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vvertenza: tutto quello che leggerete
qui di seguito non è ancora successo
e, secondo la maggior parte dei costi-
tuzionalisti, non succederà mai nell’alveo
della Costituzione italiana. Ieri però la com-
missione Affari Istituzionali ha inviato al
consiglio regionale la legge per istituire un
referendum consultivo per chiedere ai vene-
ti se vogliono l’autonomia o l’indipendenza
della Regione. Immaginando che il consi-
glio approvi la norma senza battere ciglio,
che la giunta lo convochi ignorando i richia-
mi (anche duri) dei giudici costituzionali,
che il governo italiano si giri dall’altra parte
durante la fase istruttoria e che il parlamen-
to non proferisca parola di fronte al voto fa-
vorevole dalla maggioranza dei veneti; im-
maginando tutto questo il Veneto divente-
rà una Repubblica Indipendente. E a quel
punto che cosa succederebbe? Ne abbiamo
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La competitività e gli F35
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ti internazionali. L’Irlanda, la Slovenia, la Let-
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neto deve dotarsi di un governo, un parla-
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glio di stato, tutte istituzioni che stanno a
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vista la fretta di dotarsi di armamenti e la
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babilimente si finirebbe per dover compra-
re una ventina di F35 (e le rispettive equipe
tecniche) proprio dalla vicina Italia. Som-
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di guadagnati con l’indipendenza si ridur-
rebbero sensibilmente. E almeno nel primo
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vrebbero aumentare per coprire le spese e
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to pubblico della nostra regione (a meno
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pubblico («Negli anni Sessanta il residuo fi-
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ti) è possibile che Roma decida di scaricare
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sere compensati, assorbiti e pagati grazie al-
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gressivamente ceduto sovranità all’Unione
europea. «La Repubblica Veneta è un nuovo
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più nulla a che fare e quindi non eredita ne-
cessariamente i trattati internazionali e nem-
meno l’euro», spiega Bertolissi. Un altro co-
sto iniziale da sostenere dunque sarebbe
quello di una nuova zecca di Stato per batte-
re moneta a cui si aggiunge l’inizio della pro-
cedura necessaria a entrare in Europa. Il pro-
cesso richiede continui adeguamenti e, co-
me sanno i croati e gli sloveni (e anche gli
italiani), è lungo e tortuoso e comporta ri-
schi inflazionistici. L’eventuale zecchino
(il ducato d'argento, il matapan, la lira
tron o quello che deciderà di battere la
serenissima zecca) non avrebbe gran-
de peso sui mercati internazionali e
sarebbe quindi in posizione di de-
bolezza. «C’è inoltre il rischio che
il debito pubblico venga aggredi-
to da attacchi speculativi e questo
brucerebbe i vantaggi derivati dal
residuo fiscale», fa notare Antoni-
ni. In questo caso, almeno nel pri-
missimo periodo dal distacco, ne
risentirebbero i rapporti sui mer-
cati internazionali con conse-
guenze nefaste sull’export regio-
nale (pardon, nazionale).
Gli altri indicatori e il turismo
Il Veneto si troverebbe a dover
affrontare in solitaria i problemi
ambientali derivati dalla produ-
zione industriale dell’area Nordo-
vest dello Stato confinante. I fu-
mi delle fabbriche lombarde e
piemontesi che attraversano il
bacino padano in barba ai confi-
ni e gli sforamenti dei pm10 do-
vuti al traffico pesante di passag-
gio sull’asse Est-Ovest divente-
rebbero un problema soltanto ve-
neto. «L’ambiente e i trasporti so-
no fattori critici che difficilmen-
te si possono affrontare basando-
si su una scala ridotta e ci sono
tutta una serie di indicatori, dal-
la salute all’uso del tempo libero
che non sono legati all’assetto
istituzionale», spiega Giove. I do-
gi della nuova Repubblica (ma
anche quelli che stanno a Roma
oggi) dunque dovrebbero pensa-
re subito a una riduzione dell’im-
patto industriale sul territorio
che potrebbe produrre variazioni economi-
che importanti in un prossimo futuro. Inol-
tre, anche se le risorse del turismo restereb-
bero in loco, il nuovo Stato perderebbe il
brand Roma che contribuisce a portare in
Veneto milioni di visitatori dai paesi emer-
genti che non hanno ben presente la geogra-
fia europea. Il risultato è che Venezia do-
vrebbe firmare una serie di trattati commer-
ciali con Roma (che però a quel punto po-
trebbe avere il dente avvelenato almeno dal
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ma guadagnerebbe alcune aziende come Lu-
xottica (ma non solo) che ha sede fiscale in
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tasse. Per contro le imprese venete perde-
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Made in Veneto. Alcune città venete come
Padova inoltre dipenderebbero dagli stra-
nieri per la raccolta differenziata: Hera e
Acegas Aps hanno sede rispettivamente a
Bologna e a Trieste. E se con i friulani si
può trattare perché (visto che diventerebbe-
ro un enclave) devono accettare le nostre
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rio della Serenissima e andare in Italia, con
gli emiliani ci dobbiamo già contendere la
gestione idrica del Po e la partita sarebbe de-
cisamente più difficile.
Alessio Antonini
dofja
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Il Patriarca di Venezia
SE IL VENETO FOSSE INDIPENDENTE
IL PIL, GLI F35, I TRATTATI EUROPEI
VENEZIA – L’apertura è arrivata ieri, a margine
dell’incontro al parco scientifico del Vega in cui
il patriarca Francesco Moraglia ha incontrato i
lavoratori, visitato le startup, provato a
raccontare quelli che dovranno essere, per lui,
la «ricerca» e lo «sviluppo» del futuro. «Le
spinte indipendentiste? L’Italia ha faticato e
fatica ancora oggi a trovare l’unità – ha detto
Moraglia - i motivi di difficoltà devono però
spingerci a stare insieme di più anche se forse
in modo diverso». Un’apertura nei confronti dei
cambiamenti in atto, che se da un lato si
oppone alle richieste del referendum on line
lanciato sul sito Plebiscito.eu, dall’altro non
chiude gli occhi di fronte alle richieste sollevate
proprio nei giorni scorsi anche dai sindaci, ad
esempio sulla questione fiscale. «Dobbiamo
trovare un modo per stare più uniti in maniera
diversa da quella attuale – insiste il Patriarca -
spingendo la leva della sussidiarietà e tenendo
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messo altrove. Le questioni burocratiche e di
gestione esistono, certo, «ma al centro deve
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andando». «Che si faccia ricerca, ci si occupi di
ingegneria aerospaziale, di processi chimici o di
questioni economiche - conclude Moraglia -
Abbiamo assistito finora a una politica non
sempre lungimirante. Non poche difficoltà di
oggi derivano dagli errori del passato, di cui
precisi uomini politici hanno responsabilità».
(a.d’e.)
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I pro, i contro e i (molti) dubbi di una nuova Repubblica Serenissima
All’ombra di San Marco
Sopra l’Arsenale, una delle
prime fabbriche d’Europa ai
tempi della Serenissima,
sotto piazza San Marco
Il consiglio
Il referendum
consultivo per
l’indipendenza
deve passare
al vaglio
del consiglio
regionale
Luca Antonini
Presidente
Commissione
federalismo
Gian Angelo
Bellati
Direttore
di Unioncamere
❜❜
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A quel punto la
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ignorare i richiami
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Il governo
Il governo deve
asternersi
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02.04.2014 corriere veneto moraglia

  • 1. A vvertenza: tutto quello che leggerete qui di seguito non è ancora successo e, secondo la maggior parte dei costi- tuzionalisti, non succederà mai nell’alveo della Costituzione italiana. Ieri però la com- missione Affari Istituzionali ha inviato al consiglio regionale la legge per istituire un referendum consultivo per chiedere ai vene- ti se vogliono l’autonomia o l’indipendenza della Regione. Immaginando che il consi- glio approvi la norma senza battere ciglio, che la giunta lo convochi ignorando i richia- mi (anche duri) dei giudici costituzionali, che il governo italiano si giri dall’altra parte durante la fase istruttoria e che il parlamen- to non proferisca parola di fronte al voto fa- vorevole dalla maggioranza dei veneti; im- maginando tutto questo il Veneto divente- rà una Repubblica Indipendente. E a quel punto che cosa succederebbe? Ne abbiamo parlato con il direttore di Unioncamere Gian Angelo Bellati, con il presidente della Commissione per l’attuazione del Federali- smo Luca Antonini, con il costituzionalista Ma- rio Bertolissi e con il do- cente di matematica ap- plicata dell’università di Ca’ Foscari Silvio Giove Il residuo fiscale, il Pil e il debito Segnatevi bene la ci- fra: 2o miliardi di euro e rotti. Questa la monta- gna di soldi che ogni an- no vanno a Roma e non tornano indietro. Bene. Da adesso restano qui, sul territorio e potranno essere usati per investire sulle infrastrutture e sui servizi. Potranno essere usati per rendere più effi- ciente la neonata giusti- zia locale, per rendere più rapida la burocrazia e soprattutto per abbassa- re le tasse che rendono le imprese meno competiti- ve all’estero. «Il volano in questo caso sarebbe addirittura maggiore - spiega Bellati -. Il si- stema infatti godrebbe di una pubblica am- ministrazione più efficiente e, grazie alla mi- glior gestione degli uffici pubblici, ci sareb- be un ulteriore risparmio». In definitiva, se- condo uno studio eseguito proprio da Union- camere, la possibilità di gestire in proprio una serie di competenze comporterebbe un probabile aumento del Pil (prodotto interno lordo) del 9%, nonostante la crisi economi- ca. La competitività e gli F35 La neonata Repubblica Veneta non sareb- be poi così piccola per competere sui merca- ti internazionali. L’Irlanda, la Slovenia, la Let- tonia, l’Estonia, la Lituania, la Croazia, il Lus- semburgo e Malta sono molto meno compe- titivi (per Pil e per abitanti) e non soffrono di solitudine. Il Veneto indipendente però non se la gioca con l’Austria o la Germania ma si deve accontentare della Finlandia o della Repubblica Slovacca. Le spese che do- vrà sostenere per presentarsi al mondo co- me uno stato a sé potrebbero infatti mettere inizialmente in crisi il sistema fiscale. Il Ve- neto deve dotarsi di un governo, un parla- mento, una corte costituzionale, una corte di cassazione, una corte dei conti, un consi- glio di stato, tutte istituzioni che stanno a Roma e che non finiscono nel conteggio del residuo fiscale perché sono assorbite in un sistema di economie di scala. Non solo: uno Stato che si rispetti deve avere una Difesa. E, vista la fretta di dotarsi di armamenti e la mancanza di serenissimi piloti militari, pro- babilimente si finirebbe per dover compra- re una ventina di F35 (e le rispettive equipe tecniche) proprio dalla vicina Italia. Som- mando questi costi improvvisi, i 20 miliar- di guadagnati con l’indipendenza si ridur- rebbero sensibilmente. E almeno nel primo periodo le tasse per imprese e cittadini do- vrebbero aumentare per coprire le spese e pagare alla straniera Italia la quota di debi- to pubblico della nostra regione (a meno che qualcuno non trovi il modo di farla franca). Il debito di quel che resta dell’Italia Il debito pubblico dell’Italia è di duemila e cento miliardi. Alla «Serenissima» andrebbe da un minimo del 10% a un massimo del 20%, a seconda della capacità negoziale della delegazione politica dei neodogi. Anche se, secondo i calcoli di Unioncamere il Veneto non ha mai contribuito a generare debito pubblico («Negli anni Sessanta il residuo fi- scale era basso e poi è andato crescendo ma non è mai stato negativo», puntualizza Bella- ti) è possibile che Roma decida di scaricare una porzione più nutrita del dovuto di debi- to. Il Veneto dunque si troverebbe a pagare 400 miliardi di euro che però potrebbero es- sere compensati, assorbiti e pagati grazie al- l’aumento del Pil di cui abbiamo parlato qualche riga fa. I trattati internazionali e l’euro L’euro è e resta la moneta dell’Italia che a partire dai trattati di Roma del 1957 ha pro- gressivamente ceduto sovranità all’Unione europea. «La Repubblica Veneta è un nuovo Stato che a questo punto con l’Italia non ha più nulla a che fare e quindi non eredita ne- cessariamente i trattati internazionali e nem- meno l’euro», spiega Bertolissi. Un altro co- sto iniziale da sostenere dunque sarebbe quello di una nuova zecca di Stato per batte- re moneta a cui si aggiunge l’inizio della pro- cedura necessaria a entrare in Europa. Il pro- cesso richiede continui adeguamenti e, co- me sanno i croati e gli sloveni (e anche gli italiani), è lungo e tortuoso e comporta ri- schi inflazionistici. L’eventuale zecchino (il ducato d'argento, il matapan, la lira tron o quello che deciderà di battere la serenissima zecca) non avrebbe gran- de peso sui mercati internazionali e sarebbe quindi in posizione di de- bolezza. «C’è inoltre il rischio che il debito pubblico venga aggredi- to da attacchi speculativi e questo brucerebbe i vantaggi derivati dal residuo fiscale», fa notare Antoni- ni. In questo caso, almeno nel pri- missimo periodo dal distacco, ne risentirebbero i rapporti sui mer- cati internazionali con conse- guenze nefaste sull’export regio- nale (pardon, nazionale). Gli altri indicatori e il turismo Il Veneto si troverebbe a dover affrontare in solitaria i problemi ambientali derivati dalla produ- zione industriale dell’area Nordo- vest dello Stato confinante. I fu- mi delle fabbriche lombarde e piemontesi che attraversano il bacino padano in barba ai confi- ni e gli sforamenti dei pm10 do- vuti al traffico pesante di passag- gio sull’asse Est-Ovest divente- rebbero un problema soltanto ve- neto. «L’ambiente e i trasporti so- no fattori critici che difficilmen- te si possono affrontare basando- si su una scala ridotta e ci sono tutta una serie di indicatori, dal- la salute all’uso del tempo libero che non sono legati all’assetto istituzionale», spiega Giove. I do- gi della nuova Repubblica (ma anche quelli che stanno a Roma oggi) dunque dovrebbero pensa- re subito a una riduzione dell’im- patto industriale sul territorio che potrebbe produrre variazioni economi- che importanti in un prossimo futuro. Inol- tre, anche se le risorse del turismo restereb- bero in loco, il nuovo Stato perderebbe il brand Roma che contribuisce a portare in Veneto milioni di visitatori dai paesi emer- genti che non hanno ben presente la geogra- fia europea. Il risultato è che Venezia do- vrebbe firmare una serie di trattati commer- ciali con Roma (che però a quel punto po- trebbe avere il dente avvelenato almeno dal lato politico e diplomatico). Il destino dei vicini italiani L’Italia perderebbe miliardi di euro, un porto e un aeroporto importante (Venezia) ma guadagnerebbe alcune aziende come Lu- xottica (ma non solo) che ha sede fiscale in via Cantù a Milano e là verserebbe le sue tasse. Per contro le imprese venete perde- rebbero il marchio Made in Italy e si do- vrebbero accontentare del meno famoso Made in Veneto. Alcune città venete come Padova inoltre dipenderebbero dagli stra- nieri per la raccolta differenziata: Hera e Acegas Aps hanno sede rispettivamente a Bologna e a Trieste. E se con i friulani si può trattare perché (visto che diventerebbe- ro un enclave) devono accettare le nostre condizioni se vogliono passare per il territo- rio della Serenissima e andare in Italia, con gli emiliani ci dobbiamo già contendere la gestione idrica del Po e la partita sarebbe de- cisamente più difficile. Alessio Antonini dofja © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Patriarca di Venezia SE IL VENETO FOSSE INDIPENDENTE IL PIL, GLI F35, I TRATTATI EUROPEI VENEZIA – L’apertura è arrivata ieri, a margine dell’incontro al parco scientifico del Vega in cui il patriarca Francesco Moraglia ha incontrato i lavoratori, visitato le startup, provato a raccontare quelli che dovranno essere, per lui, la «ricerca» e lo «sviluppo» del futuro. «Le spinte indipendentiste? L’Italia ha faticato e fatica ancora oggi a trovare l’unità – ha detto Moraglia - i motivi di difficoltà devono però spingerci a stare insieme di più anche se forse in modo diverso». Un’apertura nei confronti dei cambiamenti in atto, che se da un lato si oppone alle richieste del referendum on line lanciato sul sito Plebiscito.eu, dall’altro non chiude gli occhi di fronte alle richieste sollevate proprio nei giorni scorsi anche dai sindaci, ad esempio sulla questione fiscale. «Dobbiamo trovare un modo per stare più uniti in maniera diversa da quella attuale – insiste il Patriarca - spingendo la leva della sussidiarietà e tenendo conto delle esigenze delle persone e dei territori». Per Moraglia, però, l’accento va messo altrove. Le questioni burocratiche e di gestione esistono, certo, «ma al centro deve esserci sempre la persona, ovunque si stia andando». «Che si faccia ricerca, ci si occupi di ingegneria aerospaziale, di processi chimici o di questioni economiche - conclude Moraglia - Abbiamo assistito finora a una politica non sempre lungimirante. Non poche difficoltà di oggi derivano dagli errori del passato, di cui precisi uomini politici hanno responsabilità». (a.d’e.) © RIPRODUZIONE RISERVATA I pro, i contro e i (molti) dubbi di una nuova Repubblica Serenissima All’ombra di San Marco Sopra l’Arsenale, una delle prime fabbriche d’Europa ai tempi della Serenissima, sotto piazza San Marco Il consiglio Il referendum consultivo per l’indipendenza deve passare al vaglio del consiglio regionale Luca Antonini Presidente Commissione federalismo Gian Angelo Bellati Direttore di Unioncamere ❜❜ La Consulta A quel punto la Regione dovrà ignorare i richiami della Corte costituzionale che respingerà il referendum Il governo Il governo deve asternersi dall’intervenire. Potrebbe chiedere il commissariamen- to della Regione Il voto Anche il parlamento dovrebbe astenersi dall’intervento. A quel punto la parola va ai veneti Approfondimenti Le norme, gli scenari e le conseguenze Tra studi e ipotesi «Insieme, ma in modo diverso» Il Veneto sarebbe più ricco ma perderebbe il Made in Italy e le tasse di Luxottica 1 2 3 4 » 4 Primo Piano Mercoledì 2 Aprile 2014 Corriere del Veneto PD