A.S. 2010 - 2011
Liceo Scientifico “ Giovanni Vailati”
Lavoro realizzato da : Maria Grazia Raiola, Giulia Veltro, Veronica Giovannangeli nell’ambito di attività di gruppo della III A coordinate dal Prof. Pietro Volpones
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Platone: Il mito di eros
1.
2. IL Mito di Eros
• I due Erotes
• Eros metafora del filosofo
• L’amore come completamento
• L’amore come divina mania
• Il mito di Eros
• La scala dell’Eros
3. I due Erotes
• Platone definsce nel Simposio
l’antitesi tra amore celeste e
volgare,il primo orientato all’anima e
all’intelletto,il secondo ai corpi.
L’esposizione di questa antitesi è
affidata a Pausania,che afferma
l’esistenza di due Erotes( plurale di
éros,<<amore>>),figli di due
dee,l’Afrodite celeste e l’Afrodite
volgare.Platone afferma nel Fedro la
divisione dell’anima in tre
componenti:quella razionale,quella
irascibile e quella
concupiscibile.L’anima concupiscibile
è sede dell’AMORE VOLGARE.
4. Eros metafora del filosofo
• Al centro dell’attenzione c’è il discorso di Socrate,che riferisce
quanto udito dalla sacerdotessa Diotima.Ella gli ha narrato la
nascita di Eros,figlio di un dio,Poros,e una mendicante,Penia.Eros
non è nè dio né uomo,ma un demone,metafora del filosofo che
propende verso la sapienza ma non la possiede.Gli dei non sono
filosofi perché possiedono sapienza e quindi non la desiderano.
Filosofo è colui che non possiede la conoscenza ma la
desidera,colui che cerca la verità.
5. Eros è amore per la bellezza,l’unica idea che si manifesta nel mondo
visibile.Chi è posseduto dall’eros passa dall’amore per le cose belle a
quello per le attività, fino a giungere alla contemplazione dell’idea di
bello. L’amore, guidato dalla ragione, spinge l’anima a mettere le ali,
a salire verso l’alto. L’eros è “delirio divino” che spinge l’uomo ad
andare oltre se stesso e la propria quotidianità.
6. Filosofia è purificazione, richiede
un coinvolgimento personale, una
vera e propria “conversione”. Nel
Fedone Socrate si avvia verso la
ricerca del senso del mondo,
tramite la “seconda navigazione”.
Nel linguaggio marinaresco la
“prima navigazione” era quella a
vela, fatta lasciandosi trasportare
dai venti favorevoli. Quando i
venti cessavano, bisognava
remare: questa è la “seconda
navigazione”, che richiede uno
sforzo intenzionale, spinti da una
forza interiore. Non si impara la
filosofia, ma si diventa filosofi,
mettendo le ali per salire verso il
mondo delle idee e per fare ciò
bisogna essere spinti dalla forza
data da Eros.
7. L’amore come completamento
• Il mito più noto del
Simposio è quello narrato
da Aristofane e prende il
nome di “mito
dell’androgino”. Gli uomini
attuali derivano da due
uomini uniti insieme,o da
due donne, oppure da un
uomo e una donna. Siamo
quindi la metà dell’essere
originario e cerchiamo
l’altra metà per
completarci. Quando la
troviamo si innesca
dentro di noi la passione
dell’amore.
8. I generi degli uomini erano tre e non due come ora, maschio e femmina,
ed un terzo che accomunava i due precedenti. L’androgino era costituito
dalla natura maschile e da quella femminile accomunate insieme. La
figura di ciascun uomo era tutta intera e rotonda, con il dorso e i fianchi
a forma di cerchio; aveva quattro mani e tante gambe quante mani e due
volti su un collo. Aveva un’unica testa per ambedue i visi,quattro
orecchi,due organi genitali e camminava diritto. Il maschio aveva tratto
la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il terzo sesso,che
partecipa della natura maschile e di quella femminile, dalla Luna. Erano
terribili per forza e avevano grande superbia tanto che cercarono di
attaccare gli dei.
9. Omero narra di Efialte e di Oto che tentarono di scalare il cielo per
assalire gli dei. Zeus e gli altri dei convocarono un consiglio per decidere
il destino degli uomini, ma erano indecisi poiché non potevano ucciderli
ed annientare la razza perché sarebbero scomparsi anche gli onori e i
sacrifici che provenivano dagli uomini. D’altra parte non potevano
permettere quelle insolenze; così Zeus decise di tagliare ciascuno in due
cosicché essi fossero più deboli e fossero più utili agli dei. Se gli uomini
avessero continuato a comportarsi in modo insolente Zeus li avrebbe
divisi di nuovo. Così fece ed è per questo che ciascuno cerca sempre
l’altra metà che gli è propria. Le donne che sono nate dalla divisione di
una donna hanno propensione per le donne, mentre gli uomini che sono
nati dalla divisione di un uomo rincorrono i maschi. Dopo aver detto
questo, Zeus tagliò gli uomini in due e diede l’incarico ad Apollo di
rivoltare la faccia e la metà del collo verso la parte del taglio,in modo
che l’uomo vedendo il suo taglio, diventasse più mansueto.
10. L’amore come divina mania
• Socrate inizia il discorso
con il capo coperto dal
mantello, sostenendo che
è preferibile concedere
favori a chi non è
innamorato, per evitare
gelosia. Fedro si
complimenta con lui, quindi
Socrate si scopre il capo e
pronuncia la tesi
contraria: l’amore è una
pazzia “ divina “ che
permette all’uomo di
innalzarsi al mondo delle
idee.
11. Non è vero che, quando c’è un amante, bisogna concedere favori a chi
non è innamorato, perché l’amante è in uno stato di mania, mentre l’altro
è in uno stato di assennatezza. Ad esempio, le sacerdotesse di Dodona,
quando sono in uno stato di mania procurano all’Ellade maggiori benefici,
rispetto a quando si trovano in assennatezza. Avviene l’invasamento
proveniente dalle Muse, che impossessatesi di un’anima, la desta e la
trae fuori di sé. Chi, invece non ha la mania delle Muse, non potrà
diventare un poeta completo. Non deve turbarci un discorso che
afferma che si deve preferire un amico assennato rispetto a colui che è
preso dalla passione. L’amore è considerato una forma di mania perché è
l’unico che può farci ignorare il mondo circostante ed elevarci al mondo
delle idee. Per questo tra tutte le divine ispirazioni è la migliore, e per
questo chi ama i belli è detto innamorato. Ma questo non è facilmente
raggiungibile da tutte le anime, alcune hanno una cattiva sorte. Poche
anime hanno un ricordo sufficiente.
12. Di tutte le altre virtù, non è presente nessun fulgore. Soltanto la
Bellezza si vedeva in tutto il suo splendore, mentre noi (le anime)
eravamo al seguito di Zeus, immutabili e beati. La Bellezza lassù
splendeva come Essere, per questo il nostro senso più sviluppato è la
vista; nella Bellezza non si vede la Saggezza, solo la prima è più amabile
e manifestata. Chi è corrotto non si innalza facilmente lassù, non prova
timore e non si vergogna ad inseguire un piacere contro natura. Chi ha
visto più a lungo ciò, imita la bellezza e vedendo un volto che la imita
prima sente dei brividi e poi si sacrifica per questo. Chi vede il volto lo
coglie come una reazione che proviene dal brivido e prova un calore
insolito. L’ effluvio della bellezza si scalda nel punto in cui la natura
dell’ala si alimenta. In seguito lo stato dell’ala si gonfia e comincia a
crescere per tutta la forma dell’anima. Un tempo, infatti l’anima era
tutta alata.
14. Il mito di Eros
• Al centro dell’attenzione
del Simposio vi è il
discorso di Socrate, che
riferisce quanto udito
da Diotima. Ella narra la
nascita Eros, figlio di un
dio, Poros, e di una
mendicante, Penia. Eros
non è né dio né uomo, ma
un demone, metafora
dell’ amante che
desidera ciò che non ha
e del filosofo che tende
verso la sapienza ma non
la possiede.
15. Alla nascita di Afrodite, gli dei tennero un banchetto e tra questi c’era
Poros, figlio di Metis (la Perspicacia). Dopo il banchetto venne Penia (la
Povertà) a mendicare, poiché c’era stata una grande festa; mentre
Poros, ubriaco di nettare, entrato nel giardino di Zeus, fu colto dal
sonno. Penia, escogitando un figlio da Poros, giacque con lui e concepì
Eros. Per questo Eros fu ministro di Afrodite, perché fu generato
durante le feste natalizie di lei. Eros, essendo stato generato da Penia e
da Poros, è sempre povero, tutt’altro che bello e delicato, duro e ispido,
scalzo e senza casa. D’altra parte riceve dal padre l’audacia, il coraggio,
l’impeto, la passione per la saggezza, la ricerca della sapienza. Eros non
è né mortale né immortale, ma, in uno stesso giorno, può fiorire e vivere,
se riesce nei suoi espedienti e può morire ma poi tornare in vita, grazie
alla natura del padre.
16. Il demone sta in mezzo fra sapienza e ignoranza. Nessuno degli dei fa
filosofia e non aspira a diventare sapiente, dal momento che lo è già;
infatti i sapienti non filosofano. Ma neanche gli ignoranti fanno filosofia;
infatti l’ignoranza ha proprio questo di dannoso: chi non è né buono né
bello né saggio, ritiene invece di esserlo in modo conveniente. Colui che
non ritiene di essere bisognoso, non desidera ciò di cui non ritiene di
aver bisogno. Coloro che filosofano, dunque, sono quelli che stanno in
mezzo tra i sapienti e gli ignoranti e tra questi vi è anche Eros. Lui è
amore per il bello: ha il padre sapiente pieno di risorse, e la madre non
sapiente priva di risorse.
18. La scala dell’Eros
• Il percorso, che consente
l’accesso all’idea di bellezza e
al mondo dell’idee, è descritto
da Platone in modo articolato.
Le condizioni necessarie sono
l’unione della bellezza e di
Eros: tramite la bellezza il
mondo intelligibile si manifesta
in quello visibile; tramite l’Eros
l’individuo si eleva verso il
trascendente.
19. Chi procede per la via giusta deve incominciare fin da giovane ad avvicinarsi ai corpi
belli e, se chi gli fa da guida lo indirizza nella giusta via, bisogna che ami un corpo
solo e in quello generi discorsi belli; bisogna che capisca che la bellezza in un corpo
qualsiasi è sorella della bellezza che è in un altro corpo. Dopo che ha capito questo,
deve amare tutti i corpi belli. Dopo le attività umane bisogna condurlo alle scienze
affinché possa vedere la bellezza delle conoscenze. Contemplando la bellezza,
partorisce molti discorsi, belli e splendidi (Socrate si mette nei panni di “una
levatrice”: aiuta gli altri a “partorire” la verità), fino a quando, essendosi rafforzato
saprà vedere una conoscenza come quella che riguarda il bello. Chi è stato educato
fino a questo punto all’amore, contemplando le cose belle, avvisterà immediatamente
qualcosa di bello, che non nasce, non perisce, non cresce nè diminuisce e non è da un
lato bello e da un lato brutto.
20. Il bello non si manifesterà a lui nè come un discorso e come una scienza né come
qualcosa che è in qualcos’altro, ma si manifesterà in se stesso, per se stesso, con se
stesso, come forma unica che sempre è. Quando uno si solleverà in alto e comincerà
a vedere quel bello, egli avrà raggiunto il termine: partendo dalle cose di quaggiù, al
fine di raggiungere quel Bello, salirà sempre di più da un solo e bel corpo a due, e da
due a tutti i corpi belli, da tutti i bei corpi alle belle attività umane e da queste alle
belle conoscenze, e dalle conoscenze procedere fino a che non si arriva alla
conoscenza del Bello stesso. Questo momento della vita deve essere degno di essere
vissuto da un uomo, ossia il momento in cui un uomo contempla il Bello.
22. A.S. 2010 - 2011
Liceo Scientifico “ Giovanni Vailati”
Lavoro realizzato da : Maria Grazia
Raiola, Giulia Veltro, Veronica
Giovannangeli nell’ambito di attività di
gruppo della III A coordinate dal Prof.
Pietro Volpones