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Incontro con tre educatrici
del carcere “Due Palazzi”
di Padova
Gruppo:
Ilaria Bano, Silvia Favero, Ambra Furlan, Giulia
Gaburo, Sara Guerriero, Giulia Rizzoli
Classe V I – Prof. Gabriella Peracchi
12 dicembre 2012
Carcere “Due Palazzi”
di Padova
Intervista alle tre educatrici
Lorena Orazi

capo – area sezione educatori

lavora nel carcere
“Due Palazzi” di Padova da
23 anni
Annamaria

lavora in questo
carcere da 9 anni

e

Cinzia

lavora in questo carcere da 3
anni e mezzo
Lo scopo di questo incontro è di conoscere la realtà
carceraria dal punto di vista delle educatrici che hanno
potuto fornirci anche gli aspetti psicologici che devono
saper analizzare durante i colloqui con i detenuti.
Questa intervista è stata fondamentale per avere una
visione piĂą complessa riguardo la tematica della
rieducazione all’interno del
“Progetto Carcere”.
Giulia R.
Prima domanda
chiede:
“Per quale ragione avete scelto
questo lavoro?”
Cinzia

“Fin da piccola ero attratta dal lavoro sociale: aspiravo ad
aiutare le persone in difficoltĂ  e ho scritto alcune brevi
riflessioni in un libretto scolastico riguardo il carcere. Ho
studiato scienze della comunicazione e amo il mio lavoro
perché lo considero gratificante, seppur molto impegnativo.”

Annamaria

“Io invece ho intrapreso questa scelta
unicamente perché mi affascinava il lavoro
che svolge l’educatrice e mi sono molto
appassionata a questa professione.”

Lorena

“La mia storia è un po’ particolare perché sono stata casualmente
trasferita a Padova da Roma, mia cittĂ  natale. Ho vinto un concorso
pubblico, ma non immaginavo che sarei diventata educatrice
all’interno di un’Istituzione come il carcere. Ugualmente mi considero
molto fortunata e soddisfatta del mio lavoro.”
Ilaria
Seconda domanda
chiede:
“Quando e perché è nata la
figura dell’educatore?”
Lorena

“La figura dell’educatore nasce nel 1975. In quel periodo fu
chiaro che, nonostante i detenuti scontassero la pena, una
grandissima quantitĂ  di ex detenuti continuava a delinquere
anche dopo la scarcerazione. Senza un processo di
RIEDUCAZIONE, gli anni di detenzione risultavano inutili e privi di
risultati positivi.”

Cinzia

“Noi tre educatrici però non lavoriamo solo con i
detenuti. Spesso ci ritroviamo a sostenere colloqui
anche con gli agenti di polizia, perché la realtà
carceraria è opprimente e difficile da gestire a livello
psicologico.”
Giulia G.
Terza domanda
chiede:
“Quali sono le attività previste
durante il processo di rieducazione?”
Annamaria

Cinzia

“Inizialmente esistevano attività come
giardinaggio, informatica e pittura.
“I finanziamenti sono molto scarsi, quindi gli
interventi di rieducazione e risocializzazione
vengono ridotti e la reintegrazione dei detenuti è
compromessa.”

Lorena

“Le attività vengono definite “trattamentali” e forniscono al detenuto possibilità di
formazione scolastica, universitaria e lavorativa. Significative sono le attivitĂ  culturali
e sportive. Esistono infatti appositi luoghi in cui i detenuti possono giocare a calcio.

Oggi questo non è più presente. Esistono lavori
minori come quelli del cuoco e del panettiere.”
Inoltre il numero degli educatori non è proporzionale
al numero dei detenuti. In Italia sono presenti solo
400 educatori a contatto con 67000 detenuti.”
Quarta domanda
Ambra
chiede:
“Il percorso rieducativo si basa prevalentemente
sul dialogo o sulle attività?”
Cinzia

Annamaria

o
“Le attività e i colloqui sono elementi interscambiabili.
Il processo rieducativo è basato principalmente su
attivitĂ  volte alla risocializzazione e alla rieducazione
del detenuto. I dialoghi col detenuto, invece, fungono
essenzialmente da valvola di sfogo.”

“Il dialogo è fondamentale.
I detenuti sono in grado di cogliere quando l’educatrice è
spaventata, agitata o non a suo agio. Le educatrici devono quindi
imparare a controllare le proprie emozioni per trovare quel
giusto equilibrio tra un colloquio puramente professionale e un
dialogo intimo.”

Lorena

?

“Il nostro compito consiste nel conoscere la storia dei detenuti , capire per quale
ragione è stato commesso il reato, scoprire quale idea ha il detenuto di se stesso
al di fuori del carcere, comprendere se esistono consapevolezza e pentimento.
Durante i colloqui utilizziamo un quaderno nel quale annotiamo alcuni appunti,
ma molto pochi (ciò potrebbe causare disagio al detenuto).

Attualmente in
questo carcere ogni
educatrice segue
130 detenuti.”
Quinta domanda

Silvia
chiede:
“Quali sono gli altri compiti che dovete
svolgere in qualità di educatrici?”
Lorena

“Noi siamo segretari tecnici di un’ èquipe di lavoro. Quando un detenuto
deve avanzare una richiesta al Magistrato di Sorveglianza, l’educatore lo
sostiene nell’elaborare la richiesta. Parte integrante del lavoro è inoltre
il contatto con i parenti dei carcerati, che hanno bisogno di essere
rassicurati e informati della situazione in carcere.”

Annamaria

“Le educatrici partecipano spesso ai processi dei detenuti
per poterne poi discuter con loro. Il nostro lavoro
comprende anche numerose riunioni con gli altri educatori
e con il Magistrato di Sorveglianza.”

Cinzia

“Il nostro lavoro è costituito da molte emergenze che spetta a noi risolvere. Può capitare
che muoia un familiare di un detenuto, che qualcuno tenti il suicidio, che un carcerato
commetta atti gravi all’interno del carcere. Tali episodi sono emergenze che richiedono un
contatto immediato con i detenuti interessati.
L’area trattamentale educativa prevede 36 ore di lavoro settimanali, per quanto riguarda il
tempo pieno.”
Sesta domanda
Sara
chiede:

“Dal momento che sappiamo quanto sia difficile
non lasciarsi influenzare dai luoghi comuni,
voi vi reputate in grado di svolgere il vostro
lavoro arginando stereotipi e pregiudizi?”
Cinzia

Lorena

NTERVISTA
INE DELL’I
F
“Indubbiamente pregiudizi e stereotipi
caratterizzano l’essere umano. Sono molti i
tentativi di non farci influenzare dai luoghi
comuni. Spesso però i giudizi risultano
indispensabili ed è necessario realizzare una
classificazione.”

“Infatti non è possibile trattare indistintamente tutti i detenuti. Ognuno ha
storie, bagagli culturali, esperienze diverse e non sarebbe corretto
comportarsi nel medesimo modo con tutti i carcerati.
Spesso le storie dei detenuti coinvolgono emotivamente, ma la
professionalitĂ  non deve mai venire meno.
I diritti e i doveri di un detenuto non vengono mai messi in discussione da
parte dell’educatore.”
Commenti e riflessioni

Le tre educatrici si sono dimostrate
molto disponibili nei nostri
confronti e soprattutto
appassionate del loro lavoro.
Amano la loro professione, il
contatto umano con i detenuti, il
sostegno che possono fornire a
livello psicologico.
Nel corso dei nostri studi abbiamo
appreso quanto “rieducazione” e
“risocializzazione” siano processi
E END
fondamentali nell’istituzione carcere.
TH
Poter conoscere chi entra
quotidianamente a contatto con
questa realtà è stata un’esperienza
molto formativa e gratificante.
Grazie per la
visualizzazione!!
Ilaria Bano

Ambra Furlan

Sara Guerriero

Silvia Favero

Giulia Gaburo

Giulia Rizzoli

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Incontro con le educatrici

  • 1. Incontro con tre educatrici del carcere “Due Palazzi” di Padova Gruppo: Ilaria Bano, Silvia Favero, Ambra Furlan, Giulia Gaburo, Sara Guerriero, Giulia Rizzoli Classe V I – Prof. Gabriella Peracchi
  • 4. Intervista alle tre educatrici
  • 5. Lorena Orazi capo – area sezione educatori lavora nel carcere “Due Palazzi” di Padova da 23 anni
  • 6. Annamaria lavora in questo carcere da 9 anni e Cinzia lavora in questo carcere da 3 anni e mezzo
  • 7. Lo scopo di questo incontro è di conoscere la realtĂ  carceraria dal punto di vista delle educatrici che hanno potuto fornirci anche gli aspetti psicologici che devono saper analizzare durante i colloqui con i detenuti. Questa intervista è stata fondamentale per avere una visione piĂą complessa riguardo la tematica della rieducazione all’interno del “Progetto Carcere”.
  • 8. Giulia R. Prima domanda chiede: “Per quale ragione avete scelto questo lavoro?”
  • 9. Cinzia “Fin da piccola ero attratta dal lavoro sociale: aspiravo ad aiutare le persone in difficoltĂ  e ho scritto alcune brevi riflessioni in un libretto scolastico riguardo il carcere. Ho studiato scienze della comunicazione e amo il mio lavoro perchĂ© lo considero gratificante, seppur molto impegnativo.” Annamaria “Io invece ho intrapreso questa scelta unicamente perchĂ© mi affascinava il lavoro che svolge l’educatrice e mi sono molto appassionata a questa professione.” Lorena “La mia storia è un po’ particolare perchĂ© sono stata casualmente trasferita a Padova da Roma, mia cittĂ  natale. Ho vinto un concorso pubblico, ma non immaginavo che sarei diventata educatrice all’interno di un’Istituzione come il carcere. Ugualmente mi considero molto fortunata e soddisfatta del mio lavoro.”
  • 10. Ilaria Seconda domanda chiede: “Quando e perchĂ© è nata la figura dell’educatore?”
  • 11. Lorena “La figura dell’educatore nasce nel 1975. In quel periodo fu chiaro che, nonostante i detenuti scontassero la pena, una grandissima quantitĂ  di ex detenuti continuava a delinquere anche dopo la scarcerazione. Senza un processo di RIEDUCAZIONE, gli anni di detenzione risultavano inutili e privi di risultati positivi.” Cinzia “Noi tre educatrici però non lavoriamo solo con i detenuti. Spesso ci ritroviamo a sostenere colloqui anche con gli agenti di polizia, perchĂ© la realtĂ  carceraria è opprimente e difficile da gestire a livello psicologico.”
  • 12. Giulia G. Terza domanda chiede: “Quali sono le attivitĂ  previste durante il processo di rieducazione?”
  • 13. Annamaria Cinzia “Inizialmente esistevano attivitĂ  come giardinaggio, informatica e pittura. “I finanziamenti sono molto scarsi, quindi gli interventi di rieducazione e risocializzazione vengono ridotti e la reintegrazione dei detenuti è compromessa.” Lorena “Le attivitĂ  vengono definite “trattamentali” e forniscono al detenuto possibilitĂ  di formazione scolastica, universitaria e lavorativa. Significative sono le attivitĂ  culturali e sportive. Esistono infatti appositi luoghi in cui i detenuti possono giocare a calcio. Oggi questo non è piĂą presente. Esistono lavori minori come quelli del cuoco e del panettiere.” Inoltre il numero degli educatori non è proporzionale al numero dei detenuti. In Italia sono presenti solo 400 educatori a contatto con 67000 detenuti.”
  • 14. Quarta domanda Ambra chiede: “Il percorso rieducativo si basa prevalentemente sul dialogo o sulle attivitĂ ?”
  • 15. Cinzia Annamaria o “Le attivitĂ  e i colloqui sono elementi interscambiabili. Il processo rieducativo è basato principalmente su attivitĂ  volte alla risocializzazione e alla rieducazione del detenuto. I dialoghi col detenuto, invece, fungono essenzialmente da valvola di sfogo.” “Il dialogo è fondamentale. I detenuti sono in grado di cogliere quando l’educatrice è spaventata, agitata o non a suo agio. Le educatrici devono quindi imparare a controllare le proprie emozioni per trovare quel giusto equilibrio tra un colloquio puramente professionale e un dialogo intimo.” Lorena ? “Il nostro compito consiste nel conoscere la storia dei detenuti , capire per quale ragione è stato commesso il reato, scoprire quale idea ha il detenuto di se stesso al di fuori del carcere, comprendere se esistono consapevolezza e pentimento. Durante i colloqui utilizziamo un quaderno nel quale annotiamo alcuni appunti, ma molto pochi (ciò potrebbe causare disagio al detenuto). Attualmente in questo carcere ogni educatrice segue 130 detenuti.”
  • 16. Quinta domanda Silvia chiede: “Quali sono gli altri compiti che dovete svolgere in qualitĂ  di educatrici?”
  • 17. Lorena “Noi siamo segretari tecnici di un’ èquipe di lavoro. Quando un detenuto deve avanzare una richiesta al Magistrato di Sorveglianza, l’educatore lo sostiene nell’elaborare la richiesta. Parte integrante del lavoro è inoltre il contatto con i parenti dei carcerati, che hanno bisogno di essere rassicurati e informati della situazione in carcere.” Annamaria “Le educatrici partecipano spesso ai processi dei detenuti per poterne poi discuter con loro. Il nostro lavoro comprende anche numerose riunioni con gli altri educatori e con il Magistrato di Sorveglianza.” Cinzia “Il nostro lavoro è costituito da molte emergenze che spetta a noi risolvere. Può capitare che muoia un familiare di un detenuto, che qualcuno tenti il suicidio, che un carcerato commetta atti gravi all’interno del carcere. Tali episodi sono emergenze che richiedono un contatto immediato con i detenuti interessati. L’area trattamentale educativa prevede 36 ore di lavoro settimanali, per quanto riguarda il tempo pieno.”
  • 18. Sesta domanda Sara chiede: “Dal momento che sappiamo quanto sia difficile non lasciarsi influenzare dai luoghi comuni, voi vi reputate in grado di svolgere il vostro lavoro arginando stereotipi e pregiudizi?”
  • 19. Cinzia Lorena NTERVISTA INE DELL’I F “Indubbiamente pregiudizi e stereotipi caratterizzano l’essere umano. Sono molti i tentativi di non farci influenzare dai luoghi comuni. Spesso però i giudizi risultano indispensabili ed è necessario realizzare una classificazione.” “Infatti non è possibile trattare indistintamente tutti i detenuti. Ognuno ha storie, bagagli culturali, esperienze diverse e non sarebbe corretto comportarsi nel medesimo modo con tutti i carcerati. Spesso le storie dei detenuti coinvolgono emotivamente, ma la professionalitĂ  non deve mai venire meno. I diritti e i doveri di un detenuto non vengono mai messi in discussione da parte dell’educatore.”
  • 20. Commenti e riflessioni Le tre educatrici si sono dimostrate molto disponibili nei nostri confronti e soprattutto appassionate del loro lavoro. Amano la loro professione, il contatto umano con i detenuti, il sostegno che possono fornire a livello psicologico.
  • 21. Nel corso dei nostri studi abbiamo appreso quanto “rieducazione” e “risocializzazione” siano processi E END fondamentali nell’istituzione carcere. TH Poter conoscere chi entra quotidianamente a contatto con questa realtĂ  è stata un’esperienza molto formativa e gratificante.
  • 23. Ilaria Bano Ambra Furlan Sara Guerriero Silvia Favero Giulia Gaburo Giulia Rizzoli