Cardinal Bertone al Salone di Torino: Offerta cristiana alla società contempo...
Card. prefetto congresso assisi 2012
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CMIS – CONFERENCE MONDIALE DES INSTITUTS SECULIERS
CONGRESSO E ASSEMBLEA GENERALE
ASSISI – 23-28 luglio 2012
(Domus Pacis – Santa Maria degli Angeli, Assisi – Italia)
IN ASCOLTO DI DIO ‘NEI SOLCHI DELLA STORIA’:
LA SECOLARITA PARLA ALLA CONSACRAZIONE
GLI ISTITUTI SECOLARI E LA COMUNIONE ECCLESIALE
Joao Braz Cardinale DE AVIZ
Prefetto della CIVCSVA
Carissime Consacrate laiche eConsacrati laici e sacerdoti degli Istituti secolari,
sono felice di essere qui tra voi all’inizio di queste giornate così dense di attese. Giornate che vi vedono impegnati prima
nel Congresso, un luogo di ascolto, di confronto e di elaborazione e poi nell’Assemblea. Un appuntamento
particolarmente importante quest’anno, nel quale approverete i nuovi Statuti. Il mio augurio a questo proposito è che
affondare lo sguardo nelle norme che regolano il vostro percorso comune per delinearne le forme, vi aiuti a vivere in
pienezza la comunione, non per annullare le differenze, ma per camminare insieme, ciascuno con il proprio passo,
dentro lo stesso solco: quello della secolarità consacrata. Solo a questo prezzo, perché certo si tratta di un percorso
complesso, potranno nascere frutti di bene.
La mia presenza è espressione di quella comunione che lega la Conferenza mondiale degli Istituti secolari al Santo
Padre attraverso la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Si tratta di quel Sentire
cum Ecclesia al quale l’Esortazione Apostolica Vita Consecrata ha dedicato il numero 46 del quale rileggo con voi le
prime parole: “Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione,
con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di
comunione e di praticarne la spiritualità, come «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice
della storia dell'uomo secondo Dio». Il senso della comunione ecclesiale, sviluppandosi in spiritualità di comunione,
promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di
comunione, infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo
la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione genera comunione e si configura
essenzialmente come comunione missionaria».
Riprendo qui le parole del Santo Padre Benedetto XVI rivolte alla Signorina Ewa Kusz, presidente del Consiglio
esecutivo, inviate attraverso il Secretario di Stato +Tarcisio Cardinale Bertone, appena lette:
“I lavori che vi accingete a svolgere si soffermano poi sullo specifico della consacrazione secolare, alla ricerca di come la
secolarità parli alla consacrazione, di come nelle vostre vite i tratti caratteristici di Gesù – vergine, povero ed obbediente
– acquistino una tipica e permanente “visibilità” in mezzo al mondo (cfr Esort. ap. Vita consacrata, 1). Sua Santità
desidera indicare tre ambiti su cui puntare la vostra attenzione.
In primo luogo, la donazione totale della vostra vita come risposta a un incontro personale e vitale con l‟amore di Dio.
Voi che avete scoperto che Dio è tutto per voi, avete deciso di dare tutto a Dio e di farlo in un modo peculiare: restando
laici tra i laici, presbiteri tra i presbiteri. Ciò richiede una particolare vigilanza perché i vostri stili di vita manifestino la
ricchezza, la bellezza e la radicalità dei consigli evangelici.
In secondo luogo, la vita spirituale. Punto fermo e irrinunciabile, riferimento certo per alimentare quel desiderio di fare
unità in Cristo che è tensione di tutta l‟esistenza di ogni cristiano e tanto più di chi risponde a una chiamata totale di
dono di sé. Misura della profondità della vostra vita spirituale non sono le tante attività, che pure richiedono il vostro
impegno, ma piuttosto la capacità di cercare Dio nel cuore di ogni avvenimento e di riportare a Cristo ogni cosa. E‟ il
“ricapitolare” in Cristo tutte le cose, di cui parla l‟apostolo Paolo (cfr Ef 1,10). Solo in Cristo, Signore della storia, tutta la
storia e tutte le storie trovano senso e unità.
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Nella preghiera, dunque, e nell‟ascolto della Parola di Dio si alimenti quest‟anelito. Nella celebrazione eucaristica
ritrovate le radici del farvi pane d‟Amore spezzato per gli uomini. Nella contemplazione, nello sguardo di fede illuminato
dalla grazia, si radichi l‟impegno a condividere con ogni uomo e ogni donna le domande profonde che abitano ciascuno,
per costruire speranza e fiducia.
In terzo luogo, la formazione, che non trascura nessuna età anagrafica, perché si tratta di vivere la propria vita in
pienezza educandosi a quella saggezza che è consapevole sempre della creaturalità umana e dalla grandezza del
Creatore. Ricercate contenuti e modalità di una formazione che vi renda laici e presbiteri capaci di lasciarsi interrogare
dalla complessità che il mondo oggi attraversa, di restare aperti alle sollecitazioni provenienti dalla relazione con i fratelli
che incontrate sulle vostre strade, di impegnarvi in un discernimento della storia alla luce della Parola di Vita. Siate
disponibili a costruire, insieme a tutti i cercatori della verità, percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate e
senza paura delle domande che restano tali, ma pronti sempre a mettere in gioco la vostra vita, nella certezza che il
chicco di grano, caduto nella terra, se muore porta molto frutto (cfr Gv 12,24). Siate creativi, perché lo Spirito costruisce
novità; alimentate sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo Signore, per saper dire anche al nostro tempo
l‟esperienza d‟amore che sta a fondamento della vita di ogni uomo. Abbracciate con carità le ferite del mondo e della
Chiesa. Soprattutto vivete una vita gioiosa e piena, accogliente e capace di perdono, perché fondata su Gesù Cristo,
Parola definitiva di Amore per l‟uomo” (Segreteria di Stato, Lettera del 18.09.2012, n. 201.643).
E’ proprio sulla comunione ecclesiale che vorrei soffermarmi oggi con voi. Non per togliere importanza alla specifica
tematica del vostro Congresso, sulla quale avrete modo di riflettere in questi giorni, ma quasi come contesto, come
orizzonte di senso, in cui inserire le vostre riflessioni.
La vostra vocazione non ha significato se non partendo dal suo radicamento nella Chiesa, perché la vostra missione è
missione della Chiesa. Nella preghiera sacerdotale contenuta nel Vangelo di Giovanni, l’intensità della relazione tra
Padre e Figlio fa tutt’uno con la forza della missione d’amore. È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa
diventa segno e strumento capace di creare comunione con Dio e fra gli uomini (cf Lumen Gentium 1).
Per questo già Paolo VI vi esortava:“Non vi lasciate mai sorprendere, neppure sfiorare dalla tentazione oggi troppo
facile, che sia possibile un'autentica comunione con Cristo senza una reale armonia con la comunità ecclesiale retta dai
legittimi pastori. Sarebbe ingannevole e illusorio. Che cosa potrebbe contare un singolo o un gruppo, pur nelle intenzioni
soggettivamente più alte e perfette, senza questa comunione? Cristo ce l'ha chiesta come garanzia per ammetterci alla
comunione con Lui, allo stesso modo che ci ha chiesto di amare il prossimo come documentazione del nostro amore per
Lui” (Paolo VI, Allocuzione „Ancora una volta‟ ai Superiori degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972).
E ancor più accoratamente Benedetto XVI vi ripeteva: “La Chiesa ha bisogno anche di voi per dare completezza alla
sua missione …Siate seme di santità gettato a piene mani nei solchi della storia”. Non c’é comunione che non apra
continuamente alla missione, né missione che non germogli dalla comunione.I due aspetti toccano il cuore vivo e
palpitante di tutta la Chiesa, permettendole una nuova lettura della realtà, una ricerca di significato e magari anche di
soluzioni che vogliono essere risposta certo parziale ma di un cuore sempre più autenticamente evangelico.
Un’altra considerazione mi spinge nella scelta di questo tema ed è la seguente: una delle prime preoccupazioni che mi
sono state presentate come Prefetto negli incontri con gli Istituti secolari è stata “nella Chiesa siamo poco conosciuti o
conosciuti male”.
Il legame profondo che c’è tra conoscenza e comunione mi sembra fondamentale in un duplice senso. Solo attraverso la
conoscenza, che significa ascolto, attenzione, sintonia di cuore, può nascere la comunione che a sua volta, proprio
perché va alla radice dell’essenziale e dilata la capacità di incontro, genera autentica conoscenza.
Ecco perché, omettendo ora il pensare alla comunione all’interno di ogni Istituto (argomento che meriterebbe una
riflessione a parte) mi soffermo su alcuni spunti riferiti alla comunione ecclesiale. Lo faccio partendo da quel Documento
che la Sacra Congregazione dei Religiosi e gli Istituti Secolari inviò alle Conferenze Episcopali dopo la riunione Plenaria
tenutasi nel mese di maggio del 1983.
Ripercorrendo le origini di questa vocazione ho potuto constatare come da subito, nella nuova forma riconosciuta
giuridicamente con la Costituzione Apostolica Provida Mater, sono confluite realtà profondamente diverse tra loro,
soprattutto a motivo della differente finalità apostolica. Sono stati proprio i Convegni organizzati da quella che sarebbe
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diventata poi la Conferenza Mondiale degli Istituti secolari che hanno permesso una conoscenza vicendevole – leggo
nel suddetto documento – che ha portato gli Istituti ad accettare la diversità (il cosiddetto pluralismo), ma con l‟esigenza
di chiarire i limiti di questa stessa diversità ( Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Gli Istituti secolari: la loro
identità e la loro missione, 3-6 maggio 1983 n. 4).
Mi sembra questo un punto fondamentale. Quest’opera di accoglienza reciproca credo sia ancora in atto e non bisogna
perdere di vista l’importanza di mantenere desta la tensione ad approfondire questo percorso. Come anche continua il
cammino di comprensione di quelli che il documento, lo abbiamo appena sentito, definisce i limiti di questa diversità.
Limiti, o anche confini, che hanno radice tanto nell’essenza dello Spirito che sempre rinnova la terra con doni nuovi,
quanto nel momento che la Chiesa sta vivendo. E’ un contesto quello attuale nel quale, nella prospettiva anche
dell’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI nei 50 anni del Concilio Vaticano II, popolo di Dio, consacrati, presbiteri,
ma anche pastoralisti, canonisti, tutti sono chiamati a collaborare per costruire insieme percorsi nuovi di
evangelizzazione e di compagnia all’uomo del nostro tempo.
Comprendete bene che un simile discernimento richiede da voi un atteggiamento fondamentale: quello di non avere la
pretesa di conoscere la vera (e quindi unica) identità di un Istituto secolare. Occorre invece una disponibilità di fondo che
vi permetta di scoprire come l’altro declini, nella propria spiritualità, con la propria missione e modalità di vita, la sintesi
tra consacrazione e secolarità; come nei diversi ambiti sociali culturali ed ecclesiali sia possibile manifestare, pur se in
modo differente, l’originalità e l’unicità della vostra vocazione.
Solo attraverso questa dinamica di ascolto e accoglienza, che richiede un sapiente discernimento, vi troverete tutti più
ricchi perché potrete sperimentare la grandezza di Dio, che, per manifestare il suo grande amore al mondo, non si fa
chiudere nei nostri piccoli percorsi, ma sa suscitare risposte che a noi possono sembrare anche stravaganti, ma che
certo hanno qualcosa da dire e da dare alla vita di ciascuno. Partendo dunque da quello che vi accomuna potrete
confrontarvi non solo sulle diversità, ma anche sulle sfide sempre nuove che il mondo pone in modo particolare a voi,
chiamati a spendere la vostra vita in una “terra di confine”. Di fronte a problematiche nuove siete sollecitati a cercare
nuovi percorsi che dicono l’attualità della vostra missione, sempre pronti a rimetterli in discussione, nel confronto,
quando i tempi e i luoghi richiedono nuove elaborazioni.
Mi viene da pensare a una delle domande che mi sono state rivolte nel mio incontro con la Conferenza Polacca degli
Istituti Secolari che si è tenuto nel mese di novembre del 2011. Mi è stata chiesta una riflessione circa la necessità che il
membro di un istituto secolare mantenga la discrezione sulla propria vocazione. Più che una risposta è seguito un invito
ai singoli Istituti a confrontarsi, al loro interno e tra loro, sulle motivazioni di una simile discrezione, a chiedersi: “Perché
se ne è sentito il bisogno? Cosa vuol dire alla Chiesa e al Mondo?”. Le risposte possono essere diverse per ogni istituto,
per ogni nazione e per ogni epoca storica, ma per verificare l’attualità e l’efficacia di uno strumento occorre partire
sempre dal fondamento, dal valore che vuole realizzare ed esprimere.
Ecco questo credo sia un possibile metodo per attivare quella conoscenza che può portare alla comunione e che
scaturisce dalla comunione.
Dunque, ascoltarsi reciprocamente, senza precomprensioni, sia all’interno dei singoli istituti che nei luoghi propri di
confronto, per raggiungere una meta che, lo sapete benissimo, è solo una tappa nel cammino dello Spirito!
Sappiate che in quest’opera non siete soli: la Chiesa, attraverso la parole dei Pontefici e il servizio della Congregazione
che rappresento, vi accompagna.
E qui vi propongo un altro aspetto che è quello di una comunione con la Chiesa locale. Anche qui riprendo le parole del
Beato Giovanni Paolo II a conclusione della Plenaria sopra citata: “Se ci sarà uno sviluppo e un rafforzamento degli
Istituti Secolari, anche le Chiese locali ne trarranno vantaggio”.
Segue un duplice invito rivolto agli Istituti e ai Pastori: Pur nel rispetto delle loro caratteristiche, gli Istituti Secolari devono
comprendere e assumere le urgenze pastorali delle Chiese particolari, e confermare i loro membri a vivere con attenta
partecipazione le speranze e le fatiche, i progetti e le inquietudini, le ricchezze spirituali e i limiti, in una parola: la
comunione della loro Chiesa concreta.
E ancora, deve essere una sollecitudine dei Pastori riconoscere e richiedere il loro apporto secondo la natura loro
propria. In particolare, incombe ai Pastori un’altra responsabilità: quella di offrire agli Istituti Secolari tutta la ricchezza
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dottrinale, di cui hanno bisogno. Essi vogliono far parte del mondo e nobilitare le realtà temporali ordinandole ed
elevandole perché tutto tenda a Cristo come a un capo (cfr. Ef l, l0). Perciò, si dia a questi Istituti tutta la ricchezza della
dottrina cattolica sulla creazione, l'incarnazione e la redenzione, affinché possano fare propri i disegni sapienti e
misteriosi di Dio sull'uomo, sulla storia e sul mondo.
Oggi la domanda di verifica è d’obbligo: a che punto è questo percorso?
Naturalmente in questo luogo mi rivolgo a voi, sollecitando una riflessione sul cammino fatto da parte vostra. Ma è una
domanda rivolta anche ai Pastori invitati a favorire tra i fedeli una comprensione non approssimativa o accomodante, ma
esatta e rispettosa delle caratteristiche qualificanti …di questa difficile, ma bella vocazione. (sono sempre parole rivolte
dal Beato Giovanni Paolo II alla Plenaria)
La comunione di cui parliamo, non lo dimentichiamo mai, è un dono dello Spirito Santo, crea unità nell’amore e nella
reciproca accettazione delle diversità. Prima di traduzioni concrete a livello comunicativo e strutturale, essa richiede un
cammino spirituale senza il quale – ribadiva chiaramente il Beato Giovanni Paolo II – non ci facciamo illusioni, a ben
poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione
più che sue vie di espressione e di crescita. (Novo millennio ineunte, n. 43).
Ciascuno di voi si senta interpellato, come singolo, come Istituto e come Conferenza, a individuare strumenti e modalità
che possano far sì che l’ideale di una piena comunione ecclesiale prospettata in tanti documenti della Chiesa, diventi
comunione reale dentro la storia.
Anche qui prioritario è un atteggiamento di fondo: non cedete mai alla tentazione della rinuncia. A volte può accadere
che i vostri tentativi non portino frutto e il cammino non proceda: anche in questo caso, non abbandonate la meta! Non
fermatevi dinanzi agli insuccessi, ma da questi traete nuova forza per attivare la creatività; sappiate passare dal
risentimento alla disponibilità, dalla diffidenza all'accoglienza. Portate le ferite alla comunione ecclesiale nella preghiera,
leggete con verità le vostre responsabilità, non lasciate nulla d'intentato e nel discernimento riprendete il faticoso
cammino verso la comunione.
Nel mese di marzo di quest’anno in Congregazione abbiamo avuto un incontro tra i Superiori e il Consiglio della CMIS
nel quale il Consiglio ha presentato alcuni argomenti da affrontare insieme riguardanti tre tematiche così suddivise: La
conoscenza reciproca; I Criteri di discernimento dell’identità degli Istituti secolari; Il ruolo della CMIS.
Come Dicastero abbiamo accolto molto volentieri la proposta indicando una possibile modalità di attuazione: che sia
questa Assemblea a individuare il primo aspetto su cui avviare una riflessione comune; ad indicare gli interlocutori con il
Dicastero, e soprattutto a stabilire in quale modalità tutti gli Istituti possano partecipare alla riflessione. Un esempio di
comunione ecclesiale che stiamo costruendo!
Rivolgo infine a tutti voi un ulteriore invito: siate promotori di comunione con le altre espressioni di vita consacrata e le
altre realtà ecclesiali che condividono con voi alcuni aspetti della vostra identità o missione. Penso alle altre forme di vita
consacrata con le quali siete accomunati dalla consacrazione per la professione dei consigli evangelici in senso
canonico. Penso a quelle associazioni e ai movimenti con i quali siete accomunati per una presenza evangelica nel
mondo, pur conservando una missione e uno stile di vita profondamente differenti. E’ una proposta che potrebbe
sembrarvi audace, ma che è suggerita dalla vostra stessa vocazione che vi porta a sperimentare già all’interno degli
Istituti la ricchezza della diversità, e che fa del vostro vivere un laboratorio di dialogo. Disponetevi a conoscere queste
realtà e soprattutto a lasciarvi conoscere da esse: non avete nulla da cui difendervi, avete solo da mostrare la bellezza
della vostra vocazione che insieme a quelle di tanti altri fratelli e sorelle, è espressione della ricchezza e della vivacità
del’Amore trinitario. Quell’Amore sorprendete e creativo, che supera la nostra capacità di immaginazione, e che fa della
Chiesa un magnifico giardino dove la moltitudine di fiori e piante consente a ogni uomo di trovare e di sperimentare,
nella varietà dei profumi e dei colori, la profondità e la gioia di una vita piena e buona.
NB.: Ringrazio la collaborazione della Dottoressa Daniela Leggio, officiale della CICSVA per la ricerca elaborata intorno
ai documenti sugli Istituti secolari.