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COME SCEGLIERE
IL WORKSHOP IDEALE
Premessa
 Nei corsi di fotografia spesso domanda e offerta
  faticano a capirsi, e ciò è causa di delusioni per chi
  partecipa e chi insegna.

 Lato allievo: la scarsa consapevolezza del proprio
  livello fotografico e la difficoltà di gestione degli
  strumenti che si utilizzano per fotografare, portano a
  false percezioni su cosa aspettarsi da un corso.

 Lato docente: poca comprensione delle reali esigenze
  degli allievi, spesso inconsapevoli, al di là delle loro
  aspettative palesate.
Obiettivo del webinar

 Fornire alcuni spunti di riflessione: agli
  amatori per aiutarli a focalizzare le
  reali esigenze e, soprattutto, per
  metterli nelle condizioni di farsi e fare
  le domande più efficaci, prima e
  durante un corso; ai professionisti per
  perfezionare al meglio l’offerta, la
  comunicazione e la didattica.
Gli equivoci più frequenti

 ”Che impostazioni stai
 usando?”

 “Non avevo capito che fosse
 un corso per principianti!”
“Che impostazioni stai
usando?”
 Uno degli equivoci più frequenti degli allievi è credere
  che un corso di fotografia (che sia di tecnica,
  composizione, estetica poco importa) si concretizzi in
  un seminario sulle corrette impostazioni
  dell’attrezzatura fotografica.

 Si tende a confondere la tecnica fotografica con la
  tecnologia degli strumenti che si utilizzano per
  fotografare.
 Un conto è chiedere come si fa una corretta lettura della
  luce su una scena, un conto è aspettarsi di sapere come si
  imposta la propria attrezzatura per ottenere il risultato
  ottimale.


 Aspettative lecite e in buona fede: vista la continua
  immissione nel mercato di strumenti sempre più complessi
  e sofisticati, fotografare non è più una semplice questione
  di tempi, diaframmi, iso e bilanciamento del bianco.


 Le difficoltà date dalla dominanza delle componenti
  elettroniche nelle moderne attrezzature portano
  inevitabilmente, durante un workshop, a perdere i
  collegamenti con i fondamentali della fotografia: prevale
  l’esigenza di capire come funziona il proprio corredo.
“Ma è un corso per neofiti???”

 In molti corsi dedicati ai non principianti il
  tutor è costretto a correggere ciò che dà per
  scontato che l’allievo conosca, cioè i
  fondamentali della fotografia: postura,
  composizione, valutazione della scena in
  base alla luce e alla posizione del soggetto.

 Esempi pratici.
Consapevolezza, parola chiave
  Nulla ci vieta di partecipare a un corso per puro
   piacere, è necessario tuttavia saper distinguere tra il
   bisogno e il superfluo, per evitare delusioni.

  Magari siamo tra coloro che non sanno cosa vogliono,
   ma di certo sappiamo riconoscerlo quando lo vediamo.

  Oppure siamo fin troppo certi di saperlo, ma
   ricordiamoci che nei workshop qualcosa si impara
   sempre, anche se potrebbe non coincidere con quello
   che ci si aspettava. Cerchiamo dunque di essere elastici
   e aperti.
Capire il proprio livello
fotografico
 Test dei fondamentali: mettiamo da parte la nostra
  attrezzatura e prendiamoci un pomeriggio per testare
  i nostri fondamentali. Con un cellulare o un tablet.
  Perché questi strumenti? Lo scopo è di semplificarci la
  vita, eliminando qualsiasi elemento di complicazione
  in ripresa (rif: impostazioni attrezzatura).
 Luogo in cui abbiamo già fotografato o persona che
  abbiamo già ripreso: esercizi di composizione e
  postura, considerando la scena solo in base alla luce e
  alla posizione del soggetto. Scatti da ogni
  angolazione, con differenti posture, soprattutto quelle
  che di norma non siamo soliti tenere.
Il confronto
 Mettiamo a confronto gli scatti della giornata con le
  vecchie fotografie.

 Siamo onesti: lo scopo è capire il nostro livello in base
  alle reali competenze e capacità, non per le
  performance delle attrezzature che possediamo.

 E dunque, abbiamo bisogno di affinare i nostri
  fondamentali (tecnici o estetici) oppure le basi sono
  abbastanza solide e sentiamo l’esigenza di essere più
  creativi per sviluppare uno stile personale?
Consigli di letture

 “Saper vedere per fotografare”
 di Giulio Forti, Editrice Reflex.

 “Come fotografare a un livello superiore”
 di George Barr, Edup.
La scelta del workshop
 Una volta capito cosa abbiamo realmente bisogno di
  imparare, passiamo all’analisi del workshop che ci
  piacerebbe frequentare.
 Attenta lettura del programma e, soprattutto, di come
  viene presentato.
 Ricerca sulla reputazione del tutor: non limitiamoci a
  sfogliare il suo portfolio, ma chiediamoci come è
  messo a didattica. E come comunica con i propri
  allievi.
 Il contatto con il tutor.
 Saper fare belle fotografie non necessariamente significa
  saper insegnare a fare belle fotografie.
Il programma ideale
 In generale, quasi tutti i programmi tendono ad
  assomigliarsi. Focalizziamoci su quelli che
  illustrano gli obiettivi e l’approccio didattico: sono
  elementi distintivi che ci aiutano nella scelta,
  perché suggeriscono una particolare attenzione
  nel rapporto con l’allievo.

 La valutazione degli scatti prima, possibilmente
  durante e dopo il workshop.
 La richiesta di recensioni sul workshop:
  significa che il tutor non ha alcun timore di
  essere oggetto di valutazioni pubbliche e
  condivise. Anche quelle negative.

 La trasparenza, la precisione del dettaglio, lo
  sforzo di presentare il workshop mettendosi
  nei panni di chi dovrebbe parteciparvi, sono
  altri elementi da ricercare nell’analisi del
  programma.
La reputazione del tutor

 Verificare sul sito del tutor se, oltre al
  portfolio, dedica altrettanta importanza ad
  articoli e/o tutorial didattici e alle recensioni
  degli allievi dei suoi precedenti workshop.

 Il sito non è solo un contenitore di
  informazioni, riflette la personalità, la
  professionalità e la visione del fotografo.
 Non confondere le pubblicazioni e/o i clienti
  per cui il tutor lavora o ha lavorato con
  l’esperienza formativa.

 Lavora a tempo pieno nella fotografia o è
  un’attività che pratica solo durante i weekend?

 Ricercare pareri nei forum, prestando tuttavia
  attenzione: ricordiamoci che molte delle
  lamentele partono da un’iniziale
  incomprensione degli allievi o da
  un’inadeguata presentazione del workshop.
Il contatto con il tutor
 Non avere timore di scrivergli direttamente, facendo
  ogni domanda, anche quella ritenuta più sciocca: il
  nostro obiettivo è capire se sono il corso e il tutor che
  fanno per noi, non dobbiamo preoccuparci di cosa
  potrebbe pensare di noi.

 Le risposte sono un modo per capire se il tutor ha
  compreso il nostro livello e le nostre reali esigenze.
  Soprattutto, se sarà in grado di porsi in modo
  didatticamente adeguato alle nostre necessità.
Il rapporto con gli allievi: i
primi contatti in mail

    Il tutor ideale dovrebbe sapere che per ogni
    allievo è assai difficile capire il proprio reale
    livello fotografico.

 Le persone, durante i primi approcci in mail,
  difficilmente manifestano sé stessi per quello
  che sono: spetta al tutor andare oltre, leggere
    tra le righe, capire il livello e il punto di vista
    dell’allievo per intuirne le reali esigenze.
 Come? Chiedendogli di spiegarci le sue
  aspettative e di inviarci qualche fotografia. E’
  un approccio che ci permetterà anche di tarare
  il workshop sulla media fotografica dei
  partecipanti.

 Non aver timore di rifiutare un allievo: se sta
  sbagliando workshop, indirizzarlo verso
  colleghi più adeguati a soddisfare le sue
  esigenze.
Sul campo: sbagliando si impara
 Teniamo presente che in ogni workshop prevale l’ansia
  dello scatto, sempre e comunque. Dunque, almeno
  inizialmente, incentiviamo gli allievi a scattare per
  come sono abituati.
 Osserviamo i loro comportamenti, in particolare la
  gestione delle priorità: è un approccio che ci permette
  di capire come e dove intervenire.
 Mostriamo loro gli errori, correggendo dove possibile
  e, soprattutto, spiegando che più che capire cosa e
  come fotografare, è prioritario sapere quando non
  farlo e perché.
L’imprevisto
 L’imprevisto è l’unica certezza di un workshop: se va di
  lusso, ce n’è solo uno.
 L’allievo particolarmente petulante, il timido o l’arrogante,
  il faretto che si brucia, un obiettivo che cade, la struttura
  che vi ospita che decide proprio quel giorno di bruciare le
  frasche sulla scena da fotografare…
 Situazioni che, se gestite nel giusto modo, possono
  trasformarsi in opportunità fotografiche e in momenti di
  complicità e divertimento.
 La capacità di gestione delle criticità sul campo permette di
  mantenere l’armonia del gruppo. E di fidelizzare gli allievi
  che torneranno da noi non solo per le nostre capacità
  formative, ma perché ci avranno scelto come persona
  ideale cui ispirarsi. Magari non solo nella fotografia.
Spunti per nuove offerte formative

  Si sente sempre dire che è fondamentale la
   conoscenza del mezzo che si possiede: tuttavia ormai
   anche con la l’attrezzatura fotografica vige la legge del
   telecomando.

  Su una media di 50 tasti, se ne utilizzano al massimo
   una decina, compresi i numeri.

  Delle due l’una: o in un telecomando ci sono 40 tasti
   inutili (può anche essere, ma almeno verifichiamolo),
   oppure forse è il caso di aiutare a far capire a cosa
   servono.
 Alcune delle recenti innovazioni tecnologiche
  impattano pesantemente sulle abitudini di
  ripresa.
 E’ più che comprensibile moltissimi fotoamatori
  sentano come prioritario il bisogno di capire come
  funziona la propria attrezzatura. E cercano
  risposte nei workshop tradizionali.
 Se persino i marchi diffondono guide tecniche e
  tutorial, differenti da quelli forniti con le
  fotocamere, per l’utilizzo ottimale dei singoli
  modelli di reflex in relazione a determinate
  caratteristiche innovative, qualcosa vorrà pur dire.
Corsi monomarca
 Perché non organizzare corsi sì di genere, ma focalizzati
  esclusivamente su uno o due modelli di fotocamera di una
  data marca associati al massimo a tre obiettivi?

 Attività organizzate sia da professionisti legati a uno
  specifico marchio, sia direttamente dai marchi stessi.

 Approccio Learn, Touch&Try: “Questo prodotto può dare il
  meglio di sé in determinati contesti, scene e con queste
  specifiche impostazioni”.

 Non una semplice prova prodotto, a partecipazione
  gratuita, ma workshop tematici basati su attrezzature
  specifiche.
 La priorità dovrebbe essere quella di comunicare
  adeguatamente all’utente Medio-world (ormai il
  target più ambito da ogni marchio) le peculiarità del
  prodotto con un approccio concreto a situazioni reali.

 Non è la tecnologia che fa il risultato finale, ma la
  corretta elaborazione delle informazioni che si stanno
  trasmettendo.

 Per concludere, è necessario far interagire le
  informazioni, dimostrandone l’uso in un contesto di
  pratica formativa e non di semplice dimostrazione
  prodotto.
www.claudiarocchini.it/blog/pubblicazioni
Prossimi workshop
Claudia Rocchini
   Nella fotografia, così come nella vita, è auspicabile saper cambiare spesso visione: visione grandangolo,
    visione zoom, visione 35mm standard.
    Con due raccomandazioni. La prima è ricordarsi di togliere il tappo dall’obiettivo. La seconda è una
    massima di Talete: "Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca, per poter ascoltare il doppio
    e parlare la metà".

    Claudia Rocchini è nata a Pavia nel 1967. Ci vive ancora perché è la città ideale in cui ritornare. Ha tre
    passioni nella vita: la fotografia, la scrittura, i viaggi e ha trovato il modo di farne un lavoro, tra alti e bassi
    e con brevi periodi di disaffezione in cui ha fatto altro.

    Ha iniziato giovanissima come giornalista politica ed esteri in quotidiani e periodici nazionali per poi
    passare agli uffici stampa in differenti settori, aziendali e istituzionali, con solide esperienze in case
    editrici nazionali e agenzie di Pr. Nel 2000 ha temporanemente abbandonato il giornalismo attivo e
    passivo per dedicarsi al marketing strategico e alla comunicazione integrati (prodotti e servizi) con
    incarichi di manager in associazioni di Confindustria e Confcommercio. Nel tempo, si è specializzata in
    Community management e Social network communication, ritornando al giornalismo e alla fotografia.

    Ha una rubrica fissa mensile, "Io fotografa", su FOTOGRAFIA REFLEX: pur non disdegnando la fotografia
    di persone e luoghi, la sua predilezione va alla Natura e agli animali. Preferisce l'approccio empatico a
    quello strettamente documentaristico: è solita dire che quando fotografa il suo obiettivo è tirar fuori il
    lato umano dell'animale o far emergere il lato animale di se stessa.

    Per aziende e privati, professionisti e marchi di settore si occupa anche di consulenze di comunicazione:
    pur consapevole che nella società dell'immagine spesso l'apparenza è sinonimo di sostanza, preferisce
    tuttavia mettere l'accento non tanto sul "purché se ne parli" ma sul "come" se ne parla.
   Il suo obiettivo, da grande, è ritornare bambina.
Grazie!




          www.claudiarocchini.it
             www.reflex.it

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Claudia rocchini webinar workshop ideale

  • 2. Premessa  Nei corsi di fotografia spesso domanda e offerta faticano a capirsi, e ciò è causa di delusioni per chi partecipa e chi insegna.  Lato allievo: la scarsa consapevolezza del proprio livello fotografico e la difficoltà di gestione degli strumenti che si utilizzano per fotografare, portano a false percezioni su cosa aspettarsi da un corso.  Lato docente: poca comprensione delle reali esigenze degli allievi, spesso inconsapevoli, al di là delle loro aspettative palesate.
  • 3. Obiettivo del webinar  Fornire alcuni spunti di riflessione: agli amatori per aiutarli a focalizzare le reali esigenze e, soprattutto, per metterli nelle condizioni di farsi e fare le domande più efficaci, prima e durante un corso; ai professionisti per perfezionare al meglio l’offerta, la comunicazione e la didattica.
  • 4. Gli equivoci più frequenti  ”Che impostazioni stai usando?”  “Non avevo capito che fosse un corso per principianti!”
  • 5. “Che impostazioni stai usando?”  Uno degli equivoci più frequenti degli allievi è credere che un corso di fotografia (che sia di tecnica, composizione, estetica poco importa) si concretizzi in un seminario sulle corrette impostazioni dell’attrezzatura fotografica.  Si tende a confondere la tecnica fotografica con la tecnologia degli strumenti che si utilizzano per fotografare.
  • 6.  Un conto è chiedere come si fa una corretta lettura della luce su una scena, un conto è aspettarsi di sapere come si imposta la propria attrezzatura per ottenere il risultato ottimale.  Aspettative lecite e in buona fede: vista la continua immissione nel mercato di strumenti sempre più complessi e sofisticati, fotografare non è più una semplice questione di tempi, diaframmi, iso e bilanciamento del bianco.  Le difficoltà date dalla dominanza delle componenti elettroniche nelle moderne attrezzature portano inevitabilmente, durante un workshop, a perdere i collegamenti con i fondamentali della fotografia: prevale l’esigenza di capire come funziona il proprio corredo.
  • 7. “Ma è un corso per neofiti???”  In molti corsi dedicati ai non principianti il tutor è costretto a correggere ciò che dà per scontato che l’allievo conosca, cioè i fondamentali della fotografia: postura, composizione, valutazione della scena in base alla luce e alla posizione del soggetto.  Esempi pratici.
  • 8. Consapevolezza, parola chiave  Nulla ci vieta di partecipare a un corso per puro piacere, è necessario tuttavia saper distinguere tra il bisogno e il superfluo, per evitare delusioni.  Magari siamo tra coloro che non sanno cosa vogliono, ma di certo sappiamo riconoscerlo quando lo vediamo.  Oppure siamo fin troppo certi di saperlo, ma ricordiamoci che nei workshop qualcosa si impara sempre, anche se potrebbe non coincidere con quello che ci si aspettava. Cerchiamo dunque di essere elastici e aperti.
  • 9. Capire il proprio livello fotografico  Test dei fondamentali: mettiamo da parte la nostra attrezzatura e prendiamoci un pomeriggio per testare i nostri fondamentali. Con un cellulare o un tablet. Perché questi strumenti? Lo scopo è di semplificarci la vita, eliminando qualsiasi elemento di complicazione in ripresa (rif: impostazioni attrezzatura).  Luogo in cui abbiamo già fotografato o persona che abbiamo già ripreso: esercizi di composizione e postura, considerando la scena solo in base alla luce e alla posizione del soggetto. Scatti da ogni angolazione, con differenti posture, soprattutto quelle che di norma non siamo soliti tenere.
  • 10. Il confronto  Mettiamo a confronto gli scatti della giornata con le vecchie fotografie.  Siamo onesti: lo scopo è capire il nostro livello in base alle reali competenze e capacità, non per le performance delle attrezzature che possediamo.  E dunque, abbiamo bisogno di affinare i nostri fondamentali (tecnici o estetici) oppure le basi sono abbastanza solide e sentiamo l’esigenza di essere più creativi per sviluppare uno stile personale?
  • 11. Consigli di letture  “Saper vedere per fotografare” di Giulio Forti, Editrice Reflex.  “Come fotografare a un livello superiore” di George Barr, Edup.
  • 12. La scelta del workshop  Una volta capito cosa abbiamo realmente bisogno di imparare, passiamo all’analisi del workshop che ci piacerebbe frequentare.  Attenta lettura del programma e, soprattutto, di come viene presentato.  Ricerca sulla reputazione del tutor: non limitiamoci a sfogliare il suo portfolio, ma chiediamoci come è messo a didattica. E come comunica con i propri allievi.  Il contatto con il tutor.  Saper fare belle fotografie non necessariamente significa saper insegnare a fare belle fotografie.
  • 13. Il programma ideale  In generale, quasi tutti i programmi tendono ad assomigliarsi. Focalizziamoci su quelli che illustrano gli obiettivi e l’approccio didattico: sono elementi distintivi che ci aiutano nella scelta, perché suggeriscono una particolare attenzione nel rapporto con l’allievo.  La valutazione degli scatti prima, possibilmente durante e dopo il workshop.
  • 14.  La richiesta di recensioni sul workshop: significa che il tutor non ha alcun timore di essere oggetto di valutazioni pubbliche e condivise. Anche quelle negative.  La trasparenza, la precisione del dettaglio, lo sforzo di presentare il workshop mettendosi nei panni di chi dovrebbe parteciparvi, sono altri elementi da ricercare nell’analisi del programma.
  • 15. La reputazione del tutor  Verificare sul sito del tutor se, oltre al portfolio, dedica altrettanta importanza ad articoli e/o tutorial didattici e alle recensioni degli allievi dei suoi precedenti workshop.  Il sito non è solo un contenitore di informazioni, riflette la personalità, la professionalità e la visione del fotografo.
  • 16.  Non confondere le pubblicazioni e/o i clienti per cui il tutor lavora o ha lavorato con l’esperienza formativa.  Lavora a tempo pieno nella fotografia o è un’attività che pratica solo durante i weekend?  Ricercare pareri nei forum, prestando tuttavia attenzione: ricordiamoci che molte delle lamentele partono da un’iniziale incomprensione degli allievi o da un’inadeguata presentazione del workshop.
  • 17. Il contatto con il tutor  Non avere timore di scrivergli direttamente, facendo ogni domanda, anche quella ritenuta più sciocca: il nostro obiettivo è capire se sono il corso e il tutor che fanno per noi, non dobbiamo preoccuparci di cosa potrebbe pensare di noi.  Le risposte sono un modo per capire se il tutor ha compreso il nostro livello e le nostre reali esigenze. Soprattutto, se sarà in grado di porsi in modo didatticamente adeguato alle nostre necessità.
  • 18. Il rapporto con gli allievi: i primi contatti in mail  Il tutor ideale dovrebbe sapere che per ogni allievo è assai difficile capire il proprio reale livello fotografico.  Le persone, durante i primi approcci in mail, difficilmente manifestano sé stessi per quello che sono: spetta al tutor andare oltre, leggere tra le righe, capire il livello e il punto di vista dell’allievo per intuirne le reali esigenze.
  • 19.  Come? Chiedendogli di spiegarci le sue aspettative e di inviarci qualche fotografia. E’ un approccio che ci permetterà anche di tarare il workshop sulla media fotografica dei partecipanti.  Non aver timore di rifiutare un allievo: se sta sbagliando workshop, indirizzarlo verso colleghi più adeguati a soddisfare le sue esigenze.
  • 20. Sul campo: sbagliando si impara  Teniamo presente che in ogni workshop prevale l’ansia dello scatto, sempre e comunque. Dunque, almeno inizialmente, incentiviamo gli allievi a scattare per come sono abituati.  Osserviamo i loro comportamenti, in particolare la gestione delle priorità: è un approccio che ci permette di capire come e dove intervenire.  Mostriamo loro gli errori, correggendo dove possibile e, soprattutto, spiegando che più che capire cosa e come fotografare, è prioritario sapere quando non farlo e perché.
  • 21. L’imprevisto  L’imprevisto è l’unica certezza di un workshop: se va di lusso, ce n’è solo uno.  L’allievo particolarmente petulante, il timido o l’arrogante, il faretto che si brucia, un obiettivo che cade, la struttura che vi ospita che decide proprio quel giorno di bruciare le frasche sulla scena da fotografare…  Situazioni che, se gestite nel giusto modo, possono trasformarsi in opportunità fotografiche e in momenti di complicità e divertimento.  La capacità di gestione delle criticità sul campo permette di mantenere l’armonia del gruppo. E di fidelizzare gli allievi che torneranno da noi non solo per le nostre capacità formative, ma perché ci avranno scelto come persona ideale cui ispirarsi. Magari non solo nella fotografia.
  • 22. Spunti per nuove offerte formative  Si sente sempre dire che è fondamentale la conoscenza del mezzo che si possiede: tuttavia ormai anche con la l’attrezzatura fotografica vige la legge del telecomando.  Su una media di 50 tasti, se ne utilizzano al massimo una decina, compresi i numeri.  Delle due l’una: o in un telecomando ci sono 40 tasti inutili (può anche essere, ma almeno verifichiamolo), oppure forse è il caso di aiutare a far capire a cosa servono.
  • 23.  Alcune delle recenti innovazioni tecnologiche impattano pesantemente sulle abitudini di ripresa.  E’ più che comprensibile moltissimi fotoamatori sentano come prioritario il bisogno di capire come funziona la propria attrezzatura. E cercano risposte nei workshop tradizionali.  Se persino i marchi diffondono guide tecniche e tutorial, differenti da quelli forniti con le fotocamere, per l’utilizzo ottimale dei singoli modelli di reflex in relazione a determinate caratteristiche innovative, qualcosa vorrà pur dire.
  • 24. Corsi monomarca  Perché non organizzare corsi sì di genere, ma focalizzati esclusivamente su uno o due modelli di fotocamera di una data marca associati al massimo a tre obiettivi?  Attività organizzate sia da professionisti legati a uno specifico marchio, sia direttamente dai marchi stessi.  Approccio Learn, Touch&Try: “Questo prodotto può dare il meglio di sé in determinati contesti, scene e con queste specifiche impostazioni”.  Non una semplice prova prodotto, a partecipazione gratuita, ma workshop tematici basati su attrezzature specifiche.
  • 25.  La priorità dovrebbe essere quella di comunicare adeguatamente all’utente Medio-world (ormai il target più ambito da ogni marchio) le peculiarità del prodotto con un approccio concreto a situazioni reali.  Non è la tecnologia che fa il risultato finale, ma la corretta elaborazione delle informazioni che si stanno trasmettendo.  Per concludere, è necessario far interagire le informazioni, dimostrandone l’uso in un contesto di pratica formativa e non di semplice dimostrazione prodotto.
  • 28.
  • 29. Claudia Rocchini  Nella fotografia, così come nella vita, è auspicabile saper cambiare spesso visione: visione grandangolo, visione zoom, visione 35mm standard. Con due raccomandazioni. La prima è ricordarsi di togliere il tappo dall’obiettivo. La seconda è una massima di Talete: "Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca, per poter ascoltare il doppio e parlare la metà". Claudia Rocchini è nata a Pavia nel 1967. Ci vive ancora perché è la città ideale in cui ritornare. Ha tre passioni nella vita: la fotografia, la scrittura, i viaggi e ha trovato il modo di farne un lavoro, tra alti e bassi e con brevi periodi di disaffezione in cui ha fatto altro. Ha iniziato giovanissima come giornalista politica ed esteri in quotidiani e periodici nazionali per poi passare agli uffici stampa in differenti settori, aziendali e istituzionali, con solide esperienze in case editrici nazionali e agenzie di Pr. Nel 2000 ha temporanemente abbandonato il giornalismo attivo e passivo per dedicarsi al marketing strategico e alla comunicazione integrati (prodotti e servizi) con incarichi di manager in associazioni di Confindustria e Confcommercio. Nel tempo, si è specializzata in Community management e Social network communication, ritornando al giornalismo e alla fotografia. Ha una rubrica fissa mensile, "Io fotografa", su FOTOGRAFIA REFLEX: pur non disdegnando la fotografia di persone e luoghi, la sua predilezione va alla Natura e agli animali. Preferisce l'approccio empatico a quello strettamente documentaristico: è solita dire che quando fotografa il suo obiettivo è tirar fuori il lato umano dell'animale o far emergere il lato animale di se stessa. Per aziende e privati, professionisti e marchi di settore si occupa anche di consulenze di comunicazione: pur consapevole che nella società dell'immagine spesso l'apparenza è sinonimo di sostanza, preferisce tuttavia mettere l'accento non tanto sul "purché se ne parli" ma sul "come" se ne parla.  Il suo obiettivo, da grande, è ritornare bambina.
  • 30. Grazie! www.claudiarocchini.it www.reflex.it