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LA BIBBIA
GENESI
LA CREAZIONE
Capitoli 1-2
La BIBBIA narra la storia
dell’amicizia tra Dio e l’uomo.
Dio sceglie di rivelarsi,
di manifestare il suo amore
attraverso la PAROLA.
La parola di Dio è l’espressione
di una potenza
che continuamente crea.
il Salmo 119, un inno alla
Rivelazione divina, così descrive la
parola di Dio:
“è stabile come il cielo”;
“nel rivelarsi illumina”;
“è dolce al palato”.
Questa Rivelazione, non è avvenuta una volta e per sempre, ma Dio si comunica
gradualmente all’uomo.
Con una particolare pedagogia divina lo prepara per tappe a ricevere la Rivelazione
che Egli fa di Se stesso e che culmina nella Persona e nella missione del Verbo
incarnato, Gesù Cristo.
QUANDO è STATA SCRITTA LA BIBBIA?
Ogni tradizione religiosa vive in genere due forme intrecciate tra loro: una
trasmissione orale, spontanea, e una successiva codificazione scritta.
Anche il Popolo d’Israele prima ha vissuto una Storia (Esodo), poi ha cominciato a
trasmetterne il ricordo di padre in figlio (tradizione orale) e infine ha anche fissato
tale storia in una memoria scritta.
E’ nata così la Bibbia, ma
essa non è stata scritta tutta nello
stesso periodo di tempo:
il Libro più antico (forse quello del
Profeta Amos) è del 750 a.C.,
l’ultimo è l’Apocalisse di S.
Giovanni, composta circa nell’anno
100 d.C.
La redazione dei vari Libri biblici, si
scagliona tra queste due date, cioè
in un periodo di oltre otto secoli.
La Bibbia non è stata scritta
da un solo autore, ma moltissimi sono
stati gli autori diretti che, però, si sono
avvalsi di precedenti tradizioni orali.
La Bibbia non contiene solo
narrazioni di
eventi storici (Esodo, Atti degli Apostoli)
ma anche
raccolte di leggi sociali e morali
(Levitico, Deuteronomio),
esortazioni e invettive (Profeti),
preghiere (Salmi),
lettere (di Paolo e altri),
descrizioni fantastiche (Daniele,
Apocalisse),
poemi e proverbi.
I GENERI
LETTERARI
Il termine “Canone” (dal greco: “canòn” = “insieme”) è l’elenco completo di tutti i
testi che compongono la Bibbia.
Un libro è “canonico” se viene riconosciuto come ispirato da Dio.
E’ Dio stesso che indica se uno scritto è veramente ispirato, attraverso la
Tradizione divino-apostolica, cioè attraverso il Magistero della Chiesa, che è
assistita dallo Spirito Santo.
L’elenco dei Libri Canonici è stato definitivamente ratificato dal concilio di Trento
nel 1546 e sono 73.
IL PENTATEUCO
Dal greco “cinque rotoli” o
“libri”, è il nome dato fin dai primi
secoli dell’era cristiana ai primi
cinque libri dell’Antico testamento:
GENESI,
ESODO,
LEVITICO,
NUMERI,
DEUTERONOMIO.
Gli Ebrei lo indicavano con il nome di
TORA o LEGGE , perché questi
primi cinque Libri contengono
tutta la legislazione d’Israele.
L’esegesi moderna ha messo in risalto alcune contraddizioni, presenti nel
Pentateuco, che ne rendono impossibile l’attribuzione a un solo autore.
Ciò fa concludere che nella formazione del Pentateuco ci sono stare varie
Tradizioni distinte che si svilupparono all’interno di Israele; esse sono così
denominate: JAHWISTA, ELOISTA, DEUTERONOMISTA, SACERDOTALE.
Genesi 1-11 parla dell’origine del
mondo e dell’umanità, è eziologia
metastorica .
Genesi 12-36 parla della storia dei
Patriarchi ma si avvale, tra l’altro, della
genealogia, della narrazione epica, della
leggenda, del racconto popolare e
aneddotico. E’ storia romanzata.
Genesi 37-50, la storia di Giuseppe, è
racconto sapienziale.
Il genere letterario non differisce solo da libro a libro, ma all’interno degli
stessi libri coesistono diversi generi: segno evidente che questi Libri sono stati
scritti in un lungo periodo e da più autori o che sono raccolte di testi eterogenei.
Eziologia (= pensiero sull’origine)
metastorica (= al di là della storia)
E’ un genere letterario antico che
per mezzo del racconto di un mito
riferito al passato, parla dell’uomo
come tale, indipendentemente dai
tempi e dal corso della storia.
“Lo scopo” (del racconto
biblico) “non è tanto quello di
spiegare cosa sia successo
alle origini, ma di
individuare chi è l’uomo nel
contesto della creazione: è,
allora, una ‘metastoria’,
ossia è il filo costante
sotteso a eventi, tempi e
vicende storiche umane. Si
risale all’archetipo … non
per narrare cosa sia
accaduto nel processo di
ominizzazione in senso
scientifico o per scoprire
… ma, ADAMO ED EVA SONO ESISTITI?
Adamo ed Eva non sono esistiti,
né è esistita la mela, né il serpente, ecc.
E’ un racconto mitico, metastorico,
che serve a dire le verità essenziali
sull’uomo, sulla sua origine come
creatura di Dio,
l’origine del male e del peccato
e la Misericordia di Dio
che salva l’uomo con i suoi interventi
nella storia e la sua Alleanza.
I primi capitoli della Genesi hanno stretti legami con i
racconti di letterature antiche, precedenti o contemporanee alla
Bibbia.
Negli , per esempio, si invoca un Dio che ha
separato la terra dal cielo, mentre nell’antichissimo poema di
(o del Grande Saggio) la creazione della stirpe umana
avviene plasmando dell’argilla, nello stesso poema si parla di uno
che, presente nell’uomo, lo preserverà dalla
morte e dall’oblio; a differenza che nel racconto biblico, però, per
creare l’uomo sono necessari la carne e il sangue di un dio, che
viene immolato.
Legami ancora più stretti, però, si ritrovano tra il racconto
biblico e il poema (così chiamato dalle parole
iniziali, che tradotte significano "quando lassù"). Le tavolette
più antiche sono state trovate ad Assur, altre nella vicina
Kuyungik, dove orgeva Ninive, l’ultima capitale del regno
assiro. (1124-1103 a.C.)
IL MITO MESOPOTAMICO DELLA CREAZIONE: ENUMA ELIS
I Babilonesi, antenati di Abramo, conservavano miti e
leggende dell’ umanità antica:
-come gli dei avevano creato il mondo,
-come avevano punito l'umanità corrotta con un
diluvio,
-come il mitico eroe Uta-Napishtim era sopravvissuto
al diluvio ed aveva ricevuto dagli dei, a loro
somiglianza, l'immortalità.
Questi miti e leggende erano i simboli che
permettevano loro di penetrare i misteri del mondo e
della vita.
Si ritrovano tracce di questi miti anche nella Bibbia.
I saggi di Israele in qualche modo reinterpretano i miti Babilonesi alla luce della
rivelazione divina.
Alle domande fondamentali comuni a tutta l'umanità aggiungono domande che
riguardano la loro storia insieme con Dio.
Ciò che succede continuamente nella storia trova la sua spiegazione nelle origini della
storia stessa, " in principio“ , “bereshit”.
Mentre il mito mesopotamico celebra il primato del tempio, un luogo particolare,
Dio crea gli astri come orologio, per cui è Signore del tempo e della storia.
Prima di abitare il tempio, Dio abita il tempo, riposandosi il settimo giorno.
È il sabato di Dio, giorno consacrato e benedetto.
La storia universale coincide con l’inizio del
mondo. Non vi è dunque una sorta di lotta di dei,
dalla quale poi dipende la storia degli uomini.
Solo Dio è il Creatore, non ci sono divinità
parallele: gli astri non sono divinità, sono solo
creature.
Dio crea mediante la Parola. Mentre nei miti
mesopotamici si crea con violenza, l’atto del creare in
Genesi 1 è sereno, tutto è buono e bello.
Gli uomini sono tutti uguali, creati ad immagine
di Dio. Non ci sono razze superiori ed inferiori.
Questi undici capitoli possono essere considerati:
un’introduzione al primo libro, la Genesi, il libro degli inizi del popolo e degli inizi
dell’umanità;
un’introduzione al Pentateuco: questo perché si prepara il terreno per la storia del
popolo eletto;
un’introduzione a tutta la Bibbia: questo perché in Gesù, «nuovo Adamo»,
si compiranno le promesse di un nuovo cielo e una nuova terra, quella dimensione della vita
eterna che proprio in Gen 1-11 sembrava così disponibile e che l’umanità aveva perduto.
Nei primi undici capitoli del libro della
Genesi non si parla di un popolo in particolare.
Si parla di uomini e di popoli in
modo generale.
UNA APERTURA UNIVERSALE
«Il racconto classico della creazione
non è l’unico racconto di creazione che
troviamo nel libro sacro. Subito dopo ne
troviamo un altro, composto
antecedentemente con altre immagini.
Nei salmi ne troviamo altri ancora, e
dopo di essi il tentativo di chiarire la
fede nella creazione continua …
Vediamo così come la stessa Bibbia
modifichi di continuo le immagini e le
Gen 1,1
La prima pagina biblica è un inno che celebra il Dio creatore dell’universo.
Lo stile fa pensare che all’origine del testo ci sia la fonte «P» (sacerdotale).
I sacerdoti del primo post-esilio hanno raccolto e trasmesso le idee del popolo
ebraico con il loro stile solenne. Dio è trascendente e la prima Tôldöt (origine,
genealogia) è proprio la creazione dell’universo.
1In principio Dio creò il
cielo e la terra.
2La terra era informe e
deserta e le tenebre
ricoprivano l’abisso e lo
spirito di Dio aleggiava
sulle acque.
3Dio disse: «Sia la luce!».
E la luce fu.
4Dio vide che la luce era
cosa buona e Dio separò la
luce dalle tenebre.
5Dio chiamò la luce giorno,
mentre chiamò le tenebre
notte.
E fu sera e fu mattina:
giorno primo. (GENESI 1, 1-5)
4 Queste sono le origini
del cielo e della terra,
quando vennero creati.
Nel giorno in cui il Signore
Dio fece la terra e il cielo
5nessun cespuglio
campestre era sulla terra,
nessuna erba campestre
era spuntata, perché il
Signore Dio non aveva
fatto piovere sulla terra e
non c’era uomo che
lavorasse il suolo, 6ma
una polla d’acqua
sgorgava dalla terra e
irrigava tutto il suolo.
GENESI 2, 4-6
Mosaico della Cappella Palatina
Palermo. Sec. XII
Confronto tra i testi di Genesi 1,1 e Genesi 2,4
L’ ordine delle frasi viene invertito (chiasmo):
In principio Dio creò il cielo e la terra.
Queste le Tôldöt del cielo e della terra quando vennero creati.
L’Autore del testo di Gen 1 è interessato alla coerenza, al piano perfetto della
creazione. «Cieli e terra»: è un’ «espressione polare» per dire la totalità (come «notte e giorno»,
«vita e morte», etc.).
Il testo di Gen2,4b tiene conto della complessità dell’esistenza. Lo stile è più vivace
e concreto, la presentazione di Dio più antropomorfica, la prospettiva è terrestre
ed umana piuttosto che cosmica e divina.
La contraddizione evidenzia la presenza di due tradizioni: «i due racconti non si
sovrappongono l’uno all’altro, ma sono complementari, in quanto ciascuno dà un
tipo di informazione diverso sul come il mondo ha iniziato ad esistere».
ALTER, L’arte della narrativa biblica
1,1-5 I giorno: separò la luce dalle tenebre
il giorno e la notte
1,6-8 II giorno: le acque e il firmamento
1,9-13 III giorno: acqua e asciutto;
germogli, piante ...
1,14-19 IV giorno: creò gli astri, sole e luna
1,20-23 V giorno: (1° benedizione) creò gli esseri
del mare e del cielo
1,24-31 VI giorno: (2° benedizione) gli animali e l’uomo
2,1-4a VII giorno: (3° benedizione) il Sabato
A
B
C
A’
B’
C’
SEPARAZIONE
Opere della vita
ORNAMENTAZIONE
Opere benedette
STRUTTURA DI GENESI 1,1 2,1-4a
La struttura letteraria di Gen 1,1-2,4a
è incredibilmente bilanciata.
Lo schema riportato nella precedente
diapositiva evidenzia i richiami e le
inclusioni, disegnando una geografia
del testo biblico che unisce il climax
ascendente verso il settimo giorno, con
il chiasmo che ruota attorno al
quarto giorno, il giorno centrale.
Il quarto giorno è molto importante,
perché è il giorno dedicato al grande
orologio cosmico.
La luna e il sole sono demitizzati rispetto
alla mentalità babilonese che innalzava
gli astri al rango di divinità. Essi sono
solo creature, però sono creati prima
dell’uomo e costituiscono per lui una
limitazione, cioè determinano quelle
regole a cui l’uomo dovrà sottostare.
LA STRUTTURA del TESTO
MOSAICO della Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
Ornamentazione: creare chi lo abita
Astri (vv. 14-19)
Pesci e uccelli (vv. 20-23)
Animali terrestri (vv. 24-25)
L’uomo (vv. 26-27)
La struttura del brano segue uno schema a due fasi: alle opere ambientali,
corrispondono le opere ornamentali. Significa che prima Dio crea l’ambiente,
gli spazi, poi li riempie con gli astri e gli essere viventi.
C’è armonia perché ogni cosa ha il suo posto. La disarmonia avviene quando le cose
escono da loro luogo, superano una soglia che non sarebbe loro concessa.
Separazione: creare l’ambiente
Luce e tenebre (vv. 3-5)
Acque inf.ri e sup.ri (vv. 6-8)
Terra e mare (vv. 9-10)
Piante (vv. 11-13)
Gen 1 - 2.2 DUE MOMENTI: L’AMBIENTE E CHI lo ABITA
IL COSMO BIBLICO
Nella concezione dell’universo
comune agli ebrei e agli altri
popoli dell’antico Vicino
Oriente, la terra era pensata
come una piattaforma
galleggiante sulle acque e
sostenuta da pilastri. La volta
celeste era concepita come
una calotta posta sopra la
terra: sopra di essa erano
raccolte masse d’acqua che
scendevano sulla terra in
pioggia (le acque che sono
sopra il firmamento). Sotto la
terra era collocato lo sheol, il
luogo delle tenebre (o inferi)
dove si trovavano i morti.
IL RACCONTO DELLA
CREAZIONE
NEL SUO CONTESTO
STORICO
Il testo di Gen 1 è
normalmente attribuito
all’opera dei sacerdoti
ebrei al tempo
dell’esilio babilonese.
Gli Ebrei, esiliati a
Babilonia, cominciano a
porsi molte domande:
Il nostro Dio è ancora capace di salvarci?
Forse gli dei di Babilonia sono più potenti
del Signore Dio d’Israele?
Abbiamo ancora qualche speranza?
Chi siamo noi? Da dove veniamo?
Chi ha creato il mondo sul quale ci
A Babilonia gli Ebrei erano venuti a contatto con le tradizioni religiose di
quel popolo e, soprattutto, del poema di Enuma Elish che raccontava le origini del
mondo come il risultato di una lotta tra le divinità maschile e femminile.
I sacerdoti ebrei sentono di dover rispondere a questa tradizione religiosa e a questa
visione del mondo e creano il racconto nel quale il Dio di Israele agisce da solo e non
ha bisogno di combattere contro nessuno.
Gen 1, inserito nel contesto di un popolo
oppresso e disperato, diviene una grande
sinfonia di gioia e di speranza, la lode a un
Dio che è capace di salvare perché è lo
stesso che ha creato il mondo.
La sua Parola è sempre efficace, perché
è la Parola che sta alle origini della creazione.
Dio ha un progetto positivo sul mondo
e sull’uomo, perciò anche per gli esuli esiste
una speranza.
Giusto de’ Menabuoi, Creazione del mondo.
Sec. XIV, Padova, Battistero del Duomo.
(Gen 1,1)
Il primo versetto della
Genesi costituisce un vero e
proprio titolo per tutto il
racconto che segue.
“In principio”: il testo non si interroga su ciò
che esisteva alle origini del mondo; si limita
ad affermare che all’inizio, sia del tempo che del
mondo, c’è Dio.
Nel NT Giovanni inizierà allo stesso modo il suo
vangelo: “In principio era la Parola” (Gv 1,1).
“Dio creò”: il verbo ebraico ‘bara’ che qui è
tradotto con ‘creare’ ha una caratteristica
importante: nella Bibbia ebraica questo verbo
viene sempre utilizzato con Dio come
soggetto, solo lui, infatti, è capace di creare.
Con questo verbo, inoltre, si indica sempre una
novità: la creazione è una realtà nuova che solo
Dio è capace di mettere in atto.
“Il cielo e la terra”: cioè l’intero universo.
Agli ebrei del tempo non era familiare la nostra idea
di una creazione fatta dal nulla; la prima volta che
nella Bibbia appare tale concezione sarà soltanto nel testo
di 2Mac 7,28, che risale alla fine del II sec. a.c.
Secondo la tradizione, invece, alle origini del mondo vi è
una situazione di caos, vi è una terra vuota e deserta, vi
sono, soprattutto, le tenebre.
Dio crea mettendo ordine.
(Gen 1,2)
Sulle acque del grande abisso primordiale ‘vola’ il soffio divino,
il suo spirito; qui non si tratta ancora dello Spirito Santo
inteso come la persona della quale ci parlerà il NT;
lo ‘spirito’ è piuttosto la forza, l’attività divina che si prende
cura del mondo.
Se Dio toglie il suo spirito, il mondo può ripiombare nel caos dal
quale è uscito (Sal 104, 29-30), come avverrà nel racconto del
diluvio.
“E Dio vide che era cosa buona e bella”.
Il testo ebraico dice “tôb”: questa parola ebraica può
significare allo stesso tempo sia “buono” sia “bello”. La
creazione appare così come realtà da ammirare non solo
per la sua bontà, ma anche per la sua bellezza.
Il ritornello, ripetuto per cinque volte nel racconto di Gen 1 (E Dio
vide…), ci porta ad ascoltare questo testo come un grande inno
rivolto a Dio per la bellezza delle sue opere e per la bontà sostanziale
del mondo (contro ogni visione pessimistica e negativa della realtà).
Gen 1 invita gli uomini a contemplare il creato con
uno sguardo di ammirazione e di lode, con lo stupore di chi
riconosce qualcosa di meraviglioso che gli è stato donato.
Altri passi biblici possono aiutare a vivere questo atteggiamento:
Sal 19, 2-4; Sal 104; Sap 13, 1-9; Rom 1,20.
In questi due ultimi passi è chiaro come la bellezza della creazione sia una
via per arrivare alla contemplazione e alla scoperta di Dio.
Il primo atto della creazione è la luce, che viene separata dalle tenebre. Per il
mondo del tempo, il sole e la luna sono considerati soltanto come lampade che
brillano di luce riflessa.
Già nella creazione della luce emergono temi importanti: il ruolo creatore della
Parola di Dio, l’alternarsi del giorno e della notte e infine la lode divina per le sue
opere.
Dio vide che la luce era
cosa buona e Dio separò
la luce dalle tenebre.
Dio chiamò la luce giorno,
mentre chiamò le tenebre notte.
E fu sera e fu mattina:
giorno primo.
Dio disse:
«Sia un firmamento in mezzo alle
acque per separare le acque dalle
acque».
Dio fece il firmamento e separò le acque
che sono sotto il firmamento dalle acque
che sono sopra il firmamento.
E così avvenne.
Dio chiamò il firmamento cielo.
E fu sera e fu mattina:
secondo giorno. (Gen 1,6-8)
Nel secondo giorno della creazione avviene un nuovo atto di separazione; il firmamento è
immaginato come una cupola che serve a separare le acque del cielo da quelle dell’oceano.
Separando la luce dalle tenebre e le acque dalla terra, Dio ordina il caos
primordiale e compie così un primo atto di liberazione: il creato è preservato dalla
distruzione e, per opera di Dio, è chiamato ad affacciarsi alla vita. Le tenebre, tuttavia,
continuano ad esistere, né si dice che esse siano ‘buone’; il mondo conserva la possibilità di
ritornare nel caos dal quale è uscito.
Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
Dio disse: «Le acque che sono sotto
il cielo si raccolgano in un unico
luogo e appaia l’asciutto».
E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra,
mentre chiamò la massa delle acque mare.
Dio vide che era cosa buona.
Dio disse: «La terra produca
germogli, erbe che producono seme
e alberi da frutto,
che fanno sulla terra frutto con il
seme, ciascuno secondo
la propria specie».
E così avvenne. …
Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
(Gen 1, 9-13)
MOSAICO della Cappella Palatina.
Palermo, Sec. XII
Tutti gli animali, compresi quelli terrestri creati all’alba del sesto giorno, fanno parte di un
progetto divino sul mondo.
Notiamo la presenza dei ‘mostri marini’, quegli animali mitologici della cui esistenza il
mondo antico non dubitava affatto, ma anch’essi sono ridotti al rango di semplici creature.
Nel quarto giorno Dio crea gli ornamenti per le realtà già formate; così nel
firmamento vengono collocati gli astri.
Sole e luna, che per molti popoli vicini erano considerati divinità da adorare, qui sono
ridotti al rango di pure e semplici lampade che brillano di luce riflessa; la luce, infatti, è
stata creata il primo giorno indipendentemente dagli astri.
Il testo genesiaco ci ricorda come la funzione degli astri non sia soltanto quella di far
luce, ma anche di governare o regolare i tempi e le stagioni. La posizione degli
astri, infatti, determina il ciclo liturgico ebraico. Al ritmo degli astri creati da Dio è
così legata la possibilità del culto reso a lui: è come se il culto e la preghiera fossero
già stati previsti da Dio al momento stesso della creazione.
Nella creazione dei primi viventi, i pesci e gli uccelli, (quinto giorno) appare per la
prima volta il verbo ‘benedire’ che ricorrerà altre due volte nel testo; la vita nasce
così sotto il segno del favore divino.
Dio disse: «Ci siano fonti di luce
nel firmamento del cielo, per
separare il giorno dalla notte; siano
segni per le feste, per i giorni e per gli
anni e siano fonti di luce nel firmamento
del cielo per illuminare la terra».
E così avvenne.
E Dio fece le due fonti di luce grandi:
la fonte di luce maggiore per governare il
giorno e la fonte di luce minore per
governare la notte,
e le stelle.
Dio le pose nel firmamento del cielo per
illuminare la terra e per governare il
giorno e la notte
e per separare la luce dalle tenebre.
Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina:
quarto giorno.
(Gen 1, 14-19)
MOSAICO della Cappella PalatinaPalermo, Sec. XII
Dio disse: «Le acque brulichino di esseri
viventi e uccelli volino sopra la terra,
davanti al firmamento del cielo».
Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri
viventi …, e tutti gli uccelli alati,
secondo la loro specie.
Dio vide che era cosa buona.
Dio li benedisse: «Siate fecondi e
moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli
uccelli si moltiplichino sulla terra».
E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: «La terra produca esseri viventi
secondo la loro specie: bestiame, rettili e
animali selvatici, secondo la loro specie».
E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, …
secondo la loro specie.
Dio vide che era cosa buona.
(Gen 1, 20-25)
MOSAICO della Cappella Palatina.
Palermo, Sec. XII
Gli Autori biblici di Genesi 1-11 (dal sec. X al VI a c) non avevano il concetto
della creazione dal nulla; solo nel secondo libro dei Maccabei troviamo espressa
chiaramente questa idea.
Tuttavia, l’interpretazione letterale della Genesi era comune nella Chiesa fino al
secolo scorso; solo nel 1948 ci fu una svolta decisiva, grazie alla lettera pubblicata
dalla Pontifìcia Commissione Biblica. In questa lettera si affermava che è legittimo
ammettere per Gen 1-11 autori diversi da Mosè e, soprattutto, si sosteneva che in
questi capitoli la storia ci viene presentata con un linguaggio popolare e figurato.
La situazione della lettura e interpretazione biblica nella Chiesa cattolica
iniziò a mutare radicalmente grazie al magistero di Pio XII e
all'enciclica da lui pubblicata nel 1943, (Divino Afflante Spiritu), con
la quale il papa garantiva agli studiosi cattolici la piena libertà degli
studi biblici e ne riaffermava la centralità e l'importanza.
Il primo versetto di Genesi, “in
principio Dio creò il cielo e la
terra” può essere interpretato in
modo letterale, nel senso che
l’autore biblico volesse intendere
che Dio ha creato dal nulla?
La creazione dell'uomo occupa un ampio spazio all'interno del capitolo e costituisce senza
dubbio il vertice del racconto.
"Facciamo l'uomo": anche la creazione dell'umanità dipende dalla parola di Dio. Il verbo al
plurale, "facciamo", deve essere inteso come una forma grammaticale di carattere deliberativo:
è in fondo ciò che accade anche a noi, quando ci troviamo da soli e diciamo: "Che facciamo?".
Dio si consulta solo con se stesso, non avendo bisogno di nessun altro con cui consigliarsi.
Dio disse:
«Facciamo l’uomo a
nostra immagine,
secondo la nostra
somiglianza:
domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del
cielo, sul bestiame, su
tutti gli animali selvatici
e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
(Gen 1, 26)
A NOSTRA IMMAGINE
"Uomo", nella lingua ebraica, è il vocabolo 'adam,
che in questo caso indica non tanto l'uomo maschio
(come sarà a partire da Gen 4,1, dove 'adam verrà usato
anche come nome proprio, Adamo), ma indica
piuttosto l'essere umano, l'umanità.
Questo essere umano è creato "a nostra immagine e a
nostra somiglianza". Essere immagine e
somiglianza di Dio significa aver ricevuto la vita
da lui; essere simili a lui, seppure non uguali.
Il testo della Genesi afferma sia la dipendenza sia la
relazione con Dio. L'uomo è capace di avere un
rapporto diretto con il suo Creatore, è capace
di amare Dio e di entrare in relazione con lui.
La conoscenza del mistero dell'uomo passa per quella
del mistero di Dio e viceversa.
Facciamo l’uomo
E Dio creò l’uomo
a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò:
maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse
e Dio disse loro: “Siate fecondi e
moltiplicatevi …” (Gen 1, 26)
L’umanità viene creata "maschio" e "femmina": la coppia e la sessualità sono il
primo dono che Dio ha fatto all'umanità. Essa non esiste se non nella differenziazione
sessuale, che richiede perciò una relazione tra uomo e donna.
Sono da rifiutare le ideologie contrarie perché la differenza sessuale è creata da Dio
non come fonte di divisione, ma di comunione.
“Siate fecondi e moltiplicatevi": la prima parola che Dio rivolge all'uomo non è tanto
un comando, quanto piuttosto una benedizione. Questa parola divina indica come,
all'interno della coppia, i figli siano prima di tutto una benedizione, un segno
dell'amore di Dio per l'uomo (cf. Sal 127,3)
MASCHIO e FEMMINA
Dio disse: …
riempite la
terra
e soggiogatela,
dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del
cielo e su ogni
essere vivente
che striscia sulla
terra.
(Gen 1, 27-28)
Nel vs 26 compare il verbo "dominare" al quale
si aggiunge, nel v. 28, il verbo "soggiogare"; si
tratta di verbi presi dal vocabolario che
normalmente nella Bibbia ebraica riguarda il re.
L'uomo riceve da Dio il compito di governare
la terra; è cioè immagine e somiglianza di Dio
nel senso che è una sorta di rappresentante
divino nel mondo, il segno della presenza di
Dio nel creato.
L’UOMO è RE
Dio disse: «Ecco, io vi do
ogni erba che produce
seme e che è su tutta la
terra, e ogni albero
fruttifero che produce
seme: saranno il vostro
cibo.
A tutti gli animali selvatici,
a tutti gli uccelli del cielo e
a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra e nei
quali è alito di vita, io do in
cibo ogni erba verde».
E così avvenne.
(Gen 1, 29-31)
I vv 29-30 passano spesso inosservati; all'uomo
appena creato Dio offre come cibo soltanto
erbe del campo. Non si tratta di un invito a una
dieta vegetariana: nel progetto della creazione
è assente anche quel minimo di violenza
necessaria per mantenersi in vita, l'uccisione
degli animali.
IL CIBO
Dio vide quanto aveva
fatto, ed ecco, era cosa
molto buona.
E fu sera e fu mattina:
sesto giorno.
II racconto della creazione dell'umanità termina con una variazione al ritornello
che già conosciamo: "E Dio vide che era cosa molto buona/bella".
La creazione dell'uomo è così il vertice stesso dell'azione divina; l'uomo è
davvero un prodigio divino (Sal 139,14: "Ti lodo, perché mi hai fatto come un
prodigio “). Il testo di Gen 1 ci impedisce di avere dell'uomo, immagine e
somiglianza di Dio, una visione pessimista.
COSA MOLTO BUONA
Dio, nel settimo giorno,
portò a compimento
il lavoro che aveva fatto
e cessò nel settimo giorno
da ogni suo lavoro
che aveva fatto.
Tutto il racconto della creazione, che trova il suo
vertice nella creazione dell'umanità, si conclude in
modo inatteso: il riposo di Dio nel settimo giorno.
II settimo giorno è, prima di tutto, il giorno in cui la creazione è compiuta, in cui Dio
"portò a termine il lavoro che aveva fatto".
In questo modo la Genesi intende affermare che il riposo non è in funzione del
lavoro, ma piuttosto il contrario: il lavoro è in funzione del riposo.
Il settimo giorno, in cui Dio si riposa, è una contestazione radicale di ogni mentalità
umana basata sul lavoro e sul profitto.
IL SETTIMO GIORNO
II settimo giorno è "benedetto", cioè è ricco di vita, ed è "santificato", cioè
appartiene a Dio. Nel settimo giorno l'uomo non si riposa per lavorare poi meglio; si
riposa invece per entrare in rapporto con Dio. Riposarsi con Dio il settimo giorno
significa comprendere che il senso della creazione sta proprio qui, nel vivere con Dio,
come ha ben compreso l'autore della lettera agli Ebrei (Eb 4,4-11).
Entrare nel settimo giorno significa entrare nel tempo di Dio.
Dio benedisse il
settimo giorno e lo
consacrò, perché in
esso aveva cessato
da ogni lavoro che
egli aveva
fatto creando.
Queste sono le
origini del cielo
e della terra,
quando vennero
creati. (Gen 2, 2-4)
DIO BENEDISSE
Allo stesso tempo, il Nuovo Testamento opera uno spostamento importante di
significato: il Vangelo di Giovanni, aprendosi con la frase "in principio era la Parola"
richiama immediatamente il testo di Gen 1,1, ma compie un passo avanti. Alle origini,
al principio della creazione c'è Cristo, la Parola di Dio. Nella lettera ai
Colossesi leggiamo, a proposito di Cristo, che "tutto è stato creato per mezzo di lui e in
vista di lui; egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,16-17)
L’autore biblico può dire,
su ispirazione, verità che
lui non conosce?
“Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle
loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come
veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte”. (DV n11)
“…l’interprete della Sacra Scrittura, per capire bene ciò che Egli ha voluto comunicarci,
deve ricercare con attenzione, che cosa gli agiografi in realtà abbiano inteso significare
e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole”.(DV n 12)
Il senso spirituale rivela il significato soggettivo per la fede del credente; è ciò che Dio ha voluto
dire attraverso l’agiografo. Il senso spirituale è contenuto nel senso letterale, ma lo supera,
poiché si ricollega con il disegno salvifico di Dio, autore primario della Bibbia, e può essere
studiato solo alla luce di una rivelazione ulteriore.
Gen 1 risponde alle domande degli ebrei che si chiedono perché il mondo è fatto
così, da dove viene e chi lo ha creato.
Gen 2-3, invece, risponde, ad altre domande: Chi è l'uomo? Perché nel mondo
c'è il male? L’uomo è libero?
Gen 1 introduce il tema della bontà e bellezza del creato e dell'uomo, creato a
"immagine e somiglianza" con Dio.
Gen 2-3, invece, introduce il tema della libertà, di un Dio che "scommette" sulla
sua creatura. C'è una tensione morale tra l'uomo e Dio, che culminerà nel
peccato descritto in Gen 3.
IL SECONDO RACCONTO DI CREAZIONE
Perché due racconti della creazione?
Perché i due racconti sono entrambi necessari:
I due testi di Gen 1 e Gen 2-3 hanno bisogno l'uno dell‘altro. Senza
Gen 2-3, il mondo sembrerebbe troppo bello e poco realistico, ma
senza Gen 1 il peccato dell'uomo apparirebbe una tragedia senza
fine, che contraddirebbe il progetto stesso di Dio.
A Gen 2,4b-17: creazione di adam e del suo ambiente. Dio segna dei limiti
B Gen 2,18-25: rapporti armoniosi con il creato con la donna.
C Gen 3,1-7: dialogo con il serpente.
B’ Gen 3,8-21: rapporti incrinati con Dio, con la donna e con il creato.
A’ Gen 3,22-24: adam è cacciato dal suo ambiente e Dio impone nuovi limiti
La disposizione dei capitoli 2,4b-3,24 è chiastica.
Il dialogo con il serpente segna la differenza tra un prima e un poi: prima
ci si trova nell’armonia con il mondo, con gli animali, con il proprio partner, con
Dio; poi ci si trova in disarmonia con gli stessi elementi che fanno parte del
mondo creato.
Notiamo un dettaglio non privo di importanza: in AB e A’B’, si parla con Dio; in C non
si parla con Dio ma si parla di Dio.
L’uomo
parla
con Dio
L’uomo
parla
con Dio
L’uomo parla di Dio
DISPOSIZIONE DEI TESTI
Con i capp. 2-4 della Genesi lo stile e il genere letterario si modificano profondamente
rispetto a Gen 1, un poema liturgico. Il tono è meno solenne, meno ritmico, ma più
narrativo. Siamo di fronte ad uno stile sapienziale, di tipo «mitopoietico» e con un
intento chiaramente didattico: si vuole insegnare qualcosa sul mondo, qualcosa che
però non è storia passata, ma mito, quindi verità valida per ogni generazione, verità
valida in quanto tale.
Nel giorno in cui il Signore
Dio fece la terra e il cielo
nessun cespuglio campestre
era sulla terra, nessuna erba
campestre era spuntata, perché
il Signore Dio non aveva fatto
piovere sulla terra e non c’era
uomo che lavorasse il suolo,
ma una polla d’acqua
sgorgava dalla terra e irrigava
tutto il suolo. (Gen 2, 4-6)
Allora il Signore Dio
plasmò l’uomo con
polvere del suolo
(Gen, 2, 7)
L'azione di Dio è descritta con il
verbo che normalmente viene
usato per l'azione del vasaio,
"plasmare"; l'uomo è una creatura
fragile, modellata con la polvere
dalle mani sapienti di Dio. II
termine "suolo " è in ebraico
'adamah, mentre il termine
"essere umano" è invece ha'adam;
già nel nome, l'uomo è legato, con
questo gioco di parole, al suo luogo
di origine, la terra.
Nei miti dei popoli vicini, ad esempio in Enuma
Elish, la creazione dell'uomo è descritta con
immagini non troppo lontane da questa; gli
uomini vengono creati mescolando argilla con
il sangue di un dio, ma lo scopo è servire gli
Dei, una forma di schiavitù. Non così avviene
nel racconto genesiaco: l'uomo, plasmato dalla
terra, riceve la vita da Dio stesso e non è creato
per essere il suo schiavo.
IL TERRESTRE
Creazione dell’uomo. Mosaici di S. Marco, Venezia
-
… e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l’uomo divenne
un essere vivente.(Gen, 2,7)
”Alito di vita”
Dall’ebraico “nishmah” rimanda al “soffiare” e
“respirare”. Nell’A.T. questo termine indica la
spiritualità dell’uomo, cioè un dono che Dio
fa all’uomo per permettergli di conoscere, di
entrare in relazione con gli altri e con Lui
stesso. L’altro termine, invece, “ruah” =
“vento”, indica lo Spirito di Dio. Quest’alito di
vita non designa “l’anima” (termine
sconosciuto all’autore sacro; infatti è stato
introdotto tardivamente con la filosofia
greca), ma qualcosa simile a ciò che noi
chiamiamo “coscienza”. L’uomo, perciò, è
contemporaneamente legato a Dio (alito di
vita) e al mondo (argilla-materia), e questa
unità è la sua grandezza e la sua bellezza.
ALITO di VITA
Poi il Signore Dio
piantò un giardino
in Eden, a oriente,
e vi collocò l’uomo
che aveva plasmato.
Il Signore Dio fece
germogliare dal
suolo ogni sorta di
alberi graditi alla vista
e buoni da mangiare,
e l’albero della vita
in mezzo al giardino
e l’albero della
conoscenza del
bene e del male.
(Gen 2, 8- 9)
Il giardino dell'Eden
diventerà nella
tradizione
ebraico-cristiana
il "paradiso terrestre".
Eden significa "delizia" e
il giardino appare come
il luogo che Dio ha
pensato per l'uomo.
In questo giardino
l'uomo potrà vivere in
comunione con Dio, con
l'altro uomo, con la
natura. Il giardino non è
una conquista
dell'uomo, ma un dono
gratuito di Dio, così
come sarà, per Israele, il
dono della terra
promessa.
UN GIARDINO IN EDEN
Un fiume usciva da Eden per irrigare il
giardino, poi di lì si divideva e formava quattro
corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre
attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova
l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova
pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il
secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre
attorno a tutta la regione d’Etiopia. Il terzo fiume
si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il
quarto fiume è l’Eufrate. (Gen 2, 10-14)
Stupisce, nei vv. 10-14, trovare una notizia geografica, per noi incomprensibile.
Dal giardino dell'Eden partono quattro fiumi, dei quali soltanto due, il Tigri e l'Eufrate,
sono conosciuti. Il numero "quattro" rinvia ai punti cardinali e questo testo sembra
dirci che tutta l'acqua del mondo proviene dall'Eden, cioè da Dio. Inoltre, ponendo la
sorgente di fiumi famosi come il Tigri e l'Eufrate nel giardino dell‘Eden, il testo vuole
farci comprendere come tale giardino non è una realtà fuori dal mondo, il disegno di
Dio non è al di là delle capacità umane; il giardino è comunque "terrestre", non è una
illusione che si troverebbe solo in mondi a noi irraggiungibili.
LA GEOGRAFIA DEL PARADISO TERRESTRE
Il Signore Dio prese l’uomo e lo
pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo
custodisse. (Gen, 2, 15)
L'uomo, creato da Dio, è posto nel
giardino "per lavorarlo e custodirlo".
Dunque la vocazione dell'uomo è il lavoro;
uno dei fini per i quali l'uomo è posto nel
giardino è coltivarlo e custodirlo secondo
il disegno di Dio, in altri termini,
collaborare all'opera della creazione.
L'uomo non è perciò il padrone del creato.
Il verbo "lavorare" ('abad) nella lingua
ebraica indica anche il "servire" Dio nel
culto; il verbo "custodire ", alla lettera
"fare la guardia" (shamar), indica il
"custodire i precetti di Dio".
Il fine per cui l'uomo è stato creato non è
soltanto il lavoro, ma anche il culto, il
servizio di Dio.
COLTIVARE E
CUSTODIRE
Alvs9compaionoduealbericheavrannounaparte
importantenellastoria;ilprimoèl'alberodellavita,chestain
mezzoalgiardinoedicuil'uomopuòmangiare.
Contrariamenteaimitideltempo,(nelmitodettodi
Ghilgamesh,l'eroenonpuòaveraccessoall'alberodellavita),
l'uomononècreatoperlamorte,maperlavita.
Il Signore Dio diede questo comando
all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi
del giardino, ma dell’albero della conoscenza
del bene e del male non devi mangiare,
perché, nel giorno in cui tu ne mangerai,
certamente dovrai morire». (Gen, 2, 16-17)
Il secondo è l’albero della conoscenza del bene e del male che rappresenta la libertà
morale, la capacità di decidere da soli che cosa è bene e che cosa è male. Il fatto che
l'uomo non possa mangiare il frutto di questo albero ci ricorda che solo Dio può
decidere che cosa è bene e che cosa è male e che l'uomo non può arrogarsi una totale
autonomia morale che escluda Dio dal suo orizzonte.
Mosaico della Cappella Palatina, Palermo.
CONOSCERE IL BENE E IL MALE
PLASMÒ: Lacreazionedell’uomoèrappresentataconl’immaginedelvasaioche plasmalacreta
(laparolaebraica“adamah”letteralmenteindicaqualcosadi“rossastro”comel’argilla).
SOFFIÒ: Dall’ebraico“nishmah”, rimandaal“soffiare”e“respirare”. l’uomo è fatto di terra ma
viene contraddistinto dalla presenza del divino, “l’alito di vita”
PIANTÒ un “giardino”(ebraico:“gan”).L’anticaversionegrecadellaBibbiahatradottoquestotermine
con“paràdeisos”,vocabolodioriginepersiana,dalqualeèderivatoilnostrotermine“Paradiso”.
COLLOCÒ l'uomonelluogocheLuistesso avevapensatoperlui,dovel'uomo potesse vivere in
comunione con Lui, con l'altro uomo, con la natura.
FECE GERMOGLIARE dalsuoloognisortadialberigraditiallavistaebuonidamangiare…
PRESE l’uomo e lo pose nelgiardino di“Eden”(=luogodidelizia). Ilgiardinononèunaconquista
dell'uomo,maundonogratuitodiDio,cosìcomesarà,perIsraele,ildonodellaterra promessa.
POSE: In Gen 2,15 viene segnalato lo scopo di questa posizione dell’uomo nel
giardino: coltivare e custodire.
I VERBI di DIO In Gen 2, 4-17, con poche parole, il narratore
intende descrivere il progetto di Dio sull'uomo;
l'azione di Dio è descritta con sette verbi che
indicano la pienezza dell' agire divino:
Il culmine dell'azione di Dio è però nella parola che egli rivolge
all'uomo, l'ottavo verbo della serie:"DIEDE QUESTO COMANDO" (v. 16).
Non possiamo interpretare il
testo di Genesi 1-11 per il
suo senso storico?
Il testo è un punto di vista sul mondo e sull’uomo e risponde alle
domande fondamentali che ci appartengono da sempre.
Non racconta la storia delle origini, veicola verità sul senso
dell’esistenza, verità che valgono sempre, anche oggi. Vuole dare
una spiegazione del male, della fatica, dire verità sull’amore, la
coppia, il creato, la violenza, il sangue versato, e Dio in rapporto a
tutto questo. È dunque un racconto didattico, sapienziale.
PERCHÉ?
Ilracconto della creazione della
donna costituisce una novità assoluta
nel panorama dell'Oriente antico; ciò è
segno dell'importanza che l'autore
biblico attribuisce alla donna.
Si tratta di una breve narrazione densa di
significato, il cui scopo è rispondere a una
domanda sul senso della nostra vita:
perché l'essere umano esiste come
maschio e femmina? Qual è il
senso della coppia umana?
Il testo è diviso in quattro parti:
in Gen 2,18 troviamo la descrizione del progetto di Dio sull'uomo: "Non è bene che
l'uomo sia solo".
In Gen 2,19-20 il primo tentativo: proviamo con gli animali! Ma tale tentativo fallisce.
In Gen 2,21-22 viene descritta la creazione della donna.
in Gen 2,23-25 l'effetto che essa ha sull'uomo e la creazione della coppia.
LA CREAZIONE
DELLA DONNA (Gen 2,18-25)
E il Signore
Dio disse:
«Non è bene
che l’uomo
sia solo»
(Gen 2,18)
Soltanto Dio può decidere ciò che
è bene e ciò che è male per l'uomo.
L'uomo è stato creato per vivere
insieme ad altri uomini, non può essere
felice nella solitudine, è fatto per
l'amicizia e la coppia.
La relazione appartiene radicalmente
all’uomo.
“Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno
migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se
cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se
cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se si dorme
in due, si sta caldi; ma uno solo come fa a riscaldarsi?
Se uno è aggredito, in due possono resistere: una
corda a tre capi non si rompe tanto presto”.
(Qo 4,9-12)
La corda a tre capi è simbolo del
matrimonio: uomo, donna, Dio.
IL
PROGETTO
DI DIO
Voglio fargli un
aiuto che gli
corrisponda
(Gen 2,18)
In Gen 2,18 Dio pensa per l’uomo un aiuto che gli sia simile, in ebraico
l’espressione significa letteralmente «che gli stia di fronte». Il termine ebraico
«ezer», (aiuto), indica qualcosa senza il quale non si può vivere; l'uomo e la
donna hanno l'uno bisogno dell'altro. Inoltre tale "aiuto" sta "di fronte"
all'uomo. In questo modo si vuol far capire che la donna, pur essendo diversa
dall'uomo, è posta sul suo stesso piano, né superiore né inferiore a lui.
L'uomo e la donna sono allora due "tu" collocati da Dio allo stesso livello e
destinati alla vita in comune.
UN AIUTO
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni
sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come
li avrebbe chiamati …
Così l’uomo impose nomi a tutto il
bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli
animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un
aiuto che gli corrispondesse. (Gen 2,19-20)
L’uomo è chiamato a dare il nome agli animali, è chiamato ad una responsabilità che lo avvicina
a Dio, perché anche Dio in Gen 1 chiamava, dava il nome alle cose che creava.
Dare il nome agli animali, significa comprendere, ordinare e dominare il creato senza sfruttarlo
o sconvolgerlo, come collaboratori Dio.
Ma gli animali non bastano per alleviare la solitudine dell'uomo; la Genesi suggerisce così come
la donna sia molto diversa dagli animali, una verità che all'epoca non doveva ancora essere
molto chiara, se lo stesso decalogo, proprio nell'ultimo comandamento, elenca la donna tra le
proprietà del marito dopo la casa, insieme agli animali (Es 20,17).
DARE IL NOME
La creazione della donna avviene attraverso uno
stato particolare : il «torpore», in ebraico:
TarDëmâ. Questa parola indica un tipo di sonno
estatico, profondo (La Bibbia dei LXX traduce il
termine con ekstasi).
Come per Abram in Gen 15,12, (Mentre il sole stava
per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore
e grande oscurità lo assalirono), si tratta di un sonno
teologico, un sonno che rende l’uomo
disponibile all’intervento divino.
Allora il Signore Dio fece scendere un
torpore sull’uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle
costole e richiuse la carne al suo
posto. (Gen 2,21)
"Nella teologia dell'autore jahvista, il torpore nel quale Dio fece cadere il primo uomo
sottolinea l'esclusività dell'agire di Dio nell'opera della creazione della donna: l'uomo
non aveva in essa alcuna partecipazione cosciente"
(GIOVANNI PAOLO II, Catechesi del 7 novembre 1979).
EKSTASI
Cosa rappresenta la
«costola» con cui Dio
ha plasmato la donna?
Giovanni: è possibile tradurre la parola s.ela‘ con: una parte; un lato;
una metà? Il testo greco della Bibbia, la Settanta, traduce la parola
s.ela‘ con pleurá, che significa sia «costola» sia «fianco», come avviene
per l’ebraico.
«Ossa e carne»: l’osso indica l’interiorità, la spiritualità, la carne la
parte fisica, esteriore dell’uomo…?
Cesare: dal Talmud: «state molto attenti a far piangere una donna, che poi Dio conta le sue
lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perché dovesse esser
pestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale … un po’ più in
basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere Amata …»
Luigino: «Dio "costruisce" la donna utilizzando una delle costole dell'uomo: significa
che la donna è un derivato dell’uomo… che gli deve sottomissione?...
Giuseppe: Dio ha creato l’uomo plasmandolo dal suolo, la donna usando una costola ( a
differenza degli altri esseri)… l’uomo riconosce nella donna una parte di sé, la accoglie
come pari in dignità…
Albino: Costola significa, nella traduzione più attendibile, metà dell’uomo…
a livello cromosomi questa è anche verità scientifica …
Don Sandro: la traduzione letterale
dall’ebraico ci fa capire che l’autore
sacro intendeva dire proprio
costola, non lato, parte … per fare
un’esegesi corretta si deve partire
dall’esatta comprensione del testo.
Giuseppe: abbiamo compreso e accettato il concetto che la donna è,
per la Genesi, allo stesso livello dell’uomo, pari in dignità. A questo
punto mi sembra pleonastico insistere a discutere se il termine costola
vada inteso nel senso di osso o nel senso di lato, parte, ecc.
Giovanni: Tommaso d'Aquino introduce anche l'interpretazione cristologica dell'episodio.
Adamo addormentato, dal quale Dio estrae la costola per creare Eva, è immagine
di Gesù morto in croce, dal cui costato, trafitto dalla lancia di un soldato romano, escono
sangue e acqua, che simboleggiano i due sacramenti dell'Eucaristia e del Battesimo sui quali fu
istituita la Chiesa.
TRADUZIONE DALL’EBRAICO
E INTERPRETAZIONE
E fece cadere Jhawè Elohim sonno profondo su Adam e dormì.
E prese una da costole di lui e chiuse carne sotto di essa. E
edificò Jhawè Elohim la costola che aveva preso da Adam in
donna. E fece entrare al Adam.
Il Signore Dio formò con la
costola, che aveva tolta all’uomo,
una donna …
(Gen 2,22)
Dio "costruisce" (come un architetto) la
donna utilizzando una delle costole
dell'uomo. La creazione della donna dalla
costola forse richiama il mito sumerico di
Dilmun nel quale si narra della dea Nin-ti,
la "signora della costola" ovvero la
"signora della vita", dato che il termine ti
significa sia "costola" sia "vita".
LA DONNA
La costola, dunque, è simbolo di vita ed è vicina al cuore. In questo modo si vuol dire che la
donna è la vita dell'uomo e che è vicina al suo cuore.
La donna è, così, strettamente connessa con la vita della quale è portatrice, ed è in un
profondo rapporto con l'uomo.
Non è l'uomo a incontrare la donna, né la
donna a conquistare l'uomo; è invece Dio
a far incontrare i due sessi.
In questo modo il testo vuole sottolineare,
una volta di più, come dietro al mistero della
sessualità vi sia l'opera del Signore.
L'essere coppia è, per usare un linguaggio per
noi più chiaro, una vera vocazione all'amore.
Inoltre, l'uomo deve prendere
coscienza che la donna è un dono,
non un oggetto da possedere.
Tutto ciò vale evidentemente anche per
l'uomo; nessun essere umano può essere
equiparato a un animale.
… e la condusse all’uomo.
(Gen 2,22)
UN DONO
Allora l’uomo disse:
«Questa volta è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta». (Gen 2,23)
Di fronte alla donna appena creata il v. 23 mette in bocca
all'uomo un canto di lode; la solitudine è finalmente
terminata! Ascoltiamo il v. 23 in una traduzione più fedele al
testo ebraico:
"Questa, questa volta, osso dalle mie ossa, carne dalla mia
carne! Questa sarà chiamata donna (in ebraico 'ishah) perché
dall'uomo ('ish) è stata tratta, questa!".
Di fronte al mistero della sessualità l'uomo riconosce che la coppia è quella cosa
"molto buona" e "molto bella" di cui già Gen 1 ci aveva parlato. L'atteggiamento
dell'uomo è, dunque, quello dello stupore e della meraviglia.
In Gen 2,18-25 non c'è una sola parola di divieto o di proibizione in relazione alla
coppia, ma solo lode e stupore per questa stupenda "invenzione" divina.
CARNE DALLA MIA CARNE
Per questo l’uomo
lascerà suo padre e sua
madre e si unirà a sua
moglie, e i due saranno
un’unica carne.
(Gen 2,24)
Secondo l'uso ebraico è la donna che
abbandona la propria famiglia per
entrare in quella del marito. Qui viene
chiesto il contrario, è l’uomo a dover
lasciare la famiglia d’origine.
Il fine della coppia, allora, è
formare un corpo solo, una sola
realtà, quella che la Chiesa chiamerà
"comunione di persone” (cf. Gaudium
et Spes, 48; Humanae Vitae, 12), che è
poi il primo fine del matrimonio
cristiano.
SARANNO
UN’UNICA CARNE
Inoltre: i due saranno "una carne
sola". Questa espressione rimanda non
solo all’atto sessuale matrimoniale, ma
anche all’unità della vita (nella Bibbia
la “carne” è simbolo dell’esistenza).
L’unione matrimoniale e il suo
carattere monogamico, sono voluti da
Dio.
La Legge mosaica non esclude che l'uomo possa ripudiare sua moglie (cfr. Dt 24); ma
già il profeta Malachia, alla metà del V sec. a.C., riflettendo su Gen 2,24 intuisce che
dietro a questo testo c'è la volontà del Creatore che esclude il ripudio (Mal 2,14-15).
Proprio a Gen 2,24 rimanderà Gesù per fondare l'indissolubilità del matrimonio (Mt
19,1-9); la lettera agli Efesini citerà anch'essa questo versetto nel contesto del
celebre passo sulla sacramentalità del matrimonio (Ef 5,31-32).
La prima parte di questo nuovo racconto
della creazione ha ribadito la bellezza
della realtà uscita dalle mani di Dio.
Essa è come un tessuto di armonie:
l’uomo è in armonia con Dio, a cui è
legato dall’alito di vita; è in armonia con
la materia e gli animali a cui “impone il
nome”; è in armonia con il suo simile,
cioè la “donna”.Antelami, Creazione di Eva. Duomo di Orvieto
UN tessuto di ARMONIE Ora tutti e due erano nudi,
l’uomo e sua moglie, e
non provavano vergogna. (Gen 2,25)
Don Sandro Panizzolo
Catechesi Adulti 2014-2015
Redazione: Rita Veronese
Parrocchia s. Giuseppe Operaio
Monselice

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Genesi, la creazione

  • 2. La BIBBIA narra la storia dell’amicizia tra Dio e l’uomo. Dio sceglie di rivelarsi, di manifestare il suo amore attraverso la PAROLA. La parola di Dio è l’espressione di una potenza che continuamente crea. il Salmo 119, un inno alla Rivelazione divina, così descrive la parola di Dio: “è stabile come il cielo”; “nel rivelarsi illumina”; “è dolce al palato”. Questa Rivelazione, non è avvenuta una volta e per sempre, ma Dio si comunica gradualmente all’uomo. Con una particolare pedagogia divina lo prepara per tappe a ricevere la Rivelazione che Egli fa di Se stesso e che culmina nella Persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.
  • 3. QUANDO è STATA SCRITTA LA BIBBIA? Ogni tradizione religiosa vive in genere due forme intrecciate tra loro: una trasmissione orale, spontanea, e una successiva codificazione scritta. Anche il Popolo d’Israele prima ha vissuto una Storia (Esodo), poi ha cominciato a trasmetterne il ricordo di padre in figlio (tradizione orale) e infine ha anche fissato tale storia in una memoria scritta. E’ nata così la Bibbia, ma essa non è stata scritta tutta nello stesso periodo di tempo: il Libro più antico (forse quello del Profeta Amos) è del 750 a.C., l’ultimo è l’Apocalisse di S. Giovanni, composta circa nell’anno 100 d.C. La redazione dei vari Libri biblici, si scagliona tra queste due date, cioè in un periodo di oltre otto secoli.
  • 4. La Bibbia non è stata scritta da un solo autore, ma moltissimi sono stati gli autori diretti che, però, si sono avvalsi di precedenti tradizioni orali. La Bibbia non contiene solo narrazioni di eventi storici (Esodo, Atti degli Apostoli) ma anche raccolte di leggi sociali e morali (Levitico, Deuteronomio), esortazioni e invettive (Profeti), preghiere (Salmi), lettere (di Paolo e altri), descrizioni fantastiche (Daniele, Apocalisse), poemi e proverbi. I GENERI LETTERARI
  • 5. Il termine “Canone” (dal greco: “canòn” = “insieme”) è l’elenco completo di tutti i testi che compongono la Bibbia. Un libro è “canonico” se viene riconosciuto come ispirato da Dio. E’ Dio stesso che indica se uno scritto è veramente ispirato, attraverso la Tradizione divino-apostolica, cioè attraverso il Magistero della Chiesa, che è assistita dallo Spirito Santo. L’elenco dei Libri Canonici è stato definitivamente ratificato dal concilio di Trento nel 1546 e sono 73.
  • 6. IL PENTATEUCO Dal greco “cinque rotoli” o “libri”, è il nome dato fin dai primi secoli dell’era cristiana ai primi cinque libri dell’Antico testamento: GENESI, ESODO, LEVITICO, NUMERI, DEUTERONOMIO. Gli Ebrei lo indicavano con il nome di TORA o LEGGE , perché questi primi cinque Libri contengono tutta la legislazione d’Israele. L’esegesi moderna ha messo in risalto alcune contraddizioni, presenti nel Pentateuco, che ne rendono impossibile l’attribuzione a un solo autore. Ciò fa concludere che nella formazione del Pentateuco ci sono stare varie Tradizioni distinte che si svilupparono all’interno di Israele; esse sono così denominate: JAHWISTA, ELOISTA, DEUTERONOMISTA, SACERDOTALE.
  • 7. Genesi 1-11 parla dell’origine del mondo e dell’umanità, è eziologia metastorica . Genesi 12-36 parla della storia dei Patriarchi ma si avvale, tra l’altro, della genealogia, della narrazione epica, della leggenda, del racconto popolare e aneddotico. E’ storia romanzata. Genesi 37-50, la storia di Giuseppe, è racconto sapienziale. Il genere letterario non differisce solo da libro a libro, ma all’interno degli stessi libri coesistono diversi generi: segno evidente che questi Libri sono stati scritti in un lungo periodo e da più autori o che sono raccolte di testi eterogenei.
  • 8. Eziologia (= pensiero sull’origine) metastorica (= al di là della storia) E’ un genere letterario antico che per mezzo del racconto di un mito riferito al passato, parla dell’uomo come tale, indipendentemente dai tempi e dal corso della storia. “Lo scopo” (del racconto biblico) “non è tanto quello di spiegare cosa sia successo alle origini, ma di individuare chi è l’uomo nel contesto della creazione: è, allora, una ‘metastoria’, ossia è il filo costante sotteso a eventi, tempi e vicende storiche umane. Si risale all’archetipo … non per narrare cosa sia accaduto nel processo di ominizzazione in senso scientifico o per scoprire
  • 9. … ma, ADAMO ED EVA SONO ESISTITI? Adamo ed Eva non sono esistiti, né è esistita la mela, né il serpente, ecc. E’ un racconto mitico, metastorico, che serve a dire le verità essenziali sull’uomo, sulla sua origine come creatura di Dio, l’origine del male e del peccato e la Misericordia di Dio che salva l’uomo con i suoi interventi nella storia e la sua Alleanza.
  • 10. I primi capitoli della Genesi hanno stretti legami con i racconti di letterature antiche, precedenti o contemporanee alla Bibbia. Negli , per esempio, si invoca un Dio che ha separato la terra dal cielo, mentre nell’antichissimo poema di (o del Grande Saggio) la creazione della stirpe umana avviene plasmando dell’argilla, nello stesso poema si parla di uno che, presente nell’uomo, lo preserverà dalla morte e dall’oblio; a differenza che nel racconto biblico, però, per creare l’uomo sono necessari la carne e il sangue di un dio, che viene immolato. Legami ancora più stretti, però, si ritrovano tra il racconto biblico e il poema (così chiamato dalle parole iniziali, che tradotte significano "quando lassù"). Le tavolette più antiche sono state trovate ad Assur, altre nella vicina Kuyungik, dove orgeva Ninive, l’ultima capitale del regno assiro. (1124-1103 a.C.) IL MITO MESOPOTAMICO DELLA CREAZIONE: ENUMA ELIS
  • 11. I Babilonesi, antenati di Abramo, conservavano miti e leggende dell’ umanità antica: -come gli dei avevano creato il mondo, -come avevano punito l'umanità corrotta con un diluvio, -come il mitico eroe Uta-Napishtim era sopravvissuto al diluvio ed aveva ricevuto dagli dei, a loro somiglianza, l'immortalità. Questi miti e leggende erano i simboli che permettevano loro di penetrare i misteri del mondo e della vita. Si ritrovano tracce di questi miti anche nella Bibbia. I saggi di Israele in qualche modo reinterpretano i miti Babilonesi alla luce della rivelazione divina. Alle domande fondamentali comuni a tutta l'umanità aggiungono domande che riguardano la loro storia insieme con Dio. Ciò che succede continuamente nella storia trova la sua spiegazione nelle origini della storia stessa, " in principio“ , “bereshit”.
  • 12. Mentre il mito mesopotamico celebra il primato del tempio, un luogo particolare, Dio crea gli astri come orologio, per cui è Signore del tempo e della storia. Prima di abitare il tempio, Dio abita il tempo, riposandosi il settimo giorno. È il sabato di Dio, giorno consacrato e benedetto. La storia universale coincide con l’inizio del mondo. Non vi è dunque una sorta di lotta di dei, dalla quale poi dipende la storia degli uomini. Solo Dio è il Creatore, non ci sono divinità parallele: gli astri non sono divinità, sono solo creature. Dio crea mediante la Parola. Mentre nei miti mesopotamici si crea con violenza, l’atto del creare in Genesi 1 è sereno, tutto è buono e bello. Gli uomini sono tutti uguali, creati ad immagine di Dio. Non ci sono razze superiori ed inferiori.
  • 13. Questi undici capitoli possono essere considerati: un’introduzione al primo libro, la Genesi, il libro degli inizi del popolo e degli inizi dell’umanità; un’introduzione al Pentateuco: questo perché si prepara il terreno per la storia del popolo eletto; un’introduzione a tutta la Bibbia: questo perché in Gesù, «nuovo Adamo», si compiranno le promesse di un nuovo cielo e una nuova terra, quella dimensione della vita eterna che proprio in Gen 1-11 sembrava così disponibile e che l’umanità aveva perduto. Nei primi undici capitoli del libro della Genesi non si parla di un popolo in particolare. Si parla di uomini e di popoli in modo generale. UNA APERTURA UNIVERSALE
  • 14. «Il racconto classico della creazione non è l’unico racconto di creazione che troviamo nel libro sacro. Subito dopo ne troviamo un altro, composto antecedentemente con altre immagini. Nei salmi ne troviamo altri ancora, e dopo di essi il tentativo di chiarire la fede nella creazione continua … Vediamo così come la stessa Bibbia modifichi di continuo le immagini e le Gen 1,1 La prima pagina biblica è un inno che celebra il Dio creatore dell’universo. Lo stile fa pensare che all’origine del testo ci sia la fonte «P» (sacerdotale). I sacerdoti del primo post-esilio hanno raccolto e trasmesso le idee del popolo ebraico con il loro stile solenne. Dio è trascendente e la prima Tôldöt (origine, genealogia) è proprio la creazione dell’universo.
  • 15. 1In principio Dio creò il cielo e la terra. 2La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. 3Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. 5Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. (GENESI 1, 1-5) 4 Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo 5nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, 6ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. GENESI 2, 4-6 Mosaico della Cappella Palatina Palermo. Sec. XII
  • 16. Confronto tra i testi di Genesi 1,1 e Genesi 2,4 L’ ordine delle frasi viene invertito (chiasmo): In principio Dio creò il cielo e la terra. Queste le Tôldöt del cielo e della terra quando vennero creati. L’Autore del testo di Gen 1 è interessato alla coerenza, al piano perfetto della creazione. «Cieli e terra»: è un’ «espressione polare» per dire la totalità (come «notte e giorno», «vita e morte», etc.). Il testo di Gen2,4b tiene conto della complessità dell’esistenza. Lo stile è più vivace e concreto, la presentazione di Dio più antropomorfica, la prospettiva è terrestre ed umana piuttosto che cosmica e divina. La contraddizione evidenzia la presenza di due tradizioni: «i due racconti non si sovrappongono l’uno all’altro, ma sono complementari, in quanto ciascuno dà un tipo di informazione diverso sul come il mondo ha iniziato ad esistere». ALTER, L’arte della narrativa biblica
  • 17. 1,1-5 I giorno: separò la luce dalle tenebre il giorno e la notte 1,6-8 II giorno: le acque e il firmamento 1,9-13 III giorno: acqua e asciutto; germogli, piante ... 1,14-19 IV giorno: creò gli astri, sole e luna 1,20-23 V giorno: (1° benedizione) creò gli esseri del mare e del cielo 1,24-31 VI giorno: (2° benedizione) gli animali e l’uomo 2,1-4a VII giorno: (3° benedizione) il Sabato A B C A’ B’ C’ SEPARAZIONE Opere della vita ORNAMENTAZIONE Opere benedette STRUTTURA DI GENESI 1,1 2,1-4a
  • 18. La struttura letteraria di Gen 1,1-2,4a è incredibilmente bilanciata. Lo schema riportato nella precedente diapositiva evidenzia i richiami e le inclusioni, disegnando una geografia del testo biblico che unisce il climax ascendente verso il settimo giorno, con il chiasmo che ruota attorno al quarto giorno, il giorno centrale. Il quarto giorno è molto importante, perché è il giorno dedicato al grande orologio cosmico. La luna e il sole sono demitizzati rispetto alla mentalità babilonese che innalzava gli astri al rango di divinità. Essi sono solo creature, però sono creati prima dell’uomo e costituiscono per lui una limitazione, cioè determinano quelle regole a cui l’uomo dovrà sottostare. LA STRUTTURA del TESTO MOSAICO della Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
  • 19. Ornamentazione: creare chi lo abita Astri (vv. 14-19) Pesci e uccelli (vv. 20-23) Animali terrestri (vv. 24-25) L’uomo (vv. 26-27) La struttura del brano segue uno schema a due fasi: alle opere ambientali, corrispondono le opere ornamentali. Significa che prima Dio crea l’ambiente, gli spazi, poi li riempie con gli astri e gli essere viventi. C’è armonia perché ogni cosa ha il suo posto. La disarmonia avviene quando le cose escono da loro luogo, superano una soglia che non sarebbe loro concessa. Separazione: creare l’ambiente Luce e tenebre (vv. 3-5) Acque inf.ri e sup.ri (vv. 6-8) Terra e mare (vv. 9-10) Piante (vv. 11-13) Gen 1 - 2.2 DUE MOMENTI: L’AMBIENTE E CHI lo ABITA
  • 20. IL COSMO BIBLICO Nella concezione dell’universo comune agli ebrei e agli altri popoli dell’antico Vicino Oriente, la terra era pensata come una piattaforma galleggiante sulle acque e sostenuta da pilastri. La volta celeste era concepita come una calotta posta sopra la terra: sopra di essa erano raccolte masse d’acqua che scendevano sulla terra in pioggia (le acque che sono sopra il firmamento). Sotto la terra era collocato lo sheol, il luogo delle tenebre (o inferi) dove si trovavano i morti.
  • 21. IL RACCONTO DELLA CREAZIONE NEL SUO CONTESTO STORICO Il testo di Gen 1 è normalmente attribuito all’opera dei sacerdoti ebrei al tempo dell’esilio babilonese. Gli Ebrei, esiliati a Babilonia, cominciano a porsi molte domande: Il nostro Dio è ancora capace di salvarci? Forse gli dei di Babilonia sono più potenti del Signore Dio d’Israele? Abbiamo ancora qualche speranza? Chi siamo noi? Da dove veniamo? Chi ha creato il mondo sul quale ci
  • 22. A Babilonia gli Ebrei erano venuti a contatto con le tradizioni religiose di quel popolo e, soprattutto, del poema di Enuma Elish che raccontava le origini del mondo come il risultato di una lotta tra le divinità maschile e femminile. I sacerdoti ebrei sentono di dover rispondere a questa tradizione religiosa e a questa visione del mondo e creano il racconto nel quale il Dio di Israele agisce da solo e non ha bisogno di combattere contro nessuno. Gen 1, inserito nel contesto di un popolo oppresso e disperato, diviene una grande sinfonia di gioia e di speranza, la lode a un Dio che è capace di salvare perché è lo stesso che ha creato il mondo. La sua Parola è sempre efficace, perché è la Parola che sta alle origini della creazione. Dio ha un progetto positivo sul mondo e sull’uomo, perciò anche per gli esuli esiste una speranza. Giusto de’ Menabuoi, Creazione del mondo. Sec. XIV, Padova, Battistero del Duomo.
  • 23. (Gen 1,1) Il primo versetto della Genesi costituisce un vero e proprio titolo per tutto il racconto che segue. “In principio”: il testo non si interroga su ciò che esisteva alle origini del mondo; si limita ad affermare che all’inizio, sia del tempo che del mondo, c’è Dio. Nel NT Giovanni inizierà allo stesso modo il suo vangelo: “In principio era la Parola” (Gv 1,1). “Dio creò”: il verbo ebraico ‘bara’ che qui è tradotto con ‘creare’ ha una caratteristica importante: nella Bibbia ebraica questo verbo viene sempre utilizzato con Dio come soggetto, solo lui, infatti, è capace di creare. Con questo verbo, inoltre, si indica sempre una novità: la creazione è una realtà nuova che solo Dio è capace di mettere in atto. “Il cielo e la terra”: cioè l’intero universo.
  • 24. Agli ebrei del tempo non era familiare la nostra idea di una creazione fatta dal nulla; la prima volta che nella Bibbia appare tale concezione sarà soltanto nel testo di 2Mac 7,28, che risale alla fine del II sec. a.c. Secondo la tradizione, invece, alle origini del mondo vi è una situazione di caos, vi è una terra vuota e deserta, vi sono, soprattutto, le tenebre. Dio crea mettendo ordine. (Gen 1,2) Sulle acque del grande abisso primordiale ‘vola’ il soffio divino, il suo spirito; qui non si tratta ancora dello Spirito Santo inteso come la persona della quale ci parlerà il NT; lo ‘spirito’ è piuttosto la forza, l’attività divina che si prende cura del mondo. Se Dio toglie il suo spirito, il mondo può ripiombare nel caos dal quale è uscito (Sal 104, 29-30), come avverrà nel racconto del diluvio.
  • 25. “E Dio vide che era cosa buona e bella”. Il testo ebraico dice “tôb”: questa parola ebraica può significare allo stesso tempo sia “buono” sia “bello”. La creazione appare così come realtà da ammirare non solo per la sua bontà, ma anche per la sua bellezza. Il ritornello, ripetuto per cinque volte nel racconto di Gen 1 (E Dio vide…), ci porta ad ascoltare questo testo come un grande inno rivolto a Dio per la bellezza delle sue opere e per la bontà sostanziale del mondo (contro ogni visione pessimistica e negativa della realtà). Gen 1 invita gli uomini a contemplare il creato con uno sguardo di ammirazione e di lode, con lo stupore di chi riconosce qualcosa di meraviglioso che gli è stato donato. Altri passi biblici possono aiutare a vivere questo atteggiamento: Sal 19, 2-4; Sal 104; Sap 13, 1-9; Rom 1,20. In questi due ultimi passi è chiaro come la bellezza della creazione sia una via per arrivare alla contemplazione e alla scoperta di Dio.
  • 26. Il primo atto della creazione è la luce, che viene separata dalle tenebre. Per il mondo del tempo, il sole e la luna sono considerati soltanto come lampade che brillano di luce riflessa. Già nella creazione della luce emergono temi importanti: il ruolo creatore della Parola di Dio, l’alternarsi del giorno e della notte e infine la lode divina per le sue opere. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.
  • 27. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. (Gen 1,6-8) Nel secondo giorno della creazione avviene un nuovo atto di separazione; il firmamento è immaginato come una cupola che serve a separare le acque del cielo da quelle dell’oceano. Separando la luce dalle tenebre e le acque dalla terra, Dio ordina il caos primordiale e compie così un primo atto di liberazione: il creato è preservato dalla distruzione e, per opera di Dio, è chiamato ad affacciarsi alla vita. Le tenebre, tuttavia, continuano ad esistere, né si dice che esse siano ‘buone’; il mondo conserva la possibilità di ritornare nel caos dal quale è uscito. Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
  • 28. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. … Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. (Gen 1, 9-13) MOSAICO della Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
  • 29. Tutti gli animali, compresi quelli terrestri creati all’alba del sesto giorno, fanno parte di un progetto divino sul mondo. Notiamo la presenza dei ‘mostri marini’, quegli animali mitologici della cui esistenza il mondo antico non dubitava affatto, ma anch’essi sono ridotti al rango di semplici creature. Nel quarto giorno Dio crea gli ornamenti per le realtà già formate; così nel firmamento vengono collocati gli astri. Sole e luna, che per molti popoli vicini erano considerati divinità da adorare, qui sono ridotti al rango di pure e semplici lampade che brillano di luce riflessa; la luce, infatti, è stata creata il primo giorno indipendentemente dagli astri. Il testo genesiaco ci ricorda come la funzione degli astri non sia soltanto quella di far luce, ma anche di governare o regolare i tempi e le stagioni. La posizione degli astri, infatti, determina il ciclo liturgico ebraico. Al ritmo degli astri creati da Dio è così legata la possibilità del culto reso a lui: è come se il culto e la preghiera fossero già stati previsti da Dio al momento stesso della creazione. Nella creazione dei primi viventi, i pesci e gli uccelli, (quinto giorno) appare per la prima volta il verbo ‘benedire’ che ricorrerà altre due volte nel testo; la vita nasce così sotto il segno del favore divino.
  • 30. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno. (Gen 1, 14-19) MOSAICO della Cappella PalatinaPalermo, Sec. XII
  • 31. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi …, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, … secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. (Gen 1, 20-25) MOSAICO della Cappella Palatina. Palermo, Sec. XII
  • 32. Gli Autori biblici di Genesi 1-11 (dal sec. X al VI a c) non avevano il concetto della creazione dal nulla; solo nel secondo libro dei Maccabei troviamo espressa chiaramente questa idea. Tuttavia, l’interpretazione letterale della Genesi era comune nella Chiesa fino al secolo scorso; solo nel 1948 ci fu una svolta decisiva, grazie alla lettera pubblicata dalla Pontifìcia Commissione Biblica. In questa lettera si affermava che è legittimo ammettere per Gen 1-11 autori diversi da Mosè e, soprattutto, si sosteneva che in questi capitoli la storia ci viene presentata con un linguaggio popolare e figurato. La situazione della lettura e interpretazione biblica nella Chiesa cattolica iniziò a mutare radicalmente grazie al magistero di Pio XII e all'enciclica da lui pubblicata nel 1943, (Divino Afflante Spiritu), con la quale il papa garantiva agli studiosi cattolici la piena libertà degli studi biblici e ne riaffermava la centralità e l'importanza. Il primo versetto di Genesi, “in principio Dio creò il cielo e la terra” può essere interpretato in modo letterale, nel senso che l’autore biblico volesse intendere che Dio ha creato dal nulla?
  • 33. La creazione dell'uomo occupa un ampio spazio all'interno del capitolo e costituisce senza dubbio il vertice del racconto. "Facciamo l'uomo": anche la creazione dell'umanità dipende dalla parola di Dio. Il verbo al plurale, "facciamo", deve essere inteso come una forma grammaticale di carattere deliberativo: è in fondo ciò che accade anche a noi, quando ci troviamo da soli e diciamo: "Che facciamo?". Dio si consulta solo con se stesso, non avendo bisogno di nessun altro con cui consigliarsi. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». (Gen 1, 26) A NOSTRA IMMAGINE
  • 34. "Uomo", nella lingua ebraica, è il vocabolo 'adam, che in questo caso indica non tanto l'uomo maschio (come sarà a partire da Gen 4,1, dove 'adam verrà usato anche come nome proprio, Adamo), ma indica piuttosto l'essere umano, l'umanità. Questo essere umano è creato "a nostra immagine e a nostra somiglianza". Essere immagine e somiglianza di Dio significa aver ricevuto la vita da lui; essere simili a lui, seppure non uguali. Il testo della Genesi afferma sia la dipendenza sia la relazione con Dio. L'uomo è capace di avere un rapporto diretto con il suo Creatore, è capace di amare Dio e di entrare in relazione con lui. La conoscenza del mistero dell'uomo passa per quella del mistero di Dio e viceversa. Facciamo l’uomo
  • 35. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi …” (Gen 1, 26) L’umanità viene creata "maschio" e "femmina": la coppia e la sessualità sono il primo dono che Dio ha fatto all'umanità. Essa non esiste se non nella differenziazione sessuale, che richiede perciò una relazione tra uomo e donna. Sono da rifiutare le ideologie contrarie perché la differenza sessuale è creata da Dio non come fonte di divisione, ma di comunione. “Siate fecondi e moltiplicatevi": la prima parola che Dio rivolge all'uomo non è tanto un comando, quanto piuttosto una benedizione. Questa parola divina indica come, all'interno della coppia, i figli siano prima di tutto una benedizione, un segno dell'amore di Dio per l'uomo (cf. Sal 127,3) MASCHIO e FEMMINA
  • 36. Dio disse: … riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra. (Gen 1, 27-28) Nel vs 26 compare il verbo "dominare" al quale si aggiunge, nel v. 28, il verbo "soggiogare"; si tratta di verbi presi dal vocabolario che normalmente nella Bibbia ebraica riguarda il re. L'uomo riceve da Dio il compito di governare la terra; è cioè immagine e somiglianza di Dio nel senso che è una sorta di rappresentante divino nel mondo, il segno della presenza di Dio nel creato. L’UOMO è RE
  • 37. Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. (Gen 1, 29-31) I vv 29-30 passano spesso inosservati; all'uomo appena creato Dio offre come cibo soltanto erbe del campo. Non si tratta di un invito a una dieta vegetariana: nel progetto della creazione è assente anche quel minimo di violenza necessaria per mantenersi in vita, l'uccisione degli animali. IL CIBO
  • 38. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. II racconto della creazione dell'umanità termina con una variazione al ritornello che già conosciamo: "E Dio vide che era cosa molto buona/bella". La creazione dell'uomo è così il vertice stesso dell'azione divina; l'uomo è davvero un prodigio divino (Sal 139,14: "Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio “). Il testo di Gen 1 ci impedisce di avere dell'uomo, immagine e somiglianza di Dio, una visione pessimista. COSA MOLTO BUONA
  • 39. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Tutto il racconto della creazione, che trova il suo vertice nella creazione dell'umanità, si conclude in modo inatteso: il riposo di Dio nel settimo giorno. II settimo giorno è, prima di tutto, il giorno in cui la creazione è compiuta, in cui Dio "portò a termine il lavoro che aveva fatto". In questo modo la Genesi intende affermare che il riposo non è in funzione del lavoro, ma piuttosto il contrario: il lavoro è in funzione del riposo. Il settimo giorno, in cui Dio si riposa, è una contestazione radicale di ogni mentalità umana basata sul lavoro e sul profitto. IL SETTIMO GIORNO
  • 40. II settimo giorno è "benedetto", cioè è ricco di vita, ed è "santificato", cioè appartiene a Dio. Nel settimo giorno l'uomo non si riposa per lavorare poi meglio; si riposa invece per entrare in rapporto con Dio. Riposarsi con Dio il settimo giorno significa comprendere che il senso della creazione sta proprio qui, nel vivere con Dio, come ha ben compreso l'autore della lettera agli Ebrei (Eb 4,4-11). Entrare nel settimo giorno significa entrare nel tempo di Dio. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. (Gen 2, 2-4) DIO BENEDISSE
  • 41. Allo stesso tempo, il Nuovo Testamento opera uno spostamento importante di significato: il Vangelo di Giovanni, aprendosi con la frase "in principio era la Parola" richiama immediatamente il testo di Gen 1,1, ma compie un passo avanti. Alle origini, al principio della creazione c'è Cristo, la Parola di Dio. Nella lettera ai Colossesi leggiamo, a proposito di Cristo, che "tutto è stato creato per mezzo di lui e in vista di lui; egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,16-17) L’autore biblico può dire, su ispirazione, verità che lui non conosce? “Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte”. (DV n11) “…l’interprete della Sacra Scrittura, per capire bene ciò che Egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione, che cosa gli agiografi in realtà abbiano inteso significare e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole”.(DV n 12) Il senso spirituale rivela il significato soggettivo per la fede del credente; è ciò che Dio ha voluto dire attraverso l’agiografo. Il senso spirituale è contenuto nel senso letterale, ma lo supera, poiché si ricollega con il disegno salvifico di Dio, autore primario della Bibbia, e può essere studiato solo alla luce di una rivelazione ulteriore.
  • 42. Gen 1 risponde alle domande degli ebrei che si chiedono perché il mondo è fatto così, da dove viene e chi lo ha creato. Gen 2-3, invece, risponde, ad altre domande: Chi è l'uomo? Perché nel mondo c'è il male? L’uomo è libero? Gen 1 introduce il tema della bontà e bellezza del creato e dell'uomo, creato a "immagine e somiglianza" con Dio. Gen 2-3, invece, introduce il tema della libertà, di un Dio che "scommette" sulla sua creatura. C'è una tensione morale tra l'uomo e Dio, che culminerà nel peccato descritto in Gen 3. IL SECONDO RACCONTO DI CREAZIONE Perché due racconti della creazione? Perché i due racconti sono entrambi necessari: I due testi di Gen 1 e Gen 2-3 hanno bisogno l'uno dell‘altro. Senza Gen 2-3, il mondo sembrerebbe troppo bello e poco realistico, ma senza Gen 1 il peccato dell'uomo apparirebbe una tragedia senza fine, che contraddirebbe il progetto stesso di Dio.
  • 43. A Gen 2,4b-17: creazione di adam e del suo ambiente. Dio segna dei limiti B Gen 2,18-25: rapporti armoniosi con il creato con la donna. C Gen 3,1-7: dialogo con il serpente. B’ Gen 3,8-21: rapporti incrinati con Dio, con la donna e con il creato. A’ Gen 3,22-24: adam è cacciato dal suo ambiente e Dio impone nuovi limiti La disposizione dei capitoli 2,4b-3,24 è chiastica. Il dialogo con il serpente segna la differenza tra un prima e un poi: prima ci si trova nell’armonia con il mondo, con gli animali, con il proprio partner, con Dio; poi ci si trova in disarmonia con gli stessi elementi che fanno parte del mondo creato. Notiamo un dettaglio non privo di importanza: in AB e A’B’, si parla con Dio; in C non si parla con Dio ma si parla di Dio. L’uomo parla con Dio L’uomo parla con Dio L’uomo parla di Dio DISPOSIZIONE DEI TESTI
  • 44. Con i capp. 2-4 della Genesi lo stile e il genere letterario si modificano profondamente rispetto a Gen 1, un poema liturgico. Il tono è meno solenne, meno ritmico, ma più narrativo. Siamo di fronte ad uno stile sapienziale, di tipo «mitopoietico» e con un intento chiaramente didattico: si vuole insegnare qualcosa sul mondo, qualcosa che però non è storia passata, ma mito, quindi verità valida per ogni generazione, verità valida in quanto tale. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. (Gen 2, 4-6)
  • 45. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo (Gen, 2, 7) L'azione di Dio è descritta con il verbo che normalmente viene usato per l'azione del vasaio, "plasmare"; l'uomo è una creatura fragile, modellata con la polvere dalle mani sapienti di Dio. II termine "suolo " è in ebraico 'adamah, mentre il termine "essere umano" è invece ha'adam; già nel nome, l'uomo è legato, con questo gioco di parole, al suo luogo di origine, la terra. Nei miti dei popoli vicini, ad esempio in Enuma Elish, la creazione dell'uomo è descritta con immagini non troppo lontane da questa; gli uomini vengono creati mescolando argilla con il sangue di un dio, ma lo scopo è servire gli Dei, una forma di schiavitù. Non così avviene nel racconto genesiaco: l'uomo, plasmato dalla terra, riceve la vita da Dio stesso e non è creato per essere il suo schiavo. IL TERRESTRE Creazione dell’uomo. Mosaici di S. Marco, Venezia
  • 46. - … e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.(Gen, 2,7) ”Alito di vita” Dall’ebraico “nishmah” rimanda al “soffiare” e “respirare”. Nell’A.T. questo termine indica la spiritualità dell’uomo, cioè un dono che Dio fa all’uomo per permettergli di conoscere, di entrare in relazione con gli altri e con Lui stesso. L’altro termine, invece, “ruah” = “vento”, indica lo Spirito di Dio. Quest’alito di vita non designa “l’anima” (termine sconosciuto all’autore sacro; infatti è stato introdotto tardivamente con la filosofia greca), ma qualcosa simile a ciò che noi chiamiamo “coscienza”. L’uomo, perciò, è contemporaneamente legato a Dio (alito di vita) e al mondo (argilla-materia), e questa unità è la sua grandezza e la sua bellezza. ALITO di VITA
  • 47. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. (Gen 2, 8- 9) Il giardino dell'Eden diventerà nella tradizione ebraico-cristiana il "paradiso terrestre". Eden significa "delizia" e il giardino appare come il luogo che Dio ha pensato per l'uomo. In questo giardino l'uomo potrà vivere in comunione con Dio, con l'altro uomo, con la natura. Il giardino non è una conquista dell'uomo, ma un dono gratuito di Dio, così come sarà, per Israele, il dono della terra promessa. UN GIARDINO IN EDEN
  • 48. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. (Gen 2, 10-14) Stupisce, nei vv. 10-14, trovare una notizia geografica, per noi incomprensibile. Dal giardino dell'Eden partono quattro fiumi, dei quali soltanto due, il Tigri e l'Eufrate, sono conosciuti. Il numero "quattro" rinvia ai punti cardinali e questo testo sembra dirci che tutta l'acqua del mondo proviene dall'Eden, cioè da Dio. Inoltre, ponendo la sorgente di fiumi famosi come il Tigri e l'Eufrate nel giardino dell‘Eden, il testo vuole farci comprendere come tale giardino non è una realtà fuori dal mondo, il disegno di Dio non è al di là delle capacità umane; il giardino è comunque "terrestre", non è una illusione che si troverebbe solo in mondi a noi irraggiungibili. LA GEOGRAFIA DEL PARADISO TERRESTRE
  • 49. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. (Gen, 2, 15) L'uomo, creato da Dio, è posto nel giardino "per lavorarlo e custodirlo". Dunque la vocazione dell'uomo è il lavoro; uno dei fini per i quali l'uomo è posto nel giardino è coltivarlo e custodirlo secondo il disegno di Dio, in altri termini, collaborare all'opera della creazione. L'uomo non è perciò il padrone del creato. Il verbo "lavorare" ('abad) nella lingua ebraica indica anche il "servire" Dio nel culto; il verbo "custodire ", alla lettera "fare la guardia" (shamar), indica il "custodire i precetti di Dio". Il fine per cui l'uomo è stato creato non è soltanto il lavoro, ma anche il culto, il servizio di Dio. COLTIVARE E CUSTODIRE
  • 50. Alvs9compaionoduealbericheavrannounaparte importantenellastoria;ilprimoèl'alberodellavita,chestain mezzoalgiardinoedicuil'uomopuòmangiare. Contrariamenteaimitideltempo,(nelmitodettodi Ghilgamesh,l'eroenonpuòaveraccessoall'alberodellavita), l'uomononècreatoperlamorte,maperlavita. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire». (Gen, 2, 16-17) Il secondo è l’albero della conoscenza del bene e del male che rappresenta la libertà morale, la capacità di decidere da soli che cosa è bene e che cosa è male. Il fatto che l'uomo non possa mangiare il frutto di questo albero ci ricorda che solo Dio può decidere che cosa è bene e che cosa è male e che l'uomo non può arrogarsi una totale autonomia morale che escluda Dio dal suo orizzonte. Mosaico della Cappella Palatina, Palermo. CONOSCERE IL BENE E IL MALE
  • 51. PLASMÒ: Lacreazionedell’uomoèrappresentataconl’immaginedelvasaioche plasmalacreta (laparolaebraica“adamah”letteralmenteindicaqualcosadi“rossastro”comel’argilla). SOFFIÒ: Dall’ebraico“nishmah”, rimandaal“soffiare”e“respirare”. l’uomo è fatto di terra ma viene contraddistinto dalla presenza del divino, “l’alito di vita” PIANTÒ un “giardino”(ebraico:“gan”).L’anticaversionegrecadellaBibbiahatradottoquestotermine con“paràdeisos”,vocabolodioriginepersiana,dalqualeèderivatoilnostrotermine“Paradiso”. COLLOCÒ l'uomonelluogocheLuistesso avevapensatoperlui,dovel'uomo potesse vivere in comunione con Lui, con l'altro uomo, con la natura. FECE GERMOGLIARE dalsuoloognisortadialberigraditiallavistaebuonidamangiare… PRESE l’uomo e lo pose nelgiardino di“Eden”(=luogodidelizia). Ilgiardinononèunaconquista dell'uomo,maundonogratuitodiDio,cosìcomesarà,perIsraele,ildonodellaterra promessa. POSE: In Gen 2,15 viene segnalato lo scopo di questa posizione dell’uomo nel giardino: coltivare e custodire. I VERBI di DIO In Gen 2, 4-17, con poche parole, il narratore intende descrivere il progetto di Dio sull'uomo; l'azione di Dio è descritta con sette verbi che indicano la pienezza dell' agire divino: Il culmine dell'azione di Dio è però nella parola che egli rivolge all'uomo, l'ottavo verbo della serie:"DIEDE QUESTO COMANDO" (v. 16).
  • 52. Non possiamo interpretare il testo di Genesi 1-11 per il suo senso storico? Il testo è un punto di vista sul mondo e sull’uomo e risponde alle domande fondamentali che ci appartengono da sempre. Non racconta la storia delle origini, veicola verità sul senso dell’esistenza, verità che valgono sempre, anche oggi. Vuole dare una spiegazione del male, della fatica, dire verità sull’amore, la coppia, il creato, la violenza, il sangue versato, e Dio in rapporto a tutto questo. È dunque un racconto didattico, sapienziale. PERCHÉ?
  • 53. Ilracconto della creazione della donna costituisce una novità assoluta nel panorama dell'Oriente antico; ciò è segno dell'importanza che l'autore biblico attribuisce alla donna. Si tratta di una breve narrazione densa di significato, il cui scopo è rispondere a una domanda sul senso della nostra vita: perché l'essere umano esiste come maschio e femmina? Qual è il senso della coppia umana? Il testo è diviso in quattro parti: in Gen 2,18 troviamo la descrizione del progetto di Dio sull'uomo: "Non è bene che l'uomo sia solo". In Gen 2,19-20 il primo tentativo: proviamo con gli animali! Ma tale tentativo fallisce. In Gen 2,21-22 viene descritta la creazione della donna. in Gen 2,23-25 l'effetto che essa ha sull'uomo e la creazione della coppia. LA CREAZIONE DELLA DONNA (Gen 2,18-25)
  • 54. E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18) Soltanto Dio può decidere ciò che è bene e ciò che è male per l'uomo. L'uomo è stato creato per vivere insieme ad altri uomini, non può essere felice nella solitudine, è fatto per l'amicizia e la coppia. La relazione appartiene radicalmente all’uomo. “Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se si dorme in due, si sta caldi; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto”. (Qo 4,9-12) La corda a tre capi è simbolo del matrimonio: uomo, donna, Dio. IL PROGETTO DI DIO
  • 55. Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda (Gen 2,18) In Gen 2,18 Dio pensa per l’uomo un aiuto che gli sia simile, in ebraico l’espressione significa letteralmente «che gli stia di fronte». Il termine ebraico «ezer», (aiuto), indica qualcosa senza il quale non si può vivere; l'uomo e la donna hanno l'uno bisogno dell'altro. Inoltre tale "aiuto" sta "di fronte" all'uomo. In questo modo si vuol far capire che la donna, pur essendo diversa dall'uomo, è posta sul suo stesso piano, né superiore né inferiore a lui. L'uomo e la donna sono allora due "tu" collocati da Dio allo stesso livello e destinati alla vita in comune. UN AIUTO
  • 56. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati … Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. (Gen 2,19-20) L’uomo è chiamato a dare il nome agli animali, è chiamato ad una responsabilità che lo avvicina a Dio, perché anche Dio in Gen 1 chiamava, dava il nome alle cose che creava. Dare il nome agli animali, significa comprendere, ordinare e dominare il creato senza sfruttarlo o sconvolgerlo, come collaboratori Dio. Ma gli animali non bastano per alleviare la solitudine dell'uomo; la Genesi suggerisce così come la donna sia molto diversa dagli animali, una verità che all'epoca non doveva ancora essere molto chiara, se lo stesso decalogo, proprio nell'ultimo comandamento, elenca la donna tra le proprietà del marito dopo la casa, insieme agli animali (Es 20,17). DARE IL NOME
  • 57. La creazione della donna avviene attraverso uno stato particolare : il «torpore», in ebraico: TarDëmâ. Questa parola indica un tipo di sonno estatico, profondo (La Bibbia dei LXX traduce il termine con ekstasi). Come per Abram in Gen 15,12, (Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono), si tratta di un sonno teologico, un sonno che rende l’uomo disponibile all’intervento divino. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. (Gen 2,21) "Nella teologia dell'autore jahvista, il torpore nel quale Dio fece cadere il primo uomo sottolinea l'esclusività dell'agire di Dio nell'opera della creazione della donna: l'uomo non aveva in essa alcuna partecipazione cosciente" (GIOVANNI PAOLO II, Catechesi del 7 novembre 1979). EKSTASI
  • 58. Cosa rappresenta la «costola» con cui Dio ha plasmato la donna? Giovanni: è possibile tradurre la parola s.ela‘ con: una parte; un lato; una metà? Il testo greco della Bibbia, la Settanta, traduce la parola s.ela‘ con pleurá, che significa sia «costola» sia «fianco», come avviene per l’ebraico. «Ossa e carne»: l’osso indica l’interiorità, la spiritualità, la carne la parte fisica, esteriore dell’uomo…? Cesare: dal Talmud: «state molto attenti a far piangere una donna, che poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perché dovesse esser pestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale … un po’ più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere Amata …» Luigino: «Dio "costruisce" la donna utilizzando una delle costole dell'uomo: significa che la donna è un derivato dell’uomo… che gli deve sottomissione?... Giuseppe: Dio ha creato l’uomo plasmandolo dal suolo, la donna usando una costola ( a differenza degli altri esseri)… l’uomo riconosce nella donna una parte di sé, la accoglie come pari in dignità… Albino: Costola significa, nella traduzione più attendibile, metà dell’uomo… a livello cromosomi questa è anche verità scientifica …
  • 59. Don Sandro: la traduzione letterale dall’ebraico ci fa capire che l’autore sacro intendeva dire proprio costola, non lato, parte … per fare un’esegesi corretta si deve partire dall’esatta comprensione del testo. Giuseppe: abbiamo compreso e accettato il concetto che la donna è, per la Genesi, allo stesso livello dell’uomo, pari in dignità. A questo punto mi sembra pleonastico insistere a discutere se il termine costola vada inteso nel senso di osso o nel senso di lato, parte, ecc. Giovanni: Tommaso d'Aquino introduce anche l'interpretazione cristologica dell'episodio. Adamo addormentato, dal quale Dio estrae la costola per creare Eva, è immagine di Gesù morto in croce, dal cui costato, trafitto dalla lancia di un soldato romano, escono sangue e acqua, che simboleggiano i due sacramenti dell'Eucaristia e del Battesimo sui quali fu istituita la Chiesa. TRADUZIONE DALL’EBRAICO E INTERPRETAZIONE E fece cadere Jhawè Elohim sonno profondo su Adam e dormì. E prese una da costole di lui e chiuse carne sotto di essa. E edificò Jhawè Elohim la costola che aveva preso da Adam in donna. E fece entrare al Adam.
  • 60. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna … (Gen 2,22) Dio "costruisce" (come un architetto) la donna utilizzando una delle costole dell'uomo. La creazione della donna dalla costola forse richiama il mito sumerico di Dilmun nel quale si narra della dea Nin-ti, la "signora della costola" ovvero la "signora della vita", dato che il termine ti significa sia "costola" sia "vita". LA DONNA La costola, dunque, è simbolo di vita ed è vicina al cuore. In questo modo si vuol dire che la donna è la vita dell'uomo e che è vicina al suo cuore. La donna è, così, strettamente connessa con la vita della quale è portatrice, ed è in un profondo rapporto con l'uomo.
  • 61. Non è l'uomo a incontrare la donna, né la donna a conquistare l'uomo; è invece Dio a far incontrare i due sessi. In questo modo il testo vuole sottolineare, una volta di più, come dietro al mistero della sessualità vi sia l'opera del Signore. L'essere coppia è, per usare un linguaggio per noi più chiaro, una vera vocazione all'amore. Inoltre, l'uomo deve prendere coscienza che la donna è un dono, non un oggetto da possedere. Tutto ciò vale evidentemente anche per l'uomo; nessun essere umano può essere equiparato a un animale. … e la condusse all’uomo. (Gen 2,22) UN DONO
  • 62. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». (Gen 2,23) Di fronte alla donna appena creata il v. 23 mette in bocca all'uomo un canto di lode; la solitudine è finalmente terminata! Ascoltiamo il v. 23 in una traduzione più fedele al testo ebraico: "Questa, questa volta, osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne! Questa sarà chiamata donna (in ebraico 'ishah) perché dall'uomo ('ish) è stata tratta, questa!". Di fronte al mistero della sessualità l'uomo riconosce che la coppia è quella cosa "molto buona" e "molto bella" di cui già Gen 1 ci aveva parlato. L'atteggiamento dell'uomo è, dunque, quello dello stupore e della meraviglia. In Gen 2,18-25 non c'è una sola parola di divieto o di proibizione in relazione alla coppia, ma solo lode e stupore per questa stupenda "invenzione" divina. CARNE DALLA MIA CARNE
  • 63. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. (Gen 2,24) Secondo l'uso ebraico è la donna che abbandona la propria famiglia per entrare in quella del marito. Qui viene chiesto il contrario, è l’uomo a dover lasciare la famiglia d’origine. Il fine della coppia, allora, è formare un corpo solo, una sola realtà, quella che la Chiesa chiamerà "comunione di persone” (cf. Gaudium et Spes, 48; Humanae Vitae, 12), che è poi il primo fine del matrimonio cristiano. SARANNO UN’UNICA CARNE Inoltre: i due saranno "una carne sola". Questa espressione rimanda non solo all’atto sessuale matrimoniale, ma anche all’unità della vita (nella Bibbia la “carne” è simbolo dell’esistenza). L’unione matrimoniale e il suo carattere monogamico, sono voluti da Dio.
  • 64. La Legge mosaica non esclude che l'uomo possa ripudiare sua moglie (cfr. Dt 24); ma già il profeta Malachia, alla metà del V sec. a.C., riflettendo su Gen 2,24 intuisce che dietro a questo testo c'è la volontà del Creatore che esclude il ripudio (Mal 2,14-15). Proprio a Gen 2,24 rimanderà Gesù per fondare l'indissolubilità del matrimonio (Mt 19,1-9); la lettera agli Efesini citerà anch'essa questo versetto nel contesto del celebre passo sulla sacramentalità del matrimonio (Ef 5,31-32). La prima parte di questo nuovo racconto della creazione ha ribadito la bellezza della realtà uscita dalle mani di Dio. Essa è come un tessuto di armonie: l’uomo è in armonia con Dio, a cui è legato dall’alito di vita; è in armonia con la materia e gli animali a cui “impone il nome”; è in armonia con il suo simile, cioè la “donna”.Antelami, Creazione di Eva. Duomo di Orvieto UN tessuto di ARMONIE Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna. (Gen 2,25)
  • 65. Don Sandro Panizzolo Catechesi Adulti 2014-2015 Redazione: Rita Veronese Parrocchia s. Giuseppe Operaio Monselice