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Anno pastorale 2011-2012
IV Convegno Ecclesiale Nazionale

«… La società in cui viviamo va compresa
nei suoi dinamismi e nei suoi
meccanismi, così come la cultura va
compresa nei suoi modelli di pensiero e di
comportamento, prestando anche
attenzione al modo in cui vengono
prodotti e modificati. Se ciò venisse
sottovalutato o perfino ignorato, la
testimonianza cristiana correrebbe il rischio
I modelli di pensiero
22 Ottobre: F. Nietzsche
19 Novembre: E. Severino
10 Dicembre: E. Scalfari
14 Gennaio: H. Küng
25 Febbraio: C.M. Martini
24 Marzo: E. Bianchi
21 Aprile: E. De Luca
19 Maggio: E. Hillesum
Emanuele Severino (1929 –
1. Emanuele prima di Severino
2. Il pensiero. Le strutture

3. Il pensiero. La forma autobiografica
4. Il Cristianesimo secondo Severino
5. Severino secondo il Cristianesimo

6. Il Cristianesimo dopo Severino
7. Da Emanuele a Federico Severino
1. Emanuele
prima di Severino
Gli affetti
Il fratello Giuseppe
Mio fratello Giuseppe aveva otto anni più
di me.
Studente alla Scuola Normale Superiore di
Pisa,studente di Filosofia, frequentava le
lezioni di Giovanni Gentile.
Il primo dei miei morti.
Sin da bambino avevo incominciato a
studiare il pianoforte. Mio fratello lo
suonava bene, ma a me piaceva soprattutto
improvvisare qualcosa di mio.
Crescendo, sono diventato un bambino
allegrissimo. Fino a quando mio fratello se
ne è andato.
Mi sembrava naturale proseguire il
cammino di mio fratello, ma non mi
sarebbe nemmeno dispiaciuto diventare
ingegnere o fisico.
Pensavo di più alla morte di mio fratello al fatto che avesse solo ventun anni, al
dolore che aveva scavato il volto di mia
madre e di mio padre - e alla musica, che a
quanto stava accadendo nel mondo.
Quando - avevo circa dodici anni - mio
fratello incominciò a parlarmi della
filosofia, mi sembrò di scorgere un cielo
nuovo. Era una percezione confusa, ma si
faceva strada.

La religione era diventata in me una specie
di scala per restare vicino a mio fratello:
non era il dolore del mondo a presentarmisi
come una scala per raggiungere Dio.
La moglie Esterina
Mio fratello - il primo dei miei morti. Dopo
di lui mio padre, e poi mia madre, e infine
la ferita più profonda, mia
moglie, Esterina.
Il suo nome non le piaceva. In casa la
chiamavano cosi. L'ho fatto sempre anch'io.
Ma il suo vero nome era Ester Violetta o
Estervioletta.
Violette: sua nonna materna era francese
e qualcosa di quella grazia femminile
d'Oltralpe mia moglie se l'è sempre portato
dietro.
Ci siamo conosciuti quando avevamo
sedicianni. Siamo stati insieme fino ai
nostri ottant'anni.
Insieme a tutti i miei morti - e insieme a
tutti i morti - mi aspetta.
Mi si lasci dire che era donna splendida. Anche
in età avanzata. «È una delle ragazze più belle di
Brescia» si diceva. Uscendo con me confermava
la sentenza che le belle donne non amano gli
uomini belli. Ed era di grande intelligenza.
Alla carriera universitaria preferì il nostro
matrimonio, i figli, la casa. Riteneva
inconciliabili le due cose. Come poi avrebbe
fatto mia figlia con la matematica.
Alla grazia franceseEsterina univa il
fascino di certe donne ebree.

Alla discussione della mia tesi di laurea
parteciparono i miei genitori ed Esterina
con i suoi.
Quando si laureò, Esterinavolle invece che
alla discussione della tesi ci fossi soltanto
io.
Se sono andato in giro, in Italia o
all'estero, è stato solo per fare una
vacanza insieme a Esterina, non per
partecipare ai convegni a cui ero stato
invitato o per tenere le conferenze che mi
erano state richieste.
Anche Esterina era stata abituata al
cattolicesimo, ma suo padre era un uomo
di cultura laica.
Da quando ci siamo sposati, Esterina ha
sempre scritto a macchina le mie cose. Fino
a quando mi sono deciso a usare il
computer, ma eravamo già sessantenni.
Nell'imminenza del parto, dove ora si trova
la libreria era stato disposto un lettino e lì
Esterina diede alla luce Federico. Io ero
pressappoco qui o accanto al lettino e la
levatrice mi teneva su di morale.

Mi sembrava di aver già esagerato con
l'esibizione di quanto pesi sulla mia
vecchiaiala mancanza di Esterina.
Ora aspetto che Esterina mi prenda ancora
una volta la mano e mi dica di guardare il
sole.
I maestri
Mi stava davanti un filosofo: don Zani.
Non doveva e non voleva infatti introdurrai
alla teologia, ma alla filosofia.
E non voleva che la filosofia si facesse
aiutare dalla fede.
Mi ha introdotto alla filosofia con la serietà
profonda di chi parla dell'essenziale, e lo sa
e vuol farlo capire all'interlocutore.
Intelligente e aperto, si è sempre tenuto in
disparte. Ha continuato a seguire il mio
cammino, facendomi pervenire il suo
compiacimento affettuosoper quanto
andavo scrivendo.
Bontadini pensava di riproporre il
discorso metafisicoche negli ultimi due
secoli era stato sempre più emarginato, e
soprattutto la metafisica classica. Per
Bontadini non si trattava di rilevare la
concordanza tra filosofia e cristianesimo
guardando alla filosofia patristica e
scolastica, ma valorizzandoinnanzitutto la
riflessione greca sul senso dell'essere. Era
in gioco il destino della filosofia e
dell'intera sua storia.
2. Il pensiero
Le strutture
Essenza del nichilismo
(1972)
La storia della filosofia occidentale è la
vicenda dell'alterazione e quindi della
dimenticanza del senso
dell'essere, inizialmente intravisto dal più
antico pensiero dei greci [Parmenide].
Parmenide
1. L'essere è uno;
2. L'essere è eterno;
3. L'essere è continuo;
4. L'essere è indivisibile e non
composto di parti;
5. L'essere è immobile;
6. L'essere non è soggetto a nascita o
corruzione.
E in questa vicenda la storia della
metafisica è il luogo ove l'alterazione e la
dimenticanza si fanno più difficili a
scoprirsi: proprio perché la metafisica si
propone esplicitamente di svelare
l'autentico senso dell'essere, e quindi
richiama ed esaurisce l'attenzione sulle
plausibilità con cui il senso alterato si
impone.
La storia della filosofia non è per questo
un seguito di insuccessi;
si deve dire piuttosto che gli sviluppi e le
conquiste più preziose del filosofare si
muovono all'interno di una comprensione
inautentica dell'essere.
La filosofia futura
(1989)
Tutto è eterno
significa che ogni momento della realtà è ossia non esce e non ritorna nel nulla;
significa che anche alle cose e alle vicende
più umili e impalpabili compete il trionfo
che si è soliti riservare a Dio.
Eterno
ogni nostro sentimento e pensiero,
ogni forma e sfumatura del mondo,

ogni gesto degli uomini.
E anche tutto ciò che appare in ogni
giorno e in ogni istante:
il primo fuoco acceso dall'uomo,
il pianto di Gesù appena nato,

l'oscillare della lampada davanti agli occhi
di Galileo,
Hiroshima viva ed il suo cadavere.
Eterni ogni speranza ed ogni istante del
mondo, con tutti i contenuti che stanno
nell'istante,
eterna la coscienza che vede le cose e la
loro eternità e vede la follia della
persuasione che le cose escano dal niente e
vi ritornino - la follia che domina il
mondo.
Eterna anche questa follia; e il suo esser
già da sempre oltrepassata nella verità e
nella gioia".
3. Il pensiero
La forma autobiografica
Le domande di Emanuele
e le risposte di Severino
Il primo ricordo?
Un bambino sui quattro anni seduto per
terra sotto il grande tavolo della cucina: una
metafora, ci indica il rimedio, il riparo, il
sotto in cui ogni «uomo» cerca di rifugiarsi
sin dal momento in cui si sente un
mortale, cioè sente che ogni momento e
ogni stato della sua esistenza se ne va via e
non ritorna.
Si cerca un riparo, quando si crede di essere
un luogo in cui le cose si intrattengono un
poco e subito diventano altro, si
trasformano e la trasformazione è
l'andarsene via delle vecchie cose
che, appunto, se ne vanno via e non tornano
più, per lasciare il posto alle nuove, che a
loro volta subiranno la stessa sorte.
In qualche modo, ho sempre trovato un
tavolo sotto cui stare, senza chieder niente a
nessuno. È per i miei morti, invece, che il
tavolo mi è mancato. Qui, nessuno è al
riparo. Ma chi sono «io» (e «tu» e «lui») a
cui è mancato il riparo?
Sono l'errante, l'errare di un certo esser
«uomo» - sono cioè la fede
che, errando, crede nel diventar altro delle
cose, nel loro andarsene via senza
ritornare, e che quindi ha bisogno di un
riparo in cui quelle amate possano essere
trattenute e protette.
È inevitabile che, da che nasce, l'uomo
avverta come prioritario l'andare alla
ricerca di un Rimedio, di un Riparo che gli
consenta di sopportare o addirittura di
vincere l'angoscia, la sofferenza, la morte.
Lo scopo essenziale, fondamentale di ogni
forma di civiltà e di cultura è il continuo
potenziamento del Riparo.
È la stessa atmosfera del cristiano
profondamente convinto, che crede di
potersi unire a Cristo e a Dio e vivere
all'interno del Riparo, in qualche modo
identificandovisi.
I nostri morti?
Mio fratello - il primo dei miei morti. Dopo
di lui mio padre, e poi mia madre, e infine
la ferita più profonda, mia moglie, Esterina.
Insieme a tutti i miei morti - e insieme a
tutti i morti - mi aspetta. I nostri morti ci
aspettano. Ora sono degli Dèi. Per ora
stanno fermi nella luce. Come le stelle fisse
del cielo.
Siamo destinati a una Gioia infinitamente
più intensa di quella che le religioni e le
sapienze di questo mondo promettono.
E’ necessario che quella luce risplenda e
illumini qualcosa di infinitamente più
alto di Dio. Non è chiesta: è il nostro
destino.
E non riposeremo «in pace». In pace
riposano i cadaveri. Lasciandosi alle spalle
il dolore e la morte, quella luce mostrerà
all'infinito una Gioia sempre più infinita.
Non c'è nessuno che non sia più.
Tutto è eterno.
È vero che ricordare è sognare; ma anche i
sogni e ciò che essi mostrano sono eterni.
Anche l'errare, la contraddizione, la stessa
follia del nichilismo sono eterni.
Eterno è tutto il contenuto dei nostri
ricordi, anche se grigio, dis-
L'essenza del nichilismo è pensare che le
cose vengono dal nulla e vi ritornano.
Questo pensiero implica che si creda che
gli esseri (ossia ciò che non è nulla) siano
nulla. E questa è l'impossibilità estrema.
Appunto per questo i nostri morti ci
attendono, come le stelle del cielo
attendono che passino la notte e la nostra
incapacità di vederle se non al buio.
Ciò che se ne va scompare per un poco.
I morti che se ne vanno scompaiono per un
tempo maggiore.
Ma poi, tutto ciò che è scomparso riappare.
Ogni cosa può dire: «Ancora un poco e non
mi vedrete; e un poco ancora e tornerete a
vedermi, perché vado al Padre»; «E
nessuno toglierà via da voi la vostra gioia».
Sono credente?
Certamente si! Tuttavia «credente» non
significa senz'altro chi ha fede nella
dottrina cristiana o cattolica, ma chi ha fede
- qualsiasi sia.
Chi crede qualcosa senza esitazioni nel suo
cuore non sa di crederlo: si consegna
completamente a ciò in cui crede e lo tratta
come qualcosa di indiscutibile.
Ma si illude.
Si crede - si ha fede - proprio perché non si
vede; e d'altra parte il credente è tale
proprio perché tratta l'invisibile come
visibile.
Il suo illudersi è un contraddirsi.

È un errare: ricordare è errare.
L'«uomo», in quanto «uomo», è un aver
fede. O anche volontà, e la volontà è fede;
non è una causa che, facendo diventar altro
le cose, riesca a ottenere che qualcosa
divenga e quindi sia altro da sé.
Io credo che esista un prossimo che
creda, come me, che il mondo esiste, con
tutte le cose che io credo che anche il mio
prossimo crede che esistano. E io credo che
le cose del mondo divengono altro.
Noi non siamo soltanto un esser «uomo»:
già da sempre siamo oltre l'uomo - in un
senso abissalmente diverso dal
«superuomo» di Nietzsche, che incarna la
forma suprema della volontà, cioè della
fede, cioè della Follia.
Ognuno di Noi è l'eterno apparire del
destino.

Ciò in cui credo è dunque il mio esser
«uomo» a crederlo e a ricordare i vari modi
in cui sono stato credente e lo sono tuttora.
Qual’è il tema centrale della
mia riflessione filosofica?
Che cos'è quella «verità
definitiva, incontrovertibile», di cui tutta
la filosofia degli ultimi due secoli afferma
la morte?
La morte delle sue forme storiche è la
morte di ogni senso possibile
dell'incontrovertibile?

E in che luogo ci si trova quando si mette in
questione il senso dell'incontrovertibile?
E l'incontrovertibile in che
consiste, finalmente?
È possibile indagare il suo senso senza
sapere quale sia il suo contenuto?

Il problema non è più soltanto il senso
dell'incontrovertibilità della metafisica, ma
dell'incontrovertibilità in quanto tale.
Che cos’è la verità
incontrovertibile?
La grande veglia è ciò che chiamo «destino
della necessità» o «destino della
verità», o, semplicemente, «destino».
La parola destino indica lo stare: lo stare
assolutamente incondizionato.
Il destino è l'apparire di ciò che non può
essere in alcun modo
negato, rimosso, abbattuto, ossia è
l'apparire della verità incontrovertibile; e
questo stesso apparire appartiene alla
dimensione dell'incontrovertibile.
Al di là di ciò che crede di essere, l'uomo è
l'apparire del destino.
Al centro di ciò che non può essere in alcun
modo negato sta l'impossibilità che un
qualsiasi essente sia stato un nulla e torni
ad esserlo.
Questa impossibilità è la necessità che
ogni essente sia eterno.
Nella sua essenza, ogni uomo è l'eterno
apparire del destino; e nel cerchio del
destino, in cui l'essenza dell'uomo
consiste, va via via apparendo la
manifestazione del mondo, cioè il grande
sogno che include anche questo esser uomo
che sono io e che sta scrivendo intorno ai
propri ricordi.
Come ogni altra, anche questa
autobiografia appartiene a quel sogno.
L'io del sogno è il narrante.
L'Io del destino guarda il narrante e la
narrazione.
Poi ci sarà il risveglio.
4. Il Cristianesimo secondo
Severino
4.1. La fede e la ragione
La teoria della Chiesa
La fede non può essere in contrasto con la
ragione.
La ragione è all'interno della fede, con la
funzione di seguire la signora
teologia, reggendo lo strascico.
La ragione proviene da Dio,
le verità di ragione provengono da Dio,
e il kerigma, cioè la rivelazione, proviene
da Dio:
due verità che hanno la stessa fonte non
possono essere in contraddizione tra di
loro.
Le domande di Severino
L'armonia di ragione e fede
L'armonia di ragione e fede
un’affermazione
L'armonia di ragione e fede
un’affermazione
di ragione
L'armonia di ragione e fede
un’affermazione
di ragione

di fede
L'armonia di ragione e fede
un’affermazione
di ragione

di fede

non si può escludere che emerga
l'incompatibilità tra ragione e fede: perché
la fede non è un'evidenza, non
garantisce.
L'armonia di ragione e fede
un’affermazione
di ragione

di fede

Se è una verità di ragione, allora la fede
perde quel carattere soprannaturale che essa
intende avere, e cioè il messaggio di Cristo
diventa filosofia.
Oggi la scienza di sé dice: "non sono una
verità voluta, sono un sapere ipotetico".
Oggi questo scontro non è più così
drammatico, perché si tratta dello scontro
tra due fedi.
Oggi (...) la Chiesa cattolica ammette di
aver avuto torto nei confronti di Galilei.
Una mossa sbagliata.
Il cardinal Bellarmino - il grande
avversario di Galilei, che gli consigliava di
esporre le sue teorie sotto forma di ipotesi
e non di verità assolute - possedeva una
coscienza critica del sapere scientifico
superiore non solo a quella del grande
scienziato, ma anche a quella della Chiesa
attuale.
4.2. La risurrezione di
Cristo
Sulle spalle della risurrezione di Gesù si è
voluto caricare un peso che essa non può
reggere.
... anche se l’ evento straordinario della
risurrezione di Gesù (e in generale dei
morti) si fosse realizzato (o si realizzasse)
per davvero, rimarrebbe ancora interamente
da spiegare perché il protagonista di tale
evento debba essere Dio: perché debba
essere Dio ciò che la conoscenza attuale
dell’ uomo non riesce a spiegare.
Si ammetta pure che la risurrezione di Gesù
sia «veramente» accaduta, cioè sia, come
vuole la teologia cattolica, una «verità
storica». Per il credente tale «verità» sarà
un «motivo» per aver fede nella divinità di
Gesù.
Non potrà tuttavia mai essere un motivo
così cogente da trasformare il contenuto
della sue fede in una verità
assolutamente innegabile.
5. Severino secondo il
Cristianesimo
Il mio discorso filosofico non prescinde
affatto dalla Chiesa e dal cristianesimo.
Anzi, le dirò di più: ho sempre rispettato
e sottolineato la serietà con cui la Chiesa
ha affrontato le mie posizioni
filosofiche, anche nel momento in cui è
avvenuto lo scontro, la frattura.
Io ho sempre espresso ammirazione per la
serietà con cui l'autorità ecclesiastica ha
esaminato le mie posizioni e mi ha
invitato a discuterle. Non condivido
affatto quindi chi mi ha ritenuto una
vittima. Anzi, per me è stata, anche quella
circostanza, un'esperienza culturale
interessantissima e feconda.
La Chiesa non è mai stata leggera con
me, e di questo la ringrazio.
Quanto ai teologi devo dire che sono
colpito dell'attenzione e del dialogo che
hanno avviato.
I membri della commissione che avrebbe
esaminato i miei scritti: Karl
Rahner, Cornelio Fabro, Johannes B.
Lotz(allievo di Heidegger e professore
alla PUG), e il sacerdote professor
Enrico Nicoletti: Paul Ricoeur scrisse la
prefazione di alcuni suoi libri, ma in uno
Nicoletti affermò di essersi convinto di
quanto aveva letto nei miei e non volle
più continuare ad essere sacerdote.
Il suo schema nella
ricezione teologica
La ragione naturale arriva fino alla
giustificazione razionale dell’atto di fede
senza bisogno (né possibilità) di occuparsi
dei suoi contenuti propri.
Le verità credute sono affermate
esclusivamente in base alla loro
appartenenza al dogma.
L’atto di fede è per sua natura opposto al
sapere perché si mantiene per sua natura
estraneo all’evidenza.
Il cuore della questione:
l’evidenza
Giovanni Paolo II
FidesetRatio
circa i rapporti tra fede e ragione

(14 settembre 1998)
Differenti stati della
filosofia, 76
La Rivelazione propone chiaramente
alcune verità che, pur non essendo
naturalmente inaccessibili alla
ragione, forse non sarebbero mai state da
essa scoperte, se fosse stata abbandonata a
se stessa.
Il concetto di un Dio personale (...) che
tanto rilievo ha avuto per lo sviluppo del
pensiero filosofico e, in particolare, per la
filosofia dell’essere.
La realtà del peccato (...) la quale aiuta a
impostare filosoficamente in modo
adeguato il problema del male.
La concezione della persona come essere
spirituale è una peculiare originalità della
fede (...) ha certamente influito sulla
riflessione filosofica che i moderni hanno
condotto.
6. Il Cristianesimo
dopo Severino
Immerso nell'alienazione, il cristianesimo è
come una casa invisibile di cui qualcuno
dice, indicando un gran banco di nebbia:
"Là c'è una casa".
Che cosa si riuscirebbe a vedere se la
nebbia (l'alienazione) diradasse?
Forse una casa.
Ma forse nulla.
Nel primo caso, il cristianesimo avrebbe
ancora qualcosa da dire, e di
grande, anche qualora fosse liberato dalla
nebbia dell'ontologia dell'Occidente;
nel secondo caso, con lo svanire della
nebbia dovrebbe ammutolire anche ogni
parola cristiana.
Questo problema rimane aperto.
Credo che sinché resta nella nebbia
dell'alienazione la casa del cristianesimo
sia inabitabile.
7. Da Emanuele a
Federico Severino
Federico [il figlio] ha una natura
profondamente religiosa, cristianamente
religiosa.
La sua scultura va dall'orrore dell'assoluta
assenza di Dio alla sua lacerante presenza e lui sa bene che ciò a cui si rivolgono i
miei scritti non ha nulla a che vedere né
con l'ateismo né con il suo contrario.
54a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di
Venezia
(4giugno - 27 novembre 2011)
Federico vive a modo suo il cristianesimo;
ma il Dio cristiano sarebbe più
compiaciuto del cristianesimo di
Federico che non di quello di tanti
sepolcri imbiancati.
La speranza non è ebetudine, ma fiorisce in
haclacrimarum valle, sì che l'arte non può
dimenticarselo.
... Ho già detto a suor Giusy che quando
toccherà a me, vorrò andare da loro per
morire come è morta mia moglie. Si è
detta d'accordo.

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Severino

  • 1. comunitàparrocchiale “S. Antoninomartire” Castelbuono I segnalisilenziosi eimoltepliciindizi In dialogo con imendicantidell’Assoluto Anno pastorale 2011-2012
  • 2. IV Convegno Ecclesiale Nazionale «… La società in cui viviamo va compresa nei suoi dinamismi e nei suoi meccanismi, così come la cultura va compresa nei suoi modelli di pensiero e di comportamento, prestando anche attenzione al modo in cui vengono prodotti e modificati. Se ciò venisse sottovalutato o perfino ignorato, la testimonianza cristiana correrebbe il rischio
  • 3. I modelli di pensiero
  • 4. 22 Ottobre: F. Nietzsche 19 Novembre: E. Severino 10 Dicembre: E. Scalfari 14 Gennaio: H. Küng 25 Febbraio: C.M. Martini 24 Marzo: E. Bianchi 21 Aprile: E. De Luca 19 Maggio: E. Hillesum
  • 5.
  • 6.
  • 8. 1. Emanuele prima di Severino 2. Il pensiero. Le strutture 3. Il pensiero. La forma autobiografica 4. Il Cristianesimo secondo Severino 5. Severino secondo il Cristianesimo 6. Il Cristianesimo dopo Severino 7. Da Emanuele a Federico Severino
  • 12. Mio fratello Giuseppe aveva otto anni più di me. Studente alla Scuola Normale Superiore di Pisa,studente di Filosofia, frequentava le lezioni di Giovanni Gentile. Il primo dei miei morti. Sin da bambino avevo incominciato a studiare il pianoforte. Mio fratello lo suonava bene, ma a me piaceva soprattutto improvvisare qualcosa di mio.
  • 13. Crescendo, sono diventato un bambino allegrissimo. Fino a quando mio fratello se ne è andato. Mi sembrava naturale proseguire il cammino di mio fratello, ma non mi sarebbe nemmeno dispiaciuto diventare ingegnere o fisico.
  • 14. Pensavo di più alla morte di mio fratello al fatto che avesse solo ventun anni, al dolore che aveva scavato il volto di mia madre e di mio padre - e alla musica, che a quanto stava accadendo nel mondo.
  • 15. Quando - avevo circa dodici anni - mio fratello incominciò a parlarmi della filosofia, mi sembrò di scorgere un cielo nuovo. Era una percezione confusa, ma si faceva strada. La religione era diventata in me una specie di scala per restare vicino a mio fratello: non era il dolore del mondo a presentarmisi come una scala per raggiungere Dio.
  • 17.
  • 18. Mio fratello - il primo dei miei morti. Dopo di lui mio padre, e poi mia madre, e infine la ferita più profonda, mia moglie, Esterina. Il suo nome non le piaceva. In casa la chiamavano cosi. L'ho fatto sempre anch'io. Ma il suo vero nome era Ester Violetta o Estervioletta.
  • 19. Violette: sua nonna materna era francese e qualcosa di quella grazia femminile d'Oltralpe mia moglie se l'è sempre portato dietro. Ci siamo conosciuti quando avevamo sedicianni. Siamo stati insieme fino ai nostri ottant'anni. Insieme a tutti i miei morti - e insieme a tutti i morti - mi aspetta.
  • 20. Mi si lasci dire che era donna splendida. Anche in età avanzata. «È una delle ragazze più belle di Brescia» si diceva. Uscendo con me confermava la sentenza che le belle donne non amano gli uomini belli. Ed era di grande intelligenza. Alla carriera universitaria preferì il nostro matrimonio, i figli, la casa. Riteneva inconciliabili le due cose. Come poi avrebbe fatto mia figlia con la matematica.
  • 21. Alla grazia franceseEsterina univa il fascino di certe donne ebree. Alla discussione della mia tesi di laurea parteciparono i miei genitori ed Esterina con i suoi. Quando si laureò, Esterinavolle invece che alla discussione della tesi ci fossi soltanto io.
  • 22. Se sono andato in giro, in Italia o all'estero, è stato solo per fare una vacanza insieme a Esterina, non per partecipare ai convegni a cui ero stato invitato o per tenere le conferenze che mi erano state richieste.
  • 23. Anche Esterina era stata abituata al cattolicesimo, ma suo padre era un uomo di cultura laica. Da quando ci siamo sposati, Esterina ha sempre scritto a macchina le mie cose. Fino a quando mi sono deciso a usare il computer, ma eravamo già sessantenni.
  • 24. Nell'imminenza del parto, dove ora si trova la libreria era stato disposto un lettino e lì Esterina diede alla luce Federico. Io ero pressappoco qui o accanto al lettino e la levatrice mi teneva su di morale. Mi sembrava di aver già esagerato con l'esibizione di quanto pesi sulla mia vecchiaiala mancanza di Esterina.
  • 25. Ora aspetto che Esterina mi prenda ancora una volta la mano e mi dica di guardare il sole.
  • 27. Mi stava davanti un filosofo: don Zani. Non doveva e non voleva infatti introdurrai alla teologia, ma alla filosofia. E non voleva che la filosofia si facesse aiutare dalla fede. Mi ha introdotto alla filosofia con la serietà profonda di chi parla dell'essenziale, e lo sa e vuol farlo capire all'interlocutore.
  • 28. Intelligente e aperto, si è sempre tenuto in disparte. Ha continuato a seguire il mio cammino, facendomi pervenire il suo compiacimento affettuosoper quanto andavo scrivendo.
  • 29.
  • 30. Bontadini pensava di riproporre il discorso metafisicoche negli ultimi due secoli era stato sempre più emarginato, e soprattutto la metafisica classica. Per Bontadini non si trattava di rilevare la concordanza tra filosofia e cristianesimo guardando alla filosofia patristica e scolastica, ma valorizzandoinnanzitutto la riflessione greca sul senso dell'essere. Era in gioco il destino della filosofia e dell'intera sua storia.
  • 31. 2. Il pensiero Le strutture
  • 33. La storia della filosofia occidentale è la vicenda dell'alterazione e quindi della dimenticanza del senso dell'essere, inizialmente intravisto dal più antico pensiero dei greci [Parmenide].
  • 34. Parmenide 1. L'essere è uno; 2. L'essere è eterno; 3. L'essere è continuo; 4. L'essere è indivisibile e non composto di parti; 5. L'essere è immobile; 6. L'essere non è soggetto a nascita o corruzione.
  • 35. E in questa vicenda la storia della metafisica è il luogo ove l'alterazione e la dimenticanza si fanno più difficili a scoprirsi: proprio perché la metafisica si propone esplicitamente di svelare l'autentico senso dell'essere, e quindi richiama ed esaurisce l'attenzione sulle plausibilità con cui il senso alterato si impone.
  • 36. La storia della filosofia non è per questo un seguito di insuccessi; si deve dire piuttosto che gli sviluppi e le conquiste più preziose del filosofare si muovono all'interno di una comprensione inautentica dell'essere.
  • 38. Tutto è eterno significa che ogni momento della realtà è ossia non esce e non ritorna nel nulla; significa che anche alle cose e alle vicende più umili e impalpabili compete il trionfo che si è soliti riservare a Dio.
  • 39. Eterno ogni nostro sentimento e pensiero, ogni forma e sfumatura del mondo, ogni gesto degli uomini.
  • 40. E anche tutto ciò che appare in ogni giorno e in ogni istante: il primo fuoco acceso dall'uomo, il pianto di Gesù appena nato, l'oscillare della lampada davanti agli occhi di Galileo, Hiroshima viva ed il suo cadavere.
  • 41. Eterni ogni speranza ed ogni istante del mondo, con tutti i contenuti che stanno nell'istante, eterna la coscienza che vede le cose e la loro eternità e vede la follia della persuasione che le cose escano dal niente e vi ritornino - la follia che domina il mondo.
  • 42. Eterna anche questa follia; e il suo esser già da sempre oltrepassata nella verità e nella gioia".
  • 43. 3. Il pensiero La forma autobiografica
  • 44.
  • 45. Le domande di Emanuele e le risposte di Severino
  • 46. Il primo ricordo? Un bambino sui quattro anni seduto per terra sotto il grande tavolo della cucina: una metafora, ci indica il rimedio, il riparo, il sotto in cui ogni «uomo» cerca di rifugiarsi sin dal momento in cui si sente un mortale, cioè sente che ogni momento e ogni stato della sua esistenza se ne va via e non ritorna.
  • 47. Si cerca un riparo, quando si crede di essere un luogo in cui le cose si intrattengono un poco e subito diventano altro, si trasformano e la trasformazione è l'andarsene via delle vecchie cose che, appunto, se ne vanno via e non tornano più, per lasciare il posto alle nuove, che a loro volta subiranno la stessa sorte.
  • 48. In qualche modo, ho sempre trovato un tavolo sotto cui stare, senza chieder niente a nessuno. È per i miei morti, invece, che il tavolo mi è mancato. Qui, nessuno è al riparo. Ma chi sono «io» (e «tu» e «lui») a cui è mancato il riparo?
  • 49. Sono l'errante, l'errare di un certo esser «uomo» - sono cioè la fede che, errando, crede nel diventar altro delle cose, nel loro andarsene via senza ritornare, e che quindi ha bisogno di un riparo in cui quelle amate possano essere trattenute e protette.
  • 50. È inevitabile che, da che nasce, l'uomo avverta come prioritario l'andare alla ricerca di un Rimedio, di un Riparo che gli consenta di sopportare o addirittura di vincere l'angoscia, la sofferenza, la morte.
  • 51. Lo scopo essenziale, fondamentale di ogni forma di civiltà e di cultura è il continuo potenziamento del Riparo. È la stessa atmosfera del cristiano profondamente convinto, che crede di potersi unire a Cristo e a Dio e vivere all'interno del Riparo, in qualche modo identificandovisi.
  • 52. I nostri morti? Mio fratello - il primo dei miei morti. Dopo di lui mio padre, e poi mia madre, e infine la ferita più profonda, mia moglie, Esterina. Insieme a tutti i miei morti - e insieme a tutti i morti - mi aspetta. I nostri morti ci aspettano. Ora sono degli Dèi. Per ora stanno fermi nella luce. Come le stelle fisse del cielo.
  • 53. Siamo destinati a una Gioia infinitamente più intensa di quella che le religioni e le sapienze di questo mondo promettono. E’ necessario che quella luce risplenda e illumini qualcosa di infinitamente più alto di Dio. Non è chiesta: è il nostro destino. E non riposeremo «in pace». In pace riposano i cadaveri. Lasciandosi alle spalle il dolore e la morte, quella luce mostrerà all'infinito una Gioia sempre più infinita.
  • 54. Non c'è nessuno che non sia più. Tutto è eterno. È vero che ricordare è sognare; ma anche i sogni e ciò che essi mostrano sono eterni. Anche l'errare, la contraddizione, la stessa follia del nichilismo sono eterni. Eterno è tutto il contenuto dei nostri ricordi, anche se grigio, dis-
  • 55. L'essenza del nichilismo è pensare che le cose vengono dal nulla e vi ritornano. Questo pensiero implica che si creda che gli esseri (ossia ciò che non è nulla) siano nulla. E questa è l'impossibilità estrema. Appunto per questo i nostri morti ci attendono, come le stelle del cielo attendono che passino la notte e la nostra incapacità di vederle se non al buio.
  • 56. Ciò che se ne va scompare per un poco. I morti che se ne vanno scompaiono per un tempo maggiore. Ma poi, tutto ciò che è scomparso riappare. Ogni cosa può dire: «Ancora un poco e non mi vedrete; e un poco ancora e tornerete a vedermi, perché vado al Padre»; «E nessuno toglierà via da voi la vostra gioia».
  • 57. Sono credente? Certamente si! Tuttavia «credente» non significa senz'altro chi ha fede nella dottrina cristiana o cattolica, ma chi ha fede - qualsiasi sia.
  • 58. Chi crede qualcosa senza esitazioni nel suo cuore non sa di crederlo: si consegna completamente a ciò in cui crede e lo tratta come qualcosa di indiscutibile. Ma si illude.
  • 59. Si crede - si ha fede - proprio perché non si vede; e d'altra parte il credente è tale proprio perché tratta l'invisibile come visibile. Il suo illudersi è un contraddirsi. È un errare: ricordare è errare.
  • 60. L'«uomo», in quanto «uomo», è un aver fede. O anche volontà, e la volontà è fede; non è una causa che, facendo diventar altro le cose, riesca a ottenere che qualcosa divenga e quindi sia altro da sé.
  • 61. Io credo che esista un prossimo che creda, come me, che il mondo esiste, con tutte le cose che io credo che anche il mio prossimo crede che esistano. E io credo che le cose del mondo divengono altro.
  • 62. Noi non siamo soltanto un esser «uomo»: già da sempre siamo oltre l'uomo - in un senso abissalmente diverso dal «superuomo» di Nietzsche, che incarna la forma suprema della volontà, cioè della fede, cioè della Follia.
  • 63. Ognuno di Noi è l'eterno apparire del destino. Ciò in cui credo è dunque il mio esser «uomo» a crederlo e a ricordare i vari modi in cui sono stato credente e lo sono tuttora.
  • 64. Qual’è il tema centrale della mia riflessione filosofica?
  • 65. Che cos'è quella «verità definitiva, incontrovertibile», di cui tutta la filosofia degli ultimi due secoli afferma la morte? La morte delle sue forme storiche è la morte di ogni senso possibile dell'incontrovertibile? E in che luogo ci si trova quando si mette in questione il senso dell'incontrovertibile?
  • 66. E l'incontrovertibile in che consiste, finalmente? È possibile indagare il suo senso senza sapere quale sia il suo contenuto? Il problema non è più soltanto il senso dell'incontrovertibilità della metafisica, ma dell'incontrovertibilità in quanto tale.
  • 67. Che cos’è la verità incontrovertibile?
  • 68. La grande veglia è ciò che chiamo «destino della necessità» o «destino della verità», o, semplicemente, «destino». La parola destino indica lo stare: lo stare assolutamente incondizionato.
  • 69. Il destino è l'apparire di ciò che non può essere in alcun modo negato, rimosso, abbattuto, ossia è l'apparire della verità incontrovertibile; e questo stesso apparire appartiene alla dimensione dell'incontrovertibile. Al di là di ciò che crede di essere, l'uomo è l'apparire del destino.
  • 70. Al centro di ciò che non può essere in alcun modo negato sta l'impossibilità che un qualsiasi essente sia stato un nulla e torni ad esserlo. Questa impossibilità è la necessità che ogni essente sia eterno.
  • 71. Nella sua essenza, ogni uomo è l'eterno apparire del destino; e nel cerchio del destino, in cui l'essenza dell'uomo consiste, va via via apparendo la manifestazione del mondo, cioè il grande sogno che include anche questo esser uomo che sono io e che sta scrivendo intorno ai propri ricordi.
  • 72. Come ogni altra, anche questa autobiografia appartiene a quel sogno. L'io del sogno è il narrante. L'Io del destino guarda il narrante e la narrazione. Poi ci sarà il risveglio.
  • 73. 4. Il Cristianesimo secondo Severino
  • 74. 4.1. La fede e la ragione
  • 75. La teoria della Chiesa La fede non può essere in contrasto con la ragione. La ragione è all'interno della fede, con la funzione di seguire la signora teologia, reggendo lo strascico.
  • 76. La ragione proviene da Dio, le verità di ragione provengono da Dio, e il kerigma, cioè la rivelazione, proviene da Dio: due verità che hanno la stessa fonte non possono essere in contraddizione tra di loro.
  • 77. Le domande di Severino
  • 79. L'armonia di ragione e fede un’affermazione
  • 80. L'armonia di ragione e fede un’affermazione di ragione
  • 81. L'armonia di ragione e fede un’affermazione di ragione di fede
  • 82. L'armonia di ragione e fede un’affermazione di ragione di fede non si può escludere che emerga l'incompatibilità tra ragione e fede: perché la fede non è un'evidenza, non garantisce.
  • 83. L'armonia di ragione e fede un’affermazione di ragione di fede Se è una verità di ragione, allora la fede perde quel carattere soprannaturale che essa intende avere, e cioè il messaggio di Cristo diventa filosofia.
  • 84. Oggi la scienza di sé dice: "non sono una verità voluta, sono un sapere ipotetico". Oggi questo scontro non è più così drammatico, perché si tratta dello scontro tra due fedi.
  • 85. Oggi (...) la Chiesa cattolica ammette di aver avuto torto nei confronti di Galilei. Una mossa sbagliata. Il cardinal Bellarmino - il grande avversario di Galilei, che gli consigliava di esporre le sue teorie sotto forma di ipotesi e non di verità assolute - possedeva una coscienza critica del sapere scientifico superiore non solo a quella del grande scienziato, ma anche a quella della Chiesa attuale.
  • 86. 4.2. La risurrezione di Cristo
  • 87. Sulle spalle della risurrezione di Gesù si è voluto caricare un peso che essa non può reggere.
  • 88. ... anche se l’ evento straordinario della risurrezione di Gesù (e in generale dei morti) si fosse realizzato (o si realizzasse) per davvero, rimarrebbe ancora interamente da spiegare perché il protagonista di tale evento debba essere Dio: perché debba essere Dio ciò che la conoscenza attuale dell’ uomo non riesce a spiegare.
  • 89. Si ammetta pure che la risurrezione di Gesù sia «veramente» accaduta, cioè sia, come vuole la teologia cattolica, una «verità storica». Per il credente tale «verità» sarà un «motivo» per aver fede nella divinità di Gesù. Non potrà tuttavia mai essere un motivo così cogente da trasformare il contenuto della sue fede in una verità assolutamente innegabile.
  • 90. 5. Severino secondo il Cristianesimo
  • 91. Il mio discorso filosofico non prescinde affatto dalla Chiesa e dal cristianesimo. Anzi, le dirò di più: ho sempre rispettato e sottolineato la serietà con cui la Chiesa ha affrontato le mie posizioni filosofiche, anche nel momento in cui è avvenuto lo scontro, la frattura.
  • 92. Io ho sempre espresso ammirazione per la serietà con cui l'autorità ecclesiastica ha esaminato le mie posizioni e mi ha invitato a discuterle. Non condivido affatto quindi chi mi ha ritenuto una vittima. Anzi, per me è stata, anche quella circostanza, un'esperienza culturale interessantissima e feconda.
  • 93. La Chiesa non è mai stata leggera con me, e di questo la ringrazio. Quanto ai teologi devo dire che sono colpito dell'attenzione e del dialogo che hanno avviato.
  • 94. I membri della commissione che avrebbe esaminato i miei scritti: Karl Rahner, Cornelio Fabro, Johannes B. Lotz(allievo di Heidegger e professore alla PUG), e il sacerdote professor Enrico Nicoletti: Paul Ricoeur scrisse la prefazione di alcuni suoi libri, ma in uno Nicoletti affermò di essersi convinto di quanto aveva letto nei miei e non volle più continuare ad essere sacerdote.
  • 95. Il suo schema nella ricezione teologica
  • 96. La ragione naturale arriva fino alla giustificazione razionale dell’atto di fede senza bisogno (né possibilità) di occuparsi dei suoi contenuti propri.
  • 97. Le verità credute sono affermate esclusivamente in base alla loro appartenenza al dogma.
  • 98. L’atto di fede è per sua natura opposto al sapere perché si mantiene per sua natura estraneo all’evidenza.
  • 99. Il cuore della questione: l’evidenza
  • 100. Giovanni Paolo II FidesetRatio circa i rapporti tra fede e ragione (14 settembre 1998)
  • 102. La Rivelazione propone chiaramente alcune verità che, pur non essendo naturalmente inaccessibili alla ragione, forse non sarebbero mai state da essa scoperte, se fosse stata abbandonata a se stessa.
  • 103. Il concetto di un Dio personale (...) che tanto rilievo ha avuto per lo sviluppo del pensiero filosofico e, in particolare, per la filosofia dell’essere.
  • 104. La realtà del peccato (...) la quale aiuta a impostare filosoficamente in modo adeguato il problema del male.
  • 105. La concezione della persona come essere spirituale è una peculiare originalità della fede (...) ha certamente influito sulla riflessione filosofica che i moderni hanno condotto.
  • 107. Immerso nell'alienazione, il cristianesimo è come una casa invisibile di cui qualcuno dice, indicando un gran banco di nebbia: "Là c'è una casa".
  • 108. Che cosa si riuscirebbe a vedere se la nebbia (l'alienazione) diradasse? Forse una casa. Ma forse nulla.
  • 109. Nel primo caso, il cristianesimo avrebbe ancora qualcosa da dire, e di grande, anche qualora fosse liberato dalla nebbia dell'ontologia dell'Occidente;
  • 110. nel secondo caso, con lo svanire della nebbia dovrebbe ammutolire anche ogni parola cristiana. Questo problema rimane aperto. Credo che sinché resta nella nebbia dell'alienazione la casa del cristianesimo sia inabitabile.
  • 111. 7. Da Emanuele a Federico Severino
  • 112. Federico [il figlio] ha una natura profondamente religiosa, cristianamente religiosa. La sua scultura va dall'orrore dell'assoluta assenza di Dio alla sua lacerante presenza e lui sa bene che ciò a cui si rivolgono i miei scritti non ha nulla a che vedere né con l'ateismo né con il suo contrario.
  • 113. 54a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia (4giugno - 27 novembre 2011)
  • 114. Federico vive a modo suo il cristianesimo; ma il Dio cristiano sarebbe più compiaciuto del cristianesimo di Federico che non di quello di tanti sepolcri imbiancati. La speranza non è ebetudine, ma fiorisce in haclacrimarum valle, sì che l'arte non può dimenticarselo.
  • 115. ... Ho già detto a suor Giusy che quando toccherà a me, vorrò andare da loro per morire come è morta mia moglie. Si è detta d'accordo.