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Raimondo Villano
Verso la società globale dell’informazione
(Eidos, 1996)
2
Presentazione
Un grande dono offerto con grande umiltà.
Ecco come si può definire questa lunga e non lieve fatica di Raimondo Villano, il quale, per mero
spirito di servizio e non certo per ambizioni accademiche, ha voluto assumere la parte e l’ufficio di
mediatore tra una materia intrinsecamente complessa e in rapida evoluzione e la gran massa di
coloro che, in numero e in misura crescenti, son destinati a fare i conti con essa, anche se non per
loro scelta.
Il discorso sull’attuale società dell’informazione è tanto diffuso, che rischia di apparire un luogo
comune. Ma proprio il fatto di essere comune comporta la necessità che se ne conoscano, sia pure
a grandi linee ma non superficialmente, contenuti metodi e finalità non con la pretesa di dominare
il nuovo universo disciplinare ma con il legittimo desiderio di non esserne dominati e manipolati.
La nuova realtà creata dalla scienza informatica ed elettronica ha profondamente mutato,
abbreviandole fin quasi a cancellarle, le tradizionali coordinate spaziali e temporali dell’umano
agire e comunicare, costringendo anche mentalità e abitudini a rapidi processi di adattamento.
Quando gli adattamenti ci sono stati (con o senza traumi conta poco), si son ritrovati enormemente
accresciuti i poteri di ciascun individuo di mettersi in relazione con gli altri e quindi di
moltiplicare, attraverso lo scambio di informazioni, le occasioni e le modalità della crescita
globale della personalità. Quando, invece, gli adattamenti non sono stati neppure tentati o, se
avviati, non hanno creato le sperate abilità, s’è avvertita una progressiva emarginazione dal flusso
delle informazioni e s’è instaurata la non felice condizione di dover utilizzare informazioni
manipolate da altri o comunque di seconda mano. Ecco perché oggi non è più possibile scegliere
tra l’adesione alla nuova realtà e il rifiuto di essa. Nella società dell’informazione ci siamo già e, ci
piaccia o no, l’unica libertà di scelta che rimane è tra il rassegnarsi a subirla o il prepararsi a
guidarla. E l’uomo, se non vuole abdicare alla propria dignità, non può non provvedere in tempo
alla propria libertà con lo scegliere la seconda ipotesi. È davvero un Giano bifronte quello che
sfida l’uomo contemporaneo a scelte difficili e irrevocabili: esso promette e fa intravvedere un gran
bene, ma contiene anche, occulte, le insidie di un gran male.
Ancora una volta, come all’inizio della storia, l’uomo deve vivere e risolvere dentro di sé l’eterno
dramma della scelta. Ma in ogni caso la via resta sempre una: quella della conoscenza.
Per accettare o per respingere.
* * *
L’autore non chiude gli occhi di fronte ai problemi che vien ponendo all’uomo di oggi la
trasformazione in atto della società. Al contrario: li fa suoi, quei problemi, e, pur con le debite
cautele e riserve, assume coraggiosamente posizione a favore della prospettiva di cambiamento,
ovviamente governato e diretto dall’uomo. Il cap. VII, in particolare, contiene una diligente e
accurata disamina del pensiero filosofico contemporaneo nel suo misurarsi con la tecnologia
informatica e con i problemi ch’essa pone alla perplessa intelligenza e all’ancor più perplessa
3
sensibilità degli uomini.
Sembra proprio che l’intera civiltà occidentale, di plurimillenaria durata, sia giunta ad una svolta
decisiva del suo cammino: la macchina, che pur è frutto dell’umano pensiero, ne incrementa ed
amplifica le potenzialità in misura incredibile e imprevedibile, ma restano molto difformi da essa i
ritmi con cui le masse degli uomini si adeguano alle nuove possibilità operative. È come se
l’immensa eredità della storia dell’umana intelligenza e ricerca oggi costituisse una remora o un
gravame per l’uomo dannato al cambiamento: questo c’è sempre stato, ma, per i ritmi che ne
scandivano il processo, è stato sempre agevolmente “metabolizzato” dall’uomo. Oggi è
l’incalzante rapidità dei processi innovativi che mette a nudo la lentezza dell’adeguamento
dell’uomo e della sua struttura psichica e mentale. Ed è proprio lì, nello scarto tra le due velocità,
che si annida il rischio: la liberazione dalla ripetitività meccanica di certe operazioni, offerta dalla
macchina, potrebbe tramutarsi in un forma sconosciuta di asservimento delle masse. Da parte di
chi? e a vantaggio di chi? Se a questo punto della riflessione interviene l’inevitabile avvertimento
di tener sempre l’uomo come fine, ecco che ammonitore si leva il passato con tutto il fascino dei
valori ch’esso ha creati e consegnati alla nostra coscienza e alla nostra responsabilità. Il cammino
verso il nuovo è inarrestabile. L’augurio è che l’uomo sappia percorrerlo con saggezza, con
coraggio e con umiltà, traghettando sempre nei nuovi approdi l’eredità delle passate generazioni,
in virtù della quale egli può ancora riconoscersi e dirsi uomo.
La riflessione dell’autore su tutta quest’area problematica dura da alcuni anni, nel corso dei quali
egli ne ha fatto partecipi gli amici rotariani del suo club con la generosità di chi mette a vantaggio
degli altri la propria fatica e con l’umiltà di chi sente il proprio dono inadeguato al sentimento che
lo muove e lo accompagna. Alcune tappe di questo fecondo e costante rapporto della silenziosa
operosità del singolo con la vita del gruppo sono state contrassegnate da concrete proposte di
notevole utilità e rilevanza sociale: ricordo le validissime indicazioni sull’organizzazione del
servizio sanitario e dell’assistenza agli anziani, sull’orientamento dei giovani nella scelta degli
studi universitari e nella ricerca del lavoro nonché le preziose applicazioni della razionalità
informatica alla sistemazione dell’archivio del Distretto 2100 del R.I.
Di tutta l’esperienza acquisita e della conoscenza accumulata nell’itinerario degli ultimi anni
quest’opera rappresenta la “summa”, della quale non saprei se apprezzare di più l’ampiezza della
materia trattata o lo sforzo di renderla accessibile alla comprensione di persone sfornite di
competenza specifica ma dotate di buona volontà, quali son certamente i Rotariani.
A me, che ho avuto più volte l’occasione di apprezzare la serietà dell’impegno professionale e
civile dell’autore, piace concludere questa presentazione col notare ch’egli, nel delineare l’avvento
del nuovo universalismo tecnologico come versione contemporanea degli universalismi classici
(cristiano, umanistico, razionalistico), ha saputo far sua la pedagogia rotariana dell’uomo come
fine.
Antonio Carosella
4
Capitolo VIII
Impatto spaziale – Problemi urbanistici
L'introduzione di nuove tecnologie, nei processi produttivi, nei prodotti, nei servizi, sta cambiando
ad un ritmo sempre più accelerato i comportamenti sociali e le relazioni tra i diversi soggetti. Ciò dà
luogo al modificarsi delle interazioni spaziali che tendono ad evolvere verso nuove forme di
organizzazione sempre più complesse. Cambiano, infatti, non solo i tradizionali fattori di
localizzazione delle imprese, delle residenze e dei servizi ma anche l'uso del tempo libero,
provocando nuove forme di congestione ed, ancora, cambiano le strutture, con economie di scala
che le attuali tecnologie tendono a ridurre, mettendo in moto processi di accentramento o di
decentramento motivati da elementi finora non determinati.
Ma,soprattutto, ciò che inizialmente rappresentava soltanto una intuizione, ovvero il legame stretto
che intercorre fra territorio e telecomunicazioni, arricchendosi di numerosi contributi scientifici, si
configura oggi come ipotesi di lavoro di notevole rilievo sulla quale impegnarsi collettivamente per
la realizzazione di un progetto di ridisegno territoriale: la città cablata.
Questa è un'idea nata dalla convinzione che, attraverso un uso corretto dell'innovazione tecnologica,
si può ottenere il ridisegno formale e la semplificazione dei problemi relativi all'organizzazione ed
alla gestione del territorio concorrendo all'innalzamento del grado di vivibilità, di sicurezza e di
efficienza dei sistemi urbani e rendendone, quindi, possibile la governabilità e la stessa
sopravvivenza umana.
Il rapporto risorse-esigenze, infatti, tende sempre più a squilibrarsi rendendo più ardua la risposta,
in termini adeguati, alla "domanda" che nasce sulla città e nel territorio, soprattutto in conseguenza
della localizzazione casuale delle funzioni, del fenomeno dello spontaneismo e dell'immobilismo,
che hanno innestato processi di concentrazione e talora di degrado, e la gestione empirica delle
stesse.
Attualmente la configurazione di molte aree metropolitane, inoltre, può essere assimilata a quella di
un arcipelago: un'alta concentrazione di strutture urbane, spesso di dimensioni considerevoli,
sviluppata sulla base di successive espansioni realizzate seguendo la logica della casualità e, non di
rado, degli interessi speculativi.
Il risultato di tale sviluppo è stato la formazione di un sistema di nuclei urbani non interrelato e
contraddistinto da un rapporto squilibrato fra i livelli demografici e la "densità sociale".
A tale fenomeno sovente vanno sommate le conseguenze del deficitario rapporto esistente fra
infrastrutture urbane, attrezzature e popolazione servita all'interno delle aree metropolitane: si
finisce per sovraccaricare il centro cittadino di una "domanda" di servizi cui l'hinterland non è in
grado di rispondere.
Ma per capire quale destino avrà la città dell'era post-industriale occorre innanzitutto comprendere
quali forze, indirizzi e tendenze si agitano nella complessità del presente. La città, nel corso dei
secoli, è stata sempre il luogo della espressione e della celebrazione dell'interesse collettivo. Questo
è il principio verso il quale si è sempre indirizzata la pianificazione. Il risultato, però, non è stato
sempre quello desiderato. Anzi, attualmente l'immagine della città tende a scomparire e con essa la
sua identità; il territorio sembra aver smarrito ogni traccia di organizzazione; regna indisturbata la
"crescita senza sviluppo".'
Questa situazione determina una elevata mobilità quotidiana sul territorio metropolitano che
l'insufficiente sistema infrastrutturale portante dell'area non riesce sempre a smaltire. La
conseguente congestione evidenzia il dato di fondo: le diverse destinazioni d'uso, distribuite nel
territorio, non seguono una logica di piano ma risultano essere il frutto di allocazioni casuali, spesso
contraddittorie, e che possono essere origine di ulteriori effetti distorcenti sul sistema insediativo
5
come l'inquinamento, il degrado ambientale, il basso livello di vivibilità.
Emerge allora, sulla base di quanto esposto, l'esigenza di organizzare un nuovo quadro di
riferimento territoriale attraverso il quale modificare e riorganizzare i rapporti funzionali esistenti
fra i vari elementi del sistema territoriale con l'obiettivo di utilizzare impianti, strutture, tradizioni e
potenziale economico-produttivo, adottando la politica del recupero e della valorizzazione delle
risorse, delle energie e delle situazioni pregresse presenti nel territorio. Tutto ciò in linea con il
concetto che l'azione del recupero non è separata da quella del riuso.
Da questi dati occorre partire per costruire la città futura.
L'adozione delle tecnologie telematiche e informatiche dovrebbe consentire il passaggio
dell'accettazione consuetudinaria e fatalistica della "domanda" ad una fase di regolazione e
semplificazione della stessa.
Siamo infatti ad un momento di svolta nella storia della città che, in modo icastico, può dirsi di
svolta dalla città dell'automobile alla città dell'elettronica.
L'idea di città cablata solleva, quindi, tanti problemi ma anche qualche certezza. I problemi sono
relativi alla diversa concezione che dovremo sviluppare dello spazio fisico da ristrutturare, del
tempo da contrarre e dell'innovazione tecnologica da governare e razionalizzare; ciò comporterà
l'impegno di prevedere e di approfondire i probabili "impatti" che lo sviluppo e la diffusione delle
nuove tecnologie determineranno nella città e sul territorio.
Occorre valutare l'impatto spaziale procurato dall'inserimento di una nuova rete di
telecomunicazioni, realizzata con il supporto delle fibre ottiche, nel disegno di piano. Lo sviluppo
della telematica offre l'opportunità di liberare le attività e gli stessi rapporti umani dai vincoli della
prossimità spaziale e rappresenta un potenziale fattore di decentramento. La modificazione delle
tradizionali reti di trasporto sul territorio prefigura nuove possibilità di concentrazioni spaziali,
mettendo in discussione le attuali motivazioni di esistenza della città basate su criteri di centralità.
Si avrà quindi una società in cui il tempo libero sarà di gran lunga superiore a quello lavorativo e
sarà fattore principale di mobilità.
Si può ipotizzare che la società del 2000 sarà composta da una popolazione "stanziale" e da una
"nomade" tra le quali agirà da mediatrice la classe degli addetti nel terziario.
Il lavoro extra-meccanico (intellettuale, dirigenziale, di ricerca) si svolgerà presso la residenza nella
quale verranno concentrate tutte le attività umane. Bisogna evitare l'errore dell'urbanistica
contemporanea che ha contrapposto aree centrali, altamente qualificate ed attrezzate, alla periferia
povera e senza connotati urbani.
Emerge la necessità di realizzare luoghi di incontro nei punti nodali e di contatto fra l'habitat degli
"stanziali" e quello dei "nomadi" per consentire uno sviluppo adeguato della città telematica.
Un fenomeno certamente da prendere in considerazione è la cosiddetta "rivoluzione dei colletti
bianchi" che determina una notevole concentrazione, nei centri urbani, di attività lavorative legate al
terziario avanzato.
Tali attività sono indirizzate allo svolgimento delle funzioni direttive, di consulenza e di
elaborazione delle informazioni e che stanno configurando un nuovo settore produttivo definito
"quaternario".
Di contro, vanno individuati la nuova logistica industriale e trasporto merci, i nuovi rapporti e
vincoli tra localizzazioni industriali e residenziali e i nuovi comportamenti localizzativi delle
imprese.
6
Ovviamente lo studio di modelli di sviluppo è tutt'altro che semplice a causa, in primo luogo, del
ritmo con cui l'innovazione viene prodotta, diffusa e utilizzata dalle imprese, dai servizi e dai
cittadini che conferisce ai processi una dinamica sempre più accelerata che rende difficile
l'attuazione di politiche di governo del sistema volte alla eliminazione o, quantomeno,
all'attenuazione delle esternabilità negative inevitabili in ogni processo di trasformazione; in
secondo luogo a causa del ritardo accumulato da un Paese in alcuni settori strategici, e ciò non tanto
e non solo rispetto alla introduzione dell'innovazione nei processi produttivi o nei prodotti, quanto
soprattutto nel campo dei servizi ai cittadini.
Nell'ambito del ridisegno urbano, dunque, elementi importanti da considerare per la progettazione
sono: l'importanza sempre maggiore che la cultura e le strutture educative assumono nelle città dove
si sviluppano funzioni quaternarie e l'attenzione crescente verso una maggiore qualità della vita
richiesta nei centri urbani aventi funzioni direttive e culturali, legata alle specifiche istanze di una
forza di lavoro particolarmente qualificata.
Fra le trasformazioni attuali più significative due sembrano rilevanti: la riduzione dello spazio
occupato dalle attività produttive, e la disseminazione e la dispersione degli insediamenti
residenziali sul territorio.
Ad esse bisogna affiancare i fenomeni che hanno accompagnato l'urbanizzazione negli ultimi
decenni quali l'abusivismo, il degrado ed ancora la ingovernabilità dell'azienda città.
Emerge una domanda concreta di pianificazione indirizzata al controllo e alla gestione dei fenomeni
urbani che sia però innovativa rispetto a quella tradizionale. Una pianificazione che sia soprattutto
indirizzata al recupero dell'esistente e alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale.
Bisogna combattere contro due tendenze attuali che vorrebbero indirizzare la nuova pianificazione o
verso un riassetto territoriale determinato da una ridistribuzione delle "grandi opere infrastrutturali"
o verso un'espansione della motorizzazione individuale.
Questi indirizzi che si vogliono dare allo sviluppo del fenomeno urbano futuro possono determinare
un'ulteriore esasperazione dei problemi attuali.
La strada da percorrere è diversa.
Quando la comunicazione avviene a distanza, attraverso un terzo elemento che media e supporta la
relazione, si ha l'illusione del superamento della barriera senza che questo sia concretizzato nella
pratica; si ha nell'immaginario la sensazione di essere in uno spazio diverso da quello nel quale si è
realmente.
L'applicazione di questo concetto allo spazio urbano, nel quale ogni uomo trova la propria identità
collettiva e nel quale ha riposto la propria memoria storica, porta alla formulazione di un'ipotesi di
neutralità locativa delle parti della città; si può vivere nella periferia con l'illusione di vivere nel
centro. Questo è reso possibile dal poter afferire agli stessi servizi negli stessi tempi e dal
partecipare alla medesima vita sociale mediante la "trasmissione" di un mondo di immagini.
Due questioni fondamentali guidano tutto lo studio: può la telematica essere uno strumento di
governo del territorio? E quale aiuto le nuove tecnologie possono apportare alla decentralizzazione
delle attività e del potere decisionale e allo sviluppo delle zone rurali?
In risposta a queste domande esistono due tendenze diverse: una asserisce che dal punto di vista
tecnico la telematica rende possibile la decentralizzazione; l'altra osserva che le domande
disponibili fino ad oggi non confermano tale tendenza, ma al contrario, i segnali di un
rinforzamento nella centralizzazione devono essere seriamente considerati.
Con il progresso, infatti, che le TLC hanno apportato ai processi di trasmissione a distanza, la
"prossimità fisica" non è più una condizione necessaria per soddisfare i bisogni di scambio di
7
informazioni essendo attuabile il fenomeno della "prossimità informatica" che determina
l'indifferenza dei tempi occorrenti per comunicare da un punto all'altro del territorio.
Sviluppo delle TLC, pertanto, significa accrescimento delle possibilità di decentramento delle
attività produttive, in particolare proprio per quei settori che richiedono tempi veloci nello scambio
di un flusso massiccio di informazioni e che non pongono come vincolante la necessità della
prossimità fisica. Altri fattori che favoriscono la decentralizzazione sono il risparmio del consumo
di energia, le possibilità di telelavoro e, soprattutto, la mancanza di vincolo territoriale tradizionale
nella scelta ubicativa.
Il superamento della concentrazione spaziale quale fattore fondamentale è determinato, dunque,
molte volte dalla facilità e dalla convenienza di separare le diverse unità di produzione,
distribuzione e direzione. Notevole importanza viene a rivestire, cosi, lo spazio dei flussi, anziché
quello dei luoghi.
Malgrado tutte queste previsioni favorevoli rispetto al tema della centralizzazione o
decentralizzazione degli insediamenti urbani, le prime esperienze con risultati di studi economici
riferiti a realtà produttive sembrerebbero indicare la tendenza alla polarizzazione, intorno ad aree
già attrezzate, delle attività produttive legate al trattamento e allo scambio di informazioni, per cui
si sviluppa un grosso processo di concentrazione di centri raccolta dati nonché di banche-dati. La
conseguenza più immediata di tale fenomeno risiede nella crescita del divario, già esistente, fra aree
sviluppate ed altamente tecnologizzate ed aree più arretrate, contraddistinte da un minore livello di
crescita economica.
Tra gli elementi fondamentali che possono favorire questo tipo di orientamento sicuramente hanno
un ruolo significativo i costi di installazione della rete telematica distributiva e le caratteristiche
tecnologiche della stessa nel caso in cui la configurino come una applicazione a scala locale.
Alcune ricerche tendono, inoltre, a dimostrare l'esistenza di un processo di centralizzazione delle
attività produttive di carattere manageriale e direzionale, mentre la decentralizzazione è legata
soltanto alle attività economiche di ordinaria programmazione.
Negli Stati Uniti, poi, sono stati condotti studi per indagare sui fattori che favoriscono la
concentrazione spaziale delle attività terziarie e sono stati individuati tre fenomeni principali
rappresentati dalla rivalorizzazione dei centri di formazione professionale e delle strutture
educative, dall'aumento del livello della qualità della vita e dall'assenza totale del decentramento
delle attività terziarie.
La diversità delle risposte fornite dalle varie ricerche condotte può essere spiegata introducendo
questo concetto: il particolare contesto politico, economico e culturale nel quale le nuove tecnologie
di telecomunicazioni vengono calate finisce per determinare, a seconda delle realtà, trasformazioni
diverse e fenomeni apparentemente incompatibili fra loro. Seguendo il filo di tale discorso si può
affermare che i nuovi sistemi di telecomunicazioni accrescono la funzione accentatrice di strutture
urbane già attrezzate in questo senso, mentre per realtà meno sviluppate, come quelle rurali,
consolidano la distribuzione spaziale e ricoprono un ruolo integrativo alle tradizionali strutture
sociali.
La concentrazione spaziale, ancora, è nella visione di Gottman determinata dal proliferare delle
attività del settore "quaternario", comprendente funzioni direttive, di consulenza e di elaborazione
delle informazioni nonché funzioni legislative, giuridiche, commerciali e culturali, cui si deve la
vitalità dei centri urbani, fra i quali tendono a verificarsi nuovi rapporti di complementarietà.
Lo studioso evidenzia, quindi, come alcune trasformazioni tecniche e di mercato abbiano finito col
centralizzare le più sofisticate attività manageriali e direzionali mentre si decentralizzano quelle di
ordinaria programmazione. Inoltre, alcune ricerche svolte in Germania, alle quali Turke fa ampio
riferimento, hanno cercato di comprendere gli eventuali effetti centralizzanti o decentralizzanti
prodotti dai nuovi "media", nonché il loro ruolo nel modificare il mercato del lavoro e l'attuale
8
divario fra aree urbane e aree rurali. Ciò che risulta è una notevole ambivalenza delle
telecomunicazioni che, pur possedendo un innegabile potenziale di decentramento, producono
anche fenomeni di concentrazione in relazione alla disponibilità sociale ad accettare i nuovi prodotti
e processi economici, ovvero una nuova struttura del lavoro.
In conclusione sembra di poter affermare che la telematica, pur offrendo potenzialmente la
possibilità di delocalizzazione, incentiva invece la tendenza alla concentrazione in una stessa area di
attività similari; ciò è deducibile anche dagli esempi americani, giapponesi ed europei (primi fra
tutti, per dimensione e per realizzazione Silicon Valleye e Silicon Glen) con la realizzazione di isole
ottiche, poli tecnologici o parchi scientifici.
Appare, pertanto, quanto mai opportuno evitare che si amplifichi un siffatto modello tendenziale
che con la presenza del terziario avanzato va ad aumentare il divario spesso già forte fra zone
depresse e zone sviluppate di un Paese.
Prevedere con anticipo l'assetto insediativo cui tende la società cosiddetta post-industriale non è
vano tentativo di profezie né indebita invasione nel dominio della futurologia, bensì indispensabile
"momento" della riflessione sul progetto di piano territoriale.
Valga per tutti l'esempio dei danni prodotti dal mancato o a volte tardivo adeguamento delle
strutture" insediative, vecchie e nuove, alla diffusione generalizzata del mezzo di trasporto
individuale. Strade bloccate, città che scoppiano, inquinamento, diseconomie da congestione
potrebbero presto diventare il corrispettivo "storico" di un'altra disfunzione, questa volta di segno
opposto, conseguente alla mancata previsione dei nuovi modelli di vita e di uso degli spazi urbani
indotti dalla diffusione, presto altrettanto generalizzata, del mezzo dì comunicazione individuale a
distanza. In virtù di essa, le grandi infrastrutture territoriali che ancora si progettano per rispondere
alla domanda di servizi concentrata nelle grandi città e negli agglomerati metropolitani potrebbero
in breve tempo risultare obsolete, sotto-utilizzate o addirittura inutili e comunque superate
dall'effetto "disperdente" prevedibile da parte di una società cablata.
La conoscenza per quanto possibile anticipata e comunque tempestiva degli assetti territoriali da
governare è inoltre molto importante per la predisposizione di interventi in risposta a domande a
volte latenti e per lungo tempo inespresse ma che d'un tratto emergono e condizionano fortemente
lo sviluppo dei nostri territori.
In tale contesto l'uso della telematica non è soltanto finalizzato al recupero dell'esistente ma agisce
anche da deterrente nei confronti dell'elevata "domanda" che si sviluppa all'interno dell'area
metropolitana contribuendo, in maniera determinante, alla razionalizzazione dell'offerta.
Far sì che l'innovazione tecnologica contribuisca alla crescita civile significa ridisegnare la città
nella quale viviamo ed è per questo motivo che il nuovo disegno va sperimentato: per evitare che la
civiltà dell'elettronica sia subita come è avvenuto per la civiltà dell'automobile.
E' inevitabile, allora, passare attraverso una fase di sperimentazione di tipo progettuale su aree
metropolitane significative; e il discorso vale soprattutto per quelle aree caratterizzate da una
elevata complessità di problemi e per le quali è auspicabile un'immediata inversione di tendenza nel
modo di gestire il sistema territoriale.
Il lavoro si deve articolare in diverse linee di ricerca e fasi operative tra le quali emerge, per ordine
di importanza, la costruzione di un modello interpretativo, a scala regionale, sul quale trasferire
informazioni sui rapporti funzionali dei vari elementi che costituiscono il sistema territoriale. Il
modello interpretativo dovrebbe garantire l'elaborazione di programmi di intervento su aree di scala
inferiore (sub regionale) mediante i quali verificare gli obiettivi prefissati.
Il tutto finalizzato all'acquisizione di una metodologia - di carattere sia interpretativo che
previsionale - attraverso cui formulare politiche nazionali e regionali di trasporto ma anche in grado
di assicurare i necessari elementi per l'elaborazione di nuovi modelli di gestione delle
9
aree metropolitane rendendo così possibile l'attuazione di una proposta di "città cablata"
caratterizzata dall'impiego dell'innovazione tecnologica e dal recupero dei valori urbani.
Il mondo del XXI secolo sarà un mondo di città. A questa previsione, per altro unanimemente
condivisa, fa seguito un interrogativo: come saranno le città del XXI secolo? A giudicare dai
fenomeni in atto, si può definire una ipotesi, altamente probabile, che vede le città divise in due
gruppi: le città del "primo" mondo, innervate da infrastrutture di comunicazione e connesse in rete
(le città cablate); e le città del "secondo" e del "terzo" mondo, devastate dalla congestione, dalla
insicurezza e dalla invivibilità. L'Onu affronterà i problemi del degrado degli insediamenti umani, a
scala planetaria, in una conferenza mondiale, la seconda dopo la Conferenza di Vancouver del
1975, che si svolgerà a Istambul nel giugno 1996. In quella sede, definiti i principi e gli obiettivi,
individuati gli impegni, si formuleranno i programmi di azioni e le strategie per la lotta al degrado.
Tutti i Paesi, a livello di Governo o con associazioni non governative, sono chiamati a fornire il loro
contributo, di idee e di proposte, per avviare a soluzione questo problema. Il contributo italiano,
come ha dichiarato il sottosegretario Scalzini presidente del Comitato nazionale Habitat II, si
avvarrà del lavoro scientifico e delle proposte del dipartimento di Pianificazione e scienza del
territorio dell'Università di Napoli, che ha organizzato, lo scorso 2 dicembre a Napoli, un Congresso
mondiale, in preparazione di Istambul '96, dal titolo "Degrado urbano e città cablata". E' appunto
questa la novità di grande rilievo che ha caratterizzato questo incontro: non solo elencare i problemi
degli insediamenti umani, ma individuare delle linee di soluzione che, utilizzando al meglio
l'innovazione tecnologica, portino alla costruzione della città del XXI secolo come città cablata,
città della pace, città della scienza.
Il contributo che studiosi e tecnici del territorio intendono offrire al cablaggio della città e con esso
alla lotta al degrado urbano è quello di utilizzare le opportunità della tecnologia al fine di
riorganizzare il sistema urbano e di formare il cittadino-utente in modo che possa usare, in maniera
intelligente, i nuovi servizi.
La mozione finale del convegno di Napoli, proposta dal Comitato promotore del Congresso
costituito da studiosi di 23 Paesi e approvata all'unanimità, in uno dei suoi passi più significativi
recita: "La città non sembra più essere il nucleo vitale delle forme di organizzazione collettiva dello
spazio, espressione del potenziale creativo e innovativo della umanità, quanto, piuttosto, luogo di
invivibilità e insicurezza caratterizzato da bassi livelli della qualità della vita. Questo degrado è oggi
cosi diffuso da mettere in crisi l'idea stessa di città come sistema organizzato, teso a fornire risposte
adeguate alle diverse domande dei suoi utenti".
Le nuove tecnologie possono essere, anche in questo caso, un potente fattore di cambiamento;
tuttavia il segno di questo cambiamento dipende dall'uso che si fa di queste innovazioni: se l'uso è
orientato a risolvere i problemi reali delle persone, il segno è certamente positivo, se l'uso invece è
orientato a incrementare i consumi allora il segno è e sarà sempre più negativo.

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Raimondo Villano - Impatto spaziale delle nuove tlc

  • 1. Raimondo Villano Verso la società globale dell’informazione (Eidos, 1996)
  • 2. 2 Presentazione Un grande dono offerto con grande umiltà. Ecco come si può definire questa lunga e non lieve fatica di Raimondo Villano, il quale, per mero spirito di servizio e non certo per ambizioni accademiche, ha voluto assumere la parte e l’ufficio di mediatore tra una materia intrinsecamente complessa e in rapida evoluzione e la gran massa di coloro che, in numero e in misura crescenti, son destinati a fare i conti con essa, anche se non per loro scelta. Il discorso sull’attuale società dell’informazione è tanto diffuso, che rischia di apparire un luogo comune. Ma proprio il fatto di essere comune comporta la necessità che se ne conoscano, sia pure a grandi linee ma non superficialmente, contenuti metodi e finalità non con la pretesa di dominare il nuovo universo disciplinare ma con il legittimo desiderio di non esserne dominati e manipolati. La nuova realtà creata dalla scienza informatica ed elettronica ha profondamente mutato, abbreviandole fin quasi a cancellarle, le tradizionali coordinate spaziali e temporali dell’umano agire e comunicare, costringendo anche mentalità e abitudini a rapidi processi di adattamento. Quando gli adattamenti ci sono stati (con o senza traumi conta poco), si son ritrovati enormemente accresciuti i poteri di ciascun individuo di mettersi in relazione con gli altri e quindi di moltiplicare, attraverso lo scambio di informazioni, le occasioni e le modalità della crescita globale della personalità. Quando, invece, gli adattamenti non sono stati neppure tentati o, se avviati, non hanno creato le sperate abilità, s’è avvertita una progressiva emarginazione dal flusso delle informazioni e s’è instaurata la non felice condizione di dover utilizzare informazioni manipolate da altri o comunque di seconda mano. Ecco perché oggi non è più possibile scegliere tra l’adesione alla nuova realtà e il rifiuto di essa. Nella società dell’informazione ci siamo già e, ci piaccia o no, l’unica libertà di scelta che rimane è tra il rassegnarsi a subirla o il prepararsi a guidarla. E l’uomo, se non vuole abdicare alla propria dignità, non può non provvedere in tempo alla propria libertà con lo scegliere la seconda ipotesi. È davvero un Giano bifronte quello che sfida l’uomo contemporaneo a scelte difficili e irrevocabili: esso promette e fa intravvedere un gran bene, ma contiene anche, occulte, le insidie di un gran male. Ancora una volta, come all’inizio della storia, l’uomo deve vivere e risolvere dentro di sé l’eterno dramma della scelta. Ma in ogni caso la via resta sempre una: quella della conoscenza. Per accettare o per respingere. * * * L’autore non chiude gli occhi di fronte ai problemi che vien ponendo all’uomo di oggi la trasformazione in atto della società. Al contrario: li fa suoi, quei problemi, e, pur con le debite cautele e riserve, assume coraggiosamente posizione a favore della prospettiva di cambiamento, ovviamente governato e diretto dall’uomo. Il cap. VII, in particolare, contiene una diligente e accurata disamina del pensiero filosofico contemporaneo nel suo misurarsi con la tecnologia informatica e con i problemi ch’essa pone alla perplessa intelligenza e all’ancor più perplessa
  • 3. 3 sensibilità degli uomini. Sembra proprio che l’intera civiltà occidentale, di plurimillenaria durata, sia giunta ad una svolta decisiva del suo cammino: la macchina, che pur è frutto dell’umano pensiero, ne incrementa ed amplifica le potenzialità in misura incredibile e imprevedibile, ma restano molto difformi da essa i ritmi con cui le masse degli uomini si adeguano alle nuove possibilità operative. È come se l’immensa eredità della storia dell’umana intelligenza e ricerca oggi costituisse una remora o un gravame per l’uomo dannato al cambiamento: questo c’è sempre stato, ma, per i ritmi che ne scandivano il processo, è stato sempre agevolmente “metabolizzato” dall’uomo. Oggi è l’incalzante rapidità dei processi innovativi che mette a nudo la lentezza dell’adeguamento dell’uomo e della sua struttura psichica e mentale. Ed è proprio lì, nello scarto tra le due velocità, che si annida il rischio: la liberazione dalla ripetitività meccanica di certe operazioni, offerta dalla macchina, potrebbe tramutarsi in un forma sconosciuta di asservimento delle masse. Da parte di chi? e a vantaggio di chi? Se a questo punto della riflessione interviene l’inevitabile avvertimento di tener sempre l’uomo come fine, ecco che ammonitore si leva il passato con tutto il fascino dei valori ch’esso ha creati e consegnati alla nostra coscienza e alla nostra responsabilità. Il cammino verso il nuovo è inarrestabile. L’augurio è che l’uomo sappia percorrerlo con saggezza, con coraggio e con umiltà, traghettando sempre nei nuovi approdi l’eredità delle passate generazioni, in virtù della quale egli può ancora riconoscersi e dirsi uomo. La riflessione dell’autore su tutta quest’area problematica dura da alcuni anni, nel corso dei quali egli ne ha fatto partecipi gli amici rotariani del suo club con la generosità di chi mette a vantaggio degli altri la propria fatica e con l’umiltà di chi sente il proprio dono inadeguato al sentimento che lo muove e lo accompagna. Alcune tappe di questo fecondo e costante rapporto della silenziosa operosità del singolo con la vita del gruppo sono state contrassegnate da concrete proposte di notevole utilità e rilevanza sociale: ricordo le validissime indicazioni sull’organizzazione del servizio sanitario e dell’assistenza agli anziani, sull’orientamento dei giovani nella scelta degli studi universitari e nella ricerca del lavoro nonché le preziose applicazioni della razionalità informatica alla sistemazione dell’archivio del Distretto 2100 del R.I. Di tutta l’esperienza acquisita e della conoscenza accumulata nell’itinerario degli ultimi anni quest’opera rappresenta la “summa”, della quale non saprei se apprezzare di più l’ampiezza della materia trattata o lo sforzo di renderla accessibile alla comprensione di persone sfornite di competenza specifica ma dotate di buona volontà, quali son certamente i Rotariani. A me, che ho avuto più volte l’occasione di apprezzare la serietà dell’impegno professionale e civile dell’autore, piace concludere questa presentazione col notare ch’egli, nel delineare l’avvento del nuovo universalismo tecnologico come versione contemporanea degli universalismi classici (cristiano, umanistico, razionalistico), ha saputo far sua la pedagogia rotariana dell’uomo come fine. Antonio Carosella
  • 4. 4 Capitolo VIII Impatto spaziale – Problemi urbanistici L'introduzione di nuove tecnologie, nei processi produttivi, nei prodotti, nei servizi, sta cambiando ad un ritmo sempre più accelerato i comportamenti sociali e le relazioni tra i diversi soggetti. Ciò dà luogo al modificarsi delle interazioni spaziali che tendono ad evolvere verso nuove forme di organizzazione sempre più complesse. Cambiano, infatti, non solo i tradizionali fattori di localizzazione delle imprese, delle residenze e dei servizi ma anche l'uso del tempo libero, provocando nuove forme di congestione ed, ancora, cambiano le strutture, con economie di scala che le attuali tecnologie tendono a ridurre, mettendo in moto processi di accentramento o di decentramento motivati da elementi finora non determinati. Ma,soprattutto, ciò che inizialmente rappresentava soltanto una intuizione, ovvero il legame stretto che intercorre fra territorio e telecomunicazioni, arricchendosi di numerosi contributi scientifici, si configura oggi come ipotesi di lavoro di notevole rilievo sulla quale impegnarsi collettivamente per la realizzazione di un progetto di ridisegno territoriale: la città cablata. Questa è un'idea nata dalla convinzione che, attraverso un uso corretto dell'innovazione tecnologica, si può ottenere il ridisegno formale e la semplificazione dei problemi relativi all'organizzazione ed alla gestione del territorio concorrendo all'innalzamento del grado di vivibilità, di sicurezza e di efficienza dei sistemi urbani e rendendone, quindi, possibile la governabilità e la stessa sopravvivenza umana. Il rapporto risorse-esigenze, infatti, tende sempre più a squilibrarsi rendendo più ardua la risposta, in termini adeguati, alla "domanda" che nasce sulla città e nel territorio, soprattutto in conseguenza della localizzazione casuale delle funzioni, del fenomeno dello spontaneismo e dell'immobilismo, che hanno innestato processi di concentrazione e talora di degrado, e la gestione empirica delle stesse. Attualmente la configurazione di molte aree metropolitane, inoltre, può essere assimilata a quella di un arcipelago: un'alta concentrazione di strutture urbane, spesso di dimensioni considerevoli, sviluppata sulla base di successive espansioni realizzate seguendo la logica della casualità e, non di rado, degli interessi speculativi. Il risultato di tale sviluppo è stato la formazione di un sistema di nuclei urbani non interrelato e contraddistinto da un rapporto squilibrato fra i livelli demografici e la "densità sociale". A tale fenomeno sovente vanno sommate le conseguenze del deficitario rapporto esistente fra infrastrutture urbane, attrezzature e popolazione servita all'interno delle aree metropolitane: si finisce per sovraccaricare il centro cittadino di una "domanda" di servizi cui l'hinterland non è in grado di rispondere. Ma per capire quale destino avrà la città dell'era post-industriale occorre innanzitutto comprendere quali forze, indirizzi e tendenze si agitano nella complessità del presente. La città, nel corso dei secoli, è stata sempre il luogo della espressione e della celebrazione dell'interesse collettivo. Questo è il principio verso il quale si è sempre indirizzata la pianificazione. Il risultato, però, non è stato sempre quello desiderato. Anzi, attualmente l'immagine della città tende a scomparire e con essa la sua identità; il territorio sembra aver smarrito ogni traccia di organizzazione; regna indisturbata la "crescita senza sviluppo".' Questa situazione determina una elevata mobilità quotidiana sul territorio metropolitano che l'insufficiente sistema infrastrutturale portante dell'area non riesce sempre a smaltire. La conseguente congestione evidenzia il dato di fondo: le diverse destinazioni d'uso, distribuite nel territorio, non seguono una logica di piano ma risultano essere il frutto di allocazioni casuali, spesso contraddittorie, e che possono essere origine di ulteriori effetti distorcenti sul sistema insediativo
  • 5. 5 come l'inquinamento, il degrado ambientale, il basso livello di vivibilità. Emerge allora, sulla base di quanto esposto, l'esigenza di organizzare un nuovo quadro di riferimento territoriale attraverso il quale modificare e riorganizzare i rapporti funzionali esistenti fra i vari elementi del sistema territoriale con l'obiettivo di utilizzare impianti, strutture, tradizioni e potenziale economico-produttivo, adottando la politica del recupero e della valorizzazione delle risorse, delle energie e delle situazioni pregresse presenti nel territorio. Tutto ciò in linea con il concetto che l'azione del recupero non è separata da quella del riuso. Da questi dati occorre partire per costruire la città futura. L'adozione delle tecnologie telematiche e informatiche dovrebbe consentire il passaggio dell'accettazione consuetudinaria e fatalistica della "domanda" ad una fase di regolazione e semplificazione della stessa. Siamo infatti ad un momento di svolta nella storia della città che, in modo icastico, può dirsi di svolta dalla città dell'automobile alla città dell'elettronica. L'idea di città cablata solleva, quindi, tanti problemi ma anche qualche certezza. I problemi sono relativi alla diversa concezione che dovremo sviluppare dello spazio fisico da ristrutturare, del tempo da contrarre e dell'innovazione tecnologica da governare e razionalizzare; ciò comporterà l'impegno di prevedere e di approfondire i probabili "impatti" che lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie determineranno nella città e sul territorio. Occorre valutare l'impatto spaziale procurato dall'inserimento di una nuova rete di telecomunicazioni, realizzata con il supporto delle fibre ottiche, nel disegno di piano. Lo sviluppo della telematica offre l'opportunità di liberare le attività e gli stessi rapporti umani dai vincoli della prossimità spaziale e rappresenta un potenziale fattore di decentramento. La modificazione delle tradizionali reti di trasporto sul territorio prefigura nuove possibilità di concentrazioni spaziali, mettendo in discussione le attuali motivazioni di esistenza della città basate su criteri di centralità. Si avrà quindi una società in cui il tempo libero sarà di gran lunga superiore a quello lavorativo e sarà fattore principale di mobilità. Si può ipotizzare che la società del 2000 sarà composta da una popolazione "stanziale" e da una "nomade" tra le quali agirà da mediatrice la classe degli addetti nel terziario. Il lavoro extra-meccanico (intellettuale, dirigenziale, di ricerca) si svolgerà presso la residenza nella quale verranno concentrate tutte le attività umane. Bisogna evitare l'errore dell'urbanistica contemporanea che ha contrapposto aree centrali, altamente qualificate ed attrezzate, alla periferia povera e senza connotati urbani. Emerge la necessità di realizzare luoghi di incontro nei punti nodali e di contatto fra l'habitat degli "stanziali" e quello dei "nomadi" per consentire uno sviluppo adeguato della città telematica. Un fenomeno certamente da prendere in considerazione è la cosiddetta "rivoluzione dei colletti bianchi" che determina una notevole concentrazione, nei centri urbani, di attività lavorative legate al terziario avanzato. Tali attività sono indirizzate allo svolgimento delle funzioni direttive, di consulenza e di elaborazione delle informazioni e che stanno configurando un nuovo settore produttivo definito "quaternario". Di contro, vanno individuati la nuova logistica industriale e trasporto merci, i nuovi rapporti e vincoli tra localizzazioni industriali e residenziali e i nuovi comportamenti localizzativi delle imprese.
  • 6. 6 Ovviamente lo studio di modelli di sviluppo è tutt'altro che semplice a causa, in primo luogo, del ritmo con cui l'innovazione viene prodotta, diffusa e utilizzata dalle imprese, dai servizi e dai cittadini che conferisce ai processi una dinamica sempre più accelerata che rende difficile l'attuazione di politiche di governo del sistema volte alla eliminazione o, quantomeno, all'attenuazione delle esternabilità negative inevitabili in ogni processo di trasformazione; in secondo luogo a causa del ritardo accumulato da un Paese in alcuni settori strategici, e ciò non tanto e non solo rispetto alla introduzione dell'innovazione nei processi produttivi o nei prodotti, quanto soprattutto nel campo dei servizi ai cittadini. Nell'ambito del ridisegno urbano, dunque, elementi importanti da considerare per la progettazione sono: l'importanza sempre maggiore che la cultura e le strutture educative assumono nelle città dove si sviluppano funzioni quaternarie e l'attenzione crescente verso una maggiore qualità della vita richiesta nei centri urbani aventi funzioni direttive e culturali, legata alle specifiche istanze di una forza di lavoro particolarmente qualificata. Fra le trasformazioni attuali più significative due sembrano rilevanti: la riduzione dello spazio occupato dalle attività produttive, e la disseminazione e la dispersione degli insediamenti residenziali sul territorio. Ad esse bisogna affiancare i fenomeni che hanno accompagnato l'urbanizzazione negli ultimi decenni quali l'abusivismo, il degrado ed ancora la ingovernabilità dell'azienda città. Emerge una domanda concreta di pianificazione indirizzata al controllo e alla gestione dei fenomeni urbani che sia però innovativa rispetto a quella tradizionale. Una pianificazione che sia soprattutto indirizzata al recupero dell'esistente e alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale. Bisogna combattere contro due tendenze attuali che vorrebbero indirizzare la nuova pianificazione o verso un riassetto territoriale determinato da una ridistribuzione delle "grandi opere infrastrutturali" o verso un'espansione della motorizzazione individuale. Questi indirizzi che si vogliono dare allo sviluppo del fenomeno urbano futuro possono determinare un'ulteriore esasperazione dei problemi attuali. La strada da percorrere è diversa. Quando la comunicazione avviene a distanza, attraverso un terzo elemento che media e supporta la relazione, si ha l'illusione del superamento della barriera senza che questo sia concretizzato nella pratica; si ha nell'immaginario la sensazione di essere in uno spazio diverso da quello nel quale si è realmente. L'applicazione di questo concetto allo spazio urbano, nel quale ogni uomo trova la propria identità collettiva e nel quale ha riposto la propria memoria storica, porta alla formulazione di un'ipotesi di neutralità locativa delle parti della città; si può vivere nella periferia con l'illusione di vivere nel centro. Questo è reso possibile dal poter afferire agli stessi servizi negli stessi tempi e dal partecipare alla medesima vita sociale mediante la "trasmissione" di un mondo di immagini. Due questioni fondamentali guidano tutto lo studio: può la telematica essere uno strumento di governo del territorio? E quale aiuto le nuove tecnologie possono apportare alla decentralizzazione delle attività e del potere decisionale e allo sviluppo delle zone rurali? In risposta a queste domande esistono due tendenze diverse: una asserisce che dal punto di vista tecnico la telematica rende possibile la decentralizzazione; l'altra osserva che le domande disponibili fino ad oggi non confermano tale tendenza, ma al contrario, i segnali di un rinforzamento nella centralizzazione devono essere seriamente considerati. Con il progresso, infatti, che le TLC hanno apportato ai processi di trasmissione a distanza, la "prossimità fisica" non è più una condizione necessaria per soddisfare i bisogni di scambio di
  • 7. 7 informazioni essendo attuabile il fenomeno della "prossimità informatica" che determina l'indifferenza dei tempi occorrenti per comunicare da un punto all'altro del territorio. Sviluppo delle TLC, pertanto, significa accrescimento delle possibilità di decentramento delle attività produttive, in particolare proprio per quei settori che richiedono tempi veloci nello scambio di un flusso massiccio di informazioni e che non pongono come vincolante la necessità della prossimità fisica. Altri fattori che favoriscono la decentralizzazione sono il risparmio del consumo di energia, le possibilità di telelavoro e, soprattutto, la mancanza di vincolo territoriale tradizionale nella scelta ubicativa. Il superamento della concentrazione spaziale quale fattore fondamentale è determinato, dunque, molte volte dalla facilità e dalla convenienza di separare le diverse unità di produzione, distribuzione e direzione. Notevole importanza viene a rivestire, cosi, lo spazio dei flussi, anziché quello dei luoghi. Malgrado tutte queste previsioni favorevoli rispetto al tema della centralizzazione o decentralizzazione degli insediamenti urbani, le prime esperienze con risultati di studi economici riferiti a realtà produttive sembrerebbero indicare la tendenza alla polarizzazione, intorno ad aree già attrezzate, delle attività produttive legate al trattamento e allo scambio di informazioni, per cui si sviluppa un grosso processo di concentrazione di centri raccolta dati nonché di banche-dati. La conseguenza più immediata di tale fenomeno risiede nella crescita del divario, già esistente, fra aree sviluppate ed altamente tecnologizzate ed aree più arretrate, contraddistinte da un minore livello di crescita economica. Tra gli elementi fondamentali che possono favorire questo tipo di orientamento sicuramente hanno un ruolo significativo i costi di installazione della rete telematica distributiva e le caratteristiche tecnologiche della stessa nel caso in cui la configurino come una applicazione a scala locale. Alcune ricerche tendono, inoltre, a dimostrare l'esistenza di un processo di centralizzazione delle attività produttive di carattere manageriale e direzionale, mentre la decentralizzazione è legata soltanto alle attività economiche di ordinaria programmazione. Negli Stati Uniti, poi, sono stati condotti studi per indagare sui fattori che favoriscono la concentrazione spaziale delle attività terziarie e sono stati individuati tre fenomeni principali rappresentati dalla rivalorizzazione dei centri di formazione professionale e delle strutture educative, dall'aumento del livello della qualità della vita e dall'assenza totale del decentramento delle attività terziarie. La diversità delle risposte fornite dalle varie ricerche condotte può essere spiegata introducendo questo concetto: il particolare contesto politico, economico e culturale nel quale le nuove tecnologie di telecomunicazioni vengono calate finisce per determinare, a seconda delle realtà, trasformazioni diverse e fenomeni apparentemente incompatibili fra loro. Seguendo il filo di tale discorso si può affermare che i nuovi sistemi di telecomunicazioni accrescono la funzione accentatrice di strutture urbane già attrezzate in questo senso, mentre per realtà meno sviluppate, come quelle rurali, consolidano la distribuzione spaziale e ricoprono un ruolo integrativo alle tradizionali strutture sociali. La concentrazione spaziale, ancora, è nella visione di Gottman determinata dal proliferare delle attività del settore "quaternario", comprendente funzioni direttive, di consulenza e di elaborazione delle informazioni nonché funzioni legislative, giuridiche, commerciali e culturali, cui si deve la vitalità dei centri urbani, fra i quali tendono a verificarsi nuovi rapporti di complementarietà. Lo studioso evidenzia, quindi, come alcune trasformazioni tecniche e di mercato abbiano finito col centralizzare le più sofisticate attività manageriali e direzionali mentre si decentralizzano quelle di ordinaria programmazione. Inoltre, alcune ricerche svolte in Germania, alle quali Turke fa ampio riferimento, hanno cercato di comprendere gli eventuali effetti centralizzanti o decentralizzanti prodotti dai nuovi "media", nonché il loro ruolo nel modificare il mercato del lavoro e l'attuale
  • 8. 8 divario fra aree urbane e aree rurali. Ciò che risulta è una notevole ambivalenza delle telecomunicazioni che, pur possedendo un innegabile potenziale di decentramento, producono anche fenomeni di concentrazione in relazione alla disponibilità sociale ad accettare i nuovi prodotti e processi economici, ovvero una nuova struttura del lavoro. In conclusione sembra di poter affermare che la telematica, pur offrendo potenzialmente la possibilità di delocalizzazione, incentiva invece la tendenza alla concentrazione in una stessa area di attività similari; ciò è deducibile anche dagli esempi americani, giapponesi ed europei (primi fra tutti, per dimensione e per realizzazione Silicon Valleye e Silicon Glen) con la realizzazione di isole ottiche, poli tecnologici o parchi scientifici. Appare, pertanto, quanto mai opportuno evitare che si amplifichi un siffatto modello tendenziale che con la presenza del terziario avanzato va ad aumentare il divario spesso già forte fra zone depresse e zone sviluppate di un Paese. Prevedere con anticipo l'assetto insediativo cui tende la società cosiddetta post-industriale non è vano tentativo di profezie né indebita invasione nel dominio della futurologia, bensì indispensabile "momento" della riflessione sul progetto di piano territoriale. Valga per tutti l'esempio dei danni prodotti dal mancato o a volte tardivo adeguamento delle strutture" insediative, vecchie e nuove, alla diffusione generalizzata del mezzo di trasporto individuale. Strade bloccate, città che scoppiano, inquinamento, diseconomie da congestione potrebbero presto diventare il corrispettivo "storico" di un'altra disfunzione, questa volta di segno opposto, conseguente alla mancata previsione dei nuovi modelli di vita e di uso degli spazi urbani indotti dalla diffusione, presto altrettanto generalizzata, del mezzo dì comunicazione individuale a distanza. In virtù di essa, le grandi infrastrutture territoriali che ancora si progettano per rispondere alla domanda di servizi concentrata nelle grandi città e negli agglomerati metropolitani potrebbero in breve tempo risultare obsolete, sotto-utilizzate o addirittura inutili e comunque superate dall'effetto "disperdente" prevedibile da parte di una società cablata. La conoscenza per quanto possibile anticipata e comunque tempestiva degli assetti territoriali da governare è inoltre molto importante per la predisposizione di interventi in risposta a domande a volte latenti e per lungo tempo inespresse ma che d'un tratto emergono e condizionano fortemente lo sviluppo dei nostri territori. In tale contesto l'uso della telematica non è soltanto finalizzato al recupero dell'esistente ma agisce anche da deterrente nei confronti dell'elevata "domanda" che si sviluppa all'interno dell'area metropolitana contribuendo, in maniera determinante, alla razionalizzazione dell'offerta. Far sì che l'innovazione tecnologica contribuisca alla crescita civile significa ridisegnare la città nella quale viviamo ed è per questo motivo che il nuovo disegno va sperimentato: per evitare che la civiltà dell'elettronica sia subita come è avvenuto per la civiltà dell'automobile. E' inevitabile, allora, passare attraverso una fase di sperimentazione di tipo progettuale su aree metropolitane significative; e il discorso vale soprattutto per quelle aree caratterizzate da una elevata complessità di problemi e per le quali è auspicabile un'immediata inversione di tendenza nel modo di gestire il sistema territoriale. Il lavoro si deve articolare in diverse linee di ricerca e fasi operative tra le quali emerge, per ordine di importanza, la costruzione di un modello interpretativo, a scala regionale, sul quale trasferire informazioni sui rapporti funzionali dei vari elementi che costituiscono il sistema territoriale. Il modello interpretativo dovrebbe garantire l'elaborazione di programmi di intervento su aree di scala inferiore (sub regionale) mediante i quali verificare gli obiettivi prefissati. Il tutto finalizzato all'acquisizione di una metodologia - di carattere sia interpretativo che previsionale - attraverso cui formulare politiche nazionali e regionali di trasporto ma anche in grado di assicurare i necessari elementi per l'elaborazione di nuovi modelli di gestione delle
  • 9. 9 aree metropolitane rendendo così possibile l'attuazione di una proposta di "città cablata" caratterizzata dall'impiego dell'innovazione tecnologica e dal recupero dei valori urbani. Il mondo del XXI secolo sarà un mondo di città. A questa previsione, per altro unanimemente condivisa, fa seguito un interrogativo: come saranno le città del XXI secolo? A giudicare dai fenomeni in atto, si può definire una ipotesi, altamente probabile, che vede le città divise in due gruppi: le città del "primo" mondo, innervate da infrastrutture di comunicazione e connesse in rete (le città cablate); e le città del "secondo" e del "terzo" mondo, devastate dalla congestione, dalla insicurezza e dalla invivibilità. L'Onu affronterà i problemi del degrado degli insediamenti umani, a scala planetaria, in una conferenza mondiale, la seconda dopo la Conferenza di Vancouver del 1975, che si svolgerà a Istambul nel giugno 1996. In quella sede, definiti i principi e gli obiettivi, individuati gli impegni, si formuleranno i programmi di azioni e le strategie per la lotta al degrado. Tutti i Paesi, a livello di Governo o con associazioni non governative, sono chiamati a fornire il loro contributo, di idee e di proposte, per avviare a soluzione questo problema. Il contributo italiano, come ha dichiarato il sottosegretario Scalzini presidente del Comitato nazionale Habitat II, si avvarrà del lavoro scientifico e delle proposte del dipartimento di Pianificazione e scienza del territorio dell'Università di Napoli, che ha organizzato, lo scorso 2 dicembre a Napoli, un Congresso mondiale, in preparazione di Istambul '96, dal titolo "Degrado urbano e città cablata". E' appunto questa la novità di grande rilievo che ha caratterizzato questo incontro: non solo elencare i problemi degli insediamenti umani, ma individuare delle linee di soluzione che, utilizzando al meglio l'innovazione tecnologica, portino alla costruzione della città del XXI secolo come città cablata, città della pace, città della scienza. Il contributo che studiosi e tecnici del territorio intendono offrire al cablaggio della città e con esso alla lotta al degrado urbano è quello di utilizzare le opportunità della tecnologia al fine di riorganizzare il sistema urbano e di formare il cittadino-utente in modo che possa usare, in maniera intelligente, i nuovi servizi. La mozione finale del convegno di Napoli, proposta dal Comitato promotore del Congresso costituito da studiosi di 23 Paesi e approvata all'unanimità, in uno dei suoi passi più significativi recita: "La città non sembra più essere il nucleo vitale delle forme di organizzazione collettiva dello spazio, espressione del potenziale creativo e innovativo della umanità, quanto, piuttosto, luogo di invivibilità e insicurezza caratterizzato da bassi livelli della qualità della vita. Questo degrado è oggi cosi diffuso da mettere in crisi l'idea stessa di città come sistema organizzato, teso a fornire risposte adeguate alle diverse domande dei suoi utenti". Le nuove tecnologie possono essere, anche in questo caso, un potente fattore di cambiamento; tuttavia il segno di questo cambiamento dipende dall'uso che si fa di queste innovazioni: se l'uso è orientato a risolvere i problemi reali delle persone, il segno è certamente positivo, se l'uso invece è orientato a incrementare i consumi allora il segno è e sarà sempre più negativo.