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La notizia di reato
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La notizia di reato
Copyright
About the author
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La notizia di reato
Il diritto fondamentale di una persona accusata di aver commesso un
reato, è sicuramente quello di potersi difendere in maniera efficace
potendo conoscere e rappresentare al Giudice e agli inquirenti tutti gli
elementi di prova atti a contrastare l’ipotesi accusatoria. Tale
(fondamentale) aspetto del diritto di difesa ha una centrale rilevanza
costituzionale nell’art. 111 Cost. e rappresenta un aspetto centrale (quello
della ricerca della prova a discarico) nella pianificazione e attuazione di
una valida (e spesso risolutiva) linea difensiva.
Attualmente il nostro codice di procedura penale prevede una decina di
articoli dal 391 bis al 391 decies finalizzati a disciplinare le attività
investigative difensive. Elemento centrale all’interno di tale disciplina è la
possibilità per il difensore prevista dall’articolo 391 bis di avere dei
colloqui o di ricevere delle dichiarazioni o assumere delle informazioni
direttamente dalle persone informate sui fatti.
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La notizia di reato – indagini difensive – migliore difesa penale
Le fasi le indagini eliminare è segnata da un momento iniziale, quello
della acquisizione da parte della polizia giudiziaria o del pubblico
ministero della notizia di reato e da un termine finale entro il quale le
indagini debbono chiudersi, pena la inutilizzabilità degli atti compiuti
successivamente. L’acquisizione della notizia di reato va documentata
ufficialmente, mediante la sua immediata iscrizione in un apposito
registro – il Registro delle Notizie di Reato o RGNR, appunto - tenuto
presso l’ufficio del Pubblico Ministero. Prima dell’acquisizione della
notizia di reato è in ogni caso possibile l’esecuzione di investigazioni da
parte della polizia giudiziaria, eventualmente sotto la direzione del
pubblico ministero, per accertare la ricostruzione di una vicenda storica;
ma non sarebbero consentiti gli atti invasivi ad esempio le intercettazioni
e quelli coercitivi che presuppongono la già avvenuta acquisizione di una
notizia di reato ben determinata. Le indagini preliminari costituiscono
per la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero l’esercizio di un potere-
dovere finalizzato alla verifica della fondatezza della notizia di reato: è,
infatti, solo in conseguenza di una valutazione positiva della fondatezza
che sorge per il pubblico ministero il dovere di esercitare l’azione penale,
formulando una richiesta al giudice, in alternativa alla richiesta di
archiviazione. La notizia di reato costituisce, pertanto, il presupposto di
fatto da un lato dell’esercizio dell’azione penale, dall’altro, prima ancora,
delle indagini preliminari. Le modalità di acquisizione della notizia di
reato non possono essere ricondotti a schemi fissi stante la varietà
tipologica delle segnalazioni, dalla comunicazione orale alla denuncia
scritta, alla valutazione critica di una notizia già diffusa dai mezzi di
informazione. Anche lo scritto anonimo può costituire il veicolo di
trasmissione di una notizia di reato per quanto il suo ricevimento non
comporti per il pubblico ministero i doveri che gli derivano
dall’acquisizione di una denuncia o di un referto NON anonimi: l’articolo
240 del codice di procedura penale, infatti, ne vieta l’acquisizione al
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fascicolo del procedimento (il fascicolo è quello dell’accusa pubblica
ovviamente ove sono custoditi tutti i documenti delle indagini
preliminari), ma non sarebbe vietato al pm che non ritenga, come si dice,
di cestinarlo di chiedere alla polizia giudiziaria lo svolgimento di indagini
per la verifica di una eventuale ipotesi di reato che, fino a successivo
eventuale riscontro, rimane una mera congettura. Né in questo caso
potrebbe parlarsi di utilizzazione dell’anonimo, vietata ai termini
dell’articolo 333 del c.p.p., trattandosi del mero controllo della veridicità
del suo contenuto, analogamente a quanto avviene per una notizia
riferita confidenzialmente, o per una voce corrente del pubblico. Fermo il
divieto di iscrizione dello scritto anonimo nel registro di cui all’articolo
335 del codice di procedura penale, il momento iniziale delle indagini
preliminari risulta segnato dalla rituale acquisizione, successiva ed
eventuale, della notizia di reato, le cui modalità di percezione sono
assolutamente irrilevanti, e alla quale la delazione anonima ha solo
occasionalmente dato causa. Può ancora raccogliersi la distinzione,
suggerita da alcuni autori, tra notizia qualificata, in quanto contenuta in
documenti ordinati ai quali il Legislatore ha riservato una disciplina
formale (denuncia querela richiesta eccetera) e notizia di reato non
qualificata, che è quella che perviene al pubblico ministero
informalmente, o che viene appresa nella flagranza di reato al quale egli
assista: nel caso di reato commesso in udienza la immediata percezione
del fatto reato da parte del pubblico ministero personalmente concorre
con l’acquisizione della notizia qualificata contenuta nel verbale redatto
dal pubblico ufficiale. L’articolo 330 del codice di procedura penale
annunciando che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono
notizia dei reati di propria iniziativa, e ricevono le notizie presentate o
trasmesse a norma degli articoli seguenti, è meramente illustrativo della
funzione, limitandosi a una ovvia esplicitazione del dovere funzionale per
entrambi di acquisirle. Tuttavia, mentre non presenta caratteri di novità
l’affermazione del dovere della polizia giudiziaria, la norma appare
formulata in termini equivoci per l’organo del pubblico ministero tali da
far ritenere che sullo stesso pubblico ministero ricada il dovere, senza
margine alcuno di discrezionalità, di ordinare la iscrizione nel registro di
cui all’articolo 335 del codice di procedura penale (il richiamato registro
delle notizie di reato) anche delle notizie direttamente e comunque
apprese ad esempio quelle riportate nella cronaca degli organi di
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stampa, con il risultato di una inevitabile paralisi dell’ufficio di segreteria.
A respingere questa illogica conclusione induce però il comma cinque
dell’articolo 20 del decreto del presidente della Repubblica n. 449 del
1988 per il quale ogni magistrato addetto ad una procura della
Repubblica che, fuori dall’esercizio delle sue funzioni, viene comunque a
conoscenza di fatti che possono determinare l’inizio dell’azione penale,
può segnalarli per iscritto al titolare dell’ufficio. Sembra, pertanto, potersi
distinguere tra il prendere notizia del reato ed effettuare la relativa
iscrizione nell’apposito registro, che resta una facoltà per il pubblico
ministero per le notizie apprese fuori dall’esercizio delle funzioni, o a
causa delle stesse, e l’acquisire la notizia nell’esercizio delle proprie
funzioni giudiziarie, che è qualcosa di più, connotato dalla ufficialità e
dalla volontà di iscrizione conseguente ad un giudizio di fondatezza
(tratto con note del redattore da “nuovo manuale pratico del processo
penale” CEDAM 2002 – Fortuna, Dragone, Fassone, Giustozzi).
Il diritto fondamentale di una persona accusata di aver commesso un
reato, è sicuramente quello di potersi difendere in maniera efficace
potendo conoscere e rappresentare al Giudice e agli inquirenti tutti gli
elementi di prova atti a contrastare l’ipotesi accusatoria. Tale
(fondamentale) aspetto del diritto di difesa ha una centrale rilevanza
costituzionale nell’art. 111 Cost. e rappresenta un aspetto centrale (quello
della ricerca della prova a discarico) nella pianificazione e attuazione di
una valida (e spesso risolutiva) linea difensiva. Precedentemente al 2000,
il nostro codice di procedura penale prevedeva un diritto alla prova dei
difensori disciplinato in maniera davvero superficiale e delineato per
sommi capi in un articolo (il 38 disp. Att. C.p.p.) che era previsto,
nemmeno all’interno delle norme del codice di procedura penale, bensì
in quelle di disposizione di attuazione del codice stesso. Si trattava, come
detto, di una norma che in poche righe prevedeva o, per meglio dire,
costringeva il fondamentale diritto alla prova contraria (rispetto a quella
dell’accusa) dei soggetti incolpati di un reato. L’articolo in parola
prevedeva che i difensori potessero direttamente presentare al giudice le
prove a discarico eventualmente da loro stessi assunte. Non vi era
nessuna distinzione rispetto a prove testimoniali o prove documentali né
erano in alcun modo disciplinate le modalità con le quali le stesse
dovessero o potessero essere assunte dal difensore. Nè era previsto
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nella norma un impiego ex lege delle predette prove né, del resto, era
contemplata alcuna possibilità di accedere ai luoghi teatro della vicenda
per la quale pendeva il procedimento penale. L’impostazione dell’articolo
richiamato era dovuta alla precedente impostazione del codice di
procedura penale secondo il quale, in sostanza, la difesa più che per la
documentazione e la scoperta di prove a favore dell’incolpato, si basava
sul mero contrasto e la contraddizione dell’ipotesi accusatoria (e delle
prove ad essa connesse). E’ evidente come questa impostazione non
garantiva in modo alcuno quella parità tra accusa e difesa che è un
principio costituzionale espressamente richiamato dall’articolo 111 della
Carta fondamentale. Questo tipo di assetto è mutato radicalmente nel
2000 con l’entrata in vigore della legge 397 che ha disciplinato in maniera
attenta ed esaustiva il diritto del cittadino a difendersi provando. Prima
di ogni osservazione dei singoli articoli inseriti dalla predetta legge nel
codice di procedura penale, occorre fare alcune importanti osservazioni
in generale. Innanzitutto, è necessario sottolineare che le disposizioni
della legge del 2000 non riguardano esclusivamente i soggetti imputati o
indagati di aver commesso un reato; ma anche le persone offese dal
reato medesimo e, aspetto davvero fondamentale, l’esercizio delle
facoltà e dei diritti di cui alla richiamata legge possono essere esercitati
in via preventiva mediante incarico scritto al difensore anche da parte di
coloro che al momento del conferimento dell’incarico stesso non
risultano essere né formalmente indagati o imputati né formalmente
persone offese in un procedimento penale (in questa ultima ipotesi si
parla di attività investigativa difensiva preventiva). È proprio la possibilità
di esperire l’indagine difensiva preventiva che dimostra in maniera
davvero chiara come il Legislatore del 2000 abbia inteso superare la
vecchia impostazione data dal richiamato articolo 38 delle disposizioni di
attuazione al codice penale, poiché si è passati da un sistema ove la
possibilità di acquisire la prova da parte del difensore era limitata a
pochi casi e comunque nella pendenza di un procedimento penale, a una
disciplina che prevede espressamente che l’attività investigativa del
difensore possa essere esercitata ancor prima che effettivamente si
instauri un procedimento penale. Attualmente il nostro codice di
procedura penale prevede una decina di articoli dal 391 bis al 391 decies
finalizzati a disciplinare le attività investigative difensive. Elemento
centrale all’interno di tale disciplina è la possibilità per il difensore
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prevista dall’articolo 391 bis di avere dei colloqui o di ricevere delle
dichiarazioni o assumere delle informazioni direttamente dalle persone
informate sui fatti. La legge prevede che tale tipo di colloquio può essere
svolto direttamente dal difensore, dai consulenti tecnici nominati dallo
stesso, o dall’investigatore privato e potrà svolgersi secondo diverse
modalità ovvero potrà trattarsi di un incontro non documentato ovvero
di dichiarazioni sottoscritte direttamente dalla persona che viene sentita
dal difensore (o dai suoi ausiliari) o di un vero e proprio verbale redatto
dal difensore con l’annotazione delle domande e delle risposte date sulla
falsa riga o, meglio, con una modalità identica quella prevista per il
verbale che viene redatto dagli organi di polizia giudiziaria per tutte le
sommarie informazioni rilasciate da persone informate sui fatti. In
questo ultimo caso, ci si rende immediatamente conto di come
effettivamente la posizione del difensore sia sostanzialmente messa
sullo stesso piano rispetto a quella degli inquirenti. In tale ottica, bisogna
immediatamente sottolineare che qualsiasi sia il tenore e l’argomento
della trattazione in ordine alle indagini investigative difensive che sul
difensore gravano legittimi, cogenti e fondamentali doveri di verità e
correttezza, invero, nell’incontro con la persona informata sui fatti e
massimamente nella redazione del verbale delle dichiarazioni della
medesima, occorre che il difensore effettui ed assicuri una fedelissima
verbalizzazione e che in nessun caso eserciti pressione alcuna (di
qualsivoglia natura) sulla persona sentita. È espressamente vietato dalla
legge – pena la commissione quanto meno del reato di favoreggiamento
- influire e modificare le dichiarazioni rese dalla persona sentita le cui
informazioni verbalizzate e trascritte devono essere esattamente
identiche a quelle rilasciate (e sottoscritte dalla parte sentita). Peraltro, il
difensore nel pieno rispetto della legge potrà eventualmente sentire e la
persona informata la prima volta tramite un colloquio non documentato
e solo successivamente decidere di incontrarla nuovamente per la
verbalizzazione di quanto già in precedenza riferito. In ogni caso, una
volta effettuata la verbalizzazione o, comunque, ricevuta la dichiarazione
il difensore potrà decidere in totale autonomia e libertà l’ utilizzo fare
degli elementi così raccolti. Sul difensore, invero, gravano i doveri di cui
abbiamo sopra accennato di totale fedeltà delle trascrizioni alle
dichiarazioni raccolte, ma l’avvocato non ha alcun dovere giuridico di
produrre e/o utilizzare le dichiarazioni raccolte.
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Altro diritto che il difensore può esercitare per la raccolta della prova a
favore del proprio assistito, è la richiesta di documentazione alla
pubblica amministrazione. Inoltre, il difensore potrà accedere ai siti più
disparati per documentare lo stato dei luoghi (che solitamente saranno
quelli ove è avvenuto il reato). E’ però importante sottolineare che il
difensore nell’esercizio dei poteri e dei diritti che abbiamo sin qui
accennato non ha alcun tipo di potere coercitivo tipico della polizia
giudiziaria o, comunque, dell’autorità giudiziaria. In sostanza, quindi, egli
potrà incontrare persone informate e richiedere documentazione della
pubblica amministrazione ed accedere a dei luoghi (per lo più privati
poiché per i pubblici il problema non si pone) solo ed esclusivamente
con la collaborazione di coloro che hanno il diritto o la facoltà di
impedire tali attività; ad esempio il difensore non potrà certo costringere
una persona informata dei fatti che non desidera incontrare il difensore
medesimo a rilasciare le dichiarazioni o addirittura a recarsi in studio. Il
Legislatore ha quindi previsto la possibilità che il difensore si rivolga
all’autorità giudiziaria affinché la stessa “obblighi” con un provvedimento
coercitivo la persona - ad esempio - destinataria dell’invito ad incontrare
il difensore. Quindi, l’avvocato che desidera parlare con una persona
informata sui fatti dopo averla contattata formalmente per lettera
raccomandata e avere ricevuto una diniego o non aver avuto alcun tipo
di risposta, potrà avanzare un’istanza al pubblico ministero affinché sia il
pubblico ministero a convocare la persona contattata affinché il
difensore possa rivolgergli le domande ritenute necessarie. Non sfugge
la delicatezza di tale soluzione poiché, innanzitutto, il difensore non ha la
completa conoscenza di quello che la persona chiamata potrà riferirgli e
nel caso in cui si rivolgesse al pubblico ministero per l’emissione di un
invito al quale la persona non può opporre alcun diniego, rischia di
ricevere delle risposte pregiudizievoli per il proprio assistito che
verranno in quel caso verbalizzate da un ufficiale di polizia giudiziaria e
che, quindi, entreranno (senza potere di scelta alcuno per il difensore
circa il loro utilizzo o meno) nel fascicolo del pubblico ministero. Quindi,
se da un lato il legislatore ha previsto un meccanismo per il quale il
difensore attraverso il pubblico ministero può esercitare una sorta di
potere coercitivo, dall’altro si verifica una situazione in cui la scelta del
difensore di poter poi produrre o meno le dichiarazioni acquisite viene
meno; perché in caso di audizione coattiva ordinata dal pubblico
9
ministero su richiesta del difensore, l’audizione si svolge presso gli uffici
della procura alla presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria che
verbalizzerà tutto quello che viene riferito dalla persona individuata e
contattata per primo dal difensore. La documentazione inerente le
indagini investigative sarà raccolta dal difensore in un apposito fascicolo
che prenderà il nome proprio di fascicolo del difensore e ovviamente
stiamo parlando di quella documentazione che il difensore pur dopo
averla attentamente e in maniera veritiera e con la massima cura
raccolto, potrà decidere se produrre o meno all’autorità giudiziaria. Il
fascicolo del difensore potrà essere presentato dal difensore medesimo
o al pubblico ministero o direttamente al giudice. E potrà essere
presentato in qualsiasi fase procedurale tanto durante le indagini
preliminari che successivamente nella fase di merito; tanto in ordine - ad
esempio - all’applicazione di misure cautelari tanto per la decisione sulla
colpevolezza o meno dell’incolpato. Siamo di fronte, quindi, ad una
disciplina per certi aspetti ancora innovativa sebbene siano ormai 10
anni e più che le norme sono state recepite dal codice di procedura
penale. Spesso è la stessa forma mentis dei difensori che per alcuni
aspetti non sono ancora – diciamo - abituati a questo tipo di attività che
sembra più padroneggiata (e molto probabilmente lo è effettivamente)
dai colleghi d’oltreoceano. Inoltre, bisogna anche sottolineare che spesso
si tratta di un’attività particolarmente laboriosa sempre e comunque
molto delicata e che, pertanto, incontra a volte le resistenze dell’assistito
dal momento che si tratta di adempimenti che sicuramente sono sempre
piuttosto onerosi dal punto di vista economico. C’è da dire, da ultimo,
che la figura dell’investigatore privato che spesso è il professionista più
adatto per svolgere determinate attività, come ad esempio il rintraccio di
possibili testimoni o l’osservazione e la documentazione dei luoghi di
interesse investigativo, è una figura professionale che solo ultimamente
viene giustamente valutata per la sua preparazione ed importanza. In
definitiva, dunque, la procedura penale mette a disposizione del
difensore coscienzioso e attento tutti gli strumenti per svolgere
quell’attività difensiva che l’unione delle camere penali ha ritenuto
assolutamente doverosa qualora se ne ravvisi la necessità e i
presupposti; ma l’attuazione pratica di tali attività, ancora oggi dopo un
decennio dall’entrata in vigore della legge 397 del 2000, non si può dire
del tutto priva di ostacoli e generalmente diffusa tra i professionisti del
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settore (e correttamente valutata dai Giudici).
La passata esperienza dell’avvocato de Lalla in una rinomata agenzia
investigativa milanese nonché i plurimi corsi di aggiornamento in
materia di indagine investigativa difensiva a cui l’avvocato partecipa,
permettono all’Avv. de Lalla ed allo Studio da lui diretto, di potersi
avvalere di qualificati investigatori privati e – soprattutto – di sapere
concretamente ed opportunamente attuare tutti quegli adempimenti
investigativi per la migliore difesa dell’assistito.
È concettualmente assai arduo definire quale sia la migliore difesa per
un soggetto coinvolto in un procedimento penale. Innanzitutto, occorre
fare una distinzione basata sulla posizione del soggetto che si rivolge al
professionista: persona offesa dal reato o indagato/imputato ovvero
soggetto nei confronti del quale vengono svolte le indagini preliminari o
si è instaurato un processo penale. In questa sede si analizzerà
principalmente e per sommi capi (rinviando per i singoli argomenti alle
altre pagine del sito) la posizione di colui che è ritenuto responsabile di
un fatto-reato e nei confronti del quale vengono svolte le indagini da
parte della polizia giudiziaria diretta dal ministero. In ogni caso, il
concetto generale è che l’assistenza di un difensore deve essere
necessariamente volta alla migliore e, quindi, più completa tutela dei
diritti e degli interessi del cliente (ovviamente, qualsiasi sia l’accusa
mossagli e con totale impegno qualora la natura dell’incolpazione sia di
tale gravità e riprovevolezza anche morale – si pensi ai reati sessuali nei
confronti dei minori - da rendere viepiù prevedibile una lesione dei diritti
dell’assistito innocente fino a prova contraria). In tale ottica è necessario
che il difensore studi la migliore strategia che nel pieno rispetto della
procedura penale e del diritto penale sostanziale assicuri, come detto, la
più estesa tutela della posizione dell’assistito. Ovviamente, nella pratica
quotidiana, si potranno presentare al difensore delle situazioni in cui –
preso atto dell’inconfutabilità della prova a carico - la migliore difesa è
quella che assicura la massima riduzione del danno essendo di fatto
impossibile che colui che è indagato o imputato esca del tutto indenne
dal procedimento penale. Invero, in tali situazioni, ovvero quando la
responsabilità penale non può essere del tutto confutata, l’assistenza
professionale del difensore sarà comunque di fondamentale importanza
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e potrà definirsi “la migliore” quando riuscirà a limitare al massimo le
conseguenze negative (sul piano del diritto) dell’incolpato.
Il primo adempimento fondamentale per la migliore difesa è
sicuramente il colloquio con il cliente. Tale colloquio si potrà svolgere o
presso lo Studio del difensore o presso il carcere qualora il soggetto sia
ristretto in regime di custodia cautelare. In entrambi i casi è proprio il
primo colloquio con il cliente (ed anche i successivi ovviamente) che
fornisce al difensore i primissimi spunti per individuare e approfondire
una linea difensiva. Naturalmente, occorre che il difensore abbia la
preparazione tecnica, l’intelligenza, l’esperienza “sul campo” e l’accortezza
di sondare e chiedere al proprio assistito le notizie più utili per
l’organizzazione della sua difesa poiché (nella maggior parte dei casi) non
è pensabile che il cliente (tanto se ristretto ovvero in una situazione
psicologica di grandissimo stress), possa spontaneamente e senza gli
opportuni interrogativi e le necessarie richieste riferire al difensore le
notizie utili per la migliore difesa tecnica. Sta quindi al difensore porre le
domande ed impostare l’intervista nel modo migliore per avere le
migliori risposte per approntare una buona strategia difensiva. A seguito
del colloquio con il proprio assistito e della eventuale visione di
documentazione fornita al difensore direttamente dal cliente, è spesso
necessaria un’attività dell’avvocato tesa a reperire elementi a discarico
ovvero prove e indizi in contraddizione con la tesi accusatoria. È, dunque,
spesso in questa fase che il difensore si deve impegnare in un’attività di
indagine investigativa difensiva che può concernere sia l’audizione di
eventuali persone informate sui fatti sia il reperimento di
documentazione sia l’ispezione dei luoghi o cose pertinenti al reato
nonché la nomina di uno o più consulenti tecnici per l’analisi di aspetti
della vicenda che richiedono una preparazione particolare. Bisogna
sottolineare ancora una volta che questa attività di indagine investigativa
difensiva prende spunto e deve essere corroborata dal continuo contatto
tra difensore ed assistito poiché il primo potrà decidere quali elementi
approfondire ed acquisire a seguito delle indicazioni poste dall’indagato
o imputato e sollecitate dal difensore medesimo. Altro aspetto di
rilevante importanza affinché la difesa di una persona sia effettivamente
esauriente ed efficace, è la conoscenza da parte dell’incolpato medesimo
di tutti i documenti dell’indagine (o del processo) a suo carico. È
importante quindi che a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini
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preliminari secondo il disposto dell’articolo 415 bis c.p.p. che il difensore
estragga copia di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero ovvero di tutti quegli atti che rappresentano il compendio
accusatorio a carico dell’indagato. Una volta effettuate le copie di tutti gli
atti richiamati è di fondamentale importanza che il cliente ed il difensore
esaminino tutto il coacervo accusatorio in maniera tale che alla luce del
predetto studio il cliente possa rispondere a tutti gli eventuali
interrogativi del difensore inerenti i documenti del pubblico ministero al
fine di arricchire ed aggiornare la linea difensiva già fino a quel
momento realizzata e che necessiterà (come spesso capita) di un
aggiornamento alla luce di tutti quegli elementi ignoti fino alla
consultazione del fascicolo del pubblico ministero ovvero solitamente –
come detto - fino alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini
preliminari. Sovente, accade l’evenienza inaccettabile (oltre che
perniciosissima per la strategia difensiva ovvero per il cliente stesso), che
l’indagato/imputato ignori gli elementi raccolti a suo carico dalla
Pubblica Accusa! La partecipazione attiva dell’assistito è di primaria
importanza anche in ordine alla scelta del rito per la celebrazione del
processo vero e proprio. Ovviamente, sarà il difensore ad illustrare al
cliente le caratteristiche e i concreti vantaggi o potenziali svantaggi di
determinati riti speciali (ad esempio patteggiamento o giudizio
abbreviato); ma, naturalmente, l’ultima parola circa la scelta di un
eventuale rito alternativo sarà quella del cliente. Cliente, lo ripetiamo,
che ha il diritto di essere puntualmente informato dal difensore circa le
caratteristiche e gli aspetti salienti del rito ordinario e/o di eventuali riti
alternativi. Il compito che il difensore deve assolvere con la massima
puntualità è anche e soprattutto l’illustrazione al cliente di ogni aspetto
della procedura ed effettuare delle proiezioni di massima alla luce di
determinate scelte strategiche (ovviamente l’avvocato non potrà
assicurare in alcun modo l’esito di un processo o di una indagine ma,
semmai, ipotizzare i possibili esiti più probabili). Anche la citazione di
eventuali testimoni nel processo può essere efficacemente effettuata dal
difensore solo con l’ausilio da parte dell’assistito. Bisogna quindi
sottolineare che la migliore difesa passa necessariamente per una
continua collaborazione tra difensore e assistito che deve essere
costantemente informato dal difensore di circa l’evoluzione del
procedimento penale a suo carico e messo in condizione di conoscere
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materialmente gli atti che così direttamente lo riguardano. Naturalmente,
l’auspicabile collaborazione potrà realizzarsi solo con l’attenzione, la
sincerità, la puntualità (anche in ordine ad eventuali oneri economici) e la
totale disponibilità dell’assistito. Spetterà ovviamente al difensore
illustrare tutte le ipotesi possibili alla luce di una corretta applicazione ed
interpretazione del diritto procedurale e sostanziale nonché individuare
le eventuali modalità più convenienti per la difesa nonché la
preparazione di una strategia difensiva duttile che tenga conto di ogni
possibile (e probabile) risvolto.
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Copyright
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[Avvocato Giuseppe M. de Lalla]
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About the Author
Dopo una lunga esperienza quale dipendente di un’affermata Agenzia
Investigativa milanese, l’avvocato de Lalla si laurea a Milano presso
l’Università Statale di Milano con una tesi in medicina legale dal titolo
“Cocaina: produzione, traffico, trattamento riabilitativo e legislazione”.
L’intero corso di studi si orienta fin dall’inizio della carriera universitaria
verso il diritto penale, la procedura penale, il diritto penitenziario, la
medicina legale e la criminologia.
Il titolare dello Studio de Lalla - superato il relativo esame – svolgeva in
proprio il secondo anno di pratica professionale (il tirocinio previsto
dalla legge che allora era della durata, appunto, di due anni) e nemmeno
ventottenne supereva presso la Corte di Appello di Milano l’esame di
abilitazione alla professione forense.
Da allora l’Avv. de Lalla ha sempre svolto la libera professione in proprio.
Partecipa da un decennio a corsi di specializzazione in tema di:
• Indagini investigative difensive;
• Diritto dell’immigrazione;
• Tecnica dell’esame e del controesame;
• Difesa del minorenne;
• L’interpretazione e l’acquisizione della prova scientifica.
In particolare, cura ininterrottamente il proprio aggiornamento con la
costante partecipazione a corsi, seminari, master e docenze in tema di:
- Formazione della prova e impostazione della difesa nel processo
penale;
- Il ruolo della scienza nel processo penale;
- Gli strumenti e le tecniche di comunicazione applicate al processo
penale;
- Esame e controesame nella difesa penale;
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- Profili processuali nell’esame e controesame;
- La circolazione ed il contrabbando di prodotti contraffatti e pericolosi;
- Le regole della cross examination;
- Validazione scientifica della testimonianza;
- La prospettiva psicoforense della condanna dell’innocente e
dell’assoluzione del colpevole;
- La difesa nel reato di genere (femminicidio, maltrattamenti e stalking);
- E’ docente dal maggio 2013 presso l’Università degli Studi di Milano
Bicocca nel seminario: Processo penale e indagini difensive.
E’ iscritto nelle liste dei difensori abilitati ad esercitare con il patrocinio a
spese dello Stato ed è abilitato alla difesa di imputati minorenni.
Nel mese di giugno 2013 l’Avv. de Lalla consegue il master con la
partecipazione al corso semestrale di alta formazione in psicologia
forense, criminale ed investigativa. La sua tesi in tema di riconosicmento
fotografico e ricognizione personale dell’accusato verrà pubblicata nella
rivista on line “psicologia e diritto”.
Nel mese di maggio 2013 ha iniziato la sua collaborazione presso
l’Università Statale di Milano quale docente nel seminario pratico
dedicato alle indagini investigative difensive in seno al corso di
procedura penale.
Nel mese di novembre del 2013 (con termine a giugno 2014) parteciperà
al corso di alta formazione in analisi della scena del crimine e scienze
forensi organizzato dal Centro Studi Scena del Crimine (C.S.S.C.).
Dal 2011 si occupa e coordina personalmente l’aggiornamento
settimanale del sito internet dello Studio pubblicando in forma
divulgativa le più recenti novità giurisprudenziali e spiegando in maniera
chiara e precisa gli istituti più comuni del diritto e della procedura
penale.
Dal 2010 è impegnato nella formazione giuridica dei volontari
dell’Associazione City Angels di Milano e delle guardie volontarie in
servizio presso il Bacino “B” di Vicenza.
Dal 2010 è anche impegnato quale relatore in materie giuridiche in
occasione di convegni presso il Rotary milanese.
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Attualmente, l’Avv. de Lalla è impegnato nella preparazione per la
seconda laura in psicologia forense presso la facoltà di psicologia di
Torino e nel marzo 2014 prenderà parte al corso di perfezionamento di
Criminologia Clinica presso l’Università Statale di Milano.
L’ Avv.de Lalla svolge da circa dieci anni la libera professione esercitando
sul tutto il territorio nazionale con un approccio tecnico, aggiornato,
preparato ed attento non tralasciando l’importanza di un rapporto
umano con il cliente basato sulla correttezza ed il rispetto reciproci.
L’ascolto e la partecipazione dell’assistito rivestono un ruolo centrale
nell’organizzazione della difesa che è solitamente pensata e realizzata
dall’Avv. de Lalla con l’apporto anche di consulenti esterni (soprattutto in
campo psicologico nell’attuazione della c.d. trial consultation. Vedi nel
sito la pagina dedicata) per la più efficace tutela dei diritti
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La notizia di reato

  • 2. 3 15 16 Table of Contents La notizia di reato Copyright About the author 2
  • 3. La notizia di reato Il diritto fondamentale di una persona accusata di aver commesso un reato, è sicuramente quello di potersi difendere in maniera efficace potendo conoscere e rappresentare al Giudice e agli inquirenti tutti gli elementi di prova atti a contrastare l’ipotesi accusatoria. Tale (fondamentale) aspetto del diritto di difesa ha una centrale rilevanza costituzionale nell’art. 111 Cost. e rappresenta un aspetto centrale (quello della ricerca della prova a discarico) nella pianificazione e attuazione di una valida (e spesso risolutiva) linea difensiva. Attualmente il nostro codice di procedura penale prevede una decina di articoli dal 391 bis al 391 decies finalizzati a disciplinare le attività investigative difensive. Elemento centrale all’interno di tale disciplina è la possibilità per il difensore prevista dall’articolo 391 bis di avere dei colloqui o di ricevere delle dichiarazioni o assumere delle informazioni direttamente dalle persone informate sui fatti. 3
  • 4. La notizia di reato – indagini difensive – migliore difesa penale Le fasi le indagini eliminare è segnata da un momento iniziale, quello della acquisizione da parte della polizia giudiziaria o del pubblico ministero della notizia di reato e da un termine finale entro il quale le indagini debbono chiudersi, pena la inutilizzabilità degli atti compiuti successivamente. L’acquisizione della notizia di reato va documentata ufficialmente, mediante la sua immediata iscrizione in un apposito registro – il Registro delle Notizie di Reato o RGNR, appunto - tenuto presso l’ufficio del Pubblico Ministero. Prima dell’acquisizione della notizia di reato è in ogni caso possibile l’esecuzione di investigazioni da parte della polizia giudiziaria, eventualmente sotto la direzione del pubblico ministero, per accertare la ricostruzione di una vicenda storica; ma non sarebbero consentiti gli atti invasivi ad esempio le intercettazioni e quelli coercitivi che presuppongono la già avvenuta acquisizione di una notizia di reato ben determinata. Le indagini preliminari costituiscono per la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero l’esercizio di un potere- dovere finalizzato alla verifica della fondatezza della notizia di reato: è, infatti, solo in conseguenza di una valutazione positiva della fondatezza che sorge per il pubblico ministero il dovere di esercitare l’azione penale, formulando una richiesta al giudice, in alternativa alla richiesta di archiviazione. La notizia di reato costituisce, pertanto, il presupposto di fatto da un lato dell’esercizio dell’azione penale, dall’altro, prima ancora, delle indagini preliminari. Le modalità di acquisizione della notizia di reato non possono essere ricondotti a schemi fissi stante la varietà tipologica delle segnalazioni, dalla comunicazione orale alla denuncia scritta, alla valutazione critica di una notizia già diffusa dai mezzi di informazione. Anche lo scritto anonimo può costituire il veicolo di trasmissione di una notizia di reato per quanto il suo ricevimento non comporti per il pubblico ministero i doveri che gli derivano dall’acquisizione di una denuncia o di un referto NON anonimi: l’articolo 240 del codice di procedura penale, infatti, ne vieta l’acquisizione al 4
  • 5. fascicolo del procedimento (il fascicolo è quello dell’accusa pubblica ovviamente ove sono custoditi tutti i documenti delle indagini preliminari), ma non sarebbe vietato al pm che non ritenga, come si dice, di cestinarlo di chiedere alla polizia giudiziaria lo svolgimento di indagini per la verifica di una eventuale ipotesi di reato che, fino a successivo eventuale riscontro, rimane una mera congettura. Né in questo caso potrebbe parlarsi di utilizzazione dell’anonimo, vietata ai termini dell’articolo 333 del c.p.p., trattandosi del mero controllo della veridicità del suo contenuto, analogamente a quanto avviene per una notizia riferita confidenzialmente, o per una voce corrente del pubblico. Fermo il divieto di iscrizione dello scritto anonimo nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale, il momento iniziale delle indagini preliminari risulta segnato dalla rituale acquisizione, successiva ed eventuale, della notizia di reato, le cui modalità di percezione sono assolutamente irrilevanti, e alla quale la delazione anonima ha solo occasionalmente dato causa. Può ancora raccogliersi la distinzione, suggerita da alcuni autori, tra notizia qualificata, in quanto contenuta in documenti ordinati ai quali il Legislatore ha riservato una disciplina formale (denuncia querela richiesta eccetera) e notizia di reato non qualificata, che è quella che perviene al pubblico ministero informalmente, o che viene appresa nella flagranza di reato al quale egli assista: nel caso di reato commesso in udienza la immediata percezione del fatto reato da parte del pubblico ministero personalmente concorre con l’acquisizione della notizia qualificata contenuta nel verbale redatto dal pubblico ufficiale. L’articolo 330 del codice di procedura penale annunciando che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa, e ricevono le notizie presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti, è meramente illustrativo della funzione, limitandosi a una ovvia esplicitazione del dovere funzionale per entrambi di acquisirle. Tuttavia, mentre non presenta caratteri di novità l’affermazione del dovere della polizia giudiziaria, la norma appare formulata in termini equivoci per l’organo del pubblico ministero tali da far ritenere che sullo stesso pubblico ministero ricada il dovere, senza margine alcuno di discrezionalità, di ordinare la iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale (il richiamato registro delle notizie di reato) anche delle notizie direttamente e comunque apprese ad esempio quelle riportate nella cronaca degli organi di 5
  • 6. stampa, con il risultato di una inevitabile paralisi dell’ufficio di segreteria. A respingere questa illogica conclusione induce però il comma cinque dell’articolo 20 del decreto del presidente della Repubblica n. 449 del 1988 per il quale ogni magistrato addetto ad una procura della Repubblica che, fuori dall’esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che possono determinare l’inizio dell’azione penale, può segnalarli per iscritto al titolare dell’ufficio. Sembra, pertanto, potersi distinguere tra il prendere notizia del reato ed effettuare la relativa iscrizione nell’apposito registro, che resta una facoltà per il pubblico ministero per le notizie apprese fuori dall’esercizio delle funzioni, o a causa delle stesse, e l’acquisire la notizia nell’esercizio delle proprie funzioni giudiziarie, che è qualcosa di più, connotato dalla ufficialità e dalla volontà di iscrizione conseguente ad un giudizio di fondatezza (tratto con note del redattore da “nuovo manuale pratico del processo penale” CEDAM 2002 – Fortuna, Dragone, Fassone, Giustozzi). Il diritto fondamentale di una persona accusata di aver commesso un reato, è sicuramente quello di potersi difendere in maniera efficace potendo conoscere e rappresentare al Giudice e agli inquirenti tutti gli elementi di prova atti a contrastare l’ipotesi accusatoria. Tale (fondamentale) aspetto del diritto di difesa ha una centrale rilevanza costituzionale nell’art. 111 Cost. e rappresenta un aspetto centrale (quello della ricerca della prova a discarico) nella pianificazione e attuazione di una valida (e spesso risolutiva) linea difensiva. Precedentemente al 2000, il nostro codice di procedura penale prevedeva un diritto alla prova dei difensori disciplinato in maniera davvero superficiale e delineato per sommi capi in un articolo (il 38 disp. Att. C.p.p.) che era previsto, nemmeno all’interno delle norme del codice di procedura penale, bensì in quelle di disposizione di attuazione del codice stesso. Si trattava, come detto, di una norma che in poche righe prevedeva o, per meglio dire, costringeva il fondamentale diritto alla prova contraria (rispetto a quella dell’accusa) dei soggetti incolpati di un reato. L’articolo in parola prevedeva che i difensori potessero direttamente presentare al giudice le prove a discarico eventualmente da loro stessi assunte. Non vi era nessuna distinzione rispetto a prove testimoniali o prove documentali né erano in alcun modo disciplinate le modalità con le quali le stesse dovessero o potessero essere assunte dal difensore. Nè era previsto 6
  • 7. nella norma un impiego ex lege delle predette prove né, del resto, era contemplata alcuna possibilità di accedere ai luoghi teatro della vicenda per la quale pendeva il procedimento penale. L’impostazione dell’articolo richiamato era dovuta alla precedente impostazione del codice di procedura penale secondo il quale, in sostanza, la difesa più che per la documentazione e la scoperta di prove a favore dell’incolpato, si basava sul mero contrasto e la contraddizione dell’ipotesi accusatoria (e delle prove ad essa connesse). E’ evidente come questa impostazione non garantiva in modo alcuno quella parità tra accusa e difesa che è un principio costituzionale espressamente richiamato dall’articolo 111 della Carta fondamentale. Questo tipo di assetto è mutato radicalmente nel 2000 con l’entrata in vigore della legge 397 che ha disciplinato in maniera attenta ed esaustiva il diritto del cittadino a difendersi provando. Prima di ogni osservazione dei singoli articoli inseriti dalla predetta legge nel codice di procedura penale, occorre fare alcune importanti osservazioni in generale. Innanzitutto, è necessario sottolineare che le disposizioni della legge del 2000 non riguardano esclusivamente i soggetti imputati o indagati di aver commesso un reato; ma anche le persone offese dal reato medesimo e, aspetto davvero fondamentale, l’esercizio delle facoltà e dei diritti di cui alla richiamata legge possono essere esercitati in via preventiva mediante incarico scritto al difensore anche da parte di coloro che al momento del conferimento dell’incarico stesso non risultano essere né formalmente indagati o imputati né formalmente persone offese in un procedimento penale (in questa ultima ipotesi si parla di attività investigativa difensiva preventiva). È proprio la possibilità di esperire l’indagine difensiva preventiva che dimostra in maniera davvero chiara come il Legislatore del 2000 abbia inteso superare la vecchia impostazione data dal richiamato articolo 38 delle disposizioni di attuazione al codice penale, poiché si è passati da un sistema ove la possibilità di acquisire la prova da parte del difensore era limitata a pochi casi e comunque nella pendenza di un procedimento penale, a una disciplina che prevede espressamente che l’attività investigativa del difensore possa essere esercitata ancor prima che effettivamente si instauri un procedimento penale. Attualmente il nostro codice di procedura penale prevede una decina di articoli dal 391 bis al 391 decies finalizzati a disciplinare le attività investigative difensive. Elemento centrale all’interno di tale disciplina è la possibilità per il difensore 7
  • 8. prevista dall’articolo 391 bis di avere dei colloqui o di ricevere delle dichiarazioni o assumere delle informazioni direttamente dalle persone informate sui fatti. La legge prevede che tale tipo di colloquio può essere svolto direttamente dal difensore, dai consulenti tecnici nominati dallo stesso, o dall’investigatore privato e potrà svolgersi secondo diverse modalità ovvero potrà trattarsi di un incontro non documentato ovvero di dichiarazioni sottoscritte direttamente dalla persona che viene sentita dal difensore (o dai suoi ausiliari) o di un vero e proprio verbale redatto dal difensore con l’annotazione delle domande e delle risposte date sulla falsa riga o, meglio, con una modalità identica quella prevista per il verbale che viene redatto dagli organi di polizia giudiziaria per tutte le sommarie informazioni rilasciate da persone informate sui fatti. In questo ultimo caso, ci si rende immediatamente conto di come effettivamente la posizione del difensore sia sostanzialmente messa sullo stesso piano rispetto a quella degli inquirenti. In tale ottica, bisogna immediatamente sottolineare che qualsiasi sia il tenore e l’argomento della trattazione in ordine alle indagini investigative difensive che sul difensore gravano legittimi, cogenti e fondamentali doveri di verità e correttezza, invero, nell’incontro con la persona informata sui fatti e massimamente nella redazione del verbale delle dichiarazioni della medesima, occorre che il difensore effettui ed assicuri una fedelissima verbalizzazione e che in nessun caso eserciti pressione alcuna (di qualsivoglia natura) sulla persona sentita. È espressamente vietato dalla legge – pena la commissione quanto meno del reato di favoreggiamento - influire e modificare le dichiarazioni rese dalla persona sentita le cui informazioni verbalizzate e trascritte devono essere esattamente identiche a quelle rilasciate (e sottoscritte dalla parte sentita). Peraltro, il difensore nel pieno rispetto della legge potrà eventualmente sentire e la persona informata la prima volta tramite un colloquio non documentato e solo successivamente decidere di incontrarla nuovamente per la verbalizzazione di quanto già in precedenza riferito. In ogni caso, una volta effettuata la verbalizzazione o, comunque, ricevuta la dichiarazione il difensore potrà decidere in totale autonomia e libertà l’ utilizzo fare degli elementi così raccolti. Sul difensore, invero, gravano i doveri di cui abbiamo sopra accennato di totale fedeltà delle trascrizioni alle dichiarazioni raccolte, ma l’avvocato non ha alcun dovere giuridico di produrre e/o utilizzare le dichiarazioni raccolte. 8
  • 9. Altro diritto che il difensore può esercitare per la raccolta della prova a favore del proprio assistito, è la richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione. Inoltre, il difensore potrà accedere ai siti più disparati per documentare lo stato dei luoghi (che solitamente saranno quelli ove è avvenuto il reato). E’ però importante sottolineare che il difensore nell’esercizio dei poteri e dei diritti che abbiamo sin qui accennato non ha alcun tipo di potere coercitivo tipico della polizia giudiziaria o, comunque, dell’autorità giudiziaria. In sostanza, quindi, egli potrà incontrare persone informate e richiedere documentazione della pubblica amministrazione ed accedere a dei luoghi (per lo più privati poiché per i pubblici il problema non si pone) solo ed esclusivamente con la collaborazione di coloro che hanno il diritto o la facoltà di impedire tali attività; ad esempio il difensore non potrà certo costringere una persona informata dei fatti che non desidera incontrare il difensore medesimo a rilasciare le dichiarazioni o addirittura a recarsi in studio. Il Legislatore ha quindi previsto la possibilità che il difensore si rivolga all’autorità giudiziaria affinché la stessa “obblighi” con un provvedimento coercitivo la persona - ad esempio - destinataria dell’invito ad incontrare il difensore. Quindi, l’avvocato che desidera parlare con una persona informata sui fatti dopo averla contattata formalmente per lettera raccomandata e avere ricevuto una diniego o non aver avuto alcun tipo di risposta, potrà avanzare un’istanza al pubblico ministero affinché sia il pubblico ministero a convocare la persona contattata affinché il difensore possa rivolgergli le domande ritenute necessarie. Non sfugge la delicatezza di tale soluzione poiché, innanzitutto, il difensore non ha la completa conoscenza di quello che la persona chiamata potrà riferirgli e nel caso in cui si rivolgesse al pubblico ministero per l’emissione di un invito al quale la persona non può opporre alcun diniego, rischia di ricevere delle risposte pregiudizievoli per il proprio assistito che verranno in quel caso verbalizzate da un ufficiale di polizia giudiziaria e che, quindi, entreranno (senza potere di scelta alcuno per il difensore circa il loro utilizzo o meno) nel fascicolo del pubblico ministero. Quindi, se da un lato il legislatore ha previsto un meccanismo per il quale il difensore attraverso il pubblico ministero può esercitare una sorta di potere coercitivo, dall’altro si verifica una situazione in cui la scelta del difensore di poter poi produrre o meno le dichiarazioni acquisite viene meno; perché in caso di audizione coattiva ordinata dal pubblico 9
  • 10. ministero su richiesta del difensore, l’audizione si svolge presso gli uffici della procura alla presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria che verbalizzerà tutto quello che viene riferito dalla persona individuata e contattata per primo dal difensore. La documentazione inerente le indagini investigative sarà raccolta dal difensore in un apposito fascicolo che prenderà il nome proprio di fascicolo del difensore e ovviamente stiamo parlando di quella documentazione che il difensore pur dopo averla attentamente e in maniera veritiera e con la massima cura raccolto, potrà decidere se produrre o meno all’autorità giudiziaria. Il fascicolo del difensore potrà essere presentato dal difensore medesimo o al pubblico ministero o direttamente al giudice. E potrà essere presentato in qualsiasi fase procedurale tanto durante le indagini preliminari che successivamente nella fase di merito; tanto in ordine - ad esempio - all’applicazione di misure cautelari tanto per la decisione sulla colpevolezza o meno dell’incolpato. Siamo di fronte, quindi, ad una disciplina per certi aspetti ancora innovativa sebbene siano ormai 10 anni e più che le norme sono state recepite dal codice di procedura penale. Spesso è la stessa forma mentis dei difensori che per alcuni aspetti non sono ancora – diciamo - abituati a questo tipo di attività che sembra più padroneggiata (e molto probabilmente lo è effettivamente) dai colleghi d’oltreoceano. Inoltre, bisogna anche sottolineare che spesso si tratta di un’attività particolarmente laboriosa sempre e comunque molto delicata e che, pertanto, incontra a volte le resistenze dell’assistito dal momento che si tratta di adempimenti che sicuramente sono sempre piuttosto onerosi dal punto di vista economico. C’è da dire, da ultimo, che la figura dell’investigatore privato che spesso è il professionista più adatto per svolgere determinate attività, come ad esempio il rintraccio di possibili testimoni o l’osservazione e la documentazione dei luoghi di interesse investigativo, è una figura professionale che solo ultimamente viene giustamente valutata per la sua preparazione ed importanza. In definitiva, dunque, la procedura penale mette a disposizione del difensore coscienzioso e attento tutti gli strumenti per svolgere quell’attività difensiva che l’unione delle camere penali ha ritenuto assolutamente doverosa qualora se ne ravvisi la necessità e i presupposti; ma l’attuazione pratica di tali attività, ancora oggi dopo un decennio dall’entrata in vigore della legge 397 del 2000, non si può dire del tutto priva di ostacoli e generalmente diffusa tra i professionisti del 10
  • 11. settore (e correttamente valutata dai Giudici). La passata esperienza dell’avvocato de Lalla in una rinomata agenzia investigativa milanese nonché i plurimi corsi di aggiornamento in materia di indagine investigativa difensiva a cui l’avvocato partecipa, permettono all’Avv. de Lalla ed allo Studio da lui diretto, di potersi avvalere di qualificati investigatori privati e – soprattutto – di sapere concretamente ed opportunamente attuare tutti quegli adempimenti investigativi per la migliore difesa dell’assistito. È concettualmente assai arduo definire quale sia la migliore difesa per un soggetto coinvolto in un procedimento penale. Innanzitutto, occorre fare una distinzione basata sulla posizione del soggetto che si rivolge al professionista: persona offesa dal reato o indagato/imputato ovvero soggetto nei confronti del quale vengono svolte le indagini preliminari o si è instaurato un processo penale. In questa sede si analizzerà principalmente e per sommi capi (rinviando per i singoli argomenti alle altre pagine del sito) la posizione di colui che è ritenuto responsabile di un fatto-reato e nei confronti del quale vengono svolte le indagini da parte della polizia giudiziaria diretta dal ministero. In ogni caso, il concetto generale è che l’assistenza di un difensore deve essere necessariamente volta alla migliore e, quindi, più completa tutela dei diritti e degli interessi del cliente (ovviamente, qualsiasi sia l’accusa mossagli e con totale impegno qualora la natura dell’incolpazione sia di tale gravità e riprovevolezza anche morale – si pensi ai reati sessuali nei confronti dei minori - da rendere viepiù prevedibile una lesione dei diritti dell’assistito innocente fino a prova contraria). In tale ottica è necessario che il difensore studi la migliore strategia che nel pieno rispetto della procedura penale e del diritto penale sostanziale assicuri, come detto, la più estesa tutela della posizione dell’assistito. Ovviamente, nella pratica quotidiana, si potranno presentare al difensore delle situazioni in cui – preso atto dell’inconfutabilità della prova a carico - la migliore difesa è quella che assicura la massima riduzione del danno essendo di fatto impossibile che colui che è indagato o imputato esca del tutto indenne dal procedimento penale. Invero, in tali situazioni, ovvero quando la responsabilità penale non può essere del tutto confutata, l’assistenza professionale del difensore sarà comunque di fondamentale importanza 11
  • 12. e potrà definirsi “la migliore” quando riuscirà a limitare al massimo le conseguenze negative (sul piano del diritto) dell’incolpato. Il primo adempimento fondamentale per la migliore difesa è sicuramente il colloquio con il cliente. Tale colloquio si potrà svolgere o presso lo Studio del difensore o presso il carcere qualora il soggetto sia ristretto in regime di custodia cautelare. In entrambi i casi è proprio il primo colloquio con il cliente (ed anche i successivi ovviamente) che fornisce al difensore i primissimi spunti per individuare e approfondire una linea difensiva. Naturalmente, occorre che il difensore abbia la preparazione tecnica, l’intelligenza, l’esperienza “sul campo” e l’accortezza di sondare e chiedere al proprio assistito le notizie più utili per l’organizzazione della sua difesa poiché (nella maggior parte dei casi) non è pensabile che il cliente (tanto se ristretto ovvero in una situazione psicologica di grandissimo stress), possa spontaneamente e senza gli opportuni interrogativi e le necessarie richieste riferire al difensore le notizie utili per la migliore difesa tecnica. Sta quindi al difensore porre le domande ed impostare l’intervista nel modo migliore per avere le migliori risposte per approntare una buona strategia difensiva. A seguito del colloquio con il proprio assistito e della eventuale visione di documentazione fornita al difensore direttamente dal cliente, è spesso necessaria un’attività dell’avvocato tesa a reperire elementi a discarico ovvero prove e indizi in contraddizione con la tesi accusatoria. È, dunque, spesso in questa fase che il difensore si deve impegnare in un’attività di indagine investigativa difensiva che può concernere sia l’audizione di eventuali persone informate sui fatti sia il reperimento di documentazione sia l’ispezione dei luoghi o cose pertinenti al reato nonché la nomina di uno o più consulenti tecnici per l’analisi di aspetti della vicenda che richiedono una preparazione particolare. Bisogna sottolineare ancora una volta che questa attività di indagine investigativa difensiva prende spunto e deve essere corroborata dal continuo contatto tra difensore ed assistito poiché il primo potrà decidere quali elementi approfondire ed acquisire a seguito delle indicazioni poste dall’indagato o imputato e sollecitate dal difensore medesimo. Altro aspetto di rilevante importanza affinché la difesa di una persona sia effettivamente esauriente ed efficace, è la conoscenza da parte dell’incolpato medesimo di tutti i documenti dell’indagine (o del processo) a suo carico. È importante quindi che a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini 12
  • 13. preliminari secondo il disposto dell’articolo 415 bis c.p.p. che il difensore estragga copia di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ovvero di tutti quegli atti che rappresentano il compendio accusatorio a carico dell’indagato. Una volta effettuate le copie di tutti gli atti richiamati è di fondamentale importanza che il cliente ed il difensore esaminino tutto il coacervo accusatorio in maniera tale che alla luce del predetto studio il cliente possa rispondere a tutti gli eventuali interrogativi del difensore inerenti i documenti del pubblico ministero al fine di arricchire ed aggiornare la linea difensiva già fino a quel momento realizzata e che necessiterà (come spesso capita) di un aggiornamento alla luce di tutti quegli elementi ignoti fino alla consultazione del fascicolo del pubblico ministero ovvero solitamente – come detto - fino alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Sovente, accade l’evenienza inaccettabile (oltre che perniciosissima per la strategia difensiva ovvero per il cliente stesso), che l’indagato/imputato ignori gli elementi raccolti a suo carico dalla Pubblica Accusa! La partecipazione attiva dell’assistito è di primaria importanza anche in ordine alla scelta del rito per la celebrazione del processo vero e proprio. Ovviamente, sarà il difensore ad illustrare al cliente le caratteristiche e i concreti vantaggi o potenziali svantaggi di determinati riti speciali (ad esempio patteggiamento o giudizio abbreviato); ma, naturalmente, l’ultima parola circa la scelta di un eventuale rito alternativo sarà quella del cliente. Cliente, lo ripetiamo, che ha il diritto di essere puntualmente informato dal difensore circa le caratteristiche e gli aspetti salienti del rito ordinario e/o di eventuali riti alternativi. Il compito che il difensore deve assolvere con la massima puntualità è anche e soprattutto l’illustrazione al cliente di ogni aspetto della procedura ed effettuare delle proiezioni di massima alla luce di determinate scelte strategiche (ovviamente l’avvocato non potrà assicurare in alcun modo l’esito di un processo o di una indagine ma, semmai, ipotizzare i possibili esiti più probabili). Anche la citazione di eventuali testimoni nel processo può essere efficacemente effettuata dal difensore solo con l’ausilio da parte dell’assistito. Bisogna quindi sottolineare che la migliore difesa passa necessariamente per una continua collaborazione tra difensore e assistito che deve essere costantemente informato dal difensore di circa l’evoluzione del procedimento penale a suo carico e messo in condizione di conoscere 13
  • 14. materialmente gli atti che così direttamente lo riguardano. Naturalmente, l’auspicabile collaborazione potrà realizzarsi solo con l’attenzione, la sincerità, la puntualità (anche in ordine ad eventuali oneri economici) e la totale disponibilità dell’assistito. Spetterà ovviamente al difensore illustrare tutte le ipotesi possibili alla luce di una corretta applicazione ed interpretazione del diritto procedurale e sostanziale nonché individuare le eventuali modalità più convenienti per la difesa nonché la preparazione di una strategia difensiva duttile che tenga conto di ogni possibile (e probabile) risvolto. 14
  • 15. Copyright Author [Avvocato Giuseppe M. de Lalla] Copyright © 2014 [Giuseppe M. de Lalla] This book may be purchased for educational, business, or sales promotional use. Online edition is also available for this title. For more information, contact our corporate/institutional sales department: [Insert your phone number here] or [Insert your email here] While every precaution has been taken in the preparation of this book, the publisher and authors assume no responsibility for errors or omissions, or for damages resulting from the use of the information contained herein. 15
  • 16. About the Author Dopo una lunga esperienza quale dipendente di un’affermata Agenzia Investigativa milanese, l’avvocato de Lalla si laurea a Milano presso l’Università Statale di Milano con una tesi in medicina legale dal titolo “Cocaina: produzione, traffico, trattamento riabilitativo e legislazione”. L’intero corso di studi si orienta fin dall’inizio della carriera universitaria verso il diritto penale, la procedura penale, il diritto penitenziario, la medicina legale e la criminologia. Il titolare dello Studio de Lalla - superato il relativo esame – svolgeva in proprio il secondo anno di pratica professionale (il tirocinio previsto dalla legge che allora era della durata, appunto, di due anni) e nemmeno ventottenne supereva presso la Corte di Appello di Milano l’esame di abilitazione alla professione forense. Da allora l’Avv. de Lalla ha sempre svolto la libera professione in proprio. Partecipa da un decennio a corsi di specializzazione in tema di: • Indagini investigative difensive; • Diritto dell’immigrazione; • Tecnica dell’esame e del controesame; • Difesa del minorenne; • L’interpretazione e l’acquisizione della prova scientifica. In particolare, cura ininterrottamente il proprio aggiornamento con la costante partecipazione a corsi, seminari, master e docenze in tema di: - Formazione della prova e impostazione della difesa nel processo penale; - Il ruolo della scienza nel processo penale; - Gli strumenti e le tecniche di comunicazione applicate al processo penale; - Esame e controesame nella difesa penale; 16
  • 17. - Profili processuali nell’esame e controesame; - La circolazione ed il contrabbando di prodotti contraffatti e pericolosi; - Le regole della cross examination; - Validazione scientifica della testimonianza; - La prospettiva psicoforense della condanna dell’innocente e dell’assoluzione del colpevole; - La difesa nel reato di genere (femminicidio, maltrattamenti e stalking); - E’ docente dal maggio 2013 presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca nel seminario: Processo penale e indagini difensive. E’ iscritto nelle liste dei difensori abilitati ad esercitare con il patrocinio a spese dello Stato ed è abilitato alla difesa di imputati minorenni. Nel mese di giugno 2013 l’Avv. de Lalla consegue il master con la partecipazione al corso semestrale di alta formazione in psicologia forense, criminale ed investigativa. La sua tesi in tema di riconosicmento fotografico e ricognizione personale dell’accusato verrà pubblicata nella rivista on line “psicologia e diritto”. Nel mese di maggio 2013 ha iniziato la sua collaborazione presso l’Università Statale di Milano quale docente nel seminario pratico dedicato alle indagini investigative difensive in seno al corso di procedura penale. Nel mese di novembre del 2013 (con termine a giugno 2014) parteciperà al corso di alta formazione in analisi della scena del crimine e scienze forensi organizzato dal Centro Studi Scena del Crimine (C.S.S.C.). Dal 2011 si occupa e coordina personalmente l’aggiornamento settimanale del sito internet dello Studio pubblicando in forma divulgativa le più recenti novità giurisprudenziali e spiegando in maniera chiara e precisa gli istituti più comuni del diritto e della procedura penale. Dal 2010 è impegnato nella formazione giuridica dei volontari dell’Associazione City Angels di Milano e delle guardie volontarie in servizio presso il Bacino “B” di Vicenza. Dal 2010 è anche impegnato quale relatore in materie giuridiche in occasione di convegni presso il Rotary milanese. 17
  • 18. Attualmente, l’Avv. de Lalla è impegnato nella preparazione per la seconda laura in psicologia forense presso la facoltà di psicologia di Torino e nel marzo 2014 prenderà parte al corso di perfezionamento di Criminologia Clinica presso l’Università Statale di Milano. L’ Avv.de Lalla svolge da circa dieci anni la libera professione esercitando sul tutto il territorio nazionale con un approccio tecnico, aggiornato, preparato ed attento non tralasciando l’importanza di un rapporto umano con il cliente basato sulla correttezza ed il rispetto reciproci. L’ascolto e la partecipazione dell’assistito rivestono un ruolo centrale nell’organizzazione della difesa che è solitamente pensata e realizzata dall’Avv. de Lalla con l’apporto anche di consulenti esterni (soprattutto in campo psicologico nell’attuazione della c.d. trial consultation. Vedi nel sito la pagina dedicata) per la più efficace tutela dei diritti dell’indagato/imputato. Ogni passaggio del procedimento penale viene dettagliatamente illustrato al cliente e l’Avv. de Lalla si avvale spesso di registrazioni e role planing per la migliore preparazione dell’assistito in vista degli adempimenti processuali. Nessuna improvvisazione né autocelebrazione né slogan ma solo grande attenzione, continuo aggiornamento ed assiduo approfondimento con la partecipazione a corsi, master, convegni e molto, molto ininterrotto studio con la fruizione di ogni fonte qualificata oltre che periodici e testi specializzati in tema di diritto e procedura penale Avv. Giuseppe Maria de Lalla Tel. +39.02.36567455 giuseppe.delalla@studiolegaledelalla.it 18