica sui media a quella riflessa e “scientifica”. Come afferma Cesare
Scurati nella media education avviene uno “scambio generazionale”:
l’educatore dà la sua saggezza e maturità, i ragazzi la loro presenza nell’oggi
della cultura mediatica e la loro competenza tecnologica (“Intermed”,
editoriale, …).


Analisi del testo

L’analisi del testo è probabilmente l’aspetto più noto della media education
soprattutto per gli insegnanti che hanno fatto esperienze di lettura di testi
letterari o artistici. Si distingue l’analisi del testo da quella contenuto:

•     l’analisi del contenuto: è di tipo quantitativo, richiede una
campionatura adeguata, fa uso di strumenti statistici. Ad esempio, gli
studenti misurano le proporzioni tra testo e immagini in un giornale, o la
quantità di spazio dedicata alla pubblicità nelle riviste; oppure conteggiano
la quantità di presenze femminili e maschili, l’impiego degli animali nella
pubblicità, ecc.
•     l’analisi del testo: privilegia la profondità sulla quantità. Tende a
concentrarsi nei dettagli del singolo testo. I testi scelti sono spesso brevi e
specifici, come ad esempio una fotografia, la pubblicità, i trailer dei film o i
videoclip musicali. L’analisi testuale implica un’estrema attenzione al
dettaglio e pone agli studenti domande precise: come è stato costruito il
testo? per quali motivi? che cosa si è voluto comunicare e come? Gli
studenti arriveranno a capire che i testi audiovisivi devono essere “letti” in
modo analogo ai testi letterari e artistici, scoprendo un linguaggio, una
grammatica, una sintassi, un’estetica, ecc.

Vengono propongono tre livelli di analisi del testo:
-     descrizione (livello denotativo): su due colonne (di destra e di sinistra:
video e audio) si descrive ciò che si vede e si sente;
-     significato (livello connotativo): si registrano gli elementi della
connotazione, i codici iconici e iconografici, ecc.
-      giudizio complessivo sul testo: si evidenziano il significato globale, i
valori presenti, le ideologie sottese, ecc. (un esempio molto utile è riportato
da: A.Zanacchi, Convivere con la pubblicità, Elledici, Leumann 1999, p, 101
ss.).


Analisi del contesto e case studies

Con questo esercizio, i testi vengono esaminati nel loro “contesto” di
produzione e fruizione. Si raccomanda di prestare attenzione ad aspetti
generalmente poco considerati: le sigle di testa e di coda dei film e dei
programmi televisivi; le informazioni sulla vendita e distribuzione dei
prodotti; le recensioni che vengono pubblicate su giornali e riviste, ecc. Gli
studenti saranno aiutati a consultare le guide della Tv, i cataloghi dei video, i
poster dei film e i trailers, i siti web promozionali, le riviste della
comunicazione (per i più grandi) sotto la guida dell’insegnante.
Quando questo esercizio ha come oggetto lo studio approfondito su un
singolo caso, l’analisi del contesto assume la forma di un “case study” (per
esempio lo studio del fenomeno dei blog, del successo di una star della
musica, un film, , ecc.).


Trasposizione

Mentre l’analisi del contesto e il “case study” tengono in considerazione
soprattutto gli aspetti della produzione e dell’audience, la trasposizione o
“translation” ha a che fare con le questioni riguardanti il linguaggio e la
rappresentazione dei media. Questo esercizio comporta la trasformazione di
un testo da un genere a un altro (dal romanzo al telefilm), da un medium a
un altro (da un testo per la radio a un altro per la tv). Si dovranno tener
presenti le caratteristiche del linguaggio, le possibilità e i “confini” del
mezzo, ecc. L’attività di “trasposizione” può essere sperimentata sia a livello
di analisi che di produzione. Ad esempio, si confronta come una sequenza di
un romanzo è stata interpretata in un film; oppure gli stessi ragazzi faranno
opera di “trasposizione” da un medium a un altro (una cronaca di giornale
diventa una notizia del telegiornale in classe).
Simulazione


E’ una forma di role-playng in cui gli studenti vengono messi nella situazione
di simulare, ad esempio, il ruolo di una redazione di giornale, la proposta
che un immaginario autore di film fa a un produttore, la preparazione di un
palinsesto televisivo nella redazione di una tv locale, ecc. L’insegnante
fornirà indicazioni concrete sugli elementi richiesti da questo particolare
“gioco dei ruoli”: ad esempio, il budget, la location, come affrontare la
concorrenza, ecc.
Con queste attività si trasmettono ai ragazzi in modo operativo nozioni che
sarebbe difficile spiegare in modo astratto.


Produzione

Come si è ricordato, le attività di analisi dei media e il laboratorio di
produzione, sono gli elementi caratteristici della media education. L’aspetto
“produzione” è stato presente nelle strategie descritte sopra; ma c’è una
produzione che ha tutte le caratteristiche del lavoro creativo e concreto,
simile a quello dei professionisti dei media. Questa è la produzione che
attrae i ragazzi e li entusiasma.
I vantaggi di questa attività sono noti alla didattica: gli alunni “imparano
facendo” (John Dewey), sono motivati, diventano creativi, ecc.. Nel nostro
caso, imparano che cosa sono i codici, i generi, i linguaggi dei media, le
riprese e il montaggio... Imparano a lavorare in gruppo, a collaborare; a
porsi obiettivi concreti e scadenze di lavoro; imparano a socializzare e a
valutare; imparano come comunicare a diversi target. Faranno anche
esperienza di come il pubblico può reagire in modo imprevisto al loro
prodotto.
Socializzazione (ad esempio, presentando il video prodotto ad altre classi
della scuola) e valutazione, sono parti essenziali del processo di produzione
(cf Luciano Di Mele, a cura di, Fare video a scuola, Erickson, Trento 2008).
Durante la produzione gli alunni fanno esperienza anche dell’aspetto ludico
e gioioso del lavoro con i media. Questo è un aspetto importante della
media education.
Il lavoro di produzione è oggi facilitato dalle nuove tecnologie che sono
meno costose e di più facile utilizzazione.

4.Una conclusione aperta

Ho presentato due temi centrali della media education: i concetti-chiave e i
metodi. Molti altri aspetti sarebbero da approfondire. Li affido al vostro
interesse e impegno personale. I libri e le esperienze non mancano. Neppure
le persone che si occupano di media education nelle università e nelle scuole
italiane.
Mi auguro che la nostra associazione MED-Media education continui a
suscitare interesse e “vocazioni”. Come ha scritto il compianto Cesare
Scurati in occasione del decennale del MED: “si è fatto certamente molto: si
sono organizzati corsi e convegni; si sono realizzate pubblicazioni; si sono
stimolate e sostenute vocazioni di ricerca; si sono promossi cammini di
affermazione personale” (“Intermed”, settembre 2006, editoriale).
Personalmente ho sempre considerato la media education come una
“mission” per la quale mi sono sentito chiamato e che ho condiviso con altri.
La missione non è finita. Molto rimane da portare avanti, come il
riconoscimento pubblico del media educator, la presenza organica della ME
nel curricolo scolastico, la ricerca e la formazione nelle università, il
coordinamento delle associazioni che si occupano di media education, ecc.
Mi auguro che anche da questo incontro possano sorgere nuove “vocazioni”
per la media education in Italia.
Bibliografia per… incominciare

Ceretti Filippo, Damiano Felini, Roberto Giannatelli, a cura di, Primi passi nella media
education. Curricolo di educazione ai media nella scuola primaria, Edizioni Erickson,
Trento 2006
Bonomi Castelli Angela, Di Tullio Maria Grazia, Alessia Rosa, I Media per crescere.
Laboratori di comunicazione, (Prefazione di Roberto Giannatelli), Edizioni Paoline, Milano
2009
Buckingham David, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura
contemporanea, Erickson, Trento 2006
Celot Paolo, José Manuel Pérez Tornero, Media Literacy in Europa. Leggere, scrivere e
partecipare nell’era mediatica, Eurilink, Roma 2008
Felini Damiano, Pedagogia dei media. Questioni, percorsi, sviluppi, La Scuola, Brescia
2004
Giannatelli Roberto, Media education in: Lever Franco, Pier Cesare Rivoltella, Adriano
Zanacchi (edd.), La comunicazione. Il dizionario di scienze e tecniche, Elledici-Rai Eri-LAS,
Roma 2002
Giannatelli Roberto e Pier Cesare Rivoltella, a cura di, Teleduchiamo. Linee per un uso
didattico della televisione, Elledici, Leumann (To) 1994; Id., Media educator. Nuovi
scenari dell’educazione, nuove professionalità, Edizioni Iusob-Ucsi, Roma 2003
Masterman Len, A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997
Morcellini Mario, La scuola della modernità. Per un manifesto della media education,
FrancoAngeli, Milano 2004,
Morcellini Mario e Pier Cesare Rivoltella, La sapienza di comunicare. Dieci anni di media
education in Italia e in Europa, Erickson, Trento 2007
Rivoltella Pier Cesare, Media education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci,
Roma 2001
Id., Screen generation. Gli adolescenti e le prospettive dell’educazione nell’età dei media
digitali, Vita e Pensiero, Milano 2006
Tricarico Maria Franca, Insegnare i media. Didattica della comunicazione nei programmi
scolastici, GS Editrice, Santhia 1999

Inoltre:
•      collana di Media Education presso le Edizioni Erickson di Trento (8 volumi)
•      la Rivista semestrale del MED: Media Education. Studi, ricerche, buone pratiche
delle Edizioni Erickson (dal 2010)
•      il sito del MED: www.mediaeducationmed.it
•      la Newsletter mensile (viene inviata per posta elettronica ai soci e amici del MED).
Riferimento: MED@unisal.it

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Conclusioni corso di base di me latina 15 marzo 19 aprile 2012 - prof. roberto giannatelli

  • 1. www.mediaeducationmed.it Corso di base di ME – Latina 2012 Conclusioni a cura del direttore del corso: Roberto Giannatelli. Professore emerito di pedagogia religiosa e di comunicazione sociale presso l’Università Pontificia salesiana, della quale è stato anche Rettore. Nel 1996 ha fondato il MED, Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione. Attualmente è condirettore della Rivista “Media educazione: studi, ricerche e buone pratiche” e della Summer School di Media Education, giunta alla XXI edizione (Corvara, 7-14 luglio 2012. Tema: Mediaemozioni). Giannatelli@Unisal.it
  • 2. Che cosa portiamo “a casa” da questo corso? Un testo più ampio lo trovate di seguito nella cartella: Roberto Giannatelli: Perché, come, che cosa della media education. Qui vorrei fissare alcune idee che mi sembrano importanti e da portare “a casa”. 1. Una definizione di media education. “indica sia l’educazione con i media (tutti i media), considerati come strumenti da utilizzare nei processi educativi generali, sia l’educazione ai media che fa riferimento alla comprensione critica dei media, intesi non solo come strumenti, ma come linguaggio, ambiente, cultura” (R.Giannatelli in: Dizionario di scienze e tecniche della comunicazione, LAS, Roma 2002). 2. I concetti chiave (il framework) della media education. La lezione che viene da Len Masterman (A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997) è la seguente: studiare i media è studiare la nozione centrale: i media non sono la realtà, ma la sua rappresentazione. E porsi quattro domande fondamentali: 3. La produzione: chi produce la rappresentazione e perché la produce? Le domande riguardano le motivazioni ideologiche, gli interessi economici, la professionalità dei produttori, il controllo che è stato esercitato… 4. Il modo con cui la rappresentazione e il suo linguaggio sono costruiti. I media sono costruiti attraverso una serie di codici e di regole linguistiche: simboli, metafore, relazioni tra parole, immagini, suoni… La domanda da fare ai ragazzi è: che cosa significa questo? e come arriva a significare questa cosa?
  • 3. 5. La questione ideologica e dei valori. Domande: quali sono i valori di base di questo mondo che ci viene rappresentato? Che tipo di mondo è questo? I media sono sempre mezzi di propaganda: non sono neutrali e neppure l’insegnante può essere neutrale. L’educatore ha il dovere di proporre argomentazioni e di presentare le conclusioni della ricerca (etica della comunicazione). Poi i ragazzi decideranno autonomamente, ma saranno almeno consapevoli delle potenti ragioni a favore o contro una determinata visione della vita. 6. L’audience. Domande: a chi è indirizzato il messaggio? Con quale linguaggio? Con quale ideologia? Quale sarà il pubblico che riceverà il messaggio? Ci sono altri modi di leggere questo messaggio? 7. I ragazzi hanno così una struttura concettuale per ragionare e un modo per organizzare le domande chiave relative al testo (da un film allo spot pubblicitario). Questa è la base su cui i media sono stati studiati in questi ultimi trent’anni e continueranno ad esserlo se la scuola vuole formare il cittadino democratico. 8. Leggere e scrivere con i media. Sono i due metodi fondamentali della media education: analizzare i media secondo un framework ben assimilato, produrre testi mediali nell’ambito delle attività di un laboratorio di media education. 9. La cultura digitale. La novità può essere paragonata alla scoperta della Americhe nel secolo XV. Un nuovo mondo di linguaggi e di relazioni che ha poco a che fare con la cultura letteraria e della carta stampata e neppure con quella dei mass media… 10. Futuro: la Summer School di Corvara in Val Badia (7-14 luglio 2012), il MED_LATINA, presentazione del libro sul corso di base di media education a Latina (settembre 2012).
  • 4. Perché, come, che cosa della media education In Italia l’interesse per il rapporto media-minori si è sviluppato, almeno in un primo tempo, in chiave difensiva (i media sono un pericolo: “difendiamoci” attraverso la censura, i codici di autoregolamentazione, ecc.). Tuttavia negli ultimi anni è cresciuto un atteggiamento costruttivo che si è polarizzato attorno alla proposta della media education (la proposta viene dal MED. Cf Roberto Giannatelli, La media education “sbarca” in Italia, in: Len Masterman, A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997). La media education (ME) considera i media come un ambiente con cui deve interagire e in cui deve essere “inculturato” il ragazzo d’oggi, una risorsa per la sua educazione, un linguaggio che caratterizza il nostro tempo, una sfida per l’educazione e una proposta per la cittadinanza attiva. Il nuovo compito dell’educazione è, appunto, alfabetizzare i ragazzi nella nuova cultura dei media, dar loro una autonomia critica di fronte ai messaggi dei media, fornire una nuova competenza per “leggere e scrivere” con i media come un tempo avveniva con le lettere classiche. Alfabetizzazione, coscienza critica, nuova cittadinanza: sono gli obiettivi della media education. Ci spiace che questa “emergenza educativa” (Benedetto XVI alla diocesi di Roma, 23 gennaio 2008) non sia stata assunta in modo sistematico dal MIUR nonostante i diversi tentativi compiuti anche dal MED per chiedere una adeguata formazione degli insegnanti e l’inserimento della media education tra i saperi di base (cfr Cinque proposte al Ministro Moratti sulla media education, “Intermed”, dicembre 2003).
  • 5. Come avviene sovente in Italia, la ME si è sviluppata per iniziativa e il volontariato degli educatori, degli insegnanti, dei media educator. Si sono moltiplicati i corsi di aggiornamento (la Summer School di Corvara è al XXI anno e ha formato centinaia di educatori), si sono fatte ricerche e promosse pubblicazioni, si sono attuati corsi accademici nelle università (a livello di laurea triennale o magistrale e di master), gruppi di insegnanti e di genitori si sono persino autotassati per promuovere conferenze e minicorsi... Vorrei ora presentare alcune informazioni sulla media education, sui concetti chiave, i metodi di cui si avvale, una sua definizione. I miei principali riferimenti saranno: L.Masterman, A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997; D.Buckingham, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea, Erickson, Trento 2006; gli otto volumi della collana di media education che il MED ha promosso presso l’editrice Erickson (ai soci MED: 15% di sconto e spese di spedizione gratis; chiamare il numero verde: 800 844052), la nostra Rivista semestrale: Media Education. Studi, ricerche, buone pratiche, Edizioni Erickson, Trento (dal 2010).. Si consulti anche il sito dell’associazione: www.medmediaeducation.it da cui si possono scaricare gli articoli della rivista del MED “Intermed” (dal 1996 al 2009) e alcuni miei contributii. Tra gli autori italiani è doveroso ricordare l’opera pionieristica di Pier Cesare Rivoltella (Media education, Carocci, Roma 2001) e l’approccio pedagogico di D.Felini (Pedagogia dei media, La Scuola, Brescia 2004). Una proposta di curricolo di ME è contenuta nel volume a cura di F.Ceretti, D.Felini e R.Giannatelli, Primi passi nella media education, Edizioni Erickson, Trento 2006. Negli ultimi anni l’interesse si è rivolto ai nuovi media e alla digital education . La bibliografia è vastissima. Ricordiamo solo: Paolo Ferri, Nativi digitali, Mondadori, Milano 2011 e Maria Ranieri, Le insidie dell’ovvio. Tecnologie educative e critica della retorica tecnocentrica, Edizioni ETS, Pisa 2011)
  • 6. 1. Una definizione di media education L’espressione media education indica un’azione, educativa e didattica, finalizzata a sviluppare negli alunni una nuova competenza comunicativa, cioè l’informazione e la comprensione critica circa la natura, le categorie dei media e le tecniche da essi impiegate per costruire messaggi e comunicarli. ME segnala anche la competenza dell’alunno nel produrre testi attraverso i media. Si è così aggiornato l’antico “leggere e scrivere” della scuola tradizionale: leggere e scrivere con i media, nella cultura dei media, con i loro linguaggi, le loro tecnologie. Il termine inglese di media education, come quella tedesco di Medienerziehung, si presta meglio di altri usati nelle lingue latine (come: educazione ai media, éducation aux médias, éducation à l’actualité, educación para los medios, lectura critica, ecc.) perché indica, in modo diretto e sintetico, il rapporto tra il mondo antico dell’educazione e quello nuovo della comunicazione sociale. La media education di riferisce sia all’“educazione con i media”, considerati come strumenti da utilizzare nei processi educativi e didattici generali, sia all’“educazione ai media”, con riferimento alla comprensione critica dei media stessi, intesi non solo come strumenti, ma come linguaggio, risorsa, ambiente e cultura. ME talora si riferisce anche al terzo livello di “educazione per i media”, cioè alla formazione dei professionisti dei media. Della media education sono state date varie definizioni, che differiscono a seconda del punto di vista adottato. Pier Cesare Rivoltella, ad esempio, ha proposto una definizione di ME che si pone all’incrocio tra scienze dell’educazione e lavoro educativo: “quel particolare ambito delle scienze dell’educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessione e strategie operative in ordine ai media intesi come risorsa integrale per l’intervento formativo” (Media education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci editore, Roma 2001, p.37). Mentre Damiano Felini, ponendosi nell’ottica della pedagogia dei media, definisce la ME come “quell’area della pedagogia che, in termini interpretativi e progettuali, si
  • 7. occupa di studiare il campo delle relazioni intercorrenti tra educatore, educando e strumenti/linguaggi mediali” (Pedagogia dei media. Questioni, percorsi e sviluppi, Editrice La Scuola, Brescia 2004, p.157). Finalmente Mario Morcellini, più che una definizione teorica ci offre un suggestivo manifesto per la media education: “La media education è centrale per come è nata: non un’istituzione o una fedeltà ideologica, ma un movimento collettivo… L’espressione media education è importante per le parole che compongono questa singolare coppia semantica: il termine media rimanda ovviamente alla comunicazione e ben raffigura un elemento centrale della modernità… Il termine education interpella la nostra fiducia nel cambiamento… offrendo all’educazione la chance di tornare al centro della scena… La media education è un territorio di cambiamento nella misura in cui diventa un’azione concreta. Essa mette in discussione la comunicazione mediale dal punto di vista etico e dei valori, e interviene per reinvestire sull’educazione” (La scuola della modernità. Per un manifesto della media education, FrancoAngeli, Milano 2004, pp. 23-26).
  • 8. 2. Concetti chiave della media education Come Len Masterman insegna, la ME si costruisce attorno a concetti chiave. Così ha proposto in Teaching the media, 1985 e A scuola di media, 1997. Un altro studioso inglese del Dipartimento di educazione dell’Università di Londra, ha aggiornato recentemente le tesi di Masterman. Si tratta di David Buckingham e del suo fondamentale studio: Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea, Erickson, Trento 2006. Buckingham propone quattro concetti chiave da tener presenti nello studio dei media: produzione, linguaggio, rappresentazione e pubblico.” (cf. pp.73- 88; utilizzerò anche la relazione del Presidente del MED Gianna Cappello, A Rationale and a Method for Media Education in XXIth Century Society, al “China-Italy Symposium on Youth learning and the Media”, Zhejiang University, Hangzhou 27-28 marzo 2008). Produzione La prima domanda che gli studenti devono farsi per entrare nel mondo dei media è la seguente: chi li ha prodotti e perché sono stati prodotti? Si tratta di analizzare gli aspetti economici dei media, le istituzioni che sono in gioco, le ragioni della produzione. Due logiche contrastanti le comandano: la logica del “servizio pubblico” (il cui scopo è informare, educare, promuovere la cultura) oppure la logica “commerciale” (il cui scopo è, invece, il profitto attraverso la pubblicità e la connessione con le industrie e le reti commerciali). La globalizzazione ha reso ancora più complessa la lettura dei media. L’omogenizzazione degli stili e delle mode, il livellamento delle informazioni, ecc. sono le nuove problematiche che vengono poste dalla globalizzazione della comunicazione. Studiare la “produzione” significa scoprire i differenti target a cui essa è rivolta, conoscere come avviene il lavoro dei professionisti. Una visita a una redazione giornalistica o televisiva locale, sarà illuminante per capire come funziona la “macchina della produzione”.
  • 9. Se, poi, gli studenti stessi diventeranno produttori di media; se, ad esempio, organizzeranno il giornalino della scuola o la radio scolastica, ecc., potranno verificare personalmente come avviene il lavoro con i media: le logiche, i condizionamenti, le limitazioni, ecc. in cui essi operano e producono il linguaggio mediale. David Buckingham propone alcune domande per avviare l’analisi degli studenti: • tecnologie: quali tecnologie sono impiegate per produrre i media texts? quale influsso esse hanno sulla produzione? • pratica dei professionisti: chi ha realizzato i testi dei media? c’è stato un lavoro individuale o di squadra? • industria dei media: chi sono i proprietari dei media? chi produce, vende, compera? • regolamentazione: esistono leggi e codici sull’argomento? come vengono osservati? • circolazione e distribuzione: in che modo i produttori dei media riescono a raggiungere il pubblico? in che misura il pubblico ha possibilità di controllo e di scelta? • accesso e partecipazione: a quali argomenti e pareri i media danno spazio? quali sono esclusi e perché? Linguaggio Ogni medium usa una particolare combinazione di linguaggi per comunicare dei significati. La tv, ad esempio, usa il linguaggio delle immagini in movimento e dei suoni, oltre il linguaggio verbale e scritto, il colore, ecc. Gli studenti devono essere incoraggiati a guardare in modo sistematico tutti gli elementi del linguaggio televisivo e filmico: le inquadrature, l’uso del colore, gli effetti speciali, ecc. Un esercizio utile è l’analisi dei telegiornali: la scenografia adottata, l’uso delle luci, la posizione della telecamera, l’abito del conduttore e il linguaggio corporeo, la sequenza data alle notizie, ecc. Tuttavia la comprensione del linguaggio dei media non si ottiene solo attraverso l’analisi. L’esperienza della produzione dei testi, offre nuove e più
  • 10. dirette intuizioni. Fare una fotografia, ad esempio, implica una serie di scelte “linguistiche”: composizione degli oggetti da riprendere, inquadratura e angolazione della macchina fotografica, luce, messa a fuoco dell’obiettivo, ecc. Domande da rivolgere agli studenti per approfondire il linguaggio dei media: • significati: come le differenti forme di linguaggio comunicano idee e significati? • convenzioni: in che modo i linguaggi audiovisivi divengono familiari e accettati? • codici: quali regole grammaticali e sintattiche governano il linguaggio dei media? cosa capita quando vengono infrante? • generi: come i codici e le convenzioni vengono usate in differenti media texts, come sono le news, la pubblicità, le telenovelas, ecc.? • scelte: quali effetti produce una scelta linguistica, ad es. un particolare tipo di ripresa? • combinazioni: come i media creano significati attraverso il montaggio? • tecnologia: in quale misura la tecnologia scelta influisce sul significato? Rappresentazione Il concetto di rappresentazione è uno dei concetti-chiave della media education. Come si è già ricordato, i media non sono una “finestra trasparente sul mondo”; i media offrono una visione “mediata” del mondo. Non “presentano” la realtà, la “mediano”, la “rappresentano” secondo determinate ideologie, valori, stereotipi. I media, inevitabilmente, danno una versione “costruita” della realtà. Tuttavia, non necessariamente i media ingannano il pubblico. Infatti il pubblico non assorbe ciecamente i messaggi dei media. Piuttosto li interpreta alla luce della propria esperienza e del proprio background socioculturale. Il pubblico “educato” conserva la propria autonomia di giudizio, come dimostrano le recenti ricerche sull’audience. In ogni caso l’influsso dei media sul pubblico è grande.
  • 11. Un esercizio che si può fare con gli studenti è quello di identificare la linea politica di un giornale o di un TG, di scoprire gli stereotipi che ispirano la “rappresentazione” di una classe sociale, di una minoranza etnica o religiosa, della donna, ecc. Si possono organizzare anche attività di produzione mirate a far sperimentare come sia possibile costruire differenti “rappresentazione” di una persona (uomo-donna, di destra o di sinistra…), di un luogo (nord o sud), di una situazione (il tempo della cena in una famiglia…), ecc. Domande: • realismo: il testo intende essere realistico o si tratta di una fiction? perché e come alcuni testi ci appaiono più realistici di altri? • presenza e assenza: che cosa viene incluso o escluso nella rappresentazione dei media? a chi viene data la parola e chi viene messo a tacere? • parzialità e obiettività: i media sostengono particolari visioni del mondo? trasmettono particolari valori etici e politici? sono obiettivi o di parte? (si veda il testo di Benedetto XVI per la 42.ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali: I mezzi di comunicazione sociale al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla, 4 maggio 2008) • stereotipi: come i media rappresentano particolari gruppi sociali? le loro rappresentazioni sono accurate o obbediscono acriticamente a certi stereotipi? • influenze: le rappresentazioni dei media hanno influito a creare la nostra cultura corrente? Pubblico-Audience Le recenti ricerche sull’audience hanno messo in discussione, come si è ricordato, una certa visione del pubblico dei media. Sovente il “pubblico di massa” è stato considerato come acritico, credulone, facilmente influenzabile dai media. In realtà, il pubblico è molto più critico e diversificato di quello che è astrattamente ritenuto. In ogni caso il pubblico va educato. La media education è necessaria sia nel periodo formativo sia lungo la vita.
  • 12. Il rapporto del pubblico con i media non si esaurisce nella fruizione e interpretazione dei testi; è fatto anche di pratiche sociali, di usi familiari, di routines, ecc. Per queste ragioni, lo studio del target è necessario per l’industria dei media. Lo studio del “pubblico” fa parte della media education. Gli studenti dovranno imparare che ogni testo ha un suo proprio target; che nella produzione dei media non vi sono solo ragioni estetiche, ma anche economiche e ideologiche a seconda del target prefissato. Anche in questo caso, gli studenti potranno fare un’esperienza diretta su cosa significhi produrre determinati testi per determinati pubblici. Domande: • target: come i media si rivolgono a un determinato pubblico, cosa fanno per attirarlo e intrattenerlo? • circolazione: in che modo il pubblico viene a conoscenza della proposta dei media? • fruizione: in che modo i media sono utilizzati nella vita quotidiana? quali sono le abitudini e le modalità d’uso? • godimento: in che modo il pubblico ottiene “piacere” dai media? che cosa gli piace oppure no? come si diverte o si annoia? • dare senso: come il pubblico interpreta i media? quale significato attribuisce loro? • differenze sociali: che influsso hanno il genere, la classe sociale, l’età, la matrice etnica e culturale nel rapporto media e pubblico? 3. I metodi della media education Quando la media education entra nella scuola deve poter esibire le ragioni del proprio accreditamento: gli obiettivi, i concetti-chiave che la ispirano, i metodi del suo insegnamento. Fin dalle origini la ME ha privilegiato due gruppi di metodi: analisi del testo (per decostruire e capire il linguaggio dei media) e produzione di testi (è il processo opposto a quello della scomposizione del testo; si sperimenta, in qualche modo, il lavoro fatto dai i professionisti). Seguirò qui la proposta di David Buckingham (Media education, cap.5°) che aggiorna l’insegnamento di Masterman. C’è un aspetto del metodo che Buckingham sottolinea con vigore: gli studenti non sono tabula rasa in fatto
  • 13. di media. Il media educator parte necessariamente da ciò che gli studenti già conoscono sui media, per farli passare da una conoscenza “spontanea” e acritica sui media a quella riflessa e “scientifica”. Come afferma Cesare Scurati nella media education avviene uno “scambio generazionale”: l’educatore dà la sua saggezza e maturità, i ragazzi la loro presenza nell’oggi della cultura mediatica e la loro competenza tecnologica (“Intermed”, editoriale, …). Analisi del testo L’analisi del testo è probabilmente l’aspetto più noto della media education soprattutto per gli insegnanti che hanno fatto esperienze di lettura di testi letterari o artistici. Si distingue l’analisi del testo da quella contenuto: • l’analisi del contenuto: è di tipo quantitativo, richiede una campionatura adeguata, fa uso di strumenti statistici. Ad esempio, gli studenti misurano le proporzioni tra testo e immagini in un giornale, o la quantità di spazio dedicata alla pubblicità nelle riviste; oppure conteggiano la quantità di presenze femminili e maschili, l’impiego degli animali nella pubblicità, ecc. • l’analisi del testo: privilegia la profondità sulla quantità. Tende a concentrarsi nei dettagli del singolo testo. I testi scelti sono spesso brevi e specifici, come ad esempio una fotografia, la pubblicità, i trailer dei film o i videoclip musicali. L’analisi testuale implica un’estrema attenzione al dettaglio e pone agli studenti domande precise: come è stato costruito il testo? per quali motivi? che cosa si è voluto comunicare e come? Gli studenti arriveranno a capire che i testi audiovisivi devono essere “letti” in modo analogo ai testi letterari e artistici, scoprendo un linguaggio, una grammatica, una sintassi, un’estetica, ecc. Vengono propongono tre livelli di analisi del testo: - descrizione (livello denotativo): su due colonne (di destra e di sinistra: video e audio) si descrive ciò che si vede e si sente; - significato (livello connotativo): si registrano gli elementi della connotazione, i codici iconici e iconografici, ecc.
  • 14. - giudizio complessivo sul testo: si evidenziano il significato globale, i valori presenti, le ideologie sottese, ecc. (un esempio molto utile è riportato da: A.Zanacchi, Convivere con la pubblicità, Elledici, Leumann 1999, p, 101 ss.). Analisi del contesto e case studies Con questo esercizio, i testi vengono esaminati nel loro “contesto” di produzione e fruizione. Si raccomanda di prestare attenzione ad aspetti generalmente poco considerati: le sigle di testa e di coda dei film e dei programmi televisivi; le informazioni sulla vendita e distribuzione dei prodotti; le recensioni che vengono pubblicate su giornali e riviste, ecc. Gli studenti saranno aiutati a consultare le guide della Tv, i cataloghi dei video, i poster dei film e i trailers, i siti web promozionali, le riviste della comunicazione (per i più grandi) sotto la guida dell’insegnante. Quando questo esercizio ha come oggetto lo studio approfondito su un singolo caso, l’analisi del contesto assume la forma di un “case study” (per esempio lo studio del fenomeno dei blog, del successo di una star della musica, un film, , ecc.). Trasposizione Mentre l’analisi del contesto e il “case study” tengono in considerazione soprattutto gli aspetti della produzione e dell’audience, la trasposizione o “translation” ha a che fare con le questioni riguardanti il linguaggio e la rappresentazione dei media. Questo esercizio comporta la trasformazione di un testo da un genere a un altro (dal romanzo al telefilm), da un medium a un altro (da un testo per la radio a un altro per la tv). Si dovranno tener presenti le caratteristiche del linguaggio, le possibilità e i “confini” del mezzo, ecc. L’attività di “trasposizione” può essere sperimentata sia a livello di analisi che di produzione. Ad esempio, si confronta come una sequenza di un romanzo è stata interpretata in un film; oppure gli stessi ragazzi faranno opera di “trasposizione” da un medium a un altro (una cronaca di giornale diventa una notizia del telegiornale in classe).
  • 15. Simulazione E’ una forma di role-playng in cui gli studenti vengono messi nella situazione di simulare, ad esempio, il ruolo di una redazione di giornale, la proposta che un immaginario autore di film fa a un produttore, la preparazione di un palinsesto televisivo nella redazione di una tv locale, ecc. L’insegnante fornirà indicazioni concrete sugli elementi richiesti da questo particolare “gioco dei ruoli”: ad esempio, il budget, la location, come affrontare la concorrenza, ecc. Con queste attività si trasmettono ai ragazzi in modo operativo nozioni che sarebbe difficile spiegare in modo astratto. Produzione Come si è ricordato, le attività di analisi dei media e il laboratorio di produzione, sono gli elementi caratteristici della media education. L’aspetto “produzione” è stato presente nelle strategie descritte sopra; ma c’è una produzione che ha tutte le caratteristiche del lavoro creativo e concreto, simile a quello dei professionisti dei media. Questa è la produzione che attrae i ragazzi e li entusiasma. I vantaggi di questa attività sono noti alla didattica: gli alunni “imparano facendo” (John Dewey), sono motivati, diventano creativi, ecc.. Nel nostro caso, imparano che cosa sono i codici, i generi, i linguaggi dei media, le riprese e il montaggio... Imparano a lavorare in gruppo, a collaborare; a porsi obiettivi concreti e scadenze di lavoro; imparano a socializzare e a valutare; imparano come comunicare a diversi target. Faranno anche esperienza di come il pubblico può reagire in modo imprevisto al loro prodotto. Socializzazione (ad esempio, presentando il video prodotto ad altre classi della scuola) e valutazione, sono parti essenziali del processo di produzione (cf Luciano Di Mele, a cura di, Fare video a scuola, Erickson, Trento 2008). Durante la produzione gli alunni fanno esperienza anche dell’aspetto ludico e gioioso del lavoro con i media. Questo è un aspetto importante della media education.
  • 16. Il lavoro di produzione è oggi facilitato dalle nuove tecnologie che sono meno costose e di più facile utilizzazione. 4.Una conclusione aperta Ho presentato due temi centrali della media education: i concetti-chiave e i metodi. Molti altri aspetti sarebbero da approfondire. Li affido al vostro interesse e impegno personale. I libri e le esperienze non mancano. Neppure le persone che si occupano di media education nelle università e nelle scuole italiane. Mi auguro che la nostra associazione MED-Media education continui a suscitare interesse e “vocazioni”. Come ha scritto il compianto Cesare Scurati in occasione del decennale del MED: “si è fatto certamente molto: si sono organizzati corsi e convegni; si sono realizzate pubblicazioni; si sono stimolate e sostenute vocazioni di ricerca; si sono promossi cammini di affermazione personale” (“Intermed”, settembre 2006, editoriale). Personalmente ho sempre considerato la media education come una “mission” per la quale mi sono sentito chiamato e che ho condiviso con altri. La missione non è finita. Molto rimane da portare avanti, come il riconoscimento pubblico del media educator, la presenza organica della ME nel curricolo scolastico, la ricerca e la formazione nelle università, il coordinamento delle associazioni che si occupano di media education, ecc. Mi auguro che anche da questo incontro possano sorgere nuove “vocazioni” per la media education in Italia.
  • 17. Bibliografia per… incominciare Ceretti Filippo, Damiano Felini, Roberto Giannatelli, a cura di, Primi passi nella media education. Curricolo di educazione ai media nella scuola primaria, Edizioni Erickson, Trento 2006 Bonomi Castelli Angela, Di Tullio Maria Grazia, Alessia Rosa, I Media per crescere. Laboratori di comunicazione, (Prefazione di Roberto Giannatelli), Edizioni Paoline, Milano 2009 Buckingham David, Media education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea, Erickson, Trento 2006 Celot Paolo, José Manuel Pérez Tornero, Media Literacy in Europa. Leggere, scrivere e partecipare nell’era mediatica, Eurilink, Roma 2008 Felini Damiano, Pedagogia dei media. Questioni, percorsi, sviluppi, La Scuola, Brescia 2004 Giannatelli Roberto, Media education in: Lever Franco, Pier Cesare Rivoltella, Adriano Zanacchi (edd.), La comunicazione. Il dizionario di scienze e tecniche, Elledici-Rai Eri-LAS, Roma 2002 Giannatelli Roberto e Pier Cesare Rivoltella, a cura di, Teleduchiamo. Linee per un uso didattico della televisione, Elledici, Leumann (To) 1994; Id., Media educator. Nuovi scenari dell’educazione, nuove professionalità, Edizioni Iusob-Ucsi, Roma 2003 Masterman Len, A scuola di media, La Scuola, Brescia 1997 Morcellini Mario, La scuola della modernità. Per un manifesto della media education, FrancoAngeli, Milano 2004, Morcellini Mario e Pier Cesare Rivoltella, La sapienza di comunicare. Dieci anni di media education in Italia e in Europa, Erickson, Trento 2007 Rivoltella Pier Cesare, Media education. Modelli, esperienze, profilo disciplinare, Carocci, Roma 2001 Id., Screen generation. Gli adolescenti e le prospettive dell’educazione nell’età dei media digitali, Vita e Pensiero, Milano 2006 Tricarico Maria Franca, Insegnare i media. Didattica della comunicazione nei programmi scolastici, GS Editrice, Santhia 1999 Inoltre: • collana di Media Education presso le Edizioni Erickson di Trento (8 volumi) • la Rivista semestrale del MED: Media Education. Studi, ricerche, buone pratiche delle Edizioni Erickson (dal 2010) • il sito del MED: www.mediaeducationmed.it • la Newsletter mensile (viene inviata per posta elettronica ai soci e amici del MED). Riferimento: MED@unisal.it