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Raimondo Villano
Uomo - Malattia - Cura:
storia, analisi e profili evolutivi
6
_________________
Governance tecnica di farmaci e servizi
2
Principali istituzioni farmaceutiche, Farmacopee ufficiali
In Italia la principale istituzione nel settore farmaceutico è il Ministero della Salute, all’interno
del quale opera l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a tutela del diritto alla salute garantito
dall’articolo 32 della Costituzione. La missione dell’AIFA si articola in 5 punti: 1. garantire
l’unitarietà nazionale del sistema farmaceutico d’intesa con le Regioni; 2. facilitare l’accesso ai
farmaci innovativi, ai farmaci orfani e per le malattie rare; 3. promuovere l’impiego sicuro ed
appropriato dei medicinali; 4. favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore
farmaceutico in Italia; 5. rafforzare i rapporti con le Agenzie degli altri Paesi, con l’Agenzia
europea per la valutazione dei medicinali (EMEA) e con gli altri organismi internazionali. Da
sottolineare che il valore di fondo dell’AIFA è promuovere una politica del farmaco
nell’interesse primario del malato. A tal fine essa, in autonomia, trasparenza ed economicità,
interagisce con tutte le altre istituzioni presenti in Italia: Regioni, Istituto Superiore di Sanità,
Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), Associazioni di pazienti, Medici,
Società Scientifiche, Aziende produttrici e mondo distributivo.
I farmacisti si servono delle Farmacopee ufficiali, che sono codici farmaceutici, ovvero un
complesso di disposizioni tecnico-scientifiche e amministrative per il controllo della qualità di
medicamenti, sostanze e/o preparati finali, mediante l’indicazione di metodi di verifica chimico
analitici e tecnologici delle specifiche di qualità, dei metodi di preparazione o della
formulazione; inoltre, contiene le disposizioni opportune e necessarie a regolare l’esercizio
della farmacia. Questi testi normativi sono compilati da organismi statali di controllo delle varie
Nazioni (che si basano, a loro volta, sulle ricerche e sui giudizi di Istituti universitari accreditati)
e descrivono i requisiti di qualità delle sostanze ad uso farmaceutico, le caratteristiche che i
medicinali preparati devono avere, suddivisi per categorie, ed elencano composizione
qualitativa e, a volte, quantitativa, nonché metodi di preparazione di ogni farmaco galenico
officinale che le farmacie di quel Paese sono autorizzate a fare, oltre a varie Tabelle. Affinché
svolgano con efficacia il suo ruolo di riferimento, la Farmacopea ufficiali deve comprendere
tutte le sostanze importanti dal punto di vista delle terapie. Ogni Stato del mondo ha una
propria Farmacopea ufficiale: molto autorevoli sono considerate la Farmacopea Ufficiale
italiana (FU), la British pharmacopoeia inglese (BP), la Deutsches Arzneibuch tedesca (DAB) e la
United States pharmacopoeia statunitense (USP).
3
Inoltre, nel 1996 in Giappone il Ministero della Sanità, con supervisione del Dipartimento dello
sviluppo e della ricerca, promulga la Japanese pharmacopoeia, giunta alla 14ª edizione, che
costituisce la raccolta ufficiale degli standard farmaceutici giapponesi, utilizzati in tutta l’Asia.
In Europa è in corso un processo di armonizzazione sovranazionale dei testi delle principali
farmacopee ufficiali attraverso la compilazione della Farmacopea europea (PhEur) che, tuttavia,
non fa riferimento all’Unione europea, comprendendo tra i Paesi membri anche la Svizzera.
L’OMS ha il compito di compilare la Farmacopea internazionale (PhI), pubblicata in prima
edizione inglese e francese nel 1951, in seconda edizione nel 1967 e in terza edizione nel 1980.
La Farmacopea Ufficiale (FU) della Repubblica Italiana è redatta da una Commissione di esperti
nominata dal Ministero della Salute; l’ultima edizione è la XII(1)
, che sostituisce a tutti gli effetti
il testo base e il primo supplemento dell’XI edizione.
Brevetto del farmaco, certificato di protezione complementare, manufacturing waiver spc
Il brevetto del farmaco nasce, in ambito prevalentemente meccanico, per garantire un
riconoscimento agli inventori di prodotti e, quindi, per sollecitare il progresso, scopo che ancora
oggi persegue. Successivamente la sua tutela è gradualmente estesa sino a permettere la
protezione di tutte le possibili invenzioni umane in ambito tecnico; però, l’applicazione di tale
istituto nei diversi campi è talvolta travagliata per timori di derive illecite, in quanto contrarie
alla morale e all’etica pubblica. Basti pensare che il brevetto in campo biotecnologico è
regolamentato solo da pochi anni, essendo stato ostacolato da resistenze di ordine morale che
ancor oggi ne limitano l’applicazione. Un percorso altresì accidentato è seguito dalla
concessione della tutela brevettuale in campo farmaceutico(2)
.
Al 1939 risale il Decreto Regio n. 1127 che è la prima norma italiana sul brevetto di farmaci;
tuttavia, così come oggi, la paura di derive amoralistiche portano parte della dottrina ad
ostacolare la possibilità di brevettare prodotti biotecnologici: il timore di agevolare “ciarlatani,
speziali e segretisti” e che vi sia un “rincarimento cagionato dalla privativa” fa sì che il Regio
Decreto sia limitativo, con il comma 1 dell’art. 14 che vieta in toto la tutela di farmaci. Peraltro,
tale norma è in linea con l’orientamento dell’epoca a livello europeo, riprendendo il
‘benchmark’ della Legge piemontese n. 782 del 12 marzo 1855.
4
È la sentenza n. 20 del 9 marzo 1978 della Corte di Cassazione (adita dalla Commissione Ricorsi
contro i provvedimenti dell’Ufficio centrale brevetti)(3)
a segnare il cambio di orientamento in
Italia e, quindi, dichiarando l’incostituzionalità del primo comma dell’art. 14, apre la strada alla
creazione del brevetto in campo farmaceutico.
Invero in molti Paesi, come la Germania, già è prevista in tale epoca la possibilità di brevettare i
farmaci, tant’è che la stessa Corte è adita dalla Commissione Ricorsi che solleva la questione di
legittimità. Nel provvedimento la Suprema Corte valuta che le motivazioni che spinsero la
Commissione parlamentare ad escludere i prodotti farmaceutici dalla brevettabilità non
risultano più attuali: gli arcaici metodi di produzione e sviamento della pubblica opinione sono
superati con l’industrializzazione e l’introduzione dei mezzi di comunicazione di massa(4)
; i
prodotti ora, come allora, sono determinati de imperio da leggi sanitarie e dalla normativa del
Comitato Interministeriale dei Prezzi CIP; infine, la possibile rarefazione dei prodotti
farmaceutici derivante dalla brevettazione sarebbe, in ogni caso, contrastata dalla stessa legge
sul brevetto(5)
. La Corte non rinviene solo il superamento degli ostacoli precedenti bensì
constata che: il 1° comma viola l’art. 3 della Costituzione “per l’ingiustificato sacrificio di diritti
anche di particolare valore morale che determinerebbe”; l’art. 9 in quanto il brevetto garantisce
anche un’incentivazione patrimoniale e l’impossibilità d’applicarlo in tale materia
“intralcerebbe la ricerca scientifica e tecnica nel campo dei medicamenti, dissuadendo
l’industria farmaceutica dall’effettuarvi i necessari investimenti”; gli artt. 41, 42 e 43 in quanto
oltre a negare i diritti patrimoniali, impediscono l’attribuzione dell’invenzione all’ideatore, o agli
aventi diritto, relegandoli, in contrasto con la legge superiore, nell’oblio e lasciando il settore
della ricerca non regolato, sottratto all’iniziativa privata, ma non demandato a quella pubblica.
Quindi, considerato che la disciplina derogativa non è congrua rispetto all’interesse generale
derivante dalla ricerca in campo farmaceutico, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità
costituzionale del 1° comma dell’art.14 del d.r. 1127/1939 “Testo delle disposizioni legislative
in materia di brevetti per invenzioni industriali”. La decisione è recepita con il Decreto del
Presidente della Repubblica n. 338 del 22 giugno 1979 in cui, però, in contrasto con quanto
suggerito dagli Ermellini, il legislatore si limita a rielaborare il testo dell’art.14 senza assicurare
una tutela transitoria agli inventori che non hanno potuto brevettare i propri prodotti. Il
Decreto Regio così rielaborato stabilisce per le invenzioni farmaceutiche, in conformità con la
durata di brevetto in altri campi, una tutela brevettuale di 20 anni: in tale materia, però, il
5
termine è risultato insufficiente. Spesso, infatti, al fine di ottenere la protezione statale le case
farmaceutiche preferiscono, allora come ora, brevettare il principio attivo; ciò garantisce da
una parte di anticipare il deposito e dall’altra di ottenere una maggior ampiezza nella tutela
brevettuale. La nuova normativa, infatti, affinché sia concesso il brevetto esige solo che il
richiedente abbia il principio attivo, ne conosca la funzione e ne dimostri, anche solo con
simulazioni, almeno una modalità di somministrazione, che però non è vincolante per il
prodotto finale. D’altra parte, la richiesta di tutela compiuta in fase tanto embrionale comporta
che, a seguito della domanda di brevetto, la società debba ancora sostenere gran parte della
sperimentazione clinica con notevole impegno economico e temporale(6)
. Inoltre, conclusa la
fase sperimentale, prima che un farmaco possa essere messo in commercio deve, come oggi,
ottenere l’Autorizzazione per l’Immissione in Commercio con la conseguenza che l’azienda
farmaceutica deve sostenere un’ulteriore spendita dell’arco temporale tutelato senza che la
tutela frutti i vantaggi economici a cui è preposta. Al fine di redimere tale questione, che
comporta l’inadeguato sfruttamento del monopolio garantito, il legislatore emana la Legge n.
349 del 19 ottobre 1991 con cui introduce il Certificato di Protezione Complementare.
Attraverso il Codice di Procedura Civile l’ideatore o il suo avente causa possono recuperare il
tempo impiegato, per un massimo di 18 anni, nella sperimentazione al momento
dell’esaurimento della tutela ventennale, secondo il seguente schema:
Dove t0 indica il momento in cui viene inoltrata la domanda di brevetto e, pertanto, quando
comincia la tutela brevettuale; Dt il tempo impiegato nella sperimentazione clinica e
l’ottenimento dell’autorizzazione per la messa in commercio; tx il momento dell’effettiva messa
in commercio del farmaco e, quindi, l’inizio del suo sfruttamento commerciale; t20 il momento
della caducazione ordinaria del brevetto (20 anni dalla domanda); t20+Dt il momento della
reale caducazione del brevetto, grazie alla proroga garantita dal Certificato di Protezione
Complementare.
6
Se, per esempio, a seguito della domanda si sono impiegati ulteriori 11 anni nella
sperimentazione, quest’arco temporale è recuperato alla fine dei canonici 20 anni (di fatto
aumentando la tutela a 31 anni). La prima importante riforma della materia a livello
comunitario avviene per mezzo della Comunità Economica Europea che disciplina il brevetto in
campo farmaceutico con il Regolamento n. 1768 del 18 giugno 1992 (entrato in vigore il 2
gennaio 1993 e recepito in Italia il 1° gennaio 1994), attraverso cui introduce il Certificato di
Protezione Supplementare, ancor oggi in vigore. Il nuovo Certificato permette di prorogare il
monopolio brevettuale per un massimo di cinque anni, secondo il seguente schema:
Per calcolare, quindi, l’estensione del CPS occorre considerare gli anni di effettiva
sperimentazione (Dt) a cui vanno sottratti 5 anni e, per tale motivo, è concedibile solo se tra la
domanda di brevetto e la commercializzazione intercorrono almeno 5 anni; il nuovo istituto,
inoltre, prevede una proroga massima di 5 anni(7)
. Riprendendo l’esempio precedente, nel caso
di una sperimentazione di 11 anni non si ha più una tutela totale di 31 anni bensì di 25 anni. Da
tale schema si deduce che con l’entrata in vigore della normativa europea si ha una riduzione
effettiva della tutela da 20 a 15 anni(8)
.
La normativa italiana in tale campo compie un ultimo intervento legislativo con la Legge n. 112
del 15 giugno 2002, di riallineamento della durata del Certificato di Protezione
Complementare con il Certificato europeo. Quest’ultima modifica nel panorama normativo del
brevetto farmaceutico è contestuale alla scadenza dei primi brevetti farmaceutici concessi; con
la caduta in pubblico dominio di questi farmaci, all’originator si sono affiancati numerosi
farmaci generici dal costo notevolmente inferiore. Con la Legge del 2002 il legislatore modifica i
termini dei Certificati di Protezione Complementare emessi restituendo un anno di protezione
monopolistica per ogni anno e mezzo di sperimentazione, permettendo di recuperare non più
la totalità degli anni impiegati nella sperimentazione ma solo i 2/3. Per mezzo di quest’ultima
regolamentazione, ad oggi sono scaduti tutti i Certificati di Protezione Supplementare e il
brevetto farmaceutico può essere accompagnato solamente dal Certificato di Protezione
7
Complementare unitario. Tale istituto è riuscito a contemperare l’esigenza di ampliamento
della tutela richiesta dalle imprese farmaceutiche con le esigenze economiche avanzate dai
Sistemi sanitari, tanto che nel 2009 il Legislatore europeo il 6 maggio 2009 emette il nuovo
Regolamento Comunitario (CE) n. 469/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo
sul certificato protettivo complementare per i medicinali(9)
che abroga e sostituisce il
precedente Regolamento 1768 del 1992, sostanzialmente riproponendo l’istituto del certificato
protettivo complementare così come regolamentato in precedenza.
Nel 2019 il Parlamento Europeo dà il via libera definitivo a grandissima maggioranza, al
Regolamento europeo al Regolamento europeo sul Manufacturing Waiver SPC
(Supplementary Protection Certificate, Certificato di Protezione Supplementare), destinato a
rappresentare un punto di svolta fondamentale per il comparto dei produttori di generici e
biosimilari. Fortemente sostenuta dal Ministero dello Sviluppo economico italiano, specie
nell’ultima parte dell’iter legislativo, l’introduzione dell’SPC Waiver prevede due novità
fondamentali: possibilità di produrre per l’export (extra-Ue) nel periodo di validità dell’SPC;
possibilità di produrre per lo stoccaggio finalizzato al lancio nel mercato Ue negli ultimi sei mesi
di validità dell’SPC (il cosiddetto Day-1 launch). Per quanto riguarda il primo punto, la
normativa consente ai produttori di generici e biosimilari con sede nell’Ue di produrre durante
la vigenza del certificato di protezione supplementare (SPC) una versione generica o biosimilare
di un medicinale ancora protetto da SPC esclusivamente allo scopo di esportare in un mercato
extra-Ue dove il brevetto è scaduto o non è mai esistito o di stoccarlo per immetterlo in
commercio il giorno dopo la scadenza brevettuale in Ue. Prima, invece, questo non era possibile
durante l’SPC, che estende fino a ulteriori cinque anni la durata già ventennale dei brevetti
farmaceutici europei, per consentire il recupero del tempo intercorso tra il deposito del
brevetto e l’ottenimento dell’Aic dei prodotti. Nei primi tre anni di entrata in vigore della
normativa, però, la deroga può essere richiesta solo per i nuovi SPC, ovvero quelli richiesti a
partire dalla data di entrata in vigore del Regolamento, dunque operativamente dal luglio 2022.
Successivamente può essere estesa anche a quelli di più vecchia data, ma divenuti efficaci dopo
l’entrata in vigore dell’SPC Waiver. Obiettivo della nuova disciplina è di contribuire alla
competitività dell’Europa come centro per la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico:
secondo le stime della Commissione Ue l’attuazione delle nuove regole dovrebbe generare nei
8
prossimi dieci anni un fatturato annuo netto aggiuntivo superiore a un miliardo di euro, che
potrebbe tradursi nello stesso arco di tempo in 20-25.000 nuovi posti di lavoro.
Classificazione dei farmaci in Prontuario terapeutico, pubblicità di farmaci dispensabili solo
con ricetta, pubblicità di farmaci presso il pubblico, confine tra attività informativa e
pubblicità occulta, Osservazione del Garante di Concorrenza e Mercato su pubblicità farmaci
di automedicazione
Nel Prontuario Terapeutico Nazionale italiano vi è una classificazione dei farmaci in: fascia
A, fascia H e fascia C.
La fascia A comprende farmaci non soggetti a particolari limitazioni, soggetti a Nota limitativa
Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) e/o soggetti a Piano Terapeutico specialistico. Sono farmaci
essenziali e/o per malattie croniche, interamente rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale,
fatta salva la possibilità per le Regioni di introdurre delle quote di compartecipazione alla spesa
(ticket).
I farmaci in fascia H di esclusivo uso ospedaliero, non possono essere venduti ai cittadini dalle
farmacie aperte al pubblico, ma possono solo essere utilizzati in ospedale. Nel caso dei farmaci
H esitabili, questi sono rimborsati dal SSN solo se distribuiti direttamente dalle Aziende
Sanitarie Locali o Ospedaliere.
Nella fascia C rientrano tutti i farmaci che sono completamente a carico del cittadino, siano essi
soggetti a ricetta medica o di libera vendita.
Il prezzo dei farmaci, sempre unico su tutto il territorio nazionale, è stabilito per legge se è
rimborsato dal Servizio Sanitario (interamente o dietro pagamento di ticket) o indicato
liberamente dalle Aziende produttrici negli altri casi.
I farmaci non soggetti a prescrizione sono classificati in SOP e OTC. I farmaci Senza Obbligo di
Prescrizione SOP contengono bassi dosaggi o sono utilizzati per patologie di lieve entità.
I farmaci da banco OTC (Over The Counter, vicino alla cassa, o per analogia ‘farmaci da banco’)
per la loro composizione ed il loro obiettivo terapeutico sono concepiti per essere utilizzati
9
anche senza intervento del medico (sia per la diagnosi che per la sorveglianza nel corso di
trattamento) e possono essere richiesti direttamente dal paziente, essendo destinati a porre
rimedio a piccoli disturbi: ricostituenti, lassativi, vitamine, antiacidi, antiemorroidali,
antinfiammatori, colliri. I medicinali di automedicazione (o da banco) costituiscono un
sottoinsieme della categoria più generale dei medicinali non soggetti a prescrizione medica. La
legislazione vigente (D. Lgs. 539/92) li considera come una categoria residuale di medicinali che
non rientrano nelle definizioni di medicinale soggetto a prescrizione medica (ripetibile e non
ripetibile), soggetto a prescrizione medica speciale, prescrizione limitativa o rilasciabile solo da
centri ospedalieri o specialisti. Devono per questo possedere alcuni requisiti fondamentali:
contenere principi attivi già largamente impiegati in medicina (la loro immissione in commercio
non può essere inferiore a 5 anni); essere destinati a disturbi o sintomi di facile valutazione da
parte dello stesso paziente; avere confezioni di volume ridotto e per terapie di breve durata.
Il prezzo dei medicinali SOP e OTC (come per gli altri farmaci in classe C, cioè non rimborsabili
dal SSN) è determinato dalle industrie produttrici ma, in base all’art. 36 c.12 della L. 449/97 “...
il Ministro della Salute adotta iniziative dirette ad impedire aumenti non giustificati dei prezzi
dei medicinali collocati nella classe C. Gli eventuali aumenti dei prezzi dei medicinali predetti
sono ammessi esclusivamente a decorrere dalla comunicazione degli stessi al Ministero della
Sanità e al CIPE con frequenza annuale”. Tutti i medicinali non soggetti a prescrizione medica
(D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219 - Titolo VI art. 96 sub 4) hanno l’obbligo del bollino ‘Smile’: il
bollino è di forma circolare con al centro un simbolo costituito da una croce rossa al cui interno
è riportata una croce bianca; al centro della croce è raffigurata una faccina sorridente (Smile)
rossa in campo bianco. Il simbolo è circondato dalla scritta nera “Farmaco senza obbligo di
ricetta”; esso deve essere posto a cura del produttore del farmaco in posizione visibile sulla
confezione esterna, in modo tale da consentire l’integrale leggibilità dell’etichetta esterna che
dovrà rimanere immodificata in tutte le sue componenti costitutive. Il bollino - tramite il quale,
il consumatore può così riconoscere chiaramente quali sono i farmaci da banco tra tutti quelli
esposti - potrà essere stampato sulla confezione del farmaco o applicato tramite un sistema
adesivo non rimovibile.
Per i farmaci dispensabili solo con ricetta medica e per i SOP è consentita la pubblicità
esclusivamente nelle riviste destinate ai medici o ai farmacisti mentre per gli OTC è consentita
la pubblicità direttamente al pubblico, tramite i mass media. In particolare, la legge prevede
10
che nessuna pubblicità di farmaci presso il pubblico può essere effettuata senza autorizzazione
del Ministero della Salute, ad eccezione: a) delle inserzioni pubblicitarie sulla stampa quotidiana
o periodica (e sulle pagine web) che, ferme restando le disposizioni dell’articolo 116, comma 1,
si limitano a riprodurre integralmente e senza modifiche le indicazioni, le controindicazioni, le
opportune precauzioni d’impiego, le interazioni, le avvertenze speciali, gli effetti indesiderati
descritti nel foglio illustrativo, con l’eventuale aggiunta di una fotografia o di una
rappresentazione grafica dell’imballaggio esterno o del confezionamento primario del
medicinale; b) delle fotografie o rappresentazioni grafiche dell’imballaggio esterno o del
confezionamento primario dei medicinali apposte (sui siti internet autorizzati ai sensi
dell’articolo 112-quater) e sui cartelli dei prezzi di vendita al pubblico e degli eventuali sconti
praticati esposti da coloro che svolgono attività di fornitura al pubblico, limitatamente ai
farmaci di cui all’articolo 5 del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248.
Vi è, poi, da riservare attenzione al confine tra attività informativa e pubblicità occulta. Va
ricordato che per ‘pubblicità’ si deve intendere ogni forma di sollecitazione all’acquisto.
Secondo l’articolo 113 del Decreto 219/06, “si intende per pubblicità dei medicinali qualsiasi
azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la
prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali”. Quindi, è sottinteso che citare,
nominare o mostrare l’immagine di un medicinale in un ambito sanitario e a titolo di
informazione sanitaria sul suo corretto uso non costituisce pubblicità e, pertanto, non richiede
alcuna autorizzazione. Infatti, nelle farmacie e nelle parafarmacie si tratta di un’azione
informativa al cliente, peraltro espressamente richiesta dalla legge. Tale attività informativa
non integra nemmeno il disposto di cui al 5° comma dell’art. 115, che si riferisce unicamente a
forme subdole di pubblicità conosciute comunemente come pubblicità occulta.
A fine novembre 2019, però, un’Osservazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato invita il Ministero della Salute a rivedere la Circolare del 3 ottobre 2006 n. 3, con la
quale i soggetti che possono chiedere l’autorizzazione a pubblicizzare farmaci di
automedicazione sono limitati alle sole aziende di produzione o titolari di Aic, per comprendere
anche farmacie, parafarmacie e grossisti(10)
.
L’Autorità Garante ha inteso formulare alcune osservazioni in merito agli effetti restrittivi della
concorrenza sul mercato della distribuzione - sia fisica che online - dei prodotti farmaceutici
11
derivanti dalla previsione della predetta Circolare Ministeriale secondo cui “l’autorizzazione alla
pubblicità di un medicinale di automedicazione può essere richiesta solo dal titolare
dell’autorizzazione all’immissione in commercio; peraltro anche il titolare dell’esercizio
commerciale è responsabile della pubblicità irregolare effettuata nel punto vendita”; una
limitazione che “viene riportata anche sul portale del Ministero della Salute, nella procedura che
chiarisce ‘chi può richiederla’, ove è specificato: ‘L’azienda produttrice o responsabile
dell’immissione in commercio del medicinale’”. Ma “l’articolo 118 del decreto legislativo n. 219
del 24 aprile 2006 sulla ‘Autorizzazione della pubblicità presso il pubblico’, nel disporre che
nessuna pubblicità può essere effettuata senza autorizzazione del Ministero della Salute, non
prevede però limitazioni alle categorie di soggetti legittimati a richiederla. Ai sensi della norma
primaria, pertanto, qualsiasi operatore autorizzato alla vendita di farmaci che, per
composizione e obiettivo terapeutico, possono essere utilizzati senza intervento di un medico
(per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento) risulta legittimato a
richiedere al Ministero della Salute l'autorizzazione a pubblicizzare i propri prodotti. E ciò
indipendentemente dal fatto che si tratti di un produttore o di un distributore e, in tale secondo
caso, se operi nella fase della vendita all'ingrosso o in quella della distribuzione al consumo.
L’articolo 10 della Circolare ministeriale n. 3/2006, pertanto, introduce una restrizione
ingiustificata, limitando in tal modo gli strumenti disponibili per la competizione, a detrimento
del complessivo grado di concorrenzialità dei mercati interessati”. L’Autorità, pertanto, “auspica
che il Ministero in indirizzo tenga in adeguata considerazione le osservazioni” e “invita a
comunicare le determinazioni assunte al riguardo”. In effetti, come evidenziato dall’Antitrust,
“quanto previsto dalla Circolare ministeriale 3/2006 non trova alcuna conferma
nell’ordinamento(11)
” e, pertanto, appare “condivisibile l’intervento del Garante”. Resta da
capire che cosa succederà: “se il Ministero condivide la tesi del Garante e non ha intenzione di
contestarla - e peraltro sarebbe interessante capire su quali basi - dovrebbe rivedere la
circolare”. Per ora, fintanto che ciò non avvenga, “la legge prevale sempre” mentre “la Circolare
non avrebbe potuto prevedere contenuti non sanciti dalla legge”.
Intanto sul tema la categoria si interroga, per capire gli effetti di una tale innovazione e quali
siano le procedure consentite.
* * *
12
ABS. DA :
R. Villano “Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi”. Nell’incessante attività
tra gli estremi della prevenzione dai malanni e della tutela della salute può insinuarsi la
malattia, il cui rapporto con l’uomo ha come fulcro dell’azione di contrasto la cura e il farmaco;
più in senso lato, la relazione uomo-malattia-cura (e/o tutela-prevenzione) è una relazione tra
uomini e civiltà, sintesi di osmosi e baricentrici equilibri di competenze e prospettive tecniche,
scientifiche, professionali, politiche, sociali, economiche, culturali e religiose. Attorno a questa
triade ruota una galassia di problematiche delle quali si cerca in questo volume di delinearne le
principali, beninteso senza alcuna velleitaria pretesa di esaustività. Il libro si sviluppa in 9
capitoli, con il 10° di riflessioni conclusive cui segue un apparato di sezioni tecniche dettagliate
di ausilio, riferimento e approfondimento specifico. Nel capitolo 1 dopo cenni inerenti le
principali condizioni morbose dell’umanità, se ne descrivono gli episodi salienti dalla preistoria
ai giorni nostri, all’occorrenza approfondendo anche le significative evoluzioni demografiche e
taluni importanti aspetti e fattori sociologici e chiudendo con una ricognizione di attualità e
proiezione prospettica. Nel capitolo 2 si approfondiscono gli sviluppi e le difficoltà degli aspetti
teorici, sperimentali e pragmatici della scienza deputata allo studio e alla scoperta di prodotti
capaci di prevenire, alleviare e guarire gli stati morbosi dell’uomo, da quando erano considerati
misteriose influenze esterne penetrate nel corpo alle attuali rigorose e precise diagnostica e
terapia. Nel capitolo 3 si approfondiscono aspetti, modalità e contenuti della lotta che dalla
notte dei tempi l’uomo deve combattere contro le malattie: analisi, provvedimenti tecnici e
legislativi, azioni politiche, fenomeni sociali e cenni prospettici futuri. Nel capitolo 4 si
descrivono gli aspetti salienti di ricerca, produzione e sviluppo dei farmaci a livello nazionale ed
internazionale: una realtà dietro la quale è assiepato, peraltro, un eccezionale mercato, che
muove enormi capitali, quarto per importanza e fatturato dopo carburanti, fonti energetiche e
armi. Nei capitoli 5 e 6 si inquadrano analiticamente i principali articolati aspetti pratici d’uso e
tecnici di gestione inerenti il farmaco, la sua filiera e le istituzioni che lo regolano nonché le
rilevanti evoluzioni e le complesse prospettive future. Nel capitolo 7 si effettua un
inquadramento della spesa della sanità e del suo trend, si individuano i parametri di definizione
e allocazione delle risorse economiche necessarie e si approfondiscono i problemi e gli
strumenti di valutazione degli equilibri e dei processi di attuazione per i servizi e l’assistenza
concludendo con un’analisi degli scenari futuri. Nei capitoli 8 e 9 si sviluppa una disamina di
13
ordine etico e morale sulle formidabili responsabilità da affrontare e sugli immensi problemi da
risolvere affinché che l’opera della scienza e del farmaco per la cura delle malattie assolvano
con lealtà ed onestà d’intenti la loro delicata missione, peraltro non fine a se stessa ma con
ragion d’essere nella promozione dell’uomo e animata da spirito di servizio. Non appartiene
infine ad un ambito ideologico precostituito lo sviluppo analitico delle varie problematiche, in
quanto non ci si rifiuta di considerarne oggettivamente tutti i principali aspetti. Holding tutorial:
Villano International Business Team; Direzione: VIBT Dpt no. 13 - Arte & Cultura; Supervisione:
Fondazione Chiron; Coordinam. editoriale: Chiron Edizioni; Elab. tecnica: Chiron Dpt Ph@rma.
LCC RA418-418.5, CDD 303 VIL uom 2020 it ed 1c. Prima edizione: 303 VIL uom 2020 it, LCC
RA418-418.5, pp. 1.116, maggio 2020; Seconda edizione: 303 VIL uom 2020 it 2, LCC RA418-
418.5, ISBN 978-88-97303-33-6, pp. 1.116, agosto 2020.

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  • 1. 1 Raimondo Villano Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi 6 _________________ Governance tecnica di farmaci e servizi
  • 2. 2 Principali istituzioni farmaceutiche, Farmacopee ufficiali In Italia la principale istituzione nel settore farmaceutico è il Ministero della Salute, all’interno del quale opera l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a tutela del diritto alla salute garantito dall’articolo 32 della Costituzione. La missione dell’AIFA si articola in 5 punti: 1. garantire l’unitarietà nazionale del sistema farmaceutico d’intesa con le Regioni; 2. facilitare l’accesso ai farmaci innovativi, ai farmaci orfani e per le malattie rare; 3. promuovere l’impiego sicuro ed appropriato dei medicinali; 4. favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore farmaceutico in Italia; 5. rafforzare i rapporti con le Agenzie degli altri Paesi, con l’Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (EMEA) e con gli altri organismi internazionali. Da sottolineare che il valore di fondo dell’AIFA è promuovere una politica del farmaco nell’interesse primario del malato. A tal fine essa, in autonomia, trasparenza ed economicità, interagisce con tutte le altre istituzioni presenti in Italia: Regioni, Istituto Superiore di Sanità, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), Associazioni di pazienti, Medici, Società Scientifiche, Aziende produttrici e mondo distributivo. I farmacisti si servono delle Farmacopee ufficiali, che sono codici farmaceutici, ovvero un complesso di disposizioni tecnico-scientifiche e amministrative per il controllo della qualità di medicamenti, sostanze e/o preparati finali, mediante l’indicazione di metodi di verifica chimico analitici e tecnologici delle specifiche di qualità, dei metodi di preparazione o della formulazione; inoltre, contiene le disposizioni opportune e necessarie a regolare l’esercizio della farmacia. Questi testi normativi sono compilati da organismi statali di controllo delle varie Nazioni (che si basano, a loro volta, sulle ricerche e sui giudizi di Istituti universitari accreditati) e descrivono i requisiti di qualità delle sostanze ad uso farmaceutico, le caratteristiche che i medicinali preparati devono avere, suddivisi per categorie, ed elencano composizione qualitativa e, a volte, quantitativa, nonché metodi di preparazione di ogni farmaco galenico officinale che le farmacie di quel Paese sono autorizzate a fare, oltre a varie Tabelle. Affinché svolgano con efficacia il suo ruolo di riferimento, la Farmacopea ufficiali deve comprendere tutte le sostanze importanti dal punto di vista delle terapie. Ogni Stato del mondo ha una propria Farmacopea ufficiale: molto autorevoli sono considerate la Farmacopea Ufficiale italiana (FU), la British pharmacopoeia inglese (BP), la Deutsches Arzneibuch tedesca (DAB) e la United States pharmacopoeia statunitense (USP).
  • 3. 3 Inoltre, nel 1996 in Giappone il Ministero della Sanità, con supervisione del Dipartimento dello sviluppo e della ricerca, promulga la Japanese pharmacopoeia, giunta alla 14ª edizione, che costituisce la raccolta ufficiale degli standard farmaceutici giapponesi, utilizzati in tutta l’Asia. In Europa è in corso un processo di armonizzazione sovranazionale dei testi delle principali farmacopee ufficiali attraverso la compilazione della Farmacopea europea (PhEur) che, tuttavia, non fa riferimento all’Unione europea, comprendendo tra i Paesi membri anche la Svizzera. L’OMS ha il compito di compilare la Farmacopea internazionale (PhI), pubblicata in prima edizione inglese e francese nel 1951, in seconda edizione nel 1967 e in terza edizione nel 1980. La Farmacopea Ufficiale (FU) della Repubblica Italiana è redatta da una Commissione di esperti nominata dal Ministero della Salute; l’ultima edizione è la XII(1) , che sostituisce a tutti gli effetti il testo base e il primo supplemento dell’XI edizione. Brevetto del farmaco, certificato di protezione complementare, manufacturing waiver spc Il brevetto del farmaco nasce, in ambito prevalentemente meccanico, per garantire un riconoscimento agli inventori di prodotti e, quindi, per sollecitare il progresso, scopo che ancora oggi persegue. Successivamente la sua tutela è gradualmente estesa sino a permettere la protezione di tutte le possibili invenzioni umane in ambito tecnico; però, l’applicazione di tale istituto nei diversi campi è talvolta travagliata per timori di derive illecite, in quanto contrarie alla morale e all’etica pubblica. Basti pensare che il brevetto in campo biotecnologico è regolamentato solo da pochi anni, essendo stato ostacolato da resistenze di ordine morale che ancor oggi ne limitano l’applicazione. Un percorso altresì accidentato è seguito dalla concessione della tutela brevettuale in campo farmaceutico(2) . Al 1939 risale il Decreto Regio n. 1127 che è la prima norma italiana sul brevetto di farmaci; tuttavia, così come oggi, la paura di derive amoralistiche portano parte della dottrina ad ostacolare la possibilità di brevettare prodotti biotecnologici: il timore di agevolare “ciarlatani, speziali e segretisti” e che vi sia un “rincarimento cagionato dalla privativa” fa sì che il Regio Decreto sia limitativo, con il comma 1 dell’art. 14 che vieta in toto la tutela di farmaci. Peraltro, tale norma è in linea con l’orientamento dell’epoca a livello europeo, riprendendo il ‘benchmark’ della Legge piemontese n. 782 del 12 marzo 1855.
  • 4. 4 È la sentenza n. 20 del 9 marzo 1978 della Corte di Cassazione (adita dalla Commissione Ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio centrale brevetti)(3) a segnare il cambio di orientamento in Italia e, quindi, dichiarando l’incostituzionalità del primo comma dell’art. 14, apre la strada alla creazione del brevetto in campo farmaceutico. Invero in molti Paesi, come la Germania, già è prevista in tale epoca la possibilità di brevettare i farmaci, tant’è che la stessa Corte è adita dalla Commissione Ricorsi che solleva la questione di legittimità. Nel provvedimento la Suprema Corte valuta che le motivazioni che spinsero la Commissione parlamentare ad escludere i prodotti farmaceutici dalla brevettabilità non risultano più attuali: gli arcaici metodi di produzione e sviamento della pubblica opinione sono superati con l’industrializzazione e l’introduzione dei mezzi di comunicazione di massa(4) ; i prodotti ora, come allora, sono determinati de imperio da leggi sanitarie e dalla normativa del Comitato Interministeriale dei Prezzi CIP; infine, la possibile rarefazione dei prodotti farmaceutici derivante dalla brevettazione sarebbe, in ogni caso, contrastata dalla stessa legge sul brevetto(5) . La Corte non rinviene solo il superamento degli ostacoli precedenti bensì constata che: il 1° comma viola l’art. 3 della Costituzione “per l’ingiustificato sacrificio di diritti anche di particolare valore morale che determinerebbe”; l’art. 9 in quanto il brevetto garantisce anche un’incentivazione patrimoniale e l’impossibilità d’applicarlo in tale materia “intralcerebbe la ricerca scientifica e tecnica nel campo dei medicamenti, dissuadendo l’industria farmaceutica dall’effettuarvi i necessari investimenti”; gli artt. 41, 42 e 43 in quanto oltre a negare i diritti patrimoniali, impediscono l’attribuzione dell’invenzione all’ideatore, o agli aventi diritto, relegandoli, in contrasto con la legge superiore, nell’oblio e lasciando il settore della ricerca non regolato, sottratto all’iniziativa privata, ma non demandato a quella pubblica. Quindi, considerato che la disciplina derogativa non è congrua rispetto all’interesse generale derivante dalla ricerca in campo farmaceutico, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale del 1° comma dell’art.14 del d.r. 1127/1939 “Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali”. La decisione è recepita con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 338 del 22 giugno 1979 in cui, però, in contrasto con quanto suggerito dagli Ermellini, il legislatore si limita a rielaborare il testo dell’art.14 senza assicurare una tutela transitoria agli inventori che non hanno potuto brevettare i propri prodotti. Il Decreto Regio così rielaborato stabilisce per le invenzioni farmaceutiche, in conformità con la durata di brevetto in altri campi, una tutela brevettuale di 20 anni: in tale materia, però, il
  • 5. 5 termine è risultato insufficiente. Spesso, infatti, al fine di ottenere la protezione statale le case farmaceutiche preferiscono, allora come ora, brevettare il principio attivo; ciò garantisce da una parte di anticipare il deposito e dall’altra di ottenere una maggior ampiezza nella tutela brevettuale. La nuova normativa, infatti, affinché sia concesso il brevetto esige solo che il richiedente abbia il principio attivo, ne conosca la funzione e ne dimostri, anche solo con simulazioni, almeno una modalità di somministrazione, che però non è vincolante per il prodotto finale. D’altra parte, la richiesta di tutela compiuta in fase tanto embrionale comporta che, a seguito della domanda di brevetto, la società debba ancora sostenere gran parte della sperimentazione clinica con notevole impegno economico e temporale(6) . Inoltre, conclusa la fase sperimentale, prima che un farmaco possa essere messo in commercio deve, come oggi, ottenere l’Autorizzazione per l’Immissione in Commercio con la conseguenza che l’azienda farmaceutica deve sostenere un’ulteriore spendita dell’arco temporale tutelato senza che la tutela frutti i vantaggi economici a cui è preposta. Al fine di redimere tale questione, che comporta l’inadeguato sfruttamento del monopolio garantito, il legislatore emana la Legge n. 349 del 19 ottobre 1991 con cui introduce il Certificato di Protezione Complementare. Attraverso il Codice di Procedura Civile l’ideatore o il suo avente causa possono recuperare il tempo impiegato, per un massimo di 18 anni, nella sperimentazione al momento dell’esaurimento della tutela ventennale, secondo il seguente schema: Dove t0 indica il momento in cui viene inoltrata la domanda di brevetto e, pertanto, quando comincia la tutela brevettuale; Dt il tempo impiegato nella sperimentazione clinica e l’ottenimento dell’autorizzazione per la messa in commercio; tx il momento dell’effettiva messa in commercio del farmaco e, quindi, l’inizio del suo sfruttamento commerciale; t20 il momento della caducazione ordinaria del brevetto (20 anni dalla domanda); t20+Dt il momento della reale caducazione del brevetto, grazie alla proroga garantita dal Certificato di Protezione Complementare.
  • 6. 6 Se, per esempio, a seguito della domanda si sono impiegati ulteriori 11 anni nella sperimentazione, quest’arco temporale è recuperato alla fine dei canonici 20 anni (di fatto aumentando la tutela a 31 anni). La prima importante riforma della materia a livello comunitario avviene per mezzo della Comunità Economica Europea che disciplina il brevetto in campo farmaceutico con il Regolamento n. 1768 del 18 giugno 1992 (entrato in vigore il 2 gennaio 1993 e recepito in Italia il 1° gennaio 1994), attraverso cui introduce il Certificato di Protezione Supplementare, ancor oggi in vigore. Il nuovo Certificato permette di prorogare il monopolio brevettuale per un massimo di cinque anni, secondo il seguente schema: Per calcolare, quindi, l’estensione del CPS occorre considerare gli anni di effettiva sperimentazione (Dt) a cui vanno sottratti 5 anni e, per tale motivo, è concedibile solo se tra la domanda di brevetto e la commercializzazione intercorrono almeno 5 anni; il nuovo istituto, inoltre, prevede una proroga massima di 5 anni(7) . Riprendendo l’esempio precedente, nel caso di una sperimentazione di 11 anni non si ha più una tutela totale di 31 anni bensì di 25 anni. Da tale schema si deduce che con l’entrata in vigore della normativa europea si ha una riduzione effettiva della tutela da 20 a 15 anni(8) . La normativa italiana in tale campo compie un ultimo intervento legislativo con la Legge n. 112 del 15 giugno 2002, di riallineamento della durata del Certificato di Protezione Complementare con il Certificato europeo. Quest’ultima modifica nel panorama normativo del brevetto farmaceutico è contestuale alla scadenza dei primi brevetti farmaceutici concessi; con la caduta in pubblico dominio di questi farmaci, all’originator si sono affiancati numerosi farmaci generici dal costo notevolmente inferiore. Con la Legge del 2002 il legislatore modifica i termini dei Certificati di Protezione Complementare emessi restituendo un anno di protezione monopolistica per ogni anno e mezzo di sperimentazione, permettendo di recuperare non più la totalità degli anni impiegati nella sperimentazione ma solo i 2/3. Per mezzo di quest’ultima regolamentazione, ad oggi sono scaduti tutti i Certificati di Protezione Supplementare e il brevetto farmaceutico può essere accompagnato solamente dal Certificato di Protezione
  • 7. 7 Complementare unitario. Tale istituto è riuscito a contemperare l’esigenza di ampliamento della tutela richiesta dalle imprese farmaceutiche con le esigenze economiche avanzate dai Sistemi sanitari, tanto che nel 2009 il Legislatore europeo il 6 maggio 2009 emette il nuovo Regolamento Comunitario (CE) n. 469/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo sul certificato protettivo complementare per i medicinali(9) che abroga e sostituisce il precedente Regolamento 1768 del 1992, sostanzialmente riproponendo l’istituto del certificato protettivo complementare così come regolamentato in precedenza. Nel 2019 il Parlamento Europeo dà il via libera definitivo a grandissima maggioranza, al Regolamento europeo al Regolamento europeo sul Manufacturing Waiver SPC (Supplementary Protection Certificate, Certificato di Protezione Supplementare), destinato a rappresentare un punto di svolta fondamentale per il comparto dei produttori di generici e biosimilari. Fortemente sostenuta dal Ministero dello Sviluppo economico italiano, specie nell’ultima parte dell’iter legislativo, l’introduzione dell’SPC Waiver prevede due novità fondamentali: possibilità di produrre per l’export (extra-Ue) nel periodo di validità dell’SPC; possibilità di produrre per lo stoccaggio finalizzato al lancio nel mercato Ue negli ultimi sei mesi di validità dell’SPC (il cosiddetto Day-1 launch). Per quanto riguarda il primo punto, la normativa consente ai produttori di generici e biosimilari con sede nell’Ue di produrre durante la vigenza del certificato di protezione supplementare (SPC) una versione generica o biosimilare di un medicinale ancora protetto da SPC esclusivamente allo scopo di esportare in un mercato extra-Ue dove il brevetto è scaduto o non è mai esistito o di stoccarlo per immetterlo in commercio il giorno dopo la scadenza brevettuale in Ue. Prima, invece, questo non era possibile durante l’SPC, che estende fino a ulteriori cinque anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei, per consentire il recupero del tempo intercorso tra il deposito del brevetto e l’ottenimento dell’Aic dei prodotti. Nei primi tre anni di entrata in vigore della normativa, però, la deroga può essere richiesta solo per i nuovi SPC, ovvero quelli richiesti a partire dalla data di entrata in vigore del Regolamento, dunque operativamente dal luglio 2022. Successivamente può essere estesa anche a quelli di più vecchia data, ma divenuti efficaci dopo l’entrata in vigore dell’SPC Waiver. Obiettivo della nuova disciplina è di contribuire alla competitività dell’Europa come centro per la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico: secondo le stime della Commissione Ue l’attuazione delle nuove regole dovrebbe generare nei
  • 8. 8 prossimi dieci anni un fatturato annuo netto aggiuntivo superiore a un miliardo di euro, che potrebbe tradursi nello stesso arco di tempo in 20-25.000 nuovi posti di lavoro. Classificazione dei farmaci in Prontuario terapeutico, pubblicità di farmaci dispensabili solo con ricetta, pubblicità di farmaci presso il pubblico, confine tra attività informativa e pubblicità occulta, Osservazione del Garante di Concorrenza e Mercato su pubblicità farmaci di automedicazione Nel Prontuario Terapeutico Nazionale italiano vi è una classificazione dei farmaci in: fascia A, fascia H e fascia C. La fascia A comprende farmaci non soggetti a particolari limitazioni, soggetti a Nota limitativa Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) e/o soggetti a Piano Terapeutico specialistico. Sono farmaci essenziali e/o per malattie croniche, interamente rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, fatta salva la possibilità per le Regioni di introdurre delle quote di compartecipazione alla spesa (ticket). I farmaci in fascia H di esclusivo uso ospedaliero, non possono essere venduti ai cittadini dalle farmacie aperte al pubblico, ma possono solo essere utilizzati in ospedale. Nel caso dei farmaci H esitabili, questi sono rimborsati dal SSN solo se distribuiti direttamente dalle Aziende Sanitarie Locali o Ospedaliere. Nella fascia C rientrano tutti i farmaci che sono completamente a carico del cittadino, siano essi soggetti a ricetta medica o di libera vendita. Il prezzo dei farmaci, sempre unico su tutto il territorio nazionale, è stabilito per legge se è rimborsato dal Servizio Sanitario (interamente o dietro pagamento di ticket) o indicato liberamente dalle Aziende produttrici negli altri casi. I farmaci non soggetti a prescrizione sono classificati in SOP e OTC. I farmaci Senza Obbligo di Prescrizione SOP contengono bassi dosaggi o sono utilizzati per patologie di lieve entità. I farmaci da banco OTC (Over The Counter, vicino alla cassa, o per analogia ‘farmaci da banco’) per la loro composizione ed il loro obiettivo terapeutico sono concepiti per essere utilizzati
  • 9. 9 anche senza intervento del medico (sia per la diagnosi che per la sorveglianza nel corso di trattamento) e possono essere richiesti direttamente dal paziente, essendo destinati a porre rimedio a piccoli disturbi: ricostituenti, lassativi, vitamine, antiacidi, antiemorroidali, antinfiammatori, colliri. I medicinali di automedicazione (o da banco) costituiscono un sottoinsieme della categoria più generale dei medicinali non soggetti a prescrizione medica. La legislazione vigente (D. Lgs. 539/92) li considera come una categoria residuale di medicinali che non rientrano nelle definizioni di medicinale soggetto a prescrizione medica (ripetibile e non ripetibile), soggetto a prescrizione medica speciale, prescrizione limitativa o rilasciabile solo da centri ospedalieri o specialisti. Devono per questo possedere alcuni requisiti fondamentali: contenere principi attivi già largamente impiegati in medicina (la loro immissione in commercio non può essere inferiore a 5 anni); essere destinati a disturbi o sintomi di facile valutazione da parte dello stesso paziente; avere confezioni di volume ridotto e per terapie di breve durata. Il prezzo dei medicinali SOP e OTC (come per gli altri farmaci in classe C, cioè non rimborsabili dal SSN) è determinato dalle industrie produttrici ma, in base all’art. 36 c.12 della L. 449/97 “... il Ministro della Salute adotta iniziative dirette ad impedire aumenti non giustificati dei prezzi dei medicinali collocati nella classe C. Gli eventuali aumenti dei prezzi dei medicinali predetti sono ammessi esclusivamente a decorrere dalla comunicazione degli stessi al Ministero della Sanità e al CIPE con frequenza annuale”. Tutti i medicinali non soggetti a prescrizione medica (D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219 - Titolo VI art. 96 sub 4) hanno l’obbligo del bollino ‘Smile’: il bollino è di forma circolare con al centro un simbolo costituito da una croce rossa al cui interno è riportata una croce bianca; al centro della croce è raffigurata una faccina sorridente (Smile) rossa in campo bianco. Il simbolo è circondato dalla scritta nera “Farmaco senza obbligo di ricetta”; esso deve essere posto a cura del produttore del farmaco in posizione visibile sulla confezione esterna, in modo tale da consentire l’integrale leggibilità dell’etichetta esterna che dovrà rimanere immodificata in tutte le sue componenti costitutive. Il bollino - tramite il quale, il consumatore può così riconoscere chiaramente quali sono i farmaci da banco tra tutti quelli esposti - potrà essere stampato sulla confezione del farmaco o applicato tramite un sistema adesivo non rimovibile. Per i farmaci dispensabili solo con ricetta medica e per i SOP è consentita la pubblicità esclusivamente nelle riviste destinate ai medici o ai farmacisti mentre per gli OTC è consentita la pubblicità direttamente al pubblico, tramite i mass media. In particolare, la legge prevede
  • 10. 10 che nessuna pubblicità di farmaci presso il pubblico può essere effettuata senza autorizzazione del Ministero della Salute, ad eccezione: a) delle inserzioni pubblicitarie sulla stampa quotidiana o periodica (e sulle pagine web) che, ferme restando le disposizioni dell’articolo 116, comma 1, si limitano a riprodurre integralmente e senza modifiche le indicazioni, le controindicazioni, le opportune precauzioni d’impiego, le interazioni, le avvertenze speciali, gli effetti indesiderati descritti nel foglio illustrativo, con l’eventuale aggiunta di una fotografia o di una rappresentazione grafica dell’imballaggio esterno o del confezionamento primario del medicinale; b) delle fotografie o rappresentazioni grafiche dell’imballaggio esterno o del confezionamento primario dei medicinali apposte (sui siti internet autorizzati ai sensi dell’articolo 112-quater) e sui cartelli dei prezzi di vendita al pubblico e degli eventuali sconti praticati esposti da coloro che svolgono attività di fornitura al pubblico, limitatamente ai farmaci di cui all’articolo 5 del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248. Vi è, poi, da riservare attenzione al confine tra attività informativa e pubblicità occulta. Va ricordato che per ‘pubblicità’ si deve intendere ogni forma di sollecitazione all’acquisto. Secondo l’articolo 113 del Decreto 219/06, “si intende per pubblicità dei medicinali qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali”. Quindi, è sottinteso che citare, nominare o mostrare l’immagine di un medicinale in un ambito sanitario e a titolo di informazione sanitaria sul suo corretto uso non costituisce pubblicità e, pertanto, non richiede alcuna autorizzazione. Infatti, nelle farmacie e nelle parafarmacie si tratta di un’azione informativa al cliente, peraltro espressamente richiesta dalla legge. Tale attività informativa non integra nemmeno il disposto di cui al 5° comma dell’art. 115, che si riferisce unicamente a forme subdole di pubblicità conosciute comunemente come pubblicità occulta. A fine novembre 2019, però, un’Osservazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato invita il Ministero della Salute a rivedere la Circolare del 3 ottobre 2006 n. 3, con la quale i soggetti che possono chiedere l’autorizzazione a pubblicizzare farmaci di automedicazione sono limitati alle sole aziende di produzione o titolari di Aic, per comprendere anche farmacie, parafarmacie e grossisti(10) . L’Autorità Garante ha inteso formulare alcune osservazioni in merito agli effetti restrittivi della concorrenza sul mercato della distribuzione - sia fisica che online - dei prodotti farmaceutici
  • 11. 11 derivanti dalla previsione della predetta Circolare Ministeriale secondo cui “l’autorizzazione alla pubblicità di un medicinale di automedicazione può essere richiesta solo dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio; peraltro anche il titolare dell’esercizio commerciale è responsabile della pubblicità irregolare effettuata nel punto vendita”; una limitazione che “viene riportata anche sul portale del Ministero della Salute, nella procedura che chiarisce ‘chi può richiederla’, ove è specificato: ‘L’azienda produttrice o responsabile dell’immissione in commercio del medicinale’”. Ma “l’articolo 118 del decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006 sulla ‘Autorizzazione della pubblicità presso il pubblico’, nel disporre che nessuna pubblicità può essere effettuata senza autorizzazione del Ministero della Salute, non prevede però limitazioni alle categorie di soggetti legittimati a richiederla. Ai sensi della norma primaria, pertanto, qualsiasi operatore autorizzato alla vendita di farmaci che, per composizione e obiettivo terapeutico, possono essere utilizzati senza intervento di un medico (per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento) risulta legittimato a richiedere al Ministero della Salute l'autorizzazione a pubblicizzare i propri prodotti. E ciò indipendentemente dal fatto che si tratti di un produttore o di un distributore e, in tale secondo caso, se operi nella fase della vendita all'ingrosso o in quella della distribuzione al consumo. L’articolo 10 della Circolare ministeriale n. 3/2006, pertanto, introduce una restrizione ingiustificata, limitando in tal modo gli strumenti disponibili per la competizione, a detrimento del complessivo grado di concorrenzialità dei mercati interessati”. L’Autorità, pertanto, “auspica che il Ministero in indirizzo tenga in adeguata considerazione le osservazioni” e “invita a comunicare le determinazioni assunte al riguardo”. In effetti, come evidenziato dall’Antitrust, “quanto previsto dalla Circolare ministeriale 3/2006 non trova alcuna conferma nell’ordinamento(11) ” e, pertanto, appare “condivisibile l’intervento del Garante”. Resta da capire che cosa succederà: “se il Ministero condivide la tesi del Garante e non ha intenzione di contestarla - e peraltro sarebbe interessante capire su quali basi - dovrebbe rivedere la circolare”. Per ora, fintanto che ciò non avvenga, “la legge prevale sempre” mentre “la Circolare non avrebbe potuto prevedere contenuti non sanciti dalla legge”. Intanto sul tema la categoria si interroga, per capire gli effetti di una tale innovazione e quali siano le procedure consentite. * * *
  • 12. 12 ABS. DA : R. Villano “Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi”. Nell’incessante attività tra gli estremi della prevenzione dai malanni e della tutela della salute può insinuarsi la malattia, il cui rapporto con l’uomo ha come fulcro dell’azione di contrasto la cura e il farmaco; più in senso lato, la relazione uomo-malattia-cura (e/o tutela-prevenzione) è una relazione tra uomini e civiltà, sintesi di osmosi e baricentrici equilibri di competenze e prospettive tecniche, scientifiche, professionali, politiche, sociali, economiche, culturali e religiose. Attorno a questa triade ruota una galassia di problematiche delle quali si cerca in questo volume di delinearne le principali, beninteso senza alcuna velleitaria pretesa di esaustività. Il libro si sviluppa in 9 capitoli, con il 10° di riflessioni conclusive cui segue un apparato di sezioni tecniche dettagliate di ausilio, riferimento e approfondimento specifico. Nel capitolo 1 dopo cenni inerenti le principali condizioni morbose dell’umanità, se ne descrivono gli episodi salienti dalla preistoria ai giorni nostri, all’occorrenza approfondendo anche le significative evoluzioni demografiche e taluni importanti aspetti e fattori sociologici e chiudendo con una ricognizione di attualità e proiezione prospettica. Nel capitolo 2 si approfondiscono gli sviluppi e le difficoltà degli aspetti teorici, sperimentali e pragmatici della scienza deputata allo studio e alla scoperta di prodotti capaci di prevenire, alleviare e guarire gli stati morbosi dell’uomo, da quando erano considerati misteriose influenze esterne penetrate nel corpo alle attuali rigorose e precise diagnostica e terapia. Nel capitolo 3 si approfondiscono aspetti, modalità e contenuti della lotta che dalla notte dei tempi l’uomo deve combattere contro le malattie: analisi, provvedimenti tecnici e legislativi, azioni politiche, fenomeni sociali e cenni prospettici futuri. Nel capitolo 4 si descrivono gli aspetti salienti di ricerca, produzione e sviluppo dei farmaci a livello nazionale ed internazionale: una realtà dietro la quale è assiepato, peraltro, un eccezionale mercato, che muove enormi capitali, quarto per importanza e fatturato dopo carburanti, fonti energetiche e armi. Nei capitoli 5 e 6 si inquadrano analiticamente i principali articolati aspetti pratici d’uso e tecnici di gestione inerenti il farmaco, la sua filiera e le istituzioni che lo regolano nonché le rilevanti evoluzioni e le complesse prospettive future. Nel capitolo 7 si effettua un inquadramento della spesa della sanità e del suo trend, si individuano i parametri di definizione e allocazione delle risorse economiche necessarie e si approfondiscono i problemi e gli strumenti di valutazione degli equilibri e dei processi di attuazione per i servizi e l’assistenza concludendo con un’analisi degli scenari futuri. Nei capitoli 8 e 9 si sviluppa una disamina di
  • 13. 13 ordine etico e morale sulle formidabili responsabilità da affrontare e sugli immensi problemi da risolvere affinché che l’opera della scienza e del farmaco per la cura delle malattie assolvano con lealtà ed onestà d’intenti la loro delicata missione, peraltro non fine a se stessa ma con ragion d’essere nella promozione dell’uomo e animata da spirito di servizio. Non appartiene infine ad un ambito ideologico precostituito lo sviluppo analitico delle varie problematiche, in quanto non ci si rifiuta di considerarne oggettivamente tutti i principali aspetti. Holding tutorial: Villano International Business Team; Direzione: VIBT Dpt no. 13 - Arte & Cultura; Supervisione: Fondazione Chiron; Coordinam. editoriale: Chiron Edizioni; Elab. tecnica: Chiron Dpt Ph@rma. LCC RA418-418.5, CDD 303 VIL uom 2020 it ed 1c. Prima edizione: 303 VIL uom 2020 it, LCC RA418-418.5, pp. 1.116, maggio 2020; Seconda edizione: 303 VIL uom 2020 it 2, LCC RA418- 418.5, ISBN 978-88-97303-33-6, pp. 1.116, agosto 2020.